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venerdì 10 luglio 2009

Diritti tv: nuova partita tra Mediaset e Sky

Con i bandi per la vendita centralizzata dei diritti tv dei campionati di serie A 2010-2012, resi noti oggi dalla Lega Calcio, si apre un nuovo fronte nel duello a distanza tra Mediaset e Sky. Entrambi i gruppi, infatti, concorreranno per trasmettere a pagamento le partite, ciascuno sulla sua piattaforma di elezione, il Biscione sul digitale terrestre, Sky ovviamente sul satellite, sborsando però varie decine di milioni di euro in più. In base ai sei pacchetti definiti dalla Lega - che punta a un introito complessivo di 1,8 miliardi nel biennio - è di 570 milioni per il 2010-2011 e di 578 per la stagione successiva, il prezzo minimo da sborsare per il Platinum Live, rivolto alle tv satellitari e relativo alla diretta di tutti gli incontri. Insomma, Sky - che la serie A 2009-2010 ha speso una cifra vicina ai 500 milioni - per l'anno prossimo dovrà metterne sul piatto almeno 570. Avrà però diritto a particolari esclusive: come per la Champions League, potrà accendere le telecamere negli spogliatoi (prima dell'arrivo delle squadre) o con i giocatori (prima dell'ingresso delle squadre in campo per il riscaldamento pre-partita, ma senza giornalista e solo per 60 secondi da trasmettere in differita) e, come nel basket, potrà trasmettere le interviste ai giocatori nell'intervallo. Per il satellite c'è anche il pacchetto Satellite Hilites, per la trasmissione in differita a pagamento delle immagini salienti delle partite: prezzo minimo, 14 milioni per il 2010-2011 e 15 per il 2011-2012. Un'offerta che potrebbe far gola a Conto Tv, che nei giorni scorsi aveva diffidato la Lega dal predisporre pacchetti sul satellite su misura solo di Sky. Per il digitale terrestre i pacchetti per trasmettere le partite a pagamento, in diretta e in esclusiva, sono due: Gold Live, per le gare di 12 squadre (prezzo minimo 210 milioni per il 2010-11 e 225 per il 2011-2012) e Silver Live, per gli altri otto team di serie A (70 milioni per il 2010-2011 e 75 milioni per il 2011-2012). Il primo sembra fatto su misura per Mediaset, che aumenterebbe così del 30% il numero delle partite trasmesse rispetto ad oggi, sborsando un terzo in più della cifra attuale (si stima circa 150 milioni di euro). Il secondo pacchetto sarebbe per Dahlia, l'ex La7 Cartapiù: dalla pay per view si limitano a far sapere che valuteranno il da farsi, pur confermando il proprio interesse per il calcio. Infine, sono previsti i pacchetti Platinum Hilites per gli highlights in chiaro (prezzo minimo, 28 milioni per il 2010-2011 e 30 milioni per la stagione successiva) e Radio Live per la radiocronaca integrale e le interviste radiofoniche post gara (offerta minima 3,8 milioni per il campionato 2010-11, 4 milioni per il successivo). Entrambe le opzioni potrebbero vedere in campo la Rai, che si garantirebbe così anche per le prossime due stagioni Novantesimo minuto e Tutto il calcio minuto per minuto. La decisione spetterà in ogni caso al cda di Viale Mazzini, nelle ultime riunioni prima delle ferie estive. Ma è tra Mediaset e Sky che si gioca il vero confronto. La prima vanta 3,5 milioni di tessere prepagate attive, Sky può contare su 4,8 milioni di abbonati (2 su 3 legati al calcio). In prospettiva, però, il bacino di pubblico del digitale terrestre è destinato inevitabilmente a crescere, con il progressivo passaggio al Dtt: si stima che a fine 2009 le famiglie con digitale terrestre saranno 6,6 milioni (il 27%), a fine 2010 oltre 16 milioni (circa il 70%), a fine 2011 quasi 20 milioni (oltre l'80%). Tutti nuovi potenziali clienti anche per l'offerta pay, anche se solo a fine 2012 tutti gli italiani avranno in casa la nuova tv. Le offerte vanno presentate alla Lega o all'advisor Infront entro le 12 di lunedì 27 luglio: è possibile che, come è accaduto in passato, questa prima fase vada deserta e si passi alla trattativa privata.
Fonte: Ansa

martedì 23 dicembre 2008

Matarrese: arriveranno 900mln annui per diritti tv

Il presidente non chiarisce però se intende ricandidarsi al vertice della Lega calcio

Aver evitato la scissione tra serie A e B, ma soprattutto l'accordo con l'advisor per la vendita dei diritti tv. Con queste due conquiste il presidente Antonio Matarrese giudica «ottimo» il bilancio della Lega calcio. L'accordo con Infront, sottolinea Matarrese, ''consente di programmare le entrate nel periodo dal 2010 al 2016, in cui sono garantiti 900 milioni di euro all'anno: restiamo dietro alla Premier League, ma stacchiamo i campionati tedesco e francese''. Per gestire queste risorse, continua, «servirà un Consiglio operativo, con membri che non saltino le sedute e lavorino». Di conseguenza Matarrese chiede anche che il prossimo governo della Federcalcio «metta le cose a posto: deve riconoscere il peso politico della Lega, mentre è contro natura la presenza dell'Assocalciatori nell'esecutivo della Figc». 
Insomma, Matarrese non chiarisce se intende ricandidarsi alla poltrona di via Rosellini, ma invoca «maggiore centralismo. Fino a poco tempo fa il calcio italiano erano Milan, Inter, Juventus e Roma, adesso la Lega torna al centro». Intanto, la svolta passa attraverso il nuovo sito, realizzato con la Panini, dove dalla ripresa del campionato saranno disponibili notizie e merchandising di tutti i club, le statistiche delle partite in tempo reale e, a distanza di due giorni, anche gli highlits di serie A e B.
Fonte: Ansa

giovedì 16 ottobre 2008

Tv svizzera: le partite del campionato italiano rischiano oscuramento

La Televisione svizzera italiana (Rtsi) rischia l'oscuramento per la trasmissione in chiaro delle partite del campionato di calcio italiano di serie A. Secondo quanto riferisce oggi il quotidiano ''La RegioneTicino'', un ''potente network italiano'' non avrebbe gradito l'iniziativa di Comano di diffondere in chiaro i match, tanto da essere intervenuto e quindi le partite potrebbero essere oscurate già a partire da Roma-Inter in programma domenica prossima. Il responsabile del Dipartimento dello sport della Rtsi, Andreas Wyden, ha spiegato al giornale ticinese che "il contratto firmato è in piena regola e si basa su norme e con venzioni internazionali. Quando si sigla un accordo di diffusione per la Svizzera - fa notare Wyden - non significa che il segnale finisca dentro i confini nazionali. In fatti puo' andare oltre, grazie ad un diritto sancito dalle nor me europee". ''Insomma -si legge sul quotidiano- appena si è saputo che la televisione svizzera iniziava a trasmettere le partite di calcio, qualcuno ha cominciato a non gradire l'iniziativa, e le proteste non sono mancate, proteste che sarebbero arrivate all'indomani della partita Milan-Inter quando, stando al racconto di Andreas Wyden, sarebbero "iniziate le pressioni sulla società che gesti sce i diritti del calcio italiano in Europa e dalla quale li abbiamo comperati".

La preoccupazione è palese, dato che ci potrebbe essere concretamente la possibilità che il segnale per trasmettere le partite venga effettivamente oscurato, "e tutto cio' in barba ad un regolare contratto", aggiunge Wyden alla ''Regione Ticino''. Già da oggi Wyden proverà a risolvere la delicata vertenza e riuscire a trovare entro domenica "una soluzione soddisfacente". Il 1 ottobre scorso, sul ''Corriere del Ticino'', venne pubblicato un servizio in merito alla compravendita, da parte della RTSI, dei diritti per trasmettere le partite del campionato di calcio italiano. Secondo quanto riportato dal ''Corriere del Ticino'', sarebbe stata una società luganese, la Heikon SA, a vendere all'emittente pubblica ticinese i diritti per una cifra inferiore al milione di euro. Danilo Mansi, direttore della SA, aveva rivelato al quotidiano di essersi assicurato i diritti nel giugno scorso e di averli poi concessi a Comano "dopo una trattativa in cui le parti si sono trovate in buona sintonia". "Siamo attivi a livello internazionale - aveva spiegato Mansi- ma avevamo bisogno di un segnale forte per farci conoscere ulteriormente; inoltre volevamo concedere i diritti alla SRG-SSR Idèe Suisse per evitare che il prodotto venisse strumentalizzato e che finisse per essere trasmesso dappartutto tranne che sulle reti pubbliche; sono convinto che la Tsi saprà valorizzarlo".

