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venerdì 20 marzo 2009

Cesare Lanza e le "pinzillacchere" di Aldo Grasso

"Il pallone in confusione" riporta le gustose e divertenti repliche del celeberrimo giornalista e autore televisivo, nonché illustre genoano, al critico del Corriere della Sera



LE PINZILLACCHERE DI ALDO GRASSO
"Mi scusi, mi scusi! E non mi prenda per un grafomane! Le ho scritto qualche giorno fa a seguito di una esacerbata critica di un giornalista del Corriere nei suoi confronti e Lei gentilmente ha replicato. Oggi sul magazine del Corriere vedo che il critico insiste...evidentemente ha molto astio nei suoi confronti! Ecco cosa ha scritto: ".... riviste che fanno intervistare Paolo Bonolis da Cesare Lanza, che è un suo autore, che lavora grazie a Bonolis e che, a sua volta, fa lavorare la moglie di Bonolis (che tipo di intervista può venir fuori da un simile colloquio se non un distillato di "familismo amorale", secondo l'espressione di Banfield?). Solo uscendo da queste forme di protezionismo casalingo e disperato la tv italiana può sperare di crescere e misurarsi con il mercato internazionale". Non ci ho capito molto, può spiegarmi e ribattere?" (Francesco Castiglioni da Monza)

Risponde Cesare Lanza:
Perchè no? sono lusingato dall'attenzione che mi dedica Aldo Grasso, che - fortuna sua! - deve avere molto tempo libero, dal momento che le sue "recensioni" quotidiane sul Corriere sono assistite e infornate da una marea di appassionati collaboratori. Allora: 1. Grasso considera un'idea sciocca che "Sorrisi e canzoni" mi abbia chiesto di intervistare Paolo Bonolis. Presumo che Alfonso Signorini e Rosanna Mani abbiamo avuto questa ideuzza perchè ho vissuto settimane, anzi mesi a fianco di Paolo per preparare il Festival. Esistono infiniti precedenti, in giornalismo, di questo tipo, è un "genere" abituale, per la serie "io lo conosco bene", utilizzato infinite volte, dico innumerabili volte, in politica, sport, spettacolo, cronache varie... Ma in questo caso Grasso si indigna, chissà perchè: lascio ai lettori la valutazione sul suo tasso di irascibilità e credibilità. 2. Io lavorerei "grazie a Bonolis". Perbacco: sono grato a Paolo, che mi stima e mi affida incarichi importanti, e mi onora con la sua amicizia, ma oggettivamente posso dire che ho avuto e ho, per fortuna, molto altro lavoro, ho sempre lavorato, come una bestia, da quando avevo sedici anni, cioè da cinquant'anni, perchè l'unica religione della mia vita è il lavoro. 3. E poi io "faccio lavorare la moglie di Bonolis". Che ridicolaggine! Qualcuno può pensare che la moglie di Bonolis abbia bisogno di lavorare o che, per lavorare, abbia bisogno di me?! La spiegazione è più semplice: io penso che Sonia Bruganelli, che ha una sua identità, una sua anima e una sua personalità (forse si tratta di un concetto impervio per Grasso), al di là del fatto che sia la moglie di Paolo, abbia potenzialità per proporsi come una brava opinionista e, in futuro, come autrice e, addirittura, non impazzisca Grasso, come conduttrice. 4. Infine, per colpa di questi straordinari episodi, conclude il nostro "critico", la televisione italiana non può "sperare di crescere e misurarsi con il mercato internazionale"! C'è bisogno di replicare? O ipotizziamo una camicia di forza?
Caro lettore Castiglioni:
se fossi guidato dalla stessa rozzezza intellettuale con cui imperversa Aldo Grasso, da parte mia potrei sostenere che il suo lavoro, da lustri, è quello che è riuscito a occupare nel Corriere in virtù di una (sciagurata?) intuizione di un comune amico, Giulio Anselmi. E l'unica volta che Aldo ha messo il capino fuori dall'uscio è stata quando gli hanno chiesto (sciaguratamente?) di dirigere la radio della Rai, ma in breve, dopo modesti risultati, è stato rispedito in via Solferino. Ma io da questa rozzezza polemica cerco di tenermi lontano: per me il signor Grasso è un buon osservatore televisivo - lo seguo sempre - ma è afflitto, a mio parere, dal peggior handicap che possa appesantire un critico, il pregiudizio. Per lui gli amici e i nemici, i bravi e i cattivi, i simpatici e gli antipatici sono sempre quelli, a prescindere da ciò che succede. Come in questo caso: pinzillacchere, direbbe Totò.
19 Marzo 2009

