Ricerca personalizzata
Visualizzazione post con etichetta domenico latino. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta domenico latino. Mostra tutti i post

lunedì 8 settembre 2008

«Le curve chiuse? E’ una sentenza ingiusta e inappropriata contro il Napoli»

Il noto esperto di diritto sportivo, l’avvocato Domenico Latino, spiega a “il pallone in confusione” che la decisione del giudice sportivo non risolve il problema della violenza negli stadi

«La sentenza è ingiusta, inappropriata e non aiuta a risolvere il problema della violenza negli stadi. Inoltre, la norma sulla responsabilità oggettiva delle società va radicalmente riformata perché espone le società calcistiche ai ricatti della cosiddetta “tifoseria organizzata”». Così Domenico Latino, noto avvocato milanese esperto di diritto sportivo, esprime le sue critiche a “il pallone in confusione” riguardo alla sentenza del Giudice sportivo Giampaolo Tosel, che ha stabilito la chiusura delle curve dello stadio San Paolo dopo i disordini della partita Roma-Napoli. Latino aggiunge che «è umanamente e moralmente comprensibile lo sfogo del presidente Aurelio De Laurentiis di voler lasciare il mondo del calcio». Il legale preannuncia che oltre al danno della sentenza della giustizia sportiva, il Napoli potrebbe subire anche la beffa dei ricorsi degli abbonati: proprio poco fa è stata diffusa la notizia che, Carlo Cincotti, avvocato partenopeo sottoscrittore di un abbonamento in curva B, ha annunciato ricorso al Tar.

Avvocato cosa accade con questo provvedimento di chiusura delle curve all’impianto di Fuorigrotta?
«Ho letto poco fa la sentenza e se ne deduce che gli ultrà irrispettosi del vivere civile e fomentatori di violenza si potranno tranquillamente annidare nelle altre parti aperte dello stadio San Paolo. Il giudice sportivo ha penalizzato in modo eccessivo la società, senza poter ottenere l’effetto preventivo di cui parla».
Questa sentenza è figlia della responsabilità oggettiva?
«Ormai questa disposizione è completamente anacronistica. Paradossalmente questa norma avrebbe dovuto essere un deterrente: invece, la persistenza di fatti di violenza la fa diventare inutile e nociva. Andrebbe rivista poiché alcune frange di tifosi, che probabilmente non lo sono poiché sono forse delinquenti comuni, con i loro atti violenti potrebbero alzare il tiro per ricattare le società».
Può spiegarsi meglio?
«Questi facinorosi potrebbero dire alle società: visto che sei sotto scacco delle penalizzazioni sportive, o ci date ciò che vogliamo oppure rincariamo le azioni violente. Per questo motivo, la norma è paradossalmente pericolosa perché potrebbe mettere ancora più in difficoltà le società. Queste ultime non possono impedire scontri e tafferugli che iniziano fuori dello stadio, com’è successo nella domenica di Roma – Napoli nelle stazioni di Napoli Centrale e Roma Termini: i club non hanno poteri di intervento nell’ordine pubblico e non è loro compito gestirlo».
Sarebbe più opportuno stabilire lo svolgimento di una gara a porte chiuse?
«Sarebbe più logica, poiché gli stadi sono eventualmente i luoghi dove si possono maggiormente commettere atti di violenza. Di conseguenza, si impedisce a tutto il pubblico complessivamente di entrare allo stadio e ai tifosi scalmanati di creare disordini. Ma se, come nel caso del Napoli, si chiude soltanto una parte dello stadio, si spingono i delinquenti a dirigersi verso i distinti e le curve per agire indisturbati: è un’assurdità».
Si corre anche il rischio che, con la chiusura delle curve, gli abbonati si rivalgano sulla società?
«Certo, lo potranno fare. In questo caso scatta la responsabilità oggettiva piena: il Napoli ha venduto un servizio che, per problemi della società, il tifoso non può usufruirne. Quindi, quest’ultimo può chiedere il rimborso. Anche questo è un altro aspetto paradossale della sentenza del Giudice sportivo: oltre a penalizzare la società, diminuendo la capienza del San Paolo e la possibilità di vendere biglietti, non si dà la possibilità agli abbonati che si comportano correttamente di poter vedere lo spettacolo calcistico».
Dunque, oltre al danno anche la beffa?
«Esatto».
Adesso l’Osservatorio delle manifestazioni sportive potrebbe ancora infierire sul Napoli?
«Dopo il divieto di trasferta dei tifosi napoletani, l’organismo del Viminale, che è competente solo per le questioni di ordine pubblico, potrebbe impedire ai sostenitori ospiti di venire al San Paolo. Potrebbe quindi accadere che il Napoli giocherà in casa solo davanti ai propri tifosi, ma quando gioca fuori di non avere il loro sostegno».
Dopo la sentenza, ha ragione De Laurentiis a mollare tutto?
«E’ molto comprensibile poiché da un lato c’è una frangia di tifosi che vuole fare di tutto per far precipitare Napoli e il Napoli nei problemi. Va detto che la parte di tifoseria corretta che non denuncia quelli facinorosi per metterli in condizione di non nuocere. Inoltre, il sistema dell’ordine pubblico e quello della giustizia sportiva sono totalmente inadeguati: sembra che vogliano gettare le colpe unicamente contro la città e la sua squadra. Ciò è ingiusto: Napoli ha i suoi problemi, ma sotto l’aspetto della violenza presenta gli stessi problemi di Milano, Torino, Firenze e Roma e di altre piazze calcistiche».
Cosa bisognerebbe fare?
«Queste frange di esagitati dovrebbero essere individuati, come accade in Inghilterra, e collocati sin dal sabato sera in un luogo dove siano messi in condizioni di non nuocere fino al lunedì mattina. In modo tale che la domenica non possano andare negli stadi per sfasciare tutto»
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, possibile soltanto dietro citazione della fonte)

