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venerdì 11 febbraio 2011

La cessione della partecipazione azionaria di controllo della A.S. Roma spa . Le regole del giuoco. Cessione o partnership?

Le vicende relative alla cessione in oggetto sono, in questi giorni, di grande attualità ed interesse. Notizie o, per meglio dire, più spesso, voci, a volte le più disparate e contraddittorie, si sono inseguite in rapida successione e, per tale motivo, Federsupporter e Codacons hanno formalmente chiesto il 3 corrente ( vedasi su www.Federsupporter.it) un intervento urgente della Consob, affinchè si fosse fatta chiarezza ed i risparmiatori ed il mercato fossero stati messi nella condizione di disporre di informazioni certe, tempestive ed esaurienti.

Ciò premesso, vale la pena di soffermarsi su taluni aspetti della cessione di cui trattasi, finora, a quanto consta, non specificamente ed adeguatamente esaminati. Più precisamente, il riferimento è alle modalità con le quali la cessione è stata finora portata avanti e, a quel che sembra, finalizzata. E’ stato pubblicamente dichiarato, sin dall’inizio, dai soggetti incaricati della cessione che quest’ultima si sarebbe svolta secondo una procedura che sostanzialmente ricalca quella che va sotto la denominazione di “gara a licitazione privata “ .

Procedura che solitamente viene utilizzata dalla Pubblica Amministrazione, nei casi di urgenza oppure quando un precedente esperimento d’asta sia stato negativo, allorchè, in particolare, si verta in materia di aggiudicazione di lavori a ditte specializzate.

La procedura consiste, in estrema sintesi, nell’invito a determinati soggetti a fare offerte, scegliendo tra le stesse, quella, alla fine, ritenuta migliore. Si tratta, quindi, in effetti, di una vera e propria gara tra possibili offerenti: gara che, usualmente, qualora vi siano più offerte vincolanti, si conclude con una ulteriore gara ristretta al massimo rialzo tra le migliori di tali offerte.

A questo proposito, alcune notizie e/o voci riportate da organi di informazione, hanno parlato di offerte “ inammissibili” o “ irricevibili”. Laddove, se così fosse ed a parte il fatto che non è dato di sapere su quali basi le proposte in questione sarebbero state ritenute “ inammissibili” o “ irricevibili”, le proposte stesse dovrebbero considerarsi come neppure mai esistite. Come ogni gara, le regole della medesima devono- dovrebbero- essere preventivamente stabilite, comunicate ai partecipanti alla gara e rese note al pubblico. In altre parole e volendo rifarsi ad un ambito calcistico, le regole per disputare le partite sono stabilite e conosciute prima del loro inizio e perchè la partita sia regolare esse vanno rispettate; regole che, di certo, non possono essere cambiate durante lo svolgimento del gioco.

Si tenga, altresì, presente che, sotto un profilo più strettamente tecnico -giuridico, anche da atti unilaterali nascono obbligazioni giuridiche. Se un soggetto assume su di sè la titolarità e la responsabilità di vendere un bene a terzi e promette pubblicamente di farlo secondo determinate modalità e regole, tale promessa diventa vincolante per il promittente. La promessa deve considerarsi vincolante sia nei confronti dei potenziali ed effettivi offerenti sia nei confronti di tutti i proprietari del bene, nella fattispecie, gli azionisti della Società, titolari e portatori di diritti ed interessi a che la gara si svolga secondo le modalità e le regole promesse. Si tenga ancora conto del fatto che qualsiasi offerente, risultato non aggiudicatario del bene in vendita, potrebbe agire in sede giudiziaria per il risarcimento dei danni subiti ( quella che in gergo si chiama violazione del diritto di chanche ) a causa dell’eventuale, mancato rispetto delle modalità e delle regole stabilite per lo svolgimento e la definizione della gara. Aggiungasi che un altro delicato aspetto su cui vale la pena soffermarsi è quello dell’eventuale presenza di situazioni di conflitto di interesse nello svolgimento della competizione. L’eventuale presenza, diretta o indiretta, di rapporti di affari e commerciali, già esistenti o nascenti dalla gestione e definizione della trattativa, tra soggetti preposti alla vendita e soggetti offerenti potrebbe, infatti, qualora non comunicata, configurare l’ipotesi di violazione dell’art. 2629 bis C.C. per omessa comunicazione di conflitto di interessi. Eventuale omissione rilevante anche sul piano penale, essendo prevista una sanzione consistente nella reclusione da uno a tre anni, se dalla violazione sono derivati danni alla società o a terzi. Destinatari dell’obbligo sono gli amministratori di società quotate e /o di enti sottoposti a vigilanza, come, per esempio, le banche. Il precetto consiste nell’obbligo di dare notizia agli amministratori ed al collegio sindacale di ogni interesse che, per conto proprio o di terzi, si abbia in una determinata operazione della società e/o dell’ente vigilato, precisandone la natura, i termini, l’origine e la portata. Laddove per natura si intendono le caratteristiche intrinseche dell’interesse, per termine una descrizione qualitativa dell’interesse, per origine la provenienza dell’interesse stesso, per portata la dimensione quantitativa e temporale di quest’ultimo.

