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venerdì 3 luglio 2009

Lazio: debiti scaduti in maggio ammontano a 11,44 milioni

La voce risulta in aumento dai precedenti 10,87. Salgono gli importi dovuti al personale da 1,26 a 1,30 milioni. L’indebitamento complessivo è pari a 114,37 milioni, composti in gran parte dalla transazione col fisco

Lazio e Roma sono al centro dell’attenzione delle cronache. La società di Claudio Lotito è sotto i riflettori delle varie trattative di calciomercato, con alcuni possibili partenze di calciatori di rilievo come Pandev, Ledesma, De Silvestri. Invece, la società della famiglia Sensi è giunta all’ennesima puntata della “telenovela” della possibile cessione: stavolta è il turno della cordata Fioranelli. Su entrambe pesa lo stato debitorio, su cui la Consob ha imposto la comunicazione mensile al mercato. L’ultima è quella relativa allo scorso maggio: oggi si inizia a esaminare l’indebitamento della Lazio, pari a 114,37 milioni, in calo di 1,36 milioni rispetto ad aprile. Si deve sottolineare che, come espresso dal professore Alfredo Parisi in un suo recente studio sulle società di calcio quotate, entrambe presentano informazioni disomogenee. «Mentre per la Lazio il rispetto della norma regolamentare appare solo formale – scrive Parisi – e non consente alcuna approfondita valutazione, per la Roma l’analisi si presenta dettagliata e diversificata».

Stando sempre alle comunicazioni mensili Consob, la società biancoceleste è riuscita a calare il suo indebitamento soprattutto grazie alla riduzione degli importi dovuti alle altre società di calcio (indicate come “Enti settore specifico”), passate dai precedenti 7,86 a 5,88 milioni. La Lazio continua a pagare regolarmente la transazione con il fisco, stabilita in 23 anni: al riguardo, restano da pagare ancora 85,58 milioni. L’attenzione va posta in modo particolare all’aumento dello somme scadute, passate dai 10,87 milioni di aprile agli 11,44 milioni di maggio. Ciò è avvenuto a causa dell’incremento di quelle dovute al personale da 1,26 a 1,30 milioni: la società non effettua una specifica degli importi dovuti, ma è presumibile che siano per la quasi totalità dovute ai tesserati. L’ammontare totale che deve ancora essere erogato al personale, alla data del 31 maggio scorso, è pari a 4,61 milioni. Crescono anche gli importi scaduti verso i fornitori: da 5,06 a 5,36 milioni. L’ammontare complessivo, dovuto sempre alla fine di maggio, è di 9,57 milioni.

Marco Liguori

Riproduzione riservata, consentita (anche in modo parziale) soltanto dietro citazione della fonte

L'indebitamento della SS Lazio al 31 maggio 2009 (fonte: comunicazione della società alla Consob disponibile sul sito www.sslazio.it)

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sabato 11 aprile 2009

L’altra faccia del derby di Roma

Secondo le comunicazioni Consob al 31 marzo, la Lazio ha 120,76 milioni di debiti totali, di cui 10,59 scaduti: 91,76 milioni sono dovuti al fisco, di cui 88,72 per la rateizzazione in 23 anni. La Roma possiede 106,5 milioni di passività correnti che hanno sovrastato per 70,1 milioni le attività: 15,8 milioni sono dovuti a Tremonti. La società ha ottenuto in febbraio altre due rateizzazioni fiscali: il totale sale a cinque