MA COS'E' POI, QUESTO CITATISSIMO TRASH?
"Vorrei capire una buona volta cosa significa trash... Lo leggo sui giornali, a volte lo sento dire in televisione, ma che diavolo vuol dire? A me piacciono i cosiddetti reality, poi leggo che l'Isola dei famosi, il Grande Fratello, la Talpa, adesso La fattoria sono programmi trash, anzi qualche volta super trash. Ma io non me ne perdo uno. Lei, Lanza, cosa dice?" (Federica Solinas, Cagliari.)
Risponde Cesare Lanza:
MA COS'E' POI, QUESTO CITATISSIMO TRASH? Trash significa spazzatura: si tratta di un modo snob, sprezzante e altezzoso, per insultare gli autori e i protagonisti di alcuni programmi che non vanno a genio a una certa critica radical chic. Se questo tipo di critica fosse fatta in buona fede, e non nascesse da evidenti pregiudizi, si potrebbe aprire anche una discussione interessante. Prevalendo invece i pregiudizi, sarebbe una fatica inutile. Posso però proporre ai molti telespettatori, che seguono con passione i programmi bollati con il conio trash, alcune riflessioni. La prima è questa: gli insulti dei critici sono dedicati, indirettamente, anche a questi milioni di telespettatori. Milioni e milioni! Non decine, centinaia, poche migliaia: milioni. Vero è che negli anni cinquanta il direttore generale della Rai Ettore Bernabei (ottimo manager, e faceva una buona televisione in Rai) definì i telespettatori come "venti milioni di teste di cazzo". Io, umilmente, non la penso così. Ho rispetto dei telespettatori e, in particolare, ho stima e riconoscenza per quelli che seguono i programmi a cui partecipo: dei critici snob mi infischio, assolutamente. Penso che se quattro, cinque, in qualche caso dieci milioni di telespettatori si incollano davanti alla tivu, vuol dire che ci troviamo di fronte a un rispettabile, straordinario, fenomeno nazional-popolare, di cui sarebbe bene tener conto, con serietà. Altra riflessione: chi stabilisce cosa sia spazzatura e cosa no? Ripeto che l'argomento, se fosse discusso serenamente e senza sciocchi pregiudizi, potrebbe avere molti approfondimenti interessanti. Ad esempio, molti telespettatori - e io tra questi - considerano spazzatura quei momenti televisivi, in cui morbosamente si mostrano immagini di delitti efferati, di attentati sanguinosi; per me sono spazzatura le interviste in cui si cerca di strappare ("Cosa ha sentito, signora, in quel momento?") una lacrima o un pianto a una madre o a una figlia sconsolata, colpita da un grave lutto. A dirla tutta, "trash" è un concetto vago, elastico, opinabile. Mentre i dati di ascolto sono inoppugnabili. Per me, dunque, non esistono programmi trash: esistono programmi che funzionano e sono ben accolti dal pubblico, con interesse, e altri che non riescono a suscitare attenzione e interesse. E' obbligatoria, a questo punto, una domanda-chiave: chi decide con quali contenuti si debba tentare di suscitare attenzione e interesse? Ho detto un'infinità di volte, e lo ripeto con piacere qui, rispondendo alla signora Solinas, che per me, autore, esistono solo quattro riferimenti: 1. l'editore che mi ha affidato un incarico, dimostrando di avere fiducia in me. 2. il pubblico a cui mi rivolgo, che col telecomando in mano può approvare o bocciare, sostenere o rifiutare il lavoro che proponiamo. 3. le leggi, che stabiliscono confini e regole importanti, da non violare mai, per non incorrere in reati punibili a termini d codici. è vero, a volte non sembra che le leggi esistano, in questo curioso Paese, invece ci sono, precise e anche chiare, basterebbe rispettarle. 4. infine la mia coscienza, che mi suggerisce cosa sia opportuno o inopportuno fare. Stop. Mi è venuto da ridere, a volte, quando mi somo trovato di fronte a fustigatori di stampo talebano che mi intimavano, nei dibattiti televisivi, "tu devi fare i programnmi così e cosà...", "tu non devi fare questo e quest'altro..." Un corno! Io sono un liberale assoluto, ho rispetto per le idee e le competenze degli altri, ma desidero anche che siano rispettate le mie idee e le mie competenze. In parole povere, di ciò che dicono i critici col nasino all'insù, non mi interessa proprio nulla.
Quei quattro riferimenti che ho indicato prima sono esaustivi: non potrebbero essere tre, non potrebbero essere cinque. Quattro e non più di quattro: l'editore, le leggi, il pubblico, la mia coscienza. E considero trash, cioè spazzatura, coloro che usano la parola trash, cioè spazzatura, per infangare programmi televisivi di primario interesse. A dirla tutta, per fare un esempio, il Grande Fratello è uno straordinario esempio di neorealismo televisivo: chi volesse studiare tra cent'anni cosa fosse l'Italia all'inizio del Duemila, farebbe bene a meditare sul GF, sui personaggi, la struttura, il linguaggio... Può piacere o non piacere, questa televisione, ma dà un quadro chiaro, neanche deformato, di cosa sia la realtà oggi.
Cesare Lanza, 11 Marzo 2009

