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martedì 19 gennaio 2010

L’addio di Pandev e Ledesma costa 35,7 milioni alla Lazio

A tanto ammonta il danno stimato dai piccoli azionisti che sono pronti a preparare azioni legali contro la società per accertare le eventuali responsabilità del presidente Lotito e degli altri componenti del Consiglio di gestione

Piccoli azionisti Lazio sul piede di guerra contro il presidente e azionista di maggioranza Claudio Lotito. Dopo aver visto perdere Pandev attraverso la decisione del Collegio arbitrale Figc, che ha svincolato il giocatore acquisito a parametro zero dall’Inter, ora i soci minoritari temono la risoluzione analoga anche per Ledesma. Infatti, c’è il rischio concreto che il prossimo 26 gennaio il Collegio stabilisca lo “stato libero” del centrocampista argentino. In una sua recente nota, di cui “il pallone in confusione” ne è venuta in possesso in esclusiva, l’avvocato Massimo Rossetti quantifica la perdita. «E’ evidente l’impatto gravoso del lodo Pandev – scrive il legale – nonché di altro e analogo lodo (vedi caso Ledesma)». E a quanto ammonta il danno patrimoniale? «Consiste sia nel danno emergente (valore residuale di Pandev a bilancio al 30 giugno 2009 del calciatore 1.000.000 di euro circa; per Ledesma tale valore ammonta a circa euro 1.700.000) sia soprattutto nel lucro cessante consistente nel mancato introito alla società del prezzo di cessione del calciatore o dei calciatori ad altra(e) società». Rossetti specifica che «per stessa ammissione del presidente della Lazio, la quotazione di mercato di Pandev era stata valutata in euro 18.000.000 e di Ledesma in 15.000.000». Il totale così stimato ammonta a 35,7 milioni. Le cifre non comprendono «ulteriori importi a carico della società per risarcimento danni all’uno e all’altro dei sunnominati giocatori».

Anche nel caso in cui Ledesma rinunciasse all’arbitrato si potrebbe creare un danno per la società biancoceleste. «E’ opportuno osservare per quanto riguarda Ledesma – sottolinea l’avvocato – che pur ammesso che il calciatore dia il proprio assenso alla cessione del suo contratto nel mese di gennaio corrente anno a titolo oneroso ad altra società, rinunciando al procedimento arbitrale, tuttavia anche in questa ipotesi trattandosi quasi certamente di una “svendita”, considerata la situazione venutasi a creare, si determinerebbe in ogni caso un danno notevole per la Lazio e per i suoi azionisti». Nel caso in cui, prosegue l’avvocato, «trovasse definitiva conferma che i danni in parola siano stati causati da comportamenti illegittimi di chi amministra la società, l’amministratore o gli amministratori ne dovrebbe/dovrebbero rispondere sia alla società sia ai suoi azionisti». Il potere-dovere di controllo sostanziale sulla corretta amministrazione della Lazio, che ha scelto il sistema dualistico invece di quello tradizionale con il consiglio di amministrazione, spetta al Consiglio di sorveglianza. Proprio all’organismo di vigilanza lo scorso 28 settembre l’avvocato Rossetti e l’azionista Alfredo Parisi avevano spedito una raccomandata formulando «espressa e formale riserva di ogni diritto e azione, nella qualità di azionisti, nel caso in cui si fossero verificati i danni in questione a causa di atti e/o fatti addebitabili alla gestione societaria». Al Consiglio di sorveglianza compete di promuovere l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti dei componenti del Comitato di gestione «ove si verifichino danni per effetto di una non corretta amministrazione» spiega Rossetti. L’azione di responsabilità può anche essere promossa dall’assemblea dei soci, convocata dai detentori di almeno il 2,5% del capitale sociale, poiché la Lazio è quotata a Piazza Affari. «L’azione, se deliberata con il voto favorevole di almeno 1/5, cioè il 20% del capitale sociale, comporta la revoca dall’ufficio degli amministratori contro i quali l’azione è proposta». La denuncia al Consiglio di sorveglianza di fatti censurabili può essere fatta da ciascun socio.

Da questo quadro emerge chiaramente, conclude Rossetti, «per gli azionisti di minoranza di una società quotata come la Lazio, per di più retta dal sistema dualistico che svuota, di fatto, di diritti e di poteri l’assemblea dei soci, l’esigenza di associarsi tra loro, aderendo alla costituenda Associazione Federsupporter che possa così rappresentare e tutelare al meglio i loro diritti e interessi».

