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mercoledì 20 ottobre 2010

Avvocato Turrà: incidenti Genova, ecco quali sanzioni rischia l’Italia

Il pallone in confusione ospita il parere di un noto esperto in materia di diritto sportivo che spiega i motivi di una possibile sanzione ad opera dell’Uefa anche contro la Figc, a seguito dell’incontro Italia-Serbia interrotto a pochi minuti dall'inizio


A seguito della sospensione della gara di qualificazione a UEFA EURO 2012 tra Italia e Serbia di martedì scorso allo stadio Luigi Ferraris di Genova, dovuta alle intemperanze dei tifosi della squadra ospite, iniziate ancor prima dell’avvio dell’incontro e proseguite per molte ore al di fuori dell’impianto sportivo, la UEFA ha emesso un comunicato dichiarando di aver aperto un'inchiesta disciplinare completa e a tutto campo sugli incidenti e i seri disordini che si sono verificati.
Essa si baserà sull’analisi dei referti dell’arbitro (che in prima persona prese la decisione di sospendere la partita) e del delegato UEFA presente allo stadio: sarà poi la Commissione Disciplinare e di Controllo UEFA nella riunione di giovedì 28 ottobre a decidere se e a chi comminare eventuali sanzioni.
Anche l’Italia rischia una sanzione: lo prevede il combinato disposto degli articoli 6 (Responsabilità) e 14 (Misure disciplinari) del Regolamento Disciplinare UEFA, edizione 2008, ancora vigente.
Esse sono ricalcate in Italia dal nostro Codice di Giustizia Sportiva, che prevede una analoga "responsabilità oggettiva" a carico della società che ospita l’incontro di calcio nel proprio impianto sportivo (anche se lo stadio non sempre è di sua proprietà), avvalendosi dei propri stewards e della propria organizzazione.
Tale regola, dai più invisa ed anzi considerata ingiusta, ha la propria ragion d’essere nel tentativo di responsabilizzare le società ospitanti nella prevenzione degli incidenti, attraverso una fitta e rigorosa rete di controlli, sia prima che durante e dopo il match.
Nel caso di Genova gli scarsi controlli (mancate perquisizioni) all’ingresso dello stadio sono stati conseguenza del tentativo di ridurre i danneggiamenti dei tifosi serbi alle auto e a i negozi, lungo il percorso che conduce allo stadio, affrettandone l’ingresso nell’impianto sportivo.
Tornando al Regolamento Disciplinare UEFA, in particolare l’art. 6 dispone che l’associazione o club ospitante è responsabile per l'ordine e la sicurezza sia all'interno che intorno allo stadio prima, durante e dopo la partita ed è responsabile per gli incidenti di qualsiasi natura, e pertanto può essere oggetto di misure disciplinari.
L’art.14 del Regolamento, invece, elenca quali misure possono essere imposte, a norma dell'articolo 53 dello statuto UEFA: esse vanno da provvedimenti meno gravi, quali l’avvertimento, la nota di biasimo, l’ammenda, ad altri che incidono sulla gara o sul torneo, quali l'annullamento di una partita, l’ordine di rigiocarla, la detrazione di punti, l'aggiudicazione di una gara "a tavolino", la disputa di una partita a porte chiuse, fino alle conseguenze estreme quali la chiusura dello stadio, la disputa dell’incontro in un paese terzo, l'interdizione dalle gare in corso e/o l'esclusione dai campionati futuri, la revoca di un titolo o addirittura di una licenza. Ad esse può essere aggiunta anche l’irrogazione di sanzioni pecuniarie.
Infine l’art. 15 del Regolamento Disciplinare UEFA dispone che la sanzione possa essere sospesa per un periodo (cosiddetto di prova) per verificare se si evidenzino recidive.
A mio avviso nei confronti dell’Italia potrebbero essere presi, al più, provvedimenti minimi.
In primo luogo, per quanto affermato dal presidente Figc Giancarlo Abete ovvero "è la prima volta in 100 anni di storia della Federazione che succede una cosa del genere"; inoltre per le scarse (qualcuno ipotizza addirittura errate?) informazioni fornite dalle autorità serbe prima dell’incontro; ancora per il comportamento esemplare tenuto dal pubblico italiano, che non ha minimamente reagito alle provocazioni; infine perché il servizio d’ordine ha evitato conseguenze più gravi ed ha anche arrestato alcuni dei colpevoli degli incidenti.
La federazione serba rischia, invece, pesanti sanzioni, ai sensi dell’art. 11 del Regolamento UEFA, per il comportamento dei propri sostenitori, tra cui il tentativo di invasione del campo di gioco, il lancio di oggetti, l'accensione di fumogeni, l'utilizzo di gesti, parole, oggetti ed altri mezzi per trasmettere messaggi politici, provocatori ed offensivi, nonché per tutti gli atti di danneggiamento.
Fabio Turrà
fabio_turra@libero.it
RIPRODUZIONE (ANCHE PARZIALE) DELL'ARTICOLO CONSENTITA PREVIA CITAZIONE DELLA FONTE: IL PALLONE IN CONFUSIONE
http://marcoliguori.blogspot.com/

sabato 13 giugno 2009

Platini: «Più controlli sui bilanci»

Ju29Ro intervista in esclusiva il presidente dell'Uefa sul tema delicato dell'equilibrio finanziario delle società di calcio

Michel Platini è nato a Joeuf in Francia il 21 giugno del 1955. E' stato un leader in campo e un personaggio mai banale fuori; insofferente e gigione con i giornalisti, brillante e istrionico nei rapporti con i colleghi.La sua carriera da calciatore lo ha portato ad ottenere i massimi successi, sia con le maglie dei clubs coni quali ha giocato (Nancy, St. Etienne, soprattutto Juventus, la squadra con la quale ha vinto tutto), sia con la Nazionale francese, da lui trascinata alla conquista del primo titolo continentale, nella manifestazione più dominata da un singolo che la storia del calcio ricordi.Persona di spiccata intelligenza e indiscutibile carisma, comprese che ritirarsi ancora competitivo avrebbe lasciato un'immagine indelebile della sua grandezza.Appena ritiratosi, pur non avendo mai avuto particolari velleità da allenatore, Platini rispose alla chiamata della Federazione francese per gestire il delicato momento dei "bleus" rimasti orfani del suo stesso ciclo vincente. Ma il suo futuro era dietro una scrivania, e l'organizzazione del Mondiale francese del 1998 passò attraverso la sua supervisione. Fu un grande successo, completato dal trionfo della Nazionale di casa, e Michel, in tribuna in abito elegante, ma con la maglia della nazionale al posto della camicia ("obbligando" politici e autorità a seguirne l'esempio,presidente Chirac compreso), uscì da quell'esperienza da trionfatore. La brillante ascesa di Platini lo portò alla vicepresidenza della FIFA (dal 2002), mentre nel gennaio 2007 pose termine al "regno" dello svedese Lennart Johansson (che durava dal 1990), rilevandone la presidenza UEFA.Platini, che da anni si batte per restituire al calcio europeo la prevalenza dell'aspetto sportivo su quello meramente commerciale, pur non sottovalutando gli aspetti riguardanti l'enorme business che vi gira attorno, è ora l'incubo di tanti presidenti. Quelli dai bilanci "allegri". Il momento del calcio europeo, con un impoverimento generale (escludendo qualche eccezione, seppur eclatante) e interi sistemi a rischio fallimento, necessita di un cambio di rotta immediato.In esclusiva per Ju29ro.com, Michel Platini ci spiega come la UEFA guiderà il cambiamento.