Per danno a terzi deve intendersi qualsiasi pregiudizio patrimoniale nei confronti di chiunque i cui interessi siano coinvolti nell’operazione e, certamente, nella fattispecie, in questa categoria rientrerebbero tutti gli azionisti che non avessero partecipato all’operazione stessa. Come si può, dunque, constatare, la cessione in discorso va riguardata, non solo, come evidenziato nella citata lettera del 3 febbraio c.a., sotto l’aspetto della prevenzione ed eventuale repressione di abusi di mercato (manipolazione operativa e/o informativa del mercato), ma anche sotto altri aspetti, non meno importanti, come quelli qui trattati. Siccome, poi, la cessione in oggetto riguarda il 67% circa del capitale sociale, vale a dire le azioni quotate sul mercato telematico azionario, e ove fosse vero che la Banca rimanesse per circa il 40 % nella compagine azionaria della Società o di una nuova società (Newco, nuova società ) controllante la Società medesima ed ove fosse ancora vero che la stessa Banca finanziasse l’OPA obbligatoria successiva alla cessione, ebbene, in tali ipotesi, più appropriatamente si dovrebbe parlare, anziché di una dismissione vera e propria, di una sostanziale partnership tra il cessionario e la Banca medesima. La qual cosa potrebbe essere avvalorata dall’eventuale stipulazione tra il cessionario e la Banca predetti di patti parasociali quali, a titolo esemplificativo: un patto di sindacato di blocco che ponga limiti e condizioni al trasferimento delle azioni ; un patto di sindacato di voto avente ad oggetto l’esercizio del voto in assemblea; un patto che impegni a deliberare a scadenze prestabilite aumenti di capitale ed a parteciparvi. Peraltro, ove esistenti, tali patti si dovranno conoscere, poiché la legge impone, per le società quotate, e per quelle che le controllano, l’obbligo di comunicazione di essi alla Consob, la loro pubblicazione, per estratto, sulla stampa quotidiana e il loro deposito presso il Registro delle Imprese del luogo ove la Società ha la sede legale. In particolare, potrà essere interessante, ai fini di una più complessiva e compiuta valutazione dell’operazione, conoscere se la Banca avrà assunto oppure no l’obbligo di deliberare futuri aumenti di capitale, d’altronde già previsti come necessari, nonché l’obbligo di parteciparvi.

Quanto al fatto che, così come pure riportato da organi di stampa, la AS Roma spa possa uscire dalla Borsa (c.d. delisting) occorre tenere a mente quanto segue. L’uscita dalla Borsa può realizzarsi se tutto il capitale sociale rimane nelle mani di un socio. L’art. 108 del TUF ( Testo Unico in Materia di Intermediazione Finanziaria) stabilisce che colui il quale, a seguito di un’OPA totalitaria, venga a detenere una partecipazione almeno pari al 95 % ha l’obbligo di acquistare i restanti titoli da chi ne faccia richiesta. Sempre l’art. 108 stabilisce che colui il quale venga a detenere una partecipazione superiore al 90 % ha l’obbligo di acquistare i restanti titoli da chi ne faccia richiesta, salvo che non ripristini entro 90 giorni un flottante ( oggi pari a circa il 33 % ) sufficiente ad assicurare il regolare andamento delle negoziazioni. Il successivo art.111 prevede, altresì, per colui il quale venga a detenere, a seguito di un’OPA totalitaria, una partecipazione almeno pari al 95 % del capitale sociale, il diritto di acquistare i titoli residui entro tre mesi dalla scadenza del termine per l’accettazione dell’offerta, ove nel documento di offerta abbia dichiarato l’intenzione di avvalersi di tale diritto. Per concludere, anche alla luce di tutto quanto precede, vieppiù si rafforza l’esigenza che, così come rappresentato e richiesto nella lettera del 3 corrente, soprattutto in una fase particolarmente complessa e delicata dell’operazione, tutti i soggetti interessati, in specie gli organi di informazione, si attengano scrupolosamente alle norme che presiedono alla diffusione di notizie e/o voci riguardanti l’operazione stessa ed influenti sul prezzo del titolo, nonché la necessità che informazioni privilegiate vengano comunicate al pubblico senza indugio da parte della Società quotata e dei soggetti che la controllano, dovendosi intendere per informazioni privilegiate quelle concernenti, direttamente o indirettamente, la suddetta Società che, se rese pubbliche, potrebbero influire in modo sensibile sui prezzi dei titoli della Società stessa. Vi è l’esigenza, infine, che la Consob eserciti sulla diffusione delle notizie e/o voci di cui sopra e sulla comunicazione, senza indugio, delle informazioni predette il più attento, tempestivo e rigoroso controllo e, ove necessario, eserciti un doveroso ed efficace intervento.

