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mercoledì 28 aprile 2010

Corte di giustizia Figc: Moggi è radiato

Luciano Moggi è radiato da ogni ruolo nel calcio italiano: lo ha stabilito la Corte di giustizia della Federcalcio precisando, in risposta al quesito interpretativo del presidente federale Giancarlo Abete, che "la preclusione da ogni rango o categoria debba ritenersi implicita come effetto ex lege" dopo la condanna per i fatti di Calciopoli.
Fonte: Tuttomercatoweb

Calciopoli: i Pm acquisiscono un memoriale di Facchetti

Il "memoriale" di Giacinto Facchetti negli studi dei pm di Napoli Giuseppe Narducci e Stefano Capuano che indagano sul caso Calciopoli. A consegnare la serie di appunti agli inquirenti è stato nei giorni scorsi il figlio dell'ex presidente dell'Inter, scomparso nel 2006, Gianfelice Facchetti.

Tra i nuovi atti dei pm vi sono anche dichiarazioni fatte nei giorni scorsi proprio
da Gianfelice Facchetti. I risultati dell'attività della Procura erano stati resi noti martedì dopo l'udienza del processo, quando il pm Capuano ha annunciato il deposito di nuovi atti investigativi.

In aula, oltre alla deposizione in aula del magistrato Cosimo Ferri e di un investigatori, ci sono state le dichiarazioni spontanee rese dall'ex dg della Juventus Luciano Moggi e dall'ex designatore Pierluigi Pairetto. Inoltre c'è stato l'annuncio di nuove telefonate trascritte dai consulenti di Moggi. Esse riguardano chiamate perlopiù fatte dai centralini di alcune società.
Fonte: Romagnaoggi

martedì 27 aprile 2010

Moggi e Pairetto contestano testimonianza ispettore Salvagno

Udienza sospesa alla IX sezione penale per attendere l'arrivo del testimone Cosimo Ferri, componente del Csm, atteso nel primo pomeriggio a deporre nell'ambito del processo Calciopoli. Questa mattina per oltre due ore l'ispettore di polizia Claudio Salvagno ha riferito sull'indagine avviata dalla procura di Torino nel 2004 sulla Juventus, riferendo sulle intercettazioni telefoniche che furono poi trasmesse a Napoli. La rete dei rapporti tra Luciano Moggi e la Federazione, la nazionale, gli arbitri. Attraverso le telefonate ascoltate, l'investigatore ha citato i vari episodi finiti poi nell'inchiesta napoletana, come la cena tra Moggi, Pairetto, Giraudo e Bergamo, alla vigilia di una partita nel settembre 2004, o la conversazione del 14 settembre 2004 tra Antonio Giraudo e il responsabile della commissione disciplinare Ghirelli, dove il primo chiedeva all'altro una punizione esemplare per il tecnico del Lecce Zednek Zeman. C'e', nella testimonianza dell'ispettore Salvagno, anche la ricostruzione dei rapporti tra Luciano Moggi e la stampa. In particolare, viene citata una telefonata tra l'ex direttore generale della Juventus e Giorgio Tosatti, che chiedeva a Moggi di far leva sulle sue conoscenze al ministero dell'Interno per recuperare la registrazione di una trasmissione radiofonica in cui il giornalista veniva diffamato e aveva intenzione di querelare. Nella stessa conversazione Moggi chiede a Tosatti chi lo avesse attaccato e Tosatti replica: "Tu li paghi (i giornalisti), perché dovrebbero attaccarti".
Prima della sospensione, decisa dal presidente Teresa Casoria, Moggi ha reso delle dichiarazioni spontanee, nelle quali ha voluto chiarire alcuni aspetti della testimonianza resa, in una precedente udienza, dal colonnello dei carabinieri Attilio Auricchio sul metodo investigativo, che prevedeva la consultazione dei quotidiani sportivi. Esibendo i giornali, l'ex dg della Juventus ha tentato di dimostrare come i tabellini siano soggettivi e spesso distanti, da testata a testata e non potevano essere strumento di verifica rispetto alle conversazioni intercettate. Rispetto alle accuse di interessamenti sulla nazionale, Moggi spiega che parlare con il ct Marcello Lippi era cosa naturale. "Se la nazionale - dice - prende giocatori miei, Cannavaro nella fattispecie, so io in che condizioni fisiche sono, non li conosce certamente Lippi". E infine sul potere di Innocenzo Mazzini, considerato vicino a Moggi - come emergerebbe da intercettazioni riferite da Salvagno - all'interno della nazionale, Moggi e' chiaro. "E' uno che magari parlava tanto - dice - ma era ed e' un uomo che ha la coscienza e non va a raccontare barzellette. In nazionale era sicuramente l'ultima ruota del carro". Dichiarazioni spontanee rese anche dall'ex designatore arbitrale Pierluigi Pairetto, che ha voluto replicare alla testimonianza dell'ispettore Salvagno spiegando le modalita' con cui avvenivano le designazioni internazionali. "C'era una commissione - racconta - composta da un presidente svizzero e da tre vice piu' altri cinque membri. Io ero uno dei tre vice, e ricevevo le indicazioni dal presidente, affinche' poi ciascun vice potesse fare poi le sue osservazioni". Quanto ai rapporti con le societa', "era la Federcalcio a spingerci ad avere contatti e rapporti".
Fonte Agi

martedì 10 novembre 2009

Moggi: «Perché Carraro e Collina non sono imputati come me?»

