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mercoledì 22 dicembre 2010

Il mio ricordo di Enzo Bearzot, trionfatore in Spagna

Chi era Enzo Bearzot? Me lo hanno chiesto alcuni miei lettori che a causa della loro giovane età non hanno vissuto il Mondiale argentino del 1978, il trionfo spagnolo del 1982 e la parabola discendente del 1986. Ci proverò, aiutato dall’onda dei ricordi e di qualche ritaglio di giornali dell’epoca, nel giorno della sua scomparsa che tanta emozione ha suscitato. Un pezzo di storia gloriosa del nostro calcio che va doverosamente ricordato.
Bearzot era un furlan particolare, diverso dal taciturno Zoff che era uno dei suoi calciatori in cui riponeva grande fiducia. Non aveva peli sulla lingua come ricorda Gianni Perelli sull’Europeo: criticato da alcuni deputati, replicò prontamente «Gli onorevoli farebbero meglio a occuparsi dei “premi loro”». Era l’uomo giusto al momento giusto per il rilancio della Nazionale, malamente eliminata nel girone eliminatorio della Coppa del mondo del 1974 in Germania. Lo precedette Fulvio Bernardini, il celebre tecnico teorizzatore dell’uso di giocatori dai “piedi buoni”, che riuscì a svecchiare la formazione azzurra lanciando alcuni futuri campioni del mondo, come Graziani e Antognoni. “Fuffo” fu commissario tecnico per un anno fino al 1975: poi fece coppia fissa come direttore generale con Bearzot fino all’ottobre del 1977. La coppia ottenne una serie di alti e bassi nelle qualificazioni ai Campionati europei del 1976 e cercò di creare un nuova identità dopo il disastro in terra tedesca. Dopo un’onorevole sconfitta in Olanda, seconda classificata, arrivò una vittoria e un pareggio contro la Finlandia. “Fuffo” e il “Vecio” riuscirono a pareggiare alzando un “muro” a Roma e a Varsavia contro la Polonia che ci aveva eliminato in Germania. L’Italia ottenne una vittoria di prestigio, anche se inutile, contro l’Olanda vincitrice del girone. Nel 1977 ha inizio la vera e propria “era Bearzot”. Il tecnico friulano riesce a qualificarsi per il “mundial” argentino eliminando nientepopodimeno che l’Inghilterra. I critici, sempre molto pungenti con lui in tutto l’arco di tempo in cui fu sulla panchina azzurra, rilasciarono però giudizi poco confortanti dopo tre amichevoli di preparazioni al massimo torneo internazionale. La Nazionale fu sconfitta in Spagna, pareggiò in casa contro la Francia dopo un doppio vantaggio, e pareggiò contro la Jugoslavia prima di volare verso il Sudamerica. Ai tempi si diceva: «Bearzot è come la Democrazia Cristiana, non cambia mai uomini e modulo». E invece no: sull’onda della richiesta popolare e della stampa sportiva, nella partita inaugurale contro la Francia giocarono Paolo Rossi e Antonio Cabrini. Il gol bruciante di Lacombe dopo appena 40 secondi non spense le speranze azzurre: pareggiò proprio “Pablito” nel primo tempo. Zaccarelli sostituì uno spento Antognoni e relizzò il gol della vittoria. Quel mondiale si ricorderà soprattutto per il capolavoro “bearzottiano” del successo sui padroni di casa dell’Argentina: riuscì a bloccare i temibili Kempes e Bertoni, riuscendo a segnare un gol capolavoro con Bettega. Triangolo perfetto: da Antognoni per Rossi che porge un assist allo juventino che segna l’1-0 finale. I critici del “Vecio” lo aspettarono al varco: dopo un autogol a favore degli Azzurri arrivò la sconfitta contro l’Olanda, grazie ai due “missili” fuori area di Brandts e Haan, portò l’Italia alla finale per il 3° e 4° posto contro il Brasile. Anche qui identico copione: Causio segna il punto del vantaggio, poi due altri due tiri da lontano giustiziano Zoff. Si disse di tutto sul portierone riguardo alla sua presunta debolezza nei palloni scagliati da 20-30 metri: ovviamente anche Bearzot fu posto sul banco degli accusati. Di concreto restava un buon quarto posto e le premesse positive per il futuro. Curiosità: al ct il cantautore Rino Gaetano dedicò un verso di "Nunteregghecchiù".
Due anni dopo si tengono gli Europei nel nostro Paese. Si era abbattuto sul nostro campionato il ciclone dello scandalo del totonero: fu convolto anche Paolo Rossi che fu squalificato. Nel suo girone l’Italia pareggiò contro la Spagna, battè l’Inghilterra, ma pareggiò nell’ultima gara a reti inviolate contro il Belgio che si qualificò per la finalissima. Gli Azzurri disputarono la finalina per il 3° posto contro la Cecoslovacchia a Napoli. “Senza Rossi non si vince” era scritto su uno striscione al San Paolo: e così fu, la Nazionale fu sconfitta ai rigori. Anche in quella occasione critiche a gogò per Bearzot, ritenuto incapace di costruire alternative di gioco in attacco. Ma il tempo della rivincita per lui stava per arrivare.Neanche il tempo di fiatare e in ottobre prendono il via le qualificazioni per il Mondiale in Spagna. L’Italia mette in riga nel girone di andata le sue quattro rivali, Lussemburgo, Danimarca, Jugoslavia e Grecia (che il “Vecio” temeva e aveva definito “fastidiosa”), con