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giovedì 21 febbraio 2008

Fiduciare e Lussemburgo/3

LiberoMercato 26/10/2007

C’è anche il caso Empoli

Un pezzo di serie A controllato dai "fantasmi"

Trust e società lussemburghesi nascondono la proprietà di Cagliari, Napoli, Genoa e Udinese

Marco Liguori

Chi sono i veri padroni di Cagliari, Napoli, Genoa e Udinese? Secondo gli ultimi elenchi soci disponibili in Camera di Commercio, la catena di controllo delle prime due conduce a due fiduciarie, Meliortrust (gruppo Meliorbanca) per la squadra sarda presieduta da Massimo Cellino, e Romafides (portata di recente in dote da Capitalia a Unicredito) per quella partenopea del presidente Aurelio De Laurentiis. Genoa e Udinese sono controllate da due società lussemburghesi: rispettivamente Moeblerry e Gesapar. Per questi quattro club di serie A non è dato sapere chi siano i proprietari: il velo innalzato dalle fiduciarie e dalle società di diritto estero è lecito per la legge ordinaria, ma è in conflitto con l’articolo 16 bis delle Norme organizzative della Figc. Esso impone: "non sono ammesse partecipazioni o gestioni che determinino in capo al medesimo soggetto controlli diretti o indiretti in società appartenenti alla sfera professionistica o al campionato organizzato dal Comitato Interregionale". Il suo spirito è di evitare che un "grande fratello" controlli più squadre e manovri i campionati.
Visure alla mano, il Cagliari è posseduto al 70% dalla Edilstudio. Essa è controllata al 100% da Meliortrust ed è stata fusa per incorporazione nel 2005 in un’altra azienda di Milano, la Eleonora Immobiliare: anche quest’ultima è interamente posseduta dalla fiduciaria di Meliorbanca.
Il Napoli è invece detenuto al 100% d Filmauro. Le visure camerali riportano che la società ha un capitale di appena 500mila euro e vi è precisato che "il 22/12/2005 è stato deliberato un aumento a pagamento scindibile sino all’importo di euro 5 milioni da sottoscriversi per tranche e da effettuarsi entro il termine del 31/12/2007". Alla scadenza la misura del capitale risulterà quella "effettivamente sottoscritta dai soci stessi alla data del 27/10/2006". A sua volta, la società cinematografica è controllata al 90% da Romafides, mentre il 10% è in mano a Jacqueline Baudit, moglie di De Laurentiis. Quest’ultimo è consigliere di amministrazione e procuratore di Filmauro.
Il Genoa è posseduto al 99,89% dalla Enrico Preziosi srl, che è interamente di proprietà della lussemburghese Moeblerry sa. Secondo le ultime notizie disponibili sul Journal Officiel del granducato, la società è controllata al 99% dalla Finsev sa. In Lussemburgo ha sede anche la Gesapar, che ha l’98,35% dell’Udinese: il presidente della società friulana, Pozzo, ne possiede solo l’1,66%. Il Journal Officiel riporta che la società lussemburghese è stata fondata da due società con sede a Panama, la Global Services Overseas e la International Business Services.
L’ultimo caso misteriosi in A, non attinente però a un partecipazione di controllo, riguarda l’Empoli, "public company" con i suoi 227 azionisti: il 51% è nelle mani del presidente Fabrizio Corsi. Il secondo azionista è la Finprogetti con il 5%: l’azionista di riferimento di quest’ultima ha nascosto il suo 83% dietro Centro Fiduciario, fiduciaria di Banca Carige, mentre Corsi ha il restante 17%. Visto che la quota di Finprogetti non è di controllo, è un enigma il motivo che ha spinto il suo controllante a celarsi dietro una fiduciaria. Sempre nell’Empoli c’è un socio in liquidazione, le Officine Meccaniche e Metallurgiche Moscardini, settimo azionista con il 2,5%. La società è controllata al 100% dalla Gipra, posseduta a sua volta da una società in fallimento, la F.lli Poletto Officine Meccaniche.

Catene di comando
Le tre fiduciarie nella rete misteriosa della galassia Juve
Anche nella Juve sono presenti 3 fiduciarie: Nomenfid, Simonfid e Sofegi. Fanno capo alla famiglia Grande Stevens e custodiscono 2 segreti: gli azionisti di controllo della Ese, che possiede al 70% la Semana (manutenzione di impianti sportivi), mentre il restante 30% è in mano alla società bianconera. E la catena di controllo della Banca del Piemonte, che ha partecipato al consorzio di garanzia del recente aumento di capitale della Juve, terminate con Nomenfid e Simonfid. La Ese è controllata al 90% dalla Simonfid, mentre la Nomenfid scherma il possessore del rimanente 10%. A sua volta Simonfid ha come azionista di maggioranza la Sofegi. In questa vi sono Franzo Grande Stevens (10%) e i suoi figli Riccardo (60%) e Cristina (30%).
Anche in Nomenfid i due azionisti principali sono Riccardo (52%) e Cristina (18%). Quote del 3% per esponenti di fiducia degli Agnelli: Angelo Benessia (ex cda Fiat9, Cesare Ferrero (sindaco Fiat), Giorgio Giorgi (presidente collegio sindacale Juve), e Lionello Jona Celesia (sindaco Ifi). Questi è anche presidente della Banca del Piemonte, controllata al 77% da Finconfienza, detentrice anche di circa il 19% in azioni privilegiate. A sua volta Finconfienza è posseduta da Simonfid, che nasconde il possessore del 99,99%. Forse potrebbe esserci un nesso tra gli azionisti misteriosi della Ese e della Banca del Piemonte: ma il puzzle delle fiduciarie lo rende irriconoscibile.