In particolare, la Rtsi aveva annunciato il 19 settembre scorso di aver acquisito i diritti in chiaro di una partita per ognuno dei restanti 34 turni della Serie A di calcio italiana. Il primo appuntamento era fissato per domenica 28 settembre su TSI2 con il derby della Madonnina tra Milan e Inter e si era continueto la domenica successiva con la partita Cagliari-Milan. "Ci siamo mossi come si fa sempre in questi casi, non è stata una trattativa particolarmente complicata e la cifra, che non divulghiamo anche per rispetto degli accordi con la controparte, è risultata essere una cifra giusta", aveva spiegato Andreas Wyden. Alla domanda se con l'accordo la televisione svizzera-italiana intendesse cercare pubblico nella fascia di confine, il responsabile del Dipartimento dello Sport della Rtsi aveva replicato: "No, più che altro pensiamo alla Svizzera tedesca e francese dove vive una numerosa colonia di italiani e ticinesi che sono appassionati di calcio ed in particolare della Serie A". I diritti acquisiti riguardano le partite casalinghe di 12 squadre: Inter, Milan, Juventus, Roma, Lazio, Bologna, Fiorentina, Torino, Genoa, Cagliari, Catania, Lecce. Nel dettaglio sono stati acquisiti i diritti per 27 posticipi domenicali (inizio trasmissione 20.20, inizio partita alle 20.30), un posticipo di sabato (11 aprile 2009), due turni di mercoledì (29 ottobre e 28 gennaio) e una partita a scelta per ognuno degli ultimi quattro turni. Nel caso in cui il posticipo non venisse giocato in casa da una delle squadre che hanno ceduto i diritti, la TSI potrà scegliere una delle altre partite del turno. Le partite saranno accompagnate da una trasmissione in studio con ospiti, approfondimenti e commenti tecnici.Con questa operazione la TSI è l'unica televisione europea a diffondere in chiaro le partite del campionato italiano. (Adnkronos)

sabato 13 settembre 2008

Il de profundis dell'Antitrust sulla legge Melandri-Gentiloni

L'Autorità della concorrenza ha affermato che «la disciplina sui diritti audiovisivi sportivi va rivista perché non garantisce pienamente la concorrenza tra operatori». Fallisce la ripartizione collettiva dei diritti tv e si torna a quella soggettiva: un risultato voluto dai grandi club, dopo il lungo tergiversare della Lega calcio

E siamo così arrivati al "de profundis" per la legge Melandri-Gentiloni sulla ripartizione collettiva dei diritti televisivi nel calcio. L'atto di morte della normativa, che avrebbe dovuto ridurre il divario economico tra le grandi e le piccole squadre, è posto in una frase di una segnalazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato inviata al Governo e al Parlamento. L'organismo presieduto da Antonio Catricalà ha infatti affermato in un comunicato che «la disciplina sui diritti audiovisivi sportivi va rivista perché non garantisce pienamente la concorrenza tra operatori». Ma c'è di più. Nel testo si spiega che «La prima applicazione del decreto legislativo n.9/2008 ha dunque evidenziato elementi di criticità e di incertezza, in grado di compromettere il corretto esplicarsi della concorrenza nell’acquisizione dei diritti audiovisivi e di vanificare, quindi, gli obiettivi che la normativa voleva raggiungere. Apriti cielo! Il lungo tergiversare della Lega calcio, più volte evidenziato da "il pallone in confusione" come ad esempio in http://marcoliguori.blogspot.com/2008/07/diritti-tv-collettivi-e-mutualit-il.html, ha avuto il suo effetto sperato di non modificare il sistema di contrattazione soggettivo. Anche perché l'Antitrust ha ribadito nella nota che «la centralizzazione delle vendite dei diritti sportivi costituisce una deroga alla disciplina antitrust e può ritenersi consentita, in via eccezionale, solo se viene garantito un efficace sistema di controllo e verifica ad opera delle istituzioni competenti, compresa l’Antitrust».
Fallito ormai il sistema centralizzato, si torna quindi a quello soggettivo.
Ciò significa che ogni società contratterà da sola con Sky, Mediaset e altri operatori. Si può immaginare che i dirigenti della "triade" del Nord in primis, ossia Inter, Milan e Juventus, assieme anche a Roma e Lazio stiano stappando bottiglie di champagne per festeggiare l'evento. Tradotto in parole povere: le grandi che hanno un peso politico-finanziario continueranno ad avere, come lo è stato in passato, un agevole accesso alla principale fonte di ricavo. Le piccole dovranno arrangiarsi e sopravvivere alla meno peggio, com'è da alcuni anni.
Nulla di nuovo sotto il sole del calcio, quindi. C'è solo da sperare che forse dal Titanic di via Rosellini qualcuno stia vedendo i primi iceberg arrivare proprio di fronte...
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, possibile soltanto dietro citazione della fonte)

lunedì 1 settembre 2008

Cesare Lanza: «Vedo il calcio come un romanzo popolare»

Il celebre giornalista ed autore televisivo spiega in esclusiva a “il pallone in confusione” come organizzerebbe un palisesto in chiaro. Esprime timori per il futuro dell’italica pedata, a causa della violenza del tifo, e critica la girandola di acquisti e cessioni del suo Genoa


Cesare Lanza ha accettato di essere intervistato a tutto campo in esclusiva da “il pallone in confusione”. Il popolare giornalista (indimenticato direttore de “La Notte”), autore televisivo (dopo il successo di “Buona Domenica” su Canale 5 si appresta ad affrontare la prestigiosa sfida del Festival di San Remo), scrittore (è appena stato pubblicato “Caldo argento” per Curcio Editore) e regista cinematografico (sta per uscire “La perfezionista”) è anche un amante oltre che un esperto di calcio. Giudica con senso critico la campagna acquisti della squadra di cui è acceso tifoso, il Genoa, ed esprime le sue preoccupazioni per il futuro dell’italica pedata. Dal 13 ottobre partirà la sua ultima attività: “Studio 254”, l’accademia di spettacolo e comunicazione.

E' equo il prezzo pagato dalla Rai (27.5 milioni nel 2008/09 e 28 per il 2009/10) per i diritti in chiaro alla Lega calcio oppure il calcio in chiaro non vale più nulla?
«Non saprei quantificare, ma il calcio in chiaro vale poco e sempre di più perderà valore. Credo che la stragrande maggioranza degli italiani interessati al calcio sia già abbonata o si abbonerà alle pay-tv».

Il calcio è ormai ridotto a uno spettacolo prettamente televisivo: non crede che si rischia sempre più la diminuzione della presenza del pubblico negli stadi?
«Se le cose vanno avanti così, allo stadio non andrà più nessuno. Se invece si blocca la violenza e lo stadio diventa, come già succede altrove, un luogo confortevole e di incontro, di aggregazione non solo per la partita, uno zoccolo duro durissimo di spettatori ci sarà sempre».

Ma la tv ha bisogno della coreografia: uno stadio vuoto mette solo tristezza.
«No. Penso che la televisione, con l’immensa quantità di proposte che può produrre, non risentirà di questa evidente “tristezza”: basterà non inquadrare gli spalti vuoti. Lo stadio virtuale è il video».

La torta dei diritti tv è stata spartita soprattutto tra le grandi del calcio, costringendo le piccole ad arrangiarsi: cosa si potrebbe fare per migliorare questo sistema?

«E’ un errore penalizzare le piccole. La prima partita di campionato mostra una classifica rovesciata rispetto alle nostre storiche abitudini: in alto le piccole, in basso le grandi. Mi sembra che nel futuro possa esserci questo scenario: campionato cosiddetto di Superlega, a livello europeo, tra le grandi: diciamo di sicuro Milan, Inter, Juventus, Roma, Fiorentina e forse Napoli, Lazio e altre due o tre… Serie A, con scudetto italiano, per tutte le altre, le grandi declassate, la sana provincia. E magari un incontro conclusivo tra la migliore della SuperLega e la scudettata della serie A rimanente».

Se le affidassero il palinsesto calcistico in chiaro di una tv generalista come lo organizzerebbe?
«Magari! La linea sarebbe:1. poco pochissimo di ciò che si è visto altrove. 2. i retroscena “umani” che potrebbero attirare il pubblico femminile, famiglie, mogli, vita quotidiana dei calciatori, tutto ciò che oggi non si vede – senza miele, ma drammi, emozioni, vigilie inquiete, crisi, ecc… un romanzo popolare. 3. proiezione sul futuro, con previsioni commenti non urlati – che tengano conto anche degli aspetti umani. 4. voci e spazio a tutto ciò che non è tecnico».