l’identico punteggio di 2-0. Ricordo un titolo dopo la vittoria a Torino sugli slavi capeggiati dall’attaccante Zlatko Vujovic sul Guerin Sportivo: «Bearzot ha domato le tigri di carta». Il ct aveva imbrigliato una Jugoslavia, sulla carta la più forte del girone, molto confusionaria con una gara perfetta. Il girone di ritorno, invece, ebbe un andamento molto incerto: sconfitta 3-1 contro la Danimarca a Copenaghen, buon 1-1 contro la Jugoslavia a Belgrado e mezzo passo falso a Torino contro la Grecia (1-1). Per fortuna a Napoli la Nazionale supera il Lussemburgo con il gol qualificazione di Collovati. Seguì un trittico di amichevoli che, come accadde nel periodo precedente al torneo in Argentina, fu deludente. La sconfitta per 2-0 nel periodo di Carnevale a Parigi contro la Francia di Platini valse a Bearzot un titolo ironico del Guerin Sportivo: «La Nazionale in maschera». La squadra vista al Parco dei Principi sembrava davvero poco reattiva e poco tonica. Sensazione identica anche contro la Germania Est che battè 1-0 gli Azzurri. Contro la Svizzera arrivò un pareggio che confermò i problemi. Arrivò il giorno dell’esordio a Vigo contro la Polonia del fuoriclasse Zibì Boniek. Ricordo il commento di Nando Marellini dopo i primi minuti disputati discretamente dagli uomini del “Vecio”: «In queste prime battute l’Italia c’è». Era però una formazione che espimeva un gioco balbettante che fu confermato anche dalle gare contro il modesto Perù e i “maratoneti” del Camerun. La Nazionale de “l’uomo con la pipa” (il ct amava molto fumarla nei momenti di relax) arriva seconda nel girone e deve affrontare il gironcino a tre contro due mostri sacri del calcio di allora: l’Argentina di Maradona e il Brasile di Zico. «Ma a Barcellona cosa andiamo a fare?» titolò Paese Sera. Sembrava proprio che l’Italia fosse destinata al ruolo di vittima sacrificale: i giornali puntarono tutti l’indice contro Bearzot, considerato l’unico responsabile del gioco evanescente e della più che possibile figuraccia contro i “mostri” sudamericani. Dopo le veementi polemiche, i giocatori decisero unilateralmente un “silenzio stampa”: fu il segnale della compatezza della squadra che faceva quadrato attorno al commissario tecnico contro tutto e tutti. Fu nominato unico “portavoce” Zoff, il portierone di poche parole.
Invece le cose presero una piega diversa. Nella prima gara contro l’Argentina, Bearzot mette Gentile su Maradona come un’ombra: il fuoriclasse raramente toccò palla e Tardelli e Cabrini realizzarono le reti per il 2-1 finale. La gara capolavoro fu contro il Brasile contro cui era necessaria la vittoria, poiché l’Italia era a pari punti con una differenza reti a sfavore. Azzurri sempre in vantaggio con i verdeoro a inseguire. Ci furono anche le “agevolazioni” provocate dalle incertezze difensive di Junior e del portiere Valdir Peres. In più nel Brasile delle stelle non brillava affatto il centravanti Serginho che sciupò alcune occasioni: i punti deboli dell’avversario furono sapientemente sfruttati da Bearzot, l’Italia vinse 3-2 e arrivò in semifinale contro la Polonia con tripletta del rinato Paolo Rossi rientrato dopo la squalifica. Lo stesso Pablito segnò la doppietta vincente contro i biancorossi privi di Boniek. Poi arrivò il trionfo in finale con la Germania schiacciata 3-1: “el hombre del partido” Rossi fu affiancato dall’urlo di Tardelli e dalla marcatura del neoentrato Altobelli. Si parlò di schieramento a “zona mista”, di innovazioni tattiche: in realtà Bearzot era riuscito a ricostruire il gioco all’italiana, catenaccio e contropiede, in edizione riveduta e corretta con gli uomini adatti. Ma era stato abile nel costruirlo e utilizzarlo: in attacco c’era una punta, Graziani, che subiva i falli dagli avversari e faceva da sponda, liberandogli gli spazi, per Rossi che in velocità infilzava le difese avversarie. Un meccanismo perfetto che entusiasmò anche il presidente della Repubblica Sandro Pertini la sera della finale al Bernabeu. Qualcuno ricorderà anche la cover dei "Masters" che cantavano in italo-spagnolo una delle canzoni più ascoltate di quell'anno, "Da Da Da" manco a farlo apposta del gruppo tedesco "Trio". Si chamava "Da-da-da Mundial 82" in cui nominavano tutti i giocatori Campioni del Mondo. Il ritornello diceva: «Son tutti figli di Bearzot, aha! Son tutti figli di Bearzot».I mondiali del 1986 in Messico furono il “canto del cigno”. L’Italia, priva ormai di molti degli eroi di Spagna, non brillò e non riuscì a ripetere l’exploit di quattro anni prima. La sconfitta negli ottavi di finale contro la Francia scatenò tutti i critici contro Bearzot e ne chiesero la testa. Si conclusero così 11 anni culminati con due quarti posti e un titolo mondiale. Il tecnico furlan ora è passato alla storia: i suoi risultati sono e resteranno incancellabili.
Marco Liguori
RIPRODUZIONE (ANCHE PARZIALE) DELL'ARTICOLO CONSENTITA PREVIA CITAZIONE DELLA FONTE: "IL PALLONE IN CONFUSIONE"

