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giovedì 15 gennaio 2009

Plusvalenze: deferiti ex dirigenti Parma Stefano Tanzi e Luca Baraldi

Il procuratore Palazzi ha archiviato la posizione del Parma per prescrizione

Il Procuratore Federale Stefano Palazzi ha deferito alla Commissione Disciplinare Nazionale Stefano Tanzi (nella foto) e Luca Baraldi. La notizia è stata pubblicata poco fa sul sito della Figc. Il rampollo dell'ex patron della Parmalat Calisto all’epoca dei fatti era presidente del Consiglio di Amministrazione del Parma ed è stato deferito «per aver sottoscritto alcuni contratti attinenti a diritti alle prestazioni sportive di alcuni calciatori, con abnorme e strumentale valutazione dei diritti stessi».
Invece Baraldi, all’epoca dei fatti amministratore delegato del Parma, è stato deferito «per la violazione dei principi di lealtà, probità e correttezza per aver contabilizzato nel bilancio chiuso al 30 giugno 2003 plusvalenze fittizie derivanti dalla stipula di contratti attinenti a diritti alle prestazioni di calciatori con corrispettivi di gran lunga superiori a quelli realmente attribuibili ai diritti medesimi». Palazzi ha invece archiviato la posizione del Parma per intervenuta prescrizione.
Marco Liguori

giovedì 13 marzo 2008

fritto misto alla parmigiana

http://qn.quotidiano.net/calcio_mercato/2007/03/22/1835-Amministratori_delegati_calciatori_crediti_nuova_proprieta.shtml

I CONTI NEL PALLONE
Amministratori delegati, calciatori, crediti e la nuova proprietà
La struttura amministativa del Parma FC


Marco Liguori

AMMINISTRATORI DELEGATI
Ricoprire l’incarico di amministratore delegato del Fc Parma è molto remunerativo, anche se la società è stata per circa due anni in risanamento. Secondo le visure della Camera di Commercio, Luca Baraldi è stato “top manager” dal 25 giugno 2004 al 1° luglio 2005. Secondo quanto riportato a pagina 54 della nota integrativa al bilancio 04/05, Baraldi è stato l’unico componente retribuito del consiglio di amministrazione con la cifra di 312.128 euro. Niente male, se si considera che quell’esercizio si chiuse con una perdita di 10,32 milioni.
Anche il suo successore, Alberto Peroglio Longhin, non può lamentarsi. Visure alla mano, egli ha ricoperto l’incarico di amministratore delegato dal 13 luglio 2005 all’assemblea del 15 settembre 2005. In quella data Peroglio è stato confermato: si è dimesso il successivo 6 dicembre. Secondo l’ultimo bilancio, alla voce “compensi amministratore delegato”, Peroglio ha ricevuto 356.709 euro.
Gli altri membri del cda, in carica tutto l’esercizio, hanno dovuto spartirsi una cifra complessiva di 30mila euro: il presidente Antonio Angiolini ha ricevuto 100mila euro. Nel documento contabile non è riportata la retribuzione del direttore generale, Carlo Maria Berruti, nominato il 31 marzo 2006.

CALCIATORE
Nella relazione sulla gestione al bilancio al 30 giugno scorso si racconta la storia particolare dell’attaccante Francesco Ruopolo. Il ventitreenne giocatore era stato ceduto il 15 luglio 2005 a titolo temporaneo al Lokomotiv Mosca per 130mila euro, collezionando 7 presenze e non segnando gol. Rientrato a Parma il 2 gennaio dell’anno scorso, il giocatore vi resta sino agli inizi dell’estate seguente, disputando 6 partite senza avere segnato reti. Il 14 luglio 2006 è venduto alla Triestina a titolo definitivo con accordo di comproprietà, per l’“altisonante” cifra di 1000 euro: un vero e proprio crollo verticale della sua valutazione pari al 99,24%. Il Parma ha anche perso denaro in questa operazione. Nella nota integrativa si spiega che “si è proceduto alla svalutazione e alla creazione di apposito fondo di euro 123.858 relativa al giocatore Ruopolo Francesco, in quanto è stato ceduto nei primi giorni di luglio 2006 ed ha generato una minusvalenza di pari importo”.
CREDITI
Nel bilancio del Parma al 30 giugno scorso i crediti (43,14 milioni –0,19% rispetto al 2004/05) hanno superato i debiti (30,10 milioni, -37,83%) di oltre 13 milioni. La maggior parte dei crediti (38,74 milioni, +8%), gestiti dalla Lega Calcio, è vantato nei confronti di società calcistiche: gli importi maggiori sono verso il Milan (15,7 milioni), la Fiorentina (6,4 milioni), la Juventus (6 milioni), e il Palermo (4,6 milioni). Invece, i crediti verso clienti sono risultati pari a 2,79 milioni, in calo del 42,18% rispetto ai 4,83 del 2004/05. Da registrare l’incremento del fondo svalutazione crediti, passato a oltre 321mila euro a 1,08 milioni, compreso nel conto totale. Nella nota integrativa si spiega che vi sono inclusi i 254mila euro versati “a fronte del rischio di potenziale insolvenza crediti con Champion Europe per la stagione sportiva 2004/05”. Inoltre vi sono state inclusi oltre 759mila euro, sempre per lo stesso motivo, per il 2005/06 con l’ex sponsor tecnico. Marco Liguori