Passiamo al suo Genoa, è soddisfatto della campagna acquisti?
«Assolutamente no. Avevamo una buona squadra e un ritmo, un qualità di gioco inferiori solo a quelli della Roma! Non c’era motivo, se non per affaracci di mercato, di sconquassare e rivoluzionare tutto. Avevamo perduto Bovo, Konko e Borriello (i primi due e forse anche il terzo si potevano trattenere): si trattava di sostituirli con intelligenza mirata. E di acquisire un rinforzo importante. Invece: una girandola senza senso. Di alcuni acquisti (Palladino, Mesto e Modesto) già si intravedono i limiti… Spero di sbagliarmi. I dubbi su Figueroa non sono stati sciolti. Incomprensibile la cessione di Di Vaio, che alla prima partita nel Bologna ha fatto secco il Milan».

Quale obiettivo potrebbe prefigurarsi il Grifone per questa stagione?
«Sarà un campionato faticoso. Se riusciremo a evitare la serie B senza soffrire troppo sarò felice e mi accontenterò».

Qual è il ricordo più bello legato alla sua squadra?
«Il quarto posto in serie A e la concomitante semifinale in Coppa Uefa, nel Genoa allenato da Bagnoli, personaggio straordinario. Con un gioiello: la vittoria a Liverpool».

Com’è nato il suo nuovo romanzo “Caldo argento”? Si può definirlo come una rivisitazione della società milanese negli anni ’70?
«Sì. Lo scrissi alla fine degli anni settanta e non ebbi la sfrontatezza di pubblicarlo: molti personaggi erano riconoscibili, molti episodi chiacchierati. Dopo trent’anni, questo problema non esiste più».

Sta per uscire “La perfezionista” da lei diretto sul tema dell’eutanasia: perché lei è a favore della “dolce morte”?
«Molto semplice. Io mi definisco un liberale assoluto. Rispetto chi, per vari motivi, soprattutto religiosi, la pensa diversamente da te. Io penso di avere il diritto di scegliere quando e come congedarmi da questa valle di lacrime. E che debba essere rispettata la volontà di chi preferisca morire anziché vivere, a volte senza la minima coscienza e comunque senza la minima speranza, un’agonia straziante. La provocazione, nel film, è che nel racconto questo terribile nodo da scegliere è vissuto da una coppia di giovani innamorati. Uno dei due si ammala senza possibilità di guarigione, in modo irrimediabile, e…».

Tra poco partirà la sua accademia di comunicazione “Studio 254”: a chi si rivolge in particolare?

«A tutti coloro che vogliamo avvicinarsi, con strade concrete, al giornalismo e al mondo dello spettacolo: recitazione, sceneggiatori e autori televisivi, regia di cinema teatro e televisione, musica e canto, scenografia, conduzione, ecc. Sono orgoglioso di aver aggiunto un corso su “psicologia e successo”, che si propone di insegnare qualcosa di molto difficile da imparare: come gestire le alterne vicende di successi e insuccessi, senza stravolgersi la mente e la vita. E’ un corso che sarebbe utile a molti protagonisti dello show-system e sarà molto utile a chi vorrà trovare spazio in questo settore. Per la verità, la ricerca dell’equilibrio interiore è un tema che sta a cuore a chiunque, al di là dello scintillante ed effimero mondo dello spettacolo».
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, possibile solo dietro citazione della fonte)

venerdì 29 agosto 2008

"Il pallone in confusione" a Rai Sat News

Questa sera sarò ospite attorno alle 22.50 - 23.00 a Rai Sat News 24 per parlare delle ultime vicende dei diritti televisivi.

Diritti tv: raggiunto accordo Lega/Rai, salvo "Tutto il calcio minuto per minuto"

Notizia boom battuta poco fa dell'Ansa: la Rai e la Lega Calcio avrebbero raggiunto l'accordo per la cessione dei diritti in chiaro radio e tv dei campionati di serie A e B. L'agenzia di stampa sottolinea che le parti sarebbero ancora al lavoro per perfezionare gli aspetti tecnici dell'intesa, che assicurerebbe a Viale Mazzini l'esclusiva sui diritti radiofonici e sulla fascia 13:30-22:30 (quella di Novantesimo minuto), ma non su quella di seconda serata (Domenica sportiva). E' quindi salva la trasmissione storica di Radio Rai "Tutto il calcio minuto per minuto". Forse la "moral suasion" della politica ha avuto effetto sui dirigenti di viale Mazzini e su quelli di via Rosellini: bisognerà vedere però a quale prezzo sono stati pagati i diritti del chiaro. Si spera, non eccessivamente a spese del contribuente, che paga un canone di 100 euro annui.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, possibile soltanto dietro citazione della fonte)
Aggiornamento
L'accordo prevede che la Rai debba versare alla Lega Calcio la somma di 27,5 milioni per il primo anno e 28 per il secondo. In base ad esso, la tv di stato avrà la disponibilità in esclusiva degli highlights della serie A nella fascia pomeridiana, consentendo così il ritorno in onda dello storico Novantesimo minuto, e in forma non esclusiva, della fascia serale, dove si riproporrà la concorrenza fra la Domenica Sportiva e Controcampo (per il quale Mediaset avrebbe staccato un assegno da circa 8 milioni). La Rai avrà anche gli highlights della Serie B e i diritti radiofonici: è salvo anche Tutto il calcio minuto per minuto. Resta fuori dall'accordo la Coppa Italia, di cui si riparlerà più avanti. La cifra dell'accordo Rai-Lega si colloca di fatto a metà strada tra le posizioni delle due parti. Giovedì scorso l'azienda di Viale Mazzini aveva offerto 28,5 milioni per i diritti in esclusiva (24,5 milioni per la serie A, 1,5 milioni per la serie B, 2,5 milioni per i diritti radiofonici) oppure, in alternativa, 23,5 milioni senza esclusiva (19,5 per la A, 1,5 per la B e 2,5 per la radio). La Lega, invece, puntava ad ottenere 30 milioni per i diritti senza esclusiva.

giovedì 28 agosto 2008

Matarrese: «Nessuna accordo tra Rai e Lega Calcio»

Secondo il presidente ha spiegato che la richiesta era di 50 milioni: l'intesa è sfumata per 6 milioni-6 milioni e mezzo di euro

Addio a "Tutto il calcio minuto per minuto" e alla "Domenica sportiva". Non è stato raggiunto il tanto sperato accordo dei tifosi tra Rai e Lega calcio per la vendita dei diritti in chiaro del calcio. Il presidente della Lega Calcio Antonio Matarrese ha detto che «è stata fumata nera» spiegando che la richiesta era di 50 milioni e che l'intesa è sfumata per 6 milioni-6 milioni e mezzo di euro. La prinma offerta della Lega era di 70 milioni, mentre la Rai aveva offerto due giorni fa 20 milioni. ''Mi dispiace molto - ha commentato Matarrese lasciando viale Mazzini - perche' ci siamo impegnati tanto, ma non siamo riusciti a trovare un accordo, nonostante ci fossimo quasi arrivati''. L'intesa ha proseguito Matarrese, uscendo dalla sede Rai di viale Mazzini a Roma, «è sfumata per sei milioni - sei milioni e mezzo di euro, nonostante le nostre richieste fossero gia' state ampiamente scontate da parte nostra. Io ho abbassato l'asticella, la Rai invece non lo ha fatto».
La replica per la Rai è stata affidata al direttore generale Claudio Cappon, secondo cui la responsabilità di un blackout del pallone sulla tv in chiaro «è responsabilità della Lega calcio e mi auguro che le squadre riflettano molto su quanto sta accadendo e sul rischio che il calcio italiano perda visibilità». Cappon ha proseguito sottolineando che la Rai alla fine aveva offerto alla Lega 36,5 milioni di euro per i diritti tv in chiaro in esclusiva e per quelli radiofonici. Ma la Lega ha ribadito il suo fermo "niet" poiché puntava ad ottenere una cifra attorno ai 40 milioni di euro, togliendo in parte l'esclusiva alla Rai e coinvolgendo nell'operazione anche Mediaset. Il direttore generale ha confermato che questa domenica non ci sarà il calcio sui tre canali della tv di stato, anche se andrà in onda 'La domenica sportiva' incentrata però su altri sport. In radio ci saranno soltato aggiornamenti ogni 15 minuti, ma non ci sarà la storica trasmissione 'Tutto il calcio minuto per minuto" ennesima vittima del calcio a scopo di lucro.
Marco Liguori

mercoledì 27 agosto 2008

Vendita diritti TV: di tutto, di più

Riceviamo e pubblichiamo questo interessante articolo scritto da alcuni utenti del sito http://www.ju29ro.com/index.php

