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sabato 21 febbraio 2009

Napoli-Genoa, il “derby del mare” passaporto per l’Europa

Entrambe le squadre di scena al San Paolo vogliono vincere: gli azzurri per riagganciare la zona Uefa, i rossoblù per lottare verso le posizioni che valgono la Champions League



Napoli-Genoa è una partita decisiva per verificare le ambizioni europee di entrambe. Nel “derby delle città di mare” ci sarà grande cordialità sugli spalti tra le tifoserie gemellate (prevista la presenza di un migliaio di genoani) che urleranno reciprocamente il nome dell’avversario (magari fosse così in ogni gara di campionato!), tra l’allenatore azzurro Reja (un ex) e il rossoblù Gasperini, tra i presidenti De Laurentiis e Preziosi, legati da antica amicizia. Ma in campo le squadre si batteranno a viso aperto e con la massima determinazione per un unico obiettivo: la vittoria. Sulla carta, a nessuna delle due interessa pareggiare. Ai padroni di casa sono necessari i tre punti per poter riagguantare la zona Uefa, da cui sono scivolati a causa dei due soli punti conquistati in sei partite dopo aver anche assaporato nei mesi scorsi il piazzamento in Champions League. Potrebbero anche riavvicinarsi a quest’ultima, se ci fosse una concomitante rosa di risultati positivi. Il risultato pieno occorre al Genoa per tenere il passo con le due dirette rivali, ossia Fiorentina e Roma, per la qualificazione al massimo torneo continentale. Senza contare che a soli quattro punti c’è il Milan, cui il Grifone ha strappato una vittoria e un pareggio: il terzo posto, occupato attualmente dai rossoneri, darebbe il diritto di affrontare avversari più malleabili nei turni preliminari della Champions.
La posta in palio è dunque molto alta. All’importantissimo appuntamento del San Paolo vi giungeranno un Napoli in crisi di gioco e di risultati e un Genoa deluso e amareggiato per il pareggio nello scontro diretto casalingo contro la Fiorentina. Reja ha il problema di recuperare il centrocampo, chiave di volta del suo schieramento 3-5-2, che ha garantito il buon rendimento nella prima parte del campionato. Fin quando ha funzionato, il settore mediano è stato un vero “schiacciasassi”: riusciva a bloccare il gioco avversario e contemporaneamente costruire palloni in attacco per Lavezzi e Denis (e anche per Zalajeta). Adesso la squadra è in crisi soprattutto nel suo stato fisico: era prevedibile, visto che gioca a ciclo quasi continuo dall’inizio di luglio, con la partecipazione all’Intertoto. Circostanza aggravata anche dal fatto che Reja non dispone un’ampia rosa per sostituire i giocatori stanchi. Dalle ultime notizie che trapelano dal fortino del Napoli (in silenzio stampa), sembra che il tecnico goriziano voglia far giocare Vitale sulla fascia sinistra invece di Datolo. Alcuni osservatori ritengono che sia una scelta dettata dall’esigenza di contenere le fiammate offensive dei genoani. Ciò potrebbe anche nascondere un’altra ipotesi: probabilmente Datolo non può sostituire Mannini, squalificato (almeno momentaneamente) dal Tas. Non potendo schierare altri uomini nel ruolo, Reja ha giocoforza optato per Vitale. Contro il Bologna il neo acquisto argentino non ha convinto. Resta un incognita Denis, che necessita di essere imbeccato dai compagni per poter essere efficace. Per fortuna di Reja, torna Hamsik che potrebbe dare una scossa in fase offensiva: ci sarà Blasi, che sarà utile per i contrasti a centrocampo e disturbare la regia del “cervello” rossoblù Thiago Motta. Un altro rebus del Napoli è Lavezzi: da circa un mese sta offrendo prestazioni discontinue. Si spera in un suo pronto recupero, per mettere in difficoltà con le sue galoppate improvvise la difesa a tre genoana.
E passiamo ai Grifoni. Gasperini non avrà problemi in difesa a sostituire lo squalificato Biava con Papastathopoulos, autore di un’eccellente prestazione all’andata a Marassi: sarà affincato dal napoletano Bocchetti e da Ferrari. A centrocampo invece mancherà a Gasperson il giocatore-diga, Juric. Potrebbe optare per la soluzione Vandenborre: il belga, pur avendo caratteristiche diverse dal croato, è molto abile nel possesso di palla e in fase di interdizione del gioco avversario. Il tecnico potrebbe anche scegliere di schierare due registi, Milanetto e Thiago Motta, sfruttando molto le fasce con Mesto (o Rossi) a destra e Criscito a sinistra. In questo modo potrebbe costringere i corrispondenti giocatori del Napoli, Maggio e Vitale, a svolgere solo un lavoro di copertura. In attacco non ci saranno problemi nella conferma del trio Jankovic-Milito-Sculli. Ne potrebbe avere invece la difesa del Napoli, visto che i due esterni (Jankovic e Sculli o in alternativa Palladino) si scambiano spesso di posizione correndo da destra a sinistra del fronte di attacco, cercando di aprire varchi per l’”ariete” Milito oppure per servigli palloni con scambi stretti in velocità.
Qualsiasi sia il risultato, la partita nello stadio di Fuorigrotta sarà una festa. Si spera soltanto che l’arbitro Orsato e i suoi assistenti non offrano l’ennesima conduzione mediocre: il Napoli e il Genoa, pur se con toni composti, reclamano con decisione una maggiore equità nel metro delle decisioni arbitrali.
Marco Liguori
Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte


Nella foto, il gol di Faccenda in Napoli-Genoa 2-2 del 16 maggio 1982

domenica 25 gennaio 2009

Dopo Napoli-Roma: ecco i limiti di Reja



























Il tecnico goriziano ha dimostrato per l'ennesima volta che quando una gara nasce sotto una cattiva stella non riesce a raddrizzarla, come già accaduto a Chievo e in altre occasioni. Se si accoppiano le indecisioni sui cambi e lo stato di forma precario degli azzurri, si spiega la disfatta odierna
Permettete una parola? La partita di oggi contro la Roma ha evidenziato in modo marcato il limite di Eddy Reja. Il raffinato ed elegante tecnico del Napoli (inappuntabile nelle interviste tv), purtroppo quando una gara nasce sotto una cattiva stella non riesce proprio a raddrizzarla: anzi, alla fine è destinata a finire nel peggiore dei modi. Era già stato così contro il piccolo Chievo che, grazie alle indecisioni dell'allenatore azzurro, è diventato una squadra di alta classifica. E oggi, ancora a causa delle indecisioni di "re tentenna", la Roma ha dominato e passeggiato al San Paolo manco fosse il Manchester United con un 3-0 che non ammette repliche. A sua parziale scusante va detto che l'errore arbitrale sul primo gol del giallorosso Mexes, in netto fuorigioco, ha avuto un peso determinante. Ma va anche sottolineato che, con il Napoli odierno, sarebbe sicuramente accaduto subito dopo un altro episodio che avrebbe portato in vantaggio gli avversari.
Le indecisioni di Reja si sono viste (per l'ennesima volta) anche sui cambi. Ma perché non è stato messo subito a inizio ripresa Russotto al posto di Pazienza, invece di Bogliacino ancora non in perfette condizioni fisiche? Sul 2-0 il risultato era quasi compromesso per gli azzurri: bisognava però tentare il tutto per tutto con un "trottolino" capace di mettere in difficoltà la Roma con la sua imprevedibilità. E invece no: è arrivato anche il terzo gol e altre due sostituzioni inutili. Cambiare Denis per Zalajeta, l'unico assieme a Lavezzi (ha dato l'anima nonostante l'asfissiante e fallosa marcatura) che stava tentando di salvare la baracca, è stato l'ennesimo errore nella "nebbia tattica" calata sul San Paolo. Su Denis, non per sua colpa, c'è un errore tecnico: è un attaccante che ha bisogno di essere imbeccato necessariamente da un compagno. Se Lavezzi, Gargano, oggi impegnato a pensare alle vacanze estive, oppure Maggio e Mannini, con le loro percussioni e i loro cross, non lo servono, l'argentino è come un pesce fuor d'acqua. Infine, il cambio Montervino-Blasi è servito solo a porre un'annotazione sul tabellino: non poteva essere effettuato nei primi minuti del secondo tempo?
Occorreva solo un po' di coraggio: almeno si sarebbe potuto dire che erano state provate tutte, prima di alzare bandiera bianca contro una Roma che si è dimostrata superiore al Napoli, soprattutto nella forma fisica. Speriamo che Reja, a cui comunque il Napoli e i tifosi devono comunque dire "grazie" per il lavoro svolto dalla C1 alla A, si ricordi di questo pomeriggio in una prossima difficile eventualità. Ultima annotazione: gli azzurri giocano ininterrottamente dal 1° luglio, dall'Intertoto. Il calo di forma registrato dalla partita con il Torino, e che ancora perdura dovrebbe far suonare un campanello d'allarme e porre rimedio: prima di perdere anche la zona Uefa.
Marco Liguori
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sabato 24 gennaio 2009

Ritocchi alla nave Genoa, grandi lavori nel cantiere Samp

Alla formazione rossoblù di Gasperini occorrerebbe un "vice Milito" e un centrocampista "rubapalloni". Al Doria mancherebbe ancora un uomo d’ordine a centrocampo e uno in difesa

