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giovedì 17 aprile 2008

Chi vince con Berlusconi

di Stefano Olivari
da http://www.settimanasportiva.it/index/it/news.show/Chi+vince+con+Berlusconi.html?sku=1699


Che cosa cambierà nel micromondo calcistico con la vittoria elettorale di Berlusconi? Domanda non epocale, come quasi tutte le nostre, ma comunque di un certo interesse per chi come noi di calcio vive. Per Abete cambia pochissimo: uomo di centro, navigatore nella politica senza mai sembrare maneggione, con il suo non decisionismo (da Donadoni a Collina, in un anno di presidenza non ha mai fatto una scelta davvero sua) si è guadagnato l'indifferenza del futuro presidente del Consiglio, che continua non del tutto a torto a considerarlo il vice di Carraro. Un calcio veltroniano avrebbe ovviamente spostato la centralità del potere verso la federazione, ma di sicuro non si può dire che Abete abbia perso. Campane a morto invece per Antonio Matarrese, che con la storia del miliardo ha provato a svincolarsi dall'abbraccio della B facendo quello che pensa in grande dopo una vita passata a comporre contrasti fra ras di paese. Niente da fare: se la A saluterà la compagnia prima della fatidica data del 2010, quella di tutte le scadenze, commissioner della nuova lega 'leghista' sarà al 110 per 100 Adriano Galliani. Nell'arco di due anni far crescere un dirigente da Milan non dovrebbe essere difficile: il gruppo è pieno di ottimi manager per la gestione finanziaria, a cui affiancare un uomo di sport (l'amico Natali, piuttosto che Costacurta o un direttore sportivo di provincia) per il mercato. E poi di strapagare bolliti dalla Spagna con la straordinaria consulenza di Bronzetti (è l'unico ad avere il numero di Barcellona e Real Madrid?) dovrebbero essere più o meno capaci tutti. Un Berlusconi presidente del Consiglio non potrà esserlo anche del Milan, ma nella sostanza cambierà poco: carica vacante, a meno che non scocchi l'ora del non più piccolo Luigi. Vince Collina, che Berlusconi e Galliani hanno sempre rispettato tanto da non volersi esporre quando c'è stato da reclamare per qualche torto arbitrale subito dal Milan: alla classifica alla moviola ci ha pensato la Gazzetta (solo che quando la faceva Maurizio Mosca nel leggendario Appello del Martedì non veniva preso sul serio), ben prima della svolta simil free press. Perde Moratti, non solo per le simpatie politico-salottiere per la sinistra (in realtà più della moglie che sue), ma anche perché a un presidente del Consiglio pur non vincendo nel calcio rimangono tanti altri tavoli su cui giocare. I guadagni nella raffinazione del petrolio si giocano sui millesimi di euro, una tassettina in più o in meno cambia il destino di una dinastia industriale in un paese in crisi di approvigionamento energetico: diciamo che il Fraizzoli che dopo la telefonata di Andreotti straccia il contratto di Falcao è un paragone che ci può stare. Pareggia la Juventus, che ci ostiniamo per abitudine infantile a collegare al mondo Fiat: dall'abolizione del bollo a mille incentivi per l'auto, annunciati dalla benevolenza verso Silvio del gruppo mediatico Montezemolo, non sarà di sicuro obbligata a fare del pauperismo. E gli Elkann a Berlusconi non sono certo antipatici. Un pareggio con tendenza alla sconfitta, perché il reale progetto politico di Montezemolo puntava al pareggio elettorale per poi proporre uno pseudo-governo dei tecnici: probabile adesso che invecchi (del resto ha già 60 anni) fra Raikkonen e Massa, in quella barzelletta pompata artificialmente dai media che si chiama Formula Uno. Perde la Roma, con la famiglia Sensi ed il suo giocatore simbolo schierati per Veltroni-Rutelli ed ingiustamente presi di mira per questo, come se le strumentalizzazioni politiche fossero esclusiva di una parte: che il gruppo sia di fatto ostaggio di Unicredit è un elemento che gioca a favore della vendita del magnate di turno, al quale ovviamente non basteranno i soldi ma dovrà trovare anche consenso. Se è vero, come è vero, che i mezzi flop con Manchester United (in modo ostile) e Inter (in modo più discreto) non sono stati dimenticati, una squadra ed una città di notorietà mondiale non dovrebbero dispiacere a Murdoch, eterno finto nemico del Berlusca. Questa la politica, mentre per quanto riguarda i soldi già adesso si puà dire che la legge Melandri sarà spazzata via, più probabilmente per via giudiziaria che parlamentare: gli arieti Sky, De Laurentiis e Zamparini provvederanno a sfondare questo cigolante portone ed a tornare entro il solito 2010 alla soggettività dei diritti tivù. Per il resto nessuno scenario sconvolto: Sky per il satellite, Mediaset e La7 per il digitale terrestre, continueranno a dare il grosso, mentre il piccolo, cioé il chiaro, quasi certamente tornerà ad una Rai costretta a sobbarcarsi, con la scusa del servizio pubblico, anche una serie B che fra qualche anno non dovremmo vedere più (almeno nella sua forma attuale). Insomma, ha vinto Berlusconi ma in generale tutto il calcio di vertice ci guadagnerà. Dimenticavamo: il collaboratore principe del Berlusconi politico è stato e sarà Gianni Letta, questo significa la ricomparsa calcistica in terra italiana di Franco Carraro, attualmente all'esecutivo Uefa. Non riusciamo ad immaginare in quale ruolo, avendoli già ricoperti tutti e più di una volta: da una poltrona di sottogoverno in su, tutto è possibile.

