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lunedì 2 dicembre 2013

L’OPINIONE - Fabio Turrà: «Lo Juventus Stadium rischia una ulteriore squalifica»


L’incontro di calcio delle 18,30 di ieri sera tra la Juventus e l’Udinese doveva svolgersi con le cosiddette “curve” chiuse, la Nord e la Sud, dopo la squalifica dei due settori da parte del giudice sportivo Tosel, all'indomani della sfida casalinga della Juve con il Napoli, durante la quale i tifosi bianconeri avevano intonato cori di discriminazione territoriale contro i napoletani.

Bisogna considerare che tale sanzione era stata già comminata per gli ingiustificati cori contro i napoletani, in occasione di Juventus-Genoa, ma la sanzione era stata sospesa di un anno a patto che non venisse reiterata durante questo periodo: in caso contrario, la nuova sanzione si sarebbe sommata alla precedente.
Era stato evidenziato che intonare più volte quei cori "integra inequivocabilmente, senza la necessità di ulteriori approfondimenti, gli estremi del comportamento discriminatorio per origine territoriale, rilevante ai fini sanzionatori per dimensione e percettibilità".
La sanzione della chiusura dello stadio, o di suoi settori, è un’applicazione della opinabile (a mio modesto avviso deprecabile) regola della responsabilità oggettiva e risulta essere oltremodo odiosa per tutti quei tifosi ed appassionati che non partecipano ai cori o ad altri atti vietati dai regolamenti, ma soprattutto ai presidenti delle società, che vedono diminuire i loro incassi “da stadio” malgrado ogni loro sforzo di arginare il problema, tra l’altro mediante avvisi preventivi alla gara e/o durante lo svolgimento della stessa.
La sanzione della chiusura dello stadio, o di suoi settori ha però anche l’effetto di rendere silenzioso lo stadio, dunque privo dell’incitamento dei propri sostenitori e ciò può rivelarsi molto importante per le squadre che giocano in alcuni stadi “caldi”, dove il fattore “campo” ha la sua notevole importanza.
La Juventus, con un po’ di furbizia, ha tentato di ovviare a questo aspetto che avrebbe potuto rendere meno aggressiva la propria squadra, senza la forza di incitamento del proprio tifo, riempendo i settori squalificati con tanti bambini minori di 13 anni (pare che siano stati un numero compreso tra 12.000 e 14.000): ebbene, ciò che si è verificato ha dell’incredibile! Gli “innocenti” bambini intervenuti, ad ogni rinvio del portiere dell'Udinese Brkic, intonavano il coro "m…" e non sono mancati pesanti insulti all'arbitro ed ancora una volta, guarda caso, “noi non siamo napoletani”.
Di tanto si sono accorti non solo, in diretta nel corso della telecronaca su Sky Sport 1 di Juventus-Udinese, il cronista Maurizio Compagnoni e l'opinionista e commentatore Giancarlo Marocchi, che hanno detto: "Crescono bene sin da piccoli i tifosi bianconeri", ma anche coloro che hanno commentato ieri sera i servizi mandati in onda sulle varie reti pubbliche.
Dunque un po’ tutti si sono accorti della inadeguatezza dei cori e del deprecabile atteggiamenti dei piccoli “tifosi”, ma se ne accorgerà anche il Giudice Sportivo? Potrà squalificare nuovamente i settori incriminati? Credo proprio che dovrebbe farlo, visto che è stata proprio la società Juventus ad ideare l’iniziativa a proprio vantaggio, come sopra evidenziato, chiedendo l’autorizzazione all’osservatorio del Viminale ed ottenendo parere favorevole dalla Figc ed anche dalla Lega Calcio, tanto da far anticipare la gara con l'Udinese, prevista per le 20,45, alle 18,30. Dunque, stando al regolamento, dovrebbe essere ancora la Juventus a rispondere – per responsabilità oggettiva – dell’operato dei propri sostenitori, seppur ancora in erba.
Fabio Turrà
Avvocato, esperto di diritto sportivo

martedì 27 agosto 2013

Le "delizie" della sanità napoletana in agosto


Ho avuto la sventura di dover usufruire del pronto soccorso di alcuni ospedali napoletani per un tappo di cerume alle orecchie. Lunedì 12 agosto sono andato con la mia fidanzata al Secondo Policlinico e mi hanno rinviato al Cardarelli: qui mi è stato detto che non c'era l'otorino e che dovevo rivolgermi al Vecchio Pellegrini. Giunto in quest'ultimo ospedale, mi sono reso conto dello stato in cui versa la sanità campana. I locali del pronto soccorso erano in ristrutturazione e le prestazioni d'urgenza erano svolte in alcuni locali di fortuna al pianterreno: l'accettazione era costituita da due tavoli con due pc in mezzo a un corridoio. Non c'era personale amministrativo: alcune dottoresse svolgevano in modo quasi eroico le funzioni di accettare i pazienti e di assisterli, assieme ad altri colleghi. Mi hanno indirizzato all'ambulatorio dell'otorino al quarto piano: mi ha visitato quasi subito diagnosticandomi il tappo di cerume. Poiché ero in codice bianco, mi ha spiegato non avevo diritto alla risoluzione immediata del mio problema di salute. In seguito, all'accettazione mi consegnano una ricevuta recante la "modica" cifra di 50 euro da pagare solo per la visita: si badi bene, soltanto in posta oppure alla cassa dell'ospedale, poiché altri mezzi di pagamento non sono consentiti. Per togliere il tappo dovevo andare dal medico curante e farmi preparare la prescrizione per l'ambulatorio. Considerati i lunghi tempi ospedalieri, ho cercato un otorino privato: ma sono tutti in vacanza, dovrò aspettare sino a settembre. Morale: meglio non ammalarsi in agosto, o perlomeno, occorre avere una patologia da codice rosso per essere presi in considerazione. 
Marco Liguori

giovedì 18 luglio 2013

FEDERSUPPORTER - Il caso ZARATE: un tentativo per cercare di capirci qualcosa


Come è noto, è attualmente in corso un procedimento arbitrale, su ricorso del calciatore Mauro Zarate, con il quale quest’ultimo chiede la risoluzione anticipata del contratto che lo lega alla Lazio perché la Società lo avrebbe emarginato dal resto della prima squadra.