Strategie diverse nel calciomercato invernale sotto la Lanterna. Per il Genoa si attendono soltanto alcuni ritocchi al suo scafo, irrobustito dopo la consistente campagna di 12 acquisti e 14 cessioni che è molto ben riuscita a giudicare dal quarto posto in classifica. Invece la Sampdoria è entrata in bacino di carenaggio per le necessarie riparazioni: se è stata soddisfacente la sua navigazione in Coppa Uefa, dove è approdata ai sedicesimi contro i sorprendenti ucraini del Metalist, non è stata altrettanto convincente quella in campionato dove occupa la quindicesima posizione a cinque punti dalla zona retrocessione.
Sulla sponda genoana non si attendono particolari arrivi col "botto". A meno che "l’ammiraglio" Preziosi, vista la necessità di trovare un "vice Milito", non voglia pensare a Saviola in rotta con il Real. Secondo il sito Transfermarkt.de la sua quotazione iniziale di mercato non è particolarmente cara, pari a 5 milioni, anche a causa del fatto che ha giocato in Liga appena 172 minuti: però la squadra madrilena probabilmente alzerà la posta al richiedente. Ad ogni modo, una delle idee della dirigenza del grifone è la ricerca di un sostituto del "Principe", o quanto meno di un altro attaccante da schierare titolare in modo opposto a Sculli: le voci di mercato hanno riferito del viola Semioli, ma non sembrano concretizzarsi. Negli ultimi anni la società rossoblù ha preferito pescare in Sudamerica i giocatori del reparto offensivo: era spuntata la pista Barrios, poi affievolitasi. In Argentina ci sono due nomi "papabili": il 21enne Viatri, capocannoniere con 7 reti del Boca Juniors nel torneo Apertura, quotazione 1,8 milioni, e quello (sempre con 7 gol) dell’Independiente Avellaneda, Nuñez (nella foto), di 24 anni. Le trattative di questa punta, che spazia di frequente la sua posizione da sinistra a destra del fronte d’attacco, partono da 2,1 milioni. Cifre non impossibili.
Un’altra esigenza del Genoa riportata da "radio mercato", forse con una priorità più alta, è quella di rintracciare un centrocampista capace di recuperare palloni e di contrastare la manovra avversaria. Ecco spiegato il possibile interesse verso Donadel, su cui c’è anche il Parma. La sua quotazione di mercato è di 9 milioni: forse potrebbe arrivare a fine stagione, visto che il contratto scadrà il 30 giugno prossimo. Ma c’è anche la pista Pelè: il 21enne giocatore del Porto, che ha giocato appena 23 minuti in campionato e 35 in Champions, potrebbe essere l’elemento di peso ideale per il settore mediano. La sua base d’asta è di 5 milioni. In difesa, il Genoa dovrà sciogliere il rebus Potenza (valore iniziale 1,5 milioni): Gasperini lo utilizzato solo per 199 minuti.
Intanto fervono i lavori nel cantiere navale Sampdoria, La campagna di rafforzamento "son palanche", come avrebbe detto il grande attore genovese Gilberto Govi: ma adesso "l’armatore" Garrone ha deciso di investire nella squadra. Dopo l’arrivo di un attaccante di peso, Pazzini (acquistato a 8 milioni, ne varrebbe già 10 milioni secondo Transerfmarkt.de), e di un buon difensore, Raggi, ci sono altre due esigenze. La prima è quella di trovare un altro difensore, dopo l’infortunio di Accardi. La società si starebbe orientando sul 31enne Zauri (in prestito dalla Lazio alla Fiorentina, valutazione iniziale 4 milioni) e a un eventuale scambio, come riporta Sampdorianews, tra il difensore Pratali dal Torino con il centrocampista Stankevicius. Forse al Doria potrebbe servire un giocatore che sappia ordinare la difesa: da Israele corre voce che il roccioso centrale nazionale bulgaro Topuzakov si sarebbe stancato di giocare nell’Hapoel Tel Aviv, dove ha disputato la Coppa Uefa. Potrebbe indossare la maglia blucerchiata per una somma probabilmente non elevata. Per adesso, come riporta ancora Sampdorianews.net, arriva dal Cesena in comproprietà Regini, un ventenne per il reparto arretrato.
"Radio mercato" riporta anche la necessità per la società blucerchiata di un uomo d’ordine per il centrocampo. Il titolare nel ruolo, Palombo, è reduce da un lungo infortunio e non è ancora in perfette condizioni fisiche. Sammarco, che avrebbe potuto sostituirlo, ha finora deluso le aspettative. Sul mercato i "registi" sono merce rara e chi ce li ha se li tiene molto stretti: come ad esempio il corteggiatissimo atalantino Cigarini, che presenta un prezzo iniziale di 7 milioni. Forse Marotta starà pensando a qualche alternativa estera. Si parla anche di Mozart (valore iniziale 3,8 milioni), ma sul giocatore dello Spartak Mosca insiste anche il Torino.
Marco Liguori
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domenica 11 gennaio 2009

Il Napoli liquida il Catania e torna in zona Champions

Gli azzurri soffrono il difensivismo ad oltranza degli etnei, ma li battono con un gol nel finale che vale il terzo posto alla pari col Milan. Ora si attendo buone notizie dal posticipo dell’Olimpico tra giallorossi e rossoneri

La fortuna aiuta gli audaci, ma anche Eddy Reja. L’allenatore del Napoli deve ringraziare la fortuna se è riuscito a vincere una gara con il Catania che sembrava fino al gol di Maggio, arrivato allo scoccare del 79° minuto, ormai avviato su un pareggio mesto. La squadra è apparsa in difficoltà contro il bunker degli etnei predisposto dall’astuto Zenga, con gran parte della squadra chiusa nella propria metà campo a contrastare gli attacchi dei padroni di casa. Il Catania non ha mai impensierito il Napoli, tranne che su un tiro di Tedesco al 54° da fuori area deviato in angolo da Iezzo e con qualche incursione di Morimoto.
“Re tentenna” Reja ha atteso fino all’ultimo quarto d’ora per sostituire Hamsik, la cui prova non è stata in parte convincente (tranne che per alcuni lampi di pura classe) incluso il rigore sbagliato: anzi calciato quasi al rallentatore. L’ingresso di Russotto ha dato finalmente almeno la scossa agli azzurri, fino ad allora poco incisivi: si sono resi pericolosi soltanto con Cannavaro nel primo tempo, che ha tirato in area di rigore con deviazione di un difensore siciliano finita di poco a lato, e con un’azione personale di Hamsik che ha fatto impazzire tre avversari e costringendo il portiere catanese Bizzarri a un intervento spettacolare. Oltre a “Trottolino” Russotto, nel finale di gara si è svegliato Lavezzi, non ancora in forma a causa dell’influenza, e ha servito il passaggio in area per Maggio nazionale che no ha sbagliato. Sterili le veementi proteste dei giocatori avversari: già le prime ripetizioni alla moviola mostrano l’argentino in perfetta linea con un difensore del Catania posto a centro area. La direzione dell’arbitro Celi è stata sufficiente, con le eccezioni riguardanti alcuni episodi dubbio come quello accaduto al 35°: Denis colpisce di testa in tuffo, un difensore del Catania tocca con la mano, ma Celi assegna la punizione contro il Napoli. Giusta l'assegnazione del rigore ai partenopei: Terlizzi ferma il pallone con il braccio ampiamente lontano dal corpo. Tutto sommato il pubblico del San Paolo ha visto arbitraggi decisamente peggiori.
Venendo alle note positive, bisogna sottolineare la buona prova di Gargano, che resta il “direttore d’orchestra” del gioco azzurro: le statistiche Panini Digital gli attribuiscono 51 passaggi riusciti. Bene anche Blasi nel suo ruolo di interdittore e anche in quello di suggeritore, con 49 passaggi conclusi positivamente. Entrambi hanno lottato fino alla fine, contribuendo al successo finale.
Tirando le somme, bisogna però dire che il Napoli ha sofferto ben oltre il lecito il difensivismo del Catania: ciò nonostante la sua netta supremazia territoriale (poco più di 14 minuti contro i 6 del Catania). In particolare, gli attaccanti napoletani sono stati sovrastati dalla difesa del Catania nel gioco aereo in area di rigore, in modo particolare nelle azioni sui calci d’angolo. Reja deve porre dei correttivi: probabilmente è solo un problema di forma di alcuni uomini. L’importante era però vincere per restare agganciati al treno della Champions League: e il Napoli ha meritatamente raggiunto il Milan al terzo posto. In attesa di buone notizie stasera dal posticipo serale da Roma, dove i rossoneri incontreranno i giallorossi.
Marco Liguori
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(Vedi anche Sintesi tv di Napoli-Catania 1-0 (da You tube)

Tabellino e statistiche di Napoli-Catania 1-0 (Panini Digital-Lega calcio)




sabato 10 gennaio 2009

Genoa – Torino: tre palle, cento lire

Senza Milito, ma con una prestazione più che positiva, i rossoblù mandano a casa i granata spenti e illusi dopo la vittoria contro il Napoli. La differenza tra gli uomini di Gasperini e quelli di Novellino: in possesso di palla, i primi sanno giocarla, gli altri no

Tre palle cento lire, proprio come al luna park, e il Genoa manda a casa il Torino. E’ finita così la sfida di Marassi delle squadre detentrici in totale di 16 scudetti, con gli uomini di Novellino che non hanno quasi mai impensierito quelli di Gasperini, se non in rare occasioni. La differenza tra i granata e i rossoblù si nota molto ed è racchiusa tutta qui: mentre i primi non sanno cosa fare quando detengono il possesso palla i secondi lo sanno fare e con ottimi risultati. A ciò bisogna aggiungere che il Toro ha subito tutti e tre i gol su colpi di testa (di cui due su calcio d’angolo): i difensori pensavano ad altro, quando Biava, Jankovic e Thiago Motta svettavano imperiosi e indisturbati nell’area di rigore avversaria infilando altrettante volte il pallone in fondo alla rete di Sereni. Probabilmente Fabrizio De Andrè, ricordato prima della partita dal Genoa e dallo striscione della Nord “Avevi ragione tu, è stato meglio lasciarci, che non essersi mai incontrati, ciao Faber”, avrebbe dedicato al tecnico granata "Quello che non ho". Invece a "Gasperson" avrebbe dedica "Creuza de ma": la mulattiera di mare attraverso cui condurre il Grifone verso la zona Uefa, se non anche verso la Champions.
Insomma, per Novellino c’è ancora tanto da lavorare: in modo particolare, dovrà far assimilare (e in fretta) gli schemi del suo 4-4-2. Oggi si sono salvati soltanto Abate, il solo che abbia creato apprensione sulla fascia destra del Genoa, e in parte Dezmaili: rilevante il suo tiro al quarto d’ora del primo tempo sventato in tuffo da Rubinho. L’ingresso di Stellone sul 2-0 al posto di Bianchi (sarà l’argomento della puntata di lunedì prossimo di "Chi l’ha visto") è stato tardivo: degna di nota la sua intesa con Abate e i due tentativi a rete (uno però fermato dall’arbitro). Insomma, i giocatori granata devono dimenticare che non si incontra tutte le domeniche un Napoli in vena di regali natalizi, com’è accaduto nel turno precedente di campionato. Altrimenti la salvezza diventa un miraggio. A proposito di regali: uno lo stava offrendo Bocchetti cercando di segnare nella sua porta in un tentativo di rinvio. Rubinho ci ha messo una pezza alla disperata.
In casa Genoa tutta un’altra musica. L’assenza di Milito è completamente ininfluente: Gasperini ha creato un orologio perfetto con il suo 3-4-3, che demolisce gli avversari in modo metodico. Difesa impenetrabile, ben coperta dal centrocampo ordinato da Thiago Motta: Criscito e Mesto pronti a volare sulle fasce e a crossare per l’attacco. Le tre punte sono forse il "piatto forte" del Grifone: Jankovic, Sculli e Olivera si scambiano spesso la posizione sullo scacchiere avanzato, facendo letteralmente impazzire la difesa del Toro lenta e macchinosa. La sostituzione di Olivera con Vandenborre non ha cambiato nulla nella carica offensiva genoana. E a proposito di pericolosità in fase offensiva, le statistiche Panini Digital parlano chiaro: l’indice vede il Genoa sovrastare il Torino (65,3% contro 28,6%)
Finalmente una direzione arbitrale soddisfacente: l’arbitro D’Amato è stato convincente e non ha mostrato indecisioni nel condurre una gara che a tratti è stata spigolosa, con numerosi falli. Giuste le tre ammonizioni comminate ai granata Dezmaili, Pisano (diffidati, salteranno la partita con la Roma) e Di Loreto: lo è altrettanto quella inflitta a Thiago Motta. Quest’ultimo ha ricevuto un colpo fortuito dopo il gol, che ha costretto Gasperini a sostituirlo con Milanetto. Dovrebbe essere abile e arruolabile per la prossima trasferta di Lecce. Scherzi del destino: i giallorossi domani affrontano la Fiorentina che stasera il Genoa è stata agganciata al quarto posto.
Marco Liguori
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Vedi anche Sintesi tv di Genoa-Torino 3-0 (da You tube)