Franco Carraro e Pierluigi Collina, perché non sono qui, sul banco degli imputati come me? E' stato questo il senso delle dichiarazioni spontanee rese oggi da Luciano Moggi all'inizio dell'udienza, davanti alla nona sezione penale, collegio A, del tribunale di Napoli dove è in corso il processo Calciopoli che vede l'ex dg della Juventus Moggi indagato insieme ad altre 24 persone. Moggi, nell'atto di accusa dei pm Filippo Beatrice e Giuseppe Narducci è indicato come il promotore di un'associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva. Leggendo «le intercettazioni - ha detto Moggi in aula dove ha parlato per la prima volta da quando è cominciato il processo - si trova una telefonata di Collina il quale dice al dirigente del Milan Meani che avrebbe voluto parlare con il presidente della Lega Galliani allora anche vice presidente del Milan. Il tenore della telefonata era piu' o meno questo: "Vorrei parlare con Galliani però dovremmo arrivare al tuo ristorante in un giorno di chiusura a mezzanotte perché possa entrare dalla porta di dietro affinche' non mi veda nessuno". Questa intercettazione non è stata inserita nel processo e addirittura Collina oggi è il designatore capo degli arbitri. Mi domando e vi domando: se un arbitro in attività - ha continuato Moggi - può fare una cosa del genere e se effettivamente come ha detto "incontrare Galliani per un discorso esclusivamente per il futuro della sua carriera" non poteva farlo nelle sedi opportune della Lega dove Galliani era presidente evitando il giorno di chiusura del ristorante, la mezzanotte e la porta sul retro per non farsi vedere? Signor presidente a pensare male si fa presto ma spesso si indovina». Poi Moggi ha tirato in ballo Franco Carraro, all'epoca presidente della Figc. «Sono stato anche accusato - ha detto l'ex dg bianconero - di aver fatto retrocedere il Bologna, quando poi si va a leggere di un'intercettazione dell'allora presidente federale Franco Carraro nella quale dice al designatore Paolo Bergamo che bisogna aiutare Lazio e Fiorentina a evitare la retrocessione. Guarda caso retrocedono Bologna e Brescia e si salvano Lazio e Fiorentina. L'intercettazione del presidente della Figc passa inosservata». Per la cronaca, Carraro è stato prosciolto da ogni addebito con sentenza della Corte di Cassazione da Calciopoli. Collina non è stato mai iscritto nel registro degli indagati. Moggi si e' poi lamentato del trattamento che ha subito rispetto ad altri e in particolare del dirigente del Milan Leonardo Meani che, a detta del teste Manfredi Martino, ascoltato in aula il 6 novembre scorso, riceveva gli sms con i nomi degli arbitri assegnati ai rossoneri anche 20 minuti prima di Moggi. «Martino - ha detto Moggi nella sua dichiarazione spontanea - lo trovo qui come testimone e non come imputato». Durante la sua testimonianza Martino parlò di uno strano colpo di tosse da parte del designatore Pier Luigi Pairetto durante il sorteggio dell'arbitro per Milan-Juve, partita che decideva il campionato 2004-2005, mentre il giornalista indicato dall'Ussi pescava le palline nell'urna dove c'erano le palline con le schede delle partite: «Se quel colpo di tosse era diretto al giornalista - ha detto Moggi in aula - allora questi era parte della combine. Non lo so. Allora tutti i giornalisti e i notai che hanno partecipato ai sorteggi arbitrali dovrebbero essere interrogati, indagati». L'intervento fuori programma di Moggi ha distratto l'attenzione sul teste previsto in udienza, il maresciallo dei carabinieri Michele Di Laroni, uno dei tre militari del pool dell'Arma che ha lavorato alle intercettazioni telefoniche e in particolare sulle 31 utenze di telefonia mobile di una compagnia telefonica svizzera che sarebbero state utilizzate dagli indagati. «Erano come utenze citofoniche - ha detto in aula il teste -. Venivano usate per parlare tra loro». In aula è stato anche affermato che gli indagati avrebbero utilizzato inoltre anche 385 utenze di una compagna di telefonia mobile del Liechtenstein che però erano tutte prive di riferimenti anagrafici.
Fonte: Ansa

venerdì 6 novembre 2009

Martino (Can): Palline sorteggi arbitrali vecchie e riconoscibili

Erano vecchie, usurate e decolorate e per questo riconoscibili le palline che venivano usate per i sorteggi arbitrali, in particolare nella stagione 2004-2005. E' quanto ha detto Manfredi Martino, all'epoca segretario della Commissione arbitrale nazionale (Can), ascoltato oggi come teste alla nuova udienza di Calciopoli in corso davanti ai giudici della nona sezione penale del Tribunale di Napoli. All'udienza sono presenti anche un impassibile Luciano Moggi e l'ex designatore arbitrale Paolo Bergamo. Martino, pressato dal pm Narducci, ha parlato poi, in particolare, della partita Milan-Juventus che decise le sorti di quel campionato: ''A mia sensazione durante il sorteggio per la scelta dell'arbitro per quella partita qualcosa non andò secondo il verso giusto perché ci fu uno strano colpo di tosse del designatore Bergamo quando il giornalista incaricato dall'Ussi scelse la pallina gialla degli arbitri''.
Fonte: Ansa

venerdì 10 luglio 2009

Calciopoli: la Cassazione riammette le parti civili al processo

La terza sezione penale della Cassazione ha accolto il ricorso delle parti civili che nell'udienza del 24 marzo scorso erano state escluse dei giudici del tribunale di Napoli nel processo che riguarda l'inchiesta chiamata 'Calciopolì su presunti illeciti nel campionato di serie A 2004-2005. Tra le parti civili che avevano chiesto di essere ammesse al processo vi sono alcune società calcistiche, Brescia, Atalanta e Bologna, che si ritengono danneggiate perchè nel campionato di allora retrocessero in serie B. Anche Roma e Bologna, la Fgci, il ministero dell'Economia e Finanze, il ministero delle Politiche Giovanili e la Rai avevano chiesto di essere ammessi come parti civili per i danni relativi alla gestione delle scommesse sul campionato. Il processo "Calciopoli" riguarda dirigenti sportivi, tra i quali l'ex dg della Juventus, Luciano Moggi, arbitri e assistenti accusati di associazione a delinquere per episodi di frode sportiva durante il campionato di calcio 2004-2005. La terza sezione penale presieduta da Pierluigi Onorato, in particolare, ha annullato la disposizione del tribunale di Napoli «limitatamente all'esclusione dal processo delle parti civili» disponendo la trasmissione degli atti al tribunale partenopeo.
Fonte: Ansa

