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giovedì 2 aprile 2009

Gea: la Procura della Repubblica impugna la sentenza

La Procura della Repubblica di Roma non è d'accordo sulla conclusione del processo che sino all'8 gennaio scorso ha visto sul banco degli imputati Luciano Moggi, suo figlio Alessandro e il 'verticè della Gea, la società che gestiva con ruolo di preminenza, l'attività di atleti e allenatori del calcio italiano. Perciò il pubblico ministero Luca Palamara ha presentato appello contro la decisione con la quale la decima sezione penale del tribunale di Roma, presieduta da Luigi Fiasconaro, ha condannato l'8 gennaio scorso Luciano Moggi e suo figlio Alessandro per violenza privata e tentativo di violenza privata rispettivamente a 1 anno e 6 mesi e ad 1 anno e 2 mesi, assolvendo poi con formula piena gli altri imputati cioè, Francesco Zavaglia, Davide Lippi, Francesco Ceravolo e Pasquale Gallo. Solo per quest'ultimo Palamara non ha presentato appello.
Moggi e il figlio furono assolti dall'accusa di associazione per delinquere (come gli altri) e da altri episodi di violenza privata, ma furono invece condannati per lo stesso reato nei confronti del calciatore Emanuele Blasi e di tentativo di violenza privata nei riguardi di due calciatori russi Ilyas Zeytulaev e Victor Budyanskiy. Piena assoluzione invece per tutti gli altri imputati. Decisione contro la quale ora Palamara ha presentato ricorso sollecitando anche per quanto riguarda Moggi e figlio la contestazione dell'associazione per delinquere nonchè della violenza privata nei confronti di un altro gruppo di calciatori: Davide Baiocco, Emanuele Blasi, Giovanni Tedesco, Fabio Gatti, Davide Trezeguet, Giorgio Chiellini, e Ilyas Zeytulaev e Victor Budyanskiy i due russi per i quali sono stati condannati Luciano Moggi e il figlio Alessandro. Contro la sentenza pronunciata dalla decima sezione penale del tribunale di Roma già avevano presentato appello i difensori dei Moggi, Marcello e Matteo Melandri, che nel processo davanti alla decima sezione li avevano assistiti.
Fonte: Adnkronos

mercoledì 28 gennaio 2009

Processo plusvalenze Juve: chiesta audizione Zavaglia

L'audizione di Franco Zavaglia, ex amministratore delegato della Gea, è stata chiesta oggi dalla difesa all'udienza preliminare per i conti della vecchia gestione della Juventus. Zavaglia era stato assolto lo scorso 8 gennaio al processo sulla società di procuratori sportivi celebrato dal tribunale di Roma. L'udienza torinese è stata aggiornata al 3 marzo per dare tempo alle parti di esaminare le consulenze depositate dalle difese. Ad essere chiamati in causa sono Antonio Giraudo, Luciano Moggi, Roberto Bettega e, nella veste di persona giuridica, la stessa Juventus, che ha chiesto di patteggiare una pena pecuniaria.
L'accusa, basandosi sulla consulenza di Mario Adinolfi, agente della Figc, contesta irregolarità di bilancio legate alla compravendita di calciatori. Si parla di intermediazioni fittizie sulle trattative per quattro atleti (Zidane, Maresca, Mutu, Miccoli) e di violazioni sulle cosiddette plusvalenze per altri. L'esperto interpellato della procura, per esempio, contesta la valutazione di Bachini nel momento in cui, nel 2001, passò al Parma: pagato 28 miliardi di lire, per Adinolfi ne valeva fra i 6 e gli 8. Lo stesso discorso vale per Brighi, ceduto al Parma nel 2002 per 10 milioni di euro a fronte di un valore stimato fra i 4 e i 5. Le difese, forti tra l'altro di un rapporto di Luca Ferrari, avvocato esperto in transazioni calcistiche, ribattono che è impossibile calcolare la quotazione di un giocatore in modo matematico, visto che i fattori da esaminare (età, stato di forma, rendimento, la simpatia di un allenatore, sintonia con i compagni) sono troppi e cambiano continuamente. I fatti presi in esame coprono un arco di tempo cominciano nel 2001 (ma per quell'anno sono prescritti) e il 2005, perché per il 2006 sembra che il falso in bilancio non abbia superato la soglia di punibilità.
Fonte: Ansa

venerdì 9 gennaio 2009

Chi era il socio della Gea nascosto da Romafides? Resterà un mistero

I senatori della Lega Nord Stiffoni e Tirelli presentarono nel novembre 2002 un'interpellanza ai ministri Tremonti e Urbani in cui si ipotizzava che la società di procuratori avesse «probabilmente avuto quale fondatore anche il figlio del presidente della Federcalcio» Franco Carraro. Un enigma tuttora irrisolto

Ripropongo questa mia intervista che ho rilasciato il 14 maggio 2006 alla collega Marina Beccuti su www.toronews.net Rileggendola dopo circa due anni e mezzo, mi sembra di essere stato facile profeta: "calciopoli" è stato solo un grande polverone, che ha coperto le responsabilità di chi ha gestito il palazzo del calcio fino al 2006. Molto probabilmente la verità su ciò che è davvero accaduto non verrà mai a galla. A proposito della Gea World, parlai (dopo averne scritto nel 2004 con Salvatore Napolitano nel libro "Il pallone nel burrone") dell'interpellanza presentata il 13 novembre 2002 dai senatori della Lega Nord, Piergiorgio Stiffoni e Francesco Tirelli, agli allora ministri Tremonti e Urbani sul socio occulto che si nascondeva dietro la fiduciaria Romafides dell'allora gruppo Capitalia, oggi confluito in Unicredit: gli esponenti del Carroccio avanzarono il dubbio che la Gea World avesse «probabilmente avuto quale fondatore anche il figlio del presidente della Federcalcio» ossia Luigi Carraro, rampollo di Franco allora numero uno della Figc. Ciò non è dato saperlo: i senatori non hanno mai avuto risposta, nè il processo (di cui ieri è stata pronunziata la sentenza di primo grado) ha dato chiarimenti in merito. E non lo sapremo mai più.
Marco Liguori

"Qualche testa cadrà, ma temo non sarà una rivoluzione''
Intervista a Marco Liguori
Insieme al collega Salvatore Napolitano, Marco Liguori ha iniziato a indagare sugli affari della Gea, per poi produrne un libro di successo “Il pallone nel burrone”. Ora siamo arrivati al bordo di questo burrone, forse ci siamo già finiti dentro, è quasi impossibile stare dietro a tutte le notizie che si susseguono di ora in ora e che non fanno che aumentare il grande circo di chi ha barato per ottenere favori. Abbiamo chiesto proprio a Marco Liguori, che di mestiere fa il giornalista economico del Sole24ore, che sta succedendo e come si è arrivati a questo terremoto.
Partendo dal fondo Marco, ma alla fine cosa succederà?
“Temo niente, nel senso che il calcio non ha la forza per risollevarsi per cui pagheranno alcuni dirigenti, cadranno alcune teste, ma le cose alla fine resteranno come prima. Un consiglio che mi sento di dare è che la Lega venga gestita da manager esterni, non dai presidenti stessi delle società di calcio”.
In Italia è facile avere sospetti, in questo caso si può pensare che se cade un potere è perché ce n’è un altro in atto che cerca di spodestare il primo. E’ possibile come deduzione?
“E’ possibile, niente nasce per caso e comunque se siamo arrivati a questo punto non è solo grazie alle indagini, alle intercettazioni, ma perché certamente qualcuno ha parlato, ha confessato come stavano le cose”.
Intanto si può pensare che anche gli altri procuratori, per intenderci non della Gea, si siano stufati di non poter svolgere il loro lavoro in modo professionale e autonomo, concordi?
“Salvatore ed io abbiamo sentito molti altri procuratori, non della Gea, i quali ci hanno raccontato tante cose che però non abbiamo potuto pubblicare e loro stessi vogliono restare anonimi per timore, per paura, per non esporsi”.
Le vostre inchieste partono a cavallo tra il 2002 e il 2003 in scia ad un’interpellanza parlamentare fatta da due deputati leghisti Tirelli e Stiffoni, che fine hanno fatto quelle interpellanze?
“Giacciono in qualche scrivania di Palazzo Chigi, a prendere polvere. Le richieste di fare luce sul caso erano state portate al cospetto di Tremonti e Urbani, ma i due ormai ex Ministri non hanno mai fornito una risposta”.
Almeno a livello politico la questione è stata trasversale, la denuncia parte da due esponenti della Lega, voi ne avete fatta un’inchiesta giornalistica che venne pubblicata dal Manifesto. Mai avuto pressioni giornalistiche?
“No, siamo sempre stati liberi in questo lavoro. Per chiudere il cerchio della trasversalità politica ricordiamo che le società calcistiche sono state trasformate in S.P.A. a scopo di lucro dal precedente Governo Prodi”.
Nella Gea c’erano altre due società: la Football Management e la General Athletic, ma esisteva anche una finanziaria, Romafides del gruppo Capitalia, che pare detenesse il 40% della Gea, una società di cui si è sempre saputo molto poco.
“Non solo non si è mai capito il suo effettivo ruolo, ma soprattutto dietro c’era un personaggio occulto cui si ipotizzò si trattasse di Luigi Carraro, sì proprio il figlio di Franco, il presidente della Figc che ha dato le dimissioni in questi giorni. Un giorno Alessandro Moggi candidamente al Corriere dello Sport disse che dietro alla Gea non c’era nessuna fiduciaria, di andare a controllare alla Camera di Commercio. Andammo e incredibilmente Romafides era scomparsa. Tra le altre cose mentre degli altri procuratori si conoscono i giocatori affiliati, della Gea non si conoscono tutti i loro assistiti, se non i più noti, come Nesta per esempio”.
Al Tg3 Carlo Nesti ha fatto il nome di Baraldi come possibile successore di Moggi alla Juventus. Non è un nome nuovo nel mondo del calcio, un personaggio non del tutto esente dall’aver aggirato qualche regola…
“In effetti Baraldi è stato colui che ha spalmato dapprincipio i debiti Lazio in cinque anni. Realizzò lo spostamento di una serie di partite di debito, compresi gli stipendi dei calciatori. Nel CdA del Parma Baraldi fu l’unico che prese 318mila euro come quota di liquidazione, mentre tutti gli altri soci incassarono zero euro. Adesso fa il presidente della squadra della sua città: il Modena”.
In bocca al lupo al calcio, ne ha davvero bisogno!
Tratto da https://www.toronews.net/index.php?action=article&ID=2049
La riproduzione del testo introduttivo e dell'intervista è consentita soltanto dietro citazione delle fonti "il pallone in confusione" e "Toronews.net"

giovedì 8 gennaio 2009

Big Luciano: «Le accuse non reggeranno in appello: farò golden gol»