- Buongiorno Presidente. Innanzitutto La ringraziamo per aver accettato di rispondere alle domande che la nostra Redazione Le ha posto su un argomento di estrema attualità, come il fair play finanziario e i bilanci delle società di calcio europee. In particolare si sente parlare spesso dell’elevato indebitamento complessivo della Premier League mentre, a nostro avviso, la situazione di squilibrio finanziario nei conti del calcio è di ordine globale e riguarda principalmente le società che fanno capo a proprietari facoltosi che hanno facilmente accesso al credito bancario; Qual è al riguardo la valutazione dell'Uefa?

La situazione di “squilibrio finanziario” è tipica di tutto il sistema calcio e sarebbe riduttivo ricondurla a singoli club o paesi. Si tratta di un problema europeo, che colpisce tutti i paesi, dalle grandi alle piccole nazioni calcistiche e che quindi richiede una soluzione a livello europeo. Le cause di questa situazione sono da ricercare negli obiettivi perseguiti dalle società di calcio e nella struttura delle competizioni a tutti i livelli. A differenza delle imprese “normali” la ricerca del successo sportivo è l’obiettivo principale di una società di calcio, non il profitto. Il successo sportivo genera sovente un ritorno economico importante che spinge le società di calcio a preferire la spesa nel breve termine a scapito di un investimento di lungo periodo. L’UEFA ritiene pertanto necessaria una riforma globale che dovrà correggere comportamenti orientati al breve periodo fornendo incentivi per ridurre i costi, in particolare quelli legati agli stipendi e ai trasferimenti dei giocatori.

- A fronte dell’indebitamento riteniamo necessario differenziare quello contratto a fronte di investimenti duraturi, come lo stadio, da quello utilizzato per finanziare la gestione corrente e la corsa verso ingaggi sempre più elevati e rose di giocatori sempre più "esagerate". Nella giusta battaglia che l'Uefa porta avanti si potrà tener conto di questa sostanziale differenza?

Certamente si terrà conto di questa sostanziale differenza. Il debito per se non è negativo. E` necessario però che il livello d’indebitamento sia “sostenibile” nel medio/lungo termine. Sostenibile, non in funzione della capacità finanziaria di facoltosi proprietari ma della capacità del club di generare reddito. La riforma fornirà inoltre incentivi volti ad aumentare gli investimenti nelle infrastrutture e nei settori giovanili.

- I bilanci delle società italiane in particolare sono poco trasparenti e spesso artificiosamente sostenuti perché, in molti casi, si fa ricorso a società controllate e/o collegate unicamente per far emergere utili fittizi come quelli rivenienti, ad esempio, dalle finte compravendita dei marchi. Bisognerà ricorrere a nuovi accorgimenti e nuovi controlli, per esempio sul Bilancio Consolidato; l'Uefa li ha già studiati e li metterà subito in atto?

L’UEFA ha previsto l’applicazione delle nuove norme a livello di bilancio consolidato. In futuro saranno previsti maggiori controlli volti ad aumentare la trasparenza. Si tratta di una questione complessa che deriva in molti casi dalla complessità delle strutture societarie e dei sistemi giuridici nei 53 paesi membri dell’UEFA.

- Abbiamo letto della costituzione da parte dell'Uefa di un Comitato (Panel) di Controllo Finanziario per Club che valuterà la concessione delle licenze per le competizioni internazionali. Questo controllo sarà operativo già da questa estate in vista della Champions 2009-10? La stampa ha riportato la notizia secondo la quale il Comitato valuterà se i rispettivi organismi nazionali (in Italia la Covisoc) hanno operato adeguatamente nella concessione delle licenze Uefa. Nel caso di controlli nazionali indeguati, cosa succederà? Si darà modo ad una società non in regola di adeguarsi gradualmente oppure può succedere che un Club possa essere ammesso alle competizioni nazionali e non alle competizioni Uefa?

Al Panel di Controllo Finanziario per Club spetterà il difficile compito di monitorare l’applicazione delle norme delle licenze da parte degli organismi nazionali e il rispetto dei criteri finanziari da parte dei club. Il Panel, che sarà operativo già nel corso della stagione 2009/10, disporrà di ampi poteri di controllo e potrà deferire l’associazione nazionale e/o i club alla commissione disciplinare. I controlli riguarderanno solo ed esclusivamente i club qualificati per le competizioni Europee. In caso di inadempienze è possibile che un club non sia ammesso alle competizioni dell’UEFA.

- Oltre ad un maggior rigore nei controlli sui bilanci, l'Uefa sta ricercando consenso su altre misure di fair play finanziario, prima tra tutte il vincolo nel rapporto tra spese e fatturato. Ha la sensazione che sia un obiettivo raggiungibile? Non c'è il pericolo che le grandi società europee si orientino per un loro campionato, una specie di Eurolega?

Riteniamo che il vincolo tra spese e fatturato sia un obiettivo raggiungibile. Non sarà semplice ma riteniamo sia necessario. Ci vorrà del tempo. I club dovranno imparare a competere con i “propri mezzi”. Dovranno ridurre le spese e aumentare le entrate. In molti paesi il sistema dovrà essere profondamente riorganizzato, e si dovrà agire in fretta altrimenti si rischia il collasso. Su questo tema delicato siamo in costante contatto con i presidenti dei club che ci sostengono in questa iniziativa perché hanno capito che le nuove regole che stiamo studiando non sono contro di loro, ma, al contrario, sono in loro favore. Le nuove regole dovranno infatti permettere di raggiungere un equilibrio finanziario di medio/lungo termine proteggendo i club dalla continua ed inesorabile lievitazione dei costi che sta portando molte società sull’orlo del fallimento. Siamo convinti che la riforma del sistema fornirà ai club nuove opportunità di sviluppo. Coloro che agiranno in fretta e sapranno sfruttare le nuove opportunità saranno avvantaggiati. Molti presidenti lo hanno capito e hanno già cominciato a guardare al bilancio con maggiore rigore che in passato e ad implementare politiche mirate per accrescere il valore del proprio club nel medio/lungo termine.

- Dei bilanci “gonfiati” si è parlato apertamente in Italia (e noi di www.ju29ro.com l'abbiamo documentato) di illeciti tollerati, cioè di operazioni tecnicamente non regolari in termini di normativa sportiva ma “tollerate” dall'autorità di vigilanza nazionale. A Suo avviso, c'è oggi una sensibilità diversa rispetto al passato nelle istituzioni, nell'opinione pubblica, negli sportivi stessi che renda possibile l'obiettivo di bilanci sostenibili e quindi la somministrazione di adeguate sanzioni per chi si rende responsabile di quelle operazioni sportivamente illecite?

L’UEFA ritiene vi sia maggiore sensibilità in materia di rigore economico/finanziario. L’attuale crisi finanziaria ha evidenziato la vulnerabilità del sistema. Le società cominciano a capire che i ricavi non potranno crescere per sempre e le istituzioni sono preoccupate e richiedono maggiori controlli. Per esempio in Gran Bretagna una commissione parlamentare formata da rappresentanti di tutti i partiti ha richiesto una profonda riforma del sistema calcio. Anche altri paesi si stanno muovendo nella stessa direzione. E' un passo difficile ma fondamentale. Chi non sarà in grado di mantenere una politica sostenibile o si renderà responsabile di illeciti sportivi sarà sanzionato o privato di incentivi che verranno invece ridistribuiti tra coloro che hanno rispettato le regole ed adottato misure di fair play finanziario.

