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giovedì 1 settembre 2011

La querelle Lazio-Coni: querele, revoche e conflitti d'interesse

La querelle Lazio-Coni sembra non avere fine. Federsupporter si era già occupata della vicenda con mie note del 10 e 20 maggio scorsi., consultabili sul sito www.federsupporter.it. Ora, alla luce di notizie di stampa ( vedasi Il Corriere della Sera del 28 agosto ed Il Messaggero del 29 agosto scorsi), nostri soci, piccoli azionisti e sostenitori della Lazio, ci hanno nuovamente sollecitato ad esprimere un parere in merito alle suddette notizie. Ciò premesso, preciso quanto segue.

1- Eventuale revoca del dr. Claudio Lotito da consigliere della FIGC.

In ordine a questa ipotesi, v’è da dire che, in effetti, le vigenti norme regolamentari del CONI e della FIGC prevedono l’incompatibilità tra chi ricopre cariche federali ed abbia in corso controversie giudiziarie sia con il CONI sia con la FIGC stessi. Tale situazione di incompatibilità, a mio avviso, non solo non deve sussistere al momento dell’elezione alla carica di consigliere federale, ma deve permanere per tutta la durata della carica stessa.

Peraltro, è notorio che, tra la SS Lazio spa ed il CONI, è in atto un contenzioso giudiziario circa il mancato pagamento di corrispettivi per l’utilizzo dello Stadio Olimpico. Si potrebbe porre il dubbio se, ai fini dell’applicabilità della suddetta normativa che prevede l’incompatibilità, il contenzioso giudiziario debba sussistere tra la persona fisica che ricopre la carica federale ed il CONI.

Se così fosse, la normativa sarebbe, nel caso specifico, inapplicabile, in quanto il contenzioso non è tra il dr. Lotito, persona fisica, ed il CONI, bensì tra quest’ultimo e la SS Lazio spa. Occorre, però, rimarcare che, sotto molteplici profili, sia la normativa CONI sia quella federale, immedesimano l’operato delle società, in quanto persone giuridiche, con l’operato dei loro legali rappresentanti, in quanto persone fisiche. Ne discende che, ai fini dell’applicabilità delle norme in materia di incompatibilità, a causa dell’esistenza di controversie giudiziarie, la distinzione tra società ( persona giuridica) e chi legalmente la rappresenta( persona fisica) potrebbe non essere rilevante.

2- Rapporti di e con un tesserato inibito.

Come è noto, attualmente e fino al 15 settembre prossimo, il dr. Lotito è sottoposto alla sanzione disciplinare dell’inibizione che gli consente di svolgere per tale periodo solo attività amministrativa nell’ambito della Società dallo stesso presieduta. Gli è inibita, pertanto, sempre per tale periodo, qualsiasi attività sia quale consigliere federale sia quale consigliere della Lega di Serie A. Se, dunque, risultasse che egli avesse effettivamente svolto tali attività e che altri tesserati avessero effettivamente svolto con lui tali attività, vi sarebbero pochi dubbi, a mio parere, che sarebbero entrambi perseguibili dinanzi agli organi della Giustizia Sportiva. In questo caso, la SS Lazio spa risponderebbe di responsabilità diretta, poiché, per il Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, le società rispondono direttamente dell’operato di chi le rappresenta. Il rischio che, sempre in questo caso, correrebbe la SS Lazio sarebbe quello che và dal subire una ammonizione fino alla penalizzazione di uno o più punti in classifica.

3- Posizione del dr.Beretta, nella qualità di Presidente della Lega di Serie A .

Il Presidente della Lega di Serie A, dr. Beretta, si trova, a mio avviso e non da ora, in una situazione di conflitto di interessi, essendo dipendente di Unicredit, secondo maggiore azionista, con il 40% del capitale sociale, della controllante la AS Roma spa e, in virtù di patti parasociali, sostanziale cogestitrice della stessa Società.

E’ ben vero che il dr. Beretta è dimissionario dalla carica ed è, altresì, vero che , fino al momento in cui sarà stato nominato un nuovo Presidente, egli svolge il ruolo e le funzioni presidenziali ( così detta “prorogatio”). E,’ tuttavia, altrettanto vero che, a causa della rilevata esistenza di una oggettiva situazione di conflitto di interessi, sarebbe preferibile, anche dal punto di vista deontologico, che il ruolo e le funzioni predette fossero svolte, sempre in attesa della nomina del nuovo Presidente, dal Vice presidente vicario, carica anch’essa in attesa di nomina, e, quindi, nell’attesa, dal consigliere più anziano della Lega di Serie A .

4- La querela della SS Lazio spa nei confronti di esponenti del CONI.

Risulta ( vedasi, in particolare, Il Messaggero del 29 agosto scorso), alla luce di dichiarazioni attribuite all’Avv. Gentile, legale della SS Lazio spa e del dr. Lotito , riportate tra virgolette, che sarebbe stata presentata una querela nei confronti di taluni esponenti del CONI per il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone. Tale reato ( art. 393 CP) è ascrivibile a chi si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo usando violenza o minaccia alle persone : esso è perseguibile a querela di parte e prevede la pena della reclusione fino ad un anno. L’elemento oggettivo del reato è rappresentato dalla minaccia alla persona ; vale a dire dalla prospettazione alla persona medesima, che può essere, non solo fisica, ma anche giuridica, di un male ingiusto e futuro il cui verificarsi dipende dalla volontà del minacciante.

Nella fattispecie, il reato sarebbe stato commesso per avere il CONI, per il tramite di suoi esponenti, diffidato la SS Lazio ad adempiere il pagamento di corrispettivi pregressi, scaduti e non pagati, per l’utilizzo dello Stadio Olimpico, insieme con l’avvertimento che, in caso di persistente inadempimento, il CONI avrebbe rifiutato per il futuro la propria obbligazione: cioè quella di consentire l’utilizzo del predetto stadio. Così ricostruite, sia pur sommariamente e schematicamente, le circostanze di fatto, la querela in discorso non può non suscitare perplessità.

L’art.51 CP prevede, infatti, la non punibilità per l’esercizio di un diritto e mi sembra che , nel caso in questione, sia abbastanza difficile negare che il CONI, nel richiedere il pagamento di consistenti crediti pregressi, scaduti e non pagati, con l’avvertenza che, persistendo la morosità, non avrebbe adempiuto la propria obbligazione rappresentata dal consentire l’utilizzo dello Stadio Olimpico, abbia esercitato un proprio diritto.

A questo proposito, l’art.1454 C.C. riconosce alla parte adempiente la possibilità di intimare per iscritto alla parte inadempiente di adempiere in un congruo termine e l’art. 1460 CC riconosce, inoltre, alla parte adempiente di un contratto a prestazioni corrispettive, il diritto di rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione se l’altra parte non adempie (principio secondo cui inadimplenti non est adimplendum). Non solo, ma la minaccia, che costituisce l’elemento oggettivo del reato in questione,in ipotesi rinvenibile nell’avvertimento che, perdurando la morosità, non si sarebbe consentito l’utilizzo dell’impianto sportivo, deve, come si è detto, consistere in un male ingiusto e, comunque, nella prospettazione di una azione giudiziaria per fini estranei a quelli per far valere diritti che, con tale azione, si intende far valere. Elemento oggettivo del reato che mi pare arduo possa essere riscontrato nell’agire del CONI: a meno di non volere ammettere che la prospettazione del mancato adempimento del proprio obbligo, a fronte dell’inadempimento dell’altra parte, sia configurabile come “ male ingiusto” e/o che l’azione giudiziaria prospettata a motivo di tale inadempimento possa essere estranea al fine perseguito,cioè quello di ottenere il soddisfacimento del proprio credito.

Per completezza di esame, osservo che la querela per un reato inesistente e che il querelante avrebbe dovuto sapere, in base all’ordinaria diligenza e prudenza , essere inesistente, può esporre il querelante stesso ad una denuncia o a un procedimento anche d’ufficio per il reato di calunnia ( art.368CP), punito con la reclusione da due a sei anni, nonché, in subordine, ad una controquerela per diffamazione ( art. 595 CP), punibile con la reclusione fino ad un anno. Ma, a prescindere da come finiranno le vicende giudiziarie, civili e penali di cui trattasi, è fuor di dubbio che l’appesantirsi e l’aggravarsi del contenzioso tra Lazio e CONI non giovano, soprattutto alla prima ed al suo Presidente, anche tenuto conto del fatto che tali appesantimento e aggravamento potrebbero corroborare i presupposti per la declaratoria di una sua incompatibilità con la carica di consigliere federale.

Al riguardo, riporto di seguito testualmente il Comunicato stampa della CONI Servizi spa emesso nella tarda serata del 30 agosto 2011:

Avendo appreso dalle dichiarazioni – non smentite – dettagliatamente rilasciate dall’Avvocato della S.S. Lazio Spa circa la denuncia nei confronti dell’Amministratore Delegato e di un Direttore, la Coni Servizi SpA fa presente quanto segue:

- a causa dei comportamenti della Società S.S. Lazio Spa da tempo sono stati interrotti i rapporti istituzionali con la stessa per tutto ciò che riguarda gli accordi per la stagione sportiva in corso;

- l’intera vicenda è stata quindi totalmente rimessa nelle mani degli avvocati di fiducia della CONI Servizi Spa (avv.ti Condemi Morabito, Ranieri e Valori) i quali, nel proseguire le azioni intraprese, stanno inoltre procedendo presso le diverse sedi competenti nei riguardi
dei soggetti responsabili con le azioni legali ritenute più opportune a tutela dell’immagine e delle funzioni delle Istituzioni Sportive e delle persone che le rappresentano. Di ogni attività viene costantemente informata la Federazione Italiana Giuoco Calcio;

- in merito ai fatti specifici che sarebbero – secondo le dichiarazioni dell’Avvocato della S.S. Lazio Spa – riportati nella denuncia, si ribadisce la piena legittimità degli atti compiuti e l’irrilevanza di quanto viene impropriamente rappresentato, con la riserva di valutarne gli esiti ed esercitare ogni forma di tutela, anche a garanzia dell’operato dei propri rappresentanti.

- L’Amministratore Delegato ha, altresì, dato mandato al Prof. Franco Coppi per la tutela personale rispetto all’ipotesi di un’accusa di reato palesemente non vera. “

Ritengo doveroso precisare che le presenti note sono state redatte nella giornata del 30 agosto 2011, prima e ad insaputa del Comunicato Stampa sopra riportato.