martedì 30 giugno 2009

Calciopoli, ex arbitro: gravi irregolarità nei sorteggi

I sorteggi per le designazioni arbitrali erano caratterizzati da «gravissime irregolarita». Ne è convinto Riccardo Pirrone, arbitro nel triennio 1999/2001 che, con le sue dimissioni («immediatamente accettate»), lasciò un ambiente di omertà, dove «vale la regola: fatti gli affari tuoi». Pirrone ha deposto come testimone all'udienza del processo calciopoli. L'ex arbitro ha risposto alle domande dei pm Giuseppe Narducci e Stefano Capuano che hanno riguardato in particolare presunte irregolarità nei sorteggi che avvenivano nel centro di Coverciano. Pirrone ha spiegato che i bussoloti con le indicazioni dei direttori di gara «nel 60-70 per cento dei casi», capitava che uno dei bussolotti che vanivano lanciati con una certa violenza si apriva, poi veniva riposto nell'urna trasparente dove i bussolotti venivano «blandamente mescolati», con un movimento lento, una circostanza che dava adito «a molti sospetti». Anzi, alcune volte «la pallina cadeva già aperta». Tanto che lui notava che i designatori, Bergamo e Pairetto, «continuavano a tenere sottocchio una determinata pallina». Secondo il testimone, che ha precisato di poter riferire soltanto proprie sensazioni condivise a suo dire da altri arbitri, il bussolotto che si rompeva era già stato manomesso in precedenza dai designatori. Alla fine del sorteggio la segretaria Maria Grazia Fazi «portava via tutto con una velocità incredibile». A proposito del mondo arbitrale, Pirrone ha parlato dell'esistenza di una casta dove ci sono quelli «che sanno le regole del gioco» e quelli «messi in disparte». Un'altra questione affrontata oggi è stata quella delle schede telefoniche estere che l'ex dg della Juve Luciano Moggi e l'ex ds del Messina, Mariano Fabiani, avrebbero fornito ad arbitri e designatori dopo averle acquistate in un negozio di Chiasso, in Svizzera. Per gli inquirenti si tratta di una quarantina di 'sim' di un gestore svizzero e di un numero imprecisato del Liechtestein (da individuare, secondo i pm, in un gruppo 150). È stato ascoltato in aula, Teodosio De Cillis, uno dei tiolari del negozio. Ha confermato di aver venduto in più occasioni diverse schede e ricariche a Giancarlo Bertolini, un dipendente della Juve, e che in una circostanza nel negozio si sono recati anche Moggi e Fabiani. Il danaro gli veniva consegnato da Bertolini - ha precisato - in una busta chiusa.
Fonte: Ansa

La prima volta di Moggi in tribunale a Napoli

EX DG JUVE: ERAVAMO PEDINATI, VIENE FUORI DAL PROCESSO DI MILANO

Per la prima volta dall'inizio del processo di Calciopoli l'ex dg della Juve, Luciano Moggi, si è presentato nell'aula della nona sezione del Tribunale di Napoli dove sono in corso gli interrogatori dei testimoni. Moggi si è trattenuto brevemente con i giornalisti all'uscita dall'aula. «Al posto dei campi di calcio ora frequento le aule di Tribunale», ha ironizzato. E ha aggiunto, a proposito del processo sulle intercettazioni illecite in corso a Milano, Moggi: «eravamo pedinati, al processo Telecom di Milano sta venendo fuori: ci seguivano». Soffermandosi sulla questione delle schede sim estere che secondo l'accusa avrebbe fornito ad arbitri e designatori, ha detto: «pensate che se un arbitro fosse un mio associato ci sarebbe bisogno di telefonargli cinque volte? Andrei negli spogliatoi e gli darei una pacca sulle spalle».
Moggi ha poi risposto alle domande dei giornalisti relative ad un passaggio della deposizione di Teodosio De Cillis, titolare del negozio di Chiasso, in Svizzera, dove sarebbero state vendute le schede estere contestate a Moggi. De Cillis aveva affermato, tra l'altro, che nel suo negozio si rifornivano per acquisti di telefonini e altro materiale elettronico come videocamere anche diversi giocatori e dirigenti di società di calcio ed ha citato il nome di Marco Branca, direttore tecnico dell'Inter. «Se l'Inter si serviva di quel negozio - ha commentato Moggi - ed a Teveroli (ex responsabile sicurezza Telecom, ndr) sono state sequestrate due schede svizzere: se uno più uno fa due vediamo poi se fa tre...»
Fonte: Ansa

venerdì 15 maggio 2009

Calciopoli: ammessi 50 testi per Pm e Moggi

La nona sezione del tribunale di Napoli si è pronunciata oggi sulle richieste di ammissione delle prove avanzate dai pm Beatrice e Narducci e dai difensori degli imputati del processo di 'Calciopolì. Il tribunale ha, tra l'altro, ammesso l'acquisizione delle intercettazioni telefoniche e dei tabulati relativi alle conversazioni avvenute utilizzando le schede sim estere che l'ex dg della Juventus Luciano Moggi avrebbe fornito ad arbitri e designatori. I giudici hanno stabilito che dovranno essere ascoltati 50 dei testimoni indicati dai pm e 50 dei testi indicati da Moggi (entrambe le parti avevano presentato una lista più nutrita). In ogni caso, se nel corso del dibattimento, si rendesse necessario l' interrogatorio di altri testi, il tribunale si è riservato di valutare le richieste. Il tribunale ha ammesso inoltre oltre una cinquantina di testi indicati dai legali degli altri imputati. Il processo riprenderà il 19 maggio prossimo. L'udienza sarà dedicata in particolare all'esame dei primi due testi: Romeo Paparesta, padre dell'arbitro Gianluca Paparesta e Armando Carbone, coinvolto nel primo scandalo del calcio scommesse degli anni '80.
Fonte: Ansa

lunedì 11 maggio 2009

Calciopoli: Beatrice e Narducci chiedono 5 anni per Giraudo

I pubblici ministeri Filippo Beatrice e Giuseppe Narducci hanno chiesto 11 condanne nei confronti degli imputati di Calciopoli che vengono processati con rito abbreviato davanti al gup Eduardo De Gregorio. La condanna più pesante, a 5 anni di reclusione, è stata chiesta per l'ex amministratore delegato della Juventus, Antonio Giraudo. «Il pm ha iniziato il processo e nel suo ruolo è logico che lo concluda con una richiesta di condanna. Questa richiesta peraltro è priva di elementi di sostegno e basata soltanto sull'interpretazione congetturale di qualche normalissima telefonata tra persone che seguono il calcio». Lo ha detto l'avvocato Massimo Krogh, legale dell'ex amministratore delegato della Juventus Antonio Giraudo, commentando la richiesta di condanna avanzata dai pm nel processo di calciopoli che si svolge con rito abbreviato. «Il fatto stesso che il pm abbia discusso 12 ore solo per la posizione di Giraudo - ha aggiunto Krogh - è significativo di quanto sia faticoso ed in salita il percorso dell'accusa».
Giraudo è accusato di associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva. Due anni di reclusione sono stati chiesti per l'ex presidente dell'Aia, Tullio Lanese. Queste le altre richieste di condanna. Per quanto riguarda gli arbitri, tre anni e 6 mesi per Tiziano Pieri, due per Stefano Cassarà, Paolo Dondarini e Marco Gabriele, un anno e quattro mesi per Domenico Messina e Gianluca Rocchi. Sul fronte assistenti, c'è la richiesta di tre anni per Duccio Baglioni, uno Giuseppe Foschetti e Alessandro Griselli.
Fonte: Ansa