Il tabellino di Genoa-Torino 3-0
(elaborato da Panini Digital- Lega Calcio: cliccare sopra per ingrandire)



Le statistiche di Genoa-Torino 3-0
(elaborate da Panini Digital- Lega Calcio: cliccare sopra per ingrandire)

Vedi anche Sintesi tv di Genoa-Torino 3-0 (da You tube)

venerdì 31 ottobre 2008

Reja prova a segare l’”albero di Natale” di Ancelotti

Il tecnico rossonero dovrà scegliere tra il più prudente 4-3-2-1 con il più offensivo 4-3-1-2 con punte Pato e Inzaghi. L’opzione sarà dettata dallo stato di forma della squadra che dovrà affrontare la formazione azzurra che ha la stessa vocazione offensiva di quella milanista: entrambe hanno segnato 14 gol

Quali saranno gli schieramenti possibili per Milan – Napoli di domenica sera? C’è grande curiosità per la partitissima di domenica prossima soprattutto sul come sarà collocata in campo la formazione rossonera. Molti indizi portano a pensare che Carlo Ancelotti sia intenzionato a schierare il suo prediletto “albero di Natale”: ossia lo schema 4-3-2-1 che ricorda molto il simbolo delle feste di fine anno. Uno schema più prudente rispetto al 4-3-1-2 di mercoledì scorso col Siena. Dal canto suo l’allenatore azzurro Eddy Reja proverà a segare “l’albero” del suo collega, disponendo sul tappeto verde di San Siro il suo solito 5-3-2, che si sta rivelando molto fruttoso con la coppia d’attacco argentina Denis e Lavezzi.
I motivi della scelta più cauta del tecnico rossonero potrebbero riguardare lo stato di forma di alcuni dei suoi giocatori e l’essere più cauto contro la formazione partenopea, che ha la stessa vocazione offensiva dei rossoneri con 14 gol realizzati. Sicuramente i difensori in linea della partita giocata contro la squadra toscana saranno cambiati: avendoli visti all’opera alla “Scala del calcio” c’è sicuramente da pensarlo. Il quartetto (da destra) Antonini, Bonera, Favalli e Zambrotta non era per nulla convincente: anzi, l’ex terzino di Juve e Barcellona ha giocato in una posizione a lui non congeniale. Chiamale se vuoi sperimentazioni: ma più volte gli attaccanti senesi Kajer e Frick hanno messo in difficoltà la retroguardia rossonera. Nell’azione del gol, il bianconero Vergassola è entrato come una lama nel burro. Dovrebbero quindi rientrare Maldini al centro e l’ex del Napoli Jankulovski (voluto fortemente da Zeman nel 200/01) sulla fascia sinistra: ritorna sulla destra Zambrotta e mentre dovrebbe esserci Bonera come secondo centrale. Possibili però sorprese: oggi Nesta, Senderos e Kaladze hanno svolto l’allenamento e giocato la partitella a Milanello. E’ possibile che uno di loro, condizioni fisiche permettendo, possa giocare al posto di Bonera. “L’albero ancelottiano” dovrebbe prevedere a centrocampo Gattuso, Ambrosini (oppure Emerson che nella precedente gara ha convinto) e Seedorf. Centrocampisti più avanzati Kakà e Ronaldinho a supporto dell’unica punta: in ballottaggio Inzaghi, in grande forma contro il Siena, e Boriello. Questo schieramento più prudente potrebbe essere dettato dall’esigenza di frenare le sgroppate di Lavezzi. Ma non solo. Il Milan dovrà temere le due altre armi del Napoli presenti sulle fasce, settori poco utilizzati l’anno scorso. La prima a destra è Maggio, molto pericoloso con le sue percussioni e i cross sulla fascia: l’altra è Mannini, altro buon suggeritore di palloni dalla sinistra. Ancelotti dovrà anche tenere a bada Hamsik, le cui accelerazioni improvvise da metà campo nel Napoli – Milan (finito 3-1) dello scorso 11 maggio sono rimaste ancora come un incubo nella memoria dell’allenatore milanista. Probabilmente lo Slovacco potrebbe subire le cure di Gattuso. Rientrerà Blasi, diga del centrocampo azzurra. In porta rientra Iezzo, dopo l’infortunio alla schiena con la Lazio, mentre dovrebbe essere confermato il trio difensivo Santacroce-Cannavaro-Contini.
Il buon Ancelotti potrebbe però ripensarci: in fondo il Napoli lascia abbastanza spesso gli spazi per la manovra agli avversari. E allora potrebbe inserire dal primo minuto a centrocampo Gattuso, Emerson (se non anche Flaminì se riuscisse a recuperare) con Ambrosini a sinistra. Questa linea mediana dovrebbe coprire il reparto avanzato costituito da Kakà a sostegno delle due punte (tanto care al patron Silvio Berlusconi che non ne gradisce una sola) Pato e Inzaghi, che hanno mostrato un’ottima intesa contro il Siena. La scelta tra 4-3-2-1 e il 4-3-1-2 potrebbe essere dettata anche dalla condizione della squadra in vista dell’incontro di giovedì prossimo in Coppa Uefa contro il Braga al Meazza. In questa partita c’è un solo tema ben definito: comunque vada il Napoli «non ha nulla da perdere» come ha sottolineato il direttore generale Pierpaolo Marino. Il Milan è condannato a vincere, secondo l’imperativo del gruppo Fininvest: più veloci, più alti, più forti, i migliori.
Marco Liguori
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Clicca qui per leggere le statistiche Panini Digital-Lega Calcio su Milan-Napoli

giovedì 30 ottobre 2008

Ravezzani: «i miei tanti ricordi su Milan-Napoli»

Il direttore di Telelombardia rivanga per "il pallone in confusione" nel glorioso passato della "partitissima" e sottolinea la sportività dei tifosi napoletani. Non crede però alle due squadre come candidate allo scudetto, a causa della loro imprevedibilità


Milan-Napoli come…. Come? Come tante cose che mi vengono in mente appena accosti i due nomi. L’ultima, per esempio: la figuraccia fatta dal Milan a Napoli alla penultima di campionato. Arrivati baldi e contenti, i Galliani-boys sono rientrati alla base piegati da una montagna di rimpianti e sensi di colpa. La squadra più mediatica e titolata, finita stritolata dall’umile Reja. Uno che fino alla settimana prima aveva fatto beneficenza qua e là per l’Italia (vogliamo parlare di certe sconfitte che sembravano quasi favori a chi stava messo peggio?) ma che davanti al Milan ha preparato la partita perfetta.
A ben pensarci, forse, il Milan dovrebbe ringraziarlo, il Napoli; per quella sconfitta. Gli ha tolto la Champions, sì. Ma forse gli ha dato definitivamente nozione di quanto poco conti scriversi sul petto: club più titolato al mondo, se poi non si sa soffrire fino in fondo il tutti gli stadi d’Italia.
Milan-Napoli come Maradona e Van Basten. Ancora al San Paolo, sì, ma come dimenticare quel 3-1 che diede inizio al sacchismo spinto? E come dimenticare i tanti match a San Siro dove il Davide-Diego combatteva quasi solo contro il Golia-Milan?
Vabbè, è roba vecchia, tra un po’ diventerà anche stantìa. Ma certo, tra ieri e l’altro ieri, gli incroci sono stati tanti e pieni di adrenalina. A volte, di poesia.
Forse sarà per questo che non mi aspetto moltissimo dalla partita di domenica sera. Troppe cose sono successe ultimamente per pretendere che si rinnovi il miracolo. A ben pensarci, però, anche l’ultima sfida a San Siro è stata tutt’altro che banale. Ricordo il gol al debutto di Pato, la stellina che inizia a brillare nella notte milanese. E poi ricordo una delle cose più belle e commoventi che mi siano successe da giornalista. Dopo partita nel solito ristorante-pizzeria, quello che resta aperto fino alle 2 del mattino. Esco, si avvicina un gruppetto di tifosi del Napoli: "Ravezzani, ti guardiamo spesso sul satellite, siete bravi, ma parlate un po’ più del Napoli". Sorrido, cerco di consolarli: "beh, avete perso ma non avete giocato male". Mi risponde uno di loro: "lasci stare, è stata una brutta partita. Ma ne è valsa la pena venire fin qui per vedere il debutto di un fenomeno come Pato". Una risposta di grande sportività.
Per questo sono rimasto doppiamente male quando ho visto gli incidenti della prima di campionato. E sono tornato a chiedermi qual è il vero tifoso del Napoli e quanto questi episodi rappresentino in sé stessi tutta la contraddittorietà di una città bella e terribile, entusiasmante e demoralizzante a un tempo. E mi chiedo quanto serva tenere lontano gente come quella che ho incontrato io dallo stadio. Gente che paga le colpe di altri, di chi non c’entra niente, in nome e per conto di una giustizia sommaria che non serve a nessuno, se non a soffocare quel poco di calcio che c’è rimasto.
Voglio essere sincero, tornando invece alla partita. Non credo al Napoli da scudetto e non credo nemmeno molto al Milan. Troppe cose mancano a Reja. Alcune, ma essenziali, mi sembra manchino ad Ancelotti. Di sicuro esiste un comune denominatore tra le due squadre. Sono rapsodiche, imprevedibili, capaci di grandi imprese, ma anche di banali sconfitte. Però loro, milanisti e napoletani, oggi non ci pensano. Ed è bello che sia così. Milan-Napoli da vertice, da scudetto, oggi è vero. Domani, se non lo sarà più, chi se ne importa? Intanto se la giocano. E che bello, sarebbe, se allo stadio si pensasse solo a questo.
Fabio Ravezzani

(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)
(Foto tratta da http://www.storiaradiotv.it)


venerdì 17 ottobre 2008

Lo "zumpo" da rigore di Favero e le risate dei napoletani

Cronaca di un Napoli-Juventus del dicembre 1987 con comica finale: il folle fallo di mano del difensore bianconero regala graziosamente un’insperata massima punizione agli azzurri che vincono 2-1

