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mercoledì 20 ottobre 2010

Avvocato Turrà: incidenti Genova, ecco quali sanzioni rischia l’Italia

Il pallone in confusione ospita il parere di un noto esperto in materia di diritto sportivo che spiega i motivi di una possibile sanzione ad opera dell’Uefa anche contro la Figc, a seguito dell’incontro Italia-Serbia interrotto a pochi minuti dall'inizio


A seguito della sospensione della gara di qualificazione a UEFA EURO 2012 tra Italia e Serbia di martedì scorso allo stadio Luigi Ferraris di Genova, dovuta alle intemperanze dei tifosi della squadra ospite, iniziate ancor prima dell’avvio dell’incontro e proseguite per molte ore al di fuori dell’impianto sportivo, la UEFA ha emesso un comunicato dichiarando di aver aperto un'inchiesta disciplinare completa e a tutto campo sugli incidenti e i seri disordini che si sono verificati.
Essa si baserà sull’analisi dei referti dell’arbitro (che in prima persona prese la decisione di sospendere la partita) e del delegato UEFA presente allo stadio: sarà poi la Commissione Disciplinare e di Controllo UEFA nella riunione di giovedì 28 ottobre a decidere se e a chi comminare eventuali sanzioni.
Anche l’Italia rischia una sanzione: lo prevede il combinato disposto degli articoli 6 (Responsabilità) e 14 (Misure disciplinari) del Regolamento Disciplinare UEFA, edizione 2008, ancora vigente.
Esse sono ricalcate in Italia dal nostro Codice di Giustizia Sportiva, che prevede una analoga "responsabilità oggettiva" a carico della società che ospita l’incontro di calcio nel proprio impianto sportivo (anche se lo stadio non sempre è di sua proprietà), avvalendosi dei propri stewards e della propria organizzazione.
Tale regola, dai più invisa ed anzi considerata ingiusta, ha la propria ragion d’essere nel tentativo di responsabilizzare le società ospitanti nella prevenzione degli incidenti, attraverso una fitta e rigorosa rete di controlli, sia prima che durante e dopo il match.
Nel caso di Genova gli scarsi controlli (mancate perquisizioni) all’ingresso dello stadio sono stati conseguenza del tentativo di ridurre i danneggiamenti dei tifosi serbi alle auto e a i negozi, lungo il percorso che conduce allo stadio, affrettandone l’ingresso nell’impianto sportivo.
Tornando al Regolamento Disciplinare UEFA, in particolare l’art. 6 dispone che l’associazione o club ospitante è responsabile per l'ordine e la sicurezza sia all'interno che intorno allo stadio prima, durante e dopo la partita ed è responsabile per gli incidenti di qualsiasi natura, e pertanto può essere oggetto di misure disciplinari.
L’art.14 del Regolamento, invece, elenca quali misure possono essere imposte, a norma dell'articolo 53 dello statuto UEFA: esse vanno da provvedimenti meno gravi, quali l’avvertimento, la nota di biasimo, l’ammenda, ad altri che incidono sulla gara o sul torneo, quali l'annullamento di una partita, l’ordine di rigiocarla, la detrazione di punti, l'aggiudicazione di una gara "a tavolino", la disputa di una partita a porte chiuse, fino alle conseguenze estreme quali la chiusura dello stadio, la disputa dell’incontro in un paese terzo, l'interdizione dalle gare in corso e/o l'esclusione dai campionati futuri, la revoca di un titolo o addirittura di una licenza. Ad esse può essere aggiunta anche l’irrogazione di sanzioni pecuniarie.
Infine l’art. 15 del Regolamento Disciplinare UEFA dispone che la sanzione possa essere sospesa per un periodo (cosiddetto di prova) per verificare se si evidenzino recidive.
A mio avviso nei confronti dell’Italia potrebbero essere presi, al più, provvedimenti minimi.
In primo luogo, per quanto affermato dal presidente Figc Giancarlo Abete ovvero "è la prima volta in 100 anni di storia della Federazione che succede una cosa del genere"; inoltre per le scarse (qualcuno ipotizza addirittura errate?) informazioni fornite dalle autorità serbe prima dell’incontro; ancora per il comportamento esemplare tenuto dal pubblico italiano, che non ha minimamente reagito alle provocazioni; infine perché il servizio d’ordine ha evitato conseguenze più gravi ed ha anche arrestato alcuni dei colpevoli degli incidenti.
La federazione serba rischia, invece, pesanti sanzioni, ai sensi dell’art. 11 del Regolamento UEFA, per il comportamento dei propri sostenitori, tra cui il tentativo di invasione del campo di gioco, il lancio di oggetti, l'accensione di fumogeni, l'utilizzo di gesti, parole, oggetti ed altri mezzi per trasmettere messaggi politici, provocatori ed offensivi, nonché per tutti gli atti di danneggiamento.
Fabio Turrà
fabio_turra@libero.it
RIPRODUZIONE (ANCHE PARZIALE) DELL'ARTICOLO CONSENTITA PREVIA CITAZIONE DELLA FONTE: IL PALLONE IN CONFUSIONE
http://marcoliguori.blogspot.com/

lunedì 27 luglio 2009

Ecco luci e ombre della revisione del Tas su Mannini e Possanzini

L’avvocato Fabio Turrà spiega in esclusiva a "il pallone in confusione" il contenuto delle 21 pagine dell’ultima sentenza che ha sancito l’assoluzione dei due calciatori

Mannini e Possanzini sono stati assolti. Ha avuto così termine oggi davanti al Tribunale Arbitrale per lo Sport la lunga telenovela della squalifica dei due atleti iniziata un anno e mezzo fa, quando militavano insieme nel Brescia, a causa della loro inadempienza nel presentarsi in ritardo ai medici del Coni per il controllo antidoping: entrambi erano “puliti” da qualsiasi sostanza proibita. L’organismo giudicante di Losanna ha messo la parola fine smentendo però anche se stesso per le diverse decisioni precedenti: è questo il succo delle 21 pagine della sentenza, esaminate in esclusiva per “Il pallone in confusione” dall’avvocato napoletano Fabio Turrà.