martedì 24 marzo 2009

Difensore di Moggi chiede trasferimento Calciopoli da Napoli a Roma

La difesa dell'ex dg della Juventus, Luciano Moggi, ha chiesto di trasferire il processo di calciopoli a Roma o, in subordine, a Torino. La richiesta è stata formulata oggi dall'avvocato Paolo Trofino nel corso dell'udienza che è in corso davanti alla nona sezione del tribunale di Napoli.
Il legale ha ribadito che vi sono una serie di elementi per i quali il tribunale di Roma è da ritenersi competente a giudicare Moggi in quanto le contestazioni relative alla presunta associazione per delinquere farebbero riferimento ad attività svolte nella capitale dove hanno sede vari organismi tra i quali la Federazione gioco calcio, la Covisoc, e la Caf. L'altro legale di Moggi, avvocato Maurilio Prioreschi, ha chiesto inoltre l'annullamento del decreto che dispone giudizio in quanto mancherebbero due capi di imputazione, non trascritti nell'atto notificato a Moggi, e le accuse formulate sarebbero generiche laddove si fa riferimento ad atti «fraudolenti». Sulle istanze della difesa di Moggi e di altri imputati il tribunale potrebbe pronunciarsi in giornata dopo le repliche dei pm Filippo Beatrice e Giuseppe Narducci.
Fonte: Ansa

lunedì 9 febbraio 2009

Pm Narducci: Fiorentina andò "a Canossa" dalla Cupola

I dirigenti della Fiorentina che si erano proposti come «rinnovatori del sistema calcio» adoperandosi per sostenere una candidatura contrapposta a quella di Carraro ai vertici della Federcalcio, quando la situazione in classifica della squadra viola divenne drammatica, decisero di «andare a Canossa e chiedere aiuto a questa organizzazione (la cosiddetta cupola governata da Moggi, ndr) contro cui sembravano essersi battuti». Così il pm Giuseppe Narducci nel corso della requisitoria, che sta svolgendo insieme con il pm Filippo Beatrice, al processo con rito abbreviato, davanti al gup di Napoli Eduardo De Gregorio, contro 11 dei 35 imputati di ''Calciopoli'', ricostruisce uno dei passaggi fondamentali dell'inchiesta sugli illeciti che avrebbero condizionato negli anni scorsi l'esito dei campionati di calcio. Per il magistrato il sodalizio che avrebbe governato il calcio, riusciva «a determinare l'esito di incontri anche nell'interesse e a favore delle squadre "alleate"». L'operazione di salvataggio della società viola, rappresenta «un'operazione sfacciatamente illegale». Anzi «una delle imprese illegali più straordinarie della storia del calcio».
Il pm Narducci ricorda in particolare il ruolo dei «due dirigenti Diego (nella foto) e Andrea Della Valle che si sono accreditati e proposti come figure nuove del calcio rispetto a una consolidata situazione, come rinnovatori del sistema calcio e si sono molto adoperati per sostenere la candidatura di Abete in contrapposizione alla candidatura di Carraro ai vertici della Federcalcio». Una iniziativa che evidentemente non appare gradita agli assetti che governano il mondo del calcio e in particolare a quelli che l'accusa ritiene i vertici della presunta associazione per delinquere definita ''cupola''. «Qualcuno si adopera - spiega il magistrato - per dossier e campagne di stampa per screditare agli occhi dell'opinione pubblica i dirigenti della Fiorentina, un'operazione di potere che però non verrà portata a termine». E si arriva, nella primavera 2005, al pareggio interno con il Messina, alla situazione critica per il concreto rischio di retrocedere in B, e all'inizio del ciclo terribile delle ultime sei partite. «Il momento - chiosa il pm - in cui si gettano le basi che condurranno a una operazione sfacciatamente illegale». L' «operazione di salvataggio della Fiorentina è resa possibile solo quando i Della Valle e l'ex amministratore delegato della Fiorentina Sandro Mencucci decidono pertanto «di andare a Canossa». Il magistrato ha ricostruito la fitta serie di telefonate a cominciare dal post partita col Messina, che vedono in prima linea, tra gli altri, i dirigenti viola, i dirigenti juventini Luciano Moggi e Antonio Giraudo, l'ex designatore Paolo Bergamo, l'ex vicepresidente della Federazione Innocenzo Mazzini. Narducci ha citato i passaggi più significativi delle conversazioni. Come quando Mazzini rassicura Mencucci sulla designazione come arbitro del prossimo incontro di Paolo Bertini («un grande amico!»), o come il commento, con toni anche scherzosi, utilizzati da Bergamo con l'altro designatore Pierluigi Pairetto quando gli riferisce di una incontro al ristorante del 14 maggio con Mazzini e Della Valle (''ero a lavorare per te, buffone! la Fiorentina nostra, la nostra Fiorentina, ti parlo dopo...). Telefonate che registrano anche le reazioni alla clamorosa svista arbitrale di Lazio-Fiorentina quando un difensore della squadra biancoceleste deviò con le mani un tiro in porta senza che l'azione irregolare venisse sanzionata con il rigore e l'espulsione (Bergamo si rammarica con Mazzini: «Era tutto sistemato, pilotato!»). La fase clou è rappresentata dalla presunta ''sistemazione'' all'ultima giornata quando per salvare la Fiorentina non bastava la sola vittoria dei viola ma occorreva la concomitanza di una serie di risultati. Come la necessità di un pareggio tra Lecce e Parma. Per tale ''aggiustamento'' sarebbe stato coinvolto l'arbitro Massimo De Santis al quale telefonò Bergamo anche poco prima del match. Anche per tale partita sono state evidenziate una serie di frasi intercettate. «De Santis ha fatto cose inenarrabili», ha detto il pm a conclusione della ricostruzione di quella partita che, finita tre a tre, fece registrare il compiaciuto commento di Mazzini: «è stata un'operazione chirurgica perfetta...un'operazione chirurgica d'equipe».
Fonte: Ansa