- Le società di calcio in Europa devono sottostare a regimi fiscali differenziati e vigenti nella nazione di appartenenza. Alcune di queste beneficiano di aliquote più basse con la conseguenza di una maggiore competitività nell’ambito del calciomercato. L’Uefa ha considerato questo problema e ha in programma di presentare proposte in sede Europea per eliminare questa importante anomalia che penalizza, ad esempio, le squadre italiane rispetto a quelle spagnole?

L’UEFA ha considerato la problematica dell’armonizzazione fiscale e auspica che i governi dei vari paesi dell’UE possano affrontare questa situazione che è molto complessa. Comprendiamo bene che dal punto di vista italiano la situazione possa apparire sfavorevole se paragonata ad altre realtà Europee. L’Italia però non è il solo paese in Europa con una pressione fiscale elevata; altri paesi affrontano il medesimo problema. Si tenga poi conto che più di venti federazioni dell’UEFA non fanno parte dell’UE e pertanto un’armonizzazione a livello UEFA sarebbe ancora più difficile. Non è poi l’unica anomalia. Per esempio importanti differenze tra i vari paesi esistono in materia di strutture societarie, modelli di ownership, regole sulla proprietà degli stadi oppure ancora in materia di ridistribuzione degli introiti televisivi. I club, a livello nazionale ed internazionale, non sono uguali e l’UEFA non può armonizzare i vari regimi fiscali e commerciali. Fair play finanziario non significa uguaglianza finanziaria ma capacità di competere con il proprio reddito tramite una politica finanziaria sostenibile nel medio/lungo termine.

Esclusiva http://www.ju29ro.com/ spedita a "il pallone in confusione"

giovedì 26 marzo 2009

Uefa: aumenta contributo solidarietà per club

La Uefa e l'Associazione dei Club Europei (ECA) annunciano l'aumento della percentuale del contributo di solidarietà per il prossimo ciclo 2009-2012 della Champions League, a partire dalla stagione 2009-10. La percentuale di solidarietà per i club che non prendono parte alla Champions League, destinata ai programmi per il settore giovanile, passerà dall'attuale 5 per cento al 6,5 per cento. Basato sulle attuali previsioi sui ricavi, questo significa che nella stagione 2009-10 circa 55 milioni di euro saranno a disposizione per essere ridistribuiti a quei club tramite le federazioni nazionali e le leghe professionisti, circa 23 milioni di euro in più rispetto all'ultima stagione del ciclo prededente. Considerando anche i fondi addizionali a disposizione delle leghe che non hanno club partecipanti alla Champions League, il contributo di solidarietà ammonterà aprossivamente a 67 milioni di euro. In più, le somme di solidarietà pagate ai club eliminati nei preliminari di Champions League e della Europa League aumenteranno. «Siamo d'accordo con la ECA e grati per il suo supporto, dato che abbiamo sempre insistito sul fatto che una percentuale dei ricavi generati dalla UEFA Champions League deba essere ridistribuita, con un principio di solidarietà, a quei cub che non partecipano direttamente alla competizione», ha detto il presidente della Uefa, Michel Platini.
«Insieme alla ECA -ha aggiunto- siamo impegnati a supportare le attività di sviluppo dei settori giovanili dei club delle massime divisioni, insieme allo sviluppo dei programmi nazionali per la crescita del settore giovanile». Anche il presidente della ECA, Karl-Heinz Rummenigge, è soddisfatto. «Dalla sua fondazione, poco più di un anno fa, la ECA ha lavorato duramente per aumentare la solidarietà tra i club. Rappresentiamo 137 club di tutta Europa, quindi siamo estremamente contenti del fatto che non solo i top club avranno dei vantaggi da questa splendida competizione», ha detto il presidente del Bayern Monaco. «Questa decisione dimostra che la famiglia del calcio europeo è veramente unita in queste delicate questioni finanziarie», ha concluso.
Fonte: Adnkronos

martedì 24 marzo 2009

Uefa studia una tassa sul lusso per i grandi club

Il modello è quello americano per ridurre gap con piccoli club

Una tassa sul lusso per i club di calcio. E' l'ipotesi a cui sta lavorando la Uefa, che prevede per i grandi club il pagamento una quota di denaro ai piccoli club quando acquistano una delle loro stelle. Secondo quanto riferisce l'edizione odierna del Financial Times, la tassa sul lusso è uno dei tentativi di ridistribuire in modo più equo il denaro all'interno del mondo del calcio, ormai dominato in modo evidente dai grandi club come Manchester United o Real Madrid. Il presidente dell'Uefa Michel Platini, d'altra parte, ha più volte sottolineato come la potenza economica di alcune società influenzi in modo eccessivo le competizioni. Per cercare spunti, i dirigenti dell'Uefa sono volati lo scorso mese negli Stati Uniti, discutendo del progetto con i dirigenti della Major League Baseball, una lega che stabilisce gli stipendi delle squadre e le tasse sulla base di quanto spendono e ridistribuisce l'ammontare delle entrate ai club meno ricchi. L'Uefa, inoltre, sta esaminando anche i modelli delle leghe americane per quanto riguarda il limite alla grandezza delle squadre. Secondo il portavoce dell'Uefa William Gallard, molte proposte di riduzione dei costi come il cosiddetto salary-cap hanno alcuni difetti, mentre la tassa sul lusso e i limiti alle squadre sono "idee promettenti", che potrebbero insomma avere un futuro. "Non c'è una soluzione semplice - ha spiegato - tutti i piani hanno lati negativi, alcuni sono peggiori di altri. Il salary-cap sembra sia molto difficile da gestire poiché noi abbiamo competizioni europee come la Champions League che interferiscono con le leghe nazionali. Sarebbe terribilmente difficile da amministrare. Ma sulla necessità di agire, anche Gaillard non ha dubbi. Il portavoce dell'Uefa ha portato ad esempio la situazione finanziaria dei club spagnoli, parlando di una mezza dozzina di società che sono "in serie difficoltà". Tra queste c'è il Valencia, attualmente al sesto posto nella Liga, che potrebbe essere costretto a vendere i giocatori migliori per rimettere in sesto il bilancio.
Fonte: Apcom

mercoledì 18 febbraio 2009

Platini: sistema calcio al collasso, Uefa studia tetto spese

La Uefa potrebbe presto introdurre un tetto alle spese dei club europei. Lo ha annunciato al Parlamento Ue il presidente della Federazione Europea Michel Platini. ''Il modello europeo dello sport - ha detto - è basato su campionati aperti, club indipendenti, promozioni e retrocessioni. Una cosa è certa: i club europei ci stanno al momento dicendo che il nostro sistema corre il pericolo di implodere finanziariamente nel medio termine. Consultandoli, ma anche spronati dai resoconti di questo Parlamento - ha spiegato -, al momento stiamo pensando di limitare le spese dei club per i loro staff, stipendi e costi dei trasferimenti insieme, fino a una percentuale non ancora fissata dei loro ricavi sportivi indiretti''.
''Credo - ha aggiunto platini - sia ragionevole pensare che la Uefa possa decidere in modo indipendente in quali condizioni i club possano partecipare alle competizioni che organizza. Ovviamente non imporremo nessun genere di diktat. In ogni caso, siamo solo agli inizi di questa discussione ma la continueremo sotto forma di dialogo con i club sul futuro del nostro sistema di licenze e su ogni cambiamento fatto consensualmente per cercare di rafforzare il sistema''. Infine, Platini ha rivolto un appello alla Ue: ''Per favore non fermateci, sulla base di una legislazione non appropriata, dal cercare un fair play finanziario. Non fermateci mentre cerchiamo di creare dei meccanismi che favoriscano l'integrità delle nostre competizioni e più trasparenza nella gestione dei nostri affari. Non fermateci se cerchiamo di agire moralmente. Specialmente quando tutte le parti in causa, club, giocatori e federazioni nazionali, sono d'accordo con la mia proposta per una più ampia trasparenza finanziaria e una migliore gestione''.
Fonte: Asca