L'attualità ci travolge, ma vale la pena soffermarsi sulla rivelazione di Johan Cruijff relativa al gran rifiuto di partecipare con l'Olanda al Mondiale 1978. Non per motivi calcistici, come abbiamo sempre pensato (il passaggio dal Barcellona ai Los Angeles Aztecs, avvenuto proprio in quell'anno, era un'ammissione di declino), o per motivi politici nel senso di boicottaggio di una manifestazione-vetrina per la giunta militare argentina, come lui stesso aveva spiegato in diverse interviste, o addirittura per constrasti a livello di sponsor (Cruijff era Puma, l'Olanda Adidas: famoso l'episodio delle due righe che fece inferocire Horst Dassler). Ma per un episodio, rivelato martedì scorso a Radio Catalunya, che aveva coinvolto la sua famiglia: un tentativo di rapimento avvenuto nel 1977 a Barcellona, durante il quale Cruijff e la moglie Danny (figlia del supreprocuratore Cor Coster) avrebbero avuto puntata alla testa una pistola e visto i tre figli in pericolo. Tentativo con una dinamica non chiara (anche ascoltando la versione originale, lo spagnolo di Cruijff è comprensibilissimo: http://www.catradio.cat/reproductor/audio.htm?ID=241651), soprattutto per quanto riguarda il suo fallimento, ma dal seguito spiegato meglio: mesi di vita blindata, con scorta di polizia e guardie del corpo, fino alla rinuncia al Mondiale ed alla fuga in America. Un episodio che getta una luce diversa sul fine carriera del Profeta del Gol (quasi due ore di emozionante film, con la voce di Sandro Ciotti: consigliamo a chiunque il dvd) e che spiega anche perchè, dopo avere giocato nelle qualificazioni, Cruijff abbia lasciato sul più bello. Facile l'analogia con il caso del rapimento di Quini (attaccante della nazionale spagnola e del Barcellona), tenuto in ostaggio per quasi un mese nel 1981, con la pista politica presto rivelatasi una bufala. Di sicuro aumenta il rimpianto per quello che avrebbe potuto essere e non è stato: nemmeno il suo ennesimo ritorno all'Ajax come futuro dirigente-burattinaio di un Van Basten allenatore, ritorno peraltro ancora non definito (mentre scriviamo sembra più no che sì), vale il trofeo più importante.