Si è appreso, nei giorni scorsi, da notizie di stampa, che il suddetto giocatore, indipendentemente dall’esito del sopracitato procedimento arbitrale, si riterrebbe comunque libero dal contratto con la Lazio ai sensi del Regolamento FIFA sullo status e sui trasferimenti internazionali dei calciatori.

Ciò premesso, secondo quanto riportato ieri, 17 luglio, in un articolo di Fabrizio Patania su “Il Corriere dello Sport” , pag. 12, sembra che Zarate, per risolvere anticipatamente il contratto con la Lazio, si sia avvalso, non dell’art. 15 ( Risoluzione del Contratto per Giusta Causa Sportiva), bensì dell’art. 14 ( Risoluzione del contratto per giusta causa) del Regolamento FIFA.

Art. 14 che, indipendentemente dalla giusta causa sportiva di cui all’art. 15 ( disputa di meno del 10% delle gare ufficiali a cui partecipa la società di appartenenza e recesso dal contratto nei 15 giorni successivi all’ultima gara ufficiale della stagione disputata dalla predetta società), prevede la possibilità di risolvere il contratto, senza incorrere in alcuna conseguenza ( corresponsione di indennità e sanzioni sportive), ove sussista una qualunque giusta causa di recesso, non ricompresa in quella specifica ( giusta causa sportiva) ex art. 15 .

Il motivo dell’asserita scelta effettuata dal calciatore viene indicato nell’articolo di stampa citato nelle affermate mancanza del requisito della disputa di meno del 10% delle gare ufficiali e della comunicazione del recesso entro il termine di 15 giorni successivi all’ultima gara ufficiale ( 26 maggio) disputata dalla Lazio.

Le conseguenze della risoluzione del contratto senza giusta causa sono contemplate dall’art. 17, il quale stabilisce che la parte che risolve il contratto senza giusta causa deve corrispondere all’altra una indennità “ calcolata nel dovuto rispetto delle leggi nazionali vigenti, della specificità dello sport e di tutti i criteri oggettivi del caso. Tali criteri comprendono : la remunerazione ed altri benefici dovuti al giocatore ai sensi del contratto esistente e/o del nuovo contratto, la durata del tempo rimanente nel contratto esistente fino ad un massimo di 5 anni, l’importo di qualsiasi quota e spesa pagate o contratte dalla vecchia Società ( ammortamento nel corso della durata del contratto), e se la risoluzione avviene durante un periodo protetto (ndr nel corso della stagione ) “.

Nel caso in cui la risoluzione del contratto priva di giusta causa, ove il recesso sia stato comunicato successivamente alla conclusione della stagione sportiva ( periodo protetto), ciò esclude, a parte la corresponsione dell’indennità, l’imposizione di sanzioni sportive a carico della parte recedente.

Nel caso, poi, che il recesso risultato privo di giusta causa sia stato comunicato dopo i 15 giorni successivi all’ultima partita ufficiale della stagione, inclusa la Coppa nazionale, disputata dalla società presso la quale il calciatore è tesserato, potranno essere applicate misure disciplinari a carico di quest’ultimo.

L’art. 22 ( Competenza della FIFA) prevede, altresì, che la FIFA, senza pregiudizio per il diritto di un calciatore o di una società di adire un Tribunale Civile Nazionale per una controversia relativa ad un rapporto di lavoro, è competente per le controversie fra società e calciatori in relazione al
mantenimento della stabilità contrattuale ( art. 13-18), se c’è reclamo di una parte interessata in relazione a questa richiesta, in particolare con riferimento alla sua emissione, alle sanzioni sportive o all’indennità per la rottura del contratto.

Secondo l’art. 23, la giurisdizione sulle questioni di cui sopra è della Camera per la Risoluzione delle Controversie (CRC) che, di regola, deve giudicare entro 30 giorni dal ricevimento di una richiesta valida. La CRC, nel prendere le proprie decisioni, oltre ad applicare il Regolamento,
prende in considerazione tutte le disposizioni rilevanti, le leggi e/o gli accordi collettivi esistenti a livello nazionale, così come la specificità dello sport.

Resterebbe, inoltre, aperta la via per la società di adire il Tribunale Civile Nazionale per la controversia relativa al rapporto di lavoro, ma, in questo caso, un’eventuale decisione del Tribunale adito a favore della società stessa non avrebbe, comunque, conseguenze sul piano sportivo,bensì solo su quello civilistico ( risarcimento dei danni).

A questo punto, però, si pone il dubbio che, nella fattispecie, vi sia la competenza della FIFA a giudicare circa l’esistenza della giusta causa, in quanto l’art. 22, comma 1, lettera b, relativamente alle “ controversie tra società e calciatori in materia di rapporti di lavoro, che abbiano una dimensione internazionale”, esclude tale competenza, qualora sia “ istituito a livello nazionale un collegio arbitrale autonomo che garantisca un procedimento giusto ed il rispetto del principio dell’eguale rappresentanza dei calciatori e delle società nell’ambito della Federazione e/o di un accordo collettivo”.
Si dovrebbe, pertanto, concludere, alla luce di questa disposizione, che, nel caso in esame, a decidere circa l’esistenza, oppure no, di una giusta causa, non sia la FIFA, bensì il Collegio Arbitrale adito da Zarate.
Osservo che, se ciò fosse vero, il Collegio dovrebbe, comunque, attenersi, in ordine alle conseguenze dell’eventuale accertata mancanza di giusta causa, alla normativa FIFA circa tali conseguenze, in precedenza descritte, previste da detta normativa ( art. 17 ).
L’ordinamento sportivo della FIFA è, infatti, sovraordinato a quelli nazionali e, quindi, le disposizioni in esso contemplate integrano, qualora carenti, i secondi o vi si sostituiscono in caso di contrasto.
Il contratto, perciò, anche nell’eventualità di accertamento da parte del Collegio dell’assenza di una giusta causa, resterebbe risolto, dovendosi limitare il Collegio stesso a determinare l’indennità in favore della società, secondo i criteri di cui all’art. 17, mentre, per quanto riguarda l’imposizione di misure disciplinari nei confronti del calciatore, nel caso in cui il recesso privo di giusta causa fosse stato comunicato dopo i 15 giorni successivi all’ultima gara ufficiale disputata dalla Società, quest’ultima, a mio avviso, dovrebbe rivolgersi alla FIFA.