Per concludere, è chiaro, altresì, che l’esito delle suddette vicende giudiziarie e l’eventuale adozione di provvedimenti in ambito sportivo, sia a carico della Società, sia a carico del suo attuale Presidente, non potranno non essere attentamente valutati, a tutela dei piccoli azionisti, sotto il profilo di eventuali violazioni di legge consistenti nell’inosservanza dei principi di corretta amministrazione e/o sotto il profilo di eventuali violazioni di norme statutarie della Società. Quanto sopra avuto riguardo, in particolare, all’art. 3 del vigente Statuto della SS Lazio spa, secondo cui l’oggetto sociale, cioè l’attività calcistica, deve essere esercitato, tra l’altro “ con l’osservanza delle norme direttive della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) e dei suoi organi” .

Avv. Massimo Rossetti

Responsabile area legale Federsupporter

martedì 29 giugno 2010

Mondiali: mai dire dimissioni

Al Mondiale sudafricano, nessuno ha ancora vinto, ma molti hanno già perso. Italia e Inghilterra hanno fallito sul campo. La Fifa nel suo arroccamento contro l'introduzione di qualsiasi tecnologia che possa coadiuvare gli arbitri nelle decisioni su situazioni dubbie. E i risultati si sono visti domenica. Eppure, nessuno dei responsabili dei fallimenti si è dimesso. Non lo hanno fatto i vertici della Figc italiana, né Capello che ha sottoscritto un contratto milionario per allenare gli inglesi. Né tanto meno il capo della Federazione internazionale Blatter

Ke Nako. È arrivata l’ora dei primi verdetti al Mondiale sudafricano. Nessuno ha ancora vinto, ma molti hanno già perso.
IL FIASCO DELL'ITALIA
Ha fallito l’Italia. L’eliminazione al primo turno, come era successo nel 1974, è al di sotto di ogni ragionevole aspettativa. Di chi è la colpa di questo fiasco? Marcello Lippi ha indubbie responsabilità, ma aveva già deciso di lasciare e quindi è inutile infierire. Da più parti si è levata la richiesta delle dimissioni del presidente della Federazione gioco calcio, Giancarlo Abete. Il presidente di una federazione non dovrebbe, a mio avviso, essere giudicato dalle prestazioni in campo. I risultati in una competizione che dura un mese sono sempre in parte aleatori e su di essi il presidente non ha alcun impatto diretto. Si può controbattere che Lippi – e prima di lui Roberto Donadoni – è stato scelto dalla Federazione. Ma allora, per essere proprio precisi, occorre ricordare che Abete ha un vice, Demetrio Albertini, che è il vero responsabile delle decisioni tecniche. La scelta di Donadoni, oggi disoccupato, è stata semplicemente inspiegabile, dato il suo curriculum. Quella di richiamare Lippi opinabile, dato che si sapeva che così facendo avremmo corso il rischio di una riproposizione del blocco che aveva vinto quattro anni fa. Albertini dovrebbe certamente fare il gesto di presentare le dimissioni. Anche Abete avrebbe dovuto dimettersi, ma non per l’esito della spedizione in Sud Africa, quanto piuttosto per la mancata assegnazione di Euro 2016. Nel 2007 non era riuscito ad aggiudicarsi gli Europei del 2012, ma era appena arrivato e non poteva essere considerato responsabile. Dopo tre anni, nessun passo in avanti era stato fatto, come mostra la valutazione della Fifa del nostro dossier. Che senso aveva allora ripresentare la nostra candidatura? L’idea di Abete era quella di usare l’Euro come uno strumento per ottenere dallo Stato fondi per rifare gli stadi. La scommessa è fallita e Abete avrebbe già dovuto andarsene il giorno dopo. Ma Abete e Albertini sono ancora al loro posto e sembra che Albertini “studi” per diventare a sua volta presidente della Figc. Auguri al calcio italiano, nel caso. Ne avrà bisogno.

E QUELLO DELL'INGHILTERRA
Ha fallito l’Inghilterra e in primo luogo Fabio Capello. Capello ha avuto molti colpi di sfortuna in questo periodo: la mancanza di un portiere di buon livello, l’infortunio di Ferdinand che lo ha privato di un centrale difensivo di alto livello, l’infortunio di Rooney che ha reso purtroppo patetico il suo rendimento e, buon ultimo, l’incredibile errore dell’arbitro e del guardalinee sul gol non concesso a Lampard contro la Germania. Ma Capello è indifendibile perché ha accettato il ruolo di salvatore della patria calcistica inglese, con un contratto di 6 milioni di sterline l’anno. Adesso gli inglesi scoprono che anche con lui non c’è garanzia di fare bene in un torneo così breve e si chiedono: a che servono i soldi dati a Capello? Certo, l’errore maggiore è stato della Federazione inglese che glieli ha dati, ma chi accetta un contratto con certe cifre dovrebbe sapere che c’è una clausola implicita: quella che richiede di offrire le proprie dimissioni in caso di fallimento. Capello invece quella clausola l’ha fatta eliminare prima del Mondiale, mettendo sul piatto l’offerta dell’Inter. Dimettendosi salverebbe la faccia, ma perderebbe i soldi. Preferisce chiaramente il contrario e si farà cacciare.

LA FIFA E LA TECNOLOGIA
Ha perso la Fifa e quindi il suo presidente Joseph Blatter. La giornata di domenica è stata catastrofica per gli arbitri. Il gol non concesso a Lampard e quello irregolare concesso a Tevez sono stati visti da tutti, tranne che dagli arbitri. In tutti questi anni, la Fifa ha rifiutato di usare la tecnologia per migliorare le decisioni degli arbitri. Nel marzo scorso ha rifiutato persino la proposta del presidente dell’Uefa, Michel Platini, di introdurre arbitri dietro le porte proprio per evitare situazioni come quella del gol di Lampard. L’assurdità della situazione è diventata evidente quando l’arbitro Roberto Rosetti, assediato dai giocatori messicani, ha visto sul maxi schermo dello stadio che aveva sbagliato nel concedere il gol all’Argentina, ma, date le regole, non poteva tornare indietro. La reazione della Fifa? Quella di dire che d’ora in poi i gol non saranno più mostrati sui maxi schermi. Se ne andrà almeno lo svizzero Blatter? Macché. Punta a essere rieletto e lo sarà certamente. Del resto, il suo predecessore, il brasiliano João Havelange, rimase in carica fino a 82 anni. Blatter ha due anni in meno di Lamberto Cardia, appena nominato presidente delle Ferrovie dello Stato. Ma, purtroppo, per gli svizzeri, le ferrovie sono una cosa seria.
Fausto Panunzi

mercoledì 9 dicembre 2009

Arbitrato Pandev: Caruso in chiaro conflitto d'interessi

Una vicenda dai mille colpi di scena quella riguardante il Processo Goran Pandev. Alle ore 18 di oggi il Collegio Arbitrale dovrà decidere se accogliere o meno l'istanza presentata dalla Lazio che ha ricusato l'Avv. Mario Fezzi come presidente del Collegio che dovrà giudicare nella vertenza Pandev-Lazio.
La cosa sorprendente è che il Presidente Anziano del Collegio Arbitrale che quest'oggi emetterà il verdetto è Corrado Caruso, che riveste anche la carica di Presidente del Consiglio di Sorveglianza della S.S. Lazio SpA. La conferma arriva anche dall'Avvocato di Goran Pandev, Mattia Grassani, che ha già presentato una memoria sull'argomento.
Nell'udienza di questa sera è ragionevole attendersi che Corrado Caruso rinunci a giudicare su una vertenza che lo vedrebbe in chiaro conflitto d'interessi.
Paolo Lenzi e Giorgio Capodaglio
Per gentile concessione degli autori, tratto da www.laziofamily.it

mercoledì 14 ottobre 2009

Lo Statuto della FIGC obbliga tesserati e affiliati alla clausola compromissoria

L'avvocato Fabio Turrà chiarisce che tutti coloro che aderiscono alla federazione si obbligano ad accettare le decisioni degli organi di giustizia sportiva: in caso contrario è prevista l’irrogazione di sanzioni. L'intervento è una replica alla risposta dell'avvocato del comitato Piccoli azionisti Lazio, Massimo Rossetti, disponibile qui

Ringrazio il Collega per il suo autorevole intervento e ne approfitto per aggiungere una doverosa replica. Occorre premettere che vi è, da parte degli esperti del diritto generale (ordinario), una diffusa riluttanza ad accettare la "specialità" del Diritto Sportivo; d'altra parte quest'ultimo, lungi dal porsi in antitesi col primo, ne trae legittimità e linfa vitale. E' appena il caso di ricordare che la L.280/2003 nell'art. 1 (La Repubblica riconosce e favorisce l'autonomia dell'ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell'ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale) trova il suo fondamento proprio nella Carta costituzionale (Art. 10: L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute). Nei corsi di aggiornamento professionale riservati agli avvocati, che mi sono pregiato finora di organizzare e coordinare in materia di Diritto Sportivo per l'Unione Italiana Forense, in collaborazione con il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Napoli, si è spesso cercato, tra l’altro, di illustrare le criticità della citata L.280/2003, tra cui non ultimi anche i profili di possibile incostituzionalità. Senza dilungarmi troppo sull'argomento "vincolo di giustizia", basti qui dire che la F.I.G.C. ha adottato (al pari di altre federazioni sportive) il sistema delle clausole compromissorie, ovvero di quelle disposizioni che impongono ai singoli tesserati (atleti) e agli affiliati (società) di risolvere le controversie che li coinvolgono attraverso la giurisdizione sportiva (cosiddetta “domestica”). In realtà, gli Accordi Collettivi tra Federazione, L.N.P. e A.I.C. attuano quanto stabilito nello statuto della F.I.G.C., ovvero l'obbligo per tutti coloro che aderiscono a tale federazione sportiva (atleti tesserati, società affiliate) di rivolgersi agli organi di giustizia sportiva e di accettarne le decisioni nelle materie aventi carattere sportivo, rinunciando ad adire la giurisdizione ordinaria dello stato; in caso contrario è prevista l’irrogazione di sanzioni. Gli stessi contratti tipo che legano i calciatori professionisti alle società prevedono espressamente l’accettazione della clausola compromissoria.