C’è un derby che la Lazio ha già stravinto con la Roma: si tratta di quello dei debiti fiscali. È quanto emerge dalle ultime comunicazioni di fine mese, relative al 31 marzo scorso, sullo stadio debitorio complessivo, imposte dalla Consob a entrambi i club quotati a Piazza Affari. Al 28 febbraio scorso, la società di Claudio Lotito aveva, su un indebitamento complessivo di 120,76 milioni di euro (122,8 al 31 gennaio), 91,76 milioni dovuti al fisco. La quasi totalità di questa somma è composta dagli 88,72 milioni relativi alla rateizzazione in 23 anni dei tributi dovuti sino al 31 dicembre 2004. Al contrario, sempre a fine febbraio la Roma ha un ammontare di passività correnti (ossia a un anno) pari a 106,5 milioni che hanno sovrastato per 70,1 milioni le attività: l’importo dovuto all’erario è di 7,8 milioni. La cifra dovuta oltre i 12 mesi è di 7,9 milioni: il totale dovuto al ministro Giulio Tremonti è dunque di 15,8 milioni.
Esaminando il dettaglio dell’intero stato debitorio si nota che, sempre alla data del 28 febbraio, la Lazio aveva 10,59 milioni scaduti. Circa 5,5 milioni sono somme dovute verso il personale, di cui 1,18 scadute: nella comunicazione non è specificato se siano somme ancora dovute a calciatori e allenatori. Invece 8,29 milioni sono verso "enti settore specifico", ossia squadre di calcio: l’ammontare scaduto è di 0,73 milioni. Invece i debiti "verso altri" hanno raggiunto i 5,19 milioni, di cui 3,59 scaduti.
Invece la Roma segnala nella sua comunicazione che ha ottenuto nello scorso febbraio da Equitalia Gerit altre due rateizzazioni fiscali: il loro numero totale sale così a cinque. La prima per 4,2 milioni di euro, scrive la società giallorossa "è relativa al debito Irap sorto a seguito della notifica di una cartella esattoriale nel gennaio 2008, per il quale erano stati effettuati adeguati accantonamenti in esercizi precedenti". Il pagamento avverrà in 36 rate mensili a partire dal 31 marzo scorso "ad un tasso di dilazione del 4% su base annua". La seconda di 1,8 milioni, prosegue la società giallorossa "è relativa al debito sorto a seguito della notifica di una cartella esattoriale nel maggio 2008 per il tardivo versamento di una rata di condono Irap avvenuto in occasione del successivo condono fiscale nel 2004 che ne consentiva il ravvedimento senza sanzione". Contro la suddetta cartella la squadra della Famiglia Sensi ha presentato ricorso nel giugno 2008 alla Commissione provinciale tributaria. Anche in questo caso il piano di ammortamento prevede il pagamento in 36 rate mensili dal 31 marzo "a un tasso di dilazione del 4% su base annua" si legge nella comunicazione mensile.
Oltre a ciò, la società aveva un totale di debiti di funzionamento pari a 59,3 milioni. Le somme scadute hanno raggiunto i 12,7 milioni, in aumento dagli 11,4 milioni della fine di gennaio: esse riguardano soltanto i fornitori (9,9 milioni), le società di calcio (1,7) altri debiti (959mila euro, comprendenti 915mila al Coni e 44mila alla Lega calcio). L’ammontare dovuto al personale tesserato è di 16,2 milioni di retribuzioni lorde, in aumento dai 9,8 milioni del 31 gennaio scorso: Di questi, 13 milioni erano dovuti per mensilità: la Roma ha specificato che 6,6 sono state corrisposte il 2 marzo scorso, mentre la parte restante è in corso di pagamento. Sono dovuti a Totti e compagni altri 3 milioni per i premi maturati per la qualificazione agli ottavi della Champions League. I giallorossi sono stati eliminati dall’Arsenal proprio in questo turno dopo i calci di rigore all’Olimpico. Inoltre sono attualmente a 5 punti dal quarto posto occupato dal Genoa, ultima piazza disponibile per entrare nella più ricca competizione continentale.
Marco Liguori
Riproduzione riservata consentita soltanto dietro citazione della fonte