NUOVA PROPRIETA’ PARMA
Il 25 gennaio scorso si è insediata la nuova proprietà del Fc Parma, controllata dalla Eventi Sportivi srl. “La società Eventi Sportivi è controllata al 40% da me, al 40% da Angelo Medeghini, e al 20% dalla Banca del Monte di Parma” ha spiegato Tommaso Ghirardi, amministratore unico della controllante del Parma e neo presidente di quest’ultima. Spulciando gli elenchi soci in Camera di Commercio si nota però che il pacchetto di maggioranza (pari al 40,01%) della Eventi Sportivi è detenuto da due persone: da Ghirardi, tramite la Pasfin con il 20%, e da sua madre, Gabriella Pasotti, con il 20,01%. Madre e figlio sono in totale concordia sul controllo della società. Il 40% è detenuto da Angelo Medeghini, tramite la Damas, della omonima famiglia proprietaria della Industria Agricola Casearia Medeghini. Il 19,99% è invece posseduto dalla Banca del Monte di Parma (di cui è secondo azionista il Mps).

Lazio batte Baraldi 2 milioni a zero

da http://qn.quotidiano.net/2007/05/03/9607-giudice_lavoro_stanga_baraldi.shtml

I CONTI DEL PALLONE

Il giudice del lavoro stanga Baraldi
Dovrà restituire alla Lazio 2 milioni


La sezione del lavoro del tribunale civile di Roma ha sentenziato in primo grado che l'ex amministratore delegato e direttore generale dovrà restituire oltre 2 milioni di euro, oltre alle complessive spese di giudizio
di Marco Liguori

Roma, 3 maggio 2007 - La Lazio ha vinto la causa promossa contro Luca Baraldi. La sezione del lavoro del tribunale civile di Roma ha sentenziato in primo grado che l'ex amministratore delegato e direttore generale dovrà restituire oltre 2 milioni di euro, oltre alle complessive spese di giudizio. E' questo l'epilogo di una vicenda anticipata da www.quotidiano.net nella puntata sulla Lazio dell'inchiesta "I conti del pallone" che durava dal luglio 2004, data in cui la Lazio aveva proposto il ricorso presso l'autorità giudiziaria. Scendendo nel dettaglio, stando a una nota emessa dalla Lazio sul suo sito www.sslazio.it, il 2 maggio scorso il giudice del lavoro ha dichiarato «non dovuto il premio incassato dal Baraldi in virtù del contratto del 29 gennaio 2003».

Secondo la sentenza, l'ex dirigente laziale dovrà restituire alla società presieduta da Claudio Lotito ben 1,89 milioni, oltre agli interessi legali. Inoltre il magistrato, si legge sempre nella nota della società, «ha riconosciuto
il diritto della società alla restituzione dei contributi previdenziali versati all'Inps in occasione del pagamento di detto premio, pari ad euro 207.263,84». Adesso, bisognerà vedere se Baraldi impugnerà in appello questa pesante sentenza. Ma cosa prevedeva il contratto sottoscritto quattro anni fa da Baraldi e dalla Lazio? Nella scrittura era previsto il pagamento di una cifra netta pari a 1,07 milioni a favore del dirigente, che sarebbe stata
dovuta nel caso in cui, si legge nella semestrale al 31/12/2006 della società romana, «alla data del 31 agosto 2003 si fosse registrata una riduzione degli emolumenti netti dei calciatori della prima squadra, pari ad almeno il 25% rispetto a quelli risultanti da un prospetto ufficiale riferito all'inizio della stagione sportiva 2002/2003». In
questo caso, secondo il contratto, Baraldi «avrebbe avuto diritto ad un premio una tantum pari al 5% della predetta riduzione, al netto di imposte, tasse e contributi previdenziali sia a carico della società sia a carico del dirigente».