Fiduciare e Lussemburgo/2

La Voce della Campania – giugno 2006

Nel mondo delle misteriose fiduciarie

Calcio top secret

Marco Liguori

Fiduciarie nel calcio, che passione! I misteri dell’italica pedata non si esauriscono alle sole intercettazioni, riguardanti numerosi personaggi del pallone nostrano, come Luciano Moggi, Franco Carraro e i “figli di papà” della società di procuratori Gea World. Infatti, i padroni di alcuni club hanno trovato un modo perfettamente lecito di aggirare la disposizione prevista dall’articolo 16 bis delle Norme organizzative federali (Noif), la quale prevede che “non sono ammesse partecipazioni o gestioni che determinino in capo al medesimo soggetto controlli diretti o indiretti in società appartenenti alla sfera professionistica o al campionato organizzato dal Comitato Interregionale”. La norma è molto restrittiva, al punto da chiarire che “un soggetto ha una posizione di controllo di una società o associazione sportiva quando allo stesso, ai suoi parenti o affini entro il quarto grado sono riconducibili, anche indirettamente, la maggioranza dei voti di organi decisionali ovvero un’influenza dominante in ragione di partecipazioni particolarmente qualificate o di particolari vincoli contrattuali”. Lo spirito di questo articolo delle Noif è molto chiaro: impedire a un “grande fratello” di controllare, direttamente oppure indirettamente, la gran parte delle società di calcio. Ma i signori del pallone hanno trovato l’”uovo di colombo”, ossia utilizzare una società fiduciaria che scherma il proprietario o i proprietari di un club. A ciò si aggiunge anche l’uso di società estere, soprattutto del Lussemburgo. Il Commissario Guido Rossi, incaricato di riscrivere le regole della Figc, dovrebbe anche provvedere alla riforma dell’articolo 16 bis, aggirato con il sistema “fiduciario”.

Romafides for ever
Il Napoli Soccer, presieduto da Aurelio De Laurentiis e fresco neopromosso in serie B, è controllato quasi interamente dalla Filmauro. A sua volta, secondo le ultime visure disponibili in Camera di Commercio, la società cinematografica è posseduta al 90% da Romafides, fiduciaria del gruppo bancario Capitalia: il 10% è in mano alla moglie di De Laurentiis, Jacqueline Baudit. Dunque, non è dato sapere se il presidente azzurro sia proprietario oppure no della Filmauro. Sempre nelle visure, si nota che De Laurentiis non ricopre alcun incarico nel consiglio di amministrazione della Filmauro: ne è solo procuratore, nominato l’8 novembre 1989. Riguardo a Romafides c’è da ricordare che ha mascherato il socio occulto della General Athletic, che controlla la Gea World assieme alla Football Management, sino all’autunno del 2003. Secondo un’interpellanza parlamentare, presentata al governo Berlusconi il 13 novembre 2002 da due senatori della Lega Nord, Piergiorgio Stiffoni e Francesco Tirelli, la fiduciaria avrebbe nascosto Luigi Carraro, figlio di Franco Carraro presidente dimissionario della Figc.
E dalla vincitrice del girone B della serie C1, passiamo alla vincitrice del girone A, lo Spezia Calcio 1906. Il presidente del club ligure è Giuseppe Ruggieri, amministratore unico della Italcantieri, gruppo edile che in passato è stato anche posseduto da Silvio Berlusconi. La catena di controllo dell’altra neopromossa in serie B è lunga. L’Italcantieri comprò dall’Inter ai primi di luglio 2005 il 60% della società ligure, al valore di 3,3 milioni: il pacchetto fu girato alla sua controllata Gestioni Sportive e Immobiliari di Reggio Emilia, di cui Ruggieri ne è l’amministratore unico. L’Inter è rimasta ancora azionista dello Spezia con il 38,67% del capitale. A sua volta, l’Italcantieri è posseduta al 95,6% dalla Matutia Holding, società di Pavia. anche qui, Ruggieri compare come amministratore unico. A sua volta, la Matutia ha due principali azionisti: la controllante Ruggieri Immobiliare srl al 65% e la Mava Immobiliare al 32,5%, entrambe con sede a Reggio Emilia. Giuseppe Ruggieri è il procuratore speciale della prima. In ambedue le società, il loro azionista di controllo al 99% si nasconde dietro la Fiduciaria Emiliana, anch’essa con sede a Reggio Emilia: una familiare di Ruggeri, Anna Ruggieri, ne possiede l’1% di entrambe. Alla fine della piramide societaria, dunque, non è dato sapere chi sia il vero proprietario dello Spezia.

I pacchetti di Corioni
Luigi Corioni è amministratore unico del Brescia Calcio, militante in serie B. Comunemente lo si indica anche come proprietario. Tuttavia, secondo le visure camerali, è proprietario solo del 5,06% della società lombarda: il restante 94,93% è della Brescia Service. Quest’ultima è interamente controllata dalla Sportinvest: nell’ottobre 2005 il pacchetto di maggioranza del Brescia era passato dalla Sportinvest alla Brescia Service. Lo stesso Corioni aveva ceduto nel giugno 2005 un pacchetto di 4mila azioni della Brescia Service alla Sportinvest: anche due altri due soci avevano ceduto le loro quote a questa società. La Sportinvest è posseduta pariteticamente da due fiduciarie: la Nazionale Fiduciaria, della lodigiana Banca Popolare Italiana, e la Solofid, della bresciana Banca Lombarda.

