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venerdì 20 febbraio 2009

Massimo Donelli: la leggenda del regalo di Krol

Il direttore di Canale 5, supertifoso del Genoa, rivela a "il pallone in confusione" un particolare inedito della sfida del 1982 che sancì il gemellaggio tra i tifosi rossoblù e quelli del Napoli

Chissà se è vero oppure se una semplice leggenda, il racconto riguardante il grande Ruud Krol, che nel 1982 indossava la maglia del Napoli, che lo vorrebbe "mediatore" della salvezza del Genoa. Lo narra in esclusiva a "il pallone in confusione" Massimo Donelli, supertifoso accesissimo del Genoa e direttore di Canale 5. In passato è stato a capo di testate prestigiose come Epoca, La Notte, Sorrisi e Canzoni tv: ha anche ricoperto incarichi importanti a Il Giornale, Panorama e a Il Secolo XIX. Vanta anche un'esperienza napoletana: ha lavorato per tre anni a Il Mattino e parla di quel periodo con nostalgia. 

Quali sono i suoi ricordi di quel lontano 16 maggio 1982, quando nacque il gemellaggio tra i tifosi di Napoli e Genoa?
«Ero a Milano, in un appartamento che si affacciava su un cortile chiuso ai quattro lati. Mio fratello e io ascoltavamo "Tutto il calcio minuto per minuto" e quando arrivò la notizia del gol di Faccenda tirammo un urlo che fece affacciare le poche persone in quel momento a casa (era un pomeriggio caldissimo). Solo dopo scoprii le incredibili dinamiche dell'azione (Castellini che butta la palla in angolo etc.). E solo moltissimo tempo dopo mi fu spiegato (chissà se è vero?) che quel...regalo era dovuto alla regia del grande, immenso Krol. Narra la leggenda (nessuna prova, solo leggenda, appunto) che Krol avesse fatto da mediatore nel passaggio del suo connazionale Peters al Genoa. E se il Genoa fosse retrocesso Peters non sarebbe potuto arrivare (allora in B non c'erano stranieri) e Krol non avrebbe incassato la mediazione... Sarà vero? Mah... Fatto sta che io venivo da tre anni meravigliosi di vita a Napoli. E che più che mai quel giorno mi sentii parte...genovese e partenopeo...»

Ci sono alcuni tifosi napoletani e genoani che auspicano su internet la nascita di un inno comune delle due squadre, sull'esempio di "You'll never walk alone" comune a Liverpool e Celtic: che ne pensa?

«Napoli e Genova sono le due capitali della canzone leggera (e non solo) italiana. O sole mio è nato a Napoli, Fratelli d'Italia a Genova: sono il doppio inno nazionale... Si, bella idea: vedrei bene Pino Daniele e quel matto di Baccini a scriverlo insieme.

Il gemellaggio è una forma di rispetto sportivo tra due tifoserie che può ancora esistere nell'era del calcio a scopo di lucro, dove dominano i soldi e le tv?

«C'è più umanità e saggezza sugli spalti che negli uffici della Lega calcio...»

Alla luce delle ultime prestazioni di Napoli e Genoa, come interpreta la gara di domenica prossima?
«Il Genoa di Preziosi e Gasperini gioca sempre per vincere. E su ogni campo assicura emozioni, spettacolo, nel gioco. All'andata fu una partita bellissima. Lo sarà anche stavolta».

Quale giocatore ammira in particolare tra gli avversari?
«Impazzirei per vedere Lavezzi assieme a Milito!»

Reja e Gasperini, due filosofie di gioco differenti a confronto: quali sono i pregi e i difetti?
«Massimo rispetto per Reja, ma se potessi mi terrei Gasperini tutta la vita!»

Cosa bolle nella pentola di Massimo Donelli, direttore di Canale 5? Forse nuovi programmi tv? Oppure un libro o una commedia sul Genoa sullo stile di quelle di Gilberto Govi?
«Vorrei fare un musical tratto da Govi, con musiche di Gino Paoli e sul palcoscenico Luca e Paolo. Ma fuori da Canale 5, giusto per fare un omaggio al grande Gilberto e alla nostra meravigliosa Superba».
Marco Liguori
Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte

Mimmo Carratelli: vi racconto la nascita del gemellaggio tra città di mare

Il celeberrimo giornalista e scrittore napoletano narra a "il pallone in confusione" tutti i retroscena della notte precedente al 16 maggio 1982, quando si giocò Napoli-Genoa

Il primo gemellaggio tra genoani e napoletani nacque a casa sua, la notte prima di Napoli-Genoa, in una cena tra colleghi con una beneagurante bevuta finale di whisky alla salvezza del Grifone: e salvezza fu. Mimmo Carratelli, celeberrimo giornalista e scrittore napoletano, racconta a "il pallone in confusione" i retroscena della notte precedente al 16 maggio 1982, quando fu sancita la "santa alleanza" tra i tifosi azzurri e rossoblù. Tornando ai giorni nostri, confessa anche un suo sogno segreto: scrivere un romanzo su Diego Armando Maradona.

Quali sono i suoi ricordi di quel lontano 16 maggio 1982, quando nacque il gemellaggio tra i tifosi di Napoli e Genoa?
«La sera prima della partita facemmo una gran baldoria a casa mia con gli amici venuti da Genova, capeggiati da Gian Luigi Corti. C’era già un gemellaggio di cuore fra noi giornalisti di due città di mare. Ricordo Orlando Caserza, Piero Sessarego, Elio Domeniconi, Sandro Castellano, Peppe Barnao, Giorgio Viglino e un fantastico Giorgio Cimbrico. Quel sabato arrivò da Genova una nave carica di tifosi. Gian Luigi Corti portò una nutrita riserva di whisky e brindammo alla salvezza del Genoa. Facemmo l’alba giocando a una roulette casalinga. Arbitrò Agnolin, niente scherzi. Un pomeriggio di maggio e una primavera di buoni sentimenti. Segnò subito Briaschi, geometra e cavallino leggero dell’attacco genoano. Il secondo tempo cominciò in ritardo per un festival di fumogeni. Forse fu un artificio dei tifosi napoletani perché si conoscessero in anticipo i risultati del Cagliari, del Milan e del Bologna. Con queste squadre il Genoa si giocava la salvezza. Il Napoli di Krol, allenato da Rino Marchesi, autentico gentiluomo delle panchine, era quarto in classifica e non doveva chiedere nulla al match con i rossoblù. Ma pareggiò e passò in vantaggio. A quel punto il Genoa allenato da Gigi Simoni, amico carissimo, era retrocesso. A dieci minuti dalla fine entrò Mario Faccenda, ischitano con una foresta di capelli ricci, l’ultima carta giocata da Simoni. A cinque minuti dalla fine, Giaguaro Castellini (che il cielo gliene renda merito) sbagliò il passaggio a un compagno facendo scivolare la palla in corner. Il pallone scagliato dall’angolo superò il mischione in area e Faccenda in spaccata lo buttò in rete. Il pareggio salvò il Genoa. Bontà di Napoli e salvezza genoana firmata da un ragazzo d’Ischia. Si sarebbe commossa anche Matilde Serao. Erano ancora tempi di un calcio romantico che si concedeva ai sentimenti. Quel giorno nacque il sodalizio fra le due tifoserie confermato due anni fa a Marassi nel festoso pomeriggio del ritorno in serie A di Genoa e Napoli».