«Alla fine hanno assolto la Gea e hanno condannato i Moggi: è una vergogna. Ma la montagna ha partorito il topolino. Mi dispiace soltanto per mio figlio Alessandro, lui è giovane». Questo il primo commento dell'ex dg della Juve Luciano Moggi alla sentenza del Tribunale di Roma sul processo Gea. «Queste accuse non reggeranno in appello - ha aggiunto Moggi, parlando con l'Ansa - Il processo di secondo grado non saranno i tempi supplementari di questa vicenda. Lì andiamo al golden gol».
«Dopo questa sentenza mi aspetto che direttori sportivi e società di calcio insorgano perché tutti potrebbero essere accusati di violenza privata», ha aggiunto Moggi. «Mi aspettavo questa sentenza. Dopo quello che ha detto il Pm Palamara non tutto poteva cadere: è caduto il masso (il reato di associazione per delinquere, ndr) ma il mattone doveva rimanere», spiega l'ex direttore generale della Juventus. E per mattone Moggi intende il reato di violenza privata che riguarda le presunte pressioni nei confronti dei calciatori Emanuele Blasi e Nicola Amoruso, contestazioni che "Big Luciano" giudica «ridicole».
Fonte: Ansa

Processo Gea, Palamara: nessuna collaborazione dai calciatori

Il Pm: «Come ho detto anche durante la requisitoria, i giocatori non hanno portato alcun contributo alla formazione della prova in dibattimento. Fanno parte di questo mondo ed evidentemente hanno altri interessi»

Prima di ogni altra valutazione, il pm Luca Palamara, autore dell'inchiesta Gea assieme a Maria Cristina Palaia, aspetta di leggere le motivazioni della sentenza che ha ridotto lo scandalo del mondo dei procuratori sportivi a qualche episodio di violenza privata. Una valutazione iniziale, però c'è già: «Resta il fatto che nel mondo del calcio sono avvenuti episodi di violenza e minaccia - ha spiegato il pm Palamara - episodi che stridono con i valori fondanti dello sport. Non è dignitoso che sia un giudice a doversi accupare di quel che avviene nel calcio».
Giudizio amaro, poi, sul contributo alle indagini portato dai calciatori: «Come ho detto anche durante la requisitoria, i giocatori non hanno portato alcun contributo alla formazione della prova in dibattimento. Fanno parte di questo mondo ed evidentemente hanno altri interessi». E' presto per dire se i pm ricorreranno in appello contro una sentenza a rischio prescrizione e già condonata e indultata sia per Luciano Moggi (un anno e sei mesi) sia per Alessandro (un anno e due mesi). Le motivazioni del giudice Fiasconaro arriveranno nei prossimi quaranta giorni.
Fonte: Asca

Processo Gea: Luciano Moggi condannato a un anno e sei mesi

Condannato anche Alessandro Moggi a un anno e due mesi: assolti tutti gli altri imputati. La sentenza è stata sospesa, poiché i reati ricadono sotto l'indulto approvato nel 2006 dal governo Prodi. Soddisfatti gli avvocati difensori: è caduto il reato di associazione per delinquere

Si è concluso pochi minuti fa il primo grado del processo riguardante le presunte irregolarità della Gea World, svoltosi davanti alla decima sezione penale del Tribunale di Roma. La sentenza ha disatteso tutte le richieste del Pm Luca Palamara. Luciano Moggi (foto a sinistra) è stato infatti condannato a un anno e sei mesi di reclusione, contri i sei richiesti anni dall'accusa: il figlio Alessandro (foto a destra) a un anno e due mesi di reclusione. Invece sono stati assolti tutti gli altri quattro imputati: Franco Zavaglia. Davide Lippi, e dei collaboratori dei Moggi Pasquale Gallo e Francesco Ceravolo. Le condanne sono state inflitte soltanto per il reato di violenza privata in relazione ai rapporti con alcuni calciatori. Assolti invece tutti gli altri imputati con formula piena. Agli imputati erano stati contestati ben 15 episodi illeciti: la sentenza pronunciata dal Tribunale dopo oltre due ore di camera di consiglio li ha invece dichiarati insussistenti. Nonostante la condanna, non ci saranno conseguenze per Luciano e Alessandro Moggi. I fatti per i quali sono stati condannati sono infatti precedenti al maggio 2006 e, pertanto, sono coperti dalla normativa sull'indulto approvata il 30 luglio 2006 dal governo Prodi e fortemente voluta dall'ex ministro della Giustizia Clemente Mastella. Il collegio presieduto da Luigi Fiasconaro ha infatti disposto la sospensione della pena per entrambi gli imputati. I reati a cui si riferiscono le due condanne riguardano le trattative svolte tra l'ex dg della Juventus, il figlio e i calciatori Nicola Amoruso, Emanuele Blasi, Ilyas Zeytulaev e Victor Budiansky.
Da quanto si apprende, è caduto il reato di associazione per delinquere inizialmente contestato. «Rispetto la sentenza ma aspetto le motivazioni» ha detto Palamara: sicuramente la publica accusa appellerà il provvedimento, non appena saranno rese note le motivazioni. Oltre a quella di Moggi Senior, il pm aveva chiesto la condanna di Alessandro Moggi a cinque anni, di Franco Zavaglia a tre anni e mezzo, di Francesco Ceravolo a due anni e quattro mesi, di Davide Lippi a un anno e quattro mesi e di Pasquale Gallo a otto mesi di reclusione.
Invece, l'avvocato dell'ex consigliere di amministrazione con poteri esecutivi e direttore generale della Juventus, Marcello Melandri, usa toni decisamente più positivi e annuncia l'impugnazione della sentenza. «Leggeremo le motivazioni per capire le ragioni della condanna inflitta a Luciano Moggi per violenza privata ai giocatori, ma quello che mi preme è che è caduto il reato di associazione per delinquere e che il tribunale non ha ravvisato danni subiti dai procuratori sportivi». Grande delusione e amarezza è stata espressa da Alessandro Moggi dopo la lettura della sentenza: «Sono amareggiato, io non ho fatto nulla» ha detto al'Ansa. Invece suo padre Luciano, che ha assistito impassibile alla lettura del dispositivo, ha invece lasciato il tribunale da una porta secondaria. «Il fatto che i giudici hanno detto che non c'e' alcuna associazione per delinquere - ha aggiunto Alessandro Moggi - è perché non c'é mai stata alcuna associazione a delinquere. Mi aspettavo l'assoluzione piena per tutti gli imputati». Alessandro Moggi ha poi voluto precisare che «la Gea è stata assolta completamente; è stato condannato solo il suo presidente mentre sono stati assolti tutti i membri del Cda. Questo a mio avviso è la conferma che era solo una società che ha tentato di rivoluzionare in maniera positiva il mercato dei procuratori. Quella di oggi è solo la sentenza di primo grado, andremo certamente avanti». Il figlio dell'ex dirigente della Juventus ha voluto precisare che «il calcio non è assolutamente mai stato malato. Io faccio parte di questo mondo e ne sono pienamente convinto».
Soddisfazione è stata espressa da un altro esponente di primo piano della Gea World, Francesco Zavaglia, che si è dichiarato dispiaciuto per Alessandro Moggi . «Mi dispiace comunque -ha detto Zavaglia- per Alessandro Moggi che non ha nulla da rimproverarsi». Zavaglia rifila una stoccata polemica ai mezzi d'informazione: «E' stato un processo mediatico. Il sistema c'era prima e c'è ancora. Non e' cambiato nulla». I suoi legali, Maurilio Prioreschi e Paolo Rodella, spiegano che «la sentenza emessa dal tribunale dimostra che la Gea ha operato correttamente: questo perché è caduta l'associazione per delinquere e perché le condanne inflitte ai Moggi per violenza privata fanno escludere la sussistenza del reato di concorrenza illecita con minaccia e violenza che la procura aveva contestato».
Marco Liguori
Leggi anche Processo Gea, Palamara: nessuna collaborazione dai calciatori
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sabato 6 dicembre 2008

Processo Gea: la parola alla difesa

Il processo a Roma sulla Gea World è alle ultime battute. Dopo le conclusioni del Pubblico ministero, in settimana gli avvocati difensori degli imputati hanno espresso tutte le loro controdeduzioni. Sul sito Ju29Ro è possibile leggere un'ampia sintesi delle loro arringhe.
il pallone in confusione

martedì 2 dicembre 2008

Gea, difesa Moggi: «Non è Fiorello, non è San Luigi Gonzaga, ma non è Belzebù»

Quando mancano le prove «si deve avere il coraggio di assolvere, quando nel corso del dibattimento non si è arrivati a nulla, bisogna avere la forza di assolvere. Moggi non sarà per simpatia come Fiorello e non è nemmeno San Luigi Gonzaga, ma sicuramente non è quel Belzebù che è stato descritto». E' stato il giorno della difesa al processo Gea. E' stato il giorno dell'avvocato Marcello Melandri, difensore dell'ex dg della Juventus (il pm per lui ha chiesto la condanna a sei anni di reclusione), davanti alla X sezione penale del tribunale di Roma, dove Moggi è imputato di associazione a delinquere finalizzata all' illecita concorrenza con minacce e violenza, insieme con il figlio Alessandro, Davide Lippi, Franco Zavaglia, Francesco Ceravolo e Pasquale Gallo. Marcello Melandri ha centrato la sua arringa sulle archiviazioni fatte dal gip nei mesi scorsi per altri ex soci della Gea World, come Chiara Geronzi, Giuseppe De Mita, Riccardo Calleri, oltre al proscioglimento dell'ex patron del Perugia Luciano Gaucci. «Noi non ci lamentiamo della loro archiviazione - ha detto ma ne siamo contenti - ci doliamo delle accuse non suffragate da prove nei confronti degli altri imputati».
Fonte: Ansa

lunedì 10 novembre 2008

Moggi: «Ho chiuso con il mondo del calcio»

Lo ha affermato l'ex direttore generale e consigliere di amministrazione con poteri esecutivi della Juventus nell'udienza odierna del processo alla Gea World. Il figlio Alessandro: erano i calciatori a cercarmi