Così come, parimenti, la Società dovrebbe rivolgersi alla FIFA per richiedere che, sempre nel caso di accertata mancanza di giusta causa, vengano sanzionate le persone( dirigenti di società, agenti dei calciatori, etc.) che avessero agito in maniera da indurre alla risoluzione contrattuale immotivata un calciatore e una società per facilitarne il trasferimento ( art. 17, comma 1, punto n.4).

La giusta causa generica di cui all’art. 14 può consistere in gravi inadempienze da parte della società, quali, a titolo esemplificativo: mancati pagamenti di retribuzione, mobbing, peggioramento delle mansioni e condizioni lavorative, comportamenti ingiuriosi.

Quanto, poi, all’eventuale rinuncia da parte del giocatore agli atti del procedimento arbitrale, poiché il Regolamento di tale procedura previsto dall’Accordo Collettivo per i Calciatori dispone che, in via sussidiaria alle norme del Regolamento stesso, si applicano quelle del Codice di Procedura Civile ( CPC), secondo l’art. 306 di quest’ultimo, l’estinzione del processo per rinuncia agli atti del giudizio deve essere accettata da tutte le parti costituite che abbiano interesse alla sua prosecuzione.

Pertanto, l’eventuale rinuncia di Zarate al procedimento arbitrale, per poter conseguire l’estinzione di quest’ultimo, dovrebbe essere accettata dalla Lazio, potendo essa, invece, rifiutarla, avendo interesse alla prosecuzione del suddetto procedimento ( lodo che accerti l’inesistenza di comportamenti atti ad emarginare il giocatore).
A proposito di giusta causa, sempre da notizie attinte da organi di informazione, sembrerebbe che la Lazio non abbia corrisposto alcuni emolumenti al giocatore e che l’Avvocato che assiste la Società abbia replicato , sostenendo che, se ciò è avvenuto, è “perché lui ha smesso di allenarsi“ ( cfr. “La Gazzetta dello Sport”, 16 luglio 2013).

Al riguardo, l’art. 11 del CCNL per i calciatori prevede,tra i provvedimenti disciplinari applicabili da parte delle società, da graduarsi in relazione alla gravità dell’inadempimento, la riduzione della retribuzione.

Questa sanzione non può, però, essere comminata direttamente dalla società, così come l’esclusione temporanea dagli allenamenti, dovendo, previa contestazione scritta al calciatore degli addebiti, essere proposta al Collegio Arbitrale che, a propria volta, decide se comminare, oppure no, la sanzione proposta.

Ne consegue che l’eventuale mancato pagamento di compensi al calciatore, quale sanzione disciplinare, come, nel caso in esame, per aver smesso di allenarsi, al di fuori della procedura sopra illustrata, deve ritenersi illegittimo, costituendo una violazione dell’art. 5 (Pagamento delle retribuzioni) del suddetto CCNL e potendo, quindi, integrare, di per sé, una giusta causa di risoluzione anticipata del contratto da parte del giocatore.

Per concludere, in attesa degli esiti della complessa vicenda, si può, però, dire, sin d’ora, che, nella fattispecie, non sembra che gli interessi economici della Lazio siano stati prudentemente e adeguatamente salvaguardati.

Quanto sopra se si pensa che, nella sessione di mercato di gennaio del corrente anno, il calciatore avrebbe potuto probabilmente essere ceduto per 5-4 milioni di euro , anziché per i 10-8 milioni pretesi dalla Lazio, evidentemente non rispondenti alla quotazione di mercato di un giocatore non utilizzato, escluso dagli allenamenti con la prima squadra e ormai prossimo alla scadenza naturale ( 30 giugno 2014) del contratto.

Si tenga presente che, tra costo di acquisizione, compensi per intermediazione ed emolumenti lordi al calciatore, Zarate ha comportato finora per la Società un investimento complessivo di circa 45 milioni di euro.
Avv. Massimo Rossetti, Responsabile dell’Area Giuridico-Legale Federsupporter


martedì 23 aprile 2013

Federsupporter aveva anticipato l'intervento Agcom sui problemi dei diritti tv nel calcio


L’intervento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sui diritti televisivi: i nodi vengono al pettine. Le proposte di Federsupporter

(Avv. Massimo Rossetti, Responsabile dell’Area Giuridico-Legale)

Tutti gli organi di informazione, sportivi ed extrasportivi, hanno dato e stanno dando ampio risalto all’intervento in oggetto. Se avessero prestato qualche attenzione a FEDERSUPPORTER, avrebbero potuto cogliere, sin dal 2011, l’essenza delle questioni oggi poste dall’Autorità (AGCOM).

In una mia nota del 6 giugno 2011, intitolata” Uno tsunami sui diritti televisivi” ( ved. www.federsupporter.it), di commento alla sentenza del Consiglio di Stato dell’aprile-maggio dello stesso anno, nel ricostruire i fatti e la storia delle vicende che avevano portato a quella sentenza ( tutto nasceva da una controversia sorta nel 2009 circa la cessione dei diritti televisivi per i campionati di calcio di Serie A e B , relativamente alle stagioni sportive 2010/2011 e 2011/2012), avevo evidenziato alcuni aspetti salienti.

Più precisamente, che il Consiglio di Stato, definitivamente pronunciando, aveva confermato che l’attribuzione dei diritti televisivi, così come allora effettuata dalla Lega, era da considerarsi illegittima anche nel merito, in quanto restrittiva della concorrenza e idonea a produrre effetti negativi sui consumatori ( i tifosi), inducendo a prezzi di fruizione dei contenuti televisivi più elevati e a una inferiore varietà e qualità dell’offerta.