Ci sono alcuni tifosi napoletani e genoani che auspicano su internet la nascita di un inno comune delle due squadre, sull'esempio di "You'll never walk alone" comune a Liverpool e Celtic: che ne pensa?
«Difficile mettere insieme Pino Daniele e Paolo Conte, più difficile Gigi D’Alessio e Gino Paoli. Il vero inno del Napoli è ‘O surdato nnamurato (oje vita, oje vita mia, si stato ‘o primm’ammore, ‘o primmo e ll’ultimo sarraje pe’ me). Sarebbe fantastica una traduzione in genovese.»

Il gemellaggio è una forma di rispetto sportivo tra due tifoserie che può ancora esistere nell'era del calcio a scopo di lucro, dove dominano i soldi e le tv?
«Il gemellaggio fra le tifoserie di Napoli e Genoa è nato su basi solide in un pomeriggio di ansia, tensione, solidarietà e festa. Può resistere al mondo del calcio diventato arido e violento».

Alla luce delle ultime prestazioni di Napoli e Genoa, come interpreta la gara di domenica prossima?
«Il Napoli è in difficoltà. Il Genoa ha gioco, ritmo e grinta. E’ lanciatissimo verso la Champions. Il pronostico è suo. Il Napoli dovrebbe compiere un miracolo per uscire dal tunnel di risultati avversi, orrori e paure. Nelle condizioni attuali, giocare al “San Paolo” significa più tensione per il Napoli e potrebbe non essere più un vantaggio».

Quale giocatore ammira in particolare tra gli avversari?
«Naturalmente, Milito. Lavezzi e Milito, la coppia sfuggita prima al Genoa e poi al Napoli, avrebbero fatto un tandem pirotecnico».

Reja e Gasperini, due filosofie di gioco differenti a confronto: quali sono i pregi e i difetti?
«Più pregi che difetti. L’audacia di Gasperini (51 anni), la saggezza di Reja (64 anni). Il primo, avvantaggiato oggi dalle strepitose condizioni di forma della squadra. Il secondo alle prese con la lunga crisi della sua formazione».

Dopo i successi de "La grande storia del Napoli" e del romanzo "L'ombra del leopardo" sta preparando un altro volume calcistico? Oppure forse debutterà come sceneggiatore cinematografico oppure teatrale, magari sulla vita di Maradona e della sua era in azzurro...
«Il sogno è un romanzo su Maradona, protagonista del nostro tempo al di là del calcio. Altare e polvere. Vizi e virtù. Generoso, ribelle. Uno Scorpione, segno di vita e di morte, aizzato da Marte e sfiorato da Nettuno, pianeta infausto. Troppo grandi il talento, la fortuna, il cuore per non pagare tutto. Ingannò mediani, dribblò terzini, beffò portieri. E’ stato la felicità del gioco del calcio. Ma quando affrontò la partita con la vita, perse il dono del dribbling e smarrì la fantasia. Cadde contro il tackle duro della cocaina. Una vita da romanzo, le origini umili, il successo, la caduta, un eroe disperato, un ribelle umiliato, un ragazzo solo sotto le luci accecanti della ribalta, un uomo che sta risalendo la china tra l’amore di chi gli vuole bene e lo scetticismo dei malevoli che non gli hanno mai risparmiato nulla. Ma ci vorrebbe la penna di Osvaldo Soriano, di Eduardo Galeano, di Vargas Llosa, di Jorge Amado. E Mimì Rea non è più tra noi».
Marco Liguori
Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte

Non perderti la nascita del gemellaggio su Massimo Donelli: la leggenda del regalo di Krol e Amarcord gemellaggio: sintesi tv Napoli-Genoa 2-2 (da You Tube) 

lunedì 2 febbraio 2009

Ecco i retroscena della sentenza del Tas su Mannini

L’avvocato Fabio Turrà spiega in esclusiva a "il pallone in confusione" il contenuto delle 25 pagine in cui è stata disposta la squalifica del calciatore del Napoli e quella del suo compagno del Brescia Possanzini