E' arguta l'osservazione che, in linea teorica e di principio, nulla impedirebbe di adire il giudice ordinario (nel caso che ci occupa - Pandev/Lazio - il Giudice del lavoro). Pur volendo ammettere, in astratto, tale possibilità, la conseguenza negativa in tal caso sarebbe, però, l'irrogazione di sanzioni (anche gravi), il che rende di fatto impraticabile tale strada alternativa, almeno per chi ha intenzione di proseguire l'attività in ambito federale. D’altra parte, diversamente opinando e stando ai preziosi argomenti svolti dall’esimio Avv. Massimo Rossetti, non sarebbe dato comprendere perché, come da egli stesso ammesso, “la Lazio, a quanto mi consta, avrebbe deciso di accettare la competenza del Collegio arbitrale svolgendo in quella sede le sue difese”. Un approfondimento a parte meriterebbe, invece, l'applicabilità della L.280/2003 a soggetti esterni all'ordinamento sportivo (abbonati, tifosi, azionisti), nel qual caso, invece, condivido in pieno i dubbi riguardanti il possibile contrasto della predetta legge con l'art.24 della Costituzione.

Avv. Fabio Turrà fabio_turra@libero.it

clicca qui per leggere la replica del Comitato piccoli azionisti Lazio su Pandev e clausola compromissoria

RIPRODUZIONE (ANCHE PARZIALE) DELL'ARTICOLO CONSENTITA PREVIA CITAZIONE DELLA FONTE: "il pallone in confusione"

venerdì 2 ottobre 2009

Clausola compromissoria: elemento obbligatorio secondo gli accordi collettivi Figc, Lnp e Aic per le controversie nel calcio professionistico

Sono gli arbitri oppure i giudici ordinari a dover decidere su questioni riguardanti le controversie patrimoniali tra i tesserati e le società? Sull’onda del caso Lazio-Pandev "il pallone in confusione" ha chiesto all’avvocato Fabio Turrà, noto esperto di diritto sportivo, un commento sulla giurisdizione applicabile nelle discipline sportive professionistiche

La questione circa la giurisdizione applicabile in controversie (soprattutto patrimoniali) che investono il mondo dello sport, e del calcio in particolare, è di grande attualità.
Vi sono, infatti, situazioni giuridiche "limite" nelle quali vengono in gioco diritti e/o interessi di soggetti estranei al mondo dello sport, ma a questo connessi. Questo è proprio il caso degli azionisti delle società calcistiche quotate in borsa, che vedono i titoli, nei quali hanno investito i propri risparmi, legati all’andamento non solo dei risultati sportivi conseguiti nei campionati, ma anche all’esito delle vicende giudiziarie che contrappongono le società sportive ai tesserati (vedi caso Lazio–Pandev).
Considerati i numerosi alterni precedenti giudiziari, che talvolta propendevano per un’esclusività di giudizio da parte della Giustizia sportiva e talaltra per la possibilità di accesso alla Giustizia ordinaria, il nostro sistema normativo nazionale – motivato da esigenze contingenti – emanò la Legge 17 Ottobre 2003, n. 280 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 19 agosto 2003, n. 220, recante disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva), proprio per mettere un punto fermo alle controverse e alterne, come detto, interpretazioni giudiziali.
Soffermandoci sul caso particolare posto in risalto dai "Piccoli azionisti della Lazio", va preso in considerazione l’Art.3 (Norme sulla giurisdizione e disciplina transitoria) della predetta Legge n.280 del 2003. Esso testualmente recita:
"Esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'articolo 2, è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. In ogni caso è fatto salvo quanto eventualmente stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui all'articolo 2, comma 2, nonché quelle inserite nei contratti di cui all'articolo 4 della legge 23 marzo 1981, n. 91"
Va precisato, in proposito, che le clausole compromissorie sono quelle che permettono (e in determinati casi obbligano), per esplicito accordo tra le parti, la devoluzione ad arbitri delle possibili controversie derivanti dal contratto, nel quale sono contenute, in deroga alla giurisdizione normalmente applicabile.
Resta, allora, da chiarire quali siano quelle inserite nei contratti di cui all'articolo 4 della richiamata "legge 91": essa enuncia le "Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti". L’articolo 4, in particolare, disciplina il rapporto di lavoro subordinato che si può instaurare in tali casi, prevedendo – tra l’altro – che lo stesso si costituisce mediante forma scritta, a pena di nullità, stabilendo, inoltre, che nello stesso contratto può essere prevista una clausola compromissoria con la quale "le controversie concernenti l’attuazione del contratto e insorte fra le società sportive e lo sportivo sono deferite a un collegio arbitrale".
Ne discende che, secondo la norma suddetta, l’inserimento di tale clausola compromissoria sarebbe lasciato come pura "facoltà" alle parti contraenti.
In realtà, nel calcio professionistico, la clausola compromissoria è inserita di diritto nei contratti, e ciò in virtù degli Accordi Collettivi tra F.I.G.C., Lega Nazionale Professionisti e Associazione Italiana Calciatori.
Per tale motivo, mentre per quanto riguarda le altre discipline sportive occorrerà fare riferimento al contratto specifico per verificare, previo esame dello stesso, quale giurisdizione – ordinaria o sportiva – potrà occuparsi del caso, nel mondo del calcio professionistico, le controversie concernenti l’attuazione del contratto e insorte fra le società sportive e lo sportivo dovranno essere deferite al Collegio Arbitrale.
Avvocato Fabio Turrà
fabio_turra@libero.it
RIPRODUZIONE (ANCHE PARZIALE) DELL'ARTICOLO CONSENTITA PREVIA CITAZIONE DELLA FONTE: "il pallone in confusione"

giovedì 26 marzo 2009

Matarrese fiducioso: «Eviteremo il commissariamento»

Nonostate manchi ancora l'accordo tra Serie A e Serie B sul nuovo regolamento e la nuova governance della Lega Calcio, Antonio Matarrese e' ''fiducioso'' sulla possibilita' di sciogliere tutti i nodi entro martedi' 31 marzo, termine ultimo per l'elezione del presidente. ''Puo' ancora succedere di tutto'', ha detto il presidente della Lega Calcio lasciando gli uffici di Via Rosellini dove oggi si e' riunito il consiglio seguito da una riunione informale dei presidenti del club di Serie A. ''E' naturale - ha minimizzato Matarrese - che ci si prenda un po' di tempo per sintonizzare le due categorie. Oggi c'e' stata una discussione molto accesa, ognuno vuole prevalere sull'altro. Ma voi - ha detto dimostrandosi ottimista con i giornalisti - sapete che questa Lega e' capace di trovare soluzioni all'ultimo momento''. Il problema, ha ricordato il numero uno della Lega Calcio, e' che ''la serie B ha bisogno di essere sostenuta finanziariamente e vuole capire l'entita' delle risorse necessarie per la sopravvivenza. E la serie A e' disponibile ad aiutarla''. Un ottimismo che spinge Matarrese a escludere l'ipotesi di un commissariamento della Lega: ''Macche' commissario - si e' sfogato - i commissari stanno in Polizia, non in Lega Calcio''.
Fonte: Asca

Nuovo regolamento in Lega Calcio: nulla di fatto

Si è conclusa con un nulla di fatto la riunione del Consiglio di Lega che avrebbe dovuto approvare il nuovo regolamento da proporre alla assemblea generale del 31 marzo, manovra preliminare per dare il via alle elezioni del nuovo governo del calcio. Ma più che affrontare le questioni tecniche del regolamento, i dirigenti della serie A e della serie B hanno tentato di trovare un accordo: «La serie B pone delle questioni, è il solito do ut des: prende spunto da questa situazione per chiedere qualcosa. Ma credo che troveranno una sistemazione», aveva anticipato il presidente del Palermo Maurizio Zamparini lasciando prima degli altri la lunga riunione del Consiglio di Lega alla quale è seguita una riunione informale della serie A. Ipotesi che si è poco dopo rilevata errata: nessun accordo. Ora, se non verrà nel frattempo convocata un'altra riunione del Consiglio, si potrebbe portare la decisione direttamente in assemblea generale che è l'appuntamento già convocato. Tuttavia, secondo Adriano Galliani «il commissariamento è un'ipotesi remota. Se il 31 marzo non eleggeremo nessuno vuol dire che non avremo rappresentanza in Federazione, ma non significa che il giorno dopo arrivi un commissario». Rispetto alle obiezioni avanzate dalla serie B e alle possibilità di superarle positivamente, l'amministratore delegato del Milan ha commentato in milanese: «L'è dura».
Fonte: Ansa

mercoledì 25 marzo 2009

Piccoli azionisti alla Figc: «Lotito, condannato a Milano, è decaduto dalla carica di presidente della Lazio»

Esclusiva de "Il pallone in confusione": il Comitato dei tifosi detentori di azioni chiede alla Federazione di applicare l'articolo 22 bis delle Noif che prevede «la decadenza dalla carica di dirigenti di società condannati, ancorché con sentenza non definitiva, a pena che comporti l’interdizione dai pubblici uffici e dall’esercizio di uffici direttivi di persone giuridiche». Intanto, la Consob impugna davanti al Consiglio di Stato la sentenza del Tar che aveva annullato l'esistenza del patto parasociale tra Lotito e Mezzaroma

La Consob ha risposto al "Comitato Piccoli azionisti Lazio": è stato depositato nei termini di legge il ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar del Lazio che aveva annullato sull’esistenza del patto parasociale occulto tra Claudio Lotito e Roberto Mezzaroma. Questa è la riposta dell'ufficio legale della Commissione inviata dal Comitato a "il pallone in confusione": «Si fa riferimento alla nota del 13/03/2009 con la quale sono state richieste informazioni in merito "alla notizia di stampa relativa all’impugnazione da parte della Consob della sentenza del Tar del "Lazio n.8835/2008. Al riguardo si precisa che l’appello in oggetto è stato notificato alle controparti e depositato al "Consiglio di Stato nei termini previsti dalla legge». La vicenda era stata raccontata da questo quotidiano (cliccare qui ) e ripresa dall'agenzia di stampa Apcom. E' un passo semplice, ma molto importante da parte dei Commissari, che tutela anche le pretese dei piccoli azionisti che avevano richiesto più volte di avere notizie sull'impugnazione.
Il Comitato ha sollevato anche altre due questioni, riferite ancora a "il pallone in confusione". Il 13 marzo scorso l'avvocato Massimo Rossetti, legale dei piccoli azionisti, ha scritto assieme al membro Alfredo Parisi alla Figc evidenziando che «la seconda Sezione Penale del Tribunale di Milano ha condannato l’attuale Presidente della SS Lazio spa , dr. Claudio Lotito,per aggiotaggio manipolativo ed informativo e per ostacolo all’attività di vigilanza della Consob». La condanna prevede due anni di reclusione, in una multa di € 65.000 e nell’interdizione per un anno dai pubblici uffici e dagli uffici direttivi di persone giuridiche. Nella lettera i due sollecitano un tempestivo pronunciamento della Figc riguardo «sull’esatta e corretta interpretazione ed applicazione dell’art. 22 bis delle Noif della Federazione stessa con riferimento alla predetta sentenza». In pratica, si richiede l'eventuale decadenza di Lotito dalla sua carica di presidente. Questo perché, secondo Rossetti e Parisi «tale articolo disponga la decadenza dalla carica di dirigenti di società condannati, ancorché con sentenza non definitiva, a pena che comporti l’interdizione dai pubblici uffici e dall’esercizio di uffici direttivi di persone giuridiche». I due aggiungono un altro particolare importante. «Vi è l’obbligo al comma 6 per i condannati anche in via non definitiva - si legge nella lettera alla Figc - di immediata comunicazione alla Lega o al Comitato competente della condanna che comporti tutte le incompatibilità di cui al comma 1: quindi anche di quella conseguente all’irrogazione di pena interdittiva non definitiva, a prescindere dalla appartenenza del delitto commesso alla tipologia elencata». Dunque, anche al presidente Giancarlo Abete, i piccoli azionisti chiedono, come già fatto alla Consob: «Se ci sei, batti un colpo».
Marco Liguori
Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte

martedì 3 febbraio 2009

Mannini-Possanzini: pieno sostegno della Fifa a Figc

Il presidente Blatter si impegna affinché la Wada possa accettare di sottoporre al Tas un'istanza di revisione del processo ai due calciatori