domenica 12 dicembre 2010

Federupporter partecipa venerdì al convegno Codacons sulla difesa consumatori

Federsupporter parteciperà al Convegno organizzato dal CODACONS in Roma il prossimo 17 dicembre (dalle ore 14,00 alle 18,00) sul tema della difesa del cittadino - consumatore nel cui ambito verrà riservata una parte importante all'associazione sul tema "Un nuovo consumatore: il sostenitore delle società sportive: nessuna tutela,tanti obblighi".Peraltro questo è il primo passo di una più stretta collaborazione tra CODACONS e FEDERSUPPORTER che dovrebbe essere formalizzata nei prossimi giorni mediante un apposito protocollo d'intesa.

martedì 30 novembre 2010

Federsupporter sul contratto: «I calciatori diventeranno come gli antichi gladiatori»

Con mie note del 30 luglio e del 14 settembre (cfr. www.federsupporter.it) mi ero espresso sul rinnovo del CCNL dei calciatori, permettendomi di formulare delle indicazioni e delle proposte all’insegna del tentativo di coniugare al massimo ed al meglio diritti e flessibilità.
Purtroppo, lo stallo, almeno fino al momento in cui scrivo, delle trattative per il suddetto rinnovo e, da ultimo, il rinnovo del contratto individuale di lavoro intervenuto tra la Juventus ed il calciatore Chiellini mi inducono a dire che si è sulla strada sbagliata e che quelle indicazioni e quelle proposte non hanno trovato alcun ascolto.
Mi pare, infatti, che, invece di ricercare e trovare ragionevoli, eque, legittime e lecite soluzioni di compromesso, siano scesi e rimangano tuttora in campo opposti estremismi produttivi solo di sterili e controproducenti contrapposizioni, forzature e fughe in avanti.
Se è – sarebbe- giusto, a mio avviso, come sostengo sin dal 2004 (cfr. Relazione al Convegno organizzato dalla Ernst & Young su “Calcio professionistico europeo e diritto del lavoro”) che fosse modificata la qualificazione per legge (art. 3, 1°comma, della legge n.91/1981) del contratto lavorativo dell’atleta professionista come di lavoro subordinato, essendo ciò ormai del tutto anacronistico, qualificandosi, invece, più appropriatamente, tale contratto come “a progetto” e/o a “programma”, così come prevede la così detta “ Legge Biagi” ( legge delega n. 30/ 2003 e decr.lgs. delegato n. 276/2003), tuttavia, nel mio citato documento del 14 settembre c.a. che, per comodità di riferimento, allego, mettevo in luce che alcuni diritti del calciatore come cittadino e come persona non potevano e non possono essere comprimibili.
Ed è sotto questo specifico profilo che il contratto stipulato in questi giorni tra la Juventus e Chiellini, almeno così come reso noto dagli organi di informazione, suscita in me, in alcuni suoi contenuti, non solo forti perplessità e riserve, ma, persino, stupore.
Alcune clausole di tale contratto, infatti, prevederebbero: l’obbligo di allenarsi anche separatamente dal resto degli altri calciatori; il divieto di indossare capi di abbigliamento trasandati o con riferimenti politici o ideologici; il divieto di comportamenti potenzialmente sconvenienti per un calciatore professionista; il divieto di intraprendere qualsivoglia attività imprenditoriale o commerciale diversa dall’attività di calciatore; il divieto di fare qualsiasi dichiarazione neppure su siti personali e su social network; il divieto di poter scegliere per curarsi medici diversi da quelli di fiducia della società, anche a spese del calciatore; l’obbligo di tenere uno stile di vita in linea con l’immagine del club ed adeguato ad un atleta professionista.
Come si può agevolmente constatare, le clausole sopra riportate, ove rispondenti alla realtà, sono, qualcuna di più e qualcuna di meno, comunque tutte notevolmente incidenti su libertà e diritti fondamentali della persona garantiti, non solo dalla nostra Costituzione, ma anche dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali (CEDU) e dalla Dichiarazione Universale Onu dei Diritti dell’Uomo.
Sto parlando, più precisamente ed a titolo solo esemplificativo, del diritto di eguaglianza formale e sostanziale (art. 3 Costituzione), del diritto alla salute (art. 32 Costituzione), del diritto di comunicazione e manifestazione del pensiero (artt.15 e 21 Costituzione), del diritto di libertà di stampa (art.21 Costituzione).
Naturalmente le libertà ed i diritti in questione sono inviolabili ed inderogabili sia da leggi ordinarie sia, a maggior ragione, da contratti collettivi o individuali di lavoro: in quest’ultimo caso, si definiscono diritti indisponibili, nel senso che non possono essere derogati neppure con l’accordo ed il consenso del lavoratore e, quindi, pur qualora tal genere di pattuizioni fossero stipulate, esse sarebbero radicalmente ed insanabilmente nulle .
Aggiungasi che certi vincoli, quali quelli o alcuni di quelli in precedenza citati e che sarebbero contemplati dal contratto Juventus-Chiellini, a fortiori sarebbero assolutamente incompatibili con un contratto di lavoro non subordinato, essendo, in questo caso, i poteri del datore di lavoro e, corrispondentemente, gli obblighi del lavoratore assai meno intensi, stringenti e vincolanti di quelli tipici del rapporto di lavoro dipendente.
A me sembra, dunque, rinviando per eventuali, più approfondite e specifiche considerazioni e proposte al mio citato ed allegato documento del 14 settembre c.a. a cui integralmente mi riporto, che qualcuno voglia trasformare il calciatore professionista da lavoratore subordinato, quale è oggi, non in un lavoratore para-subordinato o autonomo, bensì in una sorta di antico gladiatore.
Un mestiere, quest’ultimo, che, pur potendo offrire notevole fama e cospicui vantaggi economici e pratici, il Diritto Romano considerava turpe e comportante l’infamia per chi lo praticava, potendo essere, perciò, esercitato solo o da schiavi o da cittadini i quali, però, in questo caso, venivano privati di quasi tutti i loro diritti come tali (così detti “auctorati“ , vale a dire sotto tutela) e, in particolare, venivano privati dello ius suffragi (diritto di elettorato attivo e passivo) e dello jus honorum (diritto a ricoprire cariche pubbliche) .
E, francamente, alcune delle clausole del contratto Juventus-Chiellini, così come riportate, paiono, almeno a me, rendere la società di calcio più simile al lanista ( impresario specializzato nel reclutare e gestire i gladiatori) che al datore di lavoro, la squadra di calcio più simile alla familia gladiatoria che ad un insieme di lavoratori e la sede degli allenamenti più simile al ludus gladiatorio che al luogo ove i suddetti lavoratori si preparano a svolgere e svolgono la loro attività professionale.
Faccio, inoltre, presente che il contratto Juventus-Chiellini deve essere valutato alla luce del parere 2/2010 emesso il 29- 30 luglio 2010 dall’Alta Corte di Giustizia Sportiva del CONI, secondo cui contratti individuali di lavoro di calciatori stipulati in assenza di contrattazione collettiva possono essere invalidi in base a specifici vizi idonei a travolgere l’intero contratto o singole clausole.
Tali contratti, infatti, devono essere conformi alle norme imperative dell’ordinamento statale ed ai principi e regole generali dell’ordinamento sportivo.
Peraltro, ove il contratto Juventus- Chiellini volesse essere unilateralmente assunto o imposto come contratto-tipo, è opportuno ricordare che il richiamato parere sottolinea espressamente l’inefficacia alla produzione di vincoli di un contratto-tipo predisposto ed imposto in maniera unilaterale, senza alcun accordo tra le parti, intendendosi per tali FIGC, Lega, AIC.
A me sembra, dunque, che la strada maestra da intraprendere per un reale e globale cambiamento e rinnovamento della contrattazione di lavoro dei calciatori e, più in generale, degli atleti professionisti, onde adeguarla ai tempi per renderla conforme all’evoluzione socio-economica e giuridica intervenuta dal 1981 ad oggi in materia di lavoro, sia quella di una intensa, perseverante e, possibilmente, unitaria iniziativa ed azione da parte delle società sportive, dei soggetti, almeno quelli più responsabili, rappresentativi degli atleti professionisti e di Federsupporter quale soggetto rappresentativo dei sostenitori dello sport, quali appassionati e consumatori dello spettacolo sportivo, nei confronti delle Istituzioni, in specie delle forze Parlamentari e Politiche, affinchè, in tempi ragionevolmente rapidi, si possa pervenire ad una sostanziale modifica dell’art. 3 , 1° comma, della legge n. 91/1981.
Norma che, come detto, ancor oggi anacronisticamente ingessa la prestazione a titolo oneroso dell’atleta, inquadrandola nel contratto di lavoro subordinato.
Nel frattempo, andrebbero evitate, almeno secondo me, scorciatoie impraticabili, tortuose, di nessuna o scarsa valenza e tenuta giuridica e, persino, controproducenti, ricercandosi, invece, come pure detto, ogni ragionevole, equa, legittima e lecita soluzione di compromesso, volta a maggiormente flessibilizzare tale rapporto, però sempre nello scrupoloso rispetto, come d’altronde sancito dal parere dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva del CONI, di norme imperative dell’ordinamento statale, nonché dei principi e delle regole generali dell’ordinamento sportivo.
Avv. Massimo Rossetti - responsabile area legale Federsupporter

lunedì 29 novembre 2010

Federsupporter risponde in tv alle domande sulla tessera del tifoso

Qusta sera alle ore 22.30 l'emittente Rete Oro ospiterà Federsupporter. E' possibile collegarsi anche su SKY- Canale 905: il sindacato dei tifosi risponderà a tutti i quesiti, in particolare su quelli riguardanti la tessera del tifoso. L'associazione è disponibile anche a offrire assistenza ai 50 tifosi coinvolti nel fermo ieri alla Questura di Brescia. Inviate sul sito www.federsupporter.it le vostre osservazioni e/o domande.