Marco Liguori

RIPRODUZIONE (ANCHE PARZIALE) DELL'ARTICOLO CONSENTITA PREVIA CITAZIONE DELLA FONTE: IL PALLONE IN CONFUSIONE

Nella foto, tratta da laziohellas.gr, Christian Ledesma

Per contattare Federsupporter: Alfredo Parisi alfredoparisi@virgilio.it

giovedì 24 dicembre 2009

Pandev: grave danno patrimoniale – ecco chi può contestarlo

Riceviamo e pubblichiamo da Paolo Lenzi Presidente di Lazio Family
Non v’è dubbio che la risoluzione del contratto tra Pandev e la Lazio decisa dal Collegio Arbitrale costituisce un danno patrimoniale per la società bianco-celeste. Il valore del giocatore nel bilancio al 30 giugno 2009 è indicato ad 1 milione di euro (euro 999.989, per la precisione); questo valore è il risultato del costo di acquisizione di euro 4.000.500 nel 2006, dedotte le quote annuali di ammortamento. Con la risoluzione del contratto, la Lazio perde questo valore; inoltre, la società romana è stata condannata a pagare un indennizzo al giocatore di 160.000 euro, oltre al rimborso delle spese legali. Come dire che la Lazio ha perso 1.200.000 euro per effetto della sentenza del Collegio Arbitrale. In realtà il danno è ancora superiore se si considera che il Presidente Lotito aveva valutato in estate 18 milioni di euro il cartellino del giocatore e che si era parlato di offerte (non confermate) per circa 12 milioni di euro. Alle cifre del Presidente, la cessione del giocatore avrebbe fruttato una plusvalenza di 17 milioni di euro che è invece andata in fumo. Per valutare l’entità di questo danno basta ricordare che l’utile della Lazio nel bilancio al 30 giugno 2009 è stato di euro 1.336.576; quindi l’effetto della decisione del Collegio Arbitrale costa alla Lazio quasi quanto l’utile dello scorso esercizio, mentre la mancata plusvalenza è pari a quasi 13 volte l’utile dell’anno!
Ce ne sarebbe già abbastanza per ritenere che il comportamento del Presidente del Consiglio di Gestione, sig.
Claudio Lotito, abbia prodotto un danno rilevante alla società Lazio.
Va però ricordato che altri danni economici alla Lazio sono derivati molte volte da precedenti decisioni unilaterali e da comportamenti di Lotito. Vogliamo ricordare i giocatori tenuti fuori squadra ai quali è stato comunque pagato (in genere a seguito di decisioni della giustizia sportiva) lo stipendio senza fruire delle loro prestazioni, da Negro, a Dino Baggio, a Sereni, a Mutarelli (altro giocatore svincolatosi a seguito di sentenza sportiva con un costo per la Lazio di circa 1 milione di euro, tra valore contabile e indennizzo), per arrivare ai più recenti casi di Pandev, Ledesma, Firmani, Stendardo (gli ultimi due recentemente reintegrati in squadra), Manfredini, Bonetto, ecc.
Se si accertasse che il comportamento del Presidente ha determinato un danno alla Lazio, che, non dimentichiamolo, è una società quotata in Borsa, vari enti sono autorizzati ad avviare un’azione di responsabilità contro di lui.
Il Consiglio di Sorveglianza dovrebbe promuovere tale azione ai sensi della lettera d) del primo comma dell’art. 2409-terdecies del Codice Civile che recita: “Il Consiglio di Sorveglianza promuove l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti dei componenti del Consiglio di Gestione”. Tale deliberazione va assunta dalla maggioranza dei componenti del Consiglio di Sorveglianza, cioè da 3 su 5; se tale maggioranza raggiunge i due terzi del Consiglio di Sorveglianza (cioè 4 componenti su 5) scatta la revoca dall’ufficio del Consigliere di Gestione contro cui è proposta l’azione di responsabilità e la sua immediata sostituzione.
L’azione di responsabilità può anche essere esercitata dai soci, cioè dai cosiddetti piccoli azionisti, che rappresentino almeno un quarantesimo, cioè il 2,5%, del capitale sociale come stabilito dagli articoli 2409-decies e 2393-bis del Codice Civile.
Infine, l’azione di responsabilità contro i consiglieri di gestione può anche essere proposta dalla società attraverso una delibera dell’assemblea degli azionisti, che, però, nell’attuale struttura societaria della Lazio, è quasi impossibile da realizzare.
Va ricordato che l’azione di responsabilità può essere proposta mentre il consigliere è in carica e fino a cinque anni dopo la cessazione dalla carica.
Paolo Lenzi
Presidente di Lazio Family
Pubblicato su Il Corriere dello Sport del 24.12.09

