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mercoledì 14 ottobre 2009

Lo Statuto della FIGC obbliga tesserati e affiliati alla clausola compromissoria

L'avvocato Fabio Turrà chiarisce che tutti coloro che aderiscono alla federazione si obbligano ad accettare le decisioni degli organi di giustizia sportiva: in caso contrario è prevista l’irrogazione di sanzioni. L'intervento è una replica alla risposta dell'avvocato del comitato Piccoli azionisti Lazio, Massimo Rossetti, disponibile qui

Ringrazio il Collega per il suo autorevole intervento e ne approfitto per aggiungere una doverosa replica. Occorre premettere che vi è, da parte degli esperti del diritto generale (ordinario), una diffusa riluttanza ad accettare la "specialità" del Diritto Sportivo; d'altra parte quest'ultimo, lungi dal porsi in antitesi col primo, ne trae legittimità e linfa vitale. E' appena il caso di ricordare che la L.280/2003 nell'art. 1 (La Repubblica riconosce e favorisce l'autonomia dell'ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell'ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale) trova il suo fondamento proprio nella Carta costituzionale (Art. 10: L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute). Nei corsi di aggiornamento professionale riservati agli avvocati, che mi sono pregiato finora di organizzare e coordinare in materia di Diritto Sportivo per l'Unione Italiana Forense, in collaborazione con il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Napoli, si è spesso cercato, tra l’altro, di illustrare le criticità della citata L.280/2003, tra cui non ultimi anche i profili di possibile incostituzionalità. Senza dilungarmi troppo sull'argomento "vincolo di giustizia", basti qui dire che la F.I.G.C. ha adottato (al pari di altre federazioni sportive) il sistema delle clausole compromissorie, ovvero di quelle disposizioni che impongono ai singoli tesserati (atleti) e agli affiliati (società) di risolvere le controversie che li coinvolgono attraverso la giurisdizione sportiva (cosiddetta “domestica”). In realtà, gli Accordi Collettivi tra Federazione, L.N.P. e A.I.C. attuano quanto stabilito nello statuto della F.I.G.C., ovvero l'obbligo per tutti coloro che aderiscono a tale federazione sportiva (atleti tesserati, società affiliate) di rivolgersi agli organi di giustizia sportiva e di accettarne le decisioni nelle materie aventi carattere sportivo, rinunciando ad adire la giurisdizione ordinaria dello stato; in caso contrario è prevista l’irrogazione di sanzioni. Gli stessi contratti tipo che legano i calciatori professionisti alle società prevedono espressamente l’accettazione della clausola compromissoria.

E' arguta l'osservazione che, in linea teorica e di principio, nulla impedirebbe di adire il giudice ordinario (nel caso che ci occupa - Pandev/Lazio - il Giudice del lavoro). Pur volendo ammettere, in astratto, tale possibilità, la conseguenza negativa in tal caso sarebbe, però, l'irrogazione di sanzioni (anche gravi), il che rende di fatto impraticabile tale strada alternativa, almeno per chi ha intenzione di proseguire l'attività in ambito federale. D’altra parte, diversamente opinando e stando ai preziosi argomenti svolti dall’esimio Avv. Massimo Rossetti, non sarebbe dato comprendere perché, come da egli stesso ammesso, “la Lazio, a quanto mi consta, avrebbe deciso di accettare la competenza del Collegio arbitrale svolgendo in quella sede le sue difese”. Un approfondimento a parte meriterebbe, invece, l'applicabilità della L.280/2003 a soggetti esterni all'ordinamento sportivo (abbonati, tifosi, azionisti), nel qual caso, invece, condivido in pieno i dubbi riguardanti il possibile contrasto della predetta legge con l'art.24 della Costituzione.

