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domenica 9 marzo 2008

La vendita di Zidane e Inzaghi salva il bilancio

Bloomberg Investimenti 15 febbraio 2003

Juve Paperona? Insomma....

Marco Liguori
Salvatore Napolitano

La Juventus è un gigante dalle gambe fragili: il riferimento non è ai muscoli di Alessandro Del Piero o ai tendini di David Trezeguet, ma allo stato del bilancio, solo apparentemente in ordine. Ad una lettura meno superficiale saltano subito all’occhio problemi non trascurabili. Certo, l’utile dell'esercizio 2002, pari a 6,13 milioni di euro, è in linea con quello dei quattro precedenti. Ma sono utili determinati esclusivamente dalle ormai famose plusvalenze, cui le società calcistiche fanno ampio ricorso, e sempre più di frequente in modo fittizio, ossia scambiandosi vicendevolmente giocatori ad un prezzo gonfiato, ma senza passaggi di danaro, in modo da imputare all’esercizio in scadenza il ricavo ottenuto, appesantendo però lo stato patrimoniale con l’eccessivo costo di acquisizione. Riguardo alla Juventus non è possibile affermare il suo ricorso a tale metodo: ma solo perché la società si è ben guardata negli anni passati dallo specificare le plusvalenze realizzate sui singoli calciatori, limitandosi a scriverne l'ammontare complessivo. Circostanza strana dal momento che, ad esempio, nel bilancio 2001, venivano indicati persino costi di 4.000 euro come tassa di iscrizione a gare o nel 2000 ricavi per 6.714 euro da gare delle squadre minori. Quanto alle plusvalenze dal 1998 al 2001, sono state liquidate con semplici importi: 28,1, 11,8, 35,9 e 20,47 milioni di euro. Ma che anche la Juve si sia lasciata andare al meccanismo delle plusvalenze incrociate lo si può intuire osservando che nel bilancio 2000 il Milan conseguì un utile di circa 10 miliardi di lire vendendo ai bianconeri lo sconosciuto Matteo Beretta. A ciò si aggiunge il fatto che al 30 giugno 2002 la Juve ha iscritto una voce ambigua di “diritti pluriennali su altri professionisti” a un costo storico molto alto di 51,7 milioni di euro. Nel bilancio 2002 per la prima volta le plusvalenze sono comparse: potenza di Piazza Affari. Sono tutti soldi veri, pari ad una mega-cifra di 123,89 milioni di euro, grazie soprattutto a Zinedine Zidane e Filippo Inzaghi. Senza quelle cessioni il bilancio si sarebbe chiuso con la più grave perdita della storia bianconera: 96,65 milioni. Davvero troppo per una società che ne ha fatturati 177,1. Tanto che, se tale perdita dovesse essere replicata nel 2003, il capitale netto, pari a 99,53 milioni, sarebbe praticamente azzerato. L'unica cessione in grado di dare un po’ di respiro sarebbe quella di Del Piero, quasi del tutto ammortizzato e iscritto a bilancio a soli 72.000 euro. Ma i soldi nel calcio sono finiti e l'eventuale plusvalenza su Pinturicchio lenirebbe appena le ferite. Occorrerebbe tagliare i costi: la voce salari e stipendi è cresciuta in soli quattro anni da 46,57 a 133,8 milioni. Circa il 10% di tale costo è attribuito ai diritti di sfruttamento dell'immagine dei calciatori, che ha attirato l'attenzione della Guardia di Finanza su altre società per verificare che non fossero stipendi mascherati. Il piano di ridimensionamento dei costi che la Juve ha in mente è per ora solo un auspicio. Anche dal punto di vista finanziario la situazione non è affatto rosea. Certo, i conti superano agevolmente l'esame della Covisoc: ma solo perché le norme federali e la loro interpretazione hanno delle maglie talmente larghe da consentire delle acrobazie spericolate. E’ la voce risconti passivi a fare la differenza: addirittura 150,4 milioni, derivanti principalmente dall'incasso anticipato dei diritti criptati delle partite casalinghe dell'attuale e del prossimo campionato. Soldi praticamente già spesi. E’ una voce che non rientra nel calcolo dell'indebitamento ai fini della determinazione del parametro necessario all'iscrizione al campionato (rapporto ricavi/indebitamento non inferiore a tre). Ma, in base a tutte le regole di contabilità aziendale, è una passività. In più il rapporto tra i mezzi propri (99,53 milioni) e quelli di terzi (401,01) è pericolosamente sbilanciato. Infine i mezzi propri sono ben lungi dal coprire le immobilizzazioni (250.9 milioni). Ma sui bilanci bianconeri sono iscritti anche i 600mila euro di consulenza che la Juventus ha corrisposto alla Football Management srl. Quest’ultima è la società della quale Alessandro Moggi, figlio del d.g. della Juve Luciano, possedeva il 50% e, dal 29 ottobre scorso, il 60%, e che detiene il 45% della Gea, società nata nell’ottobre 2001 che ha già acquisito la procura di numerosi calciatori e allenatori.