mercoledì 28 gennaio 2009

Esecutivo Uefa: si discute su debiti delle squadre e finali coppe

Il governo calcistico europeo si riunirà domani a Nyon

Le finali delle coppe europee e la questione dell'indebitamento dei club saranno i principali argomenti all'ordine del giorno del primo comitato esecutivo dell'Uefa dell'anno che si terrà domani e venerdì a Nyon. Il massimo organismo calcistico europeo designerà le sedi delle finali di Champions League e Europa League (il nuovo nome della Coppa Uefa, dalla prossima stagione) per il 2011. Per la Champions sono candidate Londra (Wembley) e Monaco di Baviera (Alliaz Arena). Per l'Europa League sono in lizza Londra (Emirates, lo stadio dell'Arsenal), Bucarest (stadio nazionale) e Dublino (Lansdowne Road). Le prossime finali di Champions League si disputeranno a Roma (stadio Olimpico) nel 2009 ed a Madrid (Santiago Bernabeu) nel 2010. Per quanto riguarda la Coppe Uefa/Europa League, l'ultimo atto si svolgerà ad Istanbul nel 2009 e ad Amburgo nel 2010. L'Uefa esaminerà anche un rapporto sul ''fair-play finanziario'', conosciuto in Italia come ''doping amministrativo''. Si tratta di stabilire regole precise per evitare che club eccessivamenti indebitati partecipino alle Coppe europee. Fra gli altri temi in programma, figurano la preparazione del congresso a Copenaghen nonche' l'esame di rapporti tecnici.
Fonte: Ansa

giovedì 4 dicembre 2008

Pioggia di soldi dall'Uefa ai club: 43,5 milioni per Euro 2008

Ecco le italiane premiate che hanno fornito giocatori alla Nazionale per la fase finale dello scorso giugno: Juventus, Milan, Inter, Napoli, Lazio, Roma, Fiorentina, Palermo, Sampdoria, Genoa, Udinese, Siena e le retrocesse Livorno e Parma.

La Uefa distribuirà 43,5 milioni di euro tra 180 club che hanno fornito giocatori alle Nazionali per la fase finale di Euro 2008. Secondo i parametri stabiliti dall'accordo tra la Uefa e la European Club Association (ECA). Le società italiane riceveranno complessivamente 4.250.290 euro. Nel dettaglio, la Juventus incasserà 644.195 euro. Seguono Milan (624.590), Roma (537.763), Fiorentina (481.746), Inter (431.331), Udinese (344.505), Livorno (239.473), Siena (201.661), Lazio (201.661), Palermo (121.837), Sampdoria (121.837), Parma (117.636), Napoli (100.831) e Genoa (81.225). In testa alla speciale graduatoria per nazioni c'è la Germania con 6.805.065 euro, seguita da Spagna (5.106.650) e Inghilterra (4.843.370).
I 180 club che riceveranno denaro fanno parte di 24 delle 53 federazioni affiliate alla Uefa. I benefici, oltre a riguardare società di paesi esclusi dalla fase finale del torneo, gioveranno anche alle casse di numerose squadre che militano in divisioni inferiori dei vari campionati nazionali. In Italia è il caso di Livorno e Parma, retrocesse alla fine della scorsa stagione. I club che otterranno più soldi di tutti sono il Werder Brema (1.093.732 euro), l'Olympique Lione (1.039.115) e il Bayern Monaco (1.018109). La quota da attribuire ad ogni società è stata calcolata moltiplicando la "diaria" individuale di ogni calciatore per il numero di giorni in cui ciascun tesserato è stato impegnato a Euro 2008. L'accordo tra la Uefa e la ECA, l'organismo nato sulle ceneri del defunto G-14, ha preso in considerazione un periodo cominciato 14 giorni prima del match d'esordio di una selezione e terminato con la gara che ha sancito l'eliminazione. «E' la dimostrazione di una nuova armonia nel calcio europeo e della volonta di cooperazione tra federazioni e club per il bene dello sport», ha commentato il presidente della Uefa, Michel Platini. I contrasti tra la federazione continentale e le più importanti società sembrano ormai un lontano ricordo. La nuova partnership, ha detto ancora Platini, ha consentito di riconoscere ai club «benefici tangibili in virtù del loro contributo a Euro 2008». L'annuncio di oggi costituisce un «momento storico» secondo Karl-Heinz Rummenigge, presidente del Bayern Monaco e della ECA. Con il denaro assegnato alle squadre, «viene riconosciuto e ricompensato l'importante contributo del calcio di club al successo di una competizione per Nazionali».
Fonte: Adnkronos