Meliorcagliari
Massimo Cellino è presidente del Cagliari Calcio. Visure alla mano, quest’ultima è a sua volta posseduta al 99,98% dalla Edilstudio, che come la sua controllata, sembra sia stata trasferita a Milano, per ottenere dei finanziamenti. Nell’agosto 2005 la Edilstudio è stata fusa per incorporazione nella Eleonora Immobiliare, anch’essa con sede nel capoluogo lombardo. L’unico azionista della Eleonora Immobiliare è, manco a farlo apposta, la fiduciaria del gruppo Meliorbanca, la Meliortrust. Oltre alla banca milanese con il 43,95%, c’è anche Giampiero Tasco, ex presidente del contropatto Bnl degli “immobiliaristi” Stefano Ricucci e Francesco Gaetano Caltagirone, nonché uomo di fiducia di quest’ultimo, con il 28,02%.

Da Udine al Granducato
Infine, dopo le fiduciarie si approda in Lussemburgo, via Udine. Le visure camerali riportano che primo socio dell’Udinese è la Gesapar sa, che ha sede nel granducato, con il 98,34%: Giampaolo Pozzo ne possiede le restanti briciole. Stando al Journal Officiel lussemburghese, la Gesapar è stata costituita nel luglio del 1998 da due soci fifty-fifty aventi sede a Panama: la Global Services Overseas inc. e la International Business Services inc. Ma chi c’è dietro queste due società? Il mistero è più fitto che mai.

Una Juve targata Grande Stevens
Marco Liguori
Ci sono tre fiduciarie anche nella galassia Juventus: il loro uso però non riguarda l’assetto proprietario bianconero. Il club della famiglia Agnelli stipulò nel luglio 2003 con il Comune di Torino l'atto con il quale è stato costituito il diritto di superficie per 99 anni sullo stadio Delle Alpi e sulle aree adiacenti, per appena 25 milioni di euro complessivi, ad appena 4,68 euro annui al metro quadro. La Juve bianconera ha avuto il diritto di edificare su un'area di 54mila metri quadrati un centro commerciale, una multisala cinematografica e la sede. Di conseguenza, è stata costituita la Semana, società che ha ottenuto l’appalto per la gestione e manutenzione dell’impianto torinese: il 30% è in mano alla Juve, mentre il restante 70% è di proprietà della Ese-European service engineering, costituita nel 2002. Stando alle visure camerali, l’azionariato di questa società è un autentico mistero: il 90% è detenuto dalla Nomen fiduciaria e il restante 10% dalla Simon Fiduciaria. Entrambe velano i veri proprietari delle quote. A sua volta la Nomenfid è controllata al 76,72% da un’altra fiduciaria, la Sofegi. In questa c’è una sorpresa: il 60% è di Riccardo Grande Stevens, mentre il 90% è in mano a Cristina Grande Stevens. Entrambi sono figli dell’ex presidente bianconero Franzo Grande Stevens, che a sua volta ne possiede il 10%. I due rampolli figli dell’“avvocato dell’avvocato” sono anche rispettivamente primo e secondo azionista della Nomenfid: Riccardo ne detiene il 52%, mentre Cristina il 18%. Particolare curioso: Nomenfid, Simonfid e Sofegi hanno sede a Torino in via del Carmine 10, a pochi passi dallo studio del padre, collocato al numero 2 della stessa strada. La Sofegi cistodisce anche quote della Giovanni Agneli & c., la cassaforte della “real casa” torinese. Presidente e amministratore delegato della Semana è Alessandro Gilardi, amministratore delegato della Gilardi Costruzioni Generali. Quest’ultima possiede il 27,2% della Campi di Vinovo, sui cui terreni dovrà sorgere il centro commerciale Mondo Juve: la Juventus ne è l’azionista di controllo.

Fiduciare e Lussemburgo/1

il manifesto", 12/03/04

Quando il padrone resta nell'ombra

Le società fiduciarie e estere, soprattutto lussemburghesi, sono l'ultima passione del calcio italiano per nascondere i veri azionisti dei club. Dal Brescia al Bologna, dalla Sampdoria al Napoli, così fan tutte.

Società fiduciarie ed estere, soprattutto lussemburghesi, che passione. A detenere i pacchetti di controllo di più d'una squadra del campionato italiano ci sono azionisti che si nascondono bellamente o che hanno il ponte di comando all'estero. Anche in questo il calcio non si differenzia, e non potrebbe essere altrimenti, dal resto delle imprese italiane. Occorre comunque sottolineare che tali possibilità sono previste dalla legge ordinaria. Spulciando tra le visure ci si imbatte in gustose amenità, che restano peraltro senza risposta. Le fiduciarie, si sa, servono giusto a tenersi nell'ombra. Con un bel calcio alla trasparenza. Anche perché esiste una regola della federazione, che sancisce essere «tassativamente vietato» il controllo di più d'una squadra nella stessa serie: è il dettato dell'articolo 16-bis delle Noif. Ma come fa la Federazione a sapere chi detiene il controllo se c'è chi si maschera dietro fiduciarie e società estere? La risposta la fornisce il comma 7-bis dell'articolo 15 delle Noif, che dà la facoltà alla Figc di «chiedere la comunicazione dei documenti atti a identificare le persone fisiche» che detengono le azioni: in parole povere, è un controllo che spetta alla Co.vi.soc., la nota commissione che vigila, o almeno dovrebbe, sui conti delle società. Sarà stato esercitato? Non è dato saperlo. C'è di più: la violazione del divieto «tassativo» comporta delle sanzioni risibili. Non poteva essere altrimenti visto l'andazzo delle regole nel mondo del calcio. A carico delle società è prevista un'ammenda non inferiore a 10.000 euro (nemmeno 20 milioni di vecchie lire), mentre gli azionisti, aventi partecipazioni plurime, incorrono nella sanzione di cui all'articolo 14, comma 1 lettera e del Codice di Giustizia Sportiva per un periodo non inferiore a un anno: l'inibizione temporanea a svolgere ogni attività in seno alla Figc, a ricoprire cariche federali ed a rappresentare le società nell'ambito sportivo.