Sentenza formalmente ineccepibile, forse l’unica strada percorribile sarebbe quella per cui Coni e Figc potrebbero chiedere un provvedimento di grazia al Wada. Questo è in sintesi il succo delle 25 pagine della sentenza del Tas, il Tribunale sportivo di Losanna, che ha squalificato il giocatore azzurro Daniele Mannini e il suo ex collega Davide Possanzini esaminate in esclusiva per "il pallone in confusione" dall’avvocato napoletano Fabio Turrà. In fin dei conti ciò è possibile: entrambi si sono presentati in ritardo agli esami antidoping, ma non avevano preso sostanze illecite.
Avvocato Turrà come giudica la sentenza del Tas?
E’ giuridicamente ineccepibile. Purtroppo la questione è stata inizialmente sottovalutata per i suoi possibili effetti.
Scendiamo nel dettaglio: chi erano i soggetti tirati in ballo?
Il Wada, ossia l’agenzia internazionale antidoping che ha sede a Montreal in Canada, aveva appellato in giudizio in primis il Coni come "first respondent", come recita la sentenza, a causa della sanzione blanda di 15 giorni di squalifica inferta a Mannini e Possanzini. C’è da sottolineare che il Coni non si è costituito dinanzi al Tas. A seguire c’è la Figc. Mannini e Possanzini sono rispettivamente la terza e la quarta parte trascinata in giudizio.
Quali erano i fatti addebitati?
Al termine della gara Brescia-Chievo del 1° dicembre 2007 Mannini e Possanzini, che all’epoca erano tesserati con la società lombarda, erano stati sorteggiati per il controllo antidoping. I due medici della Figc, Vincenzo De Vita e Riccardo Miniadore, avvisarono riguardo ai nomi dei calciatori il medico delle "Rondinelle", Diego Giuliani, e si recarono verso l’area dei prelievi assieme ai due atleti. Ma accadde un imprevisto.
E cosa accadde precisamente?
Il testo della sentenza riporta che i quattro vennero intercettati dal presidente del Brescia, Gino Corioni, che era su tutte le furie e invitava Mannini e Possanzini a recarsi immediatamente verso lo spogliatoio dello stadio "Rigamonti" per presenziare alla riunione con l’allenatore Serse Cosmi. Ciò era stato stabilito a causa della terza sconfitta consecutiva della squadra lombarda.
E i medici della Figc come agirono davanti a questo imprevisto?
Il dottor De Vita fece presente che a norma del regolamento i due giocatori non potevano allontanarsi dalla sua vista fino al momento dei prelievi. Di conseguenza, recita ancora la sentenza, i dirigenti del Brescia invitarono i due medici federali a entrare nello spogliatoio. Ma De Vita, come ha testimoniato davanti al Tas, trovò la porta di accesso chiusa dall’interno.
Quindi dovettero attendere la fine della riunione per effettuare i prelievi?
Proprio così. Quindi Mannini e Possanzini si presentarono in ritardo ai controlli antidoping: ai quali risultarono negativi, ossia completamente puliti da eventuali sostanze dopanti.
Qual è la norma che dispone la squalifica?
La sentenza riporta che la punizione ai due giocatori è stata inflitta ai sensi dell’articolo 2.3 del codice Wada. La disposizione stabilisce che se gli atleti rifiutano o omettono di sottomettersi ai controlli antidoping, senza addurre particolari motivi di impedimento ad essi, è prevista una sanzione minima di due anni di squalifica. E’ stata ridotta a un solo anno poiché è stata riconosciuta la buona fede di Mannini e Possanzini.
Ma non esistono eccezioni o "scappatoie" al riguardo?
No. Esiste un obbligo per i giocatori di informarsi sulle sostanze proibite e sulle esatte procedure per essere sottoposti agli esami: parimenti, essi hanno l’obbligo di non sottrarsi ad essi, nel momento in cui sono sorteggiati. Nel caso di Mannini e Possanzini si evidenzia nella sentenza un altro fatto ben preciso e che è stato altrettanto decisivo per imporre la squalifica.
Quale?
La sentenza sottolinea che entrambi hanno fatto una scelta, nonostante la costrizione del presidente Corioni, tra partecipare alla riunione nello spogliatoio oppure recarsi dai medici federali per i controlli. Se avessero disertato la prima, l’eventuale sanzione inflitta loro dal Brescia sarebbe stata annullata poiché avrebbero ottemperato al loro preciso dovere di sottoporsi agli esami. Avendo evitato questi ultimi, ritardandoli, di conseguenza è scattata la sanzione del Tribunale sportivo internazionale.
Ma si sarebbero potute addurre altre argomentazioni per discolpare i due calciatori?
Sarebbe stato più opportuno se la difesa avesse insistito sull’impossibilità materiale per entrambi di uscire dalla riunione nello spogliatoio, in cui erano stati spinti contro la loro volontà. Mancando ciò, il Tas ha deciso per la loro colpevolezza.
Ma non sarebbe stato meglio chiamare Corioni come testimone?
Stranamente manca il suo nome nell’elenco dei testimoni. Per il Brescia ci sono solo Cosmi, il medico Giuliani e il team manager Edoardo Piovani.
A questo punto cosa si può fare?
In teoria c’è soltanto il ricorso alla Corte federale svizzera: ma finora vi sono stati pochissimi precedenti e bassissime percentuali di esito vittorioso. Il procedimento rischia di durare circa un anno: è quindi inutile intentarlo, visto che Mannini e Possanzini avrebbero già scontato la squalifica. Sarebbe meglio che Coni e Figc chiedessero la grazia al Wada motivandola con l’ingiustizia della sanzione inflitta, ammettendo di aver recepito l’importanza della tempistica e dell’obbligo dei controlli e sottolineando che Mannini e Possanzini non avevano assunto sostanze proibite.
Marco Liguori
Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte
ASCA (SPR) - 02/02/2009 - 20.24.00
CALCIO: AVV. TURRA', SENTENZA TAS INECCEPIBILE. MEGLIO CHIEDERE GRAZIA
ZCZC ASC0184 1 SPR 0 R03 / +TLK XX ! 1 X CALCIO: AVV. TURRA', SENTENZA TAS INECCEPIBILE. MEGLIO CHIEDERE GRAZIA = (ASCA)
- Roma, 2 feb - La sentenza del Tas che ha squalificato per un anno Mannini e Possanzini per essersi presentati in ritardo ad un controllo antidoping e' ''formalmente ineccepibile''. Meglio sarebbe per Coni e Figc chiedere la grazia al Wada. E' quanto sostiene l'avv. Fabio Turra' a ''il pallone in confusione''. Dopo aver ripercorso i fatti accaduti al termine della gara Brescia-Chievo del 1 dicembre 2007, il legale precisa che il tribunale ha applicato una precisa disposizione in cui si stabilisce che ''se gli atleti rifiutano o omettono di sottomettersi ai controlli antidoping, senza addurre particolari motivi di impedimento ad essi, e' prevista una sanzione minima di due anni di squalifica. E' stata ridotta a un solo anno poiche' e' stata riconosciuta la buona fede di Mannini e Possanzini''. Non esistono quindi eccezioni. ''Esiste un obbligo per i giocatori - spiega - di informarsi sulle sostanze proibite e sulle esatte procedure per essere sottoposti agli esami: parimenti, essi hanno l'obbligo di non sottrarsi ad essi, nel momento in cui sono sorteggiati'' mentre se avessero disertato la riunione a cui li ha obbligati il presidente Corioni ''l'eventuale sanzione inflitta loro dal Brescia sarebbe stata annullata poiche' avrebbero ottemperato al loro preciso dovere di sottoporsi agli esami. Avendo evitato questi ultimi, ritardandoli, di conseguenza e' scattata la sanzione del Tribunale sportivo internazionale''. A questo punto cosa si puo' fare? ''In teoria - sostiene l'avv. Turra' - c'e' soltanto il ricorso alla Corte federale svizzera: ma finora vi sono stati pochissimi precedenti e bassissime percentuali di esito vittorioso. Il procedimento rischia di durare circa un anno: e' quindi inutile intentarlo, visto che Mannini e Possanzini avrebbero gia' scontato la squalifica. Sarebbe meglio che Coni e Figc chiedessero la grazia al Wada motivandola con l'ingiustizia della sanzione inflitta, ammettendo di aver recepito l'importanza della tempistica e dell'obbligo dei controlli e sottolineando che Mannini e Possanzini non avevano assunto sostanze proibite''. red-rf/sam/lv 022024 FEB 09 NNNN

giovedì 15 gennaio 2009

Liguori: "Cairo non ha problemi economici"

di Marina Beccuti
Tratto da Torinogranata.it
15 gennaio 2009

Il noto giornalista economico Marco Liguori, che si occupa di calcio andando sviscerare le tante questioni finanziarie che riguardano lo sport più amato dagli italiani, ha parlato di alcune questioni scottanti che riguardano anche Cairo e Mister X

Chiediamo conferma anche a lei riguardo alla notizia, peraltro priva di fondamento, dei presunti ritardi negli emolumenti da pagare ai giocatori del Torino.
Spesso diventa quasi un fatto veniale non pagare alla data stabilita gli stipendi ai giocatori, ma anche se vengono pagati a sessanta giorni è tutto regolare, come ha fatto Cairo, da lui stesso confermato. Non mi risulta in effetti che abbia dei problemi economici, se così fosse vuol dire che metà delle squadre della seria A sarebbero in forte crisi economica. Torino ha una buona situazione economica, per cui il problema non mi risulta. Le squadre ad avere più problemi di questo genere sono in serie B.