«I che zumpo ch’a fatto Favero! Pareva ca pigliav’ ‘e palomme». Si traduce ad uso dei cultori della lingua di Dante: «Ma che salto in aria ha compiuto Favero! Sembrava che volesse prendere le colombe a volo». L’espressione fu proferita da un tifoso napoletano del settore distinti dello stadio San Paolo il 13 dicembre 1987 e ascoltata da chi scrive: una giornata fredda e incolore, non propriamente partenopea. Quel pomeriggio domenicale (all’epoca si disputavano tutte le partite alle 14.30) si disputava un Napoli-Juventus che ebbe una conclusione del tutto particolare, completamente inaspettata. Diciamolo pure: una comica alla Totò e Peppino o, se preferite altri grandi comici, alla Stanlio e Ollio. Ne fu protagonista, completamente volontario, il difensore bianconero Luciano Favero, giunto da Avellino alla corte di Casa Agnelli per sostituire Claudio Gentile, il terzino campione del mondo del Mundial spagnolo del 1982. Era un giocatore onesto, non brillava certo per qualità tecniche, ma in compenso aveva molta carica agonistica e buona resistenza atletica. Quel giorno, come gli accadde anche in altre occasioni, doveva marcare il più grande talento calcistico dell’epoca, il "divin" Diego Armando Maradona.
La partita si era messa subito bene per il Napoli, prima in classifica e reduce dal confortante pareggio a Milano contro l’Inter, che si portò in vantaggio al 26° minuto con Nando "Rambo" De Napoli dopo una pressione iniziale sulla non irresistibile difesa juventina. Nel secondo tempo gli azzurri calano di tono: il tecnico Ottavio Bianchi sostituisce prima Sola con Bruscolotti e poi Careca con Miano,. La squadra ha un’impostazione più prudente, ma in questo modo si lascia spazio ai bianconeri, che realizzano l’1-1 al 76° con Antonio Cabrini, l’altro difensore reduce dal trionfo della Coppa del Mondo.
Manca ormai una manciata di minuti alla fine dell’incontro, che sembra ormai incanalato su un giusto pareggio. Ma arriva proprio a quattro minuti dalla fine la "magia" di Favero. Il difensore juventino segue nella sua area di rigore Maradona, mentre arriva un cross proveniente dalla sinistra dello schieramento offensivo del Napoli. Il terzino non sembra in difficoltà rispetto al Pibe de oro, che anzi lo tiene sotto stretta marcatura. Nonostante ciò, decide all’improvviso di effettuare un gesto inconsulto: si eleva in aria con uno scatto felino, come se fosse una pantera pronta a ghermire una preda volatile, e con il braccio destro completamente innalzato verso il cielo tocca il pallone con la mano. E’ rigore: per giunta anche sacrosanto. La scena è seguita dagli 80mila del San Paolo, dai cui spalti, nell’incredulità generale per il gentile regalo di Favero, parte una risata fragorosa. Nemmeno sul campetto in mattoni dell’oratorio dei Salesiani al Vomero si era mai vista una cosa simile. Batte il rigore lo stesso Maradona, che segna mandando il portiere bianconero Tacconi a prendere un caffè sul lato opposto a quello dove si insacca il pallone. E’ il 2-1: il Napoli resta saldamente primo in classifica con tre punti di vantaggio sulla Sampdoria, mentre la Juventus è ricacciata a sette lunghezze di distanza dalla vetta. Dispiace che su You tube non siano presenti immagini di quella storica "topica juventinensis". Nelle interviste del dopo partita, il cronista della Rai chiede all’allenatore bianconero Rino Marchesi il perché del gesto inconsulto di Favero: "Non voglio fare alcun commento" rispose con un’espressione facciale a metà strada tra lo sconsolato e l’irato. Chissà se al ritorno a Torino ne avrà dette quattro al povero difensore, che aveva regalato due punti (all’epoca la vittoria dava questo punteggio) insperati agli avversari.
Purtroppo alla fine del campionato Maradona e soci regaleranno al Milan berlusconiano lo scudetto: ma questa è un’altra storia.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)

giovedì 18 settembre 2008

Il ping-pong ha favorito il Benfica contro il Napoli

Il gioco con rovesciamenti veloci, accelerazioni e debolezze difensive ha favorito i lusitani: molto male per gli azzurri che lo hanno accettato. Ma hanno convinto in attacco battendo 3-2 una squadra temibile. Finalmente sugli scudi Denis, dietro la lavagna Cannavaro

Gli errori difensivi hanno deciso Napoli-Benfica. Dal lato azzurro, Contini (voto 5) e Paolo Cannavaro (4,5) stavano già pensando alla prossima gara di campionato a Udine (sperando che finalmente torni la continuità per entrambi), invece da quello portoghese si è notato che il portiere Quim (4,5) e Sidnei (5) stavano partecipando a una puntata di "Chi l'ha visto". Scendendo in particolare, in molti si sono chiesti cosa stesse facendo Cannavaro (Ah Paolo-Paolo-Pà-Paolo maledetto, ma perché non l'hai fatto?) sul primo gol di testa dell'intraprendente e concreto Suazo (7), mentre Contini si è fatto bruciare più di una volta dagli attaccanti avversari. Imperdonabile Quim, lasciatosi uccellare (essendo completamente fuori posizione) dall'euronapogol di Maggio (7,5), che si trova a perfezione sulla fascia destra nello schema di Reja (6,5). Invece Sidnei vagava come un fantasma nella sua difesa, a cercare forse un avversario da marcare (stretto?). Bene invece Luisao, che in mischia è riuscito a bruciare tutti i difensori del Napoli (ma perché nessuno ha provato a spazzare l'area?) battendo l'incolpevole Navarro (6) e regalando al Benfica il gol che potrebbe garantire il passaggio alla fase a gironi. Ovviamente se i rossi di Lisbona vincessero per 1-0 o 2-1: per l'avvincente meccanismo del gol in trasferta che vale doppio (la fase a gironi non ci piace proprio, serve solo ad allungare il brodo per le tv) dal 4-3 in poi sarebbe il Napoli a qualificarsi. L'allenatore Flores strappa un 6: con Di Maria spettatore in mezzo al campo (5) che perde la sfida con il suo amico Lavezzi (7), non può che mettere il solo Nuno Gomez (4.5) che è ormai l'ombra del giocatore che abbiamo visto giocare a Firenze. A proposito, il pubblico? Da incorniciare (8)! Splendide coreografie e grande correttezza: ammirevole ed encomiabile il coro "scemo! scemo!" al tizio (2) che ha gettato una bottiglia di plastica in campo.
Con queste falle in difesa in entrambe le squadre, la partita è diventata una sorta di ping-pong, con rovesciamenti improvvisi, accelerazioni brucianti con traccheggi e dormite difensive. E' stato il caso delle azioni del pareggio e del pareggio degli azzurri: Vitale (6, peccato per diverse imprecisioni sui cross) ha segnato un gol davvero importante, che ha aperto le danze partenopee. Poco dopo è stata la volta Hamsik (7) a piombare come una saetta nella incerta difesa avversaria, con il gol di Denis (7, l'avevamo detto che si sarebbe svegliato col Benfica) a ribadire in porta una debole respinta. Una certezza anche Gargano (7), mentre Blasi (5) non ha lottato a centrocampo come al solito. Dicevamo del ping-pong: al San Paolo ha favorito chi si difendeva maggiormente, ossia il Benfica. Male il Napoli che lo ha accettato e ha incassato due reti. Ma se accadesse anche a Lisbona, la situazione si rovescerebbe: sarebbe la squadra di De Laurentiis a giovarsene, poiché i rossi portoghesi, lo ripetiamo ancora, non sono per nulla irresistibili nel reparto difensivo. Più deboli anche del Napoli: ma Mister Reja per favore, recupera Paolo-Paolo-Pà Cannavaro!
A proposito, i lettori come la pensano? Lasciate un vostro commento, grazie.
Marco Liguori
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Sintesi di Napoli-Benfica 3-2

lunedì 1 settembre 2008

Permettete una parola? - No ai "black block" del tifo calcistico

Riflessioni e consigli sugli incidenti demenziali di ieri a Napoli e Roma, ma anche sugli spiacevoli episodi accaduti sabato scorso a Torino e Genova