«La Fifa garantirà alla Figc pieno sostegno, perché la Wada possa accettare di sottoporre al Tribunale arbitrale dello sport (Tas) un'istanza di revisione del procedimento che riguarda i calciatori Mannini e Possanzini». E' questa l'assicurazione fornita dal presidente Joseph Blatter, che ha riposto stamattina alla lettera inviatagli ieri dal presidente della Federcalcio, Giancarlo Abete. Sulla base dei documenti che la Figc ha messo subito a disposizione, la Fifa ritiene che le testimonianze mancanti e ulteriori elementi di giudizio da sottoporre al Tas potrebbero portare a una diversa valutazione del caso. Il Dipartimento legale della Fifa, e gli uffici della Figc, già in contatto venerdì scorso, continueranno a collaborare per decidere insieme i prossimi passaggi giuridici e le prossime iniziative, con l'obiettivo di trovare una soluzione circoscritta all'ambito della giurisdizione sportiva. I calciatori Daniele Mannini e Davide Possanzini sono stati squalificati per un anno dal Tas dopo essersi presentati in ritardo ad un test antidoping, al termine della partita Brescia-Chievo del dicembre 2007. La Federcalcio aveva assolto i due giocatori, il Tribunale nazionale antidoping del Coni li aveva condannati a 15 giorni di squalifica (già scontati): la Wada, Agenzia mondiale antidoping, aveva però fatto ricorso. 
Fonte: Ansa

sabato 31 gennaio 2009

Il Velino su "Salviamo il calcio, vogliamo la moviola in campo"

VEL (SPE) - 31/01/2009 - 15.18.00 Calcio, quotidiani di Napoli online: Appello per moviola in campo

ZCZC VEL0159 3 SPE /R01 /ITA Calcio,quotidiani di Napoli online: Appello per moviola in campo Roma, 31 GEN (Velino) - "Dopo il numero elevato di errori arbitrali, che ricorrono troppo spesso dall'inizio del campionato, chiediamo a tutte le istituzioni calcistiche di introdurre al piu' presto la moviola in campo. Al contrario degli altri sport professionistici, soltanto il calcio resiste impassibile all'introduzione delle moderne tecnologie: il mondo dell'italica pedata vuole restare purtroppo ancorato a quella "eta dei pionieri", come diceva il grande Gianni Brera, di inizio '900 quando le partite erano disputate con palloni di cuoio e le teste dei giocatori erano fasciate dalle retine. Invece, le altre discipline hanno fatto passi da gigante. Ad esempio il tennis: durante l'Australian Open 2007 i giocatori avevano la possibilita' con l'instant replay di contestare le chiamate due volte per set, oltre un altro eventuale utilizzo nel tie break. La stessa cosa, anche se con modalità diverse avviene nel football americano, nel rugby e nel basket. Nell'era del calcio a scopo di lucro, inaugurata con la legge Veltroni del 1996, è necessario l'introduzione della moviola per evitare le continue polemiche dopo ogni giornata di campionato. Gli errori arbitrali possono condizionare l'esito di una stagione ed escludere una squadra dalle coppe europee oppure condannarla alla retrocessione: con conseguenti danni patrimoniali ingenti. Chiediamo ai tifosi di tutte le squadre e ai colleghi di tutti i mezzi di informazione di aderire a questa nostra raccolta di firme, che successivamente inoltreremo alle istituzioni calcistiche. Se lo sport più amato dagli italiani non si adeguerà ai tempi, rischiera' di morire a poco a poco. Perché errare è umano, ma perseverare è diabolico. La petizione si puo' firmare sul link http://firmiamo.it/salviamoilcalciovogliamolamoviolaincampo1 del sito www.firmiamo.it". È l'appello a Figc e Lega Calcio di Marco Liguori, direttore de "Il pallone in confusione", Francesco Molaro, direttore di "Tuttonapoli.net", e Massimo Sergio, direttore di "Napolisoccer.net". (com/dbr) 311518 GEN 09 NNNN NNNN

Per aderire alla petizione cliccare su Salviamo il calcio, vogliamo la moviola in campo

giovedì 29 gennaio 2009

Mannini e Possanzini, Gattuso e Totti: giustizia diseguale per tutti

Avete presente gli infortuni del sabato pomeriggio, le famose contratturine, oppure quel crack sentito proprio tirando l'ultimo rigore prima della doccia? Peccato per quel forfait della vigilia, ci sarà sotto un caso? Magari una discussione con l'allenatore sulla posizione in campo...Si tratta in molti casi di doping, o più spesso di droga assunta per piacere-vizio, rilevato da un controllo medico interno e come tale da far sfuggire ai controlli. Con un tasso di disidratazione normale basta smettere di sniffare coca, per fare un esempio caro a molti calciatori (anche padri di famiglia con foto posata sul settimanale complice), al giovedì per risultare puliti la domenica. Per questo siamo restii a crocifiggere quei pochi che pagano per tutti, anche se proprio questa sarebbe la logica della crocifissione.
Premessa per dire che ci dispiace che le carriere e le vite di Daniele Mannini e Davide Possanzini vengano rovinate da questa sentenza del Tas: un anno di squalifica per essersi presentati in ritardo a un test antidoping dopo la partita del Brescia (dove all'epoca giocavano entrambi, adesso Mannini è al Napoli) con il Chievo del dicembre 2007. Possiamo dirlo? Ci sembra di notare uno strano accanimento, lo diciamo da non tifosi di Mannini, Possanzini, del Napoli o del Brescia. La Figc aveva assolto infatti i due, per un comportamento sicuramente grave (in teoria, perché in pratica i due erano nello spogliatoio con il resto della squadra) ma non diverso da quello di tanti campioni graziati in circostanze analoghe, poi il Coni a cui gli atti erano stati trasmessi aveva chiuso la vicenda con un buffetto (15 giorni di squalifica). A questo punto la Wada, cioé l'agenzia mondiale antidoping, ha fatto ricorso, chiedendo due anni di squalifica, ed adesso è arrivata la decisiona di Losanna. Comunque la si veda, l'equiparazione di un'ingenuità (magari anche dolosa, mettiamo per ipotesi che Mannini e Possanzini siano davvero 'cattivi') a quella del reato vero e proprio, cioè quello di essersi dopati.
Non vogliamo essere innocentisti a prescindere, pur vedendo il caos che regna nelle zone intorno agli spogliatoi dopo le partite, ma solo dire che il caso di Mannini e Possanzini ricorda solo vagamente quello di Rino Gattuso (rifiutò un prelievo di sangue dopo un Roma-Milan, che comunque non era obbligatorio, con spiegazioni per tifosi di bocca buona: 'Il mio doping è il peperoncino') ed invece moltissimo quello di Francesco Totti: un ritardo di circa un quarto d'ora nel presentarsi al test antidoping obbligatorio (quello sulle urine, insomma) dopo Roma-Torino del maggio 2007 giustificato in maniera risibile (''Mi faceva male la caviglia''). La cosa curiosa è che nell'occasione non è che ci fu un giudizio morbido, ma non ci fu proprio giudizio. La procura antidoping della Figc nemmeno segnalò la cosa al Coni e nell'ottobre dello stesso anno la Corte di Giustizia (sempre Figc) archiviò tutto, cioè niente. Il circuito Coni-Wada-Tas-Eccetera in quell'occasione non si attivò.
di Stefano Olivari
Tratto da Indiscreto
per gentile concessione dell'autore ed editore
stefano@indiscreto.it

mercoledì 28 gennaio 2009

Salviamo il calcio, vogliamo la moviola in campo

"il pallone in confusione" insieme ai quotidiani telematici Tuttonapoli.net e Napolisoccer.net lancia un appello per la moviola in campo. Chi lo desiderasse può aderirvi su questo link
http://firmiamo.it/salviamoilcalciovogliamolamoviolaincampo1
Questo è il testo della petizione, inoltrato anche ai mezzi di informazione

A: Figc, Lega Calcio
Dopo il numero elevato di errori arbitrali, che ricorrono troppo spesso dall'inizio del campionato, chiediamo a tutte le istituzioni calcistiche di introdurre al più presto la moviola in campo. Al contrario degli altri sport professionistici, soltanto il calcio resiste impassibile all'introduzione delle moderne tecnologie: il mondo dell'italica pedata vuole restare purtroppo ancorato a quella "età dei pionieri", come diceva il grande Gianni Brera, di inizio '900 quando le partite erano disputate con palloni di cuoio e le teste dei giocatori erano fasciate dalle retine. Invece, le altre discipline hanno fatto passi da gigante. Ad esempio il tennis: durante l'Australian Open 2007 i giocatori avevano la possibilità con l'instant replay di contestare le chiamate due volte per set, oltre un altro eventuale utilizzo nel tie break. La stessa cosa, anche se con modalità diverse avviene nel football americano, nel rugby e nel basket.Nell'era del calcio a scopo di lucro, inaugurata con la legge Veltroni del 1996, è necessario l'introduzione della moviola per evitare le continue polemiche dopo ogni giornata di campionato. Gli errori arbitrali possono condizionare l'esito di una stagione ed escludere una squadra dalle coppe europee oppure condannarla alla retrocessione: con conseguenti danni patrimoniali ingenti.Chiediamo ai tifosi di tutte le squadre e ai colleghi di tutti i mezzi di informazione di aderire a questa nostra raccolta di firme, che successivamente inoltreremo alle istituzioni calcistiche. Se lo sport più amato dagli italiani non si adeguerà ai tempi, rischierà di morire a poco a poco. Perché errare è umano, ma perseverare è diabolico.
La petizione si può firmare sul link http://firmiamo.it/salviamoilcalciovogliamolamoviolaincampo1del sito http://www.firmiamo.it/

