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giovedì 18 luglio 2013

FEDERSUPPORTER - Il caso ZARATE: un tentativo per cercare di capirci qualcosa


Come è noto, è attualmente in corso un procedimento arbitrale, su ricorso del calciatore Mauro Zarate, con il quale quest’ultimo chiede la risoluzione anticipata del contratto che lo lega alla Lazio perché la Società lo avrebbe emarginato dal resto della prima squadra.

Si è appreso, nei giorni scorsi, da notizie di stampa, che il suddetto giocatore, indipendentemente dall’esito del sopracitato procedimento arbitrale, si riterrebbe comunque libero dal contratto con la Lazio ai sensi del Regolamento FIFA sullo status e sui trasferimenti internazionali dei calciatori.

Ciò premesso, secondo quanto riportato ieri, 17 luglio, in un articolo di Fabrizio Patania su “Il Corriere dello Sport” , pag. 12, sembra che Zarate, per risolvere anticipatamente il contratto con la Lazio, si sia avvalso, non dell’art. 15 ( Risoluzione del Contratto per Giusta Causa Sportiva), bensì dell’art. 14 ( Risoluzione del contratto per giusta causa) del Regolamento FIFA.

Art. 14 che, indipendentemente dalla giusta causa sportiva di cui all’art. 15 ( disputa di meno del 10% delle gare ufficiali a cui partecipa la società di appartenenza e recesso dal contratto nei 15 giorni successivi all’ultima gara ufficiale della stagione disputata dalla predetta società), prevede la possibilità di risolvere il contratto, senza incorrere in alcuna conseguenza ( corresponsione di indennità e sanzioni sportive), ove sussista una qualunque giusta causa di recesso, non ricompresa in quella specifica ( giusta causa sportiva) ex art. 15 .

Il motivo dell’asserita scelta effettuata dal calciatore viene indicato nell’articolo di stampa citato nelle affermate mancanza del requisito della disputa di meno del 10% delle gare ufficiali e della comunicazione del recesso entro il termine di 15 giorni successivi all’ultima gara ufficiale ( 26 maggio) disputata dalla Lazio.

Le conseguenze della risoluzione del contratto senza giusta causa sono contemplate dall’art. 17, il quale stabilisce che la parte che risolve il contratto senza giusta causa deve corrispondere all’altra una indennità “ calcolata nel dovuto rispetto delle leggi nazionali vigenti, della specificità dello sport e di tutti i criteri oggettivi del caso. Tali criteri comprendono : la remunerazione ed altri benefici dovuti al giocatore ai sensi del contratto esistente e/o del nuovo contratto, la durata del tempo rimanente nel contratto esistente fino ad un massimo di 5 anni, l’importo di qualsiasi quota e spesa pagate o contratte dalla vecchia Società ( ammortamento nel corso della durata del contratto), e se la risoluzione avviene durante un periodo protetto (ndr nel corso della stagione ) “.

Nel caso in cui la risoluzione del contratto priva di giusta causa, ove il recesso sia stato comunicato successivamente alla conclusione della stagione sportiva ( periodo protetto), ciò esclude, a parte la corresponsione dell’indennità, l’imposizione di sanzioni sportive a carico della parte recedente.

Nel caso, poi, che il recesso risultato privo di giusta causa sia stato comunicato dopo i 15 giorni successivi all’ultima partita ufficiale della stagione, inclusa la Coppa nazionale, disputata dalla società presso la quale il calciatore è tesserato, potranno essere applicate misure disciplinari a carico di quest’ultimo.

L’art. 22 ( Competenza della FIFA) prevede, altresì, che la FIFA, senza pregiudizio per il diritto di un calciatore o di una società di adire un Tribunale Civile Nazionale per una controversia relativa ad un rapporto di lavoro, è competente per le controversie fra società e calciatori in relazione al
mantenimento della stabilità contrattuale ( art. 13-18), se c’è reclamo di una parte interessata in relazione a questa richiesta, in particolare con riferimento alla sua emissione, alle sanzioni sportive o all’indennità per la rottura del contratto.

Secondo l’art. 23, la giurisdizione sulle questioni di cui sopra è della Camera per la Risoluzione delle Controversie (CRC) che, di regola, deve giudicare entro 30 giorni dal ricevimento di una richiesta valida. La CRC, nel prendere le proprie decisioni, oltre ad applicare il Regolamento,
prende in considerazione tutte le disposizioni rilevanti, le leggi e/o gli accordi collettivi esistenti a livello nazionale, così come la specificità dello sport.

Resterebbe, inoltre, aperta la via per la società di adire il Tribunale Civile Nazionale per la controversia relativa al rapporto di lavoro, ma, in questo caso, un’eventuale decisione del Tribunale adito a favore della società stessa non avrebbe, comunque, conseguenze sul piano sportivo,bensì solo su quello civilistico ( risarcimento dei danni).