La Leonessa Dubbiosa
Ma è davvero Corioni il proprietario del Brescia? Il dubbio sorge immediato: l'ex presidente del Bologna detiene il 5,06% delle «rondinelle», mentre il restante 94,94% è in mano alla Sportinvest. E chi ne sono i soci? Mistero. Si nascondono dietro due fiduciarie: il 50% è custodito dalla Solofid, che fa parte del gruppo Banca Lombarda, sponsor della squadra, l'altro 50% dalla Nazionale Fiduciaria, che appartiene alla galassia di società del finanziere Emilio Gnutti. Per quali motivi Corioni, che non teme di apparire ufficialmente nell'azionariato, dovrebbe poi nascondersi dietro almeno una delle due fiduciarie? In una situazione simile a quella del Brescia c'è la Salernitana. Aniello Aliberti compare ufficialmente come socio del club campano: ma solo di minoranza. Perché la maggioranza, e precisamente il 64,1%, è posseduta dalla fiduciaria Servizio Italia. Il presidente granata emerge invece al termine di una catena: è socio al 35,55% nella Cofin, proprietaria del 98% della Fin Sport, che a sua volta ha in mano il 35,67% della Salernitana. Per Aliberti la domanda è dunque la stessa che per Corioni.

Le regole di Cellino
Il numero uno del Cagliari è stato tra i capi della «rivolta» dell'estate scorsa, invocando il rispetto delle regole contro il ripescaggio di Catania, Genoa, Salernitana e Fiorentina. Ma l'assetto di controllo della squadra sarda è oscuro: il 99,91% è detenuto dalla Edilstudio. E' una società di Cagliari che, visura della Camera di Commercio alla mano, oltre ad avere come oggetto principale la realizzazione di iniziative produttive nell'ambito della Regione Sardegna, specialmente di tipo edilizio, risulta «inattiva». Ed è un punto interrogativo chi sia il propietario della Edilstudio: il pacchetto completo delle azioni è stato infatti dato alla Melior Trust, che è una fiduciaria il cui 10% è in mano alla banca d'affari Meliorbanca.

Viva il Lussemburgo
Il Granducato resta una meta piuttosto ambita anche nel calcio. Tutto consentito dal punto di vista legale, sia ben chiaro. In rigoroso ordine, sia di campionato di appartenenza che alfabetico, troviamo Bologna, Sampdoria, Udinese, Napoli, Ternana e Triestina.All'azionista di maggioranza del Bologna, Giuseppe Gazzoni Frascara, si arriva dopo un lungo cammino. La società rossoblu è controllata al 90% dalla Bologna Football Club 1909 Holding Spa, a sua volta in mano per il 99,99% alla Victoria srl, posseduta al 100% dalla Lorena srl. Il 70% di quest'ultima è della lussemburghese Financière Gazzoni Frascara. Anche la Sampdoria è sbarcata in forze nel Granducato. Il 99,9% è della Weissberg S.A.: il suo socio di controllo è la Banca Lombarda International S.A.. Particolare curioso: l'amministrazione della Weissberg è in mano ad un altra società lussemburghese, la Manacor S.A..L'Udinese è controllata al 96,43% dalla Gesapar S. A.: l'1,9% è in mano ad un'altra lussemburghese, la Fiveneta S. A., mentre Gianpaolo Pozzo detiene l'1,67%. Scendendo di categoria, spicca il 99,94% del Napoli Calcio S.A., controllante della società partenopea. A Terni la situazione è semplice come a Napoli: il 99,9% è in mano alla Fintad International Holding S.A. Leggermente più complicata la catena di controllo della Triestina, ma la sostanza non cambia: il 99,99% della società giuliana è detenuto dalla San Marco Finance srl, i cui soci sono, con lo 0,31% il presidente Amilcare Berti, e con il 99,69% la lussemburghese Finvalley S.A.

Non solo Granducato
L'Ancona è in mano per il 100% alla Kruger Investiment, il 99,536% del Perugia, dato in pegno a Capitalia, è però di proprietà della Kilpeck Overseas Corporation, la quota di maggioranza del Catania, pari al 74,5%, è della Audette Holdings Corporation. Curiosità finale: la Figc è ancora azionista dell'Atalanta. Beninteso, nulla di rilevante, specialmente nell'italico mondo del pallone in cui i conflitti di interesse hanno ben altra portata: ma proprio per questo cosa ci fanno quelle misere 100 azioni, pari a un valore nominale di 750mila vecchie lire, ancora in mano federale?
Marco Liguori
Salvatore Napolitano