L'ex amministratore delegato ritenne che la condizione si fosse avverata ed ottenne il compenso. Ma la Lazio ha ritenuto che la liquidazione della somma di 1,07 milioni non era dovuta a Baraldi, poiché il taglio del 25% degli stipendi non era avvenuto e ha contestato in giudizio la legittimità del suo premio. La Lazio avuto ragione davanti al giudice, poiché la parte principale del cosiddetto "piano Baraldi" riguardava semplicemente lo spostamento
del 45% del pagamento degli stipendi dei calciatori in tre anni, mentre il 55% sarebbe stato pagato subito. Si intuisce che in questo modo, il debito della società nei confronti dei propri tesserati è stato solo dilazionato nel tempo e non tagliato: di conseguenza, la situazione economica della Lazio non era affatto migliorata, poiché le
cifre dovute restavano comunque intatte. Oltre a ciò, il "piano Baraldi" riguardava la conversione di cinque mesi di stipendi dei calciatori in azioni della Lazio e la richiesta della rateizzazione dei debiti verso l'Erario in dieci anni, senza però le necessarie garanzie bancarie stando a quanto dichiarato nel prospetto dell'aumento di capitale dell'estate 2003. Invece Lotito, grazie alla legge legge 8 agosto 2002, n.178, è riuscito a "patteggiare" con l'Agenzia delle Entrate un periodo ben superiore di 23 anni.

laurea o non laurea?