mercoledì 9 dicembre 2009

Arbitrato Pandev: Caruso in chiaro conflitto d'interessi

Una vicenda dai mille colpi di scena quella riguardante il Processo Goran Pandev. Alle ore 18 di oggi il Collegio Arbitrale dovrà decidere se accogliere o meno l'istanza presentata dalla Lazio che ha ricusato l'Avv. Mario Fezzi come presidente del Collegio che dovrà giudicare nella vertenza Pandev-Lazio.
La cosa sorprendente è che il Presidente Anziano del Collegio Arbitrale che quest'oggi emetterà il verdetto è Corrado Caruso, che riveste anche la carica di Presidente del Consiglio di Sorveglianza della S.S. Lazio SpA. La conferma arriva anche dall'Avvocato di Goran Pandev, Mattia Grassani, che ha già presentato una memoria sull'argomento.
Nell'udienza di questa sera è ragionevole attendersi che Corrado Caruso rinunci a giudicare su una vertenza che lo vedrebbe in chiaro conflitto d'interessi.
Paolo Lenzi e Giorgio Capodaglio
Per gentile concessione degli autori, tratto da www.laziofamily.it

venerdì 9 ottobre 2009

Caso Pandev: replica del Comitato Piccoli Azionisti

Riceviamo e pubblichiamo la risposta dell'avvocato Massimo Rossetti del Comitato Piccoli Azionisti Lazio all'intervento dell'avvocato Fabio Turrà sul caso Pandev

Ringrazio per avermi trasmesso l’intervento in pari data dell’Avv. Fabio Turrà in merito alla clausola compromissoria di cui agli accordi collettivi tra la FIGC, Lega Calcio e Associazione Italiana Calciatori.
Nell’esprimere apprezzamento per l’intervento sopra citato che rappresenta, senza dubbio, un autorevole e importante contributo al dibattito sul tema, mi corre l’obbligo di alcune precisazioni.
L’art. 3 della Legge n.280/2003 testualmente riportato dall’Avv. Turrà non può essere interpretato, a mio avviso, nel senso di aver reso obbligatorio ex lege l’arbitrato previsto dall’art. 4 della Legge n. 91/1981. Quest’ultima disposizione, infatti, stabilisce che nel contratto di lavoro subordinato tra la Società di calcio e il calciatore può – non deve – essere prevista una clausola compromissoria: né la contrattazione collettiva nazionale di lavoro può inserire automaticamente tale clausola nel contratto individuale.
In altre parole, la clausola compromissoria deve intendersi obbligatoria tra le parti del predetto contratto individuale solo se espressamente e specificamente prevista in quest’ultimo e non, lo ripeto, per il solo fatto che essa sia prevista da una legge ordinaria o dalla contrattazione collettiva applicabili al rapporto di lavoro considerato, non potendosi legittimamente verificare alcun automatico inserimento nel contratto lavorativo individuale né in virtù di una legge ordinaria né in virtù di una norma della contrattazione collettiva di categoria. E’ pacifico, infatti, alla luce della giurisprudenza della Corte Costituzionale e come già, peraltro, evidenziato nella lettera del 28 settembre u.s. al Consiglio di Sorveglianza della Lazio, che, qualora la legge ordinaria o la contrattazione collettiva prevedano l’attivazione della procedura arbitrale, in specie relativamente al lavoro subordinato, ciò deve avvenire senza pregiudizio alcuno della possibilità per le parti del rapporto di lavoro di adire l’autorità giudiziaria, poiché, diversamente, il divieto di rivolgersi al giudice ordinario, configurando un arbitrato obbligatorio, configurerebbe un istituto costituzionalmente illegittimo per contrasto con plurime norme della Costituzione.
Più precisamente, con l’art. 24, primo e secondo comma ("tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento".), con l’art. 25, primo comma ("nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge") e con l’art. 102, primo comma ("la funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario").
Per ciò che riguarda, infine, il caso concreto affrontato, vale a dire il caso Pandev, sembra che la questione sia stata già risolta nel senso che la Lazio, a quanto mi consta, avrebbe deciso di accettare la competenza del Collegio arbitrale svolgendo in quella sede le sue difese e, anzi, chiedendo, in via riconvenzionale, il risarcimento di danni a proprio favore. Per dirla alla partenopea, "che la Madonna la accompagni (accompagni la Lazio)!".
Avvocato Massimo Rossetti
paola.tiracorrendo@federmanager.it
Clicca qui per leggere la replica dell'avvocato Fabio Turrà all'intervento dell'avvocato Rossetti