A questo punto, però, si pone il dubbio che, nella fattispecie, vi sia la competenza della FIFA a giudicare circa l’esistenza della giusta causa, in quanto l’art. 22, comma 1, lettera b, relativamente alle “ controversie tra società e calciatori in materia di rapporti di lavoro, che abbiano una dimensione internazionale”, esclude tale competenza, qualora sia “ istituito a livello nazionale un collegio arbitrale autonomo che garantisca un procedimento giusto ed il rispetto del principio dell’eguale rappresentanza dei calciatori e delle società nell’ambito della Federazione e/o di un accordo collettivo”.
Si dovrebbe, pertanto, concludere, alla luce di questa disposizione, che, nel caso in esame, a decidere circa l’esistenza, oppure no, di una giusta causa, non sia la FIFA, bensì il Collegio Arbitrale adito da Zarate.
Osservo che, se ciò fosse vero, il Collegio dovrebbe, comunque, attenersi, in ordine alle conseguenze dell’eventuale accertata mancanza di giusta causa, alla normativa FIFA circa tali conseguenze, in precedenza descritte, previste da detta normativa ( art. 17 ).
L’ordinamento sportivo della FIFA è, infatti, sovraordinato a quelli nazionali e, quindi, le disposizioni in esso contemplate integrano, qualora carenti, i secondi o vi si sostituiscono in caso di contrasto.
Il contratto, perciò, anche nell’eventualità di accertamento da parte del Collegio dell’assenza di una giusta causa, resterebbe risolto, dovendosi limitare il Collegio stesso a determinare l’indennità in favore della società, secondo i criteri di cui all’art. 17, mentre, per quanto riguarda l’imposizione di misure disciplinari nei confronti del calciatore, nel caso in cui il recesso privo di giusta causa fosse stato comunicato dopo i 15 giorni successivi all’ultima gara ufficiale disputata dalla Società, quest’ultima, a mio avviso, dovrebbe rivolgersi alla FIFA.

Così come, parimenti, la Società dovrebbe rivolgersi alla FIFA per richiedere che, sempre nel caso di accertata mancanza di giusta causa, vengano sanzionate le persone( dirigenti di società, agenti dei calciatori, etc.) che avessero agito in maniera da indurre alla risoluzione contrattuale immotivata un calciatore e una società per facilitarne il trasferimento ( art. 17, comma 1, punto n.4).

La giusta causa generica di cui all’art. 14 può consistere in gravi inadempienze da parte della società, quali, a titolo esemplificativo: mancati pagamenti di retribuzione, mobbing, peggioramento delle mansioni e condizioni lavorative, comportamenti ingiuriosi.

Quanto, poi, all’eventuale rinuncia da parte del giocatore agli atti del procedimento arbitrale, poiché il Regolamento di tale procedura previsto dall’Accordo Collettivo per i Calciatori dispone che, in via sussidiaria alle norme del Regolamento stesso, si applicano quelle del Codice di Procedura Civile ( CPC), secondo l’art. 306 di quest’ultimo, l’estinzione del processo per rinuncia agli atti del giudizio deve essere accettata da tutte le parti costituite che abbiano interesse alla sua prosecuzione.

Pertanto, l’eventuale rinuncia di Zarate al procedimento arbitrale, per poter conseguire l’estinzione di quest’ultimo, dovrebbe essere accettata dalla Lazio, potendo essa, invece, rifiutarla, avendo interesse alla prosecuzione del suddetto procedimento ( lodo che accerti l’inesistenza di comportamenti atti ad emarginare il giocatore).
A proposito di giusta causa, sempre da notizie attinte da organi di informazione, sembrerebbe che la Lazio non abbia corrisposto alcuni emolumenti al giocatore e che l’Avvocato che assiste la Società abbia replicato , sostenendo che, se ciò è avvenuto, è “perché lui ha smesso di allenarsi“ ( cfr. “La Gazzetta dello Sport”, 16 luglio 2013).

Al riguardo, l’art. 11 del CCNL per i calciatori prevede,tra i provvedimenti disciplinari applicabili da parte delle società, da graduarsi in relazione alla gravità dell’inadempimento, la riduzione della retribuzione.

Questa sanzione non può, però, essere comminata direttamente dalla società, così come l’esclusione temporanea dagli allenamenti, dovendo, previa contestazione scritta al calciatore degli addebiti, essere proposta al Collegio Arbitrale che, a propria volta, decide se comminare, oppure no, la sanzione proposta.

Ne consegue che l’eventuale mancato pagamento di compensi al calciatore, quale sanzione disciplinare, come, nel caso in esame, per aver smesso di allenarsi, al di fuori della procedura sopra illustrata, deve ritenersi illegittimo, costituendo una violazione dell’art. 5 (Pagamento delle retribuzioni) del suddetto CCNL e potendo, quindi, integrare, di per sé, una giusta causa di risoluzione anticipata del contratto da parte del giocatore.

Per concludere, in attesa degli esiti della complessa vicenda, si può, però, dire, sin d’ora, che, nella fattispecie, non sembra che gli interessi economici della Lazio siano stati prudentemente e adeguatamente salvaguardati.

Quanto sopra se si pensa che, nella sessione di mercato di gennaio del corrente anno, il calciatore avrebbe potuto probabilmente essere ceduto per 5-4 milioni di euro , anziché per i 10-8 milioni pretesi dalla Lazio, evidentemente non rispondenti alla quotazione di mercato di un giocatore non utilizzato, escluso dagli allenamenti con la prima squadra e ormai prossimo alla scadenza naturale ( 30 giugno 2014) del contratto.

Si tenga presente che, tra costo di acquisizione, compensi per intermediazione ed emolumenti lordi al calciatore, Zarate ha comportato finora per la Società un investimento complessivo di circa 45 milioni di euro.
Avv. Massimo Rossetti, Responsabile dell’Area Giuridico-Legale Federsupporter


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il pallone in confusione

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