mercoledì 5 novembre 2008

Chi deve vergognarsi per i debiti del calcio

Riceviamo e pubblichiamo da Ettore Italo Di Pietramala del sito www.ju29ro.com

La riaffermata intenzione dell'Uefa di eliminare gradualmente la vergogna dei debiti nel calcio ha avuto recentemente sulla stampa nazionale un'eco davvero singolare: ci sono stati tanti articoli sul calcio inglese che, secondo l'audace titolo della Gazzetta dello Sport (del 9/10 a pag.19), sarebbe addirittura "nel baratro" e nessuno sul calcio italiano, nonostante i debiti di Inter e Roma per centinaia di milioni siano prepotentemente balzati all'onore della cronaca (vedi indagine sulla vicenda Saras e il conto col piano di rientro presentato da Unicredit alla famiglia Sensi con scadenza dicembre 2008). Il fatto è che il Presidente della Football Association in una conferenza stampa ha dato ragione all'Uefa, parlando di bilanci non trasparenti e di debiti fuori controllo mentre in Italia l'anatema di Platini ("Vergogna, vince chi bara") non ha apparentemente intaccato nè la flemma di Abete nè la spavalderia di Matarrese e così di conferenze stampa sull'argomento non s'è vista neppure l'ombra.
D'altra parte la reticenza, per non dire l'omertà, del nostro "sistema calcio" non sorprende perché se i bilanci di quasi tutte le società sono traballanti, con debiti "nascosti" nella controllante, o nelle controllate, ed anche falsi (in termini di ordinamento sportivo) le colpe sono diffuse e in tanti dovrebbero vergognarsi: non solo i registi finanziari che firmano i bilanci creativi ma in primo luogo la stampa che, da tempo, ha tradito la sua funzione di informazione e denuncia (mentre insabbia e disinforma) e, subito dopo, gli organismi FIGC di controllo e sanzionatori che, visti i risultati, si può ben dire che sono controllati e non controllano, è non sanzionano per non essere sanzionati.
Cominciamo dalla stampa e riprendiamo proprio l'articolo della Gazzetta secondo il quale il calcio inglese sarebbe nel baratro. E' noto che quasi tutte le società inglesi sono proprietarie degli impianti e quindi hanno sì fatto dei debiti ma si sono patrimonializzate; il Manchester United, per fare l'esempio più significativo, ha sì piu' di 700 milioni di debiti ma, grazie anche al suo stadio, chiude ogni anno il bilancio in attivo e può pagare gli interessi sul debito e le rate di mutuo. La serie A inglese attraversa da anni una fase molto positiva (altro che baratro) con incassi ai botteghini e dai diritti tv sempre in crescita, tant'è che ha attirato l'attenzione prima di finanzieri, magari d'assalto ma con idee chiare sul business del calcio, e più recentemente di sceicchi e petrodollari.
Nel nostro carrozzone, ma questo la Gazzetta non lo dice, è tutto il contrario perché stadi e patrimonio delle società stanno a zero, ai botteghini e per i diritti tv ci sono segni di crisi; l'Inter in due anni ha realizzato perdite per 350 milioni e a Roma la famiglia Sensi deve rientrare di 150 milioni con Unicredit oppure vendere la societ. Mentre oltre-Manica i debiti fanno parte del gioco, in Italia servono solo a gonfiare un pallone che rischia di scoppiare secondo l'allarme che molti esperti hanno suonato da tempo. Ecco perché la scarsa attenzione della nostra stampa tradizionale all'argomento bilanci è una colpa ed anche grave; semmai la Gazzetta, in risposta all'Uefa, avrebbe dovuto sollecitare una conferenza di Abete sui problemi di bilancio delle nostre società, altro che presentare su un quarto di pagina, come ha fatto, una tabella su "Tutti i debiti della Premier", compresi quelli del Wigan e del Hull City.