Permettete una parola? Sugli incidenti di ieri di Roma-Napoli si è scritto di tutto e di più. C’è chi se la prende con i tifosi napoletani considerandoli il male del calcio, chi con "i mascalzoni" oppure con "i vandali" che sfasciano i treni e riescono a far cacciare i poveri viaggiatori inermi. Insomma, ritornano le solite vecchie solfe (che ricorrono ormai tutti gli anni come una giaculatoria) della violenza degli stadi, delle indagini sociologiche, del calcolo dei costi degli ingenti danni, del perché e del percome. Risentiamo la litania del solito bla-bla che tra pochi giorni sarà completamente dimenticata per poter ritornare a parlare del "campionato più bello del mondo". Ma questo calcio, caratterizzato da questi periodici episodi di violenza, non ci piace e vorremmo che fosse cancellato. Ma si badi bene, non dimenticato nell’ "italico dimenticatoio": bisogna ricordare gli incidenti per evitarli.
Domani si terranno al Viminale le riunioni, annunciate ieri sera dal portavoce del ministro dell’Interno Isabella Votino, dell'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive e il nuovo Comitato di analisi per la sicurezza delle manifestazioni sportive. In entrambe sarà presente Roberto Maroni, al quale vorremmo sommessamente fornire, da "quivis de populo" quale siamo (è lo spirito de "il pallone in confusione"), una serie di spunti di riflessione. E soprattutto poniamo alcuni quesiti, cui vorremmo che le autorità compenti potessero fornire delle risposte. Magari anche relazionando in Parlamento, che è il cuore pulsante della nostra democrazia.
Ieri il questore di Napoli, Antonino Puglisi (a cui va riconosciuto il massimo impegno nell’organizzazione della trasferta dei tifosi napoletani), ha dichiarato all’Ansa "Era una giornata particolare per Trenitalia che ha dovuto fare i conti con una disponibilità non immediatamente sufficiente, i numeri non ci hanno aiutato, la capienza non sufficiente subito ci ha creato qualche problema di gestione della folla". Ciò potrebbe significare che molto probabilmente non c’è stata una sufficiente comunicazione tra Trenitalia, il ministero dell’Interno e la Questura del capoluogo campano. Martedì 26 agosto il Napoli aveva pubblicato sul suo sito (http://www.sscnapoli.com/) che erano "stati venduti 2.500 biglietti su 3.600 del Settore Ospiti". Dunque si sapeva perfettamente già da alcuni giorni quale sarebbe stato il numero dei tifosi: come anche si sapeva che domenica 31 agosto mezza Italia era in movimento per ritornare dalle vacanze. Se non c’erano posti sufficienti, perché non si è proibito ai tifosi di recarsi su una serie di treni a Roma assieme agli altri passeggeri? E’ perché Trenitalia non vuole organizzare treni speciali? Costano forse troppo rispetto ai normali convogli? I danni sono stati ugualmente provocati dai tifosi che hanno distrutto il treno di andata e danneggiato fortemente quelli di ritorno. Almeno si sarebbe evitato l’enorme disagio e l’umiliazione della "cacciata" agli altri viaggiatori: in primis alla povera mamma che portava suo figlio ammalato grave all’Ospedale Gaslini di Genova.
Non esiste il problema di una "etnia" riguardo alla provenienza del tifo violento. Gli incidenti prima e dopo Roma-Napoli sono stati i più eclatanti: ne sono stati responsabili in gran parte sostenitori della squadra azzurra. Ma bisogna doverosamente ricordarsi i seguenti episodi. Sabato notte c’è stata una razzia di un gruppo di tifosi dell’Inter in un’autogrill al ritorno dalla trasferta a Marassi. Sembrava di essere ritornati al Medioevo, quando le bande dei soldati di signorotti e feudatari lasciavano i loro "bravi" a depredare tutto ciò che trovavano attorno. Ieri sono stati denunciati a Torino nove "tifosi" leccesi che detenevano in un pulmino petardi, chiavi inglesi, bottiglie di vetro vuote e un gancio traino. Davvero un bell’arsenale, "normale" per chi si reca in uno stadio! Che facciamo per queste "brave" persone milanesi e pugliesi? Non vogliamo vietare anche le trasferte per costoro? Oppure esistono due pesi e due misure per le sanzioni?
E a proposito di chiavi inglesi, mazze (anche qui sembra di tornare al Medioevo), petardi e altri strumenti di offesa c’è un’altra osservazione da fare. Se un gruppo di ultrà si reca negli stadi con questo arsenale, magari ben mascherato da cappucci e passamontagna, viene da pensare che non sia un semplice fatto di teppismo gratuito, ma che ci sia una sorta di ipotetica preparazione paramilitare. Quasi come una vera e propria "intifada" da stadio. C’è forse una "mano" occulta che istruisce queste persone a colpire, picchiare e distruggere tutto ciò che incontra e con il tifo calcistico, anche se molto passionale e colorito, non c’entra proprio nulla? E magari questa "mano" vuole costringere lo Stato a emanare una legislazione d’urgenza che limiti le libertà civili, a cominciare da quella di circolazione? Questi personaggi sono forse i nuovi "black block" del calcio nostrano, provocatori professionali sullo stile di quelli del G8 a Genova? Tutto ciò rappresenta solo una pura e semplice ipotesi, che agghiaccia al solo pensiero: si spera che resti solo tale, come un brutto sogno.
Visti gli incidenti di ieri, come potranno le società di calcio trasformare gli stadi in impianti usufruibili per tutti i giorni della settimana? Si mettano attorno a un tavolo i ministeri competenti, la Figc e la Lega per debellare questa piaga vergognosa: si rischiano danni economici incalcolabili per il nostro pallone.
Vogliamo concludere con un elemento positivo della folle giornata di ieri. Ha funzionato bene l’attività di prevenzione delle Forze dell’ordine. E’ stato il caso delle perquisizioni effettuate da sabato scorso nelle zone adiacenti allo stadio Olimpico e a Firenze. Vorremmo che ce ne fossero sempre di più: prevenire è meglio che curare.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, possibile solo dietro citazione della fonte)

martedì 26 agosto 2008

Permettete una Parola? - Addio “Tutto il calcio minuto per minuto”

Permettete una parola? Oggi si è consumato in Lega un altro dramma del calcio a scopo di lucro. Con il “niet” unanime dei presidenti all’offerta della Rai (circa 25 milioni) per gli highlights (e ditelo per favore una buona volta in italiano: le azioni salienti!) delle partite di serie A e B. Galliani ha spiegato oggi che è «impossibile scontare il nostro prodotto del 75 per cento. Valeva 75 milioni e ora è valutato 20 milioni. Ci dispiace molto che i campionati di serie A e B partano senza la possibilità di vederli per chi non ha la pay tv, ma ci siamo trovati davanti a offerte che non potevano essere accettate». «Tanto vale investire tutto sul satellite» aveva dichiarato alcuni giorni fa il presidente Antonio Matarrese. Anzi, per essere più precisi la “Confindustria del pallone” ha rifiutato decisamente i 30,6 milioni offerti dalla Rai per le azioni salienti (stavolta è corretto) di serie A e B, Coppa Italia e per la radio. Ma ha detto anche no ai circa 10 milioni messi sul tavolo da Mediaset per l'esclusiva dei gol serali. Quindi se non ci saranno novità prima di venerdì (giorno dell’anticipo di serie B) e sabato prossimo (giorno degli anticipi di A e dell’inizio del torneo cadetto), i tifosi dovranno rinunciare probabilmente alla Domenica sportiva di Mamma Rai e a Controcampo su Mediaset (che fa parte del gruppo Fininvest, a cui è legato anche il Milan di cui Galliani è vicepresidente vicario e amministratore delegato). Ma soprattutto dovranno dire addio a “Tutto il calcio minuto per minuto”, la storica trasmissione radiofonica dell’emittenza di Stato le cui cronache hanno fatto sognare, appassionare, gioire e soffire tanti appassionati dell’italica pedata. Cosa ne penserebbero al riguardo i compianti Sandro Ciotti ed Enrico Ameri della scomparsa della loro trasmissione?
Ma “business are business” dicono in via Rosellini. Voci di corridoio dicono che la Lega voglia cercare di costringere con la decisione di oggi la Rai ad alzare le sue offerte, sino ad arrivare a 40-50 milioni. Vedremo.

Vista l’esiguità delle cifre offerte dalla Rai, ma in misura ancor più bassa anche da Mediaset, si può pensare che il calcio in chiaro (ossia quello gratuito, quindi non quello in abbonamento di Sky) non richiami molto gli spettatori, ma tantomeno gli inserzionisti pubblicitari. Bisogna ricordarsi sempre un aspetto fondamentale dell’era del calcio a scopo di lucro: i tifosi da salotto non sono mai stati clienti. Sono proprio loro il prodotto venduto: proprio come tante belle fette di carne o pacchi di detersivo ben disposti nei frigoriferi e sugli scaffali di un supermercato (o ipermercato, fate voi). Sono dunque i telespettatori ad essere la “merce” degli inserzionisti. I quali sanno benissimo che se molti dei tifosi hanno già visto su Sky (e Mediaset Premium e La 7 sul digitale terrestre) hanno visto le partite in diretta, i filmati delle azioni principali e dei gol è ovvio, per non dire scontato, che difficilmente li guarderanno in chiaro nella fascia oraria tra le 18 e le 23. A meno che non vogliano rischiare una conguntivite cronica per gli occhi stanchi da visione di tanto spettacolo televisivo.

Quindi, dopo una riflessione approfondita, i “grandi elettori” della Lega avrebbero dovuto applicare un altro motto dell’economia, rozzo ma efficace: “Pochi, maledetti e subito”. Invece, in questo modo rischiano di perdere capra e cavoli. E’ vero che la somma del chiaro deve essere ripartito anche per la B: ma il prodotto vale quel che vale. Non sarebbe meglio incassare e pensare a trovare altre fonti per i cadetti? Non farlo sarebbe suicida: in fondo sono le televisioni a fare il mercato con le loro offerte, a seconda dello loro convenienze. E se le squadre non le accettano, peggio per loro: niente partite e niente soldi. Quando impareranno i dirigenti del calcio a pensare a diversificare le fonti di ricavo? Ed evitare di contare sempre e solo sui diritti televisivi? Probabilmente solo se avranno l’acqua fin sopra la gola.

I dirigenti di via Rosellini dovrebbero fare anche un’altra riflessione. Con la crisi economica che ormai attanaglia il nostro Paese, con la crescita immobile come i pali di una porta di calcio, sarebbe meglio venire a più miti pretese. La recessione potrebbe influire sulla sottoscrizione degli abbonamenti al calcio criptato: ma anche sulle aziende inserzioniste, poco propense per ora a investire denaro per propagandare i propri prodotti. Chi scrive ha riportato nel volume “Il pallone nel burrone”, scritto con Salvatore Napolitano, che dal 1980 al 2002 l’incremento dei diritti tv è aumentato del 49.900%. Ma tale cifra stratosferica potrà ancora essere foraggiati da Rai, Mediaset, Sky e co? Ai posteri l’ardua sentenza.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, riproducibile solo dietro citazione della fonte)

lunedì 23 giugno 2008

Donadoni e il calcio della paura

Con Toni "centroboa" solitario marcato stretto dai difensori della Spagna e Cassano relegato a compiti di centrocampista non si poteva certo andare in finale. E adesso ritornerà Lippi, come Cincinnato a salvare la patria in vista delle qualificazioni per i Mondiali 2010

«Signore e signori, buonanotte». Come faceva la Rai quando terminava i programmi nei lontani anni ‘50-60-70 (con tanto di antenna che risaliva su nel cielo) la Nazionale ha salutato questa notte Euro 2008. L’uscita di scena è avvenuta ai rigori nel quarto di finale contro la Spagna. Il problema non è costituito dalla sconfitta alla lotteria delle massime punizioni, ma nella condotta di gara. Come avevamo già scritto dall’inizio del torneo continentale, il problema dell’Italia di monsieur le Donadon è quello di aver impostato il gioco finalizzato verso una sola punta di ruolo, per giunta non in forma brillante, ossia Toni. Anche nella gara contro le "furie rosse" il povero attaccante del Bayern si è ritrovato per la quarta volta di fila a giocare nel ruolo di "centroboa" solitario contro difensori arcigni e molto attenti a non lasciagli mai un solo metro di spazio per poter operare. Stasera si è compiuto il "capolavoro" del ct bergamasco: Cassano, che avrebbe dovuto giocare in avanti a liberare spazi per Toni e a passargli palloni preziosi, è stato limitato a effettuare compiti di copertura anche a centrocampo. In più, Aquilani, De Rossi e Ambrosini sono stati sacrificati in ruoli di copertura per bloccare le discese dei centrocampisti iberici: ma mai si sono visti in fase di costruzione della manovra. Anche Perrotta, posto dietro il talento (stasera sprecato) di Bari vecchia e Toni, invece di fare il "suggeritore" per gli attaccanti si limitava a compiti di tamponamento degli avversari. Intendiamoci, qualsiasi attaccante che si fosse trovato in questo tipo di gioco avrebbe fatto la fine di Toni.
Con queste premesse, non si poteva non arrivare al pareggio, contornati dai tempi supplementari e dai calci di rigori. Poche le occasioni da gol (come quella del colpo di testa di Di Natale, subentrato a Cassano, e quella del tiro di Camoranesi respinta con il piede dal portiere spagnolo Casillas): anche la Spagna si è adeguata e ha giocato tutta contratta a centrocampo. Si è dunque giocato il calcio della paura, come fu nel quarto di finale dei Mondiali ’98 tra Italia e Francia: come allora, logicamente si è terminato con la serie dal dischetto. La vittoria di martedì scorso contro i transalpini è stato un fuoco fatuo, anche se si è sperato che avesse dato la scossa agli azzurri: i francesi erano completamente bolliti, giunti alla fine del loro ciclo di vittorie. Non a caso la Nazionale ha segnato i suoi unici tre gol su calci piazzati. Quello di Panucci con la Romania su azione di calcio d’angolo; quelli contro la Francia su rigore calciato da Pirlo (procurato da Toni) e su calcio di punizione di De Rossi deviato da Henry. Davvero poco per poter sperare di proseguire verso la finale.
E adesso si parla dell’addio di Donadoni: voci di corridoio riportano del ritorno di Lippi, quasi come Cincinnato a salvare la patria, in vista delle qualificazioni per il Mondiale del 2010 in Sudafrica. Il ct bergamasco paga anche la colpa (niente affatto sua) del suo incarico a termine deciso dalla Figc: forse non visto favorevolmente dal presidente Giancarlo Abete per essere stato nominato dal commissario Guido Rossi. Ad ogni modo, anche questo clima ha inciso negativamente sulla spedizione in Svizzera e Austria: quando si potrà trovare un po’ di pace nel club azzurro?
Marco Liguori