domenica 9 marzo 2008

tutto cominciò con questo articolo sulla Lazio...

Ringrazio Stefano Prizio di Fiorentina.it per averlo ancora conservato in archivio su
http://www.fiorentina.it/Notizia.asp?IDNotizia=11503&IDCategoria=27 assieme a tutti gli altri scritti da me e Salvatore Napolitano su Bloomberg Investimenti e Il Manifesto.
Pubblico anche il suo commento in corsivo, redatto all'epoca

Bloomberg Investimenti 25 gennaio 2003

Lazio dei misteri...

Ecco l'articolo, a firma Marco Liguori e Salvatore Napolitano, apparso stamattina sul settimanale finanziario Bloomberg Investimenti riguardo la disastrosa situazione contabile della Lazio e le strane circostanze che ne hanno permesso l'iscrizione al campionato di serie A. L'ex presidente Sergio Cragnotti ha affermato ieri in un'intervista al quotidiano torinese La Stampa che «la Lazio non era paragonabile a quella della Fiorentina».

Marco Liguori
Salvatore Napolitano

Il miracolo di cui si legge sulle pagine sportive di tutti i giornali a proposito della Lazio è riferito alla posizione in classifica e al bel gioco espresso. Ma il vero miracolo è un altro e si è materializzato in una calda giornata di fine luglio. In quei giorni, la mannaia della Covisoc, la commissione di controllo sulle società calcistiche, e della Federcalcio stava per abbattersi sulla Fiorentina, cancellandola dai campionati professionistici: un danno solo per gli incolpevoli tifosi viola. Per loro era in arrivo anche la beffa: il salvataggio della Lazio. Un vero miracolo, appunto. Di quel salvataggio ha gioito il presidente federale Franco Carraro, che è anche presidente di Mediocredito Centrale, istituto bancario nell'orbita del gruppo Capitalia. Guarda caso, proprio Mediocredito è il secondo azionista della Lazio con il 5,569%. Ma ha gioito anche Giancarlo Abete, vice presidente federale, fratello di Luigi, presidente della Bnl, terza azionista della Lazio con il 4,49%. E gli Abete e Cragnotti sono soci nel Poligrafico Calcografia e Cartevalori, uno dei marchi italiani più noti nel settore grafico. Inoltre, Capitalia e Bnl hanno in pegno tutte le azioni Lazio possedute dalla Cirio, pari al 50,966% e ripartite tra Cirio finanziaria (35,82%) e Cirio Holding (15,145%). Il salvataggio ruota intorno all'articolo 86 delle norme federali. Esso disciplina il requisito principale richiesto: l'equilibrio finanziario. Il rapporto tra i ricavi e l'indebitamento deve essere non inferiore a tre: le società hanno tempo fino al 15 luglio per regolarizzare la loro posizione. Nel caso della Lazio i ricavi 2002 sono stati di circa 112 milioni di euro. Dunque, i debiti non potevano superare i 37,3 milioni. Per capire sommariamente le cifre del bilancio facciamo un piccolo passo indietro: esattamente al 31 marzo 2002. A quella data, la Lazio era fuori dal parametro: lo riconosceva la stessa società nel prospetto informativo dell'aumento di capitale pubblicato a fine giugno. Il perché è di evidenza solare: un indebitamento netto complessivo di 283,76 milioni di euro, 137,07 dei quali di tipo prettamente finanziario. Niente male per una società che ne fattura annualmente meno della metà. E che la Lazio non avesse molti estimatori nemmeno tra i suoi dirigenti risulta chiaro ove si consideri che Elisabetta, Andrea e Massimo Cragnotti, rispettivamente vice presidente esecutivo, consigliere e direttore generale, possedevano ciascuno la miseria di 111 azioni. Alla chiusura del bilancio, che per le società di