«Il calcio è un mondo che non mi interessa più, non voglio tornarci. Lo guarderò dall'esterno come un critico giornalista». Lo ha detto Luciano Moggi al processo che si tiene a Roma sui presunti illeciti attribuiti alla Gea, la società che gestiva le procure di numerosi calciatori. Moggi è intervenuto facendo spontanee dichiarazioni. In particolare ha descritto la sua attività di dirigente spiegando di aver coniugato «risultati sportivi e benedici economici». «Ho vinto scudetti e coppe - ha affermato rivolgendosi ai giudici della X sezione del tribunale - ci sono stati anche dividendi per gli azionisti e la Juventus non ha mai messo soldi di tasca propria». E, come fiore all'occhiello di questa attività, ha ricordato la cessione di Zinedine Zidane al Real Madrid per 150 miliardi di lire. In questo contesto - ha aggiunto - si è dovuto confrontare con giocatori «viziati i quali hanno sempre voglia di rinnovi contrattuali e di adeguamenti economici». «Mai nessun favoritismo a mio figlio - ha detto ancora - le nostre erano due attività separate». Oltre a Moggi, ed al figlio Alessandro, sono imputati anche Franco Zavaglia, Davide Lippi, Pasquale Gallo e Francesco Ceravolo per associazione per delinquere finalizzata all'illecita concorrenza con violenza e minaccia. Domani la requisitoria del pm Luca Palamara, la sentenza a gennaio.
Il primo a chiedere di fare dichiarazioni spontanee è stato Alessandro Moggi che fino ad oggi non era mai intervenuto nel corso delle udienze. Ha raccontato che dopo aver cercato di fare il calciatore senza risultati apprezzabili e prima ancora il raccattapalle ha pensato di diventare procuratore sportivo partendo dal basso. E lo ha fatto senza ricevere alcun aiuto da parte di suo padre. «Soffro ancora per essere stato definito 'il figlio di Moggì perchè con questo accostamento non è stato per me facile affermarmi». Se ha fatto carriera lo deve a Franco Zavaglia, ha spiegato, con il quale nel '93-'94 creò la società Football management che nel 2001 diventò Gea confendosi con la General atletic della quale facevano parte i figli di Cragnotti e di Tanzi. «Respingo i reati che mi vengono contestati - ha detto Alessandro Moggi - Non li ho commessi e lo dimostra il fatto che ancora oggi i calciatori che avevo dovuto abbandonare quando si è aperta l'inchiesta sono tornati da me e ancora li rappresento. Il mio lavoro è sempre andato avanti grazie e soprattutto ai rapporti personali e alla fiducia che hanno avuto in me calciatori e società».
Luciano Moggi, intervenendo subito dopo il figlio, si è scusato per le sue «intemperanze» manifestate durante le precedenti udienze, giustificandole tuttavia come «reazione nei riguardi di persone che mi volevano infangare». Ha ribadito comunque i suoi contrasti con l'ex direttore sportivo della Roma, Franco Baldini, al quale rimprovera tra l'altro di avere spinto una persona ad accusarlo rivolgendosi al maggiore dei carabinieri Auricchio che svolgeva l'inchiesta sulla Gea. In questo contesto Moggi oltre ad accusare Baldini di aver fatto dichiarazioni mendaci, ha negato di averlo minacciato poichè durante un incontro equivocò sul tenore le sue parole. «Io -ha detto Moggi- parlando del mondo del calcio mi ricordai che viviamo in un campo turbolento e che dovevamo aiutarci tra di noi. Ma lui ha dato un diverso significato alle mie parole». Sempre con riferimento a Baldini Moggi a proposito dei calciatori prestati dalla Juve al Messina ha negato di essere diventato «il gestore occulto» di questa squadra. E i prestiti fatti dalla Juve avvenivano praticamente a titolo gratuito.
«Passare per capro espiatorio di una vicenda che ha procurato tanti problemi anche nella famiglia di mio figlio Alessandro va bene, ma non bisogna esagerare. Se tutto quello che succedeva prima non succedesse più direi 'ho sbagliatò, ma non è così. Prima erano complotti, ora sono casualità». Questo un altro passo delle dichiarazioni spontanee di Luciano Moggi al processo Gea. Durante il suo intervento, l'ex dg della Juventus ha lanciato stilettata ai suoi accusatori, in particolare all'ex dirigente della Roma Franco Baldini, che ora lavora per la federcalcio inglese. «È la persona che chiese ad un procuratore di testimoniare contro di me al maggiore dei Cc Auricchio - ha detto Moggi -. È lo stesso che mi ha accusato per Baiocco, ma la Roma lo perse perchè lo voleva a parametro zero e lo avvicinò pur essendo in costanza di contratto; mi ha accusato per l'affare Chiellini, ma la Roma non poteva prenderlo perchè fuori dai parametri». Altre frecciatine sono state lanciate a Nicola Amoruso («con noi ha guadagnato 14 miliardi di lire in quattro anni»), Francesco Grabbi («in 12 anni non ne ha fatta una buona»), Salvatore Fresi e Manuele Blasi («dopo una squalifica per doping mi chiese l'adeguamento del contratto»). «I calciatori dati al Messina a caro prezzo? Erano praticamente dei prestiti e furono pagati premi di valorizzazione» ha concluso, dicendo di «avere fiducia nei giudici, anche perchè la giustizia esiste ancora».
«Il mio lavoro si basa esclusivamente sui rapporti personali. Ho cercato di farmi apprezzare e ciò ha determinato, anche attraverso il passa parola, che fossero i calciatori a cercare me». Così Alessandro Moggi, figlio di Luciano, in dichiarazioni spontanee fatte oggi al processo Gea a Roma. «Rifiuto in maniera totale le accuse - ha detto - le accuse che mi vengono mosse. All'interno della Gea, nata da un progetto che voleva essere imprenditoriale e commerciale, ognuno aveva le proprie competenze; io mi occupavo di calcio mercato e non ho mai avuto vantaggi di tipo parentale, ho lavorato per scrollarmi di dosso l'etichetta di figlio di Moggi». Parlando della sua passione per il calcio («ho fatto anche il raccattapalle»), Moggi jr. ha sottolineato di essere entrato nel mondo del calcio con l'ausilio di Franco Zavaglia. «Ho avuto la sventura di dover lasciare l'attività nel 2006 in un momento particolare - ha aggiunto - e nonostante ciò l'85-90 percento dei miei assistiti mi hanno rinnovato la fiducia. Uno dei miei principali accusatori, Antonio Caliendo, mi ha corteggiato a lungo perchè diventassi presidente di una sua società».
Fonte: Ansa

giovedì 3 aprile 2008

Troppi crediti da incassare, si rischia di non fronteggiare le uscite

La Padania 28/09/2006

Il collegio sindacale già nel 2004 aveva chiesto agli amministratori una maggiore attenzione

La gestione della Gea? Inefficiente

Marco Liguori

«Il Collegio sindacale aveva richiesto agli amministratori, che ne avevano assunto formale impegno, di pervenire quanto prima ad una più efficace ed efficiente struttura organizzativa e dell’assetto amministrativo-contabile della società». Questa “ammonizione” è stata data dal collegio sindacale al consiglio di amministrazione della Gea World, nel corso della riunione del 12 novembre 2004. I tre sindaci, nella loro relazione allegata al bilancio al 31 dicembre 2005, riportano però che l’efficienza aziendale non è stata raggiunta neppure nel corso dell’ultimo esercizio, precedente alla messa in liquidazione (come anticipato da La Padania il 29 luglio) avvenuta dal 1° agosto scorso. «Ad oggi deve constatarsi che - proseguono i tre professionisti - nonostante lo sforzo profuso dalla direzione aziendale e volto al miglioramento dell’operatività, le procedure interne dell’area amministrativa non si mostrano del tutto adeguate alle esigenze poste dall’accresciuta attività aziendale e necessitano pertanto di ulteriori miglioramenti».Fatta questa premessa, i sindaci hanno svolto un importante rilievo sulla gestione societaria, riguardante i cospicui «crediti nei confronti di calciatori e società calcistiche» vantati dalla Gea. Alla fine dello scorso anno questa voce (registrata come crediti verso clienti) ammontava a 3,87 milioni di euro, tutti esigibili entro l’esercizio successivo, in crescita del 21,6% rispetto ai 3,17 milioni del 2004 e pari a poco meno della metà dei ricavi della società nel 2005 (6,6 milioni). Riguardo alla consistente cifra da riscuotere alla fine del 2005, il collegio sindacale ha evidenziato che si doveva considerare «la difficile situazione economico-finanziaria che caratterizza l’intero settore del calcio professionistico ed il significativo rallentamento dell’attività aziendale a seguito delle note vicende giudiziarie». Ma i tre “sceriffi” societari hanno lanciato anche un preciso monito: «Ove la società nel breve termine non riuscisse ad incassare una congrua parte dei crediti verso clienti non sarà in grado di fronteggiare con fondi propri le uscite programmate». I sindaci sottolinearono che nel caso in cui non fossero stati recuperati i crediti «per garantire la continuità aziendale, dovrà farsi ricorso all’indebitamento bancario e/o all’apporto degli azionisti, poiché il problematico incasso dei crediti potrebbe generare difficoltà nel puntuale adempimento dei debiti verso fornitori e tributari».I nomi dei debitori della Gea non sono noti: in tutti i bilanci dal 2001 sino al 2005 non sono menzionati nomi di calciatori e di società. Di sicuro la Juventus, dove fino allo scorso maggio era direttore generale Luciano Moggi, non è presente nella “lista nera” di chi deve danari alla società di procuratori: infatti, stando ai bilanci 2002/03, 2003/2004 e 2004/2005 del club bianconero, la “galassia Gea” (ossia la Gea World e la sua controllante Football Management) ha introitato una cifra superiore ai 2,8 milioni.Nel bilancio si nota anche che la Gea è stata anche vittima del crack Parmalat. Nella nota integrativa redatta dal consiglio di amministrazione, alla voce “altre partecipazioni” si nota una somma pari a 6252 euro. «Trattasi della partecipazione e warrant della Parmalat spa - si legge nel documento del cda - assegnati alla Gea World per conversione dei crediti da essa vantati, già svalutati in precedenti esercizi». Molto probabilmente, la Gea aveva investito in obbligazioni Parmalat: in seguito ha aderito al piano predisposto dal commissario straordinario della società emiliana, Enrico Bondi, che ha convertito le cifre investite nelle obbligazioni in propri warrant e nuove azioni.

giovedì 13 marzo 2008

a volte ritornano...

http://qn.quotidiano.net/conti_del_pallone_2007/2007/04/26/8269-cosa_fanno_chiara_geronzi_alessandro_moggi.shtml

GEA WORLD

Cosa fanno Chiara Geronzi e Alessandro Moggi?


Marco Liguori

Che cosa fanno oggi Chiara Geronzi e Alessandro Moggi, due dei principali protagonisti della galassia Gea?
La figlia del presidente di Capitalia, Cesare Geronzi, oltre a essere giornalista al Tg5, ha ricevuto, stando al bilancio finale di liquidazione stilato dal liquidatore Riccardo Calleri (che ha ottenuto come socio l'importo netto di 175mila euro), una cospicua somma di circa 450mila euro dalla liquidazione, deliberata nel febbraio 2005, della General Athletic: la cifra comprende 324mila euro per le 32.400 azioni detenute nella Gea, oltre 79mila euro per contante in cassa ed oltre 46mila per crediti verso l'erario per Iva e Irap.