Avv. Fabio Turrà fabio_turra@libero.it

clicca qui per leggere la replica del Comitato piccoli azionisti Lazio su Pandev e clausola compromissoria

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martedì 13 ottobre 2009

Stipendi cda Juve: aumento per Blanc, lieve taglio per Cobolli

Remunerazione in calo di 2mila euro per il presidente, mentre all’amministratore delegato sono state assegnati 448mila in più. Come l’anno scorso, nessun amministratore bianconero possiede azioni della squadra: solo il membro del collegio sindacale Picatti ne ha 540

Le remunerazioni del consiglio di amministrazione della Juventus sono aumentate del 14,6%. Nella bozza del bilancio della società quotata a Piazza Affari chiuso al 30 giugno scorso, con un utile di 6,6 milioni di euro, vi è infatti indicato che il totale ammonta a 3,53 milioni contro i 3,08 dell’anno precedente: in termini assoluti sono 448 mila euro. Osservando il dettaglio delle somme percepite dagli otto consiglieri, il cui mandato è scaduto con la chiusura dell’esercizio, si hanno però delle sorprese. Il presidente Giovanni Cobolli Gigli si è visto decurtare di 2mila euro il suo ammontare, mentre l’amministratore delegato e direttore generale Jean Claude Blanc ha ottenuto un più che sostanzioso incremento di 448mila euro. Entrambi sono gli unici amministratori esecutivi: il manager francese è l’unico ad avere responsabilità strategiche. Da sottolineare il loro stakanovismo: hanno partecipato a tutte le riunioni del cda e del comitato sportivo. Nel 2007/08 Cobolli Gigli, che non sarà riconfermato nel nuovo cda che sarà eletto dall’assemblea dei soci del 27 ottobre, ha incassato 725mila euro mentre nel 2008/09 la cifra è stata di 723mila euro. La differenza è dovuta alla diminuzione dei benefici non monetari, passati da 14mila a 12mila euro. Secondo il documento contabile, il numero uno bianconero ha conseguito 18mila euro per la carica di amministratore, 450mila per quella di presidente, 225mila per bonus e altri incentivi e 18mila per altri compensi. In quest’ultima voce vi sono comprese le indennità per spese di affitto: un particolare che nell’esercizio precedente non era stato indicato.

Invece, la retribuzione di Blanc (prossimo sostituto di Cobolli alla presidenza) è più articolata ed è pari a 2,67 milioni contro i precedenti 2,24. Per la sola carica di amministratore egli ha conseguito 15mila euro. Invece, per quella di amministratore delegato ne ha ricevuto 539mila (contro i 503mila del 2007/08) più 13mila per i benefici non monetari (21mila). Sempre per l’incarico di ad, Blanc ha avuto anche 1,2 milioni per bonus e altri incentivi (erano 844mila l’anno scorso) «valore maturato dall’additional compensation – si legge nel documento di bilancio – che sarà erogato al termine del piano di sviluppo a medio termine approvato dal consiglio di amministrazione del 14 marzo 2007, al lordo degli effetti dell’attualizzazione finanziaria». La specifica degli emolumenti da direttore generale prevede 12mila euro in benefici non monetari (9mila nel 2007/08), 410 mila in bonus e altri incentivi (392mila) e 507mila per altri compensi (456mila). Per quest’ultima cifra vi è specificato nel bilancio che si tratta di «retribuzione da lavoro dipendente e indennità spese d’affitto». Anche per Blanc nel bilancio chiuso al 30 giugno 2008 non era stata indicata la voce relativa al canone di locazione della propria abitazione. Sia Blanc che Cobolli avevano ancora nell’ultimo esercizio il “paracadute” da 3,45 milioni in totale come indennità in caso di licenziamento senza giusta causa. Al manager d’oltralpe era riconosciuta anche in caso di sue dimissioni con giusta causa.

Anche nell’ultimo esercizio è indicato che nessuno dei consiglieri di amministrazione e dei componenti del collegio sindacale possiede azioni della Juventus. L’unico a detenere 540 titoli, come già in passato è il sindaco Paolo Picatti. A tal proposito, l’anno scorso durante l’assemblea di approvazione del bilancio, Cobolli Gigli rispose alle precise domande degli azionisti del sito Ju29ro.com: «Non ho mai avuto azioni delle società quotate in cui ero amministratore». Eppure negli Stati Uniti i manager delle aziende presenti in borsa possiedono sempre quantitivi di azioni.