"Sono un affezionato lettore del Corriere e mi piacciono anche i programmi televisivi di Paola Perego... Con dispiacere e disagio ho letto una violenta stroncatura del critico tivu per la prima puntata della Fattoria. Cosa ne pensa Cesare Lanza?" (Francesco Castiglioni da Monza.)
Risponde Cesare Lanza:
Da molto tempo ho deciso di non dare nessuna importanza ai critici: per non mettere in difficoltà il mio povero fegato, già insidiato da libagioni in eccesso. Del resto i critici non contano davvero, rispetto a ciò che ineressa davvero a chi scriva un libro, crei una musica, proponga un film, metta in scena un programma televisivo, ecc. Ciò che interessa è il consenso del pubblico ed è noto che i critici, snob per ingiustificata autostima, sentenziano quasi sempre l'esatto contrario di ciò che decide il pubblico: i critici stroncano, il pubblico approva; i critici approvano, il pubblico scappa. Il "critico" del Corriere, Aldo Grasso, è solo un po' più perverso ed elegante, raffinato, rispetto ai suoi colleghi. A me appare afflitto e insieme esaltato da forti pregiudizi. Alcuni personaggi televisivi gli piacciono e ne scrive sempre bene, a prescindere; altri gli stanno antipatici e lui ossessivamente prova a perseguitarli, sempre a prescindere. Non mi sembra corretto, ma è un problema suo e del Corriere. Nel caso della Fattoria la scorrettezza suprema è svalutare il buon risultato (forse a Grasso piacerebbe, per una volta, pensarla come il pubblico?) della Fattoria: scrive che Paola Perego ha perso perfino contro Daniele Piombi su Raiuno, per l'Oscar tivu. Stop. In realtà Piombi è l'inventore di quel programma, ma domenica la Rai ha messo in campo tutti i suoi campioni e ha attinto alle grandi risorse di Mediaset, da Striscia alle Iene, dalla Hunziker a chiunque, di tutto e di più, in primo luogo Paolo Bonolis, affiancato da Luca Laurenti. Alla fine quattro milioni di telespettatori per Paola Perego, quattromilioni e quattrocentomila per l'Oscar. Ma per Grasso (di veleno) Paola ha perso, contro Piombi. Il "critico" del Corriere è reduce fresco da una sua straordinaria performance: una lunga gufata, memorabile, alla vigilia contro il Festival di Sanremo (io c'ero) e catastrofiche previsioni, giudizi spietati, qualsiasi cosa contro Bonolis e il suo gruppo di lavoro. Alla fine, sapete com'è andata: grandioso consenso del pubblico a favore di Paolino, Grasso obbligato a consegnare le armi, in penitenza. Che dire? Speriamo che i suoi strali portino fortuna, anche alla Fattoria.
Cesare Lanza, 10 Marzo 2009

lunedì 1 settembre 2008

Cesare Lanza: «Vedo il calcio come un romanzo popolare»