Stando all'elenco soci depositato in Camera di Commercio, la Geronzi è stata iscritta il 25 novembre 2003 come unico socio dell'Immobiliare Giolitti srl. Ciò coincide con la notizia della vendita del 100% di questa società, avvenuta nel novembre 2003, riportata nel bilancio consolidato del Gruppo Beni Stabili.
Secondo l'ultimo bilancio disponibile al 31 dicembre 2005, l'Immobiliare Giolitti ha un capitale sociale di 98.800 euro e ha chiuso in attivo con poco più di 7.400 euro: l'amministratore unico è Ivan Vecchietti, che ricopre anche l'incarico di sindaco supplente nella General Athletic. Nel documento contabile spicca un debito bancario per oltre 1,8 milioni, costituito da mutui passivi, a fronte di un valore della produzione di 988mila euro. La srl è proprietaria di uno stabile residenziale sito in Via Tevere 5b a Roma, a pochi passi dalla sede dell'Aia (di proprietà del Fondo di accantonamento delle indennità di fine carriera per i giocatori e gli allenatori di calcio) e da quella della Figc in via Gregorio Allegri. Stando a quanto dichiarato da Beni Stabili nel bilancio 2003, «Immobiliare Giolitti aveva acquisito, nel corso dell'esercizio, l'immobile di via Tevere da un'altra società del gruppo al prezzo di vendita concordato con l'acquirente della partecipazione».

Interpellata da Quotidiano.net, Beni Stabili fa sapere che «il prezzo di vendita dell'immobile è stato di € 5.2 milioni». Invece, Alessandro Moggi è socio e amministratore unico della Undici srl (ex Alessandro Moggi Consulting), socio al 10% della Licom srl in liquidazione, e socio di maggioranza al 49% della Management &
Productions International srl. Visure camerali alla mano, la Undici è stata costituita il 10 ottobre 2005, ha un capitale sociale di 10mila euro: curiosamente ha sede allo stesso indirizzo della Gea, in Vicolo Barberini 35. Suo oggetto sociale principale è «la consulenza, in area commerciale, di marketing management» e «la consulenza organizzativa» in vari settori: ma non in quello calcistico.
Invece, una delle attività della Management & Productions International (con sede a Napoli) è «il mangement di attività di squadre e sportivi professionisti, compresa l'attività di procuratore sportivo». La società è stata «costituita il 3/11/2000» e «iscritta nella sezione ordinaria il 21/2/2006» della Camera di Commercio di Napoli: ne è amministratore unico il socio di minoranza Enrico Mauro. Gli altri due soci sono la moglie di Alessandro Moggi, Fabrizia Lonardi, e Raffaele Barca. Secondo l'ultimo bilancio disponibile al 31 dicembre 2005, la società ha chiuso con un attivo di 63mila euro: possiede debiti pregressi per 463mila euro (in aumento di 129mila rispetto all'esercizio precedente) di cui 22mila circa nei confronti del fisco e oltre 25mila verso Inail e Inps.

moggi padre, moggi figlio e la Juve

http://qn.quotidiano.net/conti_del_pallone_2007/2007/04/26/8267-juventus_moggi.shtml

GEA WORLD

La Juventus e Moggi

Marco Liguori

Riguardo alla Gea World, la Juventus ha confessato il rapporto d'affari e il conflitto d'interessi tra Moggi padre e Moggi figlio. A pagina 42 del bilancio chiuso al 30 giugno 2006, nel paragrafo dedicato alle operazione con società controllate e altre parti correlate, è stata inserita una nota riguardante la società presieduta da Alessandro Moggi: quest'ultimo ne è tuttora socio al 45% tramite la Football Management. Dopo la messa in liquidazione volontaria votata dall'assemblea del 18 luglio 2006, c'è stato un passaggio di quote Gea dalla General Athletic a Riccardo Calleri, diventato socio al 22,6%, e a Chiara Geronzi, che ne possiede il 32,4%.
Nel documento della società bianconera si evidenzia che la Gea "è stata parte correlata fino al 16 maggio 2006, data delle dimissioni dell'ex direttore generale Luciano Moggi".

Tradotto dal freddo linguaggio di Borsa, l'espressione "parte correlata" significa che la società di procuratori calcistici aveva un rapporto professionale continuativo con la Juve. La "confessione" dei bianconeri riguarda quindi il rapporto tra Luciano Moggi e l'azienda presieduta da suo figlio Alessandro, terminato, guarda caso, proprio con l'uscita di scena di Moggi senior: entrambi trattavano fra loro la compravendita dei calciatori.
Ciò è anche supportato dal dettaglio dei poteri di papà Luciano, specificati minuziosamente nel bilancio al 30 giugno 2005 della Juve.

Oltre ad essere direttore generale, egli era anche consigliere di amministrazione con poteri esecutivi, così come lo erano l'amministratore delegato Antonio Giraudo e il vicepresidente Roberto Bettega: tutti e tre partecipavano anche alla stesura del bilancio e hanno partecipato a tutte le riunioni del consiglio d'amministrazione. Inoltre lo stesso Cda aveva dato a Luciano Moggi, con delibera in data 4 settembre 2001 e confermata il 28 ottobre 2003, "specifici poteri nell'ambito delle competenze sportive".

Alla Gea World sono stati versati 970 mila euro, per il solo esercizio 2005/06, "in occasione di operazioni riguardanti la gestione dei contratti di prestazione sportiva dei calciatori". Tuttavia la Juventus risulta debitrice verso la Gea per 550mila euro e nei confronti della controllante di quest'ultima, la Football Management,
per 110 mila euro.

Che c'entra Mancini?

http://qn.quotidiano.net/conti_del_pallone_2007/2007/06/25/1962-tutti_segreti_della.shtml

I CONTI DEL PALLONE

Tutti i segreti della Gea

Mancini non c'entra con la fiduciaria che era azionista della società dei procuratori sotto inchiesta per Calciopoli. Alessandro Moggi, Chiara Geronzi, Franco Zavaglia, Francesca Tanzi, Giuseppe De Mita, Riccardo Calleri: così è nata ed è finita la più potente agenzia che monopolizzava il calciomercato

di Marco Liguori

Milano, 19 febbraio 2007. - "Mancini, che aveva il 40% della Gea, sapeva del caso Telecom". Queste "parole e musica" eseguite da Luciano Moggi (nella foto) domenica 11 febbraio nella trasmissione televisiva "Buona Domenica" hanno riaperto uno dei principali filoni di Calciopoli, quello della Gea World, la società di procuratori sportivi (posta in liquidazione dal 1° agosto 2006) fondata nel 2000 e detenuta da un pugno di "figli di papà".

Le indagini dei Pm romani, Maria Cristina Palaia e Luca Palamara, si sono concluse alla fine della scorsa settimana con la richiesta di rinvio a giudizio per l’ipotesi di associazione per delinquere finalizzata all’illecita concorrenza con minaccia e violenza privata per sette indagati.
Essi sono: Luciano Moggi (ex consigliere di amministrazione e direttore generale della Juventus), suo figlio Alessandro (ex presidente della Gea; i due insieme nella foto), Franco Zavaglia (ex amministratore delegato della Gea), Davide Lippi (figlio dell’ex ct della nazionale Marcello e procuratore della Gea), Riccardo Calleri (socio Gea), Pasquale Gallo e Francesco Ceravolo (ex collaboratori di Luciano Moggi).

Invece, l’ex presidente del Perugia, Luciano Gaucci, è indagato solo per illecita concorrenza. I due Pm hanno chiesto l’archiviazione per Giuseppe De Mita (ex socio e direttore generale della società di procuratori) e di Chiara Geronzi (ex presidente e socio della Gea), in un primo tempo coinvolti per lo stesso reato associativo.

Quest’ultima, durante un interrogatorio reso in veste di indagata alcuni mesi fa davanti ai magistrati inquirenti aveva dato la sua spiegazione per difendersi dalle ipotesi accusatorie. "Soci fondatori siamo stati io, Francesca Tanzi, Andrea Cragnotti e Giuseppe De Mita. Le quote societarie erano queste: il 20% lo detenevo io, il 20% la Tanzi, il 20% Cragnotti e poi c’era un 40% in mano alla società Romafides, fiduciaria composta da Giuseppe De Mita e Roberto Mancini".

Una versione in parte contraddittoria con quella fornita da "big Luciano" in tv: quanti erano i soci mascherati dietro il 40% detenuto da Romafides? Uno solo o molteplici?

A questo proposito, bisogna svolgere alcuni chiarimenti sull’affare Gea. L’azionariato riferito dalla Geronzi ai magistrati è quello della General Athletic, una controllante della Gea World. I soci di quest’ultima erano fino al 29 aprile 2003: 45% Football Management (60% Alessandro Moggi, 40% Zavaglia), 45% General Athletic e 10% Riccardo Calleri.
Un particolare mistero era presente nell’azionariato della General Athletic fino all’autunno di poco più di tre anni fa. Secondo l’elenco soci storico depositato in Camera di Commercio, l’azionariato era proprio quello descritto dalla Geronzi, con la presenza dell’azionista di maggioranza Romafides.
Quest’ultima è una fiduciaria posseduta al 100% da Capitalia, il potente gruppo bancario di cui è presidente il padre di Chiara, Cesare Geronzi. Il suo compito, come quello di qualsiasi altra fiduciaria, è quello di tenere celato a terzi il reale (oppure i reali) possessori della quota allora detenuta nella General Athletic.

Chi poteva essere il personaggio (o i personaggi), il cui nome doveva restare un inconfessabile segreto? Una spiegazione a questo enigma avevano cercato di fornirla due senatori della Lega Nord, Piergiorgio Stiffoni e Francesco Tirelli, in un’interpellanza presentata il 13 novembre 2002 all’allora ministro dei Beni e delle Attività Culturali, Giuliano Urbani e a quello dell’Economia, Giulio Tremonti.
In essa, i due esponenti del Carroccio avevano chiesto se i due componenti del governo Berlusconi non ritenessero "che una società come la Gea World abbia, volendo, la possibilità di interferire sulle partite del calcio professionistico".

Ma, soprattutto, si avanzava il dubbio che nella Gea World avesse «probabilmente avuto quale fondatore anche il figlio del presidente della Federcalcio»: ossia Luigi, rampollo dell’allora presidente della Figc, Franco Carraro. Questo sarebbe stato, stando alle ipotesi di Stiffoni e Tirelli, lo scomodo segreto celato da Romafides.
L’interpellanza suscitò forti malumori nella maggioranza di centrodestra e nel governo: non ebbe l’effetto sperato di sapere chi ci fosse dietro la fiduciaria.