Apparentemente la storia della vendita dei diritti tv per le società di serie A da qui al 2010 è già scritta e a lieto fine: per le prossime due stagioni si procede con le vendite individuali e poi, dal 2010-11, prenderà il via la vendita collettiva; nell'ultima assemblea di Lega del 17 luglio è stato scelto anche l'operatore che farà da advisor e così Matarrese ha potuto annunciare che tutto è a posto e che, appunto, il lieto fine è già scritto.
Si dà il caso, però, che nel frattempo il sottosegretario Grimi è pubblicamente intervenuto sulla necessità di rivisitare la questione dei diritti tv per tutti gli sport, tenuto conto della normativa europea in tema di libera concorrenza e con l'avvertenza che in nome di quella normativa Sky ha fatto ricorso; si dà il caso, cioè, che il nuovo governo possa avere in merito idee molto diverse dal precedente. Forse, allora, è meglio essere un po' cauti e così, fedeli al detto del caro vecchio Trap del "non dire gatto se non ce l'hai nel sacco", cerchiamo con questo articolo di offrire spunti di ragionamento su quanto autorevolmente detto (o non detto) negli ultimi tempi per capire che tipo di storia è stata scritta, da chi e perchè; di capire, insomma, se il gatto è nel sacco oppure no; si tratta di spunti a più mani e all'apparenza non collegati uno all'altro ma forse, ragionandoci sopra, il collegamento ognuno, a modo suo, potrebbe trovarlo.
L'ODORE DEI SOLDI - Presentata come una grande "battaglia ideologica" quella della vendita dei diritti tv è, prima ancora, una "guerra per soldi", quei soldi che consentono al baraccone del calcio di continuare con i suoi spettacoli e recite. Prendiamo ad esempio la situazione attuale di Juve e Toro per accennare qualche cifra: nel bilancio dell'anno solare 2007 il Torino ha realizzato ricavi complessivi per 47,5 milioni, di questi ben 25,2 milioni sono relativi ai diritti tv che contano, quindi, per il 53% del totale; quanto alla Juve, secondo una recente dichiarazione del responsabile marketing, Fassone, nell'ultimo anno della gestione Giraudo-Moggi su un fatturato totale di 256 milioni ben 140 provenivano dalla vendita dei diritti tv; complessivamente per la serie A può stimarsi che 700-800 milioni di ricavi provengono dagli acquisti degli operatori televisivi. Di fronte a queste cifre è evidente che l'annuncio e la futura messa in atto della vendita collettiva ha generato miraggi e incubi: per Cairo e il Torino, per esempio, il miraggio di incassare una ventina di milioni in più e poter azzerare i debiti (o comprare un grande centravanti?); per Cobolli Gigli l'incubo di un ammanco capace di far sballare, non sia mai, la quadratura finanziaria del piano strategico; in sintesi per tutte le società, di fronte al prennuncio di una legge che vuole riequilibrare la ripartizione dei ricavi totali, il richiamo dei soldi o la puzza di bruciato, a seconda dei casi.
BALDASSARRE, MURDOCH E COBOLLI GIGLI - L’odore dei soldi, tradotto in azioni, ha portato ad uno scenario in cui ognuno sembra aver occupato una posizione, più o meno pubblicamente, ed in attesa di ulteriori sviluppi.Sky ha presentato ricorso alla UE contro la legge Melandri, forse non troppo convinto dalla vendita collettiva dei diritti tv, sostenendo che la legge lede il diritto alla concorrenza, delle emittenti ma anche dei club di calcio. Reazione immediata quella di Galliani che subito tiene a precisare che il ricorso “è il primo in ordine cronologico e altri ne seguiranno davanti ad altri organi giurisdizionali”. Il cambio dello scenario politico e il timore che Infront non sia così indipendente ha forse spinto Rupert Murdoch a compiere un passo ufficiale. Stesso timore forse anche della Juventus che, con Cobolli Gigli, ha presentanto una lettera inviata a 42 presidenti di A e B e a Matarrese per bloccare le procedure considerate contrarie alla legge. Nella stessa Cobolli specifica che "Qualora la Lega proseguisse nel non aderire alla legge e alle procedure da essa dettate mi vedrei costretto ad agire in ogni contesto e nelle forme più opportune anche al fine di evitare rischi patrimoniali e personali". Già in precedenza il professor Antonio Baldassarre, presidente emerito della Corte Costituzionale, su richiesta della stessa Juventus, aveva aperto un nuovo scenario ed in un parere professionale evidenzia così il suo pensiero “Il provvedimento parte dal principio opposto a quello della nostra Costituzione e dei trattati dell'Unione europea: tutto è soggetto a regolazione pubblica. Lo Stato interviene sulla libertà di concorrenza tra le società di calcio e indebolisce le società più forti economicamente della serie A, a vantaggio dei piccoli club”.Da cosa nasce questo timore? Forse dal fatto che Bogarelli, socio fondatore di Media Partners e ora presidente di Infront Italia, siede nel consiglio di amministrazione di Milan Channel srl, la società che gestisce l'omonimo canale satellitare dedicato alla squadra. Il gruppo Media Partners collaborò al lancio della tv milanista che adesso va in onda su Sky. Andrea Locatelli, il vice di Bogarelli, ha invece cominciato la sua carriera da manager lavorando per otto anni alla Fininvest, proprio nel campo degli eventi sportivi. Forse, dietro la riserva sulla legge da parte di Crimi (tesoriere di Forza Italia e intimo di Berlusconi ) - “Va approfondito l'argomento, valuteremo e vedremo come intervenire a beneficio di tutti gli sport" - potrebbe nascondersi Adriano Galliani (anche Fulvio Bianchi nella sua rubrica Spy calcio evidenziava il sospetto) che, nell’interesse del Milan, vorrebbe mantenere lo status quo.La stessa Ue vuole vederci chiaro: dalla direzione per la concorrenza di Bruxelles è arrivato un questionario per i club italiani. Che sono obbligati a rispondere sul mercato dei diritti tv, se pensano che sia sufficientemente aperto e se Sky debba avere meno vincoli. In molti hanno risposto che non accettano che sia lo Stato italiano ad imporre loro le regole del gioco e come devono dividersi la "torta". "Siamo società private".
LA LEGGE E L'INGANNO - Per arrivare ad una più equa ripartizione dei diritti tv il Parlamento, con la Legge Delega 106/2007 e il Decreto Legislativo 9/2008, ha sostanzialmente fissato tre paletti: 1) una parte prevalente del ricavato doveva essere divisa in parti uguali tra tutte le società; 2) la parte rimanente doveva tener conto dei risultati sportivi e del numero di tifosi, cioè del bacino d'utenza; 3) la quota relativa ai risultati sportivi non poteva essere inferiore a quella del bacino d'utenza, demandando alla Lega di individuare i criteri analitici di calcolo per i punti 2) e 3). Facendo lo slalom tra questi paletti le società di serie A si sono divise in tre "partiti": le grandi a cercare di "limitare i danni", le piccole per le quali si trattava comunque di "grazia ricevuta", le medie, quelle cioè che grazie ai nuovi soldi (soldi veri e non finte plusvalenze) speravano e sperano tuttora, se non di diventare grandi, quantomeno di aggiustare per davvero il bilancio. Il partito più battagliero è stato proprio quello delle medie (con Zamparini capo-popolo) che proponeva il seguente criterio: 45-50% per la quota da suddividere in parti uguali tra tutte, 25-30% in base ai tifosi e 25-30% in base alla classifica dell'ultimo campionato. Ne ha dato conto la stampa (Corriere dello Sport del 25/10/07) aggiungendo che la proposta era formulata congiuntamente da Cagliari, Torino, Parma, Udinese, Genoa, Palermo, Livorno e Sampdoria e specificando che, fatti i dovuti calcoli, si otteneva che Milan e Inter ci avrebbero rimesso circa 20 milioni e la Juve circa 7 .Poteva essere una conclusione alla Robin Hood, nel senso che per dare ai più "poveri" si prendevano i soldi dai più "ricchi" e segnatamente dalle due milanesi che, per quello che scrivono i giornali, hanno due presidenti col portafoglio gonfio e che, per amore del calcio, alla fine dell'anno chiedono "quanto ci devo mettere di mio?" e lo mettono (così, almeno, ce la raccontano); ma è andata diversamente. C'è stato, dopo quella riunione capitanata da Cellino e Zamparini, un Consiglio straordinario di Lega (30 ottobre) poco reclamizzato (c'è traccia solo nelle polemiche di Zamparini) ma che ha comunque approvato dei metodi di calcolo diversi, che sono quelli ripresi dall'art. 26 del decreto legislativo e cioè:1) il 40% sara' suddiviso in parti uguali 2) il 30% sara' assegnato per i risultati sportivi e però il 10% per quelli conseguiti dal 1946-47, il 15% per quelli conseguiti negli ultimi cinque anni e il 5% per quelli dell'ultimo anno 3) il 30% in base al bacino d'utenza ma anche qui con un distinguo: il 25% in base a indagini campionarie che la Lega stabilirà come fare e il 5% in base al numero di abitanti della città dove ha sede la squadra.Si dice spesso "fatta la legge, trovato l'inganno" ma in questo caso bisogna stare attenti che l'inganno potrebbe esserci stato prima della legge, in quel Consiglio straordinario di Lega, in quel cambiare le carte in tavola rispetto alla ipotesi in cui le due milanesi erano le più penalizzate; torneremo sull'argomento più avanti per fornire dati più precisi, per il momento vale la pena sottolinerare col pennarello rosso che nei meriti sportivi gli scudetti vinti negli ultimi cinque anni valgono di più (15%) rispetto a quelli vinti dal 1946-47 (10%). Perchè col pennarello rosso? Perchè, visto che si parla della stagione 2010-11 (quando la legge dovrebbe entrare in vigore), gli ultimi cinque anni cominciano dal campionato 2005-06, cioe' l'anno di calciopoli, quello dello scudetto a tavolino e della juve retrocessa. Se è inganno, è veramente atroce.
INTER E ROMA: IL SILENZIO E' D'ORO - L'approvazione della nuova legge non ha suscitato un gran dibattito. A livello politico è sembrato che la cosa si faceva perchè andava fatta: non per passione, insomma, ma semmai per soldi, nella speranza di trovarne complessivamente di più per una boccata d'ossigeno all'ansimante baraccone del calcio. Anche tra le società calcistiche, come su giornali e trasmissioni tv, non ci sono stati scontri o processi alla Biscardi, semmai schermaglie dialettiche, spesso solo di facciata e, comunque, con il presidente Matarrese sempre pronto a richiamare l'esigenza di restare compatti, di continuare ad essere una "famiglia". Pur in questa atmosfera ovattata, però, finisce per far rumore il prolungato silenzio di Inter e Roma; rileggendo sui forum la documentazione delle discussioni sui diritti tv si rintracciano interventi di Zamparini e di Garrone, di Lotito e di Cellino, si rintraccia persino la protesta (tardiva) di Cobolli Gigli, ci sono le dichiarazioni imbarazzate di Galliani che non si capisce mai se parla come rappresentante del Milan o di Mediaset, ma nessun gionalista è riuscito a "intercettare" sull'argomento nè Moratti nè la Sensi, tantomeno per dichiarazioni sconvenienti oppure non "politicamente corrette".A metterci della malizia viene in mente calciopoli: nelle intercettazioni di calciopoli, infatti, ci son finiti in tanti: non solo Moggi, anche dirigenti di grandi società, ma non quelli dell'Inter e della Roma; mettiamo comunque da parte la malizia e andiamo ai fatti anche perchè i fatti contano più delle parole e qualche volta spiegano anche i silenzi. Due fatti sembrano parlare chiaro: 1) aver considerato la popolazione delle città per calcolare una quota (5%) da dare alle società per il bacino d'utenza 2) aver stabilito che la classifica dei campionati dal 2005-06 al 2009-010 vale per distribuire il 15% dei ricavi complessivi.Quanto agli abitanti delle città dove le squadre hanno la sede il conto è presto fatto: quelli di Torino sono circa 860.000, quelli di Milano 1.250.000 e quelli di Roma 2.550.000; è come se nella gara per prendersi i soldi dei diritti tv alla Juve fosse assegnata a tavolino la sconfitta con l'Inter per 3 a 2 e con la Roma per 3 a 1, alla faccia dei tifosi e di chi tifa Juve in particolare. Quanto ai cinque campionati che saranno presi in considerazione per ripartire circa 110 milioni (il 15% di 750 milioni) due sono da svolgere e quindi diciamo che sono nelle mani di Abete e Matarrese, di Collina e di Palazzi ma degli altri tre la storia è già scritta (salvo sorprese clamorose) e indica per Inter e Roma un "grande avvenire dietro le spalle", visto che, prima a tavolino poi con la Juve in B e infine giocando tutte e tre nello stesso campionato, l'Inter è stata classificata sempre prima e la Roma subito dietro.I fatti allora, senza tema di smentita, dicono che Roma e Inter hanno già messo le mani su una fetta della torta dei diritti tv senza che, almeno pubblicamente, qualcuno abbia fatto alcuna rimostranza; altri milioni, dopo quelli (tanti) che erano arrivati grazie al loro "assordante" silenzio nelle intercettazioni di calciopoli. Niente da dire: un silenzio tutto d'oro.