Pm Beatrice: sono circa 2500 le telefonate usate nel processo
Sono circa 2500 le telefonate che saranno utilizzate come elementi di prova nei confronti degli imputati del processo ''calciopoli'' in corso a Napoli. Lo ha sottolineato il pm Filippo Beatrice, a margine della requisitoria che il pm sta svolgendo insieme con il pm Giuseppe Narducci nell'ambito del processo con ''rito abbreviato'' contro 11 dei 35 imputati (a carico degli altri imputati, tra cui l'ex dg della Juve Luciano Moggi, si procede con rito ordinario). Le telefonate, le cui trascrizioni integrali saranno depositate nel corso del processo, rappresentano un numero consistente e comunque limitato in rapporto alle circa centomila intercettazioni che sono state eseguite negli anni scorsi durante l'indagine. Nella requisitoria - che riprenderà il 9 marzo prossimo - il pm Beatrice si è inoltre soffermato su uno dei capitoli principali dell'inchiesta, le schede sim segrete acquistate in Svizzera e consegnate, secondo l'accusa, da Moggi a arbitri e designatori per conversazioni riservate.
Fonte: Ansa

martedì 20 gennaio 2009

Calciopoli: rinvio al 24 marzo per difetto di notifica

Prima udienza a Napoli per il processo sullo scandalo Calciopoli, che vede alla sbarra 24 imputati tra cui Luciano Moggi, che oggi non era presente in aula. Altri 11 imputati hanno scelto il rito abbreviato e per loro il procedimento è già in corso e riprenderà il 9 febbraio prossimo. La nona sezione penale ha però subito dovuto fare i conti con difetti di notifica, per cui l'udienza è stata rinviata al prossimo 24 marzo. L'impianto accusatorio, basato sull'enorme mole di intercettazioni, individuava campionati di serie A e B truccati da accordi tra la presunta "cupola" capeggiata da Moggi, designatori arbitrali e arbitri a favore della Juventus o squadre a favore della Juventus.
Fonte: Agi

lunedì 19 gennaio 2009

Calciopoli: domani inizia il processo a Napoli

L'accusa contestata dai Pm Beatrice e Narducci ai 24 imputati è di associazione per delinquere rivolta alla frode sportiva

Domani inzierà dinanzi alla IX sezione penale del Tribunale di Napoli attorno alle 9.30 il "maxiprocesso" che dovrebbe chiarire le vicende Calciopoli. Sono stati rinviati a giudizio Luciano Moggi (nella foto Ap con Antonio Giraudo) e altri 23 imputati. Ecco l'elenco comleto di questi: Marcello Ambrosino, Paolo Bergamo, Paolo Bertini, Enrico Ceniccola, Antonio Dattilo, Massimo De Santis, Andrea Della Valle, Diego Della Valle, Mariano Fabiani, Maria Grazia Fazi, Pasquale Foti, Silvio Gemignani, Claudio Lotito, Gennaro Mazzei, Innocenzo Mazzini, Leonardo Meani, Sandro Mencucci, Pierluigi Pairetto, Claudio Puglisi, Salvatore Racalbuto, Pasquale Rodomonti, Ignazio Scardina e Stefano Titomanlio. I Pubblici ministeri Filippo Beatrice e Giuseppe Narducci contesteranno ai 24 imputati il reato di associazione a delinquere volto alla frode sportiva. Le accuse saranno valutate dal collegio così composto: presidente Teresa Casoria, consiglieri Maria Pia Gualtieri e Francesca Pandolfi.
Invece è già iniziato da tempo il procedimento svolto con rito abbreviato per altri 11: Duccio Baglioni, Stefano Cassarà, Paolo Dondarini, Giuseppe Foschetti, Marco Gabriele, Antonio Giraudo, Alessandro Griselli, Tullio Lanese, Domenico Messina, Tiziano Pieri e Gianluca Rocchi. Spicca la convocazione di oltre 480 testimoni, effettuata dai legali di Moggi, Paolo Trofino e Paco D'Onofrio, dirigenti federali, societari e arbitri per scardinare le testi dell'accusa. L'elenco è pieno di personaggi eccellenti dell'italica pedata: da Silvio Berlusconi, allora presidente del Milan, a Marcello Lippi, da Franco Carraro, Gianni Petrucci e Giancarlo Abete e Pierluigi Collina. Nella lista anche Massimo Moratti assieme a tutti i presidenti, gli allenatori e i dirigenti della massima serie degli anni compresi tra il 2004 e il 2006 di allora (compresi gli juventini Antonio Giraudo e Franzo Grande Stevens), i procuratori e perfino membri delle forze dell'ordine.
Marco Liguori

Sandulli: calciopoli, fatti incontestabili

«Anche se da Napoli dovessero emergere assoluzioni perchè "il fatto non sussiste", ciò non è comunque possibile dal punto di vista della giustizia sportiva. Questa non può non rilevare la circostanza che alcune intercettazioni e alcuni comportamenti, come quello di dare ad alcuni schede telefoniche straniere, tutti fatti incontestabili, siano contrari all'articolo uno del codice di giustizia sportiva, che ha altre regole rispetto alla giustizia penale». È quanto afferma all'Agenzia Radiofonica Grt il professor Piero Sandulli, che nel 2006 ha presieduto la corte federale della Federcalcio nel processo d'appello a Calciopoli. Domani, a Napoli, si passerà dal processo sportivo a quello penale. Ha fatto discutere la trasmissione di "Porta a Porta"con ospite l'ex direttore generale della Juventus Luciano Moggi: «La trasmissione non l'ho vista, ma mi hanno detto che era accompagnato da tre avvocati. Ha goduto di una situazione di vantaggio che doveva quantomeno essere riequilibrata, la televisione di Stato - dice Sandulli -, forse anche perchè la commissione di vigilanza versa nelle condizioni in cui versa, non si è dimostrata sotto il profilo dell'oggettività, tale».
In chiusura, Sandulli si sofferma anche sul ruolo dei media nel mondo del calcio: «Non bisogna alimentare la cultura del sospetto, perchè il calcio essendo un gioco è fallibile ed io ha paura che talvolta la moviola alimenti questa cultura, perchè - sostiene - una persona dopo aver visto la partita non ha bisogno, di fronte a un errore arbitrale, di dover pensare cosa ci sia dietro, e dietro non c'è nulla, poichè - conclude Sandulli - magari l'arbitro ha giudicato in un modo non corretto un'azione e noi lo capiamo solo dopo averla riguardata con 10 telecamere».
Fonte: Adnkronos

venerdì 9 gennaio 2009

Chi era il socio della Gea nascosto da Romafides? Resterà un mistero

I senatori della Lega Nord Stiffoni e Tirelli presentarono nel novembre 2002 un'interpellanza ai ministri Tremonti e Urbani in cui si ipotizzava che la società di procuratori avesse «probabilmente avuto quale fondatore anche il figlio del presidente della Federcalcio» Franco Carraro. Un enigma tuttora irrisolto