A volte avere tutta la squadra dalla propria parte è per un allenatore controproducente, specie nei club con un padre-padrone o nelle federazioni gestite secondo gli umori del momento. Così Uli Stielike è stato congedato dalla Costa d'Avorio alla scadenza del contratto: il presidente federale Jacques Anouma non è che abbia sottomano nomi migliori (l'unico di fama internazionale è Jean Tigana, storico avversario di Stielike in una delle partite più belle di tutti i tempi: ovviamente a Spagna 1982, quel Germania Ovest-Francia che ha folgorato una generazione) dal punto di vista tecnico, ma non gli ha perdonato di avere abbandonato la nazionale nelle mani del suo secondo Gerard Gili, che peraltro l'aveva condotta fino alla semifinale poi persa contro l'Egitto degli animali sacrificati. Di sicuro c'è bisogno del grosso nome, dopo Henry Michel, che era arrivato alla finale di Coppa d'Africa nel 2006 e alla fase finale del Mondiale, e appunto Stielike. Credibile Tigana, non inflazionato come altri bolsi giramondo ma forse poco umile per calarsi nella parte del c.t africano senza arie da colonizzatore. Se il Trap avesse aspettato qualche mese adesso avrebbe avuto in mano una squadra perfetta per il suo ultimo hurrah. Altro che l'Eire...Tornando a Stielike, l'ex libero di Gladbach, Real e Xamax (nel crepuscolo svizzero giocò anche qualche partita da rifinitore) l'ha presa malissimo. Al di là del fatto che il mese di assenza fosse dovuto al ricovero per un trapianto del figlio Michael, poi purtroppo morto, Stielike godeva del rispetto assoluto dei giocatori e con loro stava già impostando i piani per Sudafrica 2010. Peccato.
L'allenatore tedesco continua comunque a piacere, anche nei paesi che di sicuro non hanno mai potuto vedere 'L'allenatore Wulff', memorabile serie tv ambientata nella Bundesliga trasmessa dalla tivù svizzera dei tempi che furono e che faremmo di tutto per rivedere. Uno di quelli che avrà il compito più difficile sarà di sicuro Reinhold Fanz, da poco entrato in carica come c.t. di Cuba, la cui unica partecipazione ad una fase finale risale a Francia 1938: vittoria negli ottavi con la Romania, prima di essere arrotati nei quarti dalla Svezia di Wetterstroem e Keller. Il curriculum del 54enne Fanz non è oviamente scintillante: ha guidato l'Hannover in tempi per l'Hannover grigi ed in tempi più recenti il Karlsruher nella Bundesliga 2, senza lasciare grossi segni. L'obiettivo è quello di tutti: per raggiungerlo con una squadra dal valore misterioso ma capace di guizzi (eroica la sconfitta per 2 a 1 contro il Messico nella Gold Cup 2007) a giugno dovrà superare le doppie sfide con Antigua & Barbuda (è una squadra sola). Impresa possibile, per accedere ad un girone a quattro, dove bisognerà classificarsi secondi per andare nel girone per così dire finale della CONCACAF, quello a sei. Abbiamo letto un'intervista di Fanz sul sito della FIFA, in cui l'allenatore nativo di Mannheim parla di stage in Austria e cose del genere, però non bisogna dimenticare i recenti fatti di Tampa (Florida), quando sette giocatori della nazionale olimpica hanno salutato tutti. Ma niente è più come una volta, nemmeno la famiglia Castro.

L'inclusione di Alex Del Piero nell'album Panini di Euro 2008 ha acceso il dibattito sulla possibile ma non certo probabile convocazione di Donadoni, però di sicuro non è una novità che la Panini sia costretta a scommettere su certi personaggi: problemi di stampa e distribuzione, senza contare il marketing (non si può uscire troppo a ridosso della manifestazione), sia nell'era artigianale dei fratelli edicolanti modenesi sia in questa della multinazionale. Da fedelissimi delle collezioni dei grandi eventi, senza più amici con cui fare scambi (per Germania 2006 ci siamo piegati alla richiesta delle mancanti alla casa madre, cosa mai fatta nei trentadue anni precedenti) potremmo citare a memoria le scommesse perse sulla nazionale azzurra nelle grandi manifestazioni: fra le collezioni più sfortunate senz'altro quelle di Usa 1994, (figurine di Panucci, Eranio, Mancini e...Silenzi!) e Francia 1998 (cinque presenti-assenti: Peruzzi, Ferrara, Ravanelli, Casiraghi, Zola), ma ogni anno ha le sue curiosità: su tutte la coppia del gol Pruzzo-Bettega del 1982. Al di là delle scelte della Panini, se parliamo di continuità e non di colpi di classe Del Piero sta giocando come non faceva dal 1998 e Donadoni non avrebbe umanamente niente in contrario alla sua convocazione. Dipenderà fondamentalmente, come ha già scritto Paolo Ziliani, dalla volontà o meno di aggiungere un difensore (Chiellini) o un attaccante alla rosa. La sua storia, già luminosa (World Soccer, l'unica rivista a cui siamo abbonati, lo ha messo al sessantesimo posto nella classifica dei campioni del ventesimo secolo: prima di lui, fra gli italiani, solo Baggio, Baresi, Maldini, Meazza, Paolo Rossi e Zoff), non è comunque ancora finita: non occorre l'effetto Connors per rendersene conto.
stefano@indiscreto.it (appuntamento a giovedì 24 aprile 2008)

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