Il celebre giornalista ed autore televisivo spiega in esclusiva a “il pallone in confusione” come organizzerebbe un palisesto in chiaro. Esprime timori per il futuro dell’italica pedata, a causa della violenza del tifo, e critica la girandola di acquisti e cessioni del suo Genoa


Cesare Lanza ha accettato di essere intervistato a tutto campo in esclusiva da “il pallone in confusione”. Il popolare giornalista (indimenticato direttore de “La Notte”), autore televisivo (dopo il successo di “Buona Domenica” su Canale 5 si appresta ad affrontare la prestigiosa sfida del Festival di San Remo), scrittore (è appena stato pubblicato “Caldo argento” per Curcio Editore) e regista cinematografico (sta per uscire “La perfezionista”) è anche un amante oltre che un esperto di calcio. Giudica con senso critico la campagna acquisti della squadra di cui è acceso tifoso, il Genoa, ed esprime le sue preoccupazioni per il futuro dell’italica pedata. Dal 13 ottobre partirà la sua ultima attività: “Studio 254”, l’accademia di spettacolo e comunicazione.

E' equo il prezzo pagato dalla Rai (27.5 milioni nel 2008/09 e 28 per il 2009/10) per i diritti in chiaro alla Lega calcio oppure il calcio in chiaro non vale più nulla?
«Non saprei quantificare, ma il calcio in chiaro vale poco e sempre di più perderà valore. Credo che la stragrande maggioranza degli italiani interessati al calcio sia già abbonata o si abbonerà alle pay-tv».

Il calcio è ormai ridotto a uno spettacolo prettamente televisivo: non crede che si rischia sempre più la diminuzione della presenza del pubblico negli stadi?
«Se le cose vanno avanti così, allo stadio non andrà più nessuno. Se invece si blocca la violenza e lo stadio diventa, come già succede altrove, un luogo confortevole e di incontro, di aggregazione non solo per la partita, uno zoccolo duro durissimo di spettatori ci sarà sempre».

Ma la tv ha bisogno della coreografia: uno stadio vuoto mette solo tristezza.
«No. Penso che la televisione, con l’immensa quantità di proposte che può produrre, non risentirà di questa evidente “tristezza”: basterà non inquadrare gli spalti vuoti. Lo stadio virtuale è il video».

La torta dei diritti tv è stata spartita soprattutto tra le grandi del calcio, costringendo le piccole ad arrangiarsi: cosa si potrebbe fare per migliorare questo sistema?

«E’ un errore penalizzare le piccole. La prima partita di campionato mostra una classifica rovesciata rispetto alle nostre storiche abitudini: in alto le piccole, in basso le grandi. Mi sembra che nel futuro possa esserci questo scenario: campionato cosiddetto di Superlega, a livello europeo, tra le grandi: diciamo di sicuro Milan, Inter, Juventus, Roma, Fiorentina e forse Napoli, Lazio e altre due o tre… Serie A, con scudetto italiano, per tutte le altre, le grandi declassate, la sana provincia. E magari un incontro conclusivo tra la migliore della SuperLega e la scudettata della serie A rimanente».

Se le affidassero il palinsesto calcistico in chiaro di una tv generalista come lo organizzerebbe?
«Magari! La linea sarebbe:1. poco pochissimo di ciò che si è visto altrove. 2. i retroscena “umani” che potrebbero attirare il pubblico femminile, famiglie, mogli, vita quotidiana dei calciatori, tutto ciò che oggi non si vede – senza miele, ma drammi, emozioni, vigilie inquiete, crisi, ecc… un romanzo popolare. 3. proiezione sul futuro, con previsioni commenti non urlati – che tengano conto anche degli aspetti umani. 4. voci e spazio a tutto ciò che non è tecnico».