martedì 23 novembre 2010

Lazio: tutta l'assemblea minuto per minuto

Riportiamo il riassunto di Federsupporter dell'assise straordinaria biancoceleste tenutasi il 18 novembre scorso

Come previsto, il 18 corrente, presso la sede sociale in Formello (Roma), si è tenuta l’Assemblea Straordinaria della Lazio avente ad oggetto proposte di modifiche statutarie. L’Assemblea è stata presieduta dall’attuale Presidente del Consiglio di Gestione, azionista di controllo e di comando, dr. Claudio Lotito, con la presenza dell’altro membro del suddetto Consiglio e con la presenza del Consiglio di Sorveglianza, nonché con la partecipazione dell’Avv. Gianmichele Gentile, oltre al notaio incaricato di redigere il verbale assembleare. Alla riunione hanno preso parte, oltre all’azionista di controllo e di comando,altri sei azionisti, tra i quali gli scriventi, nella doppia qualità di piccoli azionisti e di rappresentanti di Federsupporter.

I lavori si sono svolti mediante esposizione, articolo per articolo, da parte del dr. Lotito, delle modifiche statutarie proposte e con messa in votazione, sempre articolo per articolo, delle suddette modifiche.

Per la gran parte le modifiche stesse riguardavano l’adeguamento dello statuto a norme di legge nel frattempo intervenute e, quindi, esse non potevano che ricevere l’approvazione dell’assemblea.

Tuttavia, su alcune specifiche proposte, prima della loro messa in votazione, gli scriventi hanno ritenuto di dover intervenire.

Più precisamente, in merito alla modifica proposta all’art. 3, volta a specificare che, tra le attività societarie va ricompresa la commercializzazione di beni, oggetti e prodotti recanti il marchio ed i segni distintivi della Lazio, nonché lo svolgimento di attività editoriali anche nel settore radiofonico e televisivo, gli scriventi hanno obiettato che, essendo stata costituita dalla Lazio una società ( Lazio Marketing & Communication ) dalla stessa Lazio totalmente controllata con la finalità di svolgere, per l’appunto, attività di commercializzazione e di comunicazione,sembrava più opportuno che le attività in questione fossero svolte, non dalla controllante, bensì dalla controllata.

A fronte di questa obiezione il dr. Lotito ha chiarito e precisato che, in realtà, le suddette attività saranno svolte dalla controllata e che la modifica statutaria proposta ha solamente lo scopo di esplicitare che le attività in questione non esulano, comunque, anche dai fini della Società controllante.

Con questo chiarimento la proposta è stata unanimemente approvata .

In merito alla proposta di cui all’art. 6, secondo cui il Consiglio di Gestione, anche su richiesta di soci rappresentanti almeno l’1,25% del capitale sociale, può richiedere all’intermediario, con oneri a proprio carico, i dati identificativi degli azionisti che non abbiano espressamente vietato la loro comunicazione, unitamente al numero delle azioni registrate sui conti ad essi intestati, gli scriventi hanno chiesto chiarimenti e precisazioni.

A seguito di tale richiesta, sia il dr. Lotito sia l’avv. Gentile, hanno specificato che la modifica proposta deve intendersi come meramente attuativa di quanto previsto dall’art. 83- duodecies del T.U.F ( Testo Unico in materia di Intermediazione Fiananziaria), introdotto dall’art. 2 del decr.lgs. 27/01/2010, n. 27 di attuazione della Direttiva Comunitaria 2007/36 concernente l’esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate.

In particolare, l’art. 83- duodecies richiamato consente l’identificazione degli azionisti e la conoscenza del numero di azioni da essi possedute con la finalità principale di facilitare il coordinamento tra i soci stessi per poter esercitare i diritti che richiedono una partecipazione qualificata ( per esempio : convocazione di assemblea su richiesta dei soci, esercizio dell’azione di responsabilità su iniziativa dei soci medesimi, etc.).

In risposta alla richiesta degli scriventi, il dr. Lotito e l’avv. Gentile hanno confermato che la modifica statutaria proposta intende, per l’appunto, così come prevede la normativa a cui la proposta stessa vuole conformarsi, rendere più agevole la possibilità per i soci di far valere propri diritti.

Con l’occasione, sia consentito esprimere agli scriventi il rammarico per il fatto che l’iniziativa portata avanti da Federsupporter di favorire l’unione dei piccoli azionisti proprio allo scopo di permettere l’esercitabilità e la migliore tutela dei loro diritti , non sia stata, almeno finora, colta nella sua reale importanza e nella sua assoluta conformità a principi generali, fatti ormai propri sia dall’ordinamento comunitario sia dall’ordinamento nazionale

A questo proposito, è veramente sorprendente e spiacevole che, nel momento in cui, dal 14 settembre ad oggi, si è assistito e si assiste ad una quotidiana movimentazione dell’assetto del flottante ( circa il 33 % ) con scambi di milioni di azioni, non si sia riusciti, o non si sia voluto ,coagulare un numero di soci rappresentanti almeno quell’1,25 % del capitale sociale che avrebbe consentito di eleggere, come si dirà in seguito, una rappresentanza dei piccoli azionisti nel Consiglio di Sorveglianza della Lazio e che consentirebbe ora di poter identificare tutti i soci della stessa Lazio nonché di conoscere il numero delle azioni da essi possedute. Corredata dai chiarimenti e dalle precisazioni sopra riportate, la proposta di modifica all’art. 6 è stata unanimemente approvata.

In merito alle proposte di modifica di cui all’art. 24 queste riguardano sia la non revocabilità (“inamovibilità”) dei consiglieri di sorveglianza se non per giusta causa, sia la riduzione da due ad uno dei componenti effettivi del suddetto Consiglio eleggibili da parte dei soci di minoranza. Quanto alla prima proposta di modifica, è opportuno rilevare che, in ordine ad essa, la Consob aveva richiesto l’8 novembre u.s., come risulta dal comunicato stampa della Società pubblicato sul sito della medesima il 15 corrente, di illustrare meglio la proposta stessa ( si rimarca che la Relazione del Consiglio di Gestione, pubblicata sul sito della Lazio, relativa all’interezza delle modifiche statutarie proposte, si componeva di n. 6 righe ). In attuazione di quanto richiesto dalla Consob, il Consiglio di Sorveglianza, con propria nota del 15 corrente, prendeva atto, così come evidenziato dalla stessa Consob, che, essendo la Lazio retta dal sistema dualistico di governo societario, per cui il Consiglio di Sorveglianza, e non l’Assemblea, nomina i componenti del Consiglio di Gestione, la revocabilità solo per giusta causa dei membri del predetto Consiglio di Sorveglianza comportava una pari irrevocabilità dei membri del Consiglio di Gestione. In questo modo si rendevano, di fatto, inamovibili sia i primi sia i secondi, pur in presenza di eventuali mutamenti dell’assetto azionario. Tuttavia, pur preso atto di ciò, il Consiglio di Sorveglianza, nel richiamare l’attuale incontendibilità della Lazio e l’espressa volontà del suo attuale azionista di maggioranza di non cedere le proprie azioni, affermava di ritenere che i suddetti, eventuali mutamenti possano essere considerati una giusta causa e che, pertanto, l’effetto di inamovibilità evidenziato non si potrebbe, comunque, produrre. Alla luce delle delucidazioni fornite dal Consiglio di Sorveglianza, la proposta di modifica è stata unanimemente approvata.