Invece di Mister X cosa ne pensa?
Intanto se Cairo ha detto che non vende, vuol dire che è così, dunque è inutile girare attorno alla questione. Lui è il proprietario del Torino e se lo tiene. La situazione di Mister X mi ricorda tanto il duo Tacopina/Soros, che prima volevano il Bologna e poi la Roma, ma non se ne fece nulla. Nel caso della Roma, essendo quotata in borsa, c’era l’obbligo di rendere noto agli azionisti se c’era una trattativa in corso e la cifra.

Si ha quasi l’impressione che queste voci, un po’ destabilizzanti, siano create ad arte per mettere in difficoltà il Toro sul calciomercato…
E’ chiaro che può creare turbative, al di là dell’attuale classifica. Un giocatore che potrebbe venire al Toro ci pensa due volte se sente dire che gli stipendi vengono pagati in forte ritardo e la società può essere venduta. Ha fatto bene Cairo a dire che non vende e non ci dovrebbero essere altre speculazioni a proposito.

In generale che calciomercato prevede?
Povero , con pochi veri trasferimenti e tanti scambi, anche perché con la crisi che c’è non si può più parlare di cifre iperboliche. Ci tengo anche a fare una considerazione con un raffronto tra l’Italia e l’Inghilterra. Arsenal e Tottenham si sono indebitati con le banche, ma hanno degli immobili come garanzia. L’Arsenal ha costruito un nuovo stadio, ma sta già creando un grosso store e addirittura un quartiere, così come il Tottenham. Le squadre italiane invece non hanno ancora tutto questo per dare garanzie certe alle banche.

La Roma, prossima avversaria del Torino, è davvero indebitata come si dice?
La società di calcio non ha debiti importanti, è la Italpetroli ad averli, ma anche in questo caso solo la famiglia Sensi potrà decidere se tenere o meno la Roma. Entro Natale dovevano pagare un rateo all’Unicredit di circa 130 milioni di euro, ma ad ora non è stata data nessuna comunicazione a proposito.

Tornando al Toro, come vede il suo campionato?
Sulla carta non è una squadra da retrocessione, purtroppo però si è creato un processo psicologico negativo tra i giocatori. Ad esempio contro il Milan aveva fatto bene, contro il Napoli ha vinto perché l’avversario con la testa era già in vacanza. A Genova è nuovamente crollata. Probabilmente i giocatori non sono ancora riusciti ad assimilare quello che chiede Novellino, se non ci riesce lui, che usa il pugno di ferro, sarà dura. Con la Roma a tutti i costi deve cercare di portare via almeno un punto.

L'intervista completa andrà in onda su Radio Beckwith alle 19,30 di oggi

venerdì 19 dicembre 2008

Marco Liguori a Toro News: «Partita difficile per il Napoli»

'FORMAZIONE DEFICITARIA E OCCHIO ALLA LEGGE DELL'EX'

di Andrea Abbattista
Manca ormai poco all'ultima partita del 2008 del campionato. Per i granata dietro l'angolo una partita difficile, contro una delle formazioni più in forma del campionato: il Napoli. Forti del terzo posto in classifica diviso con il Milan, i partenopei arrivano però a Torino con tre assenze pesanti, una per ruolo. Paolo Cannavaro, Hamsik e Lavezzi saranno i tre illustri “napoletani” assenti. Allertato per le mancanze ma fiducioso Marco Liguori, giornalista napoletano esperto di calcio e direttore de “Il pallone in confusione”:

“E' una gara cruciale per il Toro perché deve assolutamente fare punti. Dall'altra parte c'è il Napoli che nonostante qualche assenza, soprattutto quella di Lavezzi, ha lo stesso l'obiettivo di tornare almeno con un punto per rimanere nelle posizioni alte della classifica”.

Nuovo allenatore nel Torino, Walter Novellino, già passato da qui lo scorso anno, ma transitato anche a Napoli...

“Sì, infatti quello che spaventa e a cui bisogna stare attenti è la legge dell'ex. Novellino è stato l'allenatore del Napoli nell'anno della promozione dalla Serie B nel 1999. In quell'anno c'era anche un carissimo giocatore, Antonino Asta, diventato poi capitano granata, che è un rimpianto, ma in quei tempi riversavamo in una brutta situazione economica e andavamo avanti soprattutto a prestiti. E infatti poi andò al Toro”.

Un crescendo la storia del Napoli negli ultimi anni, fino al terzo posto a pari merito con il Milan e sopra Roma, Fiorentina e Lazio. Qual è il segreto?

“Ci sono una serie di fattori che hanno portato il Napoli all'attuale posizione di classifica. Intanto il bilancio: i conti sono strabilianti e avevo scritto un pezzo proprio su questo valutando effettivamente che c'è un ricavo maggiore delle spese, quindi si riesce a coprire tutto quello che serve coprire e si ha anche un surplus. Sono davvero poche le società in Serie A ad avere questo bilancio. Il secondo fattore si chiama Pierpaolo Marino. De Laurentis è proprietario e Presidente, ma ha delegato molti poteri al “richelieu del mercato”. E' un grande uomo di mercato, basti fare i nomi di Hamsik o Mannini, ma non solo, anche Maggio esterno quanto mai azzeccato per la fascia destra e Denis, una scommessa vinta. Il Torino dovrà stare molto attento alle fasce, soprattutto perché è il tallone d'Achille per quanto ho potuto vedere nella partita contro il Bologna”.

Tu che sei un esperto giornalista finanziario, il ritorno di Novellino può essere figlia soprattutto del fatto che era a libro paga?

“Sì, può anche essere per questo. D'altronde quando si presenta un'urgenza si richiama anche così. Il fatto che lascia perplesse è che Novellino era stato mandato via a poche giornate dalla fine e ora è stato richiamato. Poi che sia l'uomo giusto per gli uomini a disposizione può anche essere. Credo comunque che il problema del Torino non sia il tecnico ma è un aspetto mentale, non riesco a capire come possa una squadra giocare una signora partita con il Milan e poi crollare completamente”.

Parlando di passato... tuo padre è stato uno dei privilegiati che ha potuto veder giocare il Grande Torino. Che ricordi ti ha lasciato?

“Io ho un ricordo bellissimo di quello che mi raccontava mio padre. Lui aveva circa 20 anni quando aveva visto per la prima volta giocare la squadra del 1946/47, l'anno in cui il Napoli retrocesse. Mi raccontava che non aveva mai visto una squadra che ogni 6-7 passaggi arrivava automaticamente al tiro, come fosse un orologio. Un orologio perfetto”.

Quindi bisogna ripartire dalla storia per costruirsi un futuro! Un'ultima domanda come sempre si fa: un pronostico per Torino-Napoli.