venerdì 2 ottobre 2009

Clausola compromissoria: elemento obbligatorio secondo gli accordi collettivi Figc, Lnp e Aic per le controversie nel calcio professionistico

Sono gli arbitri oppure i giudici ordinari a dover decidere su questioni riguardanti le controversie patrimoniali tra i tesserati e le società? Sull’onda del caso Lazio-Pandev "il pallone in confusione" ha chiesto all’avvocato Fabio Turrà, noto esperto di diritto sportivo, un commento sulla giurisdizione applicabile nelle discipline sportive professionistiche

La questione circa la giurisdizione applicabile in controversie (soprattutto patrimoniali) che investono il mondo dello sport, e del calcio in particolare, è di grande attualità.
Vi sono, infatti, situazioni giuridiche "limite" nelle quali vengono in gioco diritti e/o interessi di soggetti estranei al mondo dello sport, ma a questo connessi. Questo è proprio il caso degli azionisti delle società calcistiche quotate in borsa, che vedono i titoli, nei quali hanno investito i propri risparmi, legati all’andamento non solo dei risultati sportivi conseguiti nei campionati, ma anche all’esito delle vicende giudiziarie che contrappongono le società sportive ai tesserati (vedi caso Lazio–Pandev).
Considerati i numerosi alterni precedenti giudiziari, che talvolta propendevano per un’esclusività di giudizio da parte della Giustizia sportiva e talaltra per la possibilità di accesso alla Giustizia ordinaria, il nostro sistema normativo nazionale – motivato da esigenze contingenti – emanò la Legge 17 Ottobre 2003, n. 280 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 19 agosto 2003, n. 220, recante disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva), proprio per mettere un punto fermo alle controverse e alterne, come detto, interpretazioni giudiziali.
Soffermandoci sul caso particolare posto in risalto dai "Piccoli azionisti della Lazio", va preso in considerazione l’Art.3 (Norme sulla giurisdizione e disciplina transitoria) della predetta Legge n.280 del 2003. Esso testualmente recita:
"Esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'articolo 2, è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. In ogni caso è fatto salvo quanto eventualmente stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui all'articolo 2, comma 2, nonché quelle inserite nei contratti di cui all'articolo 4 della legge 23 marzo 1981, n. 91"
Va precisato, in proposito, che le clausole compromissorie sono quelle che permettono (e in determinati casi obbligano), per esplicito accordo tra le parti, la devoluzione ad arbitri delle possibili controversie derivanti dal contratto, nel quale sono contenute, in deroga alla giurisdizione normalmente applicabile.
Resta, allora, da chiarire quali siano quelle inserite nei contratti di cui all'articolo 4 della richiamata "legge 91": essa enuncia le "Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti". L’articolo 4, in particolare, disciplina il rapporto di lavoro subordinato che si può instaurare in tali casi, prevedendo – tra l’altro – che lo stesso si costituisce mediante forma scritta, a pena di nullità, stabilendo, inoltre, che nello stesso contratto può essere prevista una clausola compromissoria con la quale "le controversie concernenti l’attuazione del contratto e insorte fra le società sportive e lo sportivo sono deferite a un collegio arbitrale".
Ne discende che, secondo la norma suddetta, l’inserimento di tale clausola compromissoria sarebbe lasciato come pura "facoltà" alle parti contraenti.
In realtà, nel calcio professionistico, la clausola compromissoria è inserita di diritto nei contratti, e ciò in virtù degli Accordi Collettivi tra F.I.G.C., Lega Nazionale Professionisti e Associazione Italiana Calciatori.
Per tale motivo, mentre per quanto riguarda le altre discipline sportive occorrerà fare riferimento al contratto specifico per verificare, previo esame dello stesso, quale giurisdizione – ordinaria o sportiva – potrà occuparsi del caso, nel mondo del calcio professionistico, le controversie concernenti l’attuazione del contratto e insorte fra le società sportive e lo sportivo dovranno essere deferite al Collegio Arbitrale.
Avvocato Fabio Turrà
fabio_turra@libero.it
RIPRODUZIONE (ANCHE PARZIALE) DELL'ARTICOLO CONSENTITA PREVIA CITAZIONE DELLA FONTE: "il pallone in confusione"