mercoledì 20 febbraio 2008

A 14 anni vale già 50mila euro

I CONTI DEL PALLONE / MILAN

Donnarumma, baby portiere pagato a peso d'oro

Bologna, 30 aprile 1007 - Altro che Dida, Kalac o Storari: il Milan ha già il portiere del futuro. Antonio Donnarumma, classe 1990, è un numero uno di belle speranze nato a Castellammare di Stabia, cittadina della provincia di Napoli, nota per i cantieri navali e per le sue terme. Il baby-calciatore è stato oggetto di un trasferimento dalla locale società miliante in C1 dov’era titolare nella formazione giovanile, la Juve Stabia, per la somma iperbolica (considerata la tenera età) di 50mila euro al Milan. Tradotto in vecchie lire, sono ben 100 milioni. Stando al sito www.tuttomercatoweb.com l’operazione è stata conclusa tra i due club il 15 giugno 2005: Antonio non aveva neppure 15 anni, poiché è nato nel luglio del ’90. La Juve Stabia ha annotato la cessione nel bilancio chiuso al 30 giugno 2006, invece di inserirla, secondo logica, in quello conclusosi nell’anno precedente: nei documenti contabili 2005 e 2006 della società rossonera non è stata evidenziata.
Nella relazione sulla gestione della società campana la vendita è stata celebrata con una certa enfasi, sottolineando che "la società ha potuto incrementare le attività del settore giovanile con l’allestimento di diverse squadre ed il tesseramento di numerosi giovani calciatori". La relazione prosegue evidenziando che «questa politica ha prodotto un primo lusinghiero risultato attraverso la cessione di un giovane calciatore a un importante club di categoria superiore, il Milan, generando per la società una plusvalenza di 50mila euro".
Secondo la nota integrativa, il valore netto contabile di Donnarumma era pari a zero. Il prezzo pagato dalla società rossonera ha quindi prodotto la plusvalenza: stando al documento contabile, è stata "l’unica transazione a carattere economico intervenuta con un’altra società calcistica nella stagione sportiva 2005/2006". Essa però non ha sistemato i precari conti delle “vespe” stabiesi, che hanno concluso l’esercizio al 30 giugno 2006 con una perdita di 972mila euro, in aumento del 320% rispetto al risultato negativo di 232mila euro dell’anno precedente. Inoltre, la società presentava anche il patrimonio netto negativo per circa 160mila euro: doveva quindi avviare la procedura di ricapitalizzazione. Piccolo particolare: anche la Juve Stabia ha inserito la plusvalenza tra i ricavi, ossia nelle componenti ordinarie del bilancio.
L’esempio dei grandi club di serie A ha fatto purtroppo ormai scuola. Ma perché il piccolo Antonio è stato trasferito a una cifra iperbolica per la sua giovane età? Una spiegazione, che comunque non giustifica l’elevato prezzo pagato dal Milan, potrebbe essere la sua convocazione il 9 maggio 2005 al raduno di allenamento di Coverciano per i portieri nel giro delle nazionali giovanili curato da tecnici federali Antonio Rocca, Andrea Pazzagli, Luciano Castellini e Ivano Bordon.
In quella data, oltre a Donnarumma vi parteciparono altri 16 ragazzi. Inoltre, è stato selezionato dal tecnico federale Antonio Rocca per partecipare al torneo "Giovani Speranze" che vedrà impegnati calciatori nati negli anni 1990 e 1991 dal 4 al 7 giugno al Centro Tecnico Federale FIGC di Coverciano. Secondo www.tuttomercatoweb.it il piccolo calciatore aveva già compiuto alcuni allenamenti con la prima squadra della Juve Stabia. Nel marzo scorso Antonio era presente ala finale del 36º Torneo “Beppe Viola” ad Arco di Trento (riservato agli allievi nazionali) nella finale con la Juventus persa dal Milan: il tecnico Evani lo ha però lasciato in panchina.
Insomma, il Milan ha già pagato profumatamente il suo numero uno del futuro. Si ipotizza una domanda: quando Donnarumma avrà attorno ai vent’anni e magari sarà diventato un titolare della società milanese e della nazionale, a quali livelli di prezzo arriveranno le sue prestazioni sportive, visto che a neanche quindici anni valeva 50mila euro? Un importo simile è stato ottenuto dal Napoli nella stagione 2005/06 per la cessione al Parma del suo terzo portiere, il ventenne Fabio Virgili, che non aveva collezionato una sola presenza in maglia azzurra. Chiamale, se vuoi, valutazioni: ma sono le ennesime storure del calcio a scopo di lucro.
di Marco Liguori