Marco Liguori – direttore de "il pallone in confusione"
Francesco Molaro – direttore di "Tuttonapoli.net"
Massimo Sergio – direttore di "Napolisoccer.net"

Hanno aderito anche i giornalisti:
Diego Del Pozzo del blog "Calciopassioni"
Alessandro Salvatico di http://www.toronews.net/
Un particolare ringraziamento va a Carlo Alvino e Samuele Ciambriello, conduttori della trasmissione "Tuttiincampo", di Canale 9 e ai colleghi di www.9online.it per aver sostenuto e divulgato la nostra iniziativa

Leggi il lancio de "Il Velino" Il Velino su "Salviamo il calcio, vogliamo la moviola in campo"

giovedì 15 gennaio 2009

Plusvalenze: deferiti ex dirigenti Parma Stefano Tanzi e Luca Baraldi

Il procuratore Palazzi ha archiviato la posizione del Parma per prescrizione

Il Procuratore Federale Stefano Palazzi ha deferito alla Commissione Disciplinare Nazionale Stefano Tanzi (nella foto) e Luca Baraldi. La notizia è stata pubblicata poco fa sul sito della Figc. Il rampollo dell'ex patron della Parmalat Calisto all’epoca dei fatti era presidente del Consiglio di Amministrazione del Parma ed è stato deferito «per aver sottoscritto alcuni contratti attinenti a diritti alle prestazioni sportive di alcuni calciatori, con abnorme e strumentale valutazione dei diritti stessi».
Invece Baraldi, all’epoca dei fatti amministratore delegato del Parma, è stato deferito «per la violazione dei principi di lealtà, probità e correttezza per aver contabilizzato nel bilancio chiuso al 30 giugno 2003 plusvalenze fittizie derivanti dalla stipula di contratti attinenti a diritti alle prestazioni di calciatori con corrispettivi di gran lunga superiori a quelli realmente attribuibili ai diritti medesimi». Palazzi ha invece archiviato la posizione del Parma per intervenuta prescrizione.
Marco Liguori

venerdì 12 dicembre 2008

Al via le cause per il risarcimento degli abbonati del Napoli contro Figc e Coni

L’avvocato Fabio Turrà ha spiegato in esclusiva a “il pallone in confusione” che ha notificato stamattina gli atti di citazione per conto di alcuni tifosi azzurri colpiti ingiustamente dalla chiusura delle curve del San Paolo decisa dalla giustizia sportiva

E’ iniziata la “partita” degli abbonati delle curve contro Figc e Coni. Stamattina l’avvocato Fabio Turrà, legale di alcuni sostenitori azzurri, ha consegnato agli ufficiali giudiziari gli atti di citazione in cui si chiede il risarcimento dei danni a causa della sentenza del giudice sportivo Giampaolo Tosel che aveva imposto la chiusura dei settori popolari dello stadio San Paolo fino al 31 ottobre in seguito ai fatti avvenuti nello stadio Olimpico in occasione di Roma-Napoli del 31 agosto scorso, poi ridotta fino alla gara con la Juventus. Le prime udienze si svolgeranno tra fine febbraio e i primi di marzo 2009 presso le aule del Giudice di pace di Napoli. Il legale ha chiesto una cifra complessiva per ciascun assistito di 735,53 euro: in essa sono compresi il danno patrimoniale emergente e quello non patrimoniale stimato in 700 euro per non aver potuto assistere a tre partite. Alcuni abbonati avevano già presentato lo scorso settembre, tramite sempre l’avvocato Turrà, il ricorso in qualità di terzi non appartenenti all’ordinamento sportivo davanti alla Camera di Conciliazione e Arbitrato del Coni. Ricorso che neppure fu ammesso. «Avevo fatto la promessa ai miei amici tifosi che avrei fatto tutto il possibile – spiega l’avvocato Turrà a “il pallone in confusione” – per ottenere un giusto risarcimento contro l'ingiustizia perpetrata contro di loro. A me stesso avevo fatto la promessa che proprio entro la fine dell'anno sarebbero partite le prime richieste di risarcimento».
Le cause si basano su una serie di motivazioni giuridiche. Il legale degli abbonati spiega innanzitutto che il primo riguarda il fatto che «la sentenza del giudice sportivo è stata sproporzionata, ingiusta e discriminatoria poiché ha colpito anche persone che non avevano alcuna responsabilità con i fatti accaduti all’interno dello stadio Olimpico. Al riguardo ho richiamato l’articolo 2043 del Codice civile riguardante appunto il procurato danno ingiusto verso i miei assistiti». Inoltre, la sentenza di Tosel è stata attaccata per incostituzionalità in base agli articoli 3 e 13 della nostra Costituzione. A ciò si aggiunge l’articolo 111 «per il provvedimento della Camera di Conciliazione a cui non è stata data una motivazione adeguata» aggiunge l’avvocato Turrà. Inoltre «il giudice sportivo ha applicato soltanto in parte il comma 3 dell’articolo 4 del Codice di giustizia sportiva – prosegue il legale – poiché avrebbe dovuto anche essere sanzionata la Roma per non aver controllato l’introduzione di petardi e fumogeni all’interno dell’impianto». Infine, sottolinea Turrà, «esistevano una serie di circostanze esimenti e attenuanti ampiamente provate che non sono state prese in considerazione dagli organi della giustizia sportiva».
E’ possibile ancora presentare altre richieste di risarcimento danni contro Coni e Figc. Gli abbonati delle curve possono contattare lo studio Turrà all’email fabio_turra@libero.it oppure al numero di telefono 0817347273.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)
Vedi anche Sintesi tv di Napoli-Lecce 3-0 (da You Tube) e "Porompompero" e il Napoli trionfò sul Lecce 4 a 0

giovedì 11 dicembre 2008

Tutto il potere all'Oceania

In Italia si parla di introdurre la moviola in campo. Ma i dirigenti nostrani non sono presenti nel Comitato esecutivo e nella Commissione arbitri Fifa, organismi deputati alla riforma, in cui dominano Tahiti, Nuova Caledonia e Vanuatu

Permettete una parola? “Il processo di Biscardi" sta proseguendo nella sua “crociata” per introdurre la moviola in campo. Sul sito della popolare trasmissione condotta dal celebre giornalista Aldo Biscardi si legge che è stata lanciata una campagna di raccolta firme per «per spronare la Figc a farsi promotrice presso le istituzioni europee perché venga formalizzata ufficialmente l'adozione della moviola in campo in ausilio degli arbitri». Nel testo si chiede al presidente Giancarlo Abete «di compiere con urgenza atti formali presso l’Uefa e la Fifa per sollecitare la sperimentazione» della tecnologia video. L’iniziativa è lodevole e meritoria: “il pallone in confusione” sostiene l’uso (ovviamente ben circostanziato e regolamentato) della moviola nel calcio, al pari del basket e del rugby. Sarebbe uno strumento necessario nell’era del calcio a scopo di lucro, per limitare il più possibile gli errori arbitrali. Purtroppo questo appello è destinato molto probabilmente a cadere nel vuoto. Motivo? Il peso politico della nostra Federazione, soprattutto nel governo mondiale del pallone presieduto dal potentissimo Joseph Blatter, è debolissimo.
Proprio il numero uno della Fifa si è detto sempre contrario all’introduzione della moviola nei rettangoli di gioco. Lo ha detto e ribadito più volte, che «il calcio deve conservare il suo volto umano: è un gioco, lasciamolo com’è» (si legga qui). Nel suo eccesso di romanticismo d’altri tempi Blatter però dimentica (o finge di dimenticare) che viviamo (vogliamo ripeterlo per rafforzare il concetto) nell’era del calcio a scopo di lucro e delle quotazioni dei club in Borsa che in Italia è stata inaugurata dalla pasticciata legge Veltroni del 1996. E in questa era ai direttori di gara non è concesso sbagliare: un rigore inventato o non concesso, un gol annullato per fuorigioco inesistente oppure un’espulsione affrettata di un giocatore possono arrecare considerevoli danni patrimoniale alle società, come ad esempio una mancata qualificazione alla Champions League oppure una immeritata retrocessione che costano considerevoli somme che fanno versare costosissime lacrime in euro ai dirigenti pallonari. E a proposito, una domanda sorge spontanea: ve lo immaginate domenica prossima un errore arbitrale in favore del Chievo a San Siro contro l'Inter? Fantascienza.
Ma se Blatter tiene fermo il suo “niet”, cosa può fare la nostra Federazione? Molto poco, visto che il nostro paese non è presente nel Comitato esecutivo, ossia nel governo della Fifa. Come già riportammo un anno fa, nella stanza dei bottoni del calcio mondiale siedono un vicepresidente di Tahiti (Reynald Temarii presidente della Federazione Oceania) e un membro a testa di Qatar, Thailandia, Cipro, Tunisia, Guatemala e Costa d’Avorio. Il rappresentante di Trinidad e Tobago è stato promosso da semplice membro a vice presidente e siede assieme al suo collega tahitiano nientepopodimeno che accanto a Michel Platini, "le roy de France" e presidente Uefa. Nazioni che, con rispetto parlando, non sono paragonabili per importanza sportiva e politica all’Italia. Ma il Belpaese non è presente neanche nella Commissione arbitri, che sarebbe l’organismo più indicato per fornire pareri e indicazioni tecniche riguardo la moviola in campo. In esso sono presenti i membri degli Emirati Arabi, Barbados, El Salvador, Senegal, Mali e Bahrain che, sempre con parlando con il massimo rispetto, sono al di sotto del nostro paese. A differenza di un anno fa, Nuova Caledonia e Vanuatu hanno preso il posto di Isole Salomone e Tahiti: insomma, l’Oceania ha una considerevole fetta di potere in questa Commissione, tanto da scambiarsi le poltrone. Ma perché l’Italia manca proprio in questi organismi chiave? La domanda deve essere posta ai dirigenti della Figc e al presidente Abete in particolare (che riveste la carica di membro del Comitato Fifa organizzatore del torneo olimpico di calcio) ossia quella che ha il potere-dovere di evidenziare a Blatter l’importanza della moviola in campo: ma che per ora resta solo una bella iniziativa da propagandare e nulla più da parte dei media italiani. Ma forse è meglio continuare con le lamentele a ogni conclusione di partita e far proliferare le chiacchiere da bar sport, per tutti.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)
Nella foto, Reynald Temarii presidente della Federazione Oceania

martedì 2 dicembre 2008

Statuto Figc: Moggi non può più tesserarsi

Secondo la “costituzione” federale vigente, è vietata l’affiliazione di chiunque si sia sottratto con le dimissioni a un procedimento disciplinare instaurato o a una sanzione della giustizia sportiva. L’ex dg e consigliere di amministrazione con poteri esecutivi della Juve non può quindi rientrare nel mondo del calcio