E non c'è da vergognarsi solo per la scarsa attenzione, perché quando poi un editorialista di grido come Mario Sconcerti affronta l'argomento, può succedere anche di peggio; succede per esempio che sul Corriere della Sera è stato possibile raccogliere in un mese queste due perle: dapprima (con l'editoriale "I miliardi degli emiri falsano le gerarchie ma non sono una novità") l'osservazione che i debiti elevati delle grandi società ci sono sempre stati e che il professionismo l'ha inventato Edoardo Agnelli (cioe' il bisnonno di John Elkann) e prevedeva gia' all'epoca un "indebitamento costante, quasi esponenziale"; e poi quando, volendo argomentare su "Cobolli sbaglia. Anche Moratti ha un progetto", ha scritto che "non e vero che l'Inter e' piena di debiti", aggiungendo che sì, la squadra perde tantissimo ma "le perdite sono continuamente ripianate". Ecco, sarebbe da chiedere a Sconcerti se del ripianamento s'è fatto un'idea da solo, leggendo e interpretando i bilanci dell'Inter, oppure s'è fidato della Gazzetta. Nel dubbio ci limitiamo solo a ricordare (avendo come fonte le ricerche del nostro sito sui bilanci e il Sole 24 Ore) che per coprire il buco di 350 milioni del biennio 2006-07 l'Inter per un parte ha deliberato aumenti di capitale e per la parte rimanente (tra i 150 e i 200 milioni) s'è affidata alla fantasia dei suoi registi finanziari che hanno inventato le finte plusvalenze relative alla compra-vendita del marchio e alla rivalutazione patrimoniale dell'intera società. Un finto ripianamento insomma , roba da retrocessione in termini di giustizia sportiva, che può durare fino a quando c'è speranza che la banca aumenti il fido e gli utilizzi; se poi in quella banca il presidente Moratti siede anche nel Comitato Esecutivo allora uno malizioso può pensare che si tratta di una speranza ben riposta.
Quanto,poi, al richiamo dei tempi andati lo capirebbe anche il "casalingo di Voghera" che è una giustificazione finta (come la compravendita del marchio), perchè dai tempi del senatore Agnelli il contesto normativo è cambiato, anzi, dopo la sentenza Bosman è stato rivoluzionato e con la legge 586/96 (non a caso detta proprio legge Bosman) si è dovuto correre ai ripari pensando proprio ai bilanci e ai debiti, ridisegnando il sistema dei controlli.
Era tanto importante quella legge che è ancora possibile trovare in rete la traccia di una riunione del Consiglio Nazionale del Coni del 23 marzo 2004 (per conferma Sconcerti potrebbe sentire Petrucci) con la quale si stabiliva che le società di calcio dovevano presentare alla FIGC, a cadenza trimestrale, "stato patrimoniale e conto economico con budget che garantisca equilibrio finanziario a consuntivo dell'esercizio".
L'equilibrio finanziario, in particolare, imponeva e impone che i debiti siano un sottomultiplo del fatturato; dato che dopo la sentenza Bosman le società di calcio si ritrovavano con il patrimonio azzerato, l'ordinamento sportivo si era giustamente preoccupato dei debiti, quelli che ai tempi del senatore Agnelli, assicura Sconcerti, crescevano in modo esponenziale (ma le società, all'epoca, possedevano il cartellino dei calciatori).
E siamo così arrivati ai controlli e alle sanzioni dove l'elenco di chi deve vergognarsi è lungo, perchè tutti sono d'accordo sul fatto che i bilanci delle società di calcio non sono "sani", e neppure "corretti", come imporrebbe la normativa, perchè tutti sanno che ci sono degli illeciti e che sono tollerati (vedi l'articolo del prof. Boeri su Repubblica del 3 settembre) ma, quando si prova a ragionare sulle responsabilità, scatta il gioco al rimpiattino: si comincia dalle responsabilità dei presidenti che non sono più i "ricchi scemi" di una volta, si lamentano sì delle perdite ma si tengono stretta la società, anzi, ci portano pure i figli o le figlie (con stipendi che arrivano anche ad un milione di euro all'anno; chiamali scemi!) e ad ogni campionato provano a spendere di più (senza, però, mettere mano al portafoglio).
Si passa alla Covisoc che controlla i bilanci, guarda sì la compra-vendita del marchio da padre in figlio ma "non può vedere" che è finta e fa aumentare i debiti (anche se può vederlo pure uno studente di prima ragioneria ripetente); si rimanda alla Figc (la "Confindustria" dei presidenti di calcio che non sono più ricchi e scemi) dove nessuno chiede rigore o denuncia irregolarità (sarebbe una specie di suicidio quasi collettivo); si finisce col contesto normativo e la specificità dello sport, che nessuno sa bene cos'è (e, infatti. tutti la chiamano in causa).