mercoledì 5 novembre 2008

Chi deve vergognarsi per i debiti del calcio

Riceviamo e pubblichiamo da Ettore Italo Di Pietramala del sito www.ju29ro.com

La riaffermata intenzione dell'Uefa di eliminare gradualmente la vergogna dei debiti nel calcio ha avuto recentemente sulla stampa nazionale un'eco davvero singolare: ci sono stati tanti articoli sul calcio inglese che, secondo l'audace titolo della Gazzetta dello Sport (del 9/10 a pag.19), sarebbe addirittura "nel baratro" e nessuno sul calcio italiano, nonostante i debiti di Inter e Roma per centinaia di milioni siano prepotentemente balzati all'onore della cronaca (vedi indagine sulla vicenda Saras e il conto col piano di rientro presentato da Unicredit alla famiglia Sensi con scadenza dicembre 2008). Il fatto è che il Presidente della Football Association in una conferenza stampa ha dato ragione all'Uefa, parlando di bilanci non trasparenti e di debiti fuori controllo mentre in Italia l'anatema di Platini ("Vergogna, vince chi bara") non ha apparentemente intaccato nè la flemma di Abete nè la spavalderia di Matarrese e così di conferenze stampa sull'argomento non s'è vista neppure l'ombra.
D'altra parte la reticenza, per non dire l'omertà, del nostro "sistema calcio" non sorprende perché se i bilanci di quasi tutte le società sono traballanti, con debiti "nascosti" nella controllante, o nelle controllate, ed anche falsi (in termini di ordinamento sportivo) le colpe sono diffuse e in tanti dovrebbero vergognarsi: non solo i registi finanziari che firmano i bilanci creativi ma in primo luogo la stampa che, da tempo, ha tradito la sua funzione di informazione e denuncia (mentre insabbia e disinforma) e, subito dopo, gli organismi FIGC di controllo e sanzionatori che, visti i risultati, si può ben dire che sono controllati e non controllano, è non sanzionano per non essere sanzionati.
Cominciamo dalla stampa e riprendiamo proprio l'articolo della Gazzetta secondo il quale il calcio inglese sarebbe nel baratro. E' noto che quasi tutte le società inglesi sono proprietarie degli impianti e quindi hanno sì fatto dei debiti ma si sono patrimonializzate; il Manchester United, per fare l'esempio più significativo, ha sì piu' di 700 milioni di debiti ma, grazie anche al suo stadio, chiude ogni anno il bilancio in attivo e può pagare gli interessi sul debito e le rate di mutuo. La serie A inglese attraversa da anni una fase molto positiva (altro che baratro) con incassi ai botteghini e dai diritti tv sempre in crescita, tant'è che ha attirato l'attenzione prima di finanzieri, magari d'assalto ma con idee chiare sul business del calcio, e più recentemente di sceicchi e petrodollari.
Nel nostro carrozzone, ma questo la Gazzetta non lo dice, è tutto il contrario perché stadi e patrimonio delle società stanno a zero, ai botteghini e per i diritti tv ci sono segni di crisi; l'Inter in due anni ha realizzato perdite per 350 milioni e a Roma la famiglia Sensi deve rientrare di 150 milioni con Unicredit oppure vendere la societ. Mentre oltre-Manica i debiti fanno parte del gioco, in Italia servono solo a gonfiare un pallone che rischia di scoppiare secondo l'allarme che molti esperti hanno suonato da tempo. Ecco perché la scarsa attenzione della nostra stampa tradizionale all'argomento bilanci è una colpa ed anche grave; semmai la Gazzetta, in risposta all'Uefa, avrebbe dovuto sollecitare una conferenza di Abete sui problemi di bilancio delle nostre società, altro che presentare su un quarto di pagina, come ha fatto, una tabella su "Tutti i debiti della Premier", compresi quelli del Wigan e del Hull City.
E non c'è da vergognarsi solo per la scarsa attenzione, perché quando poi un editorialista di grido come Mario Sconcerti affronta l'argomento, può succedere anche di peggio; succede per esempio che sul Corriere della Sera è stato possibile raccogliere in un mese queste due perle: dapprima (con l'editoriale "I miliardi degli emiri falsano le gerarchie ma non sono una novità") l'osservazione che i debiti elevati delle grandi società ci sono sempre stati e che il professionismo l'ha inventato Edoardo Agnelli (cioe' il bisnonno di John Elkann) e prevedeva gia' all'epoca un "indebitamento costante, quasi esponenziale"; e poi quando, volendo argomentare su "Cobolli sbaglia. Anche Moratti ha un progetto", ha scritto che "non e vero che l'Inter e' piena di debiti", aggiungendo che sì, la squadra perde tantissimo ma "le perdite sono continuamente ripianate". Ecco, sarebbe da chiedere a Sconcerti se del ripianamento s'è fatto un'idea da solo, leggendo e interpretando i bilanci dell'Inter, oppure s'è fidato della Gazzetta. Nel dubbio ci limitiamo solo a ricordare (avendo come fonte le ricerche del nostro sito sui bilanci e il Sole 24 Ore) che per coprire il buco di 350 milioni del biennio 2006-07 l'Inter per un parte ha deliberato aumenti di capitale e per la parte rimanente (tra i 150 e i 200 milioni) s'è affidata alla fantasia dei suoi registi finanziari che hanno inventato le finte plusvalenze relative alla compra-vendita del marchio e alla rivalutazione patrimoniale dell'intera società. Un finto ripianamento insomma , roba da retrocessione in termini di giustizia sportiva, che può durare fino a quando c'è speranza che la banca aumenti il fido e gli utilizzi; se poi in quella banca il presidente Moratti siede anche nel Comitato Esecutivo allora uno malizioso può pensare che si tratta di una speranza ben riposta.
Quanto,poi, al richiamo dei tempi andati lo capirebbe anche il "casalingo di Voghera" che è una giustificazione finta (come la compravendita del marchio), perchè dai tempi del senatore Agnelli il contesto normativo è cambiato, anzi, dopo la sentenza Bosman è stato rivoluzionato e con la legge 586/96 (non a caso detta proprio legge Bosman) si è dovuto correre ai ripari pensando proprio ai bilanci e ai debiti, ridisegnando il sistema dei controlli.
Era tanto importante quella legge che è ancora possibile trovare in rete la traccia di una riunione del Consiglio Nazionale del Coni del 23 marzo 2004 (per conferma Sconcerti potrebbe sentire Petrucci) con la quale si stabiliva che le società di calcio dovevano presentare alla FIGC, a cadenza trimestrale, "stato patrimoniale e conto economico con budget che garantisca equilibrio finanziario a consuntivo dell'esercizio".
L'equilibrio finanziario, in particolare, imponeva e impone che i debiti siano un sottomultiplo del fatturato; dato che dopo la sentenza Bosman le società di calcio si ritrovavano con il patrimonio azzerato, l'ordinamento sportivo si era giustamente preoccupato dei debiti, quelli che ai tempi del senatore Agnelli, assicura Sconcerti, crescevano in modo esponenziale (ma le società, all'epoca, possedevano il cartellino dei calciatori).
E siamo così arrivati ai controlli e alle sanzioni dove l'elenco di chi deve vergognarsi è lungo, perchè tutti sono d'accordo sul fatto che i bilanci delle società di calcio non sono "sani", e neppure "corretti", come imporrebbe la normativa, perchè tutti sanno che ci sono degli illeciti e che sono tollerati (vedi l'articolo del prof. Boeri su Repubblica del 3 settembre) ma, quando si prova a ragionare sulle responsabilità, scatta il gioco al rimpiattino: si comincia dalle responsabilità dei presidenti che non sono più i "ricchi scemi" di una volta, si lamentano sì delle perdite ma si tengono stretta la società, anzi, ci portano pure i figli o le figlie (con stipendi che arrivano anche ad un milione di euro all'anno; chiamali scemi!) e ad ogni campionato provano a spendere di più (senza, però, mettere mano al portafoglio).
Si passa alla Covisoc che controlla i bilanci, guarda sì la compra-vendita del marchio da padre in figlio ma "non può vedere" che è finta e fa aumentare i debiti (anche se può vederlo pure uno studente di prima ragioneria ripetente); si rimanda alla Figc (la "Confindustria" dei presidenti di calcio che non sono più ricchi e scemi) dove nessuno chiede rigore o denuncia irregolarità (sarebbe una specie di suicidio quasi collettivo); si finisce col contesto normativo e la specificità dello sport, che nessuno sa bene cos'è (e, infatti. tutti la chiamano in causa).
Dopo l'uscita, con tante polemiche, del prof. Uckmar dalla Covisoc, su queste benedette responsabiltà ci fu un lungo dibattito, che si può rintracciare in rete per ragionarci sopra. Leggendo il dibattito si scoprono due passaggi fondamentali: il primo in una paginata della Gazzetta dello Sport del 15 maggio 2002 (quando era ancora formato lenzuolo e non si limitava solo a "tutto il rosa della vita") e l'altro nell'audizione al Senato del prof. Uckmar del 23 aprile 2004.
Nell'articolo della Gazzetta c'è Carraro che, da politico consumato, chiama in causa il sentimento popolare (vi dice niente?); i bilanci irregolari sarebbero illeciti sportivi ma, si chiede Carraro (all'epoca presidente della Figc e contemporaneamente presidente anche del Mediocredito Centrale della Banca di Roma di Geronzi) "pensate che i tifosi italiani sarebbero in grado di accettare una penalizzazione dei propri club?". Tradotto dal politichese di Carraro e riferito ai nostri giorni sembra quasi che Abete e Matarrese possano avere questo dubbio: se mandiamo l'Inter in B per tutti gli illeciti sportivi che ha fatto, e continua a fare con i bilanci, siamo sicuri che poi i suoi ultras non buttino giù i motorini dalle gradinate di San Siro?
Nell'audizione al Senato, invece, il passaggio fondamentale è quello per cui la situazione dei controlli si sarebbe "ingarbugliata" quando il contesto normativo che doveva tener conto della specificità dello sport è stato riformulato, passando dalla legge 91/1981 alla 586/1996; quella del 1981 prevedeva che la Covisoc dovesse autorizzare le operazioni di carattere straordinario e potesse sindacare sui debiti bloccandoli; con quella del 1996 sono aumentati i controlli, ogni tre mesi le società devono documentare che la gestione è sana e corretta, devono anche indicare come rispettano il budget di inizio stagione (sembra incredibile ma è proprio cosi, c'è scritto nelle Norme Organizzative Interne Federali) ma di sindacare non se ne parla più e la Covisoc dovrebbe, invece, segnalare alla Procura Federale e questa deferire.
In effetti se una società di serie C2 paga le tasse con due gioni di ritardo scattano il deferimento e nell'arco di qualche mese anche le penalità (è successo ancora recentemente) mentre per i bilanci di alcune note società di serie A si arriva a parlare di illeciti tollerati ma di segnalazioni e deferimenti non si parla mai.
I riferimenti a Carraro e Uckmar sono datati 2002-2004. Sono passati solo pochi anni ma è come se fosse passato un secolo perchè, nel frattempo, nell'estate 2006 si è messo in piede il processo di calciopoli nel quale sono stati di nuovo chiamati in causa la specificità dello sport e il "sentimento popolare" ma non per tollerare un illecito che c'era (come si sta facendo per i bilanci sin dai tempi di Carraro), bensì per punire un illecito che non era previsto dalla normativa; il tutto sotto la regia a carattere straordinario di un professionista, il professor Guido Rossi, ex-consigliere dell'Inter e futuro consulente degli eredi di casa Agnelli. Un'offesa all'intelligenza di quanti sono ancora liberi di pensare con la propia testa, una conferma che le scusanti che vengono invocate per non doversi mettere in regola con i bilanci sono logore foglie di fico che non possono più nascondere le vergogne nè, tantomeno, camuffare gli svergognati. Che sono tanti: i "culi di pietra" che hanno occupato e occupano le poltrone di prima fila delle istituzioni sportive, la pletora di professionisti (giuristi di lungo corso, sopratutto) che si prestano a firmare sentenze sensa senso, i politicanti che a tempo perso si occupano anche di sport e poi quelli che nelle istituzioni sportive occupano, scodinzolando, le poltrone di seconda e terza fila e sbavano per scalare qualche posto.
Chi si deve vergognare, Azionisti e Presidenti oppure chi dovrebbe informare e non informa?
Ettore Italo Di Pietramala
(il testo originale è reperibile anche qui)