Quanto alla seconda proposta, vale a dire la riduzione da due ad uno dei membri effettivi del suddetto Consiglio eleggibili dalla minoranza, gli scriventi, pur tenuto conto del fatto che la normativa di legge sopravvenuta ha disposto che alla minoranza spetti un posto negli organi interni di controllo delle società quotate ( sindaci nelle società gestite con il sistema tradizionale e consiglieri di sorveglianza nelle società gestite con il sistema dualistico ), tuttavia, hanno obiettato che tale norma non vieta che i rappresentanti della minoranza in detti organi ( Consiglio di Sorveglianza per la Lazio ) possa essere superiore a quella minima garantita dalla legge.

Peraltro, lo scrivente Massimo Rossetti, in un suo documento del 20 settembre u.s. ( cfr www.federsupporter.it) aveva rilevato ( nessun altro fino a quel momento lo aveva fatto ) una singolare contraddizione tra il fatto che, all’art. 24, III comma, dello Statuto si stabiliva che alla minoranza era riservata l’elezione di due membri effettivi del Consiglio di Sorveglianza ed il fatto che, al successivo comma XII dello stesso art. 24, si diceva che tutti meno uno i membri effettivi del suddetto Consiglio erano tratti dalla lista di maggioranza. E’ evidente, quindi, che la modifica statutaria proposta, oltreché conformarsi alla disposizione di legge nel frattempo sopravvenuta, ha lo scopo di sanare la rilevata contraddizione. Ciò , in sede di replica alle obiezioni degli scriventi, non è stato negato dal dr. Lotito, il quale, pur dovendo ammettere che la norma di legge di cui sopra non impedisce di riconoscere alla minoranza una rappresentanza superiore all’unità nel Consiglio di Sorveglianza, ha però obiettato, a propria volta, che, essendo tutte le proposte di modifica ispirate al principio di stretta conformazione al dettato legislativo, sarebbe risultato inopportuno discostarsene solo per questa parte, ferma restando la dichiarata assenza di qualsiasi intenzione di voler comprimere la possibilità per i soci di minoranza di eleggere propri rappresentanti nel predetto Consiglio.

Gli scriventi, preso atto delle delucidazioni fornite dal dr. Lotito e pur rimarcando, a loro avviso, l’antiesteticità della modifica proposta, hanno comunque ritenuto di non esprimere voto contrario all’approvazione della stessa, sia perché ininfluente sia, soprattutto, in considerazione del fatto che, sino ad oggi, i soci di minoranza non hanno mai dimostrato nei fatti alcun interesse a far valere i loro diritti e, nella fattispecie, nei giorni scorsi a far eleggere due propri rappresentanti nel Consiglio di Sorveglianza. Pertanto, la proposta di modifica in questione è stata unanimemente approvata.

Altre proposte di modifiche statutarie che, peraltro, comportano un pedissequo adeguamento a norme di legge, sono state del pari unanimemente approvate, senza richiedere, almeno ad avviso degli scriventi, particolari chiarimenti e precisazioni e che,quindi, non rendono necessari specifici commenti.

Come notazione finale, gli scriventi non possono non rammaricarsi del fatto che una puntuale, specifica ed esaustiva informativa su alcune delle più rilevanti modifiche statutarie proposte non sia stata spontaneamente fornita dal Consiglio di Gestione e dal Consiglio di Sorveglianza, in sede di Relazione Illustrativa delle modifiche stesse all’atto della convocazione dell’Assemblea Straordinaria, bensì solo su espressa richiesta della Consob.

Richiesta intervenuta l’8 corrente e che ha ricevuto risposta solo il 15 novembre : cioè a dire formalmente solo tre giorni prima e sostanzialmente solo due giorni prima la data dell’Assemblea stessa. Cosa che agli scriventi non sembra francamente in linea con i criteri e le finalità che ispirano la Direttiva Comunitaria 2007/36 ed il provvedimento legislativo di suo recepimento nell’ordinamento nazionale. Quanto sopra sotto il profilo del diritto dei soci di disporre di tempo sufficiente per esaminare le determinazioni sottoposte avanti all’Assemblea e della possibilità di porre domande in relazione agli argomenti trattati, soprattutto avuto riguardo a soci sforniti della necessaria professionalità per avere piena cognizione di causa di tali argomenti, in specie, come nel caso in questione, aventi una elevata complessità tecnica. Circostanza che, certamente, avrebbe legittimato gli scriventi a chiedere ed ottenere il rinvio dell’Assemblea per carenza di tutti gli elementi in grado di porre i soci, anche quelli sforniti della professionalità di cui sopra, nella condizione di assumere consapevoli determinazioni. Soltanto per un gesto di buona volontà gli scriventi hanno deciso di soprassedere dal sollevare l’eccezione di cui trattasi.

Alfredo Parisi e Massimo Rossetti

lunedì 15 novembre 2010

Barcellona: Rosell rifà i conti a Laporta

Nella prima versione del bilancio del club blaugrana chiuso al 30 giugno scorso si era evidenziato un utile ante imposte di 8,99 milioni. Nella seconda versione invece si è rilevata una notevole perdita pari a 79,6 milioni


Le elezioni che si sono tenute il 13 giugno 2010, hanno determinato la formazione di un nuovo Consiglio di Amministrazione, che gestisce il “Fútbol Club Barcelona”, dal 1 luglio 2010. Il nuovo presidente Sandro Rosell i Feliu è subentrato al precedente Joan Laporta i Estruch. Il bilancio d’esercizio al 30 giugno 2010 del Barcellona è stato oggetto di contestazioni e polemiche, tra il consiglio di amministrazione uscente, con a capo Laporta e quello subentrante, presieduto da Rosell. Il 22 settembre 2010, il nuovo Consiglio di Amministrazione ha “ripresentato” il bilancio, tenendo conto dei rilievi e delle osservazioni fatte dai revisori di Deloitte al bilancio stesso, il quale è stato presentato il 1° luglio dagli amministratori uscenti. Nella prima versione, redatta dalla “Junta Directiva” Laporta, si esponeva un utile ante imposte di 8,99 milioni di euro; mentre nella versione “riveduta e corretta” dalla “Junta” Rosell il bilancio presenta una notevole perdita pari a 79,6 milioni di euro ed un patrimonio netto negativo per 59,1 milioni.