Tavaroli canta sul sistema calcio

Indiscreto http://www.indiscreto.it/ 21/12/2006

Tutto Moggi in un cd

di Marco Liguori

Giuliano Tavaroli ha vuotato il sacco sul sistema Moggi. L’11 ottobre scorso l’ex responsabile della security del gruppo Telecom Italia ha dichiarato a verbale, davanti ai Pubblici ministeri di Milano che indagano sui dossier illegali, nuove circostanze che fanno comprendere come già quattro anni fa i vertici dell’Inter fossero perfettamente a conoscenza della "rete" di rapporti di potere dell’ex direttore generale della Juventus. "Alla fine del 2002 dopo essere stato contattato dalla segreteria di Massimo Moratti – ha raccontato Tavaroli nella sua deposizione davanti ai Pm – incontrai Moratti e Facchetti presso la sede della Saras. Facchetti rappresentò a me e a Moratti di essere stato avvicinato da un arbitro della delegazione di Bergamo che in più incontri aveva rappresentato un sistema di condizionamento delle partite di calcio facente capo a Moggi ed avente come perno l’arbitro Massimo De Santis". Tavaroli ha subito precisato che "Facchetti non fece il nome dell’arbitro che lo aveva avvicinato anche se successivamente emerse che si trattava di Nucini". L’ex capo della sicurezza Telecom ha riferito nei verbali altre dichiarazioni del defunto presidente dell’Inter. Quest’ultimo ha raccontato a Tavaroli che il "misterioso" arbitro, cioè Danilo Nucini, era stato avvicinato da De Sanctis nel corso del raduno di Sportilia. In quella occasione De Sanctis gli aveva fatto presente che vi era un modo per avanzare nella graduatoria degli arbitri e che chi aveva contatti con Facchetti arbitrava prevalentemente in serie B.
Tavaroli ha proseguito nella sua esposizione davanti ai magistrati, riferendo altri dettagli che sarebbero stati dichiarati da Nucini a Facchetti. De Sanctis avrebbe spiegato allo stesso Nucini che se avesse voluto dirigere incontri in serie A, che comportavano rimborsi più consistenti, doveva seguire i suoi suggerimenti. "De Sanctis gli aveva altresì raccontato – ha sottolineato Tavaroli – di aver migliorato la sua posizione economica e di aver acquistato una bella casa a Roma e un’auto di lusso". Stando sempre alle parole dell’ex capo della security Telecom, l’arbitro bergamasco aveva confidato a Facchetti di aver accettato il consiglio di De Sanctis. E qui il racconto di Tavaroli si arricchisce di un episodio degno di una spy-story di John Le Carrè. Infatti, dopo alcuni giorni Nucini fu prelevato da un’automobile dopo aver lasciato il cellulare nella sua vettura. "Dopo un lungo giro in città fatto per disorientarlo – ha proseguito Tavaroli nel suo racconto – arrivò in un albergo di Torino dove incontrò Luciano Moggi che gli chiese la disponibilità a favorire la Juventus penalizzando le squadre avversarie nelle partite giocate prima di affrontare la Juve. L’arbitro accettò e ricevette da Moggi un cellulare sicuro e diversi numeri dove poteva essere chiamato".
Tavaroli ha aggiunto altri particolari alla sua ricostruzione e riferisce che "Facchetti mi disse che l’arbitro gli aveva raccontato i fatti in cambio di un favore da parte dell’Inter, un posto nella società nerazzurra, aggiungendo che era disposto a denunciare". L’ex presidente nerazzurro si mise d’accordo con Nucini per un nuovo incontro. E qui l’ex dirigente del colosso della telefonia arricchisce la sua versione dei fatti con altri dettagli da romanzo giallo. "Facchetti mi disse di aver registrato su un cd – ha sottolineato Tavaroli – i suoi colloqui con l’arbitro Nucini e mi chiese di fare delle verifiche su De Sanctis. Concordammo di dare l’incarico a Cipriani (anch’egli arrestato per la vicenda delle intercettazioni). Chiesi ad Adamo Bove (ex funzionario di polizia passato a Telecom e morto a suicida a Napoli) di verificare i numeri dati da Moggi all’arbitro per vedere se fossero riconducibili a personaggi del mondo del calcio. Bove confermò. Cipriani redasse un report: "Operazione ladroni"". Tavaroli ha poi raccontato di aver dato un consiglio all’ex numero uno dell’Inter. "Io proposi a Facchetti due opzioni: presentarsi in Procura o collaborare come confidente delle forze dell’ordine senza esporsi subito. Facchetti preferì la seconda opzione. Ne parlai con il maggiore Chittaro comandante del nucleo informativo dei Carabinieri di Milano. Di fatto Facchetti non diede seguito a tale sua disponibilità". Tavaroli ha concluso la sua deposizione davanti ai Pm spiegando che Facchetti presentò un esposto in Procura il cui contenuto non fu poi confermato da Nucini. Questi fatti sono ormai diventati cronaca da tempo. I magistrati hanno chiesto a Tavaroli come mai il report su "Operazione ladroni" fu pagato con 50mila euro a Cipriani. Tavaroli ha risposto che "non so se il report che mi esibite è quello con tutta l’attività".
Alla luce anche delle dichiarazioni rilasciate al settimanale L’Espresso da Massimo Moratti, ritornato da pochi mesi alla guida dell’Inter dopo l’interregno di Giacinto Facchetti durato dal gennaio 2004 sino all’ottobre di quest’anno, si devono fare alcune considerazioni e domande. "A un certo punto – ha detto Moratti nell’intervista a L’Espresso – mi ero rassegnato. Capivo che, ad andare bene, con quel sistema lì saremmo sempre arrivati secondi. E allora ho pensato seriamente di mollare". Il presidente dell'Inter, ha poi confessato di essere andato molto vicino a cedere il club nerazzurro. "Attorno ad aprile di quest’anno – ha raccontato Moratti – non ce la facevo più a vedere quello che succedeva nell'indifferenza generale. Non speravo che sarebbe venuta fuori la verità, almeno in tempi brevi. Ero davvero stufo". Dall’insieme di queste dichiarazioni sembrerebbe che il patron dell’Inter abbia confermato ciò che ha detto Tavaroli negli interrogatori: Moratti sapeva del sistema Moggi, visto che nella famosa riunione del 2002 negli uffici della Saras era presente con Facchetti e Tavaroli. Ma allora, se sapeva del maneggi di Moggi, perché non ha presentato un esposto alla giustizia sportiva? Però, nel caso in cui ne fosse stato a conoscenza e non lo avesse denunciato, avrebbe violato l'articolo 6 comma 7 del codice di giustizia sportiva, quello che riguarda il dovere di denunciare l’illecito sportivo. C’è da aggiungere che, considerati i fatti lontani nel tempo, potrebbe già essere scattata la prescrizione. Quindi, forse a questa domanda non ci sarà più risposta. Altro quesito: perché l’arbitro Nucini non ha voluto più confermare ciò che aveva dichiarato a Facchetti? Paura, rimorso, dovuti magari a un "avvertimento" di qualcuno, o chissà quale altro motivo recondito? E, ultima domanda, ma non per questo non meno importante: che fine ha fatto il cd su cui Facchetti ha inciso le dichiarazioni di Nucini? Visto che l’ex gloria della Nazionale e della società nerazzurra era al vertice dell’Inter si suppone che ne avesse custodita una o più copie. Sono domande a cui forse solo i magistrati della Procura di Milano, se ne ravvedessero l’opportunità per le loro indagini sulle intercettazioni abusive, potrebbero dare un’esauriente risposta.
www.indiscreto.it martedì 5 dicembre 2006