mercoledì 29 ottobre 2008

Inter: un prudente avviamento di bilancio

Riceviamo e pubblichiamo questo intervento del commercialista Luca Marotta di Bari. L'esposizione di questo valore sarà probabilmente utilizzato dalla società nerazzurra come strumento per creare delle riserve destinate a coprire le perdite al 30 giugno 2008, con rinvio dell'effettivo esborso di liquidità per la ricapitalizzazione a successive date


La fusione inversa, mediante incorporazione di Inter Capital s.r.l. in F.C. Internazionale Milano S.p.A, ha fatto emergere, tra le altre cose, un valore di avviamento. A fronte dell'emersione di tale valore, l'atteggiamento tenuto dai redattori del bilancio di esercizio di F.C. Internazionale Milano S.p.A. e del bilancio consolidato di Internazionale Holding Srl (controllante di F.C. Internazionale Milano Spa) è stato differente. Probabilmente l'esposizione del valore di avviamento sarà utilizzato come strumento per creare delle riserve destinate a coprire le perdite al 30 giugno 2008, con rinvio dell'effettivo esborso di liquidità per la ricapitalizzazione a successive date. Di seguito vengono riportati i passaggi inerenti la questione e riportati nelle rispettive note integrative.
Nella Nota Integrativa al bilancio del 30/06/2007 di F.C. Internazionale Milano Spa si legge:
«Come descritto in relazione sulla gestione l'Assemblea dei Soci del 9 gennaio 2007 ha deliberato il progetto di fusione inversa mediante incorporazione di Inter Capital s.r.l. in F.C. Internazionale Milano S.p.A. con retrodatazione degli effetti contabili. La fusione ha determinato i seguenti effetti contabili:
- incremento del capitale sociale mediante emissione di nr. 101.680.563 nuove azioni pari ad € 8.794.956,80 assegnate al socio di maggioranza di F.C. Internazionale Milano S.p.A.;
- contabilizzazione della riserva da concambio azioni pari a € 222.948.149,95 e riduzione della riserva da versamenti in conto futuro aumento di capitale per € 246.827,00;
- rilevazione di un disavanzo da annullamento pari ad € 161.461.279,70»
Il disavanzo da annullamento è stato imputato al plusvalore esistente alla data di fusione sul "Centro Sportivo Angelo Moratti" di Appiano Gentile pari a € 2.560 migliaia. L'attribuzione del valore residuo di € 158.901 migliaia ad avviamento è stata valutata in modo approfondito, giungendo alla conclusione della sua legittimità rispetto alle norme ed ai principi contabili vigenti. Ciononostante, posto che la lettera del principio contabile nazionale in materia di avviamento si presta ad una interpretazione più restrittiva – ancorché obsoleta rispetto all'evoluzione dei principi in atto a livello internazionale ed alla dottrina più evoluta – ai fini della compilazione del bilancio in oggetto si è ritenuto di aderire all'interpretazione più cauta delle norme e dei principi in materia di bilancio, azzerando il valore di avviamento emerso in sede di incorporazione di Inter Capital S.r.l. e riducendo corrispondentemente, come indicato dal principio contabile OIC 4, la riserva da concambio che si riduce da € 222.948 migliaia ad € 64.047 migliaia.
Si riporta di seguito il dettaglio degli importi sopra descritti:
milioni di Euro
Valore della partecipazione di Inter Capital s.r.l. in F.C. Internazionale 186
Quota di pertinenza (89% patrimonio netto di F.C. Internazionale (25)
Disavanzo da annullamento 161
Di cui:
- quota attribuita al Centro sportivo La Pinetina A. Moratti 2
- Quota attribuibile all'avviamento 159
Patrimonio Netto Inter Capital s.r.l. 256
Aumento capitale sociale al servizio della fusione (9)
Quota di pertinenza (89%) patrimonio netto di FC Internazionale (25)
Riserva da con cambio azioni 222».

