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Tahiti meglio del bar sport
di Marco Liguori
31.10.2007
Ha ragione il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis. La commedia degli errori arbitrali “va bene solo ai media”, che in questo modo avranno di cosa parlare da qui all’eternità dopo i due rigori inesistenti concessi dall’arbitro Bergonzi nella sfida della squadra azzurra contro la Juventus di sabato scorso. Invece, ha ben poco da recriminare il numero uno bianconeri, Giovanni Cobolli Gigli: la sua squadra ha subito due torti a sfavore, dopo quelli graziosamente ricevuti dall’arbitro Rizzoli nella partita di Firenze. Ma quelli non hanno dato luogo a polemiche, se non da parte di pochi addetti ai lavori. E poi ci sono state anche le ire di Adriano Galliani sui presunti torti arbitrali subiti dal Milan: insomma, chi più ne ha, più ne metta. Gli ultimi spiacevoli episodi accaduti nel nostro campionato danno luogo ad alcune riflessioni. La soluzione all’annoso problema degli errori arbitrali, che ormai sembra l’unico ad attanagliare quel “migliore dei mondi possibili” (per dirla con il filosofo Gottfried Leibnitz) che è diventato il mondo del pallone dopo calciopoli, la può fornire un’unica entità: la Federazione italiana giuoco calcio. La Figc (si fa per dire, visto che i mutamenti del regolamento calcistico dipendono dall'International Board, quindi in definitiva dalla Fifa) deve mutuare da un’altra federazione, ossia quella del rugby, “l’uovo di colombo”: l’introduzione della moviola per le azioni contestate. Proprio durante i recenti Mondiali di rugby, svoltisi in Francia, abbiamo assistito a scene che nel calcio non potrebbero accadere: ad esempio, in occasione della finale per il terzo posto Francia-Argentina c’è stata una meta che l’arbitro non avrebbe potuto aggiudicare poiché era scaturita da una furibonda mischia nelle vicinanze della linea di meta di una delle due squadre. Si provi a immaginare cosa sarebbe successo se non ci fosse stato l’ausilio della tecnologia in campo: probabilmente il giudice di gare sarebbe stato “crocefisso in sala mensa”, per dirla alla Fantozzi. Invece, grazie ai potenti mezzi televisivi ed elettronici il rugby ha evitato di diventare un ambiente rissoso e polemico come il calcio. Il presidente della Fifa Joseph Blatter è uno strenuo oppositore della moviola in campo. Lo ha detto e ribadito più volte, che “il calcio deve conservare il suo volto umano: è un gioco, lasciamolo
com’è”
(http://www.repubblica.it/2005/e/sezioni/sport/calcio/blatele/intebla/intebla.html ). Nel suo eccesso di romanticismo d’altri tempi Blatter però dimentica (o finge di dimenticare) che viviamo nell’era del calcio a scopo di lucro e delle quotazioni dei club in Borsa che in Italia è stata inaugurata dalla pasticciata legge Veltroni del 1996. E in questa era ai direttori di gara non è concesso sbagliare: un rigore inventato o non concesso oppure un gol convalidato in fuorigioco dubbio possono arrecare un considerevole danno patrimoniale alle società, come ad esempio una mancata qualificazione alla Champions League oppure una immeritata retrocessione che costano considerevoli somme che fanno versare “eurolacrime” ai dirigenti pallonari. Con tutta probabilità i presidenti italiani, con De Laurentiis in testa, vorrebbero la moviola in campo: il problema è convincere Blatter, poiché è la Fifa che dovrebbe essere stabilire la “rivoluzione copernicana” per tutte le federazioni. Ma come si può fare, visto che stando al sito della federazione internazionale ( http://www.fifa.com/aboutfifa/federation/bodies/standingcommittees.html ) l’Italia non è rappresentata nelle sue principali istituzioni in cui sollevare la questione? Il nostro paese non è presente nell’esecutivo, ossia nel governo della Fifa dove siedono un vicepresidente di Tahiti e un membro a testa di Qatar, Thailandia, Cipro, Trinidad e Tobago, Guatemala e Costa d’Avorio. Nazioni che, con rispetto parlando, non sono paragonabili per importanza sportiva e politica all’Italia. Ma il Belpaese non è rappresentato neppure nella commissione arbitri, in cui sono presenti i membri degli Emirati Arabi, Barbados, El Salvador, Isole Salomone, Canada, Tahiti (di nuovo!), Senegal, Mali e Bahrain che, sempre con parlando con il massimo rispetto, sono al di sotto del nostro paese. Ma perché l’Italia manca proprio in questi organismi chiave? La domanda deve essere posta ai dirigenti della nostra federazione, la stessa che ha il potere-dovere di evidenziare a Blatter l’importanza della moviola in campo: ma che per ora resta solo un progetto. Forse è meglio continuare con le lamentele e le chiacchiere da bar sport, per tutti.
Marco Liguori
(in esclusiva per La Settimana Sportiva)
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domenica 17 febbraio 2008
Quanto conta l'Italia nella Fifa?
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Sede: corso Meridionale 11, 80143 Napoli
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