A questo proposito, ritenendo ingenuamente che, alla luce della richiamata sentenza, le Leghe Calcio, in particolare quella di Serie A, avrebbero tenuto conto di quanto stabilito dalla sentenza stessa, ai fini della futura spartizione dei ricavi da diritti televisivi, sottolineavo che, determinandosi una maggiore concorrenza e, quindi, minori costi per i tifosi consumatori di spettacoli calcistici televisivi, con conseguenti minori entrate per le società a tale titolo, queste ultime avrebbero dovuto basare le loro strategie su politiche volte a riportare i tifosi negli stadi.

Le presenze allo stadio erano e sono, soprattutto in serie A, drammaticamente in calo (diminuzione del 6,5% nella stagione 2011/2012 rispetto alla stagione 2010/2011, con costante decremento dalla stagione 2009/2010. Dato tratto da “ Report Calcio 2013” della Arel per la FIGC).

Nulla di tutto ciò: tanto è vero che le società di calcio, in specie appartenenti alla Serie A, hanno continuato e continuano, imperterrite, con la scusa ed il comodo alibi della mancata approvazione di una legge sugli stadi, a vivere essenzialmente grazie ai diritti televisivi ed alle famigerate plusvalenze da cessione delle prestazioni dei calciatori, mentre i ricavi da stadio rappresentano appena un insignificante 9 % del totale dei ricavi ( dato tratto da “Report Calcio 2013” ) .
Con una mia successiva nota dell’11 ottobre 2011 ( ved. www.federsupporter.it), davo notizia, commentandola, di una sentenza in data 4 ottobre dello stesso anno della Corte di Giustizia Europea sulle trasmissioni audio-visive delle gare di calcio con, in prospettiva, effetti ancora più sconvolgenti sulla commercializzazione dei diritti televisivi.

Dalla sentenza traevo tre punti chiave :

1)    La legittimità e liceità della commercializzazione e dell’uso in tutti i Paesi membri della UE di dispositivi di decodificazione di trasmissioni televisive fabbricati e/o commercializzati con l’autorizzazione di un Ente televisivo di uno dei suddetti Paesi ;

2)    La violazione di norme comunitarie sulla concorrenza da parte di clausole di contratti di licenza per la trasmissione di partite di calcio vietanti ad Enti radio-televisivi di fornire impianti di decodificazione che permettano l’accesso a tali trasmissioni anche al di fuori della zona geografica oggetto dei suddetti contratti di licenza;

3)    L’inesistenza della tutela del diritto di autore relativamente agli incontri di calcio e della tutela accordata dal diritto comunitario nell’ambito della proprietà intellettuale, non potendo tali incontri essere considerati creazione intellettuale, essendo disciplinati dalle regole del giuoco che non lasciano margini per la libertà creativa.

Nelle Conclusioni della mia citata nota, ribadendo l’esigenza per le Istituzioni sportive e per le società di calcio di adottare politiche volte ad incentivare la partecipazione diretta del pubblico alle gare, affermavo: «Ancora una volta, dunque, appare vieppiù necessario ed urgente che, anche grazie all’attività ed all’opera portate avanti e che saranno perseguite da FEDERSUPPORTER, si realizzi, si rafforzi e si sviluppi nei consumatori, diretti ed indiretti, di spettacoli sportivi la coscienza, la consapevolezza e l’esigenza di unirsi per far valere i propri diritti ed interessi, pretendendo il più scrupoloso e rigoroso rispetto di quanto, sia il diritto comunitario sia quello nazionale, già riconoscono e dovranno riconoscere loro, in conformità ed in coerenza con un mercato ed una concorrenza sempre più aperti e liberi».

In linea di continuità con l’attenzione sempre prestata agli argomenti fin qui trattati, peraltro nella più totale disattenzione agli stessi da parte del mondo sportivo, in specie di quello calcistico c.d.” maggiore” e nel più assordante silenzio della generalità dei mass media, il libro “ L’impresa sportiva come impresa di servizi: il supporter-consumatore”, di cui sono coautore insieme con l’amico Alfredo Parisi e che è stato ufficialmente presentato al pubblico ed alla stampa il 10 aprile scorso a Roma, presso l’Hotel Valadier, si apre con una proposta di legge che, ad integrazione del Codice del Consumo, prevede una specifica disciplina del rapporto di consumo sportivo e l’istituzionalizzazione della figura del consumatore sportivo.

Aggiungasi che il libro dedica l’intero Capitolo 6 , pagg. 66-81, ai bacini di utenza e ad aspetti interpretativi ed applicativi della legge ( c.d.”legge Melandri”) sui diritti televisivi, nonché, nelle Appendici, da pag. 193 a pag 205, contiene due specifici documenti che, pure, si occupano della materia .

E’ evidente, pertanto, che l’odierno intervento della AGCOM non può suscitare meraviglia né può essere considerato improvviso ed inaspettato.

Come si è visto, infatti, esso ha un nutrito e solido retroterra giuridico, oltreché socio-economico.

I caposaldi di tale intervento sono quelli, storicamente propri della normativa comunitaria e nazionale,della tutela della concorrenza, del favore verso tutte quelle pratiche che incentivano la competizione e premiano il merito, anziché incoraggiare e premiare le rendite di posizione.

Ma quello che, almeno dal punto di vista di FEDERSUPPORTER, più preme mettere in risalto del suddetto intervento è l’enucleazione e la tipizzazione della figura del tifoso-consumatore, come tale titolare di ben precisi diritti ed interessi degni di tutela e non, come sino ad oggi prevalentemente considerato, come mero destinatario di prescrizioni, obblighi, restrizioni, divieti e come “utile idiota” da spremere economicamente il più possibile e da utilizzare come obbediente “ claque”, pagante e non pagata, negli stadi.

E,sotto questo profilo, la strada aperta da FEDERSUPPORTER, insieme con il CODACONS, con le ormai storiche sentenze del Consiglio di Stato e del TAR del Lazio sulla illegittimità dell’inscindibilità della tessera del tifoso da carte di credito ricaricabili, proprio sull’assunto che il tifoso è un consumatore, sta dando i suoi frutti, come è dimostrato da una recente sentenza del Tribunale Civile di Torino, che mi riservo di commentare più in dettaglio, e che, per l’appunto sulla base delle norme poste a tutela del consumatore, ha sancito la nullità di clausole contrattuali relative all’acquisto di abbonamenti a gare di calcio escludenti la responsabilità della società venditrice, qualora la gara non possa disputarsi o venga spostata o non ne sia consentito l’accesso agli spettatori ( il caso degli abbonamenti del Cagliari è, da questo punto di vista, eclatante e paradossale) .