Avv.Massimo Rossetti

Responsabile area legale Federsupporter

N.B. L’utilizzazione del presente documento è consentita solo dietro espressa citazione della fonte e dell’Autore

giovedì 3 febbraio 2011

Caso Felipe Melo: anche la Juve rischia una sanzione. La circostanza esimente va provata e non solo dichiarata

Riceviamo e pubblichiamo il commento dell’avvocato Fabio Turrà sulla vicenda sollevata ieri durante la trasmissione “Controcampo”

Subito dopo la fine degli incontri serali della 23a giornata di campionato, una notizia lanciata in diretta dalla trasmissione sportiva “Controcampo” ha posto alla ribalta ed all’attenzione del pubblico il tema della presenza dei calciatori professionisti sui social network. Veniva infatti rivelato che sul profilo Facebook del calciatore della Juventus Felipe Melo era apparso lo status (una sorta di pensiero espresso pubblicamente) “Morgati bandido”. Da poco era finito l’incontro Palermo - Juventus, perso da quest’ultima, durante il quale la società torinese - attraverso il suo allenatore Gigi Del Neri - aveva espresso perplessità in ordine alla corretta conduzione da parte dell’arbitro Emidio Morganti; non solo, ma la società bianconera aveva - di fatto - impedito ai propri calciatori ogni contatto con i mass media, imponendo il silenzio stampa, proprio percependo il malcontento dello spogliatoio e prevedendo possibili squalifiche per eventuali dichiarazioni lesive proferite dagli atleti nei confronti dell’arbitro. In tale contesto va inquadrato l’episodio attribuito a Felipe Melo, per il quale la Juventus - con estrema tempestività - ha dichiarato, attraverso il proprio direttore della comunicazione Claudio Albanese, essersi trattato di un attacco informatico ai danni del proprio tesserato.

Volendo analizzare dal punto di vista squisitamente tecnico giuridico quanto accaduto, bisogna preliminarmente evidenziare che il potenziale offensivo di Facebook è molto alto, poiché le opinioni espresse attraverso tale mezzo sono visibili e dirette ad una platea numerosissima, soprattutto se ciò avviene ad opera di un personaggio pubblico come un calciatore di serie A.

Per inciso, occorre ricordare che offendere l’altrui reputazione comunicando con più persone (ovvero proprio ed anche usando Facebook, o altri social network), come testualmente previsto dall’art. 595 del codice penale, costituisce il comportamento previsto e punito per il reato di diffamazione, perseguibile a querela della persona offesa.

Nel nostro caso, vertendo in materia di diritto sportivo, vale la pena chiedersi cosa rischia il calciatore della Juventus: l’art. 5 del Codice di Giustizia Sportiva (Dichiarazioni lesive), prevede al comma 1 che ai soggetti dell’ordinamento federale (quale va considerato il tesserato Felipe Melo) è fatto divieto di esprimere pubblicamente giudizi o rilievi lesivi della reputazione di persone, di società o di organismi operanti nell’ambito del CONI, della FIGC…; il comma 4 chiarisce che la dichiarazione è considerata pubblica quando è resa in pubblico ovvero quando per i destinatari, il mezzo o le modalità della comunicazione è destinata ad essere conosciuta o può essere conosciuta da più persone; il comma 5 prevede la comminazione di un’ammenda da € 2.500,00 ad € 50.000,00 oltre ad eventuali sanzioni più gravi, che arrivano anche alla squalifica o addirittura al “daspo” nei casi più gravi.

Resta da chiedersi se anche la Juventus possa rischiare una sanzione: l’art. 5 comma 7 prevede, in proposito, che le società possono essere punite, ai sensi dell’art. 4, con un’ammenda pari a quella applicata all’autore delle dichiarazioni; costituisce, però, circostanza attenuante la pubblica dissociazione dalle dichiarazioni lesive ed, in casi eccezionali, la pubblica dissociazione può costituire esimente.

La dirigenza bianconera ha sostenuto, senza finora dimostrarlo, che il profilo del proprio tesserato sarebbe stato “craccato” ad opera di ignoti. Può tale affermazione (allo stato non ancora provata) costituire “pubblica dissociazione” così come richiesto dalle norme richiamate?

Ma soprattutto appare credibile il fatto che il profilo utente del calciatore sia stato violato proprio in coincidenza con gli avvenimenti del post-partita? Ma soprattutto, come potrebbe egli realmente dimostrare la propria innocenza? La risposta a tale quesito è che ciò potrebbe avvenire solo attraverso una denuncia contro ignoti, a cura del tesserato e/o della società, al fine di dare impulso ad una indagine telematica, da svolgersi a cura della polizia postale. In mancanza, restando le difese del calciatore e della Juve solo affermate, ma di fatto non provate, dovrebbero scattare le sanzioni.

Fabio Turrà

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il pallone in confusione

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