Passiamo al suo Genoa, è soddisfatto della campagna acquisti?
«Assolutamente no. Avevamo una buona squadra e un ritmo, un qualità di gioco inferiori solo a quelli della Roma! Non c’era motivo, se non per affaracci di mercato, di sconquassare e rivoluzionare tutto. Avevamo perduto Bovo, Konko e Borriello (i primi due e forse anche il terzo si potevano trattenere): si trattava di sostituirli con intelligenza mirata. E di acquisire un rinforzo importante. Invece: una girandola senza senso. Di alcuni acquisti (Palladino, Mesto e Modesto) già si intravedono i limiti… Spero di sbagliarmi. I dubbi su Figueroa non sono stati sciolti. Incomprensibile la cessione di Di Vaio, che alla prima partita nel Bologna ha fatto secco il Milan».

Quale obiettivo potrebbe prefigurarsi il Grifone per questa stagione?
«Sarà un campionato faticoso. Se riusciremo a evitare la serie B senza soffrire troppo sarò felice e mi accontenterò».

Qual è il ricordo più bello legato alla sua squadra?
«Il quarto posto in serie A e la concomitante semifinale in Coppa Uefa, nel Genoa allenato da Bagnoli, personaggio straordinario. Con un gioiello: la vittoria a Liverpool».

Com’è nato il suo nuovo romanzo “Caldo argento”? Si può definirlo come una rivisitazione della società milanese negli anni ’70?
«Sì. Lo scrissi alla fine degli anni settanta e non ebbi la sfrontatezza di pubblicarlo: molti personaggi erano riconoscibili, molti episodi chiacchierati. Dopo trent’anni, questo problema non esiste più».

Sta per uscire “La perfezionista” da lei diretto sul tema dell’eutanasia: perché lei è a favore della “dolce morte”?
«Molto semplice. Io mi definisco un liberale assoluto. Rispetto chi, per vari motivi, soprattutto religiosi, la pensa diversamente da te. Io penso di avere il diritto di scegliere quando e come congedarmi da questa valle di lacrime. E che debba essere rispettata la volontà di chi preferisca morire anziché vivere, a volte senza la minima coscienza e comunque senza la minima speranza, un’agonia straziante. La provocazione, nel film, è che nel racconto questo terribile nodo da scegliere è vissuto da una coppia di giovani innamorati. Uno dei due si ammala senza possibilità di guarigione, in modo irrimediabile, e…».

Tra poco partirà la sua accademia di comunicazione “Studio 254”: a chi si rivolge in particolare?

«A tutti coloro che vogliamo avvicinarsi, con strade concrete, al giornalismo e al mondo dello spettacolo: recitazione, sceneggiatori e autori televisivi, regia di cinema teatro e televisione, musica e canto, scenografia, conduzione, ecc. Sono orgoglioso di aver aggiunto un corso su “psicologia e successo”, che si propone di insegnare qualcosa di molto difficile da imparare: come gestire le alterne vicende di successi e insuccessi, senza stravolgersi la mente e la vita. E’ un corso che sarebbe utile a molti protagonisti dello show-system e sarà molto utile a chi vorrà trovare spazio in questo settore. Per la verità, la ricerca dell’equilibrio interiore è un tema che sta a cuore a chiunque, al di là dello scintillante ed effimero mondo dello spettacolo».
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, possibile solo dietro citazione della fonte)