Riguardo agli altri amministratori bianconeri, l’unico a ricevere un aumento è stato Riccardo Montanaro: i suoi emolumenti per la carica sono passati da 23mila a 25mila. Retribuzioni invariate per Camillo Venesio (20mila), Carlo Barel di Sant’Albano (18mila) e Aldo Mazzia (10mila): per gli ultimi due le somme sono versate da Exor, controllante della Vecchia Signora. Invece, Gian Paolo Montali, ex allenatore della nazionale di pallavolo, ha subito un drastico taglio da 27mila a 19mila euro. Ciò è avvenuto a causa della riduzione delle prestazioni per consulenze, precipitate da 12mila a 4mila euro.

Marco Liguori

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Con 3,7 milioni la Juve fa la pace con Ranieri e il suo staff

La società bianconera ha chiuso ai primi di settembre il contenzioso con il suo ex allenatore, esonerato il 18 maggio. Risolte anche altre tre situazioni: con il Comune di Venaria, con la Gilardi Costruzioni e l’ex bianconero Andrade

La Juventus e il suo ex allenatore Claudio Ranieri hanno fatto la pace. Nella bozza del bilancio chiuso al 30 giugno scorso è riportato che il 18 maggio il tecnico era stato esonerato assieme ai suoi collaboratori ed era stato sostituito da Ciro Ferrara. «A seguito dell’esonero, l’ex allenatore Ranieri – si legge nel documento della società bianconera – unitamente al proprio staff composto dai signori Damiano, Pellizzaro, Capanna e Benetti, aveva instaurato una controversia di natura giuslavoristica». La vertenza è stata risolta, prosegue il testo, «con una transazione sottoscritta nei primi giorni di settembre, a fronte del pagamento da parte di Juventus di complessivi 3,7 milioni lordi». Nel bilancio non sono stati specificati i termini di pagamento dell’accordo.

Oltre alla questione Ranieri, la Juventus ha “pacificato” altre tre contenziosi tramite ulteriori accordi. Innanzitutto, la Vecchia Signora ha disinnescato il giudizio davanti al Tar Piemonte con il Comune di Venaria, confinante con l’area dell’ormai ex stadio delle Alpi. La vicenda risale a circa due anni fa ed era stata causata dalla vicinanza tra un centro commerciale sito nella cittadina della cintura torinese e quello progettato nel nuovo impianto bianconero. «Il 14 settembre 2009 la società ed il Comune di Venaria – si legge nel bilancio chiuso al 30 giugno 2009 – hanno sottoscritto un protocollo d’intesa volto a regolamentare alcuni aspetti relativi all’attività del futuro centro commerciale, nonché la ripartizione dei costi di pulizia delle aree pubbliche». Con questa intesa il Comune «ha rinunciato definitivamente a qualsiasi diritto o pretesa con riferimento al contenzioso, a suo tempo instaurato con ricorso innanzi al Tar Piemonte, contro il rilascio delle autorizzazioni commerciali da parte del Comune di Torino». Bisognerà però vedere se le due strutture, che si troveranno a breve distanza l’una dall’altra, arrecheranno in futuro problemi alla viabilità della zona presso lo stadio.

Altra situazione risolta è quella della Campi di Vinovo. La Juventus aveva ceduto la partecipazione nella società (proprietaria dei terreni su cui avrebbe dovuto sorgere il centro commerciale “Mondo Juve”) alla Costruzioni Generali Gilardi. Quest’ultima, a causa della volontà di un’azienda terza che avrebbe dovuto sviluppare “Mondo Juve” di non dare esecuzione al contratto, non ha potuto pagare alla Vecchia Signora entro il 31 dicembre 2008 la prima tranche di 12,5 milioni pattuiti per acquisire la Campi di Vinovo. In seguito a ciò, la società bianconera e la Gilardi hanno pattuito di modificare i termini di pagamento della rata scaduta. Finora sono stati regolarmente pagati gli iniziali 4 milioni: i restanti 8,5 saranno onorati entro il 20 dicembre, termine che potrà essere eventualmente prorogato dalle parti, con riconoscimento degli interessi a favore della Juve.