Né sorprende più di tanto che alcuni”signori” o “ signorotti” del pallone ( ma, in questo caso, più che “ del”, direi, “nel” pallone) abbiano fatto o facciano mostra di volersi impipare dell’intervento dell’AGCOM, attribuendo ad esso nessuno o scarso valore.

Così come, da parte dei medesimi personaggi, si ignora o si finge di ignorare che l’autonomia e la specificità accordate dall’ordinamento statale a quello sportivo si basa sulla riconosciuta dimensione sociale dell’attività sportiva, con la conseguenza che non si possono privatizzare i diritti ed i vantaggi derivanti da tale attività e socializzarne i doveri e gli oneri.

D’altra parte, se fosse vero che i ricavi da diritti televisivi fossero “ cosa loro”, non si comprende allora per quale motivo vi sarebbe stata la necessità di una legge per stabilirne i criteri di ripartizione.

Allo stesso modo, tali personaggi ignorano o fingono di ignorare che, tra i compiti, le prerogative ed i poteri delle Autorità indipendenti, vi è quello di sollecitazione e proposta al Parlamento ed al Governo.

D’altronde, tutto il background in precedenza ricordato in materia di diritti televisivi e di tutela dei diritti e degli interessi dei tifosi, quali consumatori, lascia chiaramente trasparire che l’odierno monito della AGCOM ha natura e caratteristiche analoghe a quelle che hanno le sentenze additive di principio della Corte Costituzionale : laddove quest’ultima, anziché procedere subito alla declaratoria di incostituzionalità di una legge, preferisce indicare espressamente al legislatore quali misure prendere allo scopo di rendere costituzionalmente legittima la legge stessa.

Ma, indipendentemente dal fatto che il legislatore vorrà o non vorrà tenere conto del monito dell’AGCOM, resta, pur sempre, aperta la via giudiziaria alla soluzione dei problemi sollevati dall’Autorità.

Dai rilievi mossi da quest’ultima si evince, infatti, come la normativa sui diritti televisivi, così come è oggi, confligge, non solo con la normativa interna sulla concorrenza e sul mercato, ma, anche, anzi, soprattutto, con quella comunitaria .

Laddove, stante il principio di prevalenza della seconda sulla prima, il giudice italiano, ove adito per accertare tale conflitto e ove accertatolo, dovrà disapplicare le norme nazionali in contrasto con quelle comunitarie.

Resterebbe, in ogni caso, aperta anche la via del ricorso alla Corte di Giustizia Europea.

FEDERSUPPORTER, d’intesa ed in unione con il CODACONS, si riserva, pertanto, in specie qualora il monito dell’AGCOM rimanesse inascoltato, di esaminare ogni più opportuna iniziativa onde pervenire alla migliore tutela dei diritti e dei legittimi interessi dei sostenitori, quali consumatori, relativamente alla normativa sui diritti televisivi e non solo.

Nel contempo, FEDERSUPPORTER e CODACONS hanno già attivato nei giorni scorsi iniziative giudiziarie dinanzi al TAR della Lombardia ed al TAR del Lazio, nell’un caso, per far valere il rispetto di principi di legalità, ad avviso delle ricorrenti, violati in occasione delle recenti elezioni per il rinnovo delle cariche della Lega Calcio di Serie A e, nell’altro, per far valere la rilevanza dei tifosi anche nell’ordinamento sportivo e l’effettivo funzionamento della giustizia sportiva secondo principi e criteri di assoluta imparzialità e terzietà.

L’autonomia dell’ordinamento e della giustizia suddetti non possono, infatti, essere confusi con l’autoreferenzialità, la domesticità, l’incertezza, la difformità e la saltuarietà, interpretative ed applicative, delle norme pure dettate dallo stesso ordinamento e dalla stessa giustizia, a seconda e in funzione, spesso, degli interessi e dei desiderata di questa o quella società e/o , molto personali, di questo o quello dei padroni di tali società.

Ma veniamo, ora, ad una analisi più dettagliata della Segnalazione inviata dall’AGCOM ai Presidenti del Senato, della Camera, del Consiglio dei Ministri e ai Ministri per lo Sviluppo Economico e per gli Affari Regionali, il Turismo e lo Sport.

Con riferimento ai criteri di ripartizione delle risorse, l’Autorità, nel ribadire quanto già affermato nell’Indagine conoscitiva IC27 sul Settore del Calcio Professionistico,sostiene che “ la quota dei proventi destinata ad essere ripartita sulla base dei risultati sportivi conseguiti debba essere sufficientemente significativa, nell’ottica di tutelare, attraverso l’adozione di un sistema meritocratico, l’incentivo delle squadre ad effettuare buone prestazioni”.

Così, poi, l’Autorità prosegue “ I profitti realizzati dai Club calcistici sono strettamente dipendenti dalla competizione sportiva, nel senso che nell’ipotesi in cui questa sia più intensa, in virtù di un maggiore equilibrio tra le squadre, i fruitori dell’evento sportivo avranno certamente maggiore interesse ad acquistare il bene, rappresentato proprio dall’evento sportivo”.

E, ancora “ La stessa teoria economica ha ampiamente rilevato come i profitti di una società sportiva dipendano dalla competitività dei concorrenti, atteso che - dal punto di vista dei tifosi consumatori- un evento sportivo ha una maggiore attrattiva in quelle ipotesi in cui si ha un maggiore equilibrio tra i competitor. Infatti, soltanto se vi è equilibrio tecnico tra le squadre che prendono parte ad un campionato vi può essere incertezza in merito al risultato, la quale comporta, a sua volta, una maggiore attrattività delle competizioni sportive”.

Affermazioni che mettono al centro dell’attività sportiva proprio quella figura di tifoso-consumatore enucleata e tipizzata da FEDERSUPPORTER ( ved. la evocata proposta di legge) e che, viceversa, almeno finora, le Istituzioni sportive e le società di calcio hanno colpevolmente trascurato e messo ai margini.