Il bilancio consolidato di Internazionale Holding Srl al 30/06/2007 espone nello Stato Patrimoniale Attivo tra le immobilizzazioni immateriali la voce "Avviamento" per un importo di euro 150.955.641. Nella nota integrativa al bilancio consolidato di gruppo si legge a pagina 4 della stessa:
«In sede di consolidamento è emerso un disavanzo attribuibile all'avviamento della controllata.
L'iscrizione nel bilancio consolidato del Gruppo di tale valore è stata valutata in modo approfondito dalla società con i propri consulenti, giungendo ala conclusione della sua legittimità rispetto alle norme ed ai principi contabili vigenti. Premesso che nel bilancio consolidato e di esercizio di FC Internazionale Milano S.p.A. – bilanci rilevanti ai fini delle norme della FIGC e dell'UEFA – detto valore non è stato iscritto, ritenendo di assumere un atteggiamento particolarmente conservativo e di prudenza estrema che dà prevalenza all'interpretazione più restrittiva dei principi contabili di riferimento, in sede di redazione del bilancio consolidato di Internazionale Holding S.r.l. si è ritenuto di assumere un atteggiamento coerente con una lettura più sostanziale del testo dei principi contabili.
Il valore di avviamento in questione è stato tra l'altro sottoposto ad una procedura di impairment, che ne ha testato la tenuta rispetto alla stima di un ragionevole valore recuperabile. Su queste basi, il valore l'avviamento iscritto al lordo dell'ammortamento è pari ad Euro 158.900.675. Posto che il suddetto avviamento è riconducibile essenzialmente a fattori quali l'entità e le caratteristiche della tifoseria, la notorietà a livello nazionale ed internazionale della società, la qualità dell'assetto tecnico ed organizzativo aziendale, fattori tutti formatisi nel lungo periodo di tempo (ormai centenario) durante il quale l'Inter si è distinta mietendo successi sportivi a livello mondiale, si è ritenuto congruo calcolare le quote di ammortamento dell'avviamento sulla base di una durata dello stesso pari 20 anni. Il valore dell'avviamento al netto dell'ammortamento iscritto nel bilancio al 30 giugno 2007ammonta conseguentemente ad € 150.955.641».
Per giudicare quanto sopra, ricordiamo quanto segue:
I principi contabili nazionali definiscono l'avviamento come «l'attitudine di un'azienda a produrre utili in misura superiore a quella ordinaria, che derivi o da fattori specifici che, pur concorrendo positivamente alla produzione del reddito ed essendosi formati nel tempo in modo oneroso, non hanno un valore autonomo, ovvero da incrementi di valore che il complesso dei beni aziendali acquisisce rispetto alla somma dei valori dei singoli beni, in virtù dell'organizzazione dei beni in un sistema efficiente ed idoneo a produrre utili» (principio contabile nazionale n.24).
L'articolo 2426 del codice civile, al punto numero 6, in materia di criteri di valutazioni stabilisce:.
«Nelle valutazioni devono essere osservati i seguenti criteri...l'avviamento può essere iscritto nell'attivo con il consenso, ove esistente, del collegio sindacale, se acquisito a titolo oneroso, nei limiti del costo per esso sostenuto e deve essere ammortizzato entro un periodo di cinque anni».
Luca Marotta
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)

venerdì 10 ottobre 2008

Rateizzare i debiti del calcio? Non conviene

La "spalmatura" delle somme dovute a calciatori, banche, fisco ed enti previdenziali costa molto in termini di commissioni e interessi. C’è una sola via d’uscita in Italia e in tutta Europa: tagliare i costi, a cominciare dagli stipendi dei giocatori

Permettete una parola? C’è una famosa canzone napoletana scritta da Ernesto Murolo (padre di Roberto) ed Ernesto Tagliaferri, il cui ritornello dice: "E io canto: qui fu Napoli!...Nisciuno è meglio 'e me...Dimane penzo ê diebbete stasera só' nu rre!". Traduzione: Io canto, qui fu Napoli…e chi è più felice di me: domani penserò ai debiti, stasera mi sento un re. Questi versi si addicono perfettamente alla situazione del calcio italiano, che ha vissuto e continua a vivere al disopra delle proprie possibilità: la maggior parte delle società ha contratto debiti ingenti e ha chiesto di rateizzarli. In modo particolare con le banche, il fisco, gli enti previdenziali e, a cascata, con dipendenti e fornitori. Le somme dovute all’Erario sono state dilazionate: l’Agenzia delle entrate si è mostrata molto indulgente verso il mondo dell’italica pedata a causa anche di una legislazione (peraltro molto opinabile) molto meno rigorosa rispetto al passato. In questo quadro poco edificante, sono poche le isole felici come il Napoli di Aurelio De Laurentiis, dove grazie a un politica di gestione vincente sono stati incassati una serie di ingenti ricavi che hanno ripianato il debito di 32 milioni contratto con Unicredit nel 2004 per acquistare il ramo sportivo dalla curatela fallimentare della defunta Ssc Napoli.
Riguardo a costi e debiti, proprio in questi giorni è scoppiato il problema della serie B sommersa dalle passività. Una questione che le società della serie A vorrebbero risolvere con una bella e risolutiva scissione. Lo ha rivelato lunedì scorso il presidente del Cagliari Massimo Cellino uscendo dall’assemblea dei club della massima serie: "Siamo già separati, non ci resta che prenderne atto". Il numero uno sardo ha anche aggiunto che occorrerebbe farlo ora "in vista delle elezioni per il rinnovo dei vertici federali. Altrimenti dovremo aspettare altri quattro anni". Un progetto, che maschera un’eventuale superlega, che ha le sue radici nel periodo immediatamente precedente allo scandalo di Calciopoli del 2006. Antonio Matarrese ha però prontamente detto che finché ci sarà lui al vertice della lega le due categorie vivranno "sotto lo stesso tetto". Per ora tutto è stato risolto con la nuova mutualità, che è comunque meno ricca della precedente. In dettaglio, ci sono 7,5 milioni di euro che saranno elargiti dalle tre neopromosse e che vanno ad aggiungersi ai 65-70 (cifra dipendente dai ricavi della Coppa Italia) che giungeranno dalla serie A e ai 7 garantiti dall’advisor per la vendita dei diritti del campionato.
L’eventuale ipotesi di scissione è completamente assurda e non serve ad alleviare le forti passività delle società. Ciò si può spiegare con una citazione dal celebre libro "Ab urbe condita" di Tito Livio: sicuramente piacerebbe al presidente della Lazio, Claudio Lotito, che forse se ne approprierebbe. In esso si narra dell’apologo di Menenio Agrippa alla plebe in sciopero sul Monte Sacro a Roma: egli paragonò la società dell’Urbe al corpo umano, dove ogni membro ha una parte ben definita e necessaria per il suo corretto funzionamento. Ebbene, anche la serie A e la serie B possono essere paragonate a un unico organismo: le squadre cadette hanno forgiato calciatori, e spesso anche campioni, acquistati da quelle della massima serie che offrivano un sostentamento per la categoria inferiore. Così il sistema è andato avanti per anni, fin quando non è arrivata l’era della tv criptata e dello scopo di lucro delle società calcistiche che ha demolito tutto. Occorrerebbe ripristinarlo con forme aggiornate e appropriate: ha tanto giovato in passato al movimento pallonaro.
Invece, si è pensato alla scissione tra i due campionati, poiché qualcuno pensa che la B sia una specie di "zavorra" economica: ma è un vero e proprio suicidio. Per il momento è stata posta in un cassetto: ma niente vieta che possa essere riproposta in un futuro nemmeno troppo lontano. Per i cadetti è stata ideata anche la "spalmatura" degli elevati stipendi dei calciatori. Ciò significa, come fu cinque anni fa per il "piano Baraldi" alla Lazio, soltanto spostare nel tempo le cifre dovute ai giocatori. Si ricordava all’inizio che le società sono debitrici verso gli istituti di credito, il fisco e gli enti previdenziali: anche qui si applica la regola del "quant’è bello rateizzare". Ma questo genere di operazioni si traduce in una serie di costi ulteriori: per il svolgere un piano di ripartizione delle somme dovute occorre ottenere le fideiussioni bancarie oppure assicurative. La quale si traduce in altri costi in termini di commissioni, anche se spesso è accompagnata dall’investimento in prodotti che concedono somme di denaro. I debiti inoltre creano interessi molto consistenti, oltre ad eventuali rivalutazioni, che devono essere onorati: essi costituiscono una sorta di "tassametro" che scatta in continuazione, poiché in gran parte dei casi le squadre hanno ottenuto prestiti con saggi variabili. E con la crisi finanziaria attuale e il tasso di riferimento bancario Euribor schizzato alle stelle non gli interessi non sono destinati a scendere, almeno per ora. Insomma, la rateazione non conviene poi così tanto: anzi, è un modo per pagare di più in maggior tempo. L’unica cosa da fare è tagliare i costi: a cominciare dagli ingaggi dei calciatori. Lo ha capito anche l’Uefa, che ha cominciato a scagliare il suo anatema dell’esclusione dalle coppe contro tutte le società indebitate. E ci sono anche i club inglesi, che fino a pochi mesi fa erano additati come modello: ora si scopre che hanno un buco di ben 3,8 miliardi di euro. Il problema è quindi internazionale: la serie B è solo la punta dell’iceberg. Bisognerà vedere se c’è la concreta volontà da parte dei dirigenti del mondo del pallone europeo di sedersi al tavolo e cambiare tutto: una volontà che finora non traspare. Ma il mondo del calcio riuscirà a evitare di fare la fine del Titanic?
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)