Ha ragione il presidente della Figc, Giancarlo Abete, di aver voluto « ribadire il principio che nessuno può sottrarsi all'accertamento delle proprie responsabilità nei confronti della giustizia sportiva». La decisione, emanata lunedì scorso dal Consiglio Federale, di aver voluto dare un’interpretazione autentica riguardo ad alcune disposizioni normative ha costituito un segnale forte dopo i dubbi sorti con la sentenza di accoglimento di un ricorso di Luciano Moggi da parte della Corte Federale. L’ex direttore generale e consigliere di amministrazione con poteri esecutivi della Juventus era stato accusato di aver costituito un sistema di comunicazioni telefoniche riservate tramite alcune sim svizzere in prossimità dei sorteggi arbitrali e delle partite. Egli aveva ottenuto la cancellazione della sanzione a 14 mesi di inibizione, poiché i giudici avevano accolto la sua tesi che, essendosi dimesso dal maggio 2006, non era più giudicabile. In seguito, aveva presentato ricorso contro l’inibizione di cinque anni con proposta di radiazione impartita alla fine del processo per Calciopoli dell’estate di due anni fa.
La sentenza delle Sim svizzere aveva creato incertezze: ma il Consiglio federale le ha eliminate attraverso il chiarimento delle disposizioni degli articoli 36 punto 7 delle Noif e 19 del Codice di giustizia sportiva. E giustamente Abete ha voluto sottolineare che «non c'è alcuna modifica, abbiamo voluto solo riconfermare la ratio di una norma già emanata per fare chiarezza»: ovviamente non riguarda solo Moggi, ma qualunque tesserato che si trovasse nella stessa situazione. La spiegazione delle affermazioni del presidente si basa sul dettato dello Statuto federale. L’articolo 16 prevede infatti al punto 3 che «è vietato il tesseramento di chiunque si sia sottratto volontariamente con dimissioni o mancato rinnovo del tesseramento a un procedimento disciplinare instaurato o a una sanzione irrogata nei suoi confronti». La linea difensiva di Moggi sostiene appunto di non essere più tesserato e quindi non più giudicabile: con le dimissioni scatta quindi automaticamente la previsione statutaria. Qualora il procedimento fosse stato eventualmente instaurato dopo le dimissioni, si applicherebbe comunque la seconda parte relativa al sottrarsi alla sanzione. Da notare che la norma statutaria è molto drastica, poiché prevede il divieto assoluto di un nuovo tesseramento: quindi l’ex dirigente bianconero non può più far parte del mondo del calcio, neppure se al termine della squalifica non fosse stabilita la radiazione proprio perché con le dimissioni si è sottratto alla sanzione. Anche lo scorso marzo il Tar del Lazio, nelle motivazioni della sentenza che hanno sancito la legittimità dell’inibizione di cinque anni per Calciopoli, ha sottolineato che Moggi doveva essere giudicato dalla giustizia sportiva perché le sue dimissioni da affiliato Figc sono avvenute a scandalo già scoppiato e a inchiesta sportiva in corso. Inoltre, il tribunale amministrativo aveva specificato che l'attività di Moggi si era svolta completamente all'interno del calcio italiano: quindi, sotto l’ordinamento della Federcalcio. L’ex dirigente può ancora ricorrere al Consiglio di Stato contro questa sentenza.
In base a ciò, il Consiglio federale ha voluto ribadire la punibilità di chi si sottrae ai procedimenti oppure alle sanzioni decise dai giudici sportivi, tramite la riformulazione dell’articolo 36 comma 7 delle Noif e del numero 19 del Codice di giustizia sportiva. La prima disposizione prevedeva che «non possono essere nuovamente tesserati coloro che abbiano rinunziato ad un precedente tesseramento in pendenza di procedimento disciplinare a loro carico». La bozza approvata lunedì scorso rafforza il concetto, rispettando quanto affermato nello Statuto, stabilendo che «è vietato il tesseramento di chiunque si sia sottratto volontariamente, con dimissioni o mancato rinnovo del tesseramento, ad un procedimento instaurato o ad una sanzione irrogata nei suoi confronti».
Invece, l’articolo 19 del Cgs finora stabiliva che «i dirigenti, i tesserati delle società, i soci e non soci di cui all’art. 1, comma 5 che si rendono responsabili della violazione dello Statuto, delle norme federali o di ogni altra disposizione loro applicabile, sono punibili» con una o più tipi di sanzioni «commisurate alla natura e alla gravità dei fatti commessi». La bozza federale l’ha riformulata così: «Per i fatti commessi in costanza di tesseramento, i dirigenti, i tesserati delle società, i soci e non soci di cui all’art. 1, comma 5 che si rendono responsabili della violazione dello Statuto, delle norme federali o di altra disposizione loro applicabile, anche se non più tesserati, sono punibili, ferma restando l’applicazione degli articoli 16, comma 3, dello Statuto e 36, comma 7 delle Noif, con una o più delle seguenti sanzioni, commisurate alla natura ed alla gravità dei fatti commessi». Con questi chiarimenti è pienamente rispettato lo spirito e il dettato dello Statuto federale.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)
Nella foto: Luciano Moggi. (tratta da http://barzainter.blogspot.com/2007_01_01_archive.html)