Tutte le plusvalenze portano a Roma

di Marco Liguori

Anche la Roma e la Lazio (quotate a Piazza Affari come anche la Juve) hanno pubblicato le proprie trimestrali in cui sono stati applicati i nuovi principi contabili internazionali Ifrs/Ias. Come già detto per la Juventus, anche nel loro caso è stata inserita la gestione operativa netta dei calciatori, ossia il risultato del calciomercato, nella gestione ordinaria. In particolare, la Roma ha aggiunto nello schema di conto economico riclassificato chiuso al 30 settembre scorso la suddetta voce, pari a circa 5 milioni di euro, dopo i ricavi (25,4 milioni) e i costi (24,9 milioni). Il risultato della gestione ordinaria è stato positivo per 5,4 milioni: senza l’apporto del calciomercato sarebbe stato di soli 455mila euro. Invece la Lazio spa (capogruppo del 'gruppo' Lazio) ha ottenuto nei primi tre mesi dell’esercizio 2006/2007 un risultato netto dalla campagna acquisti estiva di 440mila euro, mentre il valore della produzione è stato pari a 13,9 milioni e i costi operativi hanno raggiunto i 10,4 milioni. Il risultato operativo netto dopo i proventi netti da cessione contratti calciatori è stato di 1,33 milioni: dopo gli oneri finanziari netti per 430mila euro, il risultato della gestione ordinario è stato di 1,74 milioni. Sarebbe stato di 1,33 senza le plusvalenze del calciomercato.
Visto l’andazzo, è obbligatoria una considerazione: sono i nuovi principi contabili Ifrs/Ias che autorizzano le società a iscrivere nella gestione ordinaria i proventi straordinari come le plusvalenze da calciatori, oppure sono esse stesse che lo fanno in modo del tutto ordinario? Se fosse vera la prima ipotesi, perché allora la Roma, la Lazio e la Juventus non specificano in base a quale numero delle disposizioni degli Ifrs/Ias ciò è reso possibile? E, se fosse confermato, tale principio contabile sarebbe in conflitto con il Codice Civile e il buon senso: non bisogna dimenticare che i calciatori (o meglio i diritti pluriennali alle loro prestazioni) sono infatti un bene immateriale delle squadre. Quando esse li cedono, è e resta un fatto straordinario. Non è una questione di lana caprina: è in gioco la comunicazione della gestione operativa, determinata dal risultato derivante dai ricavi meno i costi, ossia dell’attività effettiva di una società considerata nell’arco di un determinato periodo. Da questo indicatore i soci possono comprendere l’andamento della gestione aziendale. La Consob, competente per la vigilanza della trasparenza delle società quotate in Borsa, e tutte le altre istituzioni competenti possono dare chiarimenti al riguardo e determinare regole certe per evitare confusioni?

belletti e vecchi merletti

http://www.indiscreto.it/indiscreto.nsf/notesnews/467C701D6C4DDAF0C1257227002C281D?OpenDocument

Il lifting della Signora

di Marco Liguori

Nonostante il calo degli incassi dovuto alla retrocessione, la Juventus ha annunciato un risultato operativo in attivo per il primo trimestre 2006-2007. Con i proventi del calciomercato inseriti a sopresa nella gestione ordinaria: adesso non è colpa di Moggi...