Infine, la società di Casa Agnelli ha chiuso un contenzioso con Andrade. Il suo ex giocatore fu vittima di un grave infortunio, che gli ha chiuso la carriera. La Juve svalutò il valore del diritto pluriennale (o del “cartellino”) e chiese la risoluzione del contratto al Collegio Arbitrale della Lega Calcio. Andrade aveva adito a sua volta lo stesso Collegio «per chiedere la risoluzione del contratto – si legge nel documento di bilancio – per fatto e colpa di Juventus che ha omesso il pagamento degli stipendi durante la pendenza della procedura arbitrale, chiedendo i relativi danni». La questione è stata risolta l’8 aprile scorso, prima della decisione dell’organismo della Lega, tramite un «accordo per risolvere consensualmente, a far data dal 31 marzo 2009 – si legge sempre nel documento – il rapporto di prestazione sportiva in essere e definire amichevolmente i procedimenti pendenti davanti al Collegio Arbitrale». La transazione è costata alla Juve 3 milioni circa.

Marco Liguori

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venerdì 9 ottobre 2009

Caso Pandev: replica del Comitato Piccoli Azionisti

Riceviamo e pubblichiamo la risposta dell'avvocato Massimo Rossetti del Comitato Piccoli Azionisti Lazio all'intervento dell'avvocato Fabio Turrà sul caso Pandev

Ringrazio per avermi trasmesso l’intervento in pari data dell’Avv. Fabio Turrà in merito alla clausola compromissoria di cui agli accordi collettivi tra la FIGC, Lega Calcio e Associazione Italiana Calciatori.
Nell’esprimere apprezzamento per l’intervento sopra citato che rappresenta, senza dubbio, un autorevole e importante contributo al dibattito sul tema, mi corre l’obbligo di alcune precisazioni.
L’art. 3 della Legge n.280/2003 testualmente riportato dall’Avv. Turrà non può essere interpretato, a mio avviso, nel senso di aver reso obbligatorio ex lege l’arbitrato previsto dall’art. 4 della Legge n. 91/1981. Quest’ultima disposizione, infatti, stabilisce che nel contratto di lavoro subordinato tra la Società di calcio e il calciatore può – non deve – essere prevista una clausola compromissoria: né la contrattazione collettiva nazionale di lavoro può inserire automaticamente tale clausola nel contratto individuale.
In altre parole, la clausola compromissoria deve intendersi obbligatoria tra le parti del predetto contratto individuale solo se espressamente e specificamente prevista in quest’ultimo e non, lo ripeto, per il solo fatto che essa sia prevista da una legge ordinaria o dalla contrattazione collettiva applicabili al rapporto di lavoro considerato, non potendosi legittimamente verificare alcun automatico inserimento nel contratto lavorativo individuale né in virtù di una legge ordinaria né in virtù di una norma della contrattazione collettiva di categoria. E’ pacifico, infatti, alla luce della giurisprudenza della Corte Costituzionale e come già, peraltro, evidenziato nella lettera del 28 settembre u.s. al Consiglio di Sorveglianza della Lazio, che, qualora la legge ordinaria o la contrattazione collettiva prevedano l’attivazione della procedura arbitrale, in specie relativamente al lavoro subordinato, ciò deve avvenire senza pregiudizio alcuno della possibilità per le parti del rapporto di lavoro di adire l’autorità giudiziaria, poiché, diversamente, il divieto di rivolgersi al giudice ordinario, configurando un arbitrato obbligatorio, configurerebbe un istituto costituzionalmente illegittimo per contrasto con plurime norme della Costituzione.
Più precisamente, con l’art. 24, primo e secondo comma ("tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento".), con l’art. 25, primo comma ("nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge") e con l’art. 102, primo comma ("la funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario").
Per ciò che riguarda, infine, il caso concreto affrontato, vale a dire il caso Pandev, sembra che la questione sia stata già risolta nel senso che la Lazio, a quanto mi consta, avrebbe deciso di accettare la competenza del Collegio arbitrale svolgendo in quella sede le sue difese e, anzi, chiedendo, in via riconvenzionale, il risarcimento di danni a proprio favore. Per dirla alla partenopea, "che la Madonna la accompagni (accompagni la Lazio)!".
Avvocato Massimo Rossetti
paola.tiracorrendo@federmanager.it
Clicca qui per leggere la replica dell'avvocato Fabio Turrà all'intervento dell'avvocato Rossetti