mercoledì 5 novembre 2008

Chi deve vergognarsi per i debiti del calcio

Riceviamo e pubblichiamo da Ettore Italo Di Pietramala del sito www.ju29ro.com

La riaffermata intenzione dell'Uefa di eliminare gradualmente la vergogna dei debiti nel calcio ha avuto recentemente sulla stampa nazionale un'eco davvero singolare: ci sono stati tanti articoli sul calcio inglese che, secondo l'audace titolo della Gazzetta dello Sport (del 9/10 a pag.19), sarebbe addirittura "nel baratro" e nessuno sul calcio italiano, nonostante i debiti di Inter e Roma per centinaia di milioni siano prepotentemente balzati all'onore della cronaca (vedi indagine sulla vicenda Saras e il conto col piano di rientro presentato da Unicredit alla famiglia Sensi con scadenza dicembre 2008). Il fatto è che il Presidente della Football Association in una conferenza stampa ha dato ragione all'Uefa, parlando di bilanci non trasparenti e di debiti fuori controllo mentre in Italia l'anatema di Platini ("Vergogna, vince chi bara") non ha apparentemente intaccato nè la flemma di Abete nè la spavalderia di Matarrese e così di conferenze stampa sull'argomento non s'è vista neppure l'ombra.
D'altra parte la reticenza, per non dire l'omertà, del nostro "sistema calcio" non sorprende perché se i bilanci di quasi tutte le società sono traballanti, con debiti "nascosti" nella controllante, o nelle controllate, ed anche falsi (in termini di ordinamento sportivo) le colpe sono diffuse e in tanti dovrebbero vergognarsi: non solo i registi finanziari che firmano i bilanci creativi ma in primo luogo la stampa che, da tempo, ha tradito la sua funzione di informazione e denuncia (mentre insabbia e disinforma) e, subito dopo, gli organismi FIGC di controllo e sanzionatori che, visti i risultati, si può ben dire che sono controllati e non controllano, è non sanzionano per non essere sanzionati.
Cominciamo dalla stampa e riprendiamo proprio l'articolo della Gazzetta secondo il quale il calcio inglese sarebbe nel baratro. E' noto che quasi tutte le società inglesi sono proprietarie degli impianti e quindi hanno sì fatto dei debiti ma si sono patrimonializzate; il Manchester United, per fare l'esempio più significativo, ha sì piu' di 700 milioni di debiti ma, grazie anche al suo stadio, chiude ogni anno il bilancio in attivo e può pagare gli interessi sul debito e le rate di mutuo. La serie A inglese attraversa da anni una fase molto positiva (altro che baratro) con incassi ai botteghini e dai diritti tv sempre in crescita, tant'è che ha attirato l'attenzione prima di finanzieri, magari d'assalto ma con idee chiare sul business del calcio, e più recentemente di sceicchi e petrodollari.
Nel nostro carrozzone, ma questo la Gazzetta non lo dice, è tutto il contrario perché stadi e patrimonio delle società stanno a zero, ai botteghini e per i diritti tv ci sono segni di crisi; l'Inter in due anni ha realizzato perdite per 350 milioni e a Roma la famiglia Sensi deve rientrare di 150 milioni con Unicredit oppure vendere la societ. Mentre oltre-Manica i debiti fanno parte del gioco, in Italia servono solo a gonfiare un pallone che rischia di scoppiare secondo l'allarme che molti esperti hanno suonato da tempo. Ecco perché la scarsa attenzione della nostra stampa tradizionale all'argomento bilanci è una colpa ed anche grave; semmai la Gazzetta, in risposta all'Uefa, avrebbe dovuto sollecitare una conferenza di Abete sui problemi di bilancio delle nostre società, altro che presentare su un quarto di pagina, come ha fatto, una tabella su "Tutti i debiti della Premier", compresi quelli del Wigan e del Hull City.
E non c'è da vergognarsi solo per la scarsa attenzione, perché quando poi un editorialista di grido come Mario Sconcerti affronta l'argomento, può succedere anche di peggio; succede per esempio che sul Corriere della Sera è stato possibile raccogliere in un mese queste due perle: dapprima (con l'editoriale "I miliardi degli emiri falsano le gerarchie ma non sono una novità") l'osservazione che i debiti elevati delle grandi società ci sono sempre stati e che il professionismo l'ha inventato Edoardo Agnelli (cioe' il bisnonno di John Elkann) e prevedeva gia' all'epoca un "indebitamento costante, quasi esponenziale"; e poi quando, volendo argomentare su "Cobolli sbaglia. Anche Moratti ha un progetto", ha scritto che "non e vero che l'Inter e' piena di debiti", aggiungendo che sì, la squadra perde tantissimo ma "le perdite sono continuamente ripianate". Ecco, sarebbe da chiedere a Sconcerti se del ripianamento s'è fatto un'idea da solo, leggendo e interpretando i bilanci dell'Inter, oppure s'è fidato della Gazzetta. Nel dubbio ci limitiamo solo a ricordare (avendo come fonte le ricerche del nostro sito sui bilanci e il Sole 24 Ore) che per coprire il buco di 350 milioni del biennio 2006-07 l'Inter per un parte ha deliberato aumenti di capitale e per la parte rimanente (tra i 150 e i 200 milioni) s'è affidata alla fantasia dei suoi registi finanziari che hanno inventato le finte plusvalenze relative alla compra-vendita del marchio e alla rivalutazione patrimoniale dell'intera società. Un finto ripianamento insomma , roba da retrocessione in termini di giustizia sportiva, che può durare fino a quando c'è speranza che la banca aumenti il fido e gli utilizzi; se poi in quella banca il presidente Moratti siede anche nel Comitato Esecutivo allora uno malizioso può pensare che si tratta di una speranza ben riposta.
Quanto,poi, al richiamo dei tempi andati lo capirebbe anche il "casalingo di Voghera" che è una giustificazione finta (come la compravendita del marchio), perchè dai tempi del senatore Agnelli il contesto normativo è cambiato, anzi, dopo la sentenza Bosman è stato rivoluzionato e con la legge 586/96 (non a caso detta proprio legge Bosman) si è dovuto correre ai ripari pensando proprio ai bilanci e ai debiti, ridisegnando il sistema dei controlli.
Era tanto importante quella legge che è ancora possibile trovare in rete la traccia di una riunione del Consiglio Nazionale del Coni del 23 marzo 2004 (per conferma Sconcerti potrebbe sentire Petrucci) con la quale si stabiliva che le società di calcio dovevano presentare alla FIGC, a cadenza trimestrale, "stato patrimoniale e conto economico con budget che garantisca equilibrio finanziario a consuntivo dell'esercizio".
L'equilibrio finanziario, in particolare, imponeva e impone che i debiti siano un sottomultiplo del fatturato; dato che dopo la sentenza Bosman le società di calcio si ritrovavano con il patrimonio azzerato, l'ordinamento sportivo si era giustamente preoccupato dei debiti, quelli che ai tempi del senatore Agnelli, assicura Sconcerti, crescevano in modo esponenziale (ma le società, all'epoca, possedevano il cartellino dei calciatori).
E siamo così arrivati ai controlli e alle sanzioni dove l'elenco di chi deve vergognarsi è lungo, perchè tutti sono d'accordo sul fatto che i bilanci delle società di calcio non sono "sani", e neppure "corretti", come imporrebbe la normativa, perchè tutti sanno che ci sono degli illeciti e che sono tollerati (vedi l'articolo del prof. Boeri su Repubblica del 3 settembre) ma, quando si prova a ragionare sulle responsabilità, scatta il gioco al rimpiattino: si comincia dalle responsabilità dei presidenti che non sono più i "ricchi scemi" di una volta, si lamentano sì delle perdite ma si tengono stretta la società, anzi, ci portano pure i figli o le figlie (con stipendi che arrivano anche ad un milione di euro all'anno; chiamali scemi!) e ad ogni campionato provano a spendere di più (senza, però, mettere mano al portafoglio).
Si passa alla Covisoc che controlla i bilanci, guarda sì la compra-vendita del marchio da padre in figlio ma "non può vedere" che è finta e fa aumentare i debiti (anche se può vederlo pure uno studente di prima ragioneria ripetente); si rimanda alla Figc (la "Confindustria" dei presidenti di calcio che non sono più ricchi e scemi) dove nessuno chiede rigore o denuncia irregolarità (sarebbe una specie di suicidio quasi collettivo); si finisce col contesto normativo e la specificità dello sport, che nessuno sa bene cos'è (e, infatti. tutti la chiamano in causa).
Dopo l'uscita, con tante polemiche, del prof. Uckmar dalla Covisoc, su queste benedette responsabiltà ci fu un lungo dibattito, che si può rintracciare in rete per ragionarci sopra. Leggendo il dibattito si scoprono due passaggi fondamentali: il primo in una paginata della Gazzetta dello Sport del 15 maggio 2002 (quando era ancora formato lenzuolo e non si limitava solo a "tutto il rosa della vita") e l'altro nell'audizione al Senato del prof. Uckmar del 23 aprile 2004.
Nell'articolo della Gazzetta c'è Carraro che, da politico consumato, chiama in causa il sentimento popolare (vi dice niente?); i bilanci irregolari sarebbero illeciti sportivi ma, si chiede Carraro (all'epoca presidente della Figc e contemporaneamente presidente anche del Mediocredito Centrale della Banca di Roma di Geronzi) "pensate che i tifosi italiani sarebbero in grado di accettare una penalizzazione dei propri club?". Tradotto dal politichese di Carraro e riferito ai nostri giorni sembra quasi che Abete e Matarrese possano avere questo dubbio: se mandiamo l'Inter in B per tutti gli illeciti sportivi che ha fatto, e continua a fare con i bilanci, siamo sicuri che poi i suoi ultras non buttino giù i motorini dalle gradinate di San Siro?
Nell'audizione al Senato, invece, il passaggio fondamentale è quello per cui la situazione dei controlli si sarebbe "ingarbugliata" quando il contesto normativo che doveva tener conto della specificità dello sport è stato riformulato, passando dalla legge 91/1981 alla 586/1996; quella del 1981 prevedeva che la Covisoc dovesse autorizzare le operazioni di carattere straordinario e potesse sindacare sui debiti bloccandoli; con quella del 1996 sono aumentati i controlli, ogni tre mesi le società devono documentare che la gestione è sana e corretta, devono anche indicare come rispettano il budget di inizio stagione (sembra incredibile ma è proprio cosi, c'è scritto nelle Norme Organizzative Interne Federali) ma di sindacare non se ne parla più e la Covisoc dovrebbe, invece, segnalare alla Procura Federale e questa deferire.
In effetti se una società di serie C2 paga le tasse con due gioni di ritardo scattano il deferimento e nell'arco di qualche mese anche le penalità (è successo ancora recentemente) mentre per i bilanci di alcune note società di serie A si arriva a parlare di illeciti tollerati ma di segnalazioni e deferimenti non si parla mai.
I riferimenti a Carraro e Uckmar sono datati 2002-2004. Sono passati solo pochi anni ma è come se fosse passato un secolo perchè, nel frattempo, nell'estate 2006 si è messo in piede il processo di calciopoli nel quale sono stati di nuovo chiamati in causa la specificità dello sport e il "sentimento popolare" ma non per tollerare un illecito che c'era (come si sta facendo per i bilanci sin dai tempi di Carraro), bensì per punire un illecito che non era previsto dalla normativa; il tutto sotto la regia a carattere straordinario di un professionista, il professor Guido Rossi, ex-consigliere dell'Inter e futuro consulente degli eredi di casa Agnelli. Un'offesa all'intelligenza di quanti sono ancora liberi di pensare con la propia testa, una conferma che le scusanti che vengono invocate per non doversi mettere in regola con i bilanci sono logore foglie di fico che non possono più nascondere le vergogne nè, tantomeno, camuffare gli svergognati. Che sono tanti: i "culi di pietra" che hanno occupato e occupano le poltrone di prima fila delle istituzioni sportive, la pletora di professionisti (giuristi di lungo corso, sopratutto) che si prestano a firmare sentenze sensa senso, i politicanti che a tempo perso si occupano anche di sport e poi quelli che nelle istituzioni sportive occupano, scodinzolando, le poltrone di seconda e terza fila e sbavano per scalare qualche posto.
Chi si deve vergognare, Azionisti e Presidenti oppure chi dovrebbe informare e non informa?
Ettore Italo Di Pietramala
(il testo originale è reperibile anche qui)

martedì 4 novembre 2008

Tar Lazio: Carraro ha agito in «conformità alle regole»

Il tribunale amministrativo ha dato ragione all'ex presidente della Figc Carraro, gli è stata tolta anche l'ammenda che gli era stata comminata nell'estate 2006 al termine del processo di Calciopoli

L'ex presidente della Figc Franco Carraro ha incassato l'esito favorevole del ricorso presentato al Tar del Lazio contro le sanzioni ricevute dalla giustizia sportiva per il suo coinvolgimento in Calciopoli. Secondo quanto riferisce la stessa federcalcio, il Tar, con sentenza numero 9547/2008, ha riconosciuto «la conformità alle regole dell'ordinamento sportivo» da parte di Carraro «in occasione della partita Lazio-Brescia campionato 2005/2006, ritenendo ragionevoli e responsabili i mezzi utilizzati per effettuare l'intervento nei confronti della classe arbitrale al fine di richiamarne l'attenzione sulla particolare delicatezza dell'incontro».

Alla vigilia del turno infrasettimanale in cui si giocava Lazio-Brescia, Carraro racconta all'allora designatore Paolo Bergamo le lamentele del presidente della Lazio Claudio Lotito per l'arbitraggio di Massimo Saccani nella precedente partita contro la Reggina. «...Loro (i laziali, ndr) stanno nervosissimi, perché dice che domenica questo arbitro (Saccani, ndr)… Foti è stato dieci minuti da lui nell`intervallo…», erano state le parole di Carraro secondo l'informativa dei Carabinieri. In seguito, Carraro avrebbe chiesto a Bergamo di avvisare l'arbitro di Lazio-Brescia (Daniele Tombolini): «Domani… per carità, se il Brescia deve vincere che è più forte, però che non ci siano… c`è un ambiente qui che è molto teso, capito?». Un'ora dopo, Bergamo chiamò Tombolini, raccomandandosi così con l'allora fischietto anconetano: «E' una partita molto delicata domani, Daniele, perché trovi un ambiente, credimi… Mettiti sulla lunghezza d'onda giuste…».

Quello di Carraro, secondo il Tar, è stato un comportamento legittimo. Il giudice amministrativo ha quindi annullato la decisione della Corte federale anche nella residua parte (l'ammenda di 80mila euro) in cui la sentenza non era stata riformata dal collegio della Camera di Conciliazione Arbitrale dello Sport del Coni, che tolse la diffida all'ex numero uno della federazione.