Dopo l'uscita, con tante polemiche, del prof. Uckmar dalla Covisoc, su queste benedette responsabiltà ci fu un lungo dibattito, che si può rintracciare in rete per ragionarci sopra. Leggendo il dibattito si scoprono due passaggi fondamentali: il primo in una paginata della Gazzetta dello Sport del 15 maggio 2002 (quando era ancora formato lenzuolo e non si limitava solo a "tutto il rosa della vita") e l'altro nell'audizione al Senato del prof. Uckmar del 23 aprile 2004.
Nell'articolo della Gazzetta c'è Carraro che, da politico consumato, chiama in causa il sentimento popolare (vi dice niente?); i bilanci irregolari sarebbero illeciti sportivi ma, si chiede Carraro (all'epoca presidente della Figc e contemporaneamente presidente anche del Mediocredito Centrale della Banca di Roma di Geronzi) "pensate che i tifosi italiani sarebbero in grado di accettare una penalizzazione dei propri club?". Tradotto dal politichese di Carraro e riferito ai nostri giorni sembra quasi che Abete e Matarrese possano avere questo dubbio: se mandiamo l'Inter in B per tutti gli illeciti sportivi che ha fatto, e continua a fare con i bilanci, siamo sicuri che poi i suoi ultras non buttino giù i motorini dalle gradinate di San Siro?
Nell'audizione al Senato, invece, il passaggio fondamentale è quello per cui la situazione dei controlli si sarebbe "ingarbugliata" quando il contesto normativo che doveva tener conto della specificità dello sport è stato riformulato, passando dalla legge 91/1981 alla 586/1996; quella del 1981 prevedeva che la Covisoc dovesse autorizzare le operazioni di carattere straordinario e potesse sindacare sui debiti bloccandoli; con quella del 1996 sono aumentati i controlli, ogni tre mesi le società devono documentare che la gestione è sana e corretta, devono anche indicare come rispettano il budget di inizio stagione (sembra incredibile ma è proprio cosi, c'è scritto nelle Norme Organizzative Interne Federali) ma di sindacare non se ne parla più e la Covisoc dovrebbe, invece, segnalare alla Procura Federale e questa deferire.
In effetti se una società di serie C2 paga le tasse con due gioni di ritardo scattano il deferimento e nell'arco di qualche mese anche le penalità (è successo ancora recentemente) mentre per i bilanci di alcune note società di serie A si arriva a parlare di illeciti tollerati ma di segnalazioni e deferimenti non si parla mai.
I riferimenti a Carraro e Uckmar sono datati 2002-2004. Sono passati solo pochi anni ma è come se fosse passato un secolo perchè, nel frattempo, nell'estate 2006 si è messo in piede il processo di calciopoli nel quale sono stati di nuovo chiamati in causa la specificità dello sport e il "sentimento popolare" ma non per tollerare un illecito che c'era (come si sta facendo per i bilanci sin dai tempi di Carraro), bensì per punire un illecito che non era previsto dalla normativa; il tutto sotto la regia a carattere straordinario di un professionista, il professor Guido Rossi, ex-consigliere dell'Inter e futuro consulente degli eredi di casa Agnelli. Un'offesa all'intelligenza di quanti sono ancora liberi di pensare con la propia testa, una conferma che le scusanti che vengono invocate per non doversi mettere in regola con i bilanci sono logore foglie di fico che non possono più nascondere le vergogne nè, tantomeno, camuffare gli svergognati. Che sono tanti: i "culi di pietra" che hanno occupato e occupano le poltrone di prima fila delle istituzioni sportive, la pletora di professionisti (giuristi di lungo corso, sopratutto) che si prestano a firmare sentenze sensa senso, i politicanti che a tempo perso si occupano anche di sport e poi quelli che nelle istituzioni sportive occupano, scodinzolando, le poltrone di seconda e terza fila e sbavano per scalare qualche posto.
Chi si deve vergognare, Azionisti e Presidenti oppure chi dovrebbe informare e non informa?
Ettore Italo Di Pietramala
(il testo originale è reperibile anche qui)