Con tutta probabilità, sull’onda di questo "fastidioso" chiacchiericcio, il 29 aprile 2003 Romafides tolse il disturbo dall’azionariato della General Athletic: uscirono di scena anche Andrea Cragnotti e Francesca Tanzi.
Al posto dei fuoriusciti entrarono, ciascuno con una quota del 26%, Giuseppe De Mita, figlio di Ciriaco "notabile" della Margherita, e Oreste Luciani, uomo di fiducia della famiglia Tanzi. Prima azionista diventò Chiara Geronzi con il 46%, mentre Riccardo Calleri ne possedeva il 2%. Da notare che, De Mita era stato nominato direttore generale della Lazio il 1° settembre del 2003, trovandosi in un chiaro conflitto d’interessi.


Conoscere chi c’era dietro a Romafides non è il semplice soddisfacimento di una curiosità morbosa. Ciò scioglierebbe un pesante dubbio, rimasto finora tale. Conoscere chi c’era dietro a Romafides non è il semplice soddisfacimento di una curiosità morbosa. Ciò scioglierebbe un pesante dubbio, rimasto finora tale: se fosse confermata la presenza del figlio dell’ex numero uno della Figc, starebbe a significare che il calciomercato, e di conseguenza, il mondo del pallone nostrano è stato dominato e monopolizzato tra il 2000 e il 2006 da un’accolita di figli illustri, o meglio ancora, dai loro padri potenti.

«C’erano quantomeno delle strane connessioni tra sistema bancario, industria del latte, esposizione per i diritti televisivi del calcio e un giro vorticoso di calciatori gestiti sempre dagli stessi nomi». Questa interpretazione del sistema-Gea fu data lo scorso maggio (quando scoppiò lo scandalo di calciopoli) dall’onorevole Bruno Tabacci, in cui si era imbattuto nel 2004, ai tempi dell'indagine parlamentare conoscitiva su Cirio e Parmalat.
L’esponente dell’Udc sottolineò anche che durante l'indagine parlamentare fu «molto incuriosito dalle modalità di compravendita di Crespo e Nesta».

Dunque, suonerebbe strano il coinvolgimento di Roberto Mancini, che secondo Luciano Moggi e Chiara Geronzi, sarebbe dietro lo scudo della fiduciaria. C’è anche un altro particolare che fa riflettere sulla posizione dell’attuale allenatore dell’Inter.
Secondo l’informativa dei Carabinieri che accompagna il testo delle intercettazioni, pubblicata sul "Libro nero del calcio" del settimanale L’Espresso, Mancini è indicato come un assistito Gea: sembrerebbe singolare che contemporaneamente fosse stato anche azionista occulto della società.

Anche la presenza di De Mita dietro Romafides avrebbe poca importanza: non avrebbe avuto alcun senso per il figlio di Ciriaco nascondersi prima e palesarsi dopo nell’azionariato della General Athletic.
Per dissipare questo enigma potrebbe essere opportuno ai fini delle indagini l’acquisizione della copia della documentazione relativa alla controllante della Gea presso Romafides. In questo modo, si potrebbe davvero stabilire se la «Gea non era altro che il braccio operativo del sistema Moggi», come ha affermato l’ex patron del Bologna, Giuseppe Gazzoni Frascara, che sta attendendo la conclusione delle indagini dei due sostituti procuratori della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, Filippo Beatrice e Giuseppe Narducci, per costituirsi parte civile.

mercoledì 20 febbraio 2008

Tris di Gea

La Voce della Campania - ottobre 2006

Cucù la Gea non c'è più

di Marco Liguori

Messo in liquidazione il giocattolo milionario creato negli anni di vacche grasse da Alessandro Moggi e da una sfilza di figli eccellenti. Cerchiamo di vederci chiaro fra cifre e conti, con un collegio sindacale che punta i piedi e mette a verbale.

La Gea World si è liquidata volontariamente lo scorso 1 agosto. Nel verbale d’assemblea del 18 luglio, che ha sancito l’ultimo atto della società dei "figli di papà" (presenti in qualità di soci, amministratori o procuratori) e ha approvato il bilancio al 31 dicembre 2005 (conclusosi con un utile di oltre 433mila euro), il presidente Alessandro Moggi spiegò che «pur essendo la società assolutamente sana, avendo svolto la propria attività nel pieno ed assoluto rispetto di ogni normativa civilistica, fiscale e regolamentare che la disciplina, per vicende esterne alla diretta attività della società, fortemente enfatizzate da tutti i media nazionali e locali, si è venuta a trovare inopinatamente in un’oggettiva difficoltà, se non impossibilità, di continuare a svolgere la propria attività».
Il figlio di “Lucianone” puntò l’indice contro i mezzi d’informazione, sottolineando che «pur essendo tutte queste circostanze non imputabili, neppure in minima parte, a responsabilità della società, ma avendo le stesse creato un clima ambientale di accuse, denigrazioni e sospetti» era arrivato ormai il momento «di deliberare lo scioglimento della società, riservandosi, tuttavia, la stessa, ogni azione nei confronti di coloro che dovessero risultare responsabili di quanto prima enunciato». Dunque, secondo “Moggino” la colpa sarebbe tutta dei giornalisti “brutti e cattivi”. Ma una cospicua serie di rilievi del collegio sindacale ha evidenziato diversi problemi nella gestione della società romana.
La prima tirata d’orecchi dei tre sindaci, Ermanno Zigiotti, Giuseppe Marsoner e Giacomo Vizzani, agli amministratori di Gea World concerne l’organizzazione societaria. «A tale riguardo si comunica che nella riunione del Consiglio di amministrazione del 12 novembre 2004 - viene precisato nella relazione del collegio sindacale allegata al bilancio a tutto il 31 dicembre 2005 - il Collegio sindacale aveva richiesto agli amministratori, che ne avevano assunto formale impegno, di pervenire quanto prima ad una più efficace ed efficiente struttura organizzativa e dell’assetto amministrativo-contabile della società». Ma i sindaci hanno notato che ciò non è stato compiuto. «Ad oggi deve constatarsi che - proseguono i tre professionisti - nonostante lo sforzo profuso dalla direzione aziendale e volto al miglioramento dell’operatività, le procedure interne dell’area amministrativa non si mostrano del tutto adeguate alle esigenze poste dall’accresciuta attività aziendale e necessitano pertanto di ulteriori miglioramenti». Inoltre, il collegio rileva che la Gea «nell’ultimo quadrimestre dell’esercizio 2005 e nei primi mesi dell’esercizio 2006 ha effettuato pagamenti a titolo di compensi agli amministratori ed a parti correlate». Per queste ultime i versamenti riguardano «spettanze maturate per prestazioni relative al “ramo procure” e riferite ad esercizi anteriori al 2005». I pagamenti erano dovuti da tempo dalla Gea e «sono stati oggetto di richiami d’informativa - si legge sempre nella relazione - indirizzati dal Collegio sindacale agli amministratori, esortandoli a procedere nel rispetto dell’equilibrio finanziario complessivo della società e del principio di parità di trattamento dei creditori».

ALLARME ROSSO

di Marco Liguori

Nella loro relazione i sindaci lanciano un “allarme rosso” riguardante i cospicui «crediti nei confronti di calciatori e società calcistiche» vantati dalla Gea. Alla fine dello scorso anno questa voce (registrata come crediti verso clienti) ammontava a 3,87 milioni di euro, tutti esigibili entro l’esercizio successivo, in crescita del 21,6 per cento rispetto ai 3,17 del 2004 e pari a poco meno della metà dei ricavi della società nel 2005 (6,6 milioni). I crediti verso clienti erano esplosi già a cavallo tra il primo e il secondo anno di attività della società: nel 2001 ammontavano a 699 euro, nel 2002 avevano raggiunto la ragguardevole cifra di 1,93 milioni. Nel 2003 la voce si era assottigliata di circa 116mila euro, attestandosi a 1,8 milioni. Nel 2004 avvenne il secondo boom dei crediti esigibili nei confronti di giocatori e società di calcio: il totale raggiunse appunto i 3,17 milioni con un incremento del 75,3 per cento rispetto all’anno precedente. Riguardo alla sostanziosa somma da riscuotere al 31 dicembre scorso, il collegio sindacale sottolinea che si doveva considerare «la difficile situazione economico-finanziaria che caratterizza l’intero settore del calcio professionistico ed il significativo rallentamento dell’attività aziendale a seguito delle note vicende giudiziarie».
Ma i tre “controllori” lanciarono anche un monito: «Ove la società nel breve termine - si legge ancora nella relazione del collegio - non riuscisse ad incassare una congrua parte dei crediti verso clienti non sarà in grado di fronteggiare con fondi propri le uscite programmate». I sindaci sottolinearono anche che nel caso in cui non fossero stati recuperati i crediti «per garantire la continuità aziendale, dovrà farsi ricorso all’indebitamento bancario e/o all’apporto degli azionisti, poiché il problematico incasso dei crediti potrebbe generare difficoltà nel puntuale adempimento dei debiti verso fornitori e tributari». Chi siano i debitori della Gea non è dato saperlo: in tutti i bilanci dal 2001 sino al 2005 non sono menzionati nomi di calciatori e di società. Di sicuro la Juventus, dove fino allo scorso maggio era direttore generale Luciano Moggi, non è presente nella “lista nera” di chi deve danari alla società di procuratori: infatti, stando ai bilanci 2002/03, 2003/2004 e 2004/2005 del club bianconero, la “galassia Gea” (ossia la Gea World e la sua controllante Football Management) ha introitato una cifra superiore ai 2,8 milioni. Sul fronte dei debiti, Gea ne aveva 2,7 milioni il 31 dicembre scorso, contro i 2,6 dell’anno precedente. Di questi, 1,95 milioni erano somme dovute ai fornitori (1,84 milioni nel 2004), mentre 552 mila dovevano essere versati al fisco (47mila euro nel 2004).