martedì 6 ottobre 2009

Sky anticipa 20 milioni e la Lazio acquista Zarate

Riceviamo e pubblichiamo da Paolo Lenzi, presidente di Lazio Family
Da una attenta lettura del progetto di bilancio della Lazio chiuso al 30 giugno 2009, redatto dal Consiglio di gestione (formato da Claudio Lotito e Marco Moschini), ora all’esame del Consiglio di Sorveglianza (costituito da Corrado Caruso, Presidente, Alberto Incollingo, Vice Presidente, Fabio Bassan, Vincenzo Sanguigni e Massimo Silvano, consiglieri) e della società di revisione (Deloitte & Touche SpA), si apprendono cose interessanti. La prima che portiamo all’attenzione dei nostri lettori riguarda l’acquisto di Zàrate. Il giocatore risulta acquistato il 4 giugno 2009 per euro 20.200.000 e, a differenza di quanto accade per gli altri acquisti, nel documento non viene indicata la società di provenienza, evidentemente perché il cartellino del giocatore è stato acquistato dopo che questi si era svincolato dalla squadra dell’Al Saad.
Nel bilancio è indicato che il giocatore ha 26 anni mentre a noi risulta che Maurito è nato il 18 marzo 1987 e, quindi, di anni ne ha 22. Si evidenzia anche che il giocatore (definito “un nuovo talento”) ha firmato un contratto di 5 anni con scadenza 30 giugno 2014.
Ci si è a lungo domandati con quali modalità era stato effettuato l’acquisto di Zàrate. Mettendo insieme le varie parti del bilancio e correlando le informazioni esposte nelle varie parti del documento si scopre che la Lazio si è approvvigionata di un importo pari al costo di Zàrate facendosi fare una anticipazione dalla società controllata Lazio Marketing & Communication, la quale, a sua volta, ha ottenuto un anticipo sul contratto Sky di 20 milioni di euro, probabilmente attraverso una operazione di factoring. Ecco finalmente svelata la fonte a cui si è rivolta la Lazio per ottenere il “cash” per pagare il cartellino di Maurito.
Paolo Lenzi
Lazio Family
Nella foto, tratta da blogcalciatori.com, Mauro Zarate

venerdì 2 ottobre 2009

Clausola compromissoria: elemento obbligatorio secondo gli accordi collettivi Figc, Lnp e Aic per le controversie nel calcio professionistico

Sono gli arbitri oppure i giudici ordinari a dover decidere su questioni riguardanti le controversie patrimoniali tra i tesserati e le società? Sull’onda del caso Lazio-Pandev "il pallone in confusione" ha chiesto all’avvocato Fabio Turrà, noto esperto di diritto sportivo, un commento sulla giurisdizione applicabile nelle discipline sportive professionistiche