Inoltre, l’Autorità sottolinea come gli attuali criteri di ripartizione, anziché premiare il merito sportivo, premiano la storia, risalente a partire dal 1946/1947, nonché il numero stimato degli spettatori ( bacino d’utenza); criteri che sfuggono ad una logica meritocratica.

Come a dire, in altre parole, e come già precedentemente rilevato,che l’attuale sistema favorisce rendite di posizione già acquisite, addirittura ormai da tempi lontanissimi e non incoraggia di certo le società ad effettuare appropriati investimenti per migliorare i loro risultasti sportivi e per offrire ai propri tifosi spettacoli migliori e più appaganti, potendo, in pratica, le stesse società o alcune di esse campare di rendita.

Quanto, infine, alla “ mancanza di terzietà” del soggetto preposto alla determinazione dei criteri di ripartizione delle risorse, assolutamente illuminanti sono le seguenti parole dell’Autorità .

La Lega, in quanto composta da organi in cui siedono esponenti delle singole squadre, non rappresenta il soggetto nella posizione migliore per dettare le regole di ripartizione delle risorse, posto che talune società potrebbero trovarsi nella condizione di influenzare a loro vantaggio tali scelte. La ripartizione dei proventi derivanti dalla vendita dei diritti televisivi, indipendentemente dallo specifico meccanismo di commercializzazione adottato, dovrebbe quindi essere effettuata da un soggetto avulso dagli interessi economici delle società di calcio, e realizzata nell’ottica di garantire la necessaria flessibilità e competitività dell’intero sistema calcistico”.

Conseguentemente, l’AGCOM auspica “L’individuazione di un soggetto terzo per stabilire la ripartizione delle risorse derivanti dalla vendita dei diritti audiovisivi al fine di garantirne una maggiore equità ed imparzialità”.

Da queste considerazioni si evince che gli attuali criteri di ripartizione delle risorse non sono né “equi” né “imparziali” e ciò viene attribuito al fatto che, così come già evidenziato al punto 200 della Indagine IC27 e come sopra già riportato,“ Le Leghe, in quanto composte da organi in cui siedono esponenti delle singole squadre, non sono nella posizione migliore per dettare le regole di ripartizione delle risorse, posto che talune società potrebbero trovarsi nella condizione di influenzare a loro vantaggio tali scelte”.

Affermazioni che riconducono immediatamente alla causa di ineleggibilità a Presidente della Lega Calcio di Serie A del Dr. Maurizio Beretta, di cui al ricorso presentato da FEDERSUPPORTER e dal CODACONS al TAR della Lombardia, per evidente conflitto di interessi, in quanto dirigente apicale di un socio rilevante e determinante di una singola società e, quindi, certamente in grado, sia pure solo potenzialmente ed apparentemente, di influenzare, a vantaggio di tale società, le scelte della stessa Lega.

Per parte sua, FEDERSUPPORTER, nel condividere pienamente che la determinazione dei criteri di ripartizione delle risorse derivanti dai diritti televisivi sia attribuita ad un soggetto caratterizzato dal requisito della terzietà, propone che, a tal fine, venga costituito, nell’ambito della Presidenza del Consiglio dei Ministri, un Organismo ad hoc, analogo, circa i criteri di composizione e le modalità di funzionamento, all’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive, costituito nell’ambito del Ministero dell’Interno e che, in materia di sicurezza, ha dato ottimi risultati.

In tale Organismo dovranno essere presenti tutte le componenti del mondo dello sport, in particolare la componente costituita dai tifosi-consumatori, rappresentata da FEDERSUPPORTER, quale Ente esponenziale dei diritti collettivi e degli interessi diffusi di tali tifosi.

Quanto sopra, anche alla luce, ove ancora ve ne fosse bisogno, delle chiare e nette considerazioni di cui alla Segnalazione dell’ AGCOM circa la centralità e la rilevanza della figura del tifoso-consumatore; figura che, invece, anacronisticamente e irragionevolmente, le Istituzioni e le società sportive continuano a voler considerare “ irrilevante”
Avv. Massimo Rossetti
Responsabile area legale Federsupporter

Dopo la Roma, uno sceicco anche per la Lazio?


 Comunicato Federsupporter
Dopo la Roma, uno sceicco anche per la Lazio?
Con riferimento alla notizia diffusa dal quotidiano “La Repubblica”, edizione romana, con articolo a firma di Giulio Cardone, ripresa da vari siti web ed emittenti radiofoniche che si occupano della Lazio, circa un’asserita offerta di 80 milioni di euro per l’acquisizione del 66,692% delle azioni della Società, al fine di evitare vicende simili a quelle che si sono già verificate nel caso della Roma, Federsupporter, primo sindacato di tutela dei tifosi di società sportive, ha chiesto, in data odierna, con il fax che si pubblica, l’intervento della Consob. Si allega in calce alla presente il testo.


Roma, 22 aprile 2013
 
Spett.le CONSOB
 
Divisione Emittenti
Ufficio Controlli Societari
Fax: 06 8477519
 
Divisione Mercati
Ufficio Informazione Mercati
Fax: 06 8416703
 Via G.B. Martini, 3
00198 Roma
Oggetto: Diffusione di notizie circa un’offerta per l’acquisizione del pacchetto azionario di maggioranza della SS Lazio Spa.
La scrivente Associazione, in nome e per conto dei propri soci, piccoli azionisti della SS Lazio Spa, espone e chiede quanto segue.
Sul quotidiano “La Repubblica”, edizione romana, è comparso un articolo, a firma di Giulio Cardone, nel quale si afferma che un facoltoso imprenditore saudita sarebbe interessato all’acquisizione del 66,692% delle azioni della predetta Società, mediante un’offerta di 80 milioni di euro.
Tale notizia, peraltro, è stata ripresa e riportata da numerosi siti web ed emittenti radiofoniche che si occupano della Lazio.
Ciò premesso, poiché la notizia in questione ha natura di informazione privilegiata, ai sensi dell’art. 181 del vigente Testo Unico in materia di Intermediazione Finanziaria (TUF), che, una volta resa pubblica, può influire in modo sensibile sul prezzo delle azioni della Lazio, si chiede a codesta Commissione di volersi immediatamente attivare, affinché l’emittente quotata e i soggetti che la controllano comunichino ufficialmente, senza indugio, agli azionisti e al mercato, ai sensi dell’art. 114 del TUF, se tale notizia risponda al vero, oppure sia destituita di fondamento.
Nel contempo, si chiede a codesta Commissione di voler verificare, ai sensi e per gli effetti dell’art. 187 ter del TUF, se vi sia stata eventuale diffusione di informazioni, voci o notizie false o fuorvianti, tali da fornire o suscettibili di fornire indicazioni false ovvero fuorvianti in merito al titolo Lazio che, in data odierna, all’apertura dei mercati, ha registrato un valore di 0,40 euro per azione.
Distinti Saluti
Il Presidente
Dr. Alfredo Parisi