PARMALAT CONNECTION

di Marco Liguori

Nel documento contabile si scopre anche che la Gea è stata vittima del crack Parmalat. Nella nota integrativa redatta dal consiglio di amministrazione, alla voce “altre partecipazioni” (inserite nelle attività che non costituiscono immobilizzazioni) si nota una somma pari a 6252 euro. «Trattasi della partecipazione e warrant della Parmalat spa - si legge nel documento del cda - assegnati alla Gea World per conversione dei crediti da essa vantati, già svalutati in precedenti esercizi». Molto probabilmente, la società romana aveva investito in obbligazioni Parmalat: in seguito ha aderito al piano predisposto dal commissario straordinario della società emiliana, Enrico Bondi, che ha convertito le cifre investite nelle obbligazioni in propri warrant e nuove azioni.
Alla Gea è quindi andata bene: se l’investimento fosse stato effettuato in azioni della Parmalat caduta in dissesto finanziario, sarebbe finito inesorabilmente in fumo. E a proposito dei crediti da vantati e svalutati in precedenti esercizi, in questi ultimi non c’è traccia delle somme impiegate in obbligazioni Parmalat: non sono state specificate neppure di quali tipo di emissione si tratta. Per capire la motivazione del coinvolgimento della Gea in Parmalat bisogna fare un passo indietro. Più precisamente, dobbiamo ritornare a fine 2003, prima del mutamento nella composizione dell’azionariato Gea: per una curiosa coincidenza, il dissesto Parmalat fu scoperto in seguito, nel dicembre di quell’anno. La società romana era posseduta al 45% dalla General Athletic e al 45% dalla Football Management; il 10% era di Riccardo Calleri. Nella prima controllante erano azionisti, ciascuno al 20%, Andrea Cragnotti (figlio di Sergio, ex patron Cirio, anch’essa colpita da un crack finanziario alla fine del 2002), Chiara Geronzi (figlia di Cesare, presidente di Capitalia) e, soprattutto, Francesca Tanzi (figlia di Calisto, ex patron Parmalat). Il 40% era in mano a Romafides, la fiduciaria appartenente proprio al gruppo Capitalia. In un’interpellanza parlamentare di due senatori della Lega Nord, Piergiorgio Stiffoni e Francesco Tirelli, si avanzava il dubbio che dietro lo schermo della fiduciaria ci fosse Luigi Carraro, figlio di Franco Carraro, ex presidente della Federcalcio. Proprio alla fine del 2003 Romafides scomparve assieme a Francesca Tanzi e Andrea Cragnotti: subentrarono Giuseppe De Mita, figlio di Ciriaco, “notabile” della Margherita, e Oreste Luciani, all’epoca in affari con la famiglia Tanzi.

lunedì 18 febbraio 2008

i compensi della Juventus alla Gea

La Padania
15/08/2006

Continuano i guai giudiziari della Juve
La GdF sulle tracce del «tesoro» Gea

Marco Liguori

La Guardia di Finanza, dopo la perquisizione svolta il 18 maggio scorso nell’ambito dell’indagine della Procura di Torino per falso in bilancio nei confronti di Giraudo e Moggi, è tornata a fare visita alla sede sociale della Juventus. La notizia è riportata nella relazione trimestrale al 30 giugno 2006 approvata venerdì scorso dal consiglio di amministrazione della società bianconera. A pagina 14 del documento informativo per il mercato borsistico si legge che «in data 9 agosto la Guardia di Finanza di Torino ha iniziato un’acquisizione documentale presso la sede sociale nell’ambito dell’inchiesta promossa dalla Procura della Repubblica di Roma relativa alla Gea World che proseguirà nelle prossime settimane». Quindi, il filone d’indagine è quello della Gea World, su cui stanno indagando da alcuni mesi i pm Maria Cristina Palaia e Luca Palamara. La Procura romana, secondo la Juventus, sarebbe investigando su «associazione per delinquere finalizzata alla illecita concorrenza (art 513bis c.p) con riferimento alla gestione dei calciatori». Nei guai anche il figlio di Luciano Moggi, Alessandro, Franco Zavaglia, Chiara Geronzi, Riccardo Calleri, Tommaso Cellini, Giuseppe De Mita e Davide Lippi. Come anticipato da La Padania il 29 luglio scorso, la Gea World è stata posta in liquidazione volontaria dallo scorso 1 agosto. Una mossa che cercherebbe di attenuare la posizione degli indagati su cui grava la pesante accusa di associazione a delinquere. Tornando per un attimo ai guai giudiziari di casa Juve, nella trimestrale si scopre un altro particolare riguardo alle ipotesi accusatorie del Pm torinese Bruno Tinti nei confronti di Giraudo e Moggi. Oltre al falso in bilancio, ai due ex manager il magistrato ha contestato anche la violazione degli «articoli 2 e 8 della legge n.74/2000» che riguarda «l’emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di tali documenti». Quali potrebbero essere le operazioni tra la Gea e la Juve su cui si starebbe indirizzando l’attenzione dei Pm romani? Scorrendo i bilanci 2002/03, 2003/2004 e 2004/2005 della Juventus, sorge qualche sospetto: in essi sono riportate una serie di somme elargite dal club controllato dall’Ifil (la cassaforte della famiglia Agnelli) alla Gea World e alla sua controllante (al 45%) Football Management, in cui, secondo le visure della Camera di Commercio, Alessandro Moggi è azionista di maggioranza al 60% mentre Franco Zavaglia ne possiede il restante 40%. Non essendo ancora disponbile la bozza completa del bilancio chiusosi al 30 giugno scorso non è possibile conoscere le somme percepite a quella data dalla Gea World e dalla Football Management. Nel primo documento contabile si legge che «per il periodo 1° luglio 2002-30 giugno 2003 sono maturati oneri a favore della Football Management per 399,5 migliaia di euro ed a favore della Gea World per 777 migliaia di euro, a seguito dei servizi di consulenza in occasione di operazioni riguardanti la gestione dei contratti di prestazione sportiva dei calciatori e dei relativi diritti di sfruttamento dell’immagine». Il “mondo Gea” ha dunque incassato complessivamente in quella occasione oltre 1,17 milioni di euro. Nel bilancio chiuso al 30 giugno 2004 si evidenziano «oneri per 355 migliaia di euro capitalizzati a seguito dei servizi di consulenza prestati dalla Football Management in occasione di operazioni riguardanti la gestione dei contratti di prestazione sportiva dei calciatori» e «oneri per 200 migliaia capitalizzati a seguito dei servizi di consulenza prestati dalla Gea World in occasione di operazioni riguardanti la gestione dei contratti di prestazione sportiva dei calciatori. Totale incassato dall’”universo Gea” 555mila euro. Per quanto riguarda l’esercizio conclusosi al 30 giugno 2005, sono state elargiti 371,8 mila di euro alla Football Management per «servizi di consulenza in occasione di operazioni riguardante la gestione dei contratti di prestazione sportiva dei calciatori». Invece, il cda juventino ha versato alla Gea 750mila euro per la stessa motivazione. Sommando il totale incassato al 30 giugno 2005 di 1.121.800 euro ai precedenti, si nota che la “galassia Gea” ha introitato in quattro anni una cifra superiore ai 2,8 milioni.

la fine della Gea: inizia una nuova era?

La Padania
29 luglio 2006

Gea in liquidazione volontaria: finisce un'era

di Marco Liguori

Lo scandalo di Calciopoli un risultato l’ha avuto: la Gea World sarà ufficialmente in liquidazione volontaria “dalle ore 00,01 del prossimo 1° agosto”. Secondo i suoi dirigenti, ciò è però avvenuto per colpa dei giornalisti “cattivi”. L’incredibile affermazione è contenuta nel verbale dell’assemblea, tenutasi il 18 luglio scorso, della società dei “figli di papà” (presenti in qualità di soci, amministratori o procuratori), che aveva all’ordine di giorno in parte straordinaria la messa in liquidazione della società. L’“atto di morte” della Gea è stato registrato giovedì scorso dalla Camera di Commercio. La decisione è stata probabilmente presa per le indagini dei Pubblici ministeri della Procura di Roma, Maria Cristina Palaia e Luca Palamara. Sembrerebbe una mossa difensiva, visto che risultano indagate, dal 26 maggio scorso, otto persone dai Pm per l’ipotesi di reato di associazione per delinquere finalizzata all’illecita concorrenza con minacce o violenza: Luciano e Alessandro Moggi, Franco Zavaglia, Chiara Geronzi, Riccardo Calleri, Tommaso Cellini, Giuseppe De Mita e Davide Lippi, figlio di Marcello, ex commissario tecnico della Nazionale. Con lo scioglimento, la posizione degli indagati potrebbe risultare meno pesante. Nel verbale dell’assemblea si legge anche che “eventuali compensi e diritti relativi a nuovi rapporti intervenuti tra i procuratori e i calciatori o società a partire dal 1° luglio 2006, data di inizio della stagione sportiva 2006/2007, non dovranno intendersi di competenza della Gea World, ma di competenza dei singoli procuratori”. Insomma, la Gea non c’è più, ma i suoi ex procuratori continueranno ad operare per conto proprio. Tuttavia, come si sa bene negli ambienti economico-finanziari, non c’è bisogno di costituire una società per stipulare eventuali accordi di cartello: è sufficiente anche un semplice accordo tacito. La Gea ha detenuto un numero mai precisato, ma sicuramente molto cospicuo (si parla di oltre 200) tra calciatori e allenatori. Anzi, secondo il rapporto dei Carabinieri, che hanno indagato nell’ambito della prima indagine sulla Gea della Procura di Napoli, ...l’intero campionato di Serie A poteva essere rifornito dalla società romana.
Tornando al contenuto del verbale, il presidente della Gea, Alessandro Moggi, ha spiegato che «pur essendo la società assolutamente sana, avendo svolto la propria attività nel pieno ed assoluto rispetto di ogni normativa civilistica, fiscale e regolamentare che la disciplina, per vicende esterne alla diretta attività della società, fortemente enfatizzate da tutti i media nazionali e locali, si è venuta a trovare inopinatamente in un’oggettiva difficoltà, se non impossibilità, di continuare a svolgere la propria attività». Moggi prosegue spiegando che «pur essendo tutte queste circostanze non imputabili, neppure in minima parte, a responsabilità della società, ma avendo le stesse creato un clima ambientale di accuse, denigrazioni e sospetti», suggerisce ai soci presenti «di deliberare lo scioglimento della società, riservandosi, tuttavia, la stessa, ogni azione nei confronti di coloro che dovessero risultare responsabili di quanto prima enunciato». Tutti i soci hanno votato con un “plebiscito bulgaro” la messa in liquidazione. “L’assemblea - prosegue la relazione - condividendo le ragioni illustrate dal presidente, per le quali la società è venuta a trovarsi nell’impossibilità, a causa di vicende esterne, assolutamente non imputabili a sua responsabilità, di continuare la propria attività, con il voto favorevole di tutti i soci, espresso per alzata di mano, delibera di sciogliere la società ai sensi dell’art. 2484, n. 6, Codice Civile, ponendola in liquidazione in conformità alle disposizione di legge e di statuto con decorrenza dalle ore 00,01 del 1° agosto 2006”.
Gli azionisti hanno poi votato il liquidatore, tra una rosa di tre candidati: Giuseppe Salvatori (proposto da Franco Zavaglia, in rappresentanza del socio Football Management), Gianfranco Lizza (proposto da Chiara Geronzi, presidente sino al 31/10/2001) e Tommaso Valenzasca (proposto dal socio Riccardo Calleri). All’unanimità è stato eletto Salvatori, il quale ha tra le sue attribuzioni, anche un incarico particolare. “Viene attribuito altresì al liquidatore - si legge nel verbale - il compito di valutare, con l’ausilio di un legale, la sussistenza delle condizioni, l’opportunità per promuovere ogni azione sia civile che penale a tutela dei diritti della Gea World con particolare riferimento ai danni causati dalla descritta situazione di “aggressione mediatica”, nonché attesta la cessazione dell’attività da parte della società, il potere di risolvere consensualmente e transigere i rapporti economici e patrimoniali tra la società e i procuratori”. Le stesse parole sono contenute nella visura storica della Camera di Commercio. Per la cronaca, l’assemblea ha anche approvato il bilancio di esercizio, chiuso al 31/12/2005 con un utile di 433.452 euro. Questa somma è stata suddivisa in 411.779 euro da destinare a riserva straordinaria e 21.672,60 a riserva legale.
Si è aperta dunque la “caccia alle streghe” da parte della Gea. Chissà se nel concetto di “aggressione mediatica” rientra anche l’interpellanza parlamentare presentata all’allora Governo Berlusconi il 13 novembre 2002 da due senatori della Lega Nord, Piergiorgio Stiffoni e Francesco Tirelli. I due parlamentari avevano attentamente esaminato la composizione dell’azionariato della Gea vigente all’epoca: 45% General Athletic; 45% Football Management e 10% Riccardo Calleri. L’attenzione dei senatori si concentrò sulla General Athletic, posseduta al 20% ciascuno da Andrea Cragnotti (figlio di Sergio, ex patron Cirio), Francesca Tanzi (figlia di Calisto, ex patron Parmalat) e Chiara Geronzi (figlia di Cesare, presidente di Capitalia). Il 40% era in mano a Romafides, la fiduciaria appartenente proprio al gruppo Capitalia: secondo il testo dell’interpellanza si avanzava il dubbio che dietro lo schermo della fiduciaria ci fosse Luigi Carraro, figlio di Franco Carraro ex presidente della Federcalcio. Questo segreto inconfessabile non è mai stato svelato, poiché il Governo non ha mai dato una risposta: se ciò fosse vero, vorrebbe dire che il calciomercato è stato dominato per anni da un’accolita di figli illustri, tra cui anche quello del numero uno della Figc. Un’accusa molto grave, che finora non ha avuto riscontri. Forse le indagini dei Pm romani potranno finalmente fornirli.