L’esposizione delle variazioni operate tra le due versioni di bilancio, ci può aiutare a capire come il bilancio di una società, semplicemente cambiando solo alcuni criteri di valutazione di un numero limitato di poste, possa rappresentare sia situazioni “tranquille”, che situazioni “preoccupanti” se non “allarmanti”.

I rilievi eccepiti da Deloitte alla prima versione, hanno comportato un impatto negativo per 91,6 milioni di euro. Quello più importante riguarda alcuni accantonamenti per rischi non effettuati, secondo i criteri della prudenza necessaria, come l’accantonamento per il contenzioso con Sogecable. L’accantonamento fatto dalla giunta Rosell, per questo contenzioso, è stato di 35,1 milioni di euro oltre a 2,6 milioni per interessi. Questa “necessaria prudenza” ha trovato il suo riscontro il 6 settembre 2010, quando il Tribunale Provinciale di Barcellona ha emesso la sentenza di appello, in relazione al ricorso proposto dal “Fútbol Club Barcelona” contro la precedente sentenza del Tribunale di primo grado, datata 12 gennaio 2009. La sentenza del 6 Settembre 2010, ha condannato il club a pagare, alla società Sogecable SA, un importo pari ai proventi percepiti fino al 4 maggio 2007, sia dall’ UEFA, che da organismi similari per gli altri sport come il basket, la pallamano e hockey, nonché l'IVA e gli interessi maturati dal 1 dicembre 2005. Anche se è stato presentato un ulteriore ricorso, per ammissione degli stessi amministratori, esistono poche possibilità favorevoli per il Barcellona di spuntarla. Quindi, la rilevazione di questa circostanza “sfavorevole” ha portato ad un peggioramento dei conti di 37,7 milioni di euro rispetto alla versione del bilancio di Laporta, che non aveva quantificato numericamente tra le poste di bilancio questo evento negativo.

Un altro contenzioso, quello concernente il giocatore José Raúl Baena Urdiales, per violazione del contratto, ha visto il giocatore soccombere ed essere condannato ad un risarcimento di 3,5 milioni di euro al Club, oltre agli interessi, come da sentenza del Tribunale Provinciale di Barcellona, datata 6 aprile 2010. Tuttavia questo importo, iscritto tra i proventi nella prima stesura del bilancio, secondo i revisori presentava dubbi circa la riscossione, anche in considerazione del fatto che il giocatore ha presentato ricorso contro la sentenza. L’impatto negativo della mancata esposizione di questo “probabile” provento, nella seconda stesura, è stato di 3,9 milioni di euro.

Un’altra rettifica operata dalla “Junta” Rosell riguarda la vendita di un terreno a Sant Joan Despí (periferia di Barcellona), il cui “preliminare” era stato stipulato il 29 dicembre 2009, ma al 30 giugno 2010 non risultava ancora stipulato il contratto definitivo. Secondo i principi contabili la registrazione dell’operazione in contabilità può essere effettuata al momento in cui la stessa risulta perfezionata. Nonostante questo principio, la “Junta” Laporta aveva provveduto ad esporre “crediti verso terzi per alienazione di attività non correnti” per 17,4 milioni di euro con una plusvalenza di 14,9 milioni di euro. Rosell, attenendosi ai rilievi di Deloitte, ha annullato la registrazione contabile eseguita.

Altra sorpresa è stata la cessione gratuita di Thierry Henry, che nella prima stesura del bilancio risultava “neutra”, mentre nella seconda stesura vedeva la registrazione di 6,9 milioni di euro per minusvalenze e 1,3 milioni per oneri contrattuali. Nella seconda versione del bilancio, la corretta imputazione della cessione di Henry ha inciso negativamente per 8,2 milioni di euro complessivi.

Secondo i revisori della Deloitte, nella prima stesura del bilancio il valore dei terreni di Viladecans (Barcellona), allocato nella voce "Investimenti immobiliari", non risultava stimato in modo conforme ai principi contabili. La valutazione conforme ai principi contabili di tali terreni ha comportato una variazione negativa di 11,5 milioni di euro. Nella stagione 2007/08, il Club catalano acquistò un terreno nel comune di Viladecans con una superficie di 278.544 metri quadrati al prezzo di 18,5 milioni di euro. La valutazione del terreno che figura nel bilancio “riformulato” è stata commissionata ad un esperto, che ha stimato il valore di tale terreno in € 5.500.000. Nel bilancio al 30 giugno 2009, il valore di questi terreni figurava con la cifra di 18,7 milioni di euro. Come conseguenza, nel conto economico è stata registrata una svalutazione 13,2 milioni di euro.
Nella seconda stesura del bilancio sono stati ricalcolati i risconti passivi inerenti alcuni “bonus” per i diritti radiotelevisivi. In particolare, il Barcellona in base al contratto stipulato il 5 maggio 2006 con
Mediaproducción SL, valido per le stagioni sportive a partire dal 2008/09 fino al 2012/13 riscontava un “bonus” di 20 milioni di euro. Il 9 giugno 2010 il club catalano ha firmato un nuovo contratto con la medesima società, che ampliava e migliorava il precedente. Infatti oltre a rivedere il contenuto economico per annualità, è stato prolungato fino alla stagione 2013/14, con un ulteriore “bonus” di 13 milioni di euro. Il nuovo contratto è valido a partire dalla stagione 2010/11 fino al 2013/14. Nella prima stesura il bonus di 13 milioni era stato allocato per intero nel fatturato al 30 giugno 2010. Il rifacimento del bilancio ad opera della “Junta” Rosell ha comportato il ricalcolo dei risconti passivi, ripartendo per competenza ed in base alla nuova durata del contratto sia il primo bonus dei 20 milioni, che il secondo bonus di 13 milioni. L’impatto negativo di questa corretta imputazione, rispetto alla precedente è stato di 12 milioni di euro.

La “sfortuna” ha anche voluto che in data 16 Giugno 2010, Mediaproducción SL, ha chiesto al Tribunale Fallimentare di Barcellona di essere sottoposta a procedura concorsuale volontaria e la richiesta è stata accolta il 22 giugno 2010. Il credito per il “bonus” del nuovo contratto è stato allocato nell’attivo corrente sotto la voce “debitori diversi”. La riformulazione del bilancio ha costretto gli amministratori a registrare un accantonamento di 3.250 migliaia di euro, dovuto alla stima della potenziale perdita derivante dalla procedura concorsuale. Ma la cosa più importante è che il 9 giugno 2010, come descritto sopra, era stato stipulato il nuovo contratto per le stagioni dal 2010/11 al 2013/14, che rappresenta il 40% circa dei ricavi annuali del club. A fronte di questo “dettaglio” non trascurabile, il Consiglio di Amministrazione ha scritto che, secondo le informazioni disponibili alla data di riformulazione di bilancio, si possa ritenere che la procedura concorsuale di tale operatore non avrà effetto sulle future entrate derivanti dal contratto. Su quest’ultima affermazione, invece, i revisori di Deloitte, nella relazione al secondo bilancio, hanno scritto che non si può dire in maniera oggettiva se l’accantonamento fatto sia sufficiente o meno, né si può affermare con certezza che la procedura concorsuale non avrà effetto sulle future entrate del club.