martedì 9 aprile 2013

Effetto Sirtaki sui titoli di Stato italiani


Questo articolo trae spunto da uno scambio di opinioni con Marco Liguori, giornalista, e Mario Galli, autore del sito Mercati e Futuro; a loro va il mio ringraziamento per avermi stimolato ad approfondire l’argomento.
A partire da quest’anno i risparmiatori che hanno investito in titoli di Stato potrebbero essere soggetti a una decurtazione di capitale esattamente come è successo in Grecia e senza nemmeno saper chi ringraziare.
Questo è l’effetto del decreto 96717 del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che non fa altro che riprendere una norma del Trattato di Istituzione del Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM) sottoscritto dai 17 paesi dell’Eurozona.
Ma cosa si dice in questo decreto e per quale motivo è rimasto sinora pressoché ignorato dagli organi di informazione?
La ragione di tanto silenzio può ritrovarsi nel cambio di paradigma a cui è soggetto l’investimento in titoli di Stato, finora ritenuti fra gli investimenti più sicuri. In pratica dall’1 gennaio 2013 tutte le emissioni di titoli di Stato italiani con durata superiore a un anno sono soggetti a delle Clausole di Azione Collettiva (CACs), con quale effetto?
Queste Clausole prevedono che i termini e le condizioni dei titoli di Stato possono essere modificati mediante un accordo tra l’Emittente (lo Stato o Ente collegato) e una percentuale di detentori (gli investitori). Le percentuali sono a seconda dei casi 75%, 66 e 2/3%, e in alcune occasioni 50%; una volta raggiunte tali percentuali le modifiche di termini e condizioni si applicano a tutti i detentori.
Vediamo le modifiche possibili, almeno le più rilevanti:
  • La data dei pagamenti di cedole o rimborsi. Ad esempio: il titolo scade nel 2017? La scadenza viene spostata al 2022. Slittamento possibile anche per le cedole periodiche.
  • La riduzione dei pagamenti e del rimborso. Ad esempio: il titolo valeva 1.000 euro? Ne verranno rimborsati solo 500. Stesso discorso per le cedole periodiche.
  • Il cambio del metodo per calcolare i pagamenti. Ad esempio: il titolo dava un rendimento connesso all’inflazione? Verrà corrisposta solo una frazione della rivalutazione derivante dal variare del costo della vita, oppure non verrà corrisposta affatto.
  • Il cambio della valuta e del luogo di pagamento. Ad esempio: il titolo era emesso in euro? Può essere rimborsato in lire, naturalmente nemmeno il valore di cambio costituisce una certezza.
  • La modifica della seniority. In pratica l’ordine di preferenza con cui il titolo viene rimborsato rispetto ad altri creditori.
Il decreto si addentra in una serie di tecnicalità, ma la sostanza in definitiva è che tutti i titoli di Stato con durata superiore a un anno emessi a partire dal 2013 possono essere modificati a piacere al fine di rispondere alle necessità di cassa dell’Emittente.
Le percentuali di accordo da raggiungere non sono in genere un problema, l’abbiamo visto in Grecia, inoltre dopo il lancio delle operazioni di rifinanziamento della BCE (LTRO) in cui vengono prestati denari alle banche a tasso agevolato, queste sono state incoraggiate a impegnare buona parte di tali somme in titoli di Stato della propria nazione. Si è così verificato un lento spostamento della composizione degli investitori verso una detenzione nazionale dei propri titoli di Stato, diminuendo nel contempo l’effetto sistemico nel caso di una ristrutturazione (default) del debito.
In una situazione a regime di questo tipo, in cui le banche nazionali potrebbero diventare le principali detentrici del debito di uno Stato; a loro volta le banche stesse in caso di difficoltà verrebbero salvate dallo Stato con i soldi della collettività. E’ facile a tal punto comprendere che in occorrenza di un default la “moral suasion” dello Stato potrebbe facilitare il raggiungimento delle percentuali necessarie a far scattare le Clausole di Azione Collettiva rendendo obbligatorie per tutti le modifiche delle condizioni di pagamento dei titoli di Stato.
Come già avvenuto in Grecia, anche le famose agenzie di rating innesterebbero un ridicolo balletto, nel momento di annuncio dell’haircut (la riduzione dei pagamenti dei titoli di Stato) porterebbero il rating nazionale a selective default per poi attribuire una settimana dopo un nuovo rating, magari migliore di prima, visto che una parte del fardello di debito è stato accollato agli investitori.
Ed è così che i risparmiatori, sapientemente orientati a investire sui titoli di Stato, grazie a emissioni dedicate (i titoli di Stato patriottici che riconoscono anche un premio fedeltà) e una tassazione più clemente (differenza di tassazione fra i titoli di Stato e gli altri investimenti) si troverebbero a quel punto ricompensati di tanta fiducia con una bella perdita.
L’Unione Europea ha mostrato di reagire lentamente alle sfide dei mercati, ma quando riesce a trovare una soluzione tende a replicarla su vasta scala; ecco che la soluzione delle le Clausole di Azione Collettiva sperimentata in Grecia è stata adottata per tutti i Paesi grazie al Trattato di Istituzione del Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM).
Allo stesso modo, malgrado la smentita del Presidente dell’Eurogruppo Dijsselbloem fresco di nomina, non vi è dubbio nel pensare che il prelievo forzoso ai conti correnti di Cipro potrà costituire un modello esportabile agli altri paesi in difficoltà.
Riassumendo:
  • Dopo la nazionalizzazione della banca olandese SNS e l’azzeramento del capitale subordinato degli obbligazionisti, le obbligazioni bancarie non sono più sicure.
  • Dopo il prelievo forzoso dai conti correnti di Cipro, tralasciando la vicenda italiana del 1992, i soldi lasciati in conti correnti e conti di deposito non sono più sicuri.
  • Dopo il decreto sulle Clausole di Azione Collettiva, che abbiamo qui commentato, anche l’investimento in titoli di Stato non può più essere considerato sicuro.
Cambiano i tempi e le certezze vengono meno… risparmiatore avvisato mezzo salvato.
Maurizio Mazziero
Tratto da http://www.mazzieroresearch.com/effetto-sirtaki-sui-titoli-di-stato-italiani/

