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sabato 16 febbraio 2008

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marzo 2007

CALCIO VIOLENTO

Lotito, De Laurentiis e Sensi: i presidenti ipocriti

E’ cosa nota che spesso i presidenti delle società di calcio inveiscono con gli arbitri per gli episodi controversi di una partita. Però alcuni di essi si sono scagliati già otto mesi fa contro un "giudice di gara" dal tutto particolare: il decreto Pisanu, emanato dal governo Berlusconi il 17 agosto del 2005 e convertito in legge nei primi giorni di ottobre dello stesso anno. Questa levata di scudi contro "l’iniqua" disposizione del precedente esecutivo è stata sollevata da tre numeri uno del mondo del pallone nostrano: il presidente della Lazio, Claudio Lotito, e quello del Napoli, Aurelio De Laurentiis. Anche il presidente della Roma, Franco Sensi, ha intonato i toni della protesta contro la legge antiviolenza. Un atteggiamento un po’ discordante, dopo i gravi disordini di Catania di venerdì 2 febbraio, rispetto alla richiesta di usare il pugno di ferro contro la violenza negli stadi. Le "grida manzoniane" dei tre dirigenti sono contenute nei loro bilanci annuali, chiusi al 30 giugno dell’anno scorso. Il motivo della protesta? Ovviamente la riduzione del numero degli spettatori allo Stadio Olimpico e al San Paolo. Il decreto Pisanu è additato da tutti e tre tra i principali motivo della disaffezione dei tifosi. Ma rendere gli stadi più sicuri dai teppisti non dovrebbe aumentare l’affluenza? Leggendo la relazione sulla gestione della Lazio, firmata da Lotito, la risposta sembra negativa. "Il numero complessivo di spettatori per le partite di campionato disputate in casa – si legge nella relazione – è stato di 522.763 contro i 718.747 della passata stagione (-27,27%). In particolare il numero degli abbonati è diminuito da 543.646 a 350.599 e gli spettatori paganti sono diminuiti da 175.101 a 172.164". La spiegazione di questa forte flessione è presto spiegata da Lotito. "Si tratta di un fenomeno di tutte le società legato alle nuove normative antiviolenza – prosegue il testo della relazione – alla corrispondente diffusione televisiva a basso costo degli incontri sportivi e dalla necessità di adeguati impianti sportivi". E meno male che Lotito aveva affermato lo scorso 5 febbraio in un’intervista a Repubblica Tv che occorre un impatto forte e immediato, con una legge dura come successo in Inghilterra, che impedisca il ripetersi della violenza". Riguardo alla diffusione dello spettacolo tv a basso costo, il presidente biancoceleste ha dimenticato che, stando all’ultimo bilancio annuale, i ricavi da diritti televisivi costituiscono circa il 40% sul totale del valore della produzione. Gli incassi da biglietteria ricoprono appena l’11,30%. Sarebbe meglio che si ricordasse anche che l’Olimpico vuoto non interessa alle televisioni: farebbe meglio a incentivare i suoi tifosi. Dalla sponda laziale si passa a quella romanista: ma la musica non cambia. Nella relazione sulla gestione della Roma, firmata da Franco Sensi, si legge che "la campagna abbonamenti per la stagione 2005/2006 ha registrato 26930 sottoscrittori, in flessione rispetto ai 35229 abbonamenti della stagione sportiva precedente, che hanno generato incassi per 9,9 milioni di euro (13,5 milioni nella trascorsa stagione) e ricavi di 8,6 milioni di euro (11,6 milioni nell’esercizio precedente)". E di chi è la colpa di questo repentino calo? "Tale flessione, generalizzata per la quasi totalità delle squadre – prosegue il testo della relazione – è attribuibile in parte alle nuove disposizioni emanate dal Ministero degli Interni in materia di sicurezza ed accesso agli stadi, che hanno tra l’altro introdotto il c.d. "biglietto nominativo", rendendo maggiormente elaborato il procedimento di emissione e di utilizzo dei titoli di accesso". Quindi, anche per Sensi è colpa "dell’arbitro Pisanu" se la gestione di biglietti e abbonamenti è complicata e ha allontanato i tifosi giallorossi dalla loro squadra del cuore. Eppure lo Stadio Olimpico, com’è stato attestato in questi giorni, è perfettamente rispondente alla normativa antiviolenza: ma l’equazione "sicurezza-maggiore affluenza" non piace. Stando ai documenti contabili, la Roma verserà alla Coni Servizi (proprietaria dell’impianto) 1,5 milioni, in 36 rate mensili a decorrere dal 30 settembre 2006. Invece, la Lazio pagherà 964mila euro per la sua quota. E si arriva così all’ombra del Vesuvio. Anche nel caso del Napoli, gli "alti lai" sulla normativa antiviolenza sono, per dirla alla John Wayne, forti e chiari. Nella relazione sulla gestione al bilancio 2005/06 (in cui la squadra militava in C1), firmata dal presidente Aurelio De Laurentiis, dal vicepresidente Jacqueline Baudit (consorte del presidente), e dal consigliere Valentina De Laurentiis (sua figlia), si sottolinea che "i ricavi derivanti dalla vendita di titoli di ingresso per le gare interne della prima squadra hanno raggiunto l’ammontare di circa euro 4100000". Un calo del 26,36% rispetto ai 5,6 milioni della stagione precedente. Ed ecco la solita spiegazione, unita stavolta a un pizzico di soddisfazione. "Tale dato, anche se in flessione rispetto all’esercizio precedente, soprattutto a motivo delle complicazioni di accesso agli stati indotte dal decreto Pisanu che hanno in prima battuta spinto molti tifosi a disertare gli stadi medesimi, è di assoluto rilievo se si considera che è stato conseguito nonostante l’applicazione di tariffe estremamente ridotte e nell’ambito di una stagione caratterizzata da una enorme perdita di spettatori negli stadi riscontrata a livello nazionale". La dirigenza napoletana non fornisce cifre riguardo ai lavori per l’adeguamento alla normativa antiviolenza, ma fa solo accenno "alla sottoscrizione con il Comune di Napoli dell’atto che regolamenta l’effettuazione degli interventi previsti nel decreto Pisanu". La società sottolinea che "ha provveduto a realizzare la recinzione esterna allo stadio prevista dalla norma citata ed a intraprendere le attività di progettazione e ricerca inerenti la realizzazione del sistema di controllo accessi". A questo punto s’impone una riflessione. Non sarebbe stato meglio per la Lega calcio dialogare con il Governo nei giorni dell’agosto 2005, immediatamente precedenti al varo del decreto Pisanu, esponendo le proprie esigenze e i problemi derivanti dalla sua applicazione? Non si sarebbe di certo arrivati alla situazione di emergenza attuale, con soli sei stadi in regola e con l’obbligo di giocare a porte chiuse per gli altri. Ma forse i presidenti erano impegnati, con la stagione appena iniziata, a realizzare ricavi al botteghino e a lottare all’ultimo sangue per strappare un contratto alle televisioni con cifre plurimilionarie.
di Marco Liguori

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