Luca Marotta

jstargio@gmail.com

RIPRODUZIONE (ANCHE PARZIALE) DELL'ARTICOLO CONSENTITA PREVIA CITAZIONE DELLA FONTE: IL PALLONE IN CONFUSIONE http://marcoliguori.blogspot.com/

mercoledì 10 novembre 2010

Modifiche statuto Lazio: le osservazioni di Federsupporter

Con riferimento alle proposte in oggetto pubblicate sul sito della SS Lazio spa, svolgo il commento che segue.

1) Art. 24 ( Consiglio di Sorveglianza. Composizione).

In un mio documento del 20 settembre u.s. intitolato “ Precisazioni di carattere tecnico con riferimento ad alcuni movimenti nell’assetto azionario della SS Lazio spa” ( cfr . www.federsupporter.it), al punto n. 4, avevo rilevato (nessun altro, in specie il Consiglio di Sorveglianza e la Consob, fino a quel momento, almeno così mi risulta, l’avevano rilevato ) una singolare contraddizione nel complesso delle norme statutarie che presiedono all’elezione dei componenti il Consiglio di Sorveglianza.

Più precisamente, avevo rilevato che, mentre all’art. 24, 3° comma, era stabilito che : “ Alla minoranza è riservata l’elezione di due componenti effettivi e di un supplente “ , allo stesso art. 24, 12° comma, punto n.° 1 , si diceva che dalla lista che ha ottenuto in assemblea il maggior numero di voti ( lista maggioritaria) erano tratti un numero di membri effettivi pari al totale numero da cui è composto il Consiglio ( 5 membri) meno 1 e 2 supplenti.

Era ed è evidente che, se dalla lista di maggioranza debbono essere tratti tutti i componenti effettivi del Consiglio meno 1, la minoranza, diversamente da quanto stabilito dal 3° comma, elegge, non 2 membri effettivi dello stesso Consiglio, bensì soltanto 1. Ipotizzavo, nel mio documento citato, che i redattori dello statuto fossero incorsi in un errore materiale stabilendo che dalla lista maggioritaria dovessero essere tratti tutti i membri effettivi del Consiglio meno 1. In ogni caso, puntualizzavo che, essendo la disposizione di cui all’art. 24, 12° comma, punto n.° 1 , meramente attuativa ed applicativa delle norme circa la composizione del Consiglio di Sorveglianza, in particolare della norma di cui allo stesso art. 24,3° comma, nel contrasto di disposizioni, non poteva e non può che darsi prevalenza a quella che riserva e garantisce alla minoranza l’elezione di 2 membri effettivi del suddetto Consiglio. Tutto ciò premesso, tra le proposte di modifiche statutarie ora sottoposte all’Assemblea Straordinaria del 18 novembre p.v., figura proprio quella all’art. 24,3°comma, che toglie alla minoranza il diritto di eleggere nel Consiglio di Sorveglianza 2 membri effettivi, ridotti ad 1 che, peraltro, corrisponde al numero minimo già garantito per legge alla minoranza stessa.

In altre parole, anziché, come sarebbe stato e sarebbe auspicabile, chiarire all’art. 24, 12° comma, punto n.1, che dalla lista di maggioranza debbono essere tratti tutti i componenti effettivi del Consiglio meno 2, si vorrebbe togliere il diritto alla minoranza di eleggere 2 membri effettivi, garantendogliene 1 solo: vale a dire, come sottolineato, il minimo previsto dalla legge. Si tratta- tratterebbe-, come è evidente, per i soci minoritari, di una significativa reformatio in peius dello statuto non sorretta da alcuna, altra, valida motivazione, se non quella di comprimere, ancor di più se possibile, i già assai flebili diritti della minoranza. Come se non bastasse il fatto che la Società è retta da un sistema di governo così detto “dualistico” che svuota, in pratica, l’Assemblea ordinaria, in cui ciascun socio, anche il più piccolo, può esprimere le sue valutazioni, proposte e può deliberare, dei suoi normali e principali poteri, senza che sussistano i presupposti oggettivi per il mantenimento di tale sistema. Presupposti che, secondo l’insegnamento in materia dell’unanime dottrina, consistono essenzialmente nella mancanza di un azionista di controllo e di comando e/o di un azionista che intenda gestire la società ( viceversa, come noto, nella Lazio esiste un forte azionista di controllo e di comando con oltre circa il 67% del capitale sociale e che, da sempre, gestisce la Società quale Presidente del Consiglio di Gestione ).

La proposta di modifica statutaria in questione appare, quindi, non sorretta da validi e condivisibili motivi ed a essa, a mio avviso, dovrebbero opporsi in assemblea tutti i soci di minoranza ( le istruzioni per la partecipazione, diretta o per delega, all’assemblea del 18 novembre p.v., sono esplicitate in una nota in calce al presente documento ). Se è, infatti, probabile, per non dire scontato, che la proposta verrà comunque fatta approvare dall’azionista di maggioranza, non è certamente inutile e senza importanza che possa rimanere agli atti nel verbale assembleare la forte e netta contrarietà a tale approvazione da parte di quanti più azionisti di minoranza possibili.

E’, inoltre, priva di pregio l’eventuale obiezione per cui, finora, la partecipazione di esponenti della minoranza al Consiglio di Sorveglianza non si è determinata per il fatto che, sempre finora, nessun azionista minoritario, da solo o insieme con altri, è riuscito a presentare o ha voluto presentare proprie liste.

Le norme statutarie, infatti, valgono e dispongono in astratto e per l’avvenire ed è, perciò, importante che, nella fattispecie, esse preservino alla minoranza il diritto e la possibilità di far eleggere nel Consiglio di Sorveglianza 2 suoi rappresentanti effettivi e non 1 solo come, invece, vorrebbe la proposta di modifica oggi avanzata. Osservo, infine, che tale proposta non sembra certo indicare la volontà del socio di controllo e di comando di dischiudere la vita societaria ad una maggiore partecipazione, sia pure di minoranza, nonché ad una maggiore condivisione delle strategie e delle scelte della Società, rivelando, al contrario, la volontà di blindarsi al proprio interno, ancor più di quanto già non abbia fatto sinora e di mantenere un atteggiamento di radicale e totale indifferenza ed insofferenza nei confronti di qualsiasi voce diversa da quella espressa dalla maggioranza.