“Per quella bisogna avere una sfera di vetro. Per il Napoli non è una partita facile per via delle assenze, ma dico X 2”.
Tratto da http://www.toronews.net/?action=article&ID=10851

giovedì 27 novembre 2008

Beccantini: «Il Napoli non parte sconfitto contro l’Inter»

Il celebre giornalista de La Stampa presenta in esclusiva a “il pallone in confusione” la partita di domenica a San Siro. Punti deboli della formazione di Mourinho: cali fisici e psicologici oltre alla difficoltà di segnare in casa

Il Napoli non parte battuto a San Siro contro l’Inter. Parola di Roberto Beccantini, celeberrimo editorialista del quotidiano La Stampa, scrittore di numerosi volumi di storie di calcio e prestigioso collaboratore del Guerin Sportivo. Il mitico Beck sottolinea in esclusiva a “il pallone in confusione” i punti deboli della squadra nerazzurra, che presenta spesso cali fisici e psicologici, oltre a una sua difficoltà abbastanza congenita di segnare in casa.
Che importanza riveste per l’Inter e per il Napoli la sfida di domenica?
«E’ più importante per l’obiettivo per cui gareggia la squadra nerazzurra, ossia lo scudetto. Il Napoli, dopo la serie di risultati positivi iniziali, ha però preso gusto per proiettarsi verso la zona Uefa se non addirittura verso quella che porta alla Champions League. E’ una partita la cui posta in palio dovrebbe quindi stimolare entrambe le contendenti, al di là della storica rivalità che c’è stata tra i partenopei e le squadre del Nord. Ci sarà sicuramente una grande tensione agonistica: è una partita con il pronostico favorevole all’Inter, ma abbastanza aperto: non credo che il Napoli sia già battuto in partenza».
Ha un ricordo particolare e indelebile di una sfida a San Siro?
«Mi ricorderò sempre di un Inter-Napoli con un grandissimo gol di Maradona (NDR: era il 10 novembre del 1985 e finì 1-1). Diego raccolse un cross dalla destra, fece uno stop di petto e prima che la palla toccasse terra tirò con la gamba sinistra un micidiale diagonale che uccellò Zenga».
Quale potrebbe essere la chiave tattica?
«Alle due squadre non interesserà occupare il centro del ring, come faceva il Milan di Sacchi che come un pugile cominciava a mulinare i suoi pugni all’avversario. Lo stesso Mourinho non è un rivoluzionario: è un allenatore molto bravo che riesce a ottenere sempre il massimo dalle squadre con cui ha lavorato. Non mi aspetto quindi una partita aggressiva da parte di entrambe le formazioni, ma di fiammate improvvise da una parte e dall’altra. Il Napoli ovviamente cercherà di stanare l’Inter, mentre quest’ultima tenderà ad attaccare senza scoprirsi troppo».
Facciamo un gioco: immaginiamo che lei sia Reja. Quali potrebbero essere i punti deboli dell’Inter?
«Una debolezza della formazione di Mourinho potrebbe essere il fatto che gioca un calcio molto muscolare, impostato soprattutto sulla fisicità, e avere un calo di rendimento. Però ho notato che ha anche cali di tipo psicologico: ieri sera ha perso in casa nella gara di Champions contro il Panathinaikos dopo aver battuto la Juventus. Si vede proprio che l’ultima vittoria in campionato ha prosciugato molto di più le energie psicologiche che quelle fisiche, con un’evidente diminuzione della concentrazione.
Ce ne sono altri?
«Un ulteriore limite potrebbe essere costituito dal fatto che l’Inter nelle partite casalinghe fa un po’ fatica a segnare. A questo si può aggiungere che prima o poi Ibrahimovic, l’attaccante che è utilizzato in continuazione da Mourinho, subisca una fase calante. Ciò non toglie che l’Inter sia la squadra più forte e completa nei reparti che abbiamo nel nostro campionato».
Dopo i torti arbitrali subiti nella gara contro il Milan, il Napoli deve temere qualche altro trattamento di “favore” da parte del direttore di gara?
«Credo proprio di no. Il Napoli ha avuto una direzione di Rocchi a San Siro non certo felice. Ma bisogna pensare anche che ha avuto due rigori a favore contro il Genoa e ha ricevuto l’annullamento del gol di Cassano, che invece era regolare, nella partita contro la Sampdoria al San Paolo. E’ chiaro che quando si va a giocare in casa dell’Inter, del Milan o della Juventus una piccola “tassa” bisogna pagarla. Però gli eventuali errori arbitrali non devono essere un alibi».
Come giudica il gioco del Napoli in trasferta?
«Ho notato che finora non riesce a essere all’altezza di quando gioca in casa, dove domina gli avversari. Contro il Milan si è visto poco, poiché dopo l’espulsione di Maggio, al termine del primo tempo, è chiaro che in inferiorità numerica cambia l’impostazione di gioco e tutto si complica. Fino a quel momento il Napoli non mi era dispiaciuto, anche se mi aspettavo qualcosa in più. Vediamo ora cosa accadrà domenica: l’anno scorso finì 2-1 per l’Inter».
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)
Nella foto: Roberto Beccantini (tratta da http://news.centrodiascolto.it/view/271975/i=Presidente+del+Consiglio/copertina_sull_italia_fuori_dagli_europei_di_calcio

giovedì 20 novembre 2008

«Giustizia sportiva forte con i deboli e debole con i forti»

Samuele Ciambriello, giornalista sportivo e professore universitario, punta l’indice contro le esigue ammende comminate da Tosel ad Atalanta, Lazio e Roma dopo le violenze di domenica scorsa. E sottolinea il clima pesante in alcuni stadi della Penisola, quando gioca il Napoli


«La giustizia sportiva è debole con i forti e forte con i deboli. Eliminiamo il razzismo dagli stadi». Ad affermarlo a “il pallone in confusione” è Samuele Ciambriello, giornalista sportivo, docente ordinario di teoria e pratica della comunicazione all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli ed esponente politico del Pd. Ciambriello sottolinea anche il clima pesante respirato in diversi stadi della Penisola quando gioca il Napoli: lo ha provato sulla propria pelle quando si reca in trasferta per l’emittente napoletana Canale 9 assieme al collega Carlo Alvino.