il manifesto 20 febbraio 2004

Un supermanager vi seppellirà


di Marco Liguori e Salvatore Napolitano

A Roma, come del resto in Italia, un titolo di dottore non si nega a nessuno: nemmeno a Luca Baraldi, il supermanager che da mesi viene indicato da più parti come unico salvatore possibile per il disastrato calcio italiano. L'ex amministratore delegato della Lazio, tornato al Parma da poche settimane, compare appunto con questa qualifica in tutte le comunicazioni ufficiali della società biancoceleste alla Borsa. Come, ad esempio, la trimestrale al 31 marzo 2003, il bilancio al 30 giugno 2003 e il prospetto informativo dell'aumento di capitale dell'estate scorsa. E anche nei contratti firmati con i calciatori laziali il timbro recante il suo nome contiene la sigla di dottore: «Sono laureato in economia e commercio», ha spiegato al telefono. Ma non ha voluto rivelare né l'Università, né l'anno di laurea: «Questione di principio», ha detto. Alla Lazio riferiscono di non avergli mai chiesto il titolo di studio, ma di supporre che fosse laureato, visto il ruolo che occupava.
E allora bisogna andare molto a ritroso nel tempo. Ne ha fatta di strada, e non solo nel mondo del calcio, quel giovane difensore dai piedi ruvidi di cui qualcuno conserva ancora memoria a Modena. Era la fine degli anni Settanta, periodo in cui i «canarini» retrocessero dalla serie B alla C1. Da allora, Baraldi non ha più sbagliato una mossa: soprattutto il 2003 è stato il suo anno. E' arrivato alla Lazio dopo una folgorante ascesa: partì dalla Banca Popolare dell'Emilia Romagna, dove era arrivato a dirigere l'agenzia di Collecchio e da cui uscì nel 1994. Passò poi all'istituto di credito francese Indosuez, prima dell'approdo alla Banca del Monte di Parma, dove divenne in breve vice direttore generale: andò via nel maggio 2001, e un paio di mesi dopo fu cooptato da Calisto Tanzi al Parma Calcio come direttore generale, e, successivamente, catapultato nella Capitale per salvare la Lazio. Alla Popolare dell'Emilia Romagna lo ricordano, documenti ufficiali alla mano, come ragioniere: stesso discorso alla Banca del Monte di Parma. Si sarà dunque laureato dopo il maggio 2001 tra il salvataggio del Parma e quello della Lazio.
Proprio i dieci mesi trascorsi a Formello, dove è approdato il 3 gennaio 2003 per andarsene il 3 novembre, sono stati un vero capolavoro: per lui, non per la società biancoceleste. E' tutto scritto nei bilanci: sotto la sua guida, la Lazio ha chiuso con un rosso di 121,86 milioni. Nell'esercizio precedente, l'ultimo sotto la guida di Sergio Cragnotti, le perdite erano state inferiori, perché pari a 103,05 milioni. E' vero che Baraldi ha preso la guida a metà dell'esercizio 2002-2003 e che si è imbattuto in crediti inesigibili iscritti a bilancio dalla precedente gestione, o addirittura mai sorti come un famoso credito di 17 milioni e 648mila euro verso l'Erario, contestato dal collegio sindacale, ma è altrettanto vero che ha potuto sfruttare l'ineffabile legge 27, meglio conosciuta come «spalma perdite», che ha consentito di abbattere il valore del patrimonio calciatori, ripartendo in dieci anni la perdita emergente. Un risparmio considerevole, dal momento che la Lazio ha effettuato una svalutazione di circa 213 milioni, e ha applicato la legge seguendo l'interpretazione della Lega calcio e non quella dell'O.I.C., l'Organismo italiano di contabilità, che certo doveva avere una valenza maggiore: ciò ha prodotto un risparmio ulteriore di 54milioni e 400mila euro.
E il progetto con il quale la società biancoceleste sarebbe uscita fuori dal tunnel, pomposamente denominato come «piano Baraldi»? Una comica: l'ex amministratore delegato biancoceleste asserisce di aver dimezzato il monte stipendi. Lo ha ribadito anche nelle ultime settimane. Persino uno svogliato studente di ragionieria reputerebbe sbagliata questa affermazione: il piano prevede che il 55% dello stipendio sia pagato subito, e il restante 45% in 36 rate mensili di pari importo con decorrenza primo luglio 2005 o dalla data di scadenza del contratto se antecedente. Altro che dimezzamento. Il costo resta assolutamente invariato: ciò che cambia è solo la natura del debito, una parte del quale diventa di lungo periodo. Il «piano Baraldi» consta anche di altri elementi: la conversione in azioni dell'equivalente di cinque mesi di stipendio dei calciatori e la richiesta di rateizzazione in dieci anni dei debiti verso l'Erario per l'Irpef sui redditi dei calciatori. Per quanto riguarda la conversione, per ora è saltata perché non è stata approvata dall'assemblea dei soci entro la prevista scadenza del 20 dicembre. Quanto alla rateizzazione, la legge impone come obbligatorie le garanzie bancarie che la Lazio non è riuscita a ottenere. Non a caso, l'Agenzia delle Entrate non ha ancora risposto alla richiesta, fatta il 18 luglio. Per il suo operato, Baraldi ha ricevuto poco meno di sei milioni di euro lordi. Un milione e 477mila in qualità di amministatrore delegato, 4 milioni e 512mila come direttore generale. Di questa somma fa parte anche un bonus di 2 milioni e 96mila euro, legato al raggiungimento dell'obiettivo di diminuire il monte stipendi laziale del 25%. E chi è stato a giudicare centrato il risultato? Naturalmente, i vertici dirigenziali, tra cui spicca l'amministratore delegato: ossia proprio Baraldi. E' il motivo per cui la Lazio vorrebbe recuperare quel bonus.
Non è tutto. Baraldi è evidentemente ubiquo: poche settimane dopo essere giunto nella Capitale, a fine gennaio 2003 è stato nominato consigliere di amministrazione di Parmatour e il 14 marzo consigliere di Telemec, società editrice di alcune televisioni locali del parmigiano e del piacentino: entrambe le aziende facevano capo alla famiglia Tanzi. In ogni caso, Baraldi ha un fiuto sopraffino: poco prima dello scoppio della bufera Parmalat, precisamente a luglio, è uscito dal cda di Parmatour. I motivi? Perché ha «contestato dei verbali» e perché aveva «troppi impegni a Roma». Ma li aveva anche quando accettò la nomina. E a metà gennaio 2004, in concomitanza con la sua nomina ad amministratore delegato del Parma, si è dimesso anche dal suo incarico alla Telemec. Ora è in corsa per sostituire l'ex presidente del Parma, Stefano Tanzi, come vicepresidente della Lega calcio. La scalata continua.
http://www.wikio.it

il pallone in confusione

Registrazione n° 61 del 28 settembre 2009 presso il Tribunale di Napoli
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Editore e direttore responsabile: Marco Liguori

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