Ripropongo questa mia intervista che ho rilasciato il 14 maggio 2006 alla collega Marina Beccuti su www.toronews.net Rileggendola dopo circa due anni e mezzo, mi sembra di essere stato facile profeta: "calciopoli" è stato solo un grande polverone, che ha coperto le responsabilità di chi ha gestito il palazzo del calcio fino al 2006. Molto probabilmente la verità su ciò che è davvero accaduto non verrà mai a galla. A proposito della Gea World, parlai (dopo averne scritto nel 2004 con Salvatore Napolitano nel libro "Il pallone nel burrone") dell'interpellanza presentata il 13 novembre 2002 dai senatori della Lega Nord, Piergiorgio Stiffoni e Francesco Tirelli, agli allora ministri Tremonti e Urbani sul socio occulto che si nascondeva dietro la fiduciaria Romafides dell'allora gruppo Capitalia, oggi confluito in Unicredit: gli esponenti del Carroccio avanzarono il dubbio che la Gea World avesse «probabilmente avuto quale fondatore anche il figlio del presidente della Federcalcio» ossia Luigi Carraro, rampollo di Franco allora numero uno della Figc. Ciò non è dato saperlo: i senatori non hanno mai avuto risposta, nè il processo (di cui ieri è stata pronunziata la sentenza di primo grado) ha dato chiarimenti in merito. E non lo sapremo mai più.
Marco Liguori

"Qualche testa cadrà, ma temo non sarà una rivoluzione''
Intervista a Marco Liguori
Insieme al collega Salvatore Napolitano, Marco Liguori ha iniziato a indagare sugli affari della Gea, per poi produrne un libro di successo “Il pallone nel burrone”. Ora siamo arrivati al bordo di questo burrone, forse ci siamo già finiti dentro, è quasi impossibile stare dietro a tutte le notizie che si susseguono di ora in ora e che non fanno che aumentare il grande circo di chi ha barato per ottenere favori. Abbiamo chiesto proprio a Marco Liguori, che di mestiere fa il giornalista economico del Sole24ore, che sta succedendo e come si è arrivati a questo terremoto.
Partendo dal fondo Marco, ma alla fine cosa succederà?
“Temo niente, nel senso che il calcio non ha la forza per risollevarsi per cui pagheranno alcuni dirigenti, cadranno alcune teste, ma le cose alla fine resteranno come prima. Un consiglio che mi sento di dare è che la Lega venga gestita da manager esterni, non dai presidenti stessi delle società di calcio”.
In Italia è facile avere sospetti, in questo caso si può pensare che se cade un potere è perché ce n’è un altro in atto che cerca di spodestare il primo. E’ possibile come deduzione?
“E’ possibile, niente nasce per caso e comunque se siamo arrivati a questo punto non è solo grazie alle indagini, alle intercettazioni, ma perché certamente qualcuno ha parlato, ha confessato come stavano le cose”.
Intanto si può pensare che anche gli altri procuratori, per intenderci non della Gea, si siano stufati di non poter svolgere il loro lavoro in modo professionale e autonomo, concordi?
“Salvatore ed io abbiamo sentito molti altri procuratori, non della Gea, i quali ci hanno raccontato tante cose che però non abbiamo potuto pubblicare e loro stessi vogliono restare anonimi per timore, per paura, per non esporsi”.
Le vostre inchieste partono a cavallo tra il 2002 e il 2003 in scia ad un’interpellanza parlamentare fatta da due deputati leghisti Tirelli e Stiffoni, che fine hanno fatto quelle interpellanze?
“Giacciono in qualche scrivania di Palazzo Chigi, a prendere polvere. Le richieste di fare luce sul caso erano state portate al cospetto di Tremonti e Urbani, ma i due ormai ex Ministri non hanno mai fornito una risposta”.
Almeno a livello politico la questione è stata trasversale, la denuncia parte da due esponenti della Lega, voi ne avete fatta un’inchiesta giornalistica che venne pubblicata dal Manifesto. Mai avuto pressioni giornalistiche?
“No, siamo sempre stati liberi in questo lavoro. Per chiudere il cerchio della trasversalità politica ricordiamo che le società calcistiche sono state trasformate in S.P.A. a scopo di lucro dal precedente Governo Prodi”.
Nella Gea c’erano altre due società: la Football Management e la General Athletic, ma esisteva anche una finanziaria, Romafides del gruppo Capitalia, che pare detenesse il 40% della Gea, una società di cui si è sempre saputo molto poco.
“Non solo non si è mai capito il suo effettivo ruolo, ma soprattutto dietro c’era un personaggio occulto cui si ipotizzò si trattasse di Luigi Carraro, sì proprio il figlio di Franco, il presidente della Figc che ha dato le dimissioni in questi giorni. Un giorno Alessandro Moggi candidamente al Corriere dello Sport disse che dietro alla Gea non c’era nessuna fiduciaria, di andare a controllare alla Camera di Commercio. Andammo e incredibilmente Romafides era scomparsa. Tra le altre cose mentre degli altri procuratori si conoscono i giocatori affiliati, della Gea non si conoscono tutti i loro assistiti, se non i più noti, come Nesta per esempio”.
Al Tg3 Carlo Nesti ha fatto il nome di Baraldi come possibile successore di Moggi alla Juventus. Non è un nome nuovo nel mondo del calcio, un personaggio non del tutto esente dall’aver aggirato qualche regola…
“In effetti Baraldi è stato colui che ha spalmato dapprincipio i debiti Lazio in cinque anni. Realizzò lo spostamento di una serie di partite di debito, compresi gli stipendi dei calciatori. Nel CdA del Parma Baraldi fu l’unico che prese 318mila euro come quota di liquidazione, mentre tutti gli altri soci incassarono zero euro. Adesso fa il presidente della squadra della sua città: il Modena”.
In bocca al lupo al calcio, ne ha davvero bisogno!
Tratto da https://www.toronews.net/index.php?action=article&ID=2049
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venerdì 5 dicembre 2008

Corte federale respinge ricorso Moggi per squalifica Calciopoli

Accolto invece il ricorso del presidente della Reggina, Pasquale Foti, contro l'inibizione ricevuta per aver svolto operazioni di calciomercato fuori sede