Caso Gea: La Societa' Di Moggi Jr è In Liquidazione
(AGI/DS) - Milano, 31 lug. - La società di Alessandro Moggi, la Gea, e' in liquidazione. L'atto di scioglimento e' stato registrato. Gli atti si trovano alla Camera di Commercio di Roma, dove la societa' era registrata. Il primo agosto, la Gea non esistera' piu'. Il ciclone che si e' abbattuto sul calcio italiano, su Moggi e Giraudo, ha avuto un'onda lunga che ha travolto 'la societa' di prestazione di servizi nel settore delle attivita' sportive', cosi' come riporta la Camera di Commercio di Roma. Nella visura camerale e' riportato l'atto di scioglimento della societa' di procuratori. Stando al documento, per la Gea, dal primo agosto, 'si apre la procedura di liquidazione volontaria, con la nomina di Giuseppe Salvatori in qualita' di liquidatore'. La Camera di Commercio informa anche che e' stata stabilita 'la cessazione da tutte le cariche o qualifiche per Moggi Alessandro, consigliere e presidente del consiglio di amministrazione', che si e' decisa 'la cessazione da tutte le cariche o qualifiche per Riccardo Calleri, consigliere, vicepresidente e amministratore delegato', che si e' deliberata 'la cessazione da tutte le cariche per Francesco Zavaglia, amministratore delegato'. Stessa sorte per il consigliere Salvatore Mariconda. Il caso della liquidazione della Gea e' stato sollevato dal quotidiano 'La Padania'. Nel verbale dell'assemblea che ha decretato lo scioglimento, si e' deciso anche che 'eventuali compensi e diritti relativi a nuovi rapporti intervenuti tra i procuratori e i calciatori o societa' a partire dal primo luglio 2006, data di inizio della stagione sportiva 2006/2007 non dovranno intendersi di competenza della Gea World, ma di competenza dei singoli procuratori'. Logico concludere che i procuratori, con la morte della societa', non resteranno quindi senza lavoro e senza assistiti. Le motivazioni della liquidazione? Per Alessandro Moggi, sempre nel verbale di cessazione delle attivita', 'pur essendo la societa' assolutamente sana, avendo svolto la propria attivita' nel pieno ed assoluto rispetto di ogni normativa civilistica, fiscale e regolamentare che la disciplina, per vicende esterne alla diretta attivita' della societa', fortemente enfatizzate da tutti i media nazionali e locali, si e' venuta a trovare inopinatamente in un'oggettiva difficolta', se non impossibilita', di continuare a svolgere la propria attivita''. Moggi junior attribuisce quindi al 'clima ambientale di accuse, denigrazioni e sospetti', lo scioglimento della societa'. E quindi, il liquidatore votato all'unanimita' ha anche il compito di 'valutare l'opportunita' di promuovere ogni azione sia civile che penale a tutela dei diritti della Gea World con particolare riferimento ai danni causati dalla descritta situazione di aggressione mediatica'.

l'uscita di scena dei figli di Cragnotti, Tanzi e del socio occultato da Romafides

il manifesto
Domenica 21 dicembre 2003 - 3^ puntata

I misteri «gialloblù» della Gea

Negli ultimi mesi l'azionariato della società di procuratori più discussa d'Italia è cambiato: sono usciti Andrea Cragnotti, Francesca Tanzi e un socio misterioso e sono entrati il direttore generale della Lazio, Giuseppe De Mita, e Oreste Luciani, sindaco del Parma calcio, legato a doppio filo alla famiglia Tanzi. Il conflitto d'interessi dell'accolita dei figli famosi resta sul tavolo

MARCO LIGUORI
SALVATORE NAPOLITANO

Da pochi mesi la famiglia Tanzi, al centro della crisi che ha coinvolto la Parmalat, sembra essere uscita dall'azionariato della Gea: ma è proprio così? Il dubbio è più che lecito e gira intorno alla figura di un socio subentrato da pochi mesi: Oreste Luciani. E' un nome sconosciuto agli addetti ai lavori del calcio, ma è un professionista molto famoso, dal momento che è sindaco di numerose società. Qualcuna di esse versa peraltro in cattive condizioni, come la Gandalf, dove ricopre l'incarico di presidente del collegio sindacale: è una piccola compagnia aerea, quotata al Nuovo Mercato di Piazza Affari, il cui bilancio 2002, agli inizi di dicembre, è stato impugnato dalla Consob, la commissione di controllo delle società di Borsa, davanti al Tribunale. Che cosa ci fa dunque uno come Luciani nel variegato mondo del pallone? Per capire meglio la questione, occorre fare un passo all'indietro. La Gea è una famosa società di procuratori, che controlla circa 150 tra giocatori e allenatori di serie A e B, ed è etichettata come un'accolita di pargoli celebri. E' nata nell'ottobre 2001, il suo presidente è Alessandro Moggi, figlio del direttore generale della Juventus, Luciano, ed i suoi azionisti alla pari sono la Football Management e la General Athletic, che detengono ciascuna il 45%. Il restante 10% è nelle mani di Riccardo Calleri, figlio dell'ex presidente di Torino e Lazio, Gian Marco. A sua volta, la Football Management è posseduta per il 60% dallo stesso Alessandro Moggi e per il 40% da Francesco Zavaglia. L'azionariato della General Athletic è stato invece una lunga fonte di misteri. E continua ad esserlo: fino all'aprile 2003, il 60% era suddiviso in parti uguali tra Chiara Geronzi, giornalista del Tg5 e figlia del numero uno della galassia bancaria Capitalia, Cesare, Andrea Cragnotti, figlio di Sergio, ex numero uno della Cirio e della Lazio, e Francesca Tanzi, figlia di Calisto, fino all'altro ieri presidente del gruppo Parmalat. L'altro 40% era in mano ad una fiduciaria di Capitalia: la Romafides. Quale irriferibile segreto celava il socio che si è sempre voluto mimetizzare dietro lo schermo della fiduciaria?
Nessuno dei figli famosi aveva ritenuto necessario nascondersi, nonostante gli intrecci evidenti con i padri, ed i relativi conflitti di interesse: ma un socio sì. Nemmeno alcune interpellanze parlamentari, sia della Lega che dell'Ulivo, sono riuscite a far luce sulla vicenda. Da fine aprile, l'azionariato è cambiato. Il piccolo colpo di scena ha mandato in tilt anche la Camera di Commercio, perché la General Athletic aveva presentato due documenti contrapposti: in uno si sosteneva che i soci fossero gli stessi, nell'altro che fossero cambiati. Sciolto il dilemma, la nuova composizione azionaria della società vede la scomparsa di Romafides e del suo mistero, di Andrea Cragnotti e di Francesca Tanzi: al loro posto, Chiara Geronzi, che ha incrementato la sua quota al 46%, e tre neo-entrati. Giuseppe De Mita ha il 26%, ma era già consigliere della Gea: tutttavia, il figlio dell'ex segretario democristiano, Ciriaco, resta contemporaneamente direttore generale della Lazio, nonostante l'evidente conflitto di interessi. Riccardo Calleri ha il 2% e proprio Oreste Luciani ha il 26%: egli era fra l'altro già consigliere della General Athletic. Ma i suoi legami con la famiglia Tanzi sono più d'uno: a cominciare da quello evidentissimo nella Chiori s.r.l., che ha sede a Parma, dove Luciani è socio insieme a Francesca Tanzi. Egli ne detiene il 49%, mentre la figlia di Calisto il 51%. Di questa società, Luciani è anche l'amministratore unico. I conti della Chiori non brillano affatto: essa ha un capitale sociale di 21mila euro, e svolge, o almeno dovrebbe in base alle dichiarazioni allegate al bilancio, attività di acquisto, detenzione, vendita e gestione di partecipazioni in altre società. Ma non c'è traccia di dinamismo nell'operatività: l'unico pacchetto detenuto è quello di controllo della Valorizzazioni Turistiche s.r.l., che non ha distribuito dividendi né durante il 2001 e neppure nel 2002.
Morale della favola, la Chiori ha chiuso entrambi gli esercizi senza incamerare un solo euro di fatturato. E ha totalizzato piccole perdite, pari rispettivamente a 2.063 e a 1.453 euro. Ma Luciani non è solo socio con la Tanzi junior, ma è anche sindaco di diverse società del gruppo Parmalat: del Parma Calcio, della Panna Elena C.P.C., della Saral s.r.l., della Streglio Spa e della Interlatte Spa. Dulcis in fundo, le attività ricreative: Luciani e Calisto Tanzi sono tra i numerosi soci di un circolo esclusivo, il La Rocca Golf. Chissà se si saranno mai sfidati a chi fa buche con il minor numero di colpi: e soprattutto sarebbe interessante sapere chi ha vinto.