Il Mostro Juve....
Gli abitanti di Nichelino lo hanno ribattezzato “Mostrojuve”: in realtà si chiama Mondojuve. Parliamo del progetto che ha spinto la Juventus a quotarsi in Borsa e chiedere le risorse necessarie, pari a circa 130 milioni di euro. Peccato che l'introito del collocamento sia stato solamente di 62,6 milioni. Si tratta della costruzione (che sarebbe dovuta partire alla fine del 2002) di una serie di campi e attrezzature sportive nel Comune di Vinovo e di un enorme centro commerciale in quello di Nichelino. Un'area complessiva di circa 500mila metri quadrati sita a sud della periferia di Torino, a pochi passi dall'area industriale Fiat di Mirafiori e non lontano dal Lingotto. Il luogo scelto per l’edificazione è posseduto dalla società Campi di Vinovo, controllata interamente dalla Juventus, su cui sorgeva un ippodromo e un campo da golf. L'appellativo “Mostrojuve” al progetto è stato ripreso dal variegato schieramento di opposizione del Comune di Nichelino, composto da Alleanza Nazionale, Forza Italia, Rifondazione Comunista e da una parte della Margherita. Le quattro formazioni politiche hanno dato battaglia in Consiglio comunale opponendosi alla variante di destinazione d'uso dell'area scelta. Quest’ultima confina con la riserva protetta del parco della palazzina di Stupinigi, antico luogo di caccia dei Savoia. «La colata di cemento di Mondojuve» sostengono i consiglieri comunali «deturperebbe questa riserva protetta dalla leggi sull'ambiente. Inoltre» continuano «con la realizzazione di nuove infrastrutture stradali si congestionerebbe il traffico della zona. Senza contare poi il rischio di strangolamento del commercio locale». In aula la variante è passata, grazie alla schiacciante maggioranza. Tuttavia sul piano pende il voluminoso faldone della Regione Piemonte, competente a dare l'ultima parola sulla sua fattibilità. La Giunta comunale di Nichelino (Ds, lista civica e Sdi) ha risposto alle osservazioni della Regione, abbassando l'altezza degli edifici e progettando giardini pensili per mitigare gli effetti dell'impatto ambientale. Le opposizioni ribattono che ciò non basta: anzi si creerebbero degli scompensi idrogeologici. M. L. S. N.

La Borsa mi conviene! Parola di Giraudo...
Oltre che per l’azionista di controllo Ifi, lo sbarco della Juventus in Borsa è stato un vero affare soltanto per il suo amministratore delegato Antonio Giraudo. L'esordio della società bianconera in Piazza Affari è avvennuto il 20 dicembre 2001. Il prezzo di collocamento era di 3,7 euro. Venerdì 14 febbraio il titolo oscillava intorno a 1,22 euro: dunque, ha perso insomma i due terzi del valore del collocamento, facendo peggio dell'indice Mibtel, che nello stesso periodo è sceso circa del 25%. Un tale rovescio non ha influito affatto sul portafoglio di Giraudo. L’a.d. ha comprato 1.600.000 azioni nel novembre 2001 al prezzo di 0,21 euro per rivenderle tutte il mese dopo al prezzo di collocamento, con una plusvalenza immediata di circa 5,58 milioni di euro. E nello stesso mese di dicembre, ne ha immediatamente ricomprate 4.380.100, sempre a 0,21 euro, spendendo poco meno di 920mila euro. Un analogo trattamento di favore spetta anche al vice presidente Roberto Bettega e al direttore generale Luciano Moggi. Si saprà soltanto a fine marzo se i due hanno esercitato la rispettiva opzione di acquisto di 347.525 azioni al prezzo di 0,21 euro.

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il pallone in confusione

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