La corte di giustizia federale della Figc ha ritenuto inammissibile e quindi respinto l'appello avanzato da Luciano Moggi avverso i cinque anni di inibizione con multa ad 50.000 euro inflitti all'ex-dirigente della Juventus a seguito dei deferimenti del procuratore federale. Moggi aveva presentato l'appello dopo avere rinunciato al tesseramento presso la federcalcio. Nella stessa riunione tenuta oggi, accolti invece i ricorsi del presidente della Reggina Pasquale Foti, contro i 45 giorni di inibizione per avere svolto operazioni di mercato in sede non autorizzata, del direttore sportivo del Chievo, Giovanni Sartori (45 giorni), e del suo collega al Lecce, Guido Angelozzi (un mese). La commissione disciplinare ha quindi respinto la richiesta di deferimento avanzata nei confronti di Bruno Conti ed Aldo Bartolomei, per il loro coinvolgimento, quando erano rispettivamente responsabile del settore giovanile della Roma il primo e della segreteria il secondo, per la vicenda legata al tesseramento del calciatore Gennaro Falzarano, a sua volta invece squalificato per 20 giorni a seguito della richiesta di patteggiamento. Multa di 5.000 euro invece per la Roma.
Fonte: Apcom
Leggi anche Bolelli: "Io paragonato a Moggi? Adisco vie legali"
Statuto Figc: Moggi non può più tesserarsi

martedì 2 dicembre 2008

Statuto Figc: Moggi non può più tesserarsi

Secondo la “costituzione” federale vigente, è vietata l’affiliazione di chiunque si sia sottratto con le dimissioni a un procedimento disciplinare instaurato o a una sanzione della giustizia sportiva. L’ex dg e consigliere di amministrazione con poteri esecutivi della Juve non può quindi rientrare nel mondo del calcio

Ha ragione il presidente della Figc, Giancarlo Abete, di aver voluto « ribadire il principio che nessuno può sottrarsi all'accertamento delle proprie responsabilità nei confronti della giustizia sportiva». La decisione, emanata lunedì scorso dal Consiglio Federale, di aver voluto dare un’interpretazione autentica riguardo ad alcune disposizioni normative ha costituito un segnale forte dopo i dubbi sorti con la sentenza di accoglimento di un ricorso di Luciano Moggi da parte della Corte Federale. L’ex direttore generale e consigliere di amministrazione con poteri esecutivi della Juventus era stato accusato di aver costituito un sistema di comunicazioni telefoniche riservate tramite alcune sim svizzere in prossimità dei sorteggi arbitrali e delle partite. Egli aveva ottenuto la cancellazione della sanzione a 14 mesi di inibizione, poiché i giudici avevano accolto la sua tesi che, essendosi dimesso dal maggio 2006, non era più giudicabile. In seguito, aveva presentato ricorso contro l’inibizione di cinque anni con proposta di radiazione impartita alla fine del processo per Calciopoli dell’estate di due anni fa.
La sentenza delle Sim svizzere aveva creato incertezze: ma il Consiglio federale le ha eliminate attraverso il chiarimento delle disposizioni degli articoli 36 punto 7 delle Noif e 19 del Codice di giustizia sportiva. E giustamente Abete ha voluto sottolineare che «non c'è alcuna modifica, abbiamo voluto solo riconfermare la ratio di una norma già emanata per fare chiarezza»: ovviamente non riguarda solo Moggi, ma qualunque tesserato che si trovasse nella stessa situazione. La spiegazione delle affermazioni del presidente si basa sul dettato dello Statuto federale. L’articolo 16 prevede infatti al punto 3 che «è vietato il tesseramento di chiunque si sia sottratto volontariamente con dimissioni o mancato rinnovo del tesseramento a un procedimento disciplinare instaurato o a una sanzione irrogata nei suoi confronti». La linea difensiva di Moggi sostiene appunto di non essere più tesserato e quindi non più giudicabile: con le dimissioni scatta quindi automaticamente la previsione statutaria. Qualora il procedimento fosse stato eventualmente instaurato dopo le dimissioni, si applicherebbe comunque la seconda parte relativa al sottrarsi alla sanzione. Da notare che la norma statutaria è molto drastica, poiché prevede il divieto assoluto di un nuovo tesseramento: quindi l’ex dirigente bianconero non può più far parte del mondo del calcio, neppure se al termine della squalifica non fosse stabilita la radiazione proprio perché con le dimissioni si è sottratto alla sanzione. Anche lo scorso marzo il Tar del Lazio, nelle motivazioni della sentenza che hanno sancito la legittimità dell’inibizione di cinque anni per Calciopoli, ha sottolineato che Moggi doveva essere giudicato dalla giustizia sportiva perché le sue dimissioni da affiliato Figc sono avvenute a scandalo già scoppiato e a inchiesta sportiva in corso. Inoltre, il tribunale amministrativo aveva specificato che l'attività di Moggi si era svolta completamente all'interno del calcio italiano: quindi, sotto l’ordinamento della Federcalcio. L’ex dirigente può ancora ricorrere al Consiglio di Stato contro questa sentenza.
In base a ciò, il Consiglio federale ha voluto ribadire la punibilità di chi si sottrae ai procedimenti oppure alle sanzioni decise dai giudici sportivi, tramite la riformulazione dell’articolo 36 comma 7 delle Noif e del numero 19 del Codice di giustizia sportiva. La prima disposizione prevedeva che «non possono essere nuovamente tesserati coloro che abbiano rinunziato ad un precedente tesseramento in pendenza di procedimento disciplinare a loro carico». La bozza approvata lunedì scorso rafforza il concetto, rispettando quanto affermato nello Statuto, stabilendo che «è vietato il tesseramento di chiunque si sia sottratto volontariamente, con dimissioni o mancato rinnovo del tesseramento, ad un procedimento instaurato o ad una sanzione irrogata nei suoi confronti».
Invece, l’articolo 19 del Cgs finora stabiliva che «i dirigenti, i tesserati delle società, i soci e non soci di cui all’art. 1, comma 5 che si rendono responsabili della violazione dello Statuto, delle norme federali o di ogni altra disposizione loro applicabile, sono punibili» con una o più tipi di sanzioni «commisurate alla natura e alla gravità dei fatti commessi». La bozza federale l’ha riformulata così: «Per i fatti commessi in costanza di tesseramento, i dirigenti, i tesserati delle società, i soci e non soci di cui all’art. 1, comma 5 che si rendono responsabili della violazione dello Statuto, delle norme federali o di altra disposizione loro applicabile, anche se non più tesserati, sono punibili, ferma restando l’applicazione degli articoli 16, comma 3, dello Statuto e 36, comma 7 delle Noif, con una o più delle seguenti sanzioni, commisurate alla natura ed alla gravità dei fatti commessi». Con questi chiarimenti è pienamente rispettato lo spirito e il dettato dello Statuto federale.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)
Nella foto: Luciano Moggi. (tratta da http://barzainter.blogspot.com/2007_01_01_archive.html)

martedì 4 novembre 2008

Tar Lazio: Carraro ha agito in «conformità alle regole»

Il tribunale amministrativo ha dato ragione all'ex presidente della Figc Carraro, gli è stata tolta anche l'ammenda che gli era stata comminata nell'estate 2006 al termine del processo di Calciopoli

L'ex presidente della Figc Franco Carraro ha incassato l'esito favorevole del ricorso presentato al Tar del Lazio contro le sanzioni ricevute dalla giustizia sportiva per il suo coinvolgimento in Calciopoli. Secondo quanto riferisce la stessa federcalcio, il Tar, con sentenza numero 9547/2008, ha riconosciuto «la conformità alle regole dell'ordinamento sportivo» da parte di Carraro «in occasione della partita Lazio-Brescia campionato 2005/2006, ritenendo ragionevoli e responsabili i mezzi utilizzati per effettuare l'intervento nei confronti della classe arbitrale al fine di richiamarne l'attenzione sulla particolare delicatezza dell'incontro».