il conflitto d'interessi dei "figli di papà"

Il manifesto
Venerdì 18 luglio 2003 - 2^ puntata

L'argento di famiglia

Seconda puntata dell'inchiesta sulla Gea World. Il conflitto d'interessi tra padri illustri e rampolli arrivisti ha mille volti, come per l'affitto della sede di vicolo Barberini o per la misteriosa fiduciaria Romafides. E intanto sembra imminente l'arrivo di De Mita junior per ulteriori intrecci calcistici, finanziari e familiari

MARCO LIGUORI
SALVATORE NAPOLITANO

«Papà, me lo dai l'appartamento?». E' una frase ricorrente in molte famiglie benestanti. Se il rampollo ha bisogno, un piccolo aiuto non gli si può negare. Nel nostro caso, la famiglia in questione è composta da un padre e da una figlia, i cui nomi sono molto noti e influenti: l'uno è Cesare Geronzi, presidente del gruppo Capitalia, a cui fa capo anche la Banca di Roma. L'altra è la primogenita Chiara, giornalista del Tg5. L'appartamento si trova in una zona centralissima della Capitale: è infatti al secondo piano del numero 35 di vicolo Barberini. E' davvero molto spazioso: circa 180 metri quadrati, suddivisi tra salone pranzo, due camere, cucina e doppi servizi. L'episodio risale alla metà di gennaio del 2001. La Gea World sarebbe nata soltanto qualche mese dopo, ad ottobre, ma erano già operative le due società che le avrebbero dato vita: la Football Management di Alessandro Moggi, figlio di Luciano, direttore generale della Juventus, nata nel 1994, e la General Athletic, fondata nell'ottobre 2000, controllata al 20% ciascuno da Andrea Cragnotti (figlio di Sergio), Francesca Tanzi (figlia di Calisto) e Chiara Geronzi, e al 40% dalla fiduciaria del gruppo Capitalia, Romafides, schermo per il socio occulto che è da tempo oggetto di curiosità anche in Parlamento. La General Athletic era alla ricerca di una sede sociale per cominciare la propria attività: l'appartamento di vicolo Barberini sembrava perfetto. Anche perché il suo proprietario era la Banca di Roma. Ma non sarebbe stato elegante un passaggio diretto tra padre e figlia: a quel tempo, infatti, Chiara Geronzi era presidente del consiglio di amministrazione della General Athletic. Meglio cancellare qualche traccia: la soluzione fu rapidamente trovata. A dare in affitto l'abitazione fu la Cornice Immobiliare, mandataria dell'istituto presieduto da Cesare Geronzi. A firmare il contratto come conduttore fu Tommaso Cellini, all'epoca fresco ex-direttore marketing della Lazio, che aveva ricevuto un mandato speciale dalla stessa Chiara Geronzi per concludere l'affare. Ma il colpo di genio fu nel concedere i locali per uso abitativo: un modo per fissare un canone più vantaggioso per l'affittuario. Non solo, ma nell'articolo 3 del contratto di affitto è stato reso esplicito il «divieto al conduttore di qualsiasi diversa destinazione anche parziale o temporanea dell'unità immobiliare locata».
Dunque, un bell'affare per la General Athletic, molto di meno per la Banca di Roma, che ha affittato un immobile di prestigio ad un canone annuo di poco più di 43 milioni e mezzo di vecchie lire: appena 20.355 mensili al metro quadro. Non c'è che dire: davanti ai bisogni della figlia, gli interessi degli azionisti passano in second'ordine. Anche in questa operazione c'è la conferma del nodo inestricabile che lega insieme Banca di Roma, Parmalat, Lazio e Juventus. Quell'appartamento, ben lungi dall'aver ospitato la famiglia Cellini, è diventato la sede della General Athletic. E adesso lo è della Gea. A proposito della quale c'è da osservare che sono in corso manovre farraginose per far scomparire il convitato di pietra, ossia Romafides, la fiduciaria dietro la quale si cela dall'origine il socio misterioso. Il presidente della Gea Alessandro Moggi ha detto con sicurezza che «non esiste nessuna fiduciaria». Ma la pratica con la quale la società avrebbe annunciato il cambio dell'assetto proprietario è stata formalmente sospesa. C'è infatti un documento di troppo. In uno l'elenco dei soci è rimasto invariato, nell'altro è scomparsa Romafides. Insomma, trattandosi di Gea, si potrebbe parlare a ragion veduta di un conflitto di interessi tra documenti.
Non si sa bene come finirà questa sorta di gioco delle tre tavolette: tra le ipotesi più verosimili ci sono l'ingresso di Giuseppe De Mita, figlio di Ciriaco e attuale direttore generale, che diventerebbe anche socio a tutti gli effetti.
(fine 2^ puntata)

In principio fu la Gea

il manifesto

Venerdì 11 luglio 2003 - 1^ puntata

Il lato oscuro della Gea

E' l'accolita dei «figli di papà», controlla 150 assistiti tra giocatori e allenatori di serie A e B e può contare su un socio occulto che ha suscitato l'interesse di deputati e senatori. Un'inchiesta sull'ingarbugliato conflitto d'interessi della più nota società di procuratori del calcio italiano

MARCO LIGUORI
SALVATORE NAPOLITANO

C'è anche un socio occulto ad aggravare l'impenetrabile mistero della Gea World, la più nota e vorace società di procuratori del calcio italiano, comunemente definita come l'accolita dei «figli di papà». Il socio che si ammanta di mistero e che no ha alcuna intenzione di uscire allo scoperto, si protegge dietro una fiduciaria della Banca di Roma: la Romafides. E' un socio importante, che fa parte della Gea dall'origine, datata ottobre 2001. E' una circostanza ben strana per chi vive di cura dell'immagine e di consulenza nell'ipertelevisivo mondo del pallone. E quale può essere questo inconfessabile segreto da tenere celato, quando ciascuno degli altri soci della Gea si mostra senza problemi, nonostante gli intrecci evidenti con i genitori famosi e impegnati ai vertici del calcio? Si parla di Alessandro Moggi, figlio di Luciano, direttore generale della Juventus. Di Andrea Cragnotti, figlio di Sergio, ex presidente della Lazio. Di Chiara Geronzi, primogenita di Cesare, numero uno di Capitalia, il gruppo bancario che tiene forzosamente in piedi la Lazio e che ha importanti rapporti anche con Perugia, Parma e Roma. Di Francesca Tanzi, figlia di Calisto, numero uno di Parmalat e Parma, nonché membro del consiglio di amministrazione della stessa Capitalia. E di Riccardo Calleri, figlio di Gian Marco, ex presidente di Lazio e Torino. E allora perché un socio protetto? La domanda ha travalicato ormai i salotti ovattati del calcio e interessa la politica. E' dal 13 novembre 2002 che attende risposta l'interpellanza presentata dai due senatori leghisti Piergiorgio Stiffoni e Francesco Tirelli ai ministri dei Beni e attività culturali, Giuliano Urbani, e dell'Economia e finanze, Giulio Tremonti. Nell'incartamento, che giace sommerso dalla polvere negli archivi del Senato, si chiede se i ministri «non ritengano che una società come la Gea World abbia, volendo, la possibilità di interferire sulle partite del calcio professionistico». Nell'interrogazione si ricorda il lungo elenco dei figli famosi che controllano la Gea, e si aggiunge che vi lavorano anche Giuseppe De Mita, figlio dell'ex segretario Dc, Ciriaco, ed ex addetto stampa della Lazio, e Davide Lippi, figlio di Marcello, allenatore della Juventus. Ma si avanza altresì il dubbio che la Gea abbia «probabilmente avuto quale fondatore anche il figlio del presidente della Federcalcio», Franco Carraro: è proprio il mistero di Romafides. Se ci sia davvero suo figlio Luigi dietro la fiduciaria non è dato saperlo. Scorrendone la composizione, rilevabile dai documenti depositati presso la Camera di Commercio, salta evidente all'occhio il socio occulto. Gli azionisti della Gea sono tre: le due società Football Management e General Athletic, ciascuna al 45%, e Riccardo Calleri al 10%. A sua volta, la Football Management è controllata al 60% da Alessandro Moggi. Della General Athletic, Andrea Cragnotti, Francesca Tanzi e Chiara Geronzi detengono ciascuno il 20%.
Il restante 40% è in mano a Romafides. Insomma, il segreto resta ben tenuto nelle stanze dell'istituto capitolino. Ma l'acuirsi delle preoccupazioni per i tanti intrecci calcistici, finanziari e familiari della Gea non ha scosso i piani alti della Federcalcio. Il problema del conflitto di interessi dei suoi uomini è stato rapidamente risolto con un semplice stratagemma: basta che l'atleta firmi un modulo nel quale sostiene di esserne a conoscenza. Non sarebbe un problema di poco conto: infatti, nonostante la lista completa dei calciatori e degli allenatori dei quali la Gea detiene la procura sia tenuta gelosamente nascosta, in barba alla trasparenza, si parla di circa 150 assistiti tra calciatori e allenatori di serie A e B. Ma i tentacoli si stanno rapidamente allungando anche nei campionati minori e nei settori giovanili. Circa l'estemporanea soluzione, è utile ricordare che Franco Carraro, oltre a essere il presidente federale, è anche il numero uno di MCC, banca d'affari posseduta dal gruppo Capitalia. C'è un particolare aggiuntivo che ha probabilmente consigliato a Urbani e Tremonti di glissare sulla questione. Dallo scorso dicembre, Capitalia ha ceduto il 20,1% di MCC a diversi grandi gruppi: il 3% è detenuto adesso dalla Fininvest. Un garbuglio simile è difficile a vedersi: nella stessa barca navigano Berlusconi, Carraro, Geronzi, Moggi, Tanzi e i loro uomini. Anche un gruppo di 39 deputati del centro-sinistra ha presentato, il 2 luglio scorso, un'interpellanza al ministro Urbani sui vari conflitti di interesse del mondo del calcio: da Carraro a Galliani, includendo la Gea. Doveva essere discussa ieri alla Camera, ma è stata rinviata alla prossima settimana. In caso di risposte insoddisfacenti dell'esecutivo c'è già l'intenzione di ricorrere alle Autorità garanti della concorrenza.
(fine 1^ puntata)
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il pallone in confusione

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