giovedì 1 ottobre 2009

Piccoli Azionisti Lazio: «Pandev da giudicare, ma non davanti al Collegio arbitrale»

Il presidente e il legale del Comitato scrivono al Consiglio di sorveglianza della società biancoceleste, rilevando che un’eventuale vertenza con l’attaccante macedone andrebbe affrontata davanti al magistrato del lavoro e non al Collegio Arbitrale della Lega calcio. Ciò per evitare pesanti conseguenze economiche negative

Il Comitato piccoli azionisti della Lazio, attraverso l’avvocato Massimo Rossetti e il presidente Alfredo Parisi, scrive al Consiglio di sorveglianza della società di Claudio Lotito per avere chiarimenti riguardo la delicata posizione di Goran Pandev. In una raccomandata spedita il 28 settembre scorso, entrambi rilevano che «il calciatore Pandev avrebbe inoltrato o starebbe per inoltrare ricorso al Collegio Arbitrale della Lega calcio onde richiedere e ottenere la risoluzione immediata del contratto di lavoro con la Lazio, senza alcun corrispettivo per la società e, anzi, con richiesta di risarcimento di danni». La rivalsa dell’attaccante macedone potrebbe essere seguita, proseguono i due rappresentanti del Comitato, «a breve anche da altro o altri giocatori sotto contratto con la Lazio per gli stessi o analoghi motivi». Ciò potrebbe comportare che «la SS Lazio e i suoi azionisti possano incorrere in pesanti conseguenze negative» soprattutto sotto l’aspetto economico.
I membri del comitato sottolineano anche che il presidente Lotito ha contestato, attraverso «plurime e reiterate dichiarazioni pubbliche», a Pandev la violazione dell’obbligo di fedeltà imposta dal Codice civile al lavoratore dipendente. «Per la precisione – scrivono Rossetti e Parisi – il sunnominato presidente ha testualmente parlato di "prove documentali e testimoniali"». Entrambi ritengono che «la società debba portare la questione in sede di giustizia ordinaria, dinanzi al competente magistrato del lavoro» effettuando prima il tentativo obbligatorio di conciliazione. La strada del rito del lavoro non è preclusa dalla clausola compromissoria «poiché tale prescrizione vale solo per le vertenze sull’applicazione di regole sportive e non anche, come nel caso di specie, su diritti soggettivi concernenti il rapporto di lavoro subordinato». Parisi e Rossetti mettono in guardia Lotito dalla "cabala" sfavorevole. Infatti, essi aggiungono che i precedenti della Lazio presso il Collegio arbitrale sportivo in vertenze contro suoi ex giocatori non sono favorevoli: «vedasi da ultimo il caso Mutarelli» ricordano. Ciò è spiegabile «con il fatto che l’attenzione e la sensibilità del predetto Collegio – affermano Rossetti e Parisi – sono naturalmente concentrate su aspetti in prevalenza sportivi più che su aspetti strettamente tecnico-giuridici».
I rappresentanti dei Piccoli azionisti concludono la loro lettera al Comitato di sorveglianza formulando la «riserva di ogni diritto e azioni nella deprecata ipotesi in cui la SS Lazio spa e, conseguentemente, i suoi azionisti dovessero subire negative e pesanti conseguenze a seguito di eventuali condanne a risoluzioni di rapporto con calciatori senza diritto a indennizzi per la Società e/o a risarcimenti economici a favore di tali calciatori». Questo nel caso in cui le condanne siano «derivanti da atti e/o fatti addebitati alla gestione societaria che, per legge, deve essere conforme a trasparenza e correttezza e a sani e prudenti comportamenti».
Marco Liguori
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il pallone in confusione

Registrazione n° 61 del 28 settembre 2009 presso il Tribunale di Napoli
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