La questione circa la giurisdizione applicabile in controversie (soprattutto patrimoniali) che investono il mondo dello sport, e del calcio in particolare, è di grande attualità.
Vi sono, infatti, situazioni giuridiche "limite" nelle quali vengono in gioco diritti e/o interessi di soggetti estranei al mondo dello sport, ma a questo connessi. Questo è proprio il caso degli azionisti delle società calcistiche quotate in borsa, che vedono i titoli, nei quali hanno investito i propri risparmi, legati all’andamento non solo dei risultati sportivi conseguiti nei campionati, ma anche all’esito delle vicende giudiziarie che contrappongono le società sportive ai tesserati (vedi caso Lazio–Pandev).
Considerati i numerosi alterni precedenti giudiziari, che talvolta propendevano per un’esclusività di giudizio da parte della Giustizia sportiva e talaltra per la possibilità di accesso alla Giustizia ordinaria, il nostro sistema normativo nazionale – motivato da esigenze contingenti – emanò la Legge 17 Ottobre 2003, n. 280 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 19 agosto 2003, n. 220, recante disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva), proprio per mettere un punto fermo alle controverse e alterne, come detto, interpretazioni giudiziali.
Soffermandoci sul caso particolare posto in risalto dai "Piccoli azionisti della Lazio", va preso in considerazione l’Art.3 (Norme sulla giurisdizione e disciplina transitoria) della predetta Legge n.280 del 2003. Esso testualmente recita:
"Esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'articolo 2, è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. In ogni caso è fatto salvo quanto eventualmente stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui all'articolo 2, comma 2, nonché quelle inserite nei contratti di cui all'articolo 4 della legge 23 marzo 1981, n. 91"
Va precisato, in proposito, che le clausole compromissorie sono quelle che permettono (e in determinati casi obbligano), per esplicito accordo tra le parti, la devoluzione ad arbitri delle possibili controversie derivanti dal contratto, nel quale sono contenute, in deroga alla giurisdizione normalmente applicabile.
Resta, allora, da chiarire quali siano quelle inserite nei contratti di cui all'articolo 4 della richiamata "legge 91": essa enuncia le "Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti". L’articolo 4, in particolare, disciplina il rapporto di lavoro subordinato che si può instaurare in tali casi, prevedendo – tra l’altro – che lo stesso si costituisce mediante forma scritta, a pena di nullità, stabilendo, inoltre, che nello stesso contratto può essere prevista una clausola compromissoria con la quale "le controversie concernenti l’attuazione del contratto e insorte fra le società sportive e lo sportivo sono deferite a un collegio arbitrale".
Ne discende che, secondo la norma suddetta, l’inserimento di tale clausola compromissoria sarebbe lasciato come pura "facoltà" alle parti contraenti.
In realtà, nel calcio professionistico, la clausola compromissoria è inserita di diritto nei contratti, e ciò in virtù degli Accordi Collettivi tra F.I.G.C., Lega Nazionale Professionisti e Associazione Italiana Calciatori.
Per tale motivo, mentre per quanto riguarda le altre discipline sportive occorrerà fare riferimento al contratto specifico per verificare, previo esame dello stesso, quale giurisdizione – ordinaria o sportiva – potrà occuparsi del caso, nel mondo del calcio professionistico, le controversie concernenti l’attuazione del contratto e insorte fra le società sportive e lo sportivo dovranno essere deferite al Collegio Arbitrale.
Avvocato Fabio Turrà
fabio_turra@libero.it
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giovedì 1 ottobre 2009

Il Pm: condannate Giraudo e Moggi a 3 anni per falso in bilancio

Tre anni per Luciano Moggi e Antonio Giraudo, due anni per Roberto Bettega: queste le condanne chieste dalla Procura di Torino al processo per i conti della vecchia gestione della Juventus. La causa si sta celebrando con il rito abbreviato ed è lo sbocco dell'inchiesta sulle cosiddette plusvalenze sulla compravendita di giocatori.
I pm Marco Gianoglio e Antonio Pacileo procedono per falso in bilancio, infedeltà patrimoniale, ostacolo all'attività degli organi di controllo e truffa alla Federcalcio: questa ipotesi, in particolare, si riferisce al fatto che, secondo l'accusa, la Juventus ottenne il diritto a iscriversi al campionato di serie A nascondendo le irregolarità contabili. Per molti capi di imputazione i fatti sono ormai prescritti e, fra i difensori, c'è chi afferma che la stessa requisitoria dei pm ridimensiona drasticamente il quadro accusatorio. «Confidiamo nell'alta giustizia», dice uno dei legali degli imputati, Andrea Galasso; «e nel grande equilibrio del giudice», aggiunge il collega Alberto Mittone. Dopo gli interventi delle parti civili (Figc, Coni, Agenzia delle Entrate e un piccolo azionista), che chiedono un risarcimento, il gup Dante Cibinel ha aggiornato il processo al 16 e al 23 ottobre, quando darà la parola ai difensori. Dei tre personaggi chiamati in causa era presente in aula solo Bettega.
Fonte: Ansa