Tratto da
http://www.ju29ro.com/news/30-news/567-vendita-diritti-tv-di-tutto-di-piu.html

martedì 26 agosto 2008

Permettete una Parola? - Addio “Tutto il calcio minuto per minuto”

Permettete una parola? Oggi si è consumato in Lega un altro dramma del calcio a scopo di lucro. Con il “niet” unanime dei presidenti all’offerta della Rai (circa 25 milioni) per gli highlights (e ditelo per favore una buona volta in italiano: le azioni salienti!) delle partite di serie A e B. Galliani ha spiegato oggi che è «impossibile scontare il nostro prodotto del 75 per cento. Valeva 75 milioni e ora è valutato 20 milioni. Ci dispiace molto che i campionati di serie A e B partano senza la possibilità di vederli per chi non ha la pay tv, ma ci siamo trovati davanti a offerte che non potevano essere accettate». «Tanto vale investire tutto sul satellite» aveva dichiarato alcuni giorni fa il presidente Antonio Matarrese. Anzi, per essere più precisi la “Confindustria del pallone” ha rifiutato decisamente i 30,6 milioni offerti dalla Rai per le azioni salienti (stavolta è corretto) di serie A e B, Coppa Italia e per la radio. Ma ha detto anche no ai circa 10 milioni messi sul tavolo da Mediaset per l'esclusiva dei gol serali. Quindi se non ci saranno novità prima di venerdì (giorno dell’anticipo di serie B) e sabato prossimo (giorno degli anticipi di A e dell’inizio del torneo cadetto), i tifosi dovranno rinunciare probabilmente alla Domenica sportiva di Mamma Rai e a Controcampo su Mediaset (che fa parte del gruppo Fininvest, a cui è legato anche il Milan di cui Galliani è vicepresidente vicario e amministratore delegato). Ma soprattutto dovranno dire addio a “Tutto il calcio minuto per minuto”, la storica trasmissione radiofonica dell’emittenza di Stato le cui cronache hanno fatto sognare, appassionare, gioire e soffire tanti appassionati dell’italica pedata. Cosa ne penserebbero al riguardo i compianti Sandro Ciotti ed Enrico Ameri della scomparsa della loro trasmissione?
Ma “business are business” dicono in via Rosellini. Voci di corridoio dicono che la Lega voglia cercare di costringere con la decisione di oggi la Rai ad alzare le sue offerte, sino ad arrivare a 40-50 milioni. Vedremo.

Vista l’esiguità delle cifre offerte dalla Rai, ma in misura ancor più bassa anche da Mediaset, si può pensare che il calcio in chiaro (ossia quello gratuito, quindi non quello in abbonamento di Sky) non richiami molto gli spettatori, ma tantomeno gli inserzionisti pubblicitari. Bisogna ricordarsi sempre un aspetto fondamentale dell’era del calcio a scopo di lucro: i tifosi da salotto non sono mai stati clienti. Sono proprio loro il prodotto venduto: proprio come tante belle fette di carne o pacchi di detersivo ben disposti nei frigoriferi e sugli scaffali di un supermercato (o ipermercato, fate voi). Sono dunque i telespettatori ad essere la “merce” degli inserzionisti. I quali sanno benissimo che se molti dei tifosi hanno già visto su Sky (e Mediaset Premium e La 7 sul digitale terrestre) hanno visto le partite in diretta, i filmati delle azioni principali e dei gol è ovvio, per non dire scontato, che difficilmente li guarderanno in chiaro nella fascia oraria tra le 18 e le 23. A meno che non vogliano rischiare una conguntivite cronica per gli occhi stanchi da visione di tanto spettacolo televisivo.

Quindi, dopo una riflessione approfondita, i “grandi elettori” della Lega avrebbero dovuto applicare un altro motto dell’economia, rozzo ma efficace: “Pochi, maledetti e subito”. Invece, in questo modo rischiano di perdere capra e cavoli. E’ vero che la somma del chiaro deve essere ripartito anche per la B: ma il prodotto vale quel che vale. Non sarebbe meglio incassare e pensare a trovare altre fonti per i cadetti? Non farlo sarebbe suicida: in fondo sono le televisioni a fare il mercato con le loro offerte, a seconda dello loro convenienze. E se le squadre non le accettano, peggio per loro: niente partite e niente soldi. Quando impareranno i dirigenti del calcio a pensare a diversificare le fonti di ricavo? Ed evitare di contare sempre e solo sui diritti televisivi? Probabilmente solo se avranno l’acqua fin sopra la gola.