venerdì 20 giugno 2008

Diritti tv, ritorno al futuro

La Lega Calcio continua a ritardare il recepimento della contrattazione collettiva, che andrà in vigore dal 2010. Qualche presidente sta forse pensando alla restaurazione del sistema soggettivo

Ieri si sono riuniti in conclave nella sede di Milano della Lega Calcio i presidenti di serie A e B. E’ stata trovata una soluzione per il regime transitorio 2008-2010 per la mutualità della serie A. Manca ancora il recepimento delle linee guida per il criterio di ripartizione collettiva dei diritti televisivi e l’advisor per la loro vendita. Criteri imposti dal precedente governo Prodi, tramite il decreto legislativo Melandri-Gentiloni, che ha inteso così ripartire in modo più equi i proventi delle risorse tv. La legge entrerà a pieno regime nel 2010.
Si potrebbe ipotizzare quindi che qualcuno all’interno della Lega potrebbe attendere un cambiamento di rotta, magari un ritorno alla vecchia contrattazione soggettiva che privilegiava le grandi squadre, come Inter, Milan e Juve. Che l’aria fosse cambiata lo si è notato già da alcune dichiarazioni di Silvio Berlusconi. In piena campagna elettorale, il numero uno del Pdl dichiarò lunedì 10 marzo su Antenna 3, al programma “Lunedì di rigore” condotto da Fabio Ravezzani che «è chiaro che incombe in Italia la possibilità di vedere ridotte le disponibilità delle grandi squadre e quindi ridotte le loro possibilità di competere con i grandi club europei». Il futuro presidente del Consiglio concluse così: «Immagino che bisognerà intervenire in una direzione diversa da quella che è stata ipotizzata dal governo della sinistra».
In quella stessa settimana, intorno al 14 marzo, Sky presentò il ricorso alla Commissione europea contro la normativa Melandri-Gentiloni. Il vicepresidente vicario del Milan, Adriano Galliani, lo commentò così all’Ansa: «secondo noi è il primo in ordine cronologico e altri ne seguiranno anche davanti ad altri organi giurisdizionali».
Tirando le somme, c’è da pensare l’ipotesi di un probabile ritorno alla contrattazione soggettiva non sia così infondata. Forse la legge Melandri-Gentiloni è stato un rimedio peggiore del male. Si dirà: «ma non era necessario un intervento del governo, visto che le società non trovano un accordo?». Il problema è che le società sono a scopo di lucro e che quindi la Lega, come accade per le consorelle estere (come la tanto celebrata Premier League inglese dove si applica la ripartizione collettiva), avrebbe dovuto stabilire al suo interno il criterio di contrattazione, senza “spinte” dal mondo politico. Per la nostra Costituzione, infatti, l’iniziativa privata è libera. Adesso bisognerà vedere se davvero la legislazione sarà cambiata: bisogna tenere la massima attenzione, poiché è questa la partita fondamentale su cui ruota il calcio nostrano. Infatti il 40-50% dei fatturati delle società è composto dai diritti tv, mentre le altre forme di ricavo (come il merchandising) sono a livelli ancora troppo scarsi. Maggiori entrate significano quindi ossigeno per le campagne acquisti delle squadre. Occorre un criterio che soddisfi tutti: altrimenti ricomincerà la loro moria per fallimento. Fiorentina, Napoli, Torino, Venezia, Ancona, Cosenza ne sono state vittime del precedente sistema: si spera che abbiano insegnato qualcosa.
Marco Liguori

mercoledì 18 giugno 2008

La Nazionale che fila dritto

L’undici di Donadoni ha surclassato una Francia spenta e incontrerà domenica la Spagna tritatutto. Nella serata positiva emergono la mancanza di calma di Pirlo e il gioco d’attacco ancora troppo incentrato sul centroboa Toni


«L’Italia filava…e filava, filava…filava dritto». La canzone di Rino Gaetano rende perfettamente l’idea del gioco della Nazionale di ieri sera contro la Francia: finalmente tonica e aggressiva, con Grosso e Zambrotta che corrono sulle fasce e crossano mettendo in difficoltà la difesa avversaria. Il centrocampo ha fatto finalmente filtro, sovrastando quello dei "galletti" quasi mai in partita, con De Rossi ispirato e concreto. L’uscita di Ribery per infortunio (l’unico che poteva impensierire con i cross gli azzurri) e il fallo da rigore di Abidal su Toni (con conseguente espulsione) hanno demolito definitivamente i francesi. Anzi, la difesa transalpina era decisamente in affanno: peggio ancora proprio Abidal, che aveva consentito in apertura al centravanti azzurro di sgusciare solo davanti al portiere Coupet (ieri sera finito due volte "fuori strada"), purtroppo sbagliando una clamorosa occasione. Il nuovo entrato Boumsong ha confermato la pochezza del reparto: nella Juve in serie B dell’anno scorso ha lasciato brutti ricordi. A completare la serata, la prestazione perfetta dell’Olanda che non ha regalato "biscotti" a nessuno: anzi, ha offerto una indigesta Sachertorte (facciamoci del male alla Nanni Moretti) a una Romania mediocre, che solo una prestazione non troppo brillante dell’Italia aveva esaltato e illuso.
L’Italia ha dunque scacciato i fantasmi del Mondiale del 1954, con Donadoni portato sugli scudi. Con tutta probabilità le "punzecchiature" della stampa sportiva sono servite a qualcosa: la scelta di gettare subito Cassano nella mischia si è rivelata decisiva, così come quella di registrare la difesa con Chiellini e Grosso. Decisioni invocate più volte a furor di popolo. Il fuoriclasse di Bari Vecchia non ha offerto giocate entusiasmanti, ma è stato utile anche in fase di possesso palla. E adesso il ct (ieri sera per fortuna ha tolto il suo velo di tristezza dal viso) dovrà affrontare la Spagna. Avversario temibile visto che non è solo composto dai suoi attaccanti Torres e Villa, ma da un collettivo micidiale. Anzi, il centrocampo è la sua forza, che ha letteralmente tritato Russia e Svezia (sempre più dipendente dalle giocate di Ibrahimovic, un grande limite) e oggi farà polpette anche della Grecia campione uscente (nel senso di essere già stata eliminata) per incassare il terzo milione di euro per l'ennesima vittoria. E proprio nella linea mediana del campo Donadoni avrà il suo grave problema, che speriamo che non lo porti nuovamente a tentennare come un novello Carlo Alberto di Savoia durante la Prima guerra d’indipendenza: bisognerà trovare l’alternativa agli squalificati Pirlo e Gattuso. Forse meglio affrontare con un deciso 4-4-2 le "Furie rosse" per bloccarle sulle ali. Aquilani, Camoranesi o Ambrosini? Di Natale in avanti a sostegno di Toni? Vediamo cosa tirerà fuori dal cappello a cilindro il commissario tecnico bergamasco domenica sera a Vienna.
Nell’ebbrezza della vittoria non bisogna dimenticare i punti deboli della Nazionale. Su tutto, la mancanza di calma e carattere: il fallo di ritorsione di Pirlo su un centrocampista avversario, commesso a pochi secondi dal termine del primo tempo, dopo il secondo rigore non concesso dall’arbitro per fallo su Toni dopo la splendida punizione calciata da Grosso e miracolosamente parata da Coupet. E’ stata una cattiveria inutile, che mette in grave difficoltà Donadoni, che sarà privo del faro del gioco azzurro.
Il secondo problema è costituito dal fatto che la squadra non ha ancora segnato su azione. Dopo il gol su azione di calcio d’angolo di Panucci con la Romania, anche ieri sera due realizzazioni con il pallone fermo: il rigore di Pirlo e la punizione di De Rossi con l’autorete beffarda di Henry. Con la Francia c’è stata però una buona dose di sfortuna: Toni le ha provate tutte e si è anche procurato il rigore. Però c’è da dire che ancora una volta il gioco offensivo converge solo e unicamente su di lui, che ricopre il ruolo di centravanti-centroboa a cui non è abituato. Occorre che ci siano i compagni (Cassano in primis) a liberare spazi per lui, attirando e trascinando gli avversari fuori dalle proprie zone di competenza. Oppure occorre una valida spalla per il centravanti del Bayern, che è ancora troppo solo in avanti.
Infine, finalmente si è vista una difesa impeccabile. Unico problema: si concedono troppi spazi per i tiratori avversari dalla distanza, come è accaduto ieri sera con Benzema alcune volte. Si parte per la corrida di Vienna: chi sarà "el matador"?
Marco Liguori

lunedì 16 giugno 2008

Somiglianze pericolose

Italia-Francia di domani sembra avere numerose analogie poco benauguranti con il Mondiale del 1954 in Svizzera, quando l'Italia fu eliminata nel girone iniziale dalla squadra di casa