Alla vigilia del turno infrasettimanale in cui si giocava Lazio-Brescia, Carraro racconta all'allora designatore Paolo Bergamo le lamentele del presidente della Lazio Claudio Lotito per l'arbitraggio di Massimo Saccani nella precedente partita contro la Reggina. «...Loro (i laziali, ndr) stanno nervosissimi, perché dice che domenica questo arbitro (Saccani, ndr)… Foti è stato dieci minuti da lui nell`intervallo…», erano state le parole di Carraro secondo l'informativa dei Carabinieri. In seguito, Carraro avrebbe chiesto a Bergamo di avvisare l'arbitro di Lazio-Brescia (Daniele Tombolini): «Domani… per carità, se il Brescia deve vincere che è più forte, però che non ci siano… c`è un ambiente qui che è molto teso, capito?». Un'ora dopo, Bergamo chiamò Tombolini, raccomandandosi così con l'allora fischietto anconetano: «E' una partita molto delicata domani, Daniele, perché trovi un ambiente, credimi… Mettiti sulla lunghezza d'onda giuste…».

Quello di Carraro, secondo il Tar, è stato un comportamento legittimo. Il giudice amministrativo ha quindi annullato la decisione della Corte federale anche nella residua parte (l'ammenda di 80mila euro) in cui la sentenza non era stata riformata dal collegio della Camera di Conciliazione Arbitrale dello Sport del Coni, che tolse la diffida all'ex numero uno della federazione.

Fonte: Apcom

lunedì 27 ottobre 2008

Calciopoli/Pm: scegliersi arbitri è come aggiustare sentenze

Giuseppe Narducci, titolare dell'accusa con Filippo Beatrice, ha anche evidenziato che «Piaccia o non piaccia agli imputati non ci sono mai telefonate tra Bergamo o Pairetto con il signor Moratti, o con il signor Sensi o con il signor Campedelli, presidente del Chievo...»

Scegliersi gli arbitri, attraverso pressioni sui designatori e intervenendo sulle griglie, è come aggiustare sentenze. Il pm di Napoli Giuseppe Narducci, al processo con rito abbreviato nei confronti di 11 imputati di calciopoli, nel corso della requisitoria ha fatto un accostamento tra i condizionamenti sull'esito delle partite di calcio e gli interventi illeciti sui processi. «Sarebbe come se un presidente del tribunale stabilisse la composizione dei collegi insieme con gli imputati e come se gli imputati chiedessero e ottenessero di avere quei determinati magistrati che li devono giudicare», ha spiegato Narducci. «E sarebbe come se prima, durante e dopo la camera di consiglio - ha aggiunto il pm proseguendo la similitudine - attraverso schede riservate arrivassero anche telefonate di sollecitazione: ciò produrrebbe sentenze aggiustate o combinate». E tutto questo «si chiamerebbe associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari». Narducci, che con il pm Filippo Beatrice svolgerà la requisitoria almeno per altre due udienze, si è soffermato poi sulla questione della mancanza di prove su «una corruzione in senso proprio» di arbitri, assistenti e designatori, attraverso elargizione di denaro o di «ville o automobili». «Ma vi è la prova granitica - ha sottolineato il magistrato - di come far parte di questo gruppo di potere fa grande differenza in termini di carriera, di aspettativa per il futuro e di retribuzione. Se si era non sgraditi, o meglio graditi, si arbitravano più partite, e più partite di cartello, c'era la possibilità di arbitrare incontri internazionali». Ovvero 174si guadagna prestigio, considerazione, potere e anche denaro».
«Piaccia o non piaccia agli imputati non ci sono mai telefonate tra Bergamo o Pairetto con il signor Moratti, o con il signor Sensi o con il signor Campedelli, presidente del Chievo...». Così il pm Giuseppe Narducci liquida la tesi secondo la quale, nell'ambito dei contatti illeciti tra dirigenti, designatori e arbitri emersi dall'inchiesta Calciopoli, ci si troverebbe in fondo di fronte a «sollecitazioni da parte di tutti nei confronti di tutti». Una tesi che è stata sostenuta da alcuni imputati del processo e con la quale, a parere degli inquirenti, si intenderebbe soltanto ridimensionare il ruolo e le responsabilità di quanti sono rimasti coinvolti nella vicenda giudiziaria. A confutare tale versione, più volte proposta anche in commenti e interviste, è stato il pm Narducci nel corso della requisitoria in apertura della prima udienza, davanti al gup Eduardo De Gregorio, del processo nei confronti di 11 imputati che hanno chiesto il rito abbreviato. Una requisitoria che richiederà a Narducci e al pm Filippo Beatrice, almeno altre due udienze a cominciare dal 12 dicembre prossimo. Per il pm napoletano, sono «balle smentite dai fatti» le tesi sull'esistenza di un sistema generalizzato in cui erano tutti a parlare con tutti. Nelle migliaia di intercettazioni, ha sottolineato il magistrato, «ci sono solo quelle persone (gli attuali imputati, ndr), perché solo quelle colloquiavano con i poteri del calcio». «I cellulari - ha aggiunto - erano intercettati 24 ore su 24: le evidenze dei fatti dicono che non è vero che ogni dirigente telefonava a Bergamo, a Pairetto, a Mazzino o a Lanese: le persone che hanno stabilito un rapporto con questi si chiamano Moggi, Giraudo, Foti, Lotito, Andrea Della Valle e Diego Della Valle». E ciò vale anche per le schede ''occulte'', cioè le schede sim segrete che Moggi aveva fornito a arbitri e designatori. «Schede del signor Moratti e del signor Sensi non ce ne sono, ci sono invece quelle schede di cui abbiamo parlato», ha affermato Narducci.
Fonte: Ansa
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il pallone in confusione

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