calcio è fissato per il 30 giugno, la situazione era divenuta persino più allarmante: 303,79 milioni di euro di indebitamento netto complessivo, con una perdita di 103 milioni e spiccioli. In altre parole, per ogni euro incassato, la Lazio ne ha spesi all'incirca due. Certo, non tutto l'indebitamento di bilancio concorre alla determinazione di quello usato per il calcolo del parametro necessario all'iscrizione: vanno esclusi i finanziamenti infruttiferi e postegrati, che si aggiravano sui 60 milioni. Ma la situazione di dissesto economico e finanziario era chiarissima: per la Deloitte & Touche, incaricata della revisione del bilancio, la società era «in una posizione di squilibrio finanziario in quanto le passività correnti superano in misura significativa le attività correnti». Ma anche il Collegio Sindacale non ha potuto esimersi dal chiudere la sua relazione con parole inequivocabili: «Con specifico riferimento alle rilevanti perplessità e dubbi in ordine alla permanenza del presupposto della continuità aziendale sul quale la società ha redatto il bilancio, non si può esprimere parere favorevole alla sua approvazione». Né la situazione è migliorata in seguito: al 30 novembre, secondo quanto comunicato alla Consob, solo l'indebitamento di tipo prettamente finanziario e quello verso tesserati, Erario ed Enti previdenziali era pari a 192,9 milioni. A proposito di tesserati, Ivan De la Pena vanta ancora un credito di circa 4 milioni. E, tramite il suo legale, l'avv. Domenico Latino, si appresta a proporre una nuova istanza di fallimento perché la Lazio non ha rispettato le clausole dell’accordo transattivo stipulato lo scorso 2 dicembre. Vista la situazione, ci saranno altri miracoli in casa laziale?

Il 27 gennaio potrebbe essere dato il via libera all'aumento di capitale della Lazio da 80 milioni di euro. Ma c'è una chicca che riguarda il famoso aumento di capitale da 55 milioni, che si rese necessario a metà luglio per dare un po' di sollievo alle casse esangui della società, e tramite il quale Mediocredito centrale e Bnl sono diventati azionisti. Cirio Finanziaria e Cirio Holding, detentrici del 35,82% e del 15,145%, sottoscrissero e versarono le somme di loro competenza, pari rispettivamente a 19,6 e a 8,33 milioni di euro. Era il 15 luglio. Ma la Lazio non fece nemmeno in tempo ad annusare quei soldi. Perché contestualmente, la società dette ordine al Mediocredito centrale di accreditare a Cirio Finanziaria e a Cirio Holding i medesimi importi appena ricevuti. Questa seconda operazione fu comunicata in tempi successivi: e ha provocato le rimostranze del Collegio Sindacale, che, nella relazione al bilancio, ha osservato che essa ha «vanificato in capo alla società i benefici finanziari» dell’aumento di capitale.
http://www.wikio.it

il pallone in confusione

Registrazione n° 61 del 28 settembre 2009 presso il Tribunale di Napoli
Sede: corso Meridionale 11, 80143 Napoli
Editore e direttore responsabile: Marco Liguori

Si prega di non intasare le caselle di posta elettronica con spam pubblicitario e di altro tipo (come appelli politici). Questo sito tratta solo di calcio, finanza del calcio e di argomenti affini. Ogni abuso sarà punito.

Le foto presenti su "il pallone in confusione" sono state in gran parte prese da siti Internet: dovrebbero essere di pubblico dominio. Se i soggetti o gli autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, possono segnalarlo a uno dei due indirizzi email sopra indicati