E così siamo arrivati all’ultima spiaggia: Italia-Francia nella “fatal” Zurigo. Un bel rebus, visto che non sarà sufficiente per entrambe vincere. Domani sera a Berna bisognerà vedere se l’Olanda cederà alla tentazione di dare il “biscotto” alla Romania per consentirle di qualificarsi. In alternativa, la formazione di Van Basten potrà battere la squadra di Piturca per accaparrarsi la “torta” di un milione di euro (onestamente sarebbe più succulenta) per la sua terza vittoria consecutiva: in totale sarebbero tre milioncini puliti per aver demolito in fila Italia, Francia e (eventualmente) appunto la Romania.
Intanto, come in qualsiasi sfida decisiva che si rispetti, è iniziata la ridda di voci su tattiche e schieramenti. Stamattina l’Equipe, il quotidiano d’Oltralpe, ha scritto che il ct Domenech starebbe pensando almeno a tre cambi rispetto alla formazione che ha subito il cocente 4-1 dall'Olanda. A rischiare il posto sarebbero Thuram, Sagnol e Malouda, se non addirittura anche Makelele. Avrebbe provato successivamente anche uno schema 4-4-2, in alternativa al 4-2-3-1. Donadoni metterà finalmente in campo Cassano sin dal primo minuto: e poi «sarà quel che sarà», come diceva la famosa canzone di Josè Feliciano al Festival di San Remo del 1971.
Sugli azzurri, oltre al pensiero del match di domani, c’è l’ombra di un precedente poco benaugurante: l’eliminazione nella fase iniziale dei Mondiali del 1954 che si disputavano proprio in Svizzera. Molti tifosi staranno sicuramente praticando gli scongiuri di rito, ma a 54 anni di distanza ci sono diverse similitudini con quella sfortunata spedizione. Gli amanti della cabala e della numerologia (o di Nostradamus) potranno intravedere la prima nella ripezione del numero 54 oltre alla coincidenza del luogo dove si disputarono i Mondiali e gli attuali Europei. Tralasciando questo aspetto ai confini della superstizione, scendiamo nei particolari tecnici che causalmente presentano analogie preoccupanti. Il primo riguarda i tentennamenti del commissario tecnico di allora, Lajos Czeizler, che sono molto simili a quelli di Donadoni. L’allenatore di origine ungherese, che aveva vinto nel 1950-51 lo scudetto con il Milan del trio Gre-No-Li, schierò nelle tre partite con Svizzera, Belgio e nello spareggio con la squadra di casa altrettante formazioni diverse. Identico atteggiamento sta tenendo l’attuale ct. Lo spiega molto bene nella sua storia dei Mondiali di calcio su www.napolisport.it il grande cronista sportivo napoletano, Mimmo Carratelli. «Czeizler chiamò in nazionale i giocatori – racconta Carratelli – della frizzante Fiorentina (l’intera difesa con Costagliola, Magnini, Cervato, Chiappella, Rosetta, Segato), un trio juventino (gli attaccanti Muccinelli, Ricagni, un oriundo argentino, Boniperti) più Pandolfini che giocava mezz’ala nella Roma e l’ala milanista Frignani. Ignorò i calciatori dell’Inter che, allenati da Foni, praticavano il “catenaccio” e, prima del Mondiale elvetico, avevano vinto due scudetti di fila». Ma alla vigilia della trasferta in Svizzera «Czeizler perse la sua convinzione offensivista – prosegue il giornalista partenopeo – e, pressato dalla stampa milanese, rinunciò al blocco fiorentino e richiamò in nazionale quelli dell’Inter. Nella squadra nerazzurra c’erano giocatori stranieri decisivi, che ne comandavano il gioco e di cui non esistevano omologhi italiani da convocare in azzurro». Altra somiglianza, la demenzialità della formula. Nel 1954 erano stati previsti quattro gironi, in cui le due teste di serie e le due squadre di seconda fascia non si incontravano. Agli Europei 2008 non solo è stato consentito che nel gruppo dell’Italia si incontrassero tra loro due squadre provenienti dallo stesso girone di quelificazione (Italia e Francia, Romania e Olanda) ma anche che, per il meccanismo della parte alta e bassa del tabellone, le due coppie di semifinaliste potrebbero essersi già scontrate nella fase a gironi. Davvero una bella “fonduta” in stile Uefa, che risulta anche noiosa: sembra di vedere una sfida infinita tra le solite quattro squadre.
La prima partita fu persa per 2 a 1 contro la Svizzera il 17 giugno, che attuava il “verrou” ossia il catenaccio che si dimostrò molto efficace. Si vide subito l’enorme confusione tattica della nostra Nazionale, che schierava in campo giocatori che adottavano un tipo di gioco completamente differente da quello chiaramente offensivo di Czeizler. Questa la prima formazione: Ghezzi, Vincenzi, Giacomazzi, Neri, Tognon, Nesti, Muccinelli, Boniperti (capitano), Galli, Pandolfini, Lorenzi. L’arbitraggio del brasiliano Viana a favore degli elvetici scatenò le ire dei giocatori e della stampa italiana. Il suo capolavoro fu quello di annullare un gol a “veleno” Lorenzi, il mitico centravanti dell’Inter, che, nel corso di una concitata discussione verso la fine della gara, gli rifilò un calcione negli stinchi. Anche in questo Europeo la Nazionale è stata vittima di errori arbitrali: quelli più clamorosi da parte del fischietto norvegese Ovrebo nella seconda gara con la Romania.
Il 20 giugno si disputò la seconda partita allo stadio Comunale di Cornaredo a Lugano con il Belgio e il ct ungherese sfodera la sua seconda formazione: via Vincenzi, Muccinelli, Boniperti, dentro Magnini, Cappello e Frignani. L’Italia vince 4 a 1 e, per l’assurdità del regolamento, deve incontrare nello spareggio per accedere ai quarti di finale la Svizzera, che aveva perso 2-0 con l’Inghilterra, poiché l’aveva raggiunta a quota 2 punti nel girone.
Tre giorni dopo la partita decisiva con gli elvetici a Basilea fu un disastro annunciato. Il racconto di Carratelli è illuminante. «La vigilia della partita, trascorsa in un principesco ritiro nei pressi di Basilea, fu contrassegnata da liti e insubordinazione dei giocatori che rivelarono la completa mancanza di polso di Czeizler. Questi, per giunta, in piena confusione, cambiò la formazione che aveva battuto i belgi. Schierò un nuovo portiere (lo juventino Viola al posto di Ghezzi), cambiò un mediano (il sampdoriano Mari per Neri), rinunciò in attacco all’acrobatico Galli e al poderoso Cappello, preferendogli due “pesi leggeri”, Muccinelli e Lorenzi, e inserì a mezz’ala il fiorentino Segato che era piuttosto un mediano». Finì 4-1 per la nazionale rossocrociata, che colpiva agevolmente in contropiede l’Italia tutta sbilanciata in avanti, con un centrocampo completamente squilibrato che non svolgeva il filtro necessario alle veloci e concrete manovre avversarie.
Adesso si aspetta Italia-Francia domani: Donadoni come sceglierà di giocare? Farà altri cambi, oltre a Cassano invocato a furor di popolo, rispetto alla gara con la Romania? Che la dea Eupalla lo assista!

venerdì 13 giugno 2008

Poco costrutto uguale eliminazione

La Nazionale non è riuscita a battere la Romania, a causa di un gioco ancora poco ordinato, di una difesa distratta e di Toni impossibilitato a segnare perché troppo solo in avanti. Adesso bisogna battere assolutamente la Francia, definita "noiosa" dai giornali sportivi d’Oltralpe

«L’alunno ha studiato, ma non si è applicato». Quante volte abbiamo sentito gli insegnanti parlare così riguardo ad alcuni studenti poco inclini all’apprendimento delle materie scolastiche. Così ha fatto oggi l’Italia, colpita da "eroico furore" nel primo tempo e per alcuni ma brevi tratti della ripresa, costringendo in alcuni momenti la Romania alle corde, ma con poco costrutto. Per fortuna il commissario tecnico, Roberto Donadoni, ha ascoltato i suggerimenti invocati dalla piazza: a furor di popolo si volevano De Rossi e Perrotta invece degli stanchi Gattuso e Ambrosini. Assieme ai due romanisti il ct triste, che stando alle indiscrezioni del Corsera di oggi sentirebbe sempre più il fiato di Lippi sul collo, ha messo dentro Grosso che ha disputato un’ottima gara sulla fascia sinistra. Bene a tratti Del Piero, anche se ci sarebbe aspettato di più da lui: ci si attendeva magari che avesse guidato da novello Achille (ma a proposito, nel suo caso non sarebbe più calzante il paragone con Cincinnato, richiamato da Roma nei momenti difficili?) la Nazionale alla vittoria. Il portiere rumeno Lobont-Clorodont è riuscito a salvare in almeno tre occasione lo smalto ai propri colori con interventi strabilianti. Ma contro avversari ostici e coriacei occorreva fare di più: e soprattutto concretizzare. Forse risiede proprio in quest’ultimo verbo la chiave del mancato successo azzurro e della probabile eliminazione al primo turno dagli Europei. Probabilmente la mancanza di concretezza è un campanello d’allarme che la generazione di calciatori che si laureò due anni fa campione del mondo è al suo capolinea. E forse i ricambi non ci sono, almeno nel brevissimo termine. Di chi sono le colpe? Sicuramente del sistema calcistico nostrano che pretende di creare stelle di prima grandezza, valutate spesso milioni di euro, ma che tali non sono. Non a caso ciò si era manifestato nelle Coppe europee nella passata stagione, con le squadre italiane ben lontane dalle finali. In caso di vittoria nell'ultima partita con la Francia, l'unico risultato che potrebbe consentire alla Nazionale di approdare ai quarti (sempre che la Romania non batta l'Olanda), forse Donadoni assurgerebbe al ruolo di eroe: ci saranno anche in tanti che diranno «l’avevamo detto che bisognava dargli fiducia». Ma purtroppo nel calcio non vige il fortunato slogan degli anni ’60 del formaggio Belpaese. Ma spieghiamo per punti la gara odierna e presentiamo la sfida all’ultimo sangue con i transalpini.
Difesa – Ancora una volta si è confermato il reparto più traballante. Zambrotta ha letteralmente regalato la palla del vantaggio rumeno a Mutu, il quale (neanche in modo silenzioso) si è involato verso Buffon. Il nostro difensore di fascia destra non poteva non averlo notato: era troppo vicino all’attaccante della squadra di Piturca. Zambrotta è ormai il lontano ricordo del giocatore ammirato nell’Europeo 2000 e nel Mondiale in Germania: dalla sua fascia partivano spesso i cross avversari. Chiellini assieme a Panucci (realizzatore della marcatura azzurra) dov’erano mentre Mutu volava?
Centrocampo – l’innesto dei succitati Grosso, De Rossi e Perrotta (quest’ultimo per la veità in ombra) ha dato nuove energie al reparto. Ma manca il direttore di orchestra Pirlo, che non è al massimo della condizione. Risultato: la linea mediana ancora non fa filtro sufficiente contro l’avversario, soprattutto sulle fasce laterali dove non riesce a bloccare l’avversario al cross. E’ accaduto contro l’Olanda e si è ripetuto con la Romania.
Attacco –il centrocampo non costruisce palle giocabili per l’unico attaccante, il povero Toni, lasciato tutto solo contro i difensori centrali avversari, prima olandesi e poi rumeni. La punta del Bayern di Monaco, capocannoniere della Bundesliga con 24 reti e autore di 39 gol in tutta la stagione, deve fare il "centroboa" e costretto a cercarsi i palloni: un ruolo che non gli è assolutamente congeniale e gli impedisce di segnare. Non sarebbe stato meglio che Del Piero (e poi Cassano) gli avessero creato spazi, attirando i difensori avversari, e fornito passaggi decenti? La regola prima fondamentale del calcio è toccare la palla, ma la seconda è buttarla in rete: se non lo si fa, non si vince e si va a casa. Logica lapalissiana, ma inoppugnabile.
Francia – la stampa francese ha definito "noiosa" la nazionale di Domenech. Si può dire di più: inconcludente e (a tratti) abulica. Si può dire che dopo le due gare con Romania e Olanda è persino peggiore dell’Italia, che almeno qualche piccolo segnale di risveglio oggi l’ha dato. Se poi giocasse Anelka al posto di Henry per gli azzurri sarebbe un gioco da ragazzi passare il turno: la Francia giocherebbe completamente spuntata. A parte questa ipotesi poco realistica, dobbiamo costringere i "galletti" ad attaccare e scoprirsi per colpire in contropiede: la loro difesa è lenta e macchinosa e si aprirebbero varchi per Toni e Del Piero (e perché non Cassano al suo posto?).
Regolamenti e arbitraggi – Dopo il sorteggio folle che ha portato ad affrontarsi non solo le due finaliste di Germania 2006, ma anche quattro formazioni provenienti dagli stessi gironi di qualificazione (l’Italia e la Francia nel gruppo B, l’Olanda e la Romania nel girone G), c’è anche la possibilità che due di esse si incontrino ancora in semifinale. Un regolamento a dir poco demenziale, che eliminerà subito due delle protagoniste degli Europei, mentre altre due si incontreranno per l’ennesima volta. Ma ai "parrucconi" dell’Uefa tutto ciò non interessa: gli sfuggono persino i chiarissimi errori arbitrali. Il rigore concesso oggi alla Romania contro l’Italia non esisteva: lo avrebbe notato anche un direttore di gara alle prime armi nei tornei scolastici. A ciò si aggiunge il penalty non concesso alla Francia per un fallo di mano di un olandese in area: il braccio di quest’ultimo era ben distanziato dal corpo e perciò, a termini di regolamento, perseguibile con la massima punizione. Dimenticavo: il gol di Toni era regolare. Per l’ennesima volta bisogna invocare la moviola in campo: nell’era del calcio a scopo di lucro l’aiuto della tecnologia è indispensabile. Ma su questo Platini e Blatter non ci vogliono proprio sentire.
Marco Liguori
(riproduzione autorizzata solo dietro citazione della fonte)