Piccoli Azionisti Lazio: «Pandev da giudicare, ma non davanti al Collegio arbitrale»

Il presidente e il legale del Comitato scrivono al Consiglio di sorveglianza della società biancoceleste, rilevando che un’eventuale vertenza con l’attaccante macedone andrebbe affrontata davanti al magistrato del lavoro e non al Collegio Arbitrale della Lega calcio. Ciò per evitare pesanti conseguenze economiche negative

Il Comitato piccoli azionisti della Lazio, attraverso l’avvocato Massimo Rossetti e il presidente Alfredo Parisi, scrive al Consiglio di sorveglianza della società di Claudio Lotito per avere chiarimenti riguardo la delicata posizione di Goran Pandev. In una raccomandata spedita il 28 settembre scorso, entrambi rilevano che «il calciatore Pandev avrebbe inoltrato o starebbe per inoltrare ricorso al Collegio Arbitrale della Lega calcio onde richiedere e ottenere la risoluzione immediata del contratto di lavoro con la Lazio, senza alcun corrispettivo per la società e, anzi, con richiesta di risarcimento di danni». La rivalsa dell’attaccante macedone potrebbe essere seguita, proseguono i due rappresentanti del Comitato, «a breve anche da altro o altri giocatori sotto contratto con la Lazio per gli stessi o analoghi motivi». Ciò potrebbe comportare che «la SS Lazio e i suoi azionisti possano incorrere in pesanti conseguenze negative» soprattutto sotto l’aspetto economico.
I membri del comitato sottolineano anche che il presidente Lotito ha contestato, attraverso «plurime e reiterate dichiarazioni pubbliche», a Pandev la violazione dell’obbligo di fedeltà imposta dal Codice civile al lavoratore dipendente. «Per la precisione – scrivono Rossetti e Parisi – il sunnominato presidente ha testualmente parlato di "prove documentali e testimoniali"». Entrambi ritengono che «la società debba portare la questione in sede di giustizia ordinaria, dinanzi al competente magistrato del lavoro» effettuando prima il tentativo obbligatorio di conciliazione. La strada del rito del lavoro non è preclusa dalla clausola compromissoria «poiché tale prescrizione vale solo per le vertenze sull’applicazione di regole sportive e non anche, come nel caso di specie, su diritti soggettivi concernenti il rapporto di lavoro subordinato». Parisi e Rossetti mettono in guardia Lotito dalla "cabala" sfavorevole. Infatti, essi aggiungono che i precedenti della Lazio presso il Collegio arbitrale sportivo in vertenze contro suoi ex giocatori non sono favorevoli: «vedasi da ultimo il caso Mutarelli» ricordano. Ciò è spiegabile «con il fatto che l’attenzione e la sensibilità del predetto Collegio – affermano Rossetti e Parisi – sono naturalmente concentrate su aspetti in prevalenza sportivi più che su aspetti strettamente tecnico-giuridici».
I rappresentanti dei Piccoli azionisti concludono la loro lettera al Comitato di sorveglianza formulando la «riserva di ogni diritto e azioni nella deprecata ipotesi in cui la SS Lazio spa e, conseguentemente, i suoi azionisti dovessero subire negative e pesanti conseguenze a seguito di eventuali condanne a risoluzioni di rapporto con calciatori senza diritto a indennizzi per la Società e/o a risarcimenti economici a favore di tali calciatori». Questo nel caso in cui le condanne siano «derivanti da atti e/o fatti addebitati alla gestione societaria che, per legge, deve essere conforme a trasparenza e correttezza e a sani e prudenti comportamenti».
Marco Liguori
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il pallone in confusione

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