mercoledì 20 agosto 2008

Cesare Lanza: ecco la mia accademia, Studio 254

Cesare Lanza, in questi giorni è in libreria il suo ultimo romanzo, “Caldo argento”, a ottobre esce nelle sale il suo film “La Perfezionista”, intanto sta lavorando alla prossima stagione televisiva in cui sarà impegnato come autore della “Talpa” e della domenica di Paola Perego e anche, secondo indiscrezioni, del Festival di Sanremo 2009, se alla conduzione sarà confermata, come a tutti pare ormai certa, la conduzione di Paolo Bonolis.
Ma l’ultima notizia che riguarda Lanza è la sua decisione di fondare un’Accademia – che si chiama Studio 254 - per i giovani desiderosi di avvicinarsi al giornalismo, al cinema, alla televisione…
Perché?
“Ricevo ogni mese decine di lettere da parte di giovani, che assicurano di possedere una sincera vocazione” dice Lanza “E tuttavia molti dicono di sentirsi frenati, pessimisti, insicuri perché, nella maggior parte almeno, pensano che per far carriera, anche in questi settori, siano indispensabili forti raccomandazioni.”
Non è così?
“E’ anche così, purtroppo. E non solo in Italia. Ma chi ha davvero vocazione può farcela. Però è importante qualcosa che i giovani e i meno giovani non vogliono intendere e accettare: bisogna capire, studiare, attrezzarsi, prepararsi. L’Accademia, Studio 254, nasce con questi intenti: aiutare i giovani a imboccare un giusto percorso, senza pretenziosità, ma realisticamente, con fiducia in se stessi.”
Quando si comincia e quali saranno i corsi?
“Corsi per giornalismo, autori televisivi, sceneggiatori, regia televisiva e cinematografica, recitazione, dizione, fotografia, musica e canto, scenografia… Ci saranno insegnanti di riferimento stabili e lezioni di grossi nomi del cosiddetto show-system. Si comincia ai primi di ottobre. A settembre la preselezione. Ho trovato i locali che desideravo nel quartiere Appio-Piazza Re Di Roma, aule scolastiche comode e funzionali in una struttura prestigiosa.”
Lei terrà delle lezioni?
“Certamente. Ovviamente nelle materie che hanno caratterizzato il mio lavoro: giornalismo, televisione e cinema. Per me, scoprire il talento dei giovani e aiutare i giovani ad esprimersi è fondamentale: da direttore di giornale ho scoperto, assunto e lanciato ragazzi – tra gli altri - che si chiamavano Massimo Donelli e Ferruccio de Bortoli, Gian Antonio Stella, Edoardo Raspelli, Gigi Moncalvo… Prima regola: fiducia in se stessi, onestà intellettuali rispetto verso tutti e paura di nessuno…”
Come iscriversi?
“I miei uffici stanno stanno ricevendo numerose domande. Ma mi fa piacere avere contatti diretti: basta scrivermi via email a cesare@lamescolanza.com oppure indirizzare a “La Mescolanza” via Montezebio 28, 00195 Roma.

Tratto da http://www.lamescolanza.com/Clan/eccolamiaaccademia=010808.html

lunedì 31 marzo 2008

"BUONA DOMENICA NON E' UN'ARENA ANTIGOVERNO"

RISPONDE CESARE LANZA, AUTORE DI BUONA DOMENICA
da www.lamescolanza.com

Come autore responsabile di Buona Domenica protesto contro i contenuti dell'articolo "E a Buona Domenica c'è l'arena antigoverno." Si tratta di una insinuazione falsa e grossolana: nessuno, né dall'interno né dall'esterno di Mediaset, ci ha mai chiesto o suggerito di seguire un indirizzo politico di qualsiasi tipo. Le scelte dei contenuti sono, sul piano politico, assolutamente indipendenti. Non partecipiamo alla campagna elettorale: facciamo un programma che incontra il consenso del pubblico, e questo è il mio unico movente. Rispondo al pubblico, che potrebbe bocciarmi, all'editore, alle leggi e alla mia coscienza. A nient'altro. E' stupefacente che i politici interpellati da Repubblica si lamentino di ciò che mandiamo in onda, ovvero le opinioni della gente che protesta per i tanti problemi (discusse da importanti opinion-leaders, in ogni puntata) anziché occuparsi di quei problemi e concentrarsi a risolverli, secondo il mandato che li ha eletti per questo compito. Inoltre le cosiddette "invettive" contro i politici (non solo di governo, peraltro) sono rarissime e non rappresentano certo la spina dorsale né l'identità di quel pezzo del programma.

La Repubblica 26-03-08
http://www.wikio.it

il pallone in confusione

Registrazione n° 61 del 28 settembre 2009 presso il Tribunale di Napoli
Sede: corso Meridionale 11, 80143 Napoli
Editore e direttore responsabile: Marco Liguori

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