2) Art. 6 ( Azioni )

Viene proposto di inserire all’art. 6 un comma che così recita : “ Il Consiglio di Gestione, anche su richiesta di un numero di soci che rappresenti la metà della quota minima per la presentazione delle liste elettorali, può richiedere all’intermediario, con oneri a proprio carico, i dati identificativi degli azionisti che non abbiano espressamente vietato la loro comunicazione, unitamente al numero delle azioni registrate sui conti ad essi intestati” .

Tale proposta, se da me correttamente compresa, suscita non poche perplessità sul piano tecnico-giuridico. Premesso, infatti, che, quale piccolo azionista, avrei molto piacere di conoscere l’identità di tutti gli azionisti della Lazio e, in particolare, l’entità delle azioni da ciascuno di loro detenute, non essendo mai comparso, allo stato, nessun socio rilevante ( partecipazione superiore al 2% del capitale sociale), oltre quello di controllo e di comando, tuttavia, quale professionista non posso, come detto, esimermi dal formulare alcune riserve.

Non v’ è dubbio che, ai sensi della legge n.675/96 e, in particolare, del decr.lgs n.196/2003, quest’ultimo espressamente richiamato nella proposta di modifica statutaria integrativa del 5° comma, l’identificazione di un soggetto costituisce un dato personale e che l’acquisizione e la diffusione di elementi quali, nel caso di specie, l’entità di azioni possedute, costituiscono un trattamento di dati personali.

Ne consegue che, ai sensi della richiamata normativa, per poter legittimamente e lecitamente identificare i suddetti azionisti, rimasti ignoti in quanto non essendo soci rilevanti ( detenzione di un pacchetto azionario superiore al 2 % ), nessun obbligo di comunicazione avevano ed hanno verso la Consob e verso il mercato, nonché per conoscere l’entità delle azioni da essi possedute, è necessario, almeno a mio parere, che vi sia il loro preventivo, informato ed espresso consenso.

E’ ben vero, a questo proposito, che il 5° comma dell’art.6 , nel testo attuale e in quello integrato con il richiamo al decr, lgs n.196/2003, prevede che gli azionisti prestino il loro consenso al trattamento dei dati ed al trasferimento degli stessi da parte della Società ad enti ed autorità secondo quanto stabilito dalla statuto e da norme di legge o emanate dalla FIGC, ma ciò non consente, a mio avviso, di ritenere che questa disposizione possa essere interpretata come una sorta di delega in bianco alla Società ad acquisire, diffondere e trattare dati personali di ciascun azionista, in mancanza, almeno allo stato, di norme di legge o emanate dalla FIGC che espressamente prevedano in quali casi, con quali finalità ed a quali condizioni la Società possa farlo.

Se così interpretata, infatti, la disposizione statutaria correrebbe il rischio di essere considerata in contrasto con quanto stabilito dal provvedimento di legge richiamato al 5° comma dello statuto.

Provvedimento che, in assenza delle norme di legge o federali di cui in precedenza, rende legittime e lecite l’acquisizione, la diffusione ed il trattamento di dati personali solo previo, di volta in volta,informato ed espresso consenso dell’interessato.

Ne discende che,almeno secondo me, quanto previsto dalla proposta di modifica statutaria in discorso può trovare attuazione solo nel caso in cui l’intermediario ( in genere un Istituto di credito), richiesto dal Consiglio di Gestione o da un numero di soci che rappresenti almeno l’1,25% del capitale sociale, venga preventivamente ed espressamente autorizzato dal proprio cliente a fornire i dati identificativi che lo riguardano ed a comunicare l’entità delle azioni dalla stesso cliente possedute.

Autorizzazione che, sempre secondo me, non può essere implicitamente e tacitamente desunta dal fatto che il cliente non abbia previamente ed espressamente vietata all’intermediario tal genere di comunicazione, posto che la normativa in materia di protezione dei dati personali ( privacy) non contempla il silenzio quale assenso all’autorizzazione alla comunicazione, diffusione e trattazione di dati personali, dovendosi, invece, attribuire al silenzio l’effetto opposto ( silenzio – rifiuto).

Non penso, dunque, che l’intermediario possa accedere alla richiesta senza aver preventivamente acquisito una informata ed espressa autorizzazione da parte del proprio cliente ad accogliere la richiesta stessa.

Ma, a tacer d’altro, mi chiedo come la proposta di modifica statutaria di cui trattasi possa realizzarsi in concreto, tenuto conto che il Consiglio di Gestione o i soci rappresentanti almeno l’1,25 % del capitale sociale dovrebbero conoscere l’intermediario al quale rivolgere la richiesta : ma se è ignoto l’azionista come fa ad essere noto l’intermediario di cui egli si serva ed a cui rivolgere la richiesta ? A meno di non volere ammettere che ci si debba rivolgere indistintamente ed indiscriminatamente a pioggia a tutti gli intermediari esistenti.

3) Altre proposte di modifiche statutarie .

Su altre proposte di modifiche statutarie, poiché di tipo eminentemente formale, di conformazione a norme di legge nel frattempo intervenute o che interverranno e, comunque, almeno a mio parere, non sostanzialmente incidenti sull’attuale statuto, non ritengo di dovermi dettagliatamente soffermare.

Mi limito ad evidenziare che all’art. 3 , penultimo comma, viene proposto di specificare che tra le attività della Società và ricompresa la commercializzazione, diretta ed indiretta, di beni, oggetti, e prodotti recanti il marchio ed i segni distintivi della Lazio, nonché di svolgere attività editoriale anche nel settore radiofonico e televisivo: attività, queste ultime, peraltro già nel passato più volte preannunciate dall’attuale azionista di maggioranza e Presidente Consiglio di Gestione e che, a mio parere, sarebbero più consone agli scopi della controllata Società Marketing & Comunication srl.

Di qualche interesse, inoltre, soprattutto in chiave prospettica, può risultare la proposta ( art. 8 ) di conferire agli amministratori la facoltà di emettere obbligazioni convertibili in azioni, così come prevede l’art. 2420 ter C.C.

Ciò potrebbe precludere, sia pure solo in astratto ed in via del tutto ipotetica e potenziale, a futuri aumenti di capitale ed eventualmente, di conseguenza, a possibili mutamenti nell’odierno assetto azionario della Società. Segnalo, infine, come apprezzabili, le proposte di modifiche all’art. 13 che abbassano la soglia necessaria per poter ottenere la convocazione dell’Assemblea su richiesta dei soci da una rappresentatività del capitale sociale del 10% al 5 % . Questa più agevole possibilità per i soci di minoranza di ottenere la convocazione dell’assemblea su loro richiesta e su argomenti da loro indicati rende, peraltro, ancor più incomprensibile e contraddittoria la proposta di ridurre da 2 a 1 i rappresentanti effettivi della minoranza eleggibili nel Consiglio di Sorveglianza.

Avv. Massimo Rossetti

(responsabile area legale Federsupporter)

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