Il giudice sportivo ha sanzionato con sanzioni lievi le intemperanze dei tifosi di Atalanta, Lazio e Roma. Non le sembra un’ingiustizia?
«La giustizia sportiva si sta mostrando sempre più forte con i deboli e debole con i forti. Oramai è chiaro che sta adoperando due pesi e due misure. I mille euro di ammenda all’Atalanta sono davvero più che esigui: potrebbero darli a una sezione Caritas, sarebbe meglio. Ma c’è anche un silenzio complice e connivente da parte dei media».
A cosa si riferisce?
«Se fossero stati feriti numerosi poliziotti in eventuali scontri allo stadio di Napoli con la tifoseria azzurra la Rai e in particolare Mediaset avrebbero fatto vedere le immagini per settimane. Invece, in altri casi non hanno evidenziato sufficientemente i fatti violenti».
Lei è opinionista a Canale 9 nel programma condotto da Carlo Alvino durante le partite del Napoli: ha mai temuto per la sua incolumità fisica quando va in trasferta?
«Spesso ci è accaduto di essere bersaglio di lanci di oggetti, di essere insultati e di ricevere sputi dai tifosi avversari. Ciò è avvenuto in stadi di serie C e di serie B: ma ricordo molto bene che anche l’anno scorso in serie A sia io che Carlo abbiamo vissuto momenti di forte tensione. Posso ammettere lo sfottò, ma la minaccia, l’ingiuria o addirittura la chiusura di un collegamento sono fatti inammissibili».
C’è forse un risveglio dell’antico sentimento antimeridionale?
«Premetto che anche a Napoli esistono persone violente che usano la manifestazione sportiva domenicale per sfogare i propri istinti bestiali e mettersi in mostra. Purtroppo devo sottolineare che c’è in giro un sentimento di odio molto diffuso: si vede che gli stadi sono punti di aggregazione di persone che esprimono il loro essere antimeridionali e antinapoletani. Tutto questo non è un fatto goliardico, è un fatto molto preoccupante».
Lei è un esponente politico del Pd: ha intenzione di preparare con alcuni colleghi di partito delle iniziative in merito a queste vicende?
«Se c’è un argomento bipartisan nella politica, questo è proprio il calcio. I club juventini, milanisti, napoletani coinvolgono anche esponenti di partito. Ritengo però che i politici debbano occuparsi sempre meno di pallone».
Si riferisce anche alle decisoni di Maroni contro la tifoseria napoletana?
«Il ministro dell’Interno ha vietato le trasferte ai tifosi napoletani. Ma perché non è intervenuto anche nei confronti delle tifoserie dell’Atalanta, della Roma e della Lazio dopo i fatti di domenica scorsa? E perché non ha preso provvedimenti punitivi anche nei confronti di altre che si sono macchiate di atti violenti e di teppismo? Tutto questo mi sembra ingiusto».
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)

Nella foto, tratta da http://www.ottopagine.it/, Samuele Ciambriello

lunedì 8 settembre 2008

«Le curve chiuse? E’ una sentenza ingiusta e inappropriata contro il Napoli»

Il noto esperto di diritto sportivo, l’avvocato Domenico Latino, spiega a “il pallone in confusione” che la decisione del giudice sportivo non risolve il problema della violenza negli stadi

«La sentenza è ingiusta, inappropriata e non aiuta a risolvere il problema della violenza negli stadi. Inoltre, la norma sulla responsabilità oggettiva delle società va radicalmente riformata perché espone le società calcistiche ai ricatti della cosiddetta “tifoseria organizzata”». Così Domenico Latino, noto avvocato milanese esperto di diritto sportivo, esprime le sue critiche a “il pallone in confusione” riguardo alla sentenza del Giudice sportivo Giampaolo Tosel, che ha stabilito la chiusura delle curve dello stadio San Paolo dopo i disordini della partita Roma-Napoli. Latino aggiunge che «è umanamente e moralmente comprensibile lo sfogo del presidente Aurelio De Laurentiis di voler lasciare il mondo del calcio». Il legale preannuncia che oltre al danno della sentenza della giustizia sportiva, il Napoli potrebbe subire anche la beffa dei ricorsi degli abbonati: proprio poco fa è stata diffusa la notizia che, Carlo Cincotti, avvocato partenopeo sottoscrittore di un abbonamento in curva B, ha annunciato ricorso al Tar.

Avvocato cosa accade con questo provvedimento di chiusura delle curve all’impianto di Fuorigrotta?
«Ho letto poco fa la sentenza e se ne deduce che gli ultrà irrispettosi del vivere civile e fomentatori di violenza si potranno tranquillamente annidare nelle altre parti aperte dello stadio San Paolo. Il giudice sportivo ha penalizzato in modo eccessivo la società, senza poter ottenere l’effetto preventivo di cui parla».
Questa sentenza è figlia della responsabilità oggettiva?
«Ormai questa disposizione è completamente anacronistica. Paradossalmente questa norma avrebbe dovuto essere un deterrente: invece, la persistenza di fatti di violenza la fa diventare inutile e nociva. Andrebbe rivista poiché alcune frange di tifosi, che probabilmente non lo sono poiché sono forse delinquenti comuni, con i loro atti violenti potrebbero alzare il tiro per ricattare le società».
Può spiegarsi meglio?
«Questi facinorosi potrebbero dire alle società: visto che sei sotto scacco delle penalizzazioni sportive, o ci date ciò che vogliamo oppure rincariamo le azioni violente. Per questo motivo, la norma è paradossalmente pericolosa perché potrebbe mettere ancora più in difficoltà le società. Queste ultime non possono impedire scontri e tafferugli che iniziano fuori dello stadio, com’è successo nella domenica di Roma – Napoli nelle stazioni di Napoli Centrale e Roma Termini: i club non hanno poteri di intervento nell’ordine pubblico e non è loro compito gestirlo».
Sarebbe più opportuno stabilire lo svolgimento di una gara a porte chiuse?
«Sarebbe più logica, poiché gli stadi sono eventualmente i luoghi dove si possono maggiormente commettere atti di violenza. Di conseguenza, si impedisce a tutto il pubblico complessivamente di entrare allo stadio e ai tifosi scalmanati di creare disordini. Ma se, come nel caso del Napoli, si chiude soltanto una parte dello stadio, si spingono i delinquenti a dirigersi verso i distinti e le curve per agire indisturbati: è un’assurdità».
Si corre anche il rischio che, con la chiusura delle curve, gli abbonati si rivalgano sulla società?
«Certo, lo potranno fare. In questo caso scatta la responsabilità oggettiva piena: il Napoli ha venduto un servizio che, per problemi della società, il tifoso non può usufruirne. Quindi, quest’ultimo può chiedere il rimborso. Anche questo è un altro aspetto paradossale della sentenza del Giudice sportivo: oltre a penalizzare la società, diminuendo la capienza del San Paolo e la possibilità di vendere biglietti, non si dà la possibilità agli abbonati che si comportano correttamente di poter vedere lo spettacolo calcistico».
Dunque, oltre al danno anche la beffa?
«Esatto».
Adesso l’Osservatorio delle manifestazioni sportive potrebbe ancora infierire sul Napoli?
«Dopo il divieto di trasferta dei tifosi napoletani, l’organismo del Viminale, che è competente solo per le questioni di ordine pubblico, potrebbe impedire ai sostenitori ospiti di venire al San Paolo. Potrebbe quindi accadere che il Napoli giocherà in casa solo davanti ai propri tifosi, ma quando gioca fuori di non avere il loro sostegno».
Dopo la sentenza, ha ragione De Laurentiis a mollare tutto?
«E’ molto comprensibile poiché da un lato c’è una frangia di tifosi che vuole fare di tutto per far precipitare Napoli e il Napoli nei problemi. Va detto che la parte di tifoseria corretta che non denuncia quelli facinorosi per metterli in condizione di non nuocere. Inoltre, il sistema dell’ordine pubblico e quello della giustizia sportiva sono totalmente inadeguati: sembra che vogliano gettare le colpe unicamente contro la città e la sua squadra. Ciò è ingiusto: Napoli ha i suoi problemi, ma sotto l’aspetto della violenza presenta gli stessi problemi di Milano, Torino, Firenze e Roma e di altre piazze calcistiche».
Cosa bisognerebbe fare?
«Queste frange di esagitati dovrebbero essere individuati, come accade in Inghilterra, e collocati sin dal sabato sera in un luogo dove siano messi in condizioni di non nuocere fino al lunedì mattina. In modo tale che la domenica non possano andare negli stadi per sfasciare tutto»
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, possibile soltanto dietro citazione della fonte)

venerdì 5 settembre 2008

«Il Daspo è efficace solo se disposto da un giudice, come in Inghilterra»