Fonte: Apcom

venerdì 31 ottobre 2008

Lega Calcio: solo 5 presenti, voto ponderato rinviato

La "diserzione" in massa di molte società, soprattutto di serie B, al Consiglio odierno ha fatto mancare il numero legale. Sono saltate anche le discussioni sulla situazione stadi e sulla certificazione del pagamento degli stipendi da parte dei club nel trimestre da aprile a giugno

Il voto ponderato può aspettare. La riunione del Consiglio di Lega Calcio è saltata per mancanza di numero legale: «Sono infastidito, chiedo più serietà dai nostri colleghi. Oggi eravamo in cinque, quindi si è fatto poco» ha spiegato sconsolato il presidente del Parma Tommaso Ghirardi: erano presenti anche il presidente della Lazio Claudio Lotito e l'amministratore delegato dell'Inter Ernesto Paolillo. Lo ha ribadito anche l'amministratore delegato del Milan, Adriano Galliani: «Mancava il numero legale, vista l'assenza di parecchi consiglieri, quindi non abbiamo preso nessuna decisione». C'era da aspettarselo: sicuramente c'è stata una "diserzione" in massa da parte dei club di serie B (a eccezione del Parma, appunto), visto che la posta in gioco principale riguardava il peso più consistente da dare al voto delle società di serie A. Figuriamoci se, dopo la battaglia sulla mutualità terminata con l'accettazione obtorto collo di una cifra di circa 90 milioni, i presidenti della serie cadetta avrebbero accettato di diminuire il peso politico dell'esercizio della propria volontà.

Proprio stamattina Galliani aveva tuonato: «Tutta le serie A chiede il voto ponderato: è assurdo che una categoria che mantiene un'altra abbia meno peso quando si vota. Credo sia facilmente intuibile». Anche il presidente della Juventus Giovanni Cobolli Gigli è sulla stessa lunghezza d'onda: «Se è uno strumento per rinforzare il rapporto fra serie A e B, e per rimanere un'unica Lega, il voto ponderato potrebbe essere una buona idea». Ma il "filibustering" (ossia l'ostruzionismo parlamentare: pratica nata negli Stati Uniti) assembleare della serie B ha messo fuori gioco le intenzioni dei club della massima serie. C'è da dire che, considerata anche la volontà di alcune società di scindersi in Lega e Lega B, questo atteggiamento proseguirà ancora: con la conseguenza che il governo del calcio ne soffrirà moltissimo. Non a caso, nella mancata riunione di oggi sono saltati altri due temi: la situazione degli stadi, «con particolare riferimento alla quota percentuale di partecipazione sugli incassi dovuta nei casi di restrizioni alla vendita dei biglietti». Anche questa questione sollevata era stata da Galliani: ieri il dirigente rossonero aveva affermato che i provvedimenti di ordine pubblico per l'incontro di domenica sera allo stadio Meazza, Milan-Napoli, causeranno un mancato incasso di circa un milione di euro. Il Consiglio avrebbe dovuto anche discutere riguardo alla certificazione del pagamento degli stipendi da parte dei club nel trimestre da aprile a giugno. Ma con tutti questi temi importanti in ballo, era proprio necessario mettere altra benzina sul fuoco con il voto ponderato?

Marco Liguori

(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)

giovedì 30 ottobre 2008

Esclusivo/Parla il legale di Gentile: «Escluso perché non appartiene alle lobby del calcio»

L’avvocato Giorgio Merlone spiega a “il pallone in confusione” i motivi della causa di risarcimento danni proposta dall’ex ct contro la Figc, il cui contratto non fu rinnovato nel 2006. Alla base della vertenza una dichiarazione pubblica dell’ex commissario straordinario Guido Rossi, «è ancora l’allenatore dell’Under 21» e le rassicurazioni del suo vice Demetrio Albertini: quest’ultimo ha però smentito

«Claudio Gentile non fa parte di nessuna lobby, né nell’ambito calcistico né fuori». L’avvocato Giorgio Merlone, legale del difensore campione del mondo nel 1982, spiega così a “il pallone in confusione” le probabili motivazioni del mancato rinnovo del contratto come ct dell’Under 21, che lo hanno spinto a proporre una causa di risarcimento danni al tribunale civile di Roma. Correva l’estate dell’anno 2006: era da poco scoppiato lo scandalo di Calciopoli. L’allora commissario straordinario Guido Rossi aveva affermato in una conferenza stampa che «Claudio Gentile è ancora l’allenatore dell’Under 21». Demetrio Albertini, all’epoca vice commissario, aveva rassicurato Gentile sulla sua conferma: circostanza smentita ieri dallo stesso Albertini all’Ansa. Secondo Merlone si configura l’ipotesi di un grave pregiudizio all’immagine per il suo assistito, oltre che quello derivante dalla perdita di opportunità di lavorare presso prestigiose squadre italiane e straniere.
Quale tipo di vertenza legale ha intrapreso Gentile: ricorso del lavoro o causa risarcimento danni?
«Ha proposto una causa di risarcimento danni contro la Figc. Non poteva essere proposta alcuna vertenza lavorativa per l’assenza di un contratto: il suo precedente legame era scaduto il 30 giugno 2006 e lui attendeva il formale rinnovo, già garantito dalla Federazione. I danni all’immagine di Claudio Gentile oltre ai danni da perdita di chance lavorative concrete, ossia l’assunzione da parte di prestigiosi club italiani e stranieri, hanno il loro presupposto nella lesione dell’affidamento che l’ex Mundial ’82 aveva riposto nelle promesse e rassicurazioni di tutti i dirigenti, alla luce dei risultati ottenuti».

Può spiegarne le motivazioni?
«Dopo la sostituzione di Gentile con la coppia Casiraghi-Zola e la nomina di Donadoni per la Nazionale maggiore, era stato garantito a Gentile che una volta terminato il Commissariamento, egli sarebbe stato reintegrato all’interno della Figc. Pertanto, il mio assistito ha atteso le elezioni, e il neo-presidente Giancarlo Abete, un tempo suo grande estimatore del ct, almeno a parole, nulla decideva sul suo conto».

Perché ha atteso ben due anni prima di ricorrere al giudice?
«L’Under 21 faticava non poco a trovare una propria identità: a stento superava lo spareggio col Portogallo per le Olimpiadi e pertanto Gentile continuava a coltivare la speranza di poter subentrare al neo-allenatore Casiraghi da un momento all’altro: ha sperato ancora dopo l’eliminazione alle Olimpiadi di Pechino e dopo lo spareggio per l’Europeo di categoria. Infatti, da più parti all’interno della Federazione giungevano rassicurazioni circa la stima dei più alti dirigenti nei suoi confronti. Si sarebbe dovuto paragonare lui a Vittorio Pozzo: altro che Lippi, come è stato magnificato sulla stampa. Egli è l’unico allenatore italiano vivente ad avere conquistato, dopo Pozzo, una medaglia olimpica con la Nazionale».

Riguardo alla medaglia olimpica, al suo assistito è stato promesso un premio?
«Il Coni e le federazioni sportive riconoscono un importante premio economico ai vincitori di medaglie olimpiche: a Gentile era stato promesso che tale premio sarebbe stato riconosciuto nel nuovo contratto per il biennio 2006/2008, per cui il proprio ingaggio sarebbe stato notevolmente aumentato».

Ha cercato una composizione amichevole di questa vicenda?
«Voglio sottolineare che il 24 aprile 2008 ho inviato una raccomandata con ricevuta di ritorno. L’ho inoltrata direttamente al Presidente Abete come “riservata personale” per evitare fughe di notizie o permalose prese di posizione. È stata ricevuta il successivo 28 aprile e da allora non solo nessuno mi ha risposto per iscritto, ma addirittura nessuno mi ha telefonato o ha preso contatti con il mio studio. In quella lettera chiedevo spiegazioni sul comportamento della Federazione che senza alcun legittimo motivo aveva escluso Gentile dai quadri tecnici e dirigenziali in modo del tutto inaspettato e arbitrario, interrompendo unilateralmente trattative già di fatto concluse che attendevano soltanto la ratifica scritta. Chiedevo infine la possibilità di un incontro per discutere della situazione. Lunedì scorso scadevano ben sei mesi dalla ricezione di quella raccomandata. Se domandare è lecito, rispondere è doverosa correttezza. Ma evidentemente in Figc l’educazione non trova cittadinanza.

Martedì scorso sull'Ansa il suo assistito ha affermato che «gli accordi verbali lo avevano convinto a respingere le offerte di diverse squadre italiane e straniere». E' possibile che intentare una causa solo su questi accordi verbali proferiti dall’ex commissario straordinario Guido Rossi oppure ci sono altri tipi di prove, magari scritte?
«Guido Rossi, nella conferenza stampa del 18 luglio 2006, quando ha presentato Donadoni come allenatore della Nazionale, alla precisa domanda del giornalista Cherubini aveva risposto: «Claudio Gentile è ancora l’allenatore dell’Under 21». Ciò significa che non solo gli accordi verbali erano di fatto già stati conclusi da tempo. Il vice commissario Demetrio Albertini aveva assicurato a Gentile, mentre in Germania si stavano svolgendo i campionati del mondo, che una volta rientrati in Italia avrebbero «messo tutto a posto», ma il mio assistito stava attendendo di essere convocato in Federazione per sottoscrivere il nuovo contratto, comprensivo dell’aumento previsto per la conquista della medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Atene. E invece…»

C'è stata forse una sorte di discriminazione nei confronti di Gentile poiché non faceva parte del gruppo dirigente che nel 2006 faceva capo a Rossi?
«Claudio Gentile è il procuratore di se stesso. Non appartiene a nessuna lobby, né nell’ambito calcistico né fuori. È proprio questo suo essere un free rider di cristallina onestà, grande conoscitore del calcio e delle tattiche di gioco, con questa sua insistenza nel convocare in Nazionale i giocatori più in forma e più promettenti, col volere a tutti i costi valorizzare i giovani di maggior talento e non quelli che sono raccomandati da procuratori e società, che lo ha reso sgradito e ingombrante al sistema. Sistema che non ha fatto altro che liberarsi dai potenti del passato per crearne nuovi, meno competenti, che da quelle ceneri sono nati ma utilizzano usi, costumi e comportamenti per certi versi ben peggiori di quelli così tanto stigmatizzati nel 2006. Se me lo consente, vorrei fare un’amara considerazione su questa vicenda».

Dica pure
«E’ questo il benservito che la Federazione ha elargito ad un monumento del nostro calcio, campione del mondo quando giocava. Oltre ad essere stato riconosciuto come il migliore giocatore del mondo, nel suo ruolo, di tutti i tempi e, da allenatore, campione europeo ed olimpico con la Nazionale Under 21. Questa è la nostra epoca, e noi stiamo discendendo mestamente dal crinale».
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)

Clicca qui per vedere l'intervista di Claudio Gentile alla trasmissione "Le Iene"
http://www.wikio.it

il pallone in confusione

Registrazione n° 61 del 28 settembre 2009 presso il Tribunale di Napoli
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