venerdì 19 settembre 2008

Roma, a fine luglio passività correnti a 110,4 milioni

Lo stato debitorio ha superato di 77 milioni le attività. Le somme dovute al fisco si attestano a 24,07 milioni

La Roma ha incassato dall’ultima Uefa Champions League 28,95 milioni di euro, terza dopo Manchester United (42,9) e Chelsea (36,4). Con questa cifra la “magica” avrebbe potuto saldare tutte le sue pendenze col fisco, pari a complessivi 24,07 milioni al 31 luglio scorso: sarebbero rimasti circa cinque milioni per altre esigenze societarie. La cifra è contenuta nel documento di “Approvazione della situazione finanziaria mensile” emesso il 29 agosto scorso: 17,31 milioni sono dovuti all’amministrazione tributaria entro i 12 mesi, 6,8 quelli oltre l’anno. Il totale delle somme fiscali dovute risulta in lieve calo rispetto al 30 giugno (24,9 milioni) ma in deciso aumento rispetto a un anno fa (16,9 milioni). Le leggi in materia però consentono la rateizzazione degli importi. In questo modo la società giallorossa ha potuto impiegare la somma ricevuta per tutta l’attività di gestione. Secondo la comunicazione debitoria mensile, la quarta rateizzazione di una cartella esattoriale per 4,2 milioni (già accantonati in esercizi precedenti), richiesta lo scorso febbraio all’Agenzia delle entrate, è stata «ripresentata in marzo alla Concessionaria della Riscossione territorialmente competente, alla luce della modificata normativa di riferimento». A causa della procedura tuttora in atto, «l’esigibilità della cartella è di oggi sospesa». Invece, le altre tre operazioni di rateizzazione sono operative: per tutte sono state pagate le rate secondo l’accordo previsto con l’amministrazione tributaria.
Le passività correnti (comprendenti i debiti verso erario, enti previdenziali, fornitori e personale) alla fine dello scorso luglio hanno raggiunto i 110,4 milioni, in calo dai 128,4 milioni del mese precedente e hanno superato le attività (pari a 33,3 milioni) per 77,04 milioni. I debiti di funzionamento ammontano complessivamente a 46,8 milioni di cui 7,8 milioni scaduti: a fine giugno erano rispettivamente 73,4 milioni e 7,9 milioni. La Roma doveva 12,2 milioni al personale, di cui 11,6 ai tesserati: non ci sono somme scadute. I fornitori vantano una somma di 14,04 milioni: 7,3 milioni sono scaduti. Non vi sono debiti verso le società di calcio per le campagne trasferimenti.
Riguardo alla posizione finanziaria netta, ossia le disponibilità liquide, è risultata attiva per 21,1 milioni contro i 37,2 milioni dello scorso giugno e 22,8 milioni del luglio 2007. Si legge nella nota che ciò è stato «sostanzialmente determinato da pagamenti nei confronti di squadre di calcio estere e della Lnp (Lega calcio ndr) effettuati a seguito di operazioni di acquisizioni di diritti alle prestazioni sportive di calciatori, poste in essere nella sessione estiva della campagna trasferimenti e nelle precedenti». Oltre alle campagne acquisti, hanno inciso sulla liquidità anche il pagamento «di emolumenti al personale tesserato, di imposte e ritenute fiscali, di contributi previdenziali e di altri debiti di funzionamento di natura corrente».
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita solo dietro citazione della fonte)
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il pallone in confusione

Registrazione n° 61 del 28 settembre 2009 presso il Tribunale di Napoli
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