I dirigenti di via Rosellini dovrebbero fare anche un’altra riflessione. Con la crisi economica che ormai attanaglia il nostro Paese, con la crescita immobile come i pali di una porta di calcio, sarebbe meglio venire a più miti pretese. La recessione potrebbe influire sulla sottoscrizione degli abbonamenti al calcio criptato: ma anche sulle aziende inserzioniste, poco propense per ora a investire denaro per propagandare i propri prodotti. Chi scrive ha riportato nel volume “Il pallone nel burrone”, scritto con Salvatore Napolitano, che dal 1980 al 2002 l’incremento dei diritti tv è aumentato del 49.900%. Ma tale cifra stratosferica potrà ancora essere foraggiati da Rai, Mediaset, Sky e co? Ai posteri l’ardua sentenza.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, riproducibile solo dietro citazione della fonte)

Studio economisti Bocconi-Humbolt: altre 12 gare dell’era Calciopoli a rischio combine

Secondo una ricerca basata su modelli matematici dei professori Tito Boeri e Battista Severgnini ci sarebbero alcune partite del campionato 2004/05, non esaminate dai giudici sportivi, che potrebbero aver subito un “aggiustamento” del risultato. Tra esse Inter-Lazio 1-1, Juventus-Lazio 2-1, Milan-Lazio 2-1 e Juventus-Inter 0-1

«In alcuni casi Calciopoli non è stata storia di pura corruzione, ma di pressioni psicologiche sugli arbitri. Ciò è dovuto alla enorme potenza di alcune squadre che hanno incassato enormi somme dai diritti televisivi che le fa disporre di un enorme capitale da utilizzare per questa influenza. Esse sono principalmente Inter, Milan e Juventus: a queste si aggiungono le squadre di fascia media come Roma, Lazio e Fiorentina». E’ questa la spiegazione fornita dal professore Battista Severgnini, ricercatore alla Humboldt Universitat di Berlino, a “Il pallone in confusione” riguardo allo scandalo più scottante degli ultimi anni del campionato di serie A. Spiegazione che è tra le conclusioni dello studio “The italian job: partite truccate, preoccupazioni per la carriera e concentrazione dei media in Serie A” che sarà presentata domani durante la prima giornata del convegno annuale dell'European Economic Association e della Econometric Society che si terrà presso l'Università Bocconi di Milano. L’indagine è stata condotta da Severgnini assieme al professore Tito Boeri, docente ordinario della Bocconi. Lo studio, basato su modelli matematici, oltre a evidenziare il controllo o la partecipazione dei presidenti del mondo del calcio in giornali e televisioni, elenca 12 partite sospette del campionato 2004/05 (quello revocato alla Juventus e assegnato all’Inter) che non sono sotto osservazione della giustizia sportiva. Secondo i due studiosi esse avrebbero il 100% di probabilità di essere state deviate. Tra esse si segnalano i big match Inter-Lazio 1-1 (9a giornata), Juventus-Lazio 2-1 (14a giornata), Milan-Lazio 2-1 (23° giornata) e Juventus-Inter 0-1 (32a giornata). A ciò si aggiunge un ulteriore elenco di 77 partite dello stesso torneo che avrebbero l’ipotesi di consistenti probabilità di aver subito la stessa sorte.
Come avete svolto la vostra indagine?
«Abbiamo raccolto tutti i dati a partire dal 1990. Però ci siamo concentrati soprattutto attorno ai campionati di serie A del 2003/04 e 2004/05, ossia quello dello scandalo di Calciopoli e quello successivo».
Fino anche al campionato scorso?
«No, perché a causa della retrocessione della Juventus mancavano numerose informazioni di tipo matematico da poter inserire nel nostro modello».
Su cosa si basa il modello?
«C’è un primo stadio in cui abbiamo analizzato le cause della corruzione delle partite. I fattori sono diversi. I primi due elementi sono abbastanza prevedibili. Innanzitutto il tempo: un match può essere corrotto più facilmente verso metà o nel giorno di ritorno del campionato. Secondo elemento è la posizione della squadre. Molto più interessante è l’analisi delle carriere arbitrali. In essa abbiamo trovato che le partite maggiormente coinvolte in Calciopoli sono quelle arbitrate da direttori di gara di media classe che sono presenti da alcuni anni e intendono far carriera. Non ci sono gli internazionali o quelli che per la prima volta si affacciavano in serie A. Questo tipo di arbitro può essere maggiormente sottomesso ai poteri delle società di calcio».
Non esisistono nomi di arbitri nello studio?
«Assolutamente no. Abbiamo espresso solo giudizi quantitativi e non qualitativi».
Nello studio c’è un atto di accusa verso il mondo dei media per le possibili influenze sugli arbitri: è proprio così?
«I presidenti delle squadre di calcio molto spesso vanno a braccetto con l’editoria. Basta vedere documenti pubblici, come le intercettazioni, per comprendere che ci sia un innesto di persone che vogliono far modificare il giudizio dei giornalisti. Non vogliamo dire che tutti giornalisti sportivi siano stati coinvolti, però bisogna dire che pochissimi hanno accennato a eventuali episodi di corruzione. Riteniamo che un elemento che abbia molto favorito tutto questo sia la concentrazione del potere mediatico da parte delle società di calcio.
Si riferisce anche alla contrattazione dei diritti televisivi?
«Proprio così. Anche oggi le grandi squadre percepiscono gran parte della torta: ciò contribuisce ad aumentare la loro forza non solo dal punto di vista competitivo con i campionati dominati solo da esse, risultando estremamente noioso per i tifosi delle piccole società. Per riassumere questo intreccio tra potere mediatico e potere sportivo che falsa non solo l’esito del campionato ma anche l’informazione legata agli avvenimenti sportivi».
C’è anche un ruolo del calciomercato in questo sistema?
«Il settore degli agenti sportivi italiano è praticamente un oligopolio, per non parlare di un duopolio. Ciò, unito a tutti gli eventi che ho descritto prima, costituiscono il terreno fertile per l’eventuale manomissione dei risultati delle partite».
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, riproducibile solo dietro citazione della fonte)




Le dodici paritite sospette secondo l'indagine

martedì 1 luglio 2008

Diritti tv collettivi e mutualità, il calcio sul Titanic

Dopo la riunione a vuoto di oggi in Lega Calcio, in cui non è stata presa alcuna decisione sull'advisor, si prospetta sempre più l'eliminazione della legge Melandri-Gentiloni


Una giornata intera di assemblee e controassemblee della serie A per non decidere nulla, con lo spettro dei problemi finanziari della B che incombe sempre più e l'attesa per la sostituzione della legge Melandri-Gentiloni sui diritti tv collettivi con un altro testo. E' questo il magro bottino della riunione dei presidenti della massima serie nella sede della Lega Calcio a Milano, terminata verso le 17.30, che non ha preso decisioni né sulla questione della mutualità con i cadetti, né sull'advisor per la vendita dei diritti. «Oggi abbiamo parlato tantissimo della serie B, dello stato di difficoltà della categoria e di un atto di sensibilita» ha spiegato al termine della maxiriunione, Beppe Marotta, amministratore delegato della Sampdoria. «Però con tutto il rispetto per la serie B - ha proseguito il dirigente blucerchiato - non riuscendo a stimare i diritti collettivi non possiamo tramutare questa nostra disponibilità in una cifra concreta». Questo anche perché secondo Marotta «non possiamo fare stime perchè gli highlights non hanno un valore ben definito. La serie B vuole risposte immediate che non possiamo dare prima di un'analisi approfondita che troverà la sua definizione non prima di trenta giorni».
Le parole di Marotta sono molto chiare: non esiste allo stato attuale alcuna decisione sulla mutualità. Ma la serie B, che ha sempre più l'acqua alla gola, richiede a gran voce una somma di almeno 95 milioni. Povera cadetteria, un tempo serbatoio di giovani campioni, destinata a recitare un ruolo sempre più subalterno.
Sulla questione advisor Marotta spiega che «bisogna arrivare a una definizione del ruolo di questo strumento nel rispetto della legge. E' una situazione che affronteranno in Consiglio e porteranno poi in assemblea». Sembra dunque che l'altolà imposto dal presidente della Juventus, Giovanni Cobolli Gigli, abbia rimesso tutto in discussione anche per l'advisor. Il "niet" del numero uno bianconero era stato evidenziato in una lettera indirizzata al presidente della Lega, Antonio Matarrese, in cui era stato ipotizzato anche il ricorso al tribunale. Questo perché la Juventus è contraria alla nomina di «un advisor per i diritti che di fatto diventa un intermediario». Ciò non rispetterebbe, sempre secondo la Juventus, il dettato della «legge e dalla procedure da essa dettate».
Insomma, tutto ciò evidenzia un solo fatto che sembrerebbe inequivocabile. Dopo il ricorso alla Commissione Europea di Sky dei mesi scorsi, siamo forse alla battaglia finale in vista della possibile eliminazione della legge Melandri-Gentiloni. Eliminazione che potrà essere disposta dal governo e dalla maggioranza attuale. Si rischia un pericoloso ritorno all'antico, ossia a quella contrattazione soggettiva dei diritti tv che ha favorito Milan, Inter e Juve e ha posto le premesse per l'impoverimento e il dissesto di tante gloriose società di calcio come Napoli, Torino, Fiorentina, Venezia, Ancona e Taranto. Forse le parole del sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega allo sport, Rocco Crimi, che aveva finalmente riconosciuto l’importanza di un’equa ripartizione dei diritti tv, potrebbero cadere nel vuoto. Speriamo solo che non sia così: il calcio è un sistema mutualistico, dove ogni squadra ha bisogno delle altre. Non a caso questo sistema è applicato dalle leghe degli sport professionistici nella patria del capitalismo, gli Stati Uniti. E ancor di più lo è in Italia, dove il criterio storico della rivalità del campanile è fondamentale e non può essere sostituito semplicemente e soltanto da quello del libero mercato. Ma forse questo sfugge ai signori del pallone di via Rosellini, che suonano l'orchestra mentre il Titanic del sistema calcio affonda.
Marco Liguori
(riproduzione riservata)