giovedì 20 settembre 2012

Esclusiva - Avvocato Fabio Turrà: «Crisi Fiat e Juve, un binomio pericoloso?»


La Juventus è al centro di due temi ricorrenti in questi ultimi giorni. Il primo riguardante gli effetti della squalifica del tecnico Antonio Conte. Il secondo è il nesso tra la crisi Fiat e la società bianconera: entrambe sono controllate da Exor spa al 30,05% e al 60%. “Il pallone in confusione” ne ha parlato con l’avvocato Fabio Turrà, esperto di diritto sportivo.

Avvocato ci può chiarire gli aspetti della squalifica di Conte? La controversia tra Antonio Conte e la Figc sul Calcioscommesse sarà discussa, infatti, proprio domani, 21 settembre, dinanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport (T.N.A.S.) che ha fissato per le ore 12 l'udienza del collegio arbitrale. La decisione definitiva dovrebbe essere emessa entro il 7 ottobre.
Ebbene, a prescindere dall'esito di tale ultimo grado di giudizio, è utile sapere cosa stabilisce il Codice di Giustizia Sportiva in relazione alla squalifica comminata ad Antonio Conte.

Ce lo può spiegare in dettaglio?
Il comma 8 dell’articolo 22 intitolato proprio all'esecuzione delle sanzioni prevede che «I dirigenti, i tesserati delle società, i soci e non soci di cui all’art. 1, comma 5, colpiti da provvedimenti disciplinari a termine non possono svolgere alcuna attività sportiva nell'ambito della FIGC fino a quando non sia regolarmente scontata la sanzione stessa, ai medesimi è, in ogni caso, precluso l'accesso all'interno del recinto di giuoco e negli spogliatoi in occasione di gare. La violazione dei divieti di cui al presente comma comporta l’aggravamento della sanzione». Dal tenore letterale di tale norma si può evincere, senza dubbio, che l'attuale allenatore della Juve non possa di fatto "allenare" la sua squadra, ma neanche – durante la settimana – possa programmare gli allenamenti, dare consigli, scegliere la formazione e/o effettuare tutte quelle attività, pur minime, che siano connesse all'attività sportiva con la propria squadra, per la quale è tesserato come tecnico presso la F.I.G.C.

Dunque la squalifica fermerebbe completamente l’attività del tecnico bianconero?
Proprio così. Un’interpretazione così restrittiva delle attività inerenti la squalifica dell'allenatore sembra, infatti, emergere dalla lettura del comma 7 dello stesso articolo del C.G.S., il quale espressamente stabilisce: «I tecnici colpiti da squalifica non possono svolgere per tutta la durata della stessa alcuna attività inerente alla disputa delle gare; in particolare sono loro preclusi, in occasione di gare, la direzione con ogni mezzo della squadra, l'assistenza alla stessa in campo e negli spogliatoi, nonché l'accesso all'interno del recinto di giuoco e degli spogliatoi». Tutte le attività predette, di fatto, sono inerenti alla disputa delle gare.

Ma la Juve sta risentendo o meno della squalifica di Conte?
E’ evidente che la Juve sta giocando, pressappoco, sugli stessi livelli agonistici e standard qualitativi dello scorso anno, avendo cambiato poco o nulla della rosa rispetto allo scorso anno. L’assenza di Conte (ma può parlarsi davvero di assenza? Siamo sicuri che egli non stia – di fatto – realmente guidando la squadra, limitandosi, invece, a non sedersi in panchina e a non scendere negli spogliatoi in occasione delle gare? Ci sono dei controlli? E chi li fa durante la settimana?) in questo momento non si nota.

Ci può parlare dell’eventuale rapporto tra la crisi Fiat e la Juventus e della “vexata questio” della presunta sudditanza arbitrale verso i bianconeri?
Quanto al fatto che è opinione diffusa che la Juve goda di favori arbitrali, credo che (salvo rari casi) gli arbitri siano in buona fede e possano sbagliare, essendo esseri umani.
Certo è che il calcio, a prescindere dall’inquietante e deprecabile fenomeno delle scommesse illecite, muove ingenti capitali. Vincere uno scudetto, ad esempio, può portare nelle casse di una società enormi vantaggi economici, in relazione  ai maggiori incassi dello stadio, al più grande interesse degli sponsor, agli incrementi derivanti dalla vendita dei diritti televisivi e del merchandising, oltre che, naturalmente ai premi per l’accesso ai tornei internazionali.
Non è inimmaginabile che ci possano essere soggetti (tra i tantissimi che agiscono solo per pura passione sportiva) i quali sbagliano perché in mala fede. D’altra parte non voglio neanche pensare, come sostiene qualche malpensante, essendo invece un appassionato dello Sport puro e non inquinato dagli interessi economici, che la grave situazione che sta attraversando la Fiat, dovuta alla crisi economica nazionale, possa influire – data la nota identità soggettiva dei titolari di tale azienda e della Juventus – sul nostro campionato di serie A: sarebbe davvero deludente per chi crede nella lealtà, nella correttezza e nella probità, ovvero in quei principi sanciti proprio nell’art.1 del Codice di Giustizia Sportiva della F.I.G.C.
Marco Liguori
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il pallone in confusione

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