L’avvocato Lorenzo Contucci spiega a "il pallone in confusione" come è disposto Oltremanica il divieto di ingresso allo stadio. Il legale critica la proposta del ministro La Russa di portare i tifosi a firmare nelle scuole e nei teatri

«Il Daspo potrebbe essere un’efficace misura di prevenzione se fosse disposto da un giudice su proposta della Polizia, come accade in Inghilterra. Tutti parlano di modello inglese, ma nei fatti non lo si concretizza». Lorenzo Contucci, noto avvocato penalista romano esperto di normativa antiviolenza, stigmatizza in questa intervista a "il pallone in confusione" i provvedimenti che intende assumere il governo sul tifo violento.
Avvocato, come viene invece sanzionato il Daspo in Italia?
«Il questore sancisce automaticamente il divieto di assistere alle manifestazioni sportive e il magistrato fa un controllo sommario soltanto sull’obbligo di firma collegato ad esso, ma non sul provvedimento. Concedendo questo enorme potere alla polizia si hanno delle conseguenze paradossali: ad esempio si può essere "daspati" fino a cinque anni se ci si reca nelle vicinanze del campo di gioco, comportamento considerato come reato, per raccogliere la maglia del proprio campione preferito, com’è accaduto domenica a Torino. Questo potere andrebbe limitato con l’intervento del magistrato, come per gli indagati per i reati di mafia, per migliorare i rapporti tra le tifoserie con Polizia e Carabinieri».
Può spiegare meglio questo concetto?
«In teoria un tifoso è trattato peggio di un accusato di associazione mafiosa. Per questi ultimi, il questore non applica la misura preventiva, ma inoltra la proposta al tribunale che eventualmente la concede dopo la riunione in camera di consiglio. Ciò dovrebbe essere stabilito, come accade in tutti i paesi democratici, anche per i sostenitori delle squadre di calcio».
Tornando all’obbligo di firma, la sua ottemperanza per il tifoso in una città come Roma con due società diventa molto problematico?
«Proprio così. Se la Roma gioca alle 15 e la Lazio alle 20.30 occorre che il tifoso si presenti tre volte quando gioca la prima e altre tre per quando gioca l’altra: insomma, si trascorre mezza giornata nei commissariati o in Questura».
Cosa ne pensa del pacchetto annunciato ieri dal ministro della Difesa, Ignazio La Russa?
«Il ministro si è dimenticato la professione forense che svolgeva un tempo. Innanzitutto ha affermato che il Daspo lo dà il prefetto: è errato, è di competenza del questore. Inoltre, la totalità dei divieti viene accompagnata dall’obbligo di firma: dire che si vuole introdurre ora la firma è quindi un non senso. L’idea di portare i tifosi a firmare nelle scuole e nei teatri è una solenne sciocchezza, poiché sono sufficienti le stazioni di Polizia. E presso la scuola chi prenderebbe la firma? Forse i presidi? Occorrerebbe sempre la presenza delle forze dell’ordine in loco».
Che idea si è fatto sugli avvenimenti di domenica riguardanti la tifoseria napoletana a Roma?
«Ritengo che questa vicenda si pone a metà tra il trappolone organizzato e la totale disorganizzazione tipicamente italica».
Ma il nuovo Casms, istituito ad agosto, ha funzionato o no?
«Mettiamola così. Nel momento in cui è stato creato il Comitato che, supera anche l’Osservatorio sulle manifestazioni sportiva e che annovera la presenza dei servizi segreti, e non si è affrontato in modo adeguato la trasferta dei tifosi del Napoli vuol dire che gli organismi non hanno funzionato. Oppure potremmo pensare che è stata data un’apertura di credito ai tifosi, in assoluta buona fede, senza predisporre alcun tipo di organizzazione».
Ma c’è davvero la mano della camorra dietro il tifo organizzato?
«Non diciamo sciocchezze. Difendo i tifosi del Napoli da anni e conosco perfettamente la loro realtà. Che interesse avrebbe la camorra a infiltrarsi in una situazione di questo tipo? In realtà lo Stato si è reso perfettamente conto che è stata commessa una grande imprudenza. La trasferta dei sostenitori azzurri per Roma – Napoli, ossia una delle partite più a rischio del campionato, è stata gestita come se fossero state andate in gita le suore orsoline a visitare un monastero».
Cosa si sarebbe dovuto fare?
«Occorreva una maggiore collaborazione tra il Viminale e Trenitalia. Si sarebbe dovuto istituire un treno speciale: sarebbe partito da una stazione secondaria di Napoli e sarebbe arrivato in una altrettanto secondaria della Capitale e non sarebbero accaduti incidenti. A proposito dei danni, ho dei dubbi in proposito».
Li esponga.
«Non ci sono stati poliziotti feriti, le stazioni di Napoli e Roma sono rimaste indenni. Le immagine che hanno proposto in televisione riguardavano il solito vetro rotto: bisogna effettivamente dimostrare se la quantificazione del danno ammonta a 500mila euro».
Quindi niente gruppi "paramilitari"?
«Ma non scherziamo. Credo che in futuro si rischi di emanare la "carta del cittadino" che contemplerà anche l’esclusione dei diritti civili per chi è pregiudicato. Bisogna fare al riguardo un ragionamento "tout cour" che comprenda anche limiti che riguardino anche i deputati e senatori pregiudicati che sono presenti in Parlamento. E non solo per chi si macchia eventualmente di reati commessi allo stadio».
La legislazione repressiva è più un frutto del centrodestra oppure del centrosinistra?
«Sono esattamente la stessa cosa, tranne che per un punto. L’ultimo governo Prodi ha introdotto la diffida senza denuncia, una norma che non esisteva sotto il periodo fascista».
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, possibile soltanto dietro citazione della fonte)

lunedì 1 settembre 2008

Cesare Lanza: «Vedo il calcio come un romanzo popolare»

Il celebre giornalista ed autore televisivo spiega in esclusiva a “il pallone in confusione” come organizzerebbe un palisesto in chiaro. Esprime timori per il futuro dell’italica pedata, a causa della violenza del tifo, e critica la girandola di acquisti e cessioni del suo Genoa


Cesare Lanza ha accettato di essere intervistato a tutto campo in esclusiva da “il pallone in confusione”. Il popolare giornalista (indimenticato direttore de “La Notte”), autore televisivo (dopo il successo di “Buona Domenica” su Canale 5 si appresta ad affrontare la prestigiosa sfida del Festival di San Remo), scrittore (è appena stato pubblicato “Caldo argento” per Curcio Editore) e regista cinematografico (sta per uscire “La perfezionista”) è anche un amante oltre che un esperto di calcio. Giudica con senso critico la campagna acquisti della squadra di cui è acceso tifoso, il Genoa, ed esprime le sue preoccupazioni per il futuro dell’italica pedata. Dal 13 ottobre partirà la sua ultima attività: “Studio 254”, l’accademia di spettacolo e comunicazione.