Ultim'ora
L'Ansa riporta che il presidente della Lega calcio, Antonio Matarrese, ha detto che il Consiglio di Lega sottoporrà il nome di Infront al voto dell'assemblea che sceglierà l'advisor per la vendita dei diritti tv centralizzati dal 2010, quando sarà pienamente in vigore la Legge Gentiloni-Melandri. «Il Consiglio - ha annunciato Matarrese - ha deliberato a maggioranza considerevole di sottoporre al voto dell'assemblea la proposta di Infront, che è di gran lunga più interessante, utile e propositiva di quelle di SportFive e Img, che erano rimaste in gara». Infront è la consociata italiana del colosso svizzero Infront Sports & Media, presieduto da Philip Blatter nipote del presidente Fifa Joseph Blatter. Insomma, un conflitto d'interessi familiare. Ad ogni modo, i dubbi sulla scelta dell'advisor e della esecutività della legge Melandri-Gentiloni restano, anche se Cobolli Gigli è stato conciliante in assemblea.
Riguardo alla mutualità Matarrese ha spiegato che «l'assemblea di serie A - ha aggiunto Matarrese - ha rinviato la decisione sulla mutualità per la serie B alla prossima assemblea di categoria. Ci sono due proposte, quella di Galliani che si assesta sugli 80-85 milioni di euro, calcolando gli introiti collettivi; e quella della serie B, di 70-75 milioni, piu' i ricavi dal prodotto televisivo». Nulla di nuovo, dunque, sotto il sole della "Confindustria del pallone".

martedì 24 giugno 2008

Tutelare i club più deboli

In un’audizione al Senato, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega allo sport, Rocco Crimi, ha finalmente riconosciuto l’importanza di un’equa ripartizione dei diritti tv. Intanto la Serie B aspetta di sapere quale cifra sarà stanziata dalla A per la mutualità

Finalmente anche il governo Berlusconi si è accorto del pericolo di un eventuale squilibrio nella ripartizione dei diritti tv nel calcio. Ad accorgersi del problema chiave per la sopravvivenza del nostro campionato è stato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega allo sport, Rocco Crimi, durante l'audizione alla settima commissione del Senato sugli “indirizzi del Governo in materia di attività sportive”. L’esponente di Palazzo Chigi ha spiegato che «nella passata legislatura - ha continuato Crimi parlando della legge Gentiloni-Melandri che prevede la ripartizione dei proventi su base mutualistica - è stata approvata una legge per la quale dal 30 giugno 2010 i diritti saranno divisi per il 40 per cento in parti uguali, per il 30 per cento in base alla storia dei club e per il 30 in base ai risultati ottenuti».
Crimi ha ricordato che «i grandi club hanno però fatto ricorso alla Corte europea e quindi bisognerebbe aprire un esame dei diritti soggettivi del calcio e degli altri sport professionistici, valutando l'apertura al libero mercato, sotto la stretta vigilanza delle Authority e fatta salva la tutela dei club più deboli». Da queste dichiarazioni si evince che il governo ha compreso la difficile (per non dire esplosiva) situazione in cui si trova il mondo del pallone nostrano. Le parole di Crimi sembrano essere un passo in avanti rispetto a quelle dichiarate durante lo scorso marzo sull’emittente milanese Antenna 3 dal futuro presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Il numero uno del Pdl affermò che «è chiaro che incombe in Italia la possibilità di vedere ridotte le disponibilità delle grandi squadre e quindi ridotte le loro possibilità di competere con i grandi club europei». Berlusconi concluse così: «Immagino che bisognerà intervenire in una direzione diversa da quella che è stata ipotizzata dal governo della sinistra». Da ciò sembrava trasparire un ritorno all’antico regime della contrattazione collettiva, che favoriva le grandi società (Juve, Inter e Milan in testa) e apriva il via a una stagione di stenti per le piccole.
Il nuovo intendimento del governo in materia di suddivisione dei diritti tv potrebbe costituire anche una notizia positiva per le squadre di serie B, impegnate in una dura lotta per la sopravvivenza. A poche ore dal termine (fissato per domani) per la risoluzione delle comproprietà dei calciatori, i club cadetti non conoscono ancora quanto ammonta la mutualità che la serie A destinerà loro. Senza di essa non si possono stanziare i budget a disposizione per poter acquistare nuovi giocatori e rafforzare le rose. L’allarme è stato lanciato al termine dell’assemblea di categoria conclusasi oggi, dopo la sospensione di giovedì scorso quando si era tenuta l’assemblea generale straordinaria con le società di serie A sui diritti tv. «L'anno scorso la mutualità ha coperto il 50% dei nostri bilanci», ha sottolineato il direttore generale del Grosseto, Renato Cipollini. Il dirigente toscano ha lanciato il segnale di sos, spiegando che «è difficile muoversi senza conoscere i ricavi futuri». Per questo motivo essenziale il vicepresidente di Lega per la B Gianfranco Andreoletti, presidente dell’Albinoleffe, attende la decisiva assemblea di serie A del 1° luglio, che dovrà finalmente definire la cifra da destinare alla categoria cadetta. Dopo soli due giorni, una riunione ristretta di B dovrà valutare se la somma è sufficiente a evitare il crack della categoria.
Intanto, incombe la data fatidica del 30 giugno, in cui scadono i termini per le iscrizioni al campionato. Alcuni presidenti non escludono che alcuni club presentino previsioni di budget che si riveleranno superiori all'effettivo. L’assemblea della seconda serie ha raggiunto un risultato molto importante: sono state infatti approvate all'unanimità le linee guida per la vendita centralizzata dei diritti tv del prossimo campionato. «Abbiamo attribuito alla Lega il diritto a negoziare - ha spiegato Andreoletti - e poi vedremo se ci sono offerte per le partite del sabato o se è meglio tornare a giocare la domenica».
Marco Liguori
(riproduzione riservata)

lunedì 23 giugno 2008

"Il decreto sui diritti del calcio è a rischio incostituzionalità"

Liberomercato 13 novembre 2007 (pagina 4)

Parla Baldassarre sulla nuova contrattazione collettiva
"Il decreto sui diritti del calcio è a rischio incostituzionalità"

Marco Liguori
"Il decreto legislativo che ha stabilito la riforma della contrattazione collettiva sui diritti televisivi del calcio è a rischio di incostituzionalità: lede i principi del libero mercato e della concorrenza dell’Unione europea". Antonio Baldassarre, presidente emerito della Corte Costituzionale e docente ordinario di diritto costituzionale presso l’Università Luiss, in questa intervista esclusiva a Liberomercato boccia il decreto legislativo emanato venerdì scorso dal Consiglio dei ministri, voluto dal Ministro per le Politiche giovanili e le attività sportive, Giovanna Melandri. Baldassarre lo ha messo nero su bianco e lo ha spiegato in un suo dettagliato parere.
Professore, chi gliel’ha richiesto?
"Alcuni mesi fa la Juventus mi ha incaricato di redigere uno studio sul decreto legislativo e la legge delega sui diritti tv della Lega nazionale professionisti".
E quale conclusione ha raggiunto?
"Il decreto, e in parte anche la delega, presentano diverse perplessità in materia costituzionale, poiché le società di calcio hanno ottenuto lo scopo di lucro con la legge del 1996".
Quindi il decreto ha un importante vizio di fondo?
"L’impianto del provvedimento normativo parte dal principio opposto a quello della nostra costituzione e dei trattati dell’Unione Europea: tutto è soggetto a regolazione pubblica. Lo Stato interviene pesantemente sulla libertà di concorrenza tra le società di calcio e indebolisce le società più forti economicamente della serie A, a vantaggio dei piccoli club. Esso viola l’articolo 41 della costituzione e le norme comunitarie che fanno riferimento alla libera concorrenza".
A questo punto cosa potrebbe succedere?
"Tutto e nulla. Dipenderà dalle iniziative che assumeranno i singoli club: se ad alcuni può andar bene il decreto con la contrattazione collettiva non accadrà nulla. L’accordo raggiunto alcuni giorni fa in Lega per la ripartizione collettiva potrebbe aver attenuato in parte il profilo di incostituzionalità, che però resta intatto poiché l’intesa discende dalla legge".
Altrimenti?
"Alcune società, in modo particolare l’Inter, Il Milan e la Juventus, potrebbero adire il giudice ordinario per far rilevare l’eventuale incostituzionalità, decisa dalla Corte Costituzionale. Inoltre, potrebbero rivolgersi alla Corte di giustizia dell’Unione Europea".
Passando ai cadetti. Anche le società di serie B avrebbero convenienza a impugnare il decreto legislativo?
"Possono fare causa, se ritengono di aver ricevuto un danno: è un principio stabilito direttamente dalla Costituzione".
Cosa si sarebbe dovuto fare, per evitare questo pasticcio?
"Si sarebbe dovuto introdurre un criterio di solidarietà. Ogni società dovrebbe gestire in modo autonomo i diritti tv. Al tempo stesso la Lega potrebbe stabilire un contributo all’interno del sistema, destinato a un fondo comune, che potrebbe colmare il divario tra le grandi e le piccole società di calcio.