domenica 8 giugno 2008

"Rateizzare in bulgaro" sbarca in Bulgaria

Ringrazio la collega Elena Chahanova, corrispondente della Radio Nazionale Bulgara in Italia, per aver tradotto in bulgaro il mio articolo "Rateizzare in bulgaro" e i colleghi tutti del sito www.sportline.bg per averlo pubblicato.

Per gli amici di Sofia e dintorni, questa è la versione nella loro lingua
Финансист от Италия:
Отсрочено плащане по италиански, а не оставка на президента, беше спасението за ЦСКА
http://www.sportline.bg/news.php?id=9247

E questo è l'originale in italiano
http://marcoliguori.blogspot.com/2008/06/rateizzare-in-bulgaro.html

giovedì 5 giugno 2008

Rateizzare in bulgaro

Il presidente del Cska, Aleksandar Tomov, non avrebbe dovuto dimettersi a causa della grave situazione dei debiti fiscali del club che lo ha portato all'esclusione dalla Champions. Bastava dilazionare "all'italiana"

Cska Sofia e Porto sono state escluse dalla ricchissima Champions League. La decisione per la squadra portoghese è stata emanata dall’Uefa: secondo il sito dell’organizzazione pallonara continentale essa è stata presa «dopo aver studiato il caso legato alla corruzione di arbitri durante il campionato portoghese del 2003/04». Invece il “ne” (no in lingua bulgara) per il Cska è giunto stamane dalla Federcalcio bulgara, che ha accertato alcune irregolarità con il fisco: il pagamento dei tributi è un presupposto fondamentale per ottenere la licenza Uefa necessaria per la partecipazione alle coppe. A ciò si aggiungerebbero anche somme consistenti dovute verso istituti bancari. La decisione è definitiva e inappellabile. Probabilmente non è stato sufficiente l’apporto finanziario di Pramod Mittal, uno dei componenti della omonima famiglia dei magnati indiani dell’acciaio, che l’acquistò nel 2006. Si mettano però il cuore in pace il Milan e le altre società prime escluse dalla Champions nei rispettivi campionati: ogni paese può schierare nella manifestazione il numero di squadre assegnato per regolamento (l’Italia soltanto quattro). Il posto lasciato vacante dal Cska spetta agli eterni rivali del Levski Sofia, giunti secondi in campionato.
Una triste fine per il club della capitale balcanica, che ha vinto nella stagione appena trascorsa il suo 31° campionato e diverse volte protagonista nelle coppe continentali. E’ stato semifinalista in Coppa Campioni nel 1967, quando fu eliminato dalla Grande Inter alla terza partita (non esisteva ancora la regola del gol doppio in trasferta), e nel 1982: nel 1989 giunse in semifinale di Coppa delle Coppe. E suonano come un’atroce beffa le parole pronunciate il 24 maggio scorso dal presidente (oggi dimissionario e inseguito dai tifosi inferociti) Alexandar Tomov. Nella versione inglese del sito del Cska (http://inside.cska.bg/cska/en/info/accents/2008/05/20080524_1524/view) si leggono le dichiarazioni trionfalistiche del numero uno della società polisportiva che fu dell’esercito bulgaro: «Quest’anno il Cska ha il più grande budget della sua intera storia».
Secondo un nostro sommesso parere, il presidente ha però sbagliato nel dare subito le dimissioni. Un gesto troppo frettoloso. Avrebbe dovuto ricordarsi ciò che accadde nel 2005 in Italia, quando la Lazio, grazie a una normativa fin troppo accondiscendente, ebbe la rateizzazione dei debiti fiscali in 23 anni. Se il Testo unico tributario bulgaro non prevede ciò (e pur non conoscendolo, dubitiamo che lo preveda) Tomov avrebbe potuto rivolgersi a esponenti politici del suo paese per emanare una leggina ad hoc, magari usufruibile anche da altri club. Se il Cska è ridotto male con i conti a causa del suo asfissiante stato debitorio, figuriamoci gli altri. In questo modo si capovolgerebbero i luoghi comuni italiani come “plebiscito bulgaro” o “editto bulgaro”: gli amici del paese delle rose potrebbero quindi dire in questo caso “legge italiana”. E ovviamente salvare un pezzo importante della loro storia.
Marco Liguori
Ultim'ora - Da Sofia giungono voci che per il Cska si starebbero per spalancare le porte della retrocessione in seconda divisione

martedì 27 maggio 2008

Il silenzio dell'Inter sulla vicenda Mancini

Tra il presidente dell'Inter Massimo Moratti e l'allenatore Roberto Mancini è ormai divorzio. Manca solo il crisma dell'ufficialità. E, come in tutti i matrimoni che finiscono, la parola spetta agli avvocati. Il sito della società nerazzurra non ha riportato una sola riga dell'incontro tra i due di questo pomeriggio, raccontato invece in tutte le salse dalle agenzie. Inoltre, non è stata ancora pubblicato il comunicato ufficiale dell'addio. Quali potrebbero essere i motivi di tutto ciò? Probabilmente per una questione di forma legale: ciò forse spiega il silenzio cautelativo, forse imposto dagli stessi vertici. Si può fare un'ipotesi: in questi momenti concitati, i legali dell'Inter e quelli di Mancini si starebbero accordando per una soluzione amichevole della questione. Questione che deve avere, come si dice nel freddo linguaggio giuridico, una "species". Come inquadrare la separazione tra il club di via Durini e il suo (ormai ex) allenatore? Bisogna andare cauti con le parole. Usare un termine inappropriato, o meglio così ritenuto da una delle due parti, può esporre ognuna di esse a una vertenza civile di risarcimento del danno oppure una causa penale per diffamazione.
Quale parole usare quindi? Forse "esonero"? Questa potrebbe non essere gradita a Mancini. Tuttavia anche la terminologia "soluzione consensuale" potrebbe dispiacere a Moratti, forse per orgoglio. Insomma, la parola spetta agli avvocati che avranno un difficilissimo nodo gordiano da sciogliere. Essi dovrebbero trovare una formula che soddisfi pienamente le parti, in modo da lasciarsi con il sorriso sulle labbra senza strascichi giudiziari. In forza di ciò il comunicato forse potrebbe arrivare non nella tarda sera di oggi, ma forse domani. Insomma, trovare un modo civile, messo nero su bianco, per dirsi addio.

lunedì 26 maggio 2008

Dramma in casa Sensi

da www.dagospia.com

Avviso ai tifosi: “Si avvisano i tifosi della AS Roma che dentro la famiglia Sensi si sta svolgendo un autentico dramma. La figlia Rosella non vuole vendere la squadra fino a quando il patriarca Franco Sensi (82 anni) sarà in vita, mentre le sorelle si sentono soffocate da 377 milioni di debiti. La Consob vigila”.

Riporto, per completezza di informazione, l'ennesimo comunicato pubblicato stamattina sul sito dell'As Roma

http://bo.asroma.it/UserFiles/827.pdf
Con riferimento alle notizie diffuse con reiterazione dai principali organi di stampa e di informazione in merito agli assetti proprietari A.S. Roma S.p.A., Compagnia Italpetroli S.p.A., nella sua qualità di controllante indiretta, precisa quanto segue.
Nel richiamare quanto già espresso nei propri comunicati stampa del 23 e 24 maggio 2008 e nei precedenti, Compagnia Italpetroli ribadisce, ancora una volta, di non aver ricevuto e/o accettato, direttamente o indirettamente, alcuna manifestazione di interesse o offerta relativa all’acquisizione della propria partecipazione di controllo in A.S. Roma, da parte di Inner Circle
Sports e/o del Sig. George Soros o di fondi direttamente o indirettamente facenti capo o riferimento allo stesso.
Compagnia Italpetroli precisa inoltre di non aver raggiunto alcun accordo, direttamente o indirettamente, o sottoscritto alcun preaccordo, relativamente a tale partecipazione, né di aver in corso alcun processo volto alla dismissione della stessa.
Infine, si precisa non è previsto alcun incontro tra i propri rappresentanti e quelli di Inner Circle Sports finalizzato alla sottoscrizione di un accordo per la cessione del pacchetto azionario di A.S. Roma; pertanto, tali notizie diffuse, così come quelle relative a date, informazioni finanziarie e programmi, devono ritenersi non corrette e prive di ogni fondamento.
http://www.wikio.it

il pallone in confusione

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