Avvocato Turrà, qual è la sua opinione sulla sentenza del Tas sul caso Mannini/Possanzini?
«Devo esprimere le mie perplessità sulla "revisione" della sentenza n.2008/A/1557 emessa dal Tas. Nella mia precedente intervista a “il pallone in confusione” (clicca qui per leggerla) dissi che la sentenza, seppur ingiusta visto che Mannini e il suo ex compagno di squadra Possanzini erano completamente innocenti, in quanto "puliti" al test antidoping, era "giuridicamente ineccepibile". Purtroppo non si può dire altrettanto di quella che ne ha disposto la revisione.
Perché?
«Per cominciare, la richiesta di revisione avrebbe potuto essere esaminata dalla Corte internazionale solo quando le parti soccombenti in causa, in questo caso la Figc e il Coni, oltre ai due giocatori, avessero potuto contribuire con elementi nuovi di cui non potevano essere a conoscenza in epoca precedente all'emissione della sentenza da riesaminare o di cui non potevano oggettivamente dare prova in quell’epoca».
Può spiegare le criticità?
«La prima si può rinvenire nel fatto che nello statuto e nei regolamenti del Tas non è codificata in alcun modo la possibilità di riapertura di un processo per "revisione". Dunque la sentenza odierna, oltre a destare scalpore, è destinata, come dicono gli esperti del diritto, a fare "giurisprudenza": in altre parole, essa potrà essere invocata, in futuro, come rilevante precedente giudiziario per la riapertura di casi ormai chiusi con sentenze definitive. Chi pratica le aule dei Tribunali (a tutti i livelli, non solo quelli sportivi) sa quanto difficile sia riaprire un caso ormai chiuso con sentenza inappellabile: ebbene la Figc, in questo caso, ci è riuscita».
Sembra di capire che è un “pasticcio” giuridico…
«Proprio così, anche se si esamina la seconda criticità. Essa si deve rinvenire nel fatto che la Wada (NDR: l’agenzia internazionale antidoping) che, ricordiamo, aveva fatto appello al Tas perchè riteneva troppo blanda la sanzione di 15 giorni di sospensione dall'attività agonistica, inflitta ai due giocatori del Brescia dal Giudice di Ultima Istanza del Coni, chiedendo la condanna con una squalifica di due anni - poi dimezzata dal Tas, abbia di buon grado accettato di riaprire un caso chiuso a suo favore. Nella pratica forense, una tale disponibilità non la si rinviene praticamente mai, ed è facile immaginarne i motivi».
Ma come potrebbe essere successo tutto ciò?
«Stavolta la Wada, a distanza di pochissimo tempo dall'emissione della sentenza del Tas, non ha frapposto ostacoli, ovvero si è dimostrata disponibile ad un nuovo giudizio sugli stessi fatti: questa è la prova evidente che qualcosa deve essersi mosso, a livello internazionale, per "convincere" la Wada ad accettare la riapertura del processo. E' probabile, infatti, che la nostra Federazione, attraverso i suoi componenti più rappresentativi, abbia sollecitato i vertici europei e mondiali del calcio, per fare pressione sulla Wada e rendere possibile così la riapertura del caso».
E quindi Mannini e Possanzini sono stati assolti: esistono a suo parere altri punti oscuri?
«Per giungere a tanto sono state molte le anomalie processuali, come ad esempio citare testimoni la cui individuazione era possibile anche nel primo processo. A mio avviso, questa è la terza criticità ed è stata commessa dalle parti tutte e anche dalla Corte internazionale stessa che ne ha ammesso l’audizione, portando alla revisione della sentenza n.1557/2008 del Tas, di fatto rendendola inefficace e ridando validità a quella del Giudice di ultima istanza del Coni di squalifica per soli 15 giorni, peraltro già scontata dai due calciatori».
Per concludere, quali sono le conseguenze della “revisione”?
«Se da un canto ha reso possibile eliminare la palese ingiustizia derivante dall’allora squalifica inflitta, ha reso, almeno apparentemente, meno stringenti i dettami della normativa mondiale anti-doping e meno credibile l'operato del Tas che nella sentenza odierna arriva - impiegando ben 21 pagine - a smentire se stesso».
Marco Liguori
Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte

Per leggere la precedente intervista all'avvocato Turrà sul caso Mannini-Possanzini cliccare qui
http://www.wikio.it

il pallone in confusione

Registrazione n° 61 del 28 settembre 2009 presso il Tribunale di Napoli
Sede: corso Meridionale 11, 80143 Napoli
Editore e direttore responsabile: Marco Liguori

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