Mercoledì 15 novembre 2006

La Vecchia Signora si è “imbellettata”. La Juventus, tenuta ad obblighi informativi periodici poiché è quotata in Borsa, ha comunicato lo scorso 13 novembre che è riuscita a chiudere in attivo il risultato operativo (ossia ricavi meno costi) del primo trimestre 2006/2007 per 16,4 milioni di euro, al netto della cifra di 5,7 milioni che include ammortamenti e svalutazioni diritti calciatori, oltre che accantonamenti e altri tipi di ammortamenti. La società bianconera aveva invece subito nel medesimo periodo una perdita pari a 15,5 milioni. Il risultato positivo è stato possibile grazie appunto a una “cosmesi” di bilancio: nei ricavi della gestione caratteristica (pari a 61,4 milioni) è stata inclusa la voce “proventi da gestione diritti calciatori” per oltre 38 milioni di euro. Grazie a questa cifra, derivante dalle cessioni effettuate nella prima fase della fase della campagna trasferimenti dei giocatori, l’incremento dei ricavi – ha dichiarato in una nota la società controllata dall’Ifil – rispetto ai primi tre mesi dello scorso esercizio è stato pari all’incirca al 40,6%. Riguardo ai costi (in totale 39,4 milioni), nella trimestrale 2006/07 è stata inclusa anche la voce “oneri da gestione diritti da calciatori”, ossia le passività derivanti dalle cessioni operate sempre nella prima fase del calciomercato svoltasi in luglio-agosto, pari a 1,7 milioni. Stando sempre alla comunicazione della società, i costi sono risultati «in diminuzione del 14,2%, rispetto a 45,9 milioni del corrispondente periodo dell’esercizio 2005/2006». La Vecchia Signora ha dunque scelto di inserire le plusvalenze e le minusvalenze del calciomercato nella gestione ordinaria.
Peccato che l’articolo 2425 del Codice Civile (relativo alla formazione del conto economico) disponga in modo completamente differente al riguardo: i calciatori, o meglio i diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori, sono considerati beni immateriali della società. Non a caso, il loro valore è ammortizzato a rate costante in relazione alla durata dei contratti stipulati con ciascun giocatori. Quindi, nel caso della loro cessione, la nostra legge prevede che il provento va iscritto nelle componenti non ordinarie del conto economico, ossia alle voci “proventi ed oneri straordinari”. L’attività di compravendita non è quella principale della Juve, che deve organizzare lo spettacolo delle partite di calcio tramite i propri beni che sono appunto i calciatori. Per rendere meglio l’idea si può ricorrere a un esempio. Se l’Alitalia, che ha come oggetto sociale il trasporto di merci e passeggeri tramite i proprie aerei, vendesse un proprio apparecchio non iscriverebbe la somma conseguita nei ricavi ordinari, ma nelle plusvalenze straordinarie. La società bianconera ha spiegato nel comunicato che nell’ultima trimestrale sono stati applicati i principi contabili internazionali Irfs: ciò non c’entra nulla con le disposizioni del Codice Civile, che restano sempre in vigore. Non a caso, la Juventus aveva inserito nella prima trimestrale 2005/2006 le plusvalenze e le minusvalenze tra le componenti straordinarie. La conseguenza della “cosmesi” è che senza plusvalenze e minusvalenze da gestione calciatori, la differenza tra ricavi (che ammonterebbero a 23,3 milioni) e costi (37,6 milioni) del trimestre concluso al 30 settembre scorso si chiuderebbe con un risultato negativo per oltre 19,9 milioni. Ciò non andrebbe ad inficiare il risultato netto finale del periodo, positivo per 11,7 milioni. Cambia però la sostanza, in quanto la Juventus nel primo trimestre non solo presenterebbe uno squilibrio nel risultato operativo, ma sarebbe superiore a quello dello scorso esercizio, pari a una perdita di 15,5 milioni.
L’inserimento dei “proventi da gestione diritti calciatori” ha compensato notevolmente le perdite degli altri ricavi. Quelli da gare sono diminuiti dai 3,19 milioni del primo trimestre 05/06 agli 1,25 milioni del periodo luglio-settembre 2006 «per effetto principalmente – si legge nel testo della trimestrale – dei minori ingaggi per gare amichevoli (-1,4 milioni), dei minori ricavi da abbonamento (-0,4 milioni) e dall’assenza dei ricavi della Supercoppa Italiana (-0,3 milioni) e dei ricavi derivanti dalla disputa delle coppe europee (-0,1 milioni), parzialmente compensati dalla maggiore quota di ricavi da biglietteria riconosciuta dalle squadre ospitanti nelle gare fuori casa (+0,3 milioni)». Passando ai ricavi per diritti media e tv, la riduzione di oltre 7 milioni di euro «si origina anche per effetto della rinegoziazione dei contratti con Sky Italia per la corrente stagione sportiva». I ricavi da sponsorizzazione e pubblicità sono diminuiti di 8,7 milioni, a causa della «diminuzione dei corrispettivi annui dei contratti commerciali a seguito della retrocessione in serie B» conseguente al processo sportivo. Queste somme in calo sono state bilanciate anche dall’aumento di 2,8 milioni della voce “altri ricavi” «per effetto dei maggiori indennizzi assicurativi – prosegue il testo della semestrale bianconera – incassati nel trimestre rispetto all’analogo periodo dell’esercizio 2005/2006 (+1,8 milioni) e dei maggiori contributi della Lega Nazionale Professionisti (+1,1 milioni)». La variazione complessiva dei ricavi è pari a 17,7 milioni.
Un’ultima considerazione. La Juventus indica nella prima trimestrale 06/07 che «i dati al 30 settembre 2005 sono stati in alcuni casi riclassificati al fine di favorire la comparabilità dei dati». Inoltre, anche per il primo trimestre 2005 sono stati inclusi i proventi (5,3 milioni) e gli oneri da gestione (2,6 milioni) diritti dei calciatori, che nel documento contabile emanato l’anno scorso non erano state incluse. Con queste due “innovazioni” si registrano differenze sostanziali migliorative riguardo al risultato operativo dei primi tre mesi dello scorso esercizio: 19,5 milioni nella prima stesura contro i 15,5 milioni di quella inserita nel documento emanato il 13 novembre scorso. I 19,5 milioni sono curiosamente lo stesso passivo di quello conseguito (come si è detto di 19,9 milioni) al 30 settembre scorso, al netto di proventi e oneri da compravendita calciatori. Migliora anche il risultato netto finale: la perdita era ammontata a 18,8 milioni nel documento originario, mentre nell’ultimo il “rosso” è stato di 17,3 milioni.
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il pallone in confusione

Registrazione n° 61 del 28 settembre 2009 presso il Tribunale di Napoli
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Editore e direttore responsabile: Marco Liguori

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