venerdì 20 giugno 2008

Diritti tv, ritorno al futuro

La Lega Calcio continua a ritardare il recepimento della contrattazione collettiva, che andrà in vigore dal 2010. Qualche presidente sta forse pensando alla restaurazione del sistema soggettivo

Ieri si sono riuniti in conclave nella sede di Milano della Lega Calcio i presidenti di serie A e B. E’ stata trovata una soluzione per il regime transitorio 2008-2010 per la mutualità della serie A. Manca ancora il recepimento delle linee guida per il criterio di ripartizione collettiva dei diritti televisivi e l’advisor per la loro vendita. Criteri imposti dal precedente governo Prodi, tramite il decreto legislativo Melandri-Gentiloni, che ha inteso così ripartire in modo più equi i proventi delle risorse tv. La legge entrerà a pieno regime nel 2010.
Si potrebbe ipotizzare quindi che qualcuno all’interno della Lega potrebbe attendere un cambiamento di rotta, magari un ritorno alla vecchia contrattazione soggettiva che privilegiava le grandi squadre, come Inter, Milan e Juve. Che l’aria fosse cambiata lo si è notato già da alcune dichiarazioni di Silvio Berlusconi. In piena campagna elettorale, il numero uno del Pdl dichiarò lunedì 10 marzo su Antenna 3, al programma “Lunedì di rigore” condotto da Fabio Ravezzani che «è chiaro che incombe in Italia la possibilità di vedere ridotte le disponibilità delle grandi squadre e quindi ridotte le loro possibilità di competere con i grandi club europei». Il futuro presidente del Consiglio concluse così: «Immagino che bisognerà intervenire in una direzione diversa da quella che è stata ipotizzata dal governo della sinistra».
In quella stessa settimana, intorno al 14 marzo, Sky presentò il ricorso alla Commissione europea contro la normativa Melandri-Gentiloni. Il vicepresidente vicario del Milan, Adriano Galliani, lo commentò così all’Ansa: «secondo noi è il primo in ordine cronologico e altri ne seguiranno anche davanti ad altri organi giurisdizionali».
Tirando le somme, c’è da pensare l’ipotesi di un probabile ritorno alla contrattazione soggettiva non sia così infondata. Forse la legge Melandri-Gentiloni è stato un rimedio peggiore del male. Si dirà: «ma non era necessario un intervento del governo, visto che le società non trovano un accordo?». Il problema è che le società sono a scopo di lucro e che quindi la Lega, come accade per le consorelle estere (come la tanto celebrata Premier League inglese dove si applica la ripartizione collettiva), avrebbe dovuto stabilire al suo interno il criterio di contrattazione, senza “spinte” dal mondo politico. Per la nostra Costituzione, infatti, l’iniziativa privata è libera. Adesso bisognerà vedere se davvero la legislazione sarà cambiata: bisogna tenere la massima attenzione, poiché è questa la partita fondamentale su cui ruota il calcio nostrano. Infatti il 40-50% dei fatturati delle società è composto dai diritti tv, mentre le altre forme di ricavo (come il merchandising) sono a livelli ancora troppo scarsi. Maggiori entrate significano quindi ossigeno per le campagne acquisti delle squadre. Occorre un criterio che soddisfi tutti: altrimenti ricomincerà la loro moria per fallimento. Fiorentina, Napoli, Torino, Venezia, Ancona, Cosenza ne sono state vittime del precedente sistema: si spera che abbiano insegnato qualcosa.
Marco Liguori

mercoledì 28 maggio 2008

Parla Urbano Cairo

Liberomercato pagine 1-12

«Serie "A"sul modello inglese con la contrattazione collettiva»

Il presidente del Torino chiede una ripartizione più equa degli introiti dei diritti televisivi per migliorare la qualità del campionato di calcio

Marco Liguori
«Il nostro campionato di serie A è spettacolare, superiore a quello spagnolo per un numero maggiore di club con elevato tasso tecnico e secondo solo all’Inghilterra. Ma occorre passare alla forma di contrattazione collettiva dei diritti televisivi per ridurre il distacco economico tra i grandi e i piccoli club e migliorare lo spettacolo». Il presidente del Torino, Urbano Cairo, spiega a Liberomercato i benefici del nuovo sistema introdotto dal precedente governo Prodi, alla vigilia dell’assemblea straordinaria di stamattina delle squadre di A riguardante la ripartizione delle risorse e l’individuazione dell’advisor per la vendita centralizzata dei diritti tv.
Perché sostiene la negoziazione collettiva?
«Credo che possa essere la migliore forma di contrattazione per il calcio italiano. D’altra parte, essa è stata adottata in Inghilterra, che è molto più avanti rispetto al nostro paese per l’organizzazione dello spettacolo calcistico».
Lei ritiene che questo sistema possa ridurre la forbice tra i grandi e i piccoli club?
«Certamente: potrebbe contribuire ad attenuare il divario economico. Il nostro campionato è molto competitivo e interessante. Però c’è una differenza elevata tra fatturati delle prime e quelli delle altre. Esistono tre squadre, Inter, Milan e Juventus che incassano oltre 200 milioni di euro all’anno: un distacco consistente rispetto ad altre società, come la Roma che ha incassato nel 2005/06 circa 128 milioni, il Napoli, la Lazio e la Fiorentina. La riduzione del gap e un conseguente maggior equilibrio contribuirebbe a rendere il campionato di serie A ancor più divertente e appassionante non solo per l’aggiudicazione dello scudetto, ma anche per gli altri obiettivi: l’assegnazione dei posti per la partecipazione alle coppe europee e la lotta per non retrocedere».
Qual è attualmente il rapporto tra la società che incassa di più per i diritti tv e quella che ha un minore introito?
«Quest’anno con la contrattazione soggettiva è all’incirca di uno a sette. E’ uno squilibrio troppo elevato, se si pensa che in Inghilterra si aggira su uno a tre. Con l’accordo raggiunto in Lega alla fine dello scorso anno sulla contrattazione collettiva, il rapporto tra la prima e l’ultima scende decisamente: si attesta attorno tra uno a tre-uno a quattro».
Alcuni presidenti si sono però lamentati del possibile calo degli introiti che porrebbero le società in una posizione di inferiorità rispetto a quelle estere.
«E’ vero, però le grandi squadre hanno grandi vantaggi non solo sui diritti televisivi, ma anche con gli sponsor. Possiedono inoltre stadi con grandi capienze che possono apportare ulteriori consistenti ricavi».
Nell’assemblea di oggi troverete un accordo sull’advisor?
«Sicuramente troveremo un’intesa, dobbiamo trovare in fretta una soluzione».
Non ha timore che qualche presidente stia "remando contro" la legge e attenda un eventuale nuovo provvedimento del governo Berlusconi che ripristini la contrattazione soggettiva?
«Non lo so, sinceramente non ho idea. Credo che la legge attuale porti benefici al nostro campionato: soprattutto non toglie alle grandi società quote di fatturato significative per poter competere con i club europei. Anzi, le società italiane incasseranno, in valore assoluto, somme superiori rispetto a quelle estere».
Qual è il segreto della superiorità economica dei club esteri?
«Prendiamo per esempio l'Inghilterra: al contrario di quelle italiane, le società percepiscono ricavi dagli stadi di loro proprietà e dal merchandising. Inoltre, riescono a vendere meglio il "prodotto" campionato all’estero. La Lega deve quindi predisporre una sezione marketing, adeguata al rango del nostro campionato che ha espresso la Nazionale trionfatrice ai Mondiali 2006 e nel 2007 il Milan campione del mondo di club».
http://www.wikio.it

il pallone in confusione

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Sede: corso Meridionale 11, 80143 Napoli
Editore e direttore responsabile: Marco Liguori

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