E' equo il prezzo pagato dalla Rai (27.5 milioni nel 2008/09 e 28 per il 2009/10) per i diritti in chiaro alla Lega calcio oppure il calcio in chiaro non vale più nulla?
«Non saprei quantificare, ma il calcio in chiaro vale poco e sempre di più perderà valore. Credo che la stragrande maggioranza degli italiani interessati al calcio sia già abbonata o si abbonerà alle pay-tv».

Il calcio è ormai ridotto a uno spettacolo prettamente televisivo: non crede che si rischia sempre più la diminuzione della presenza del pubblico negli stadi?
«Se le cose vanno avanti così, allo stadio non andrà più nessuno. Se invece si blocca la violenza e lo stadio diventa, come già succede altrove, un luogo confortevole e di incontro, di aggregazione non solo per la partita, uno zoccolo duro durissimo di spettatori ci sarà sempre».

Ma la tv ha bisogno della coreografia: uno stadio vuoto mette solo tristezza.
«No. Penso che la televisione, con l’immensa quantità di proposte che può produrre, non risentirà di questa evidente “tristezza”: basterà non inquadrare gli spalti vuoti. Lo stadio virtuale è il video».

La torta dei diritti tv è stata spartita soprattutto tra le grandi del calcio, costringendo le piccole ad arrangiarsi: cosa si potrebbe fare per migliorare questo sistema?

«E’ un errore penalizzare le piccole. La prima partita di campionato mostra una classifica rovesciata rispetto alle nostre storiche abitudini: in alto le piccole, in basso le grandi. Mi sembra che nel futuro possa esserci questo scenario: campionato cosiddetto di Superlega, a livello europeo, tra le grandi: diciamo di sicuro Milan, Inter, Juventus, Roma, Fiorentina e forse Napoli, Lazio e altre due o tre… Serie A, con scudetto italiano, per tutte le altre, le grandi declassate, la sana provincia. E magari un incontro conclusivo tra la migliore della SuperLega e la scudettata della serie A rimanente».

Se le affidassero il palinsesto calcistico in chiaro di una tv generalista come lo organizzerebbe?
«Magari! La linea sarebbe:1. poco pochissimo di ciò che si è visto altrove. 2. i retroscena “umani” che potrebbero attirare il pubblico femminile, famiglie, mogli, vita quotidiana dei calciatori, tutto ciò che oggi non si vede – senza miele, ma drammi, emozioni, vigilie inquiete, crisi, ecc… un romanzo popolare. 3. proiezione sul futuro, con previsioni commenti non urlati – che tengano conto anche degli aspetti umani. 4. voci e spazio a tutto ciò che non è tecnico».

Passiamo al suo Genoa, è soddisfatto della campagna acquisti?
«Assolutamente no. Avevamo una buona squadra e un ritmo, un qualità di gioco inferiori solo a quelli della Roma! Non c’era motivo, se non per affaracci di mercato, di sconquassare e rivoluzionare tutto. Avevamo perduto Bovo, Konko e Borriello (i primi due e forse anche il terzo si potevano trattenere): si trattava di sostituirli con intelligenza mirata. E di acquisire un rinforzo importante. Invece: una girandola senza senso. Di alcuni acquisti (Palladino, Mesto e Modesto) già si intravedono i limiti… Spero di sbagliarmi. I dubbi su Figueroa non sono stati sciolti. Incomprensibile la cessione di Di Vaio, che alla prima partita nel Bologna ha fatto secco il Milan».

Quale obiettivo potrebbe prefigurarsi il Grifone per questa stagione?
«Sarà un campionato faticoso. Se riusciremo a evitare la serie B senza soffrire troppo sarò felice e mi accontenterò».

Qual è il ricordo più bello legato alla sua squadra?
«Il quarto posto in serie A e la concomitante semifinale in Coppa Uefa, nel Genoa allenato da Bagnoli, personaggio straordinario. Con un gioiello: la vittoria a Liverpool».

Com’è nato il suo nuovo romanzo “Caldo argento”? Si può definirlo come una rivisitazione della società milanese negli anni ’70?
«Sì. Lo scrissi alla fine degli anni settanta e non ebbi la sfrontatezza di pubblicarlo: molti personaggi erano riconoscibili, molti episodi chiacchierati. Dopo trent’anni, questo problema non esiste più».

Sta per uscire “La perfezionista” da lei diretto sul tema dell’eutanasia: perché lei è a favore della “dolce morte”?
«Molto semplice. Io mi definisco un liberale assoluto. Rispetto chi, per vari motivi, soprattutto religiosi, la pensa diversamente da te. Io penso di avere il diritto di scegliere quando e come congedarmi da questa valle di lacrime. E che debba essere rispettata la volontà di chi preferisca morire anziché vivere, a volte senza la minima coscienza e comunque senza la minima speranza, un’agonia straziante. La provocazione, nel film, è che nel racconto questo terribile nodo da scegliere è vissuto da una coppia di giovani innamorati. Uno dei due si ammala senza possibilità di guarigione, in modo irrimediabile, e…».

Tra poco partirà la sua accademia di comunicazione “Studio 254”: a chi si rivolge in particolare?

«A tutti coloro che vogliamo avvicinarsi, con strade concrete, al giornalismo e al mondo dello spettacolo: recitazione, sceneggiatori e autori televisivi, regia di cinema teatro e televisione, musica e canto, scenografia, conduzione, ecc. Sono orgoglioso di aver aggiunto un corso su “psicologia e successo”, che si propone di insegnare qualcosa di molto difficile da imparare: come gestire le alterne vicende di successi e insuccessi, senza stravolgersi la mente e la vita. E’ un corso che sarebbe utile a molti protagonisti dello show-system e sarà molto utile a chi vorrà trovare spazio in questo settore. Per la verità, la ricerca dell’equilibrio interiore è un tema che sta a cuore a chiunque, al di là dello scintillante ed effimero mondo dello spettacolo».
Marco Liguori
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il pallone in confusione

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