mercoledì 24 settembre 2008

Uefa: nuove norme contro il gioco duro

Proteggere i giocatori, proteggere l'immagine del calcio e garantire il rispetto: sono solo tre delle norme stilate dalla Commissione Arbitrale Uefa, in collaborazione con gli Istruttori del Programma di Assistenza Arbitrale Fifa Europeo, per la stagione 2008/09. Le norme, redatte dopo il meeting arbitrale di Nyon dovranno essere applicate in tutte le competizioni Uefa. I direttori di gara sono responsabili della sicurezza dei giocatori. Pertanto, devono identificare e punire le entrate commesse senza considerazione per la sicurezza dell'avversario, ma anche essere consapevoli dell'uso scorretto di braccia e gomiti, adottare provvedimenti severi contro trattenute, strattoni e spinte in area e applicare rimedi adeguati se vengono negate chiare occasioni da gol. Norma del vantaggio: agli arbitri è stato consigliato di apllicare la norma del vantaggio solo quando è di beneficio per la squadra che non attacca, poichè si ritiene che il possesso del pallone non sia necessariamente un beneficio. Si consiglia di ritardare il fischio per capire se possa svilupparsi un evidente vantaggio. Ad arbitri e assistenti è stato anche ricordato che hanno il compito di proteggere l'immagine del calcio. Per esempio, in caso di rissa in campo, i principali aggressori devono essere puniti severamente. Inoltre, non sono consentite perdite di tempo e la gara deve riprendere il più presto possibile. Proteggere l'immagine del calcio è anche l'obiettivo della campagna Respect della Uefa, che chiede a tutti gli addetti ai lavori - giocatori, allenatori, arbitri, dirigenti e tifosi - di rispettarsi reciprocamente. Di conseguenza, gli arbitri non devono accettare dissensi (anche solo verbali) e punire chi tenta di screditare la loro autorità o quella dell'assistente. Per quanto riguarda il rapporto tra direttori di gara e allenatori, i primi devono permettere agli occupanti dell'area tecnica di svolgere il proprio lavoro.
Tutti gli allenatori che si comportano in modo responsabile devono poter lavorare senza interferenze superflue. In caso di comportamento irresponsabile da parte di qualsiasi occupante dell'area tecnica, il quarto uomo deve informare l’arbitro, che provvederà con un richiamo verbale. Se tale comportamento dovesse persistere, il quarto uomo dovrà nuovamente informare l'arbitro, che espellerà il responsabile. Nei casi più gravi, l'arbitro ha facoltà di espellere anche senza un precedente richiamo verbale. Al seminario è stato concordato che le istruzioni prepartita devono assegnare chiaramente le responsabilità a tutti i direttori di gara. Gli assistenti arbitri, se in buona posizione, devono dare all'arbitro tutte le informazioni rilevanti (compresi i falli gravi, le condotte violente o i falli in area di rigore). Il sistema di comunicazione dovrebbe essere usato solo come supplemento alla bandierina e/o per fornire informazioni aggiuntive. Gli assistenti arbitri hanno inoltre esaminato vari casi di fuorigioco, che devono segnalare solo quando sono assolutamente sicuri. In caso di dubbio, la bandierina non deve essere alzata e si consiglia di adottare una prudente tecnica "di attesa". Gli arbitri, infine, devono essere risoluti e non agire su segnalazione dell'assistente in caso di errore palese. (Agi)

giovedì 17 luglio 2008

Champions League/Pronostici rispettati nel turno preliminare

Tra le gare di andata spicca la vittoria fuori casa della Dinamo Zagabria sul Linfield. Murata travolto dal Goteborg: vittorie di misura per Anorthosis e Aktobe

Tutto come da pronostico nel primo turno preliminare di Champions League. Le squadre delle piccole nazioni europee sono state sconfitte nelle partite di andata. L’unico incontro rilevante dal punto di vista tecnico era Linfield-Dinamo Zagabria, conclusosi con la vittoria della squadra croata per 2-0. Le reti sono state segnate dal nuovo acquisto, il cileno Morales, e da Mandžukić su passaggio perfetto dello stesso Morales. Un risultato forse non molto scontato, che avrà reso felici alcuni scommettitori.
Vittoria netta fuori casa anche per gli svedesi del Goteborg, che hanno letteralmente travolto per 5-0 i malcapitati sammarinesi del Murata. Il primo gol è stato realizzato dal 17enne Robin Söder, una promessa della squadra scandinava. Massacrata di gol anche la squadra campione di Andorra, il Santa Coloma, che ha incassato quattro gol dal Kaunas.
Da segnalare il derby tra due squadre di nazioni dell’ex Unione Sovietica, con nomi molto particolari. La kazaka Aktobe ha battuto di misura gli “sceriffi” moldavi di Tiraspol: nonostante il suo predominio assoluto, con numerose occasioni da rete, i “guerrieri” del Kazakhstan sono riusciti a segnare soltanto su rigore al 49’ minuto. Nel ritorno lo Sheriff dovrà effettuare l’assalto alla diligenza per superare il turno.
Vantaggio risicato anche per l’Anorthosis di Famagosta che ha superato solo per 1-0 il Pyunik. I ciprioti, dopo aver colpito ben tre pali, sono passati solo nella ripresa grazie a un rigore di Frousos al 73'. Il ritorno in Armenia sarà tutto da giocare. A forte rischio la qualificazione per l’Inter Baki: gli azeri hanno pareggiato in casa a reti inviolate con i macedoni del Rabotnicki.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, autorizzato solo dietro citazione della fonte)







martedì 1 luglio 2008

Giocatori-Club Ue: primo vertice a Parigi sui temi del lavoro

Hanno partecipato all'incontro, svoltosi sotto il patrocinio Uefa, i rappresentanti dei calciatori, delle società di calcio, e membri della Commissione di Bruxelles

E' iniziato ufficialmente oggi il dialogo tra i rappresentanti dei calciatori e i club dell'Unione europea sui temi del lavoro nel mondo del calcio. Sotto l'egida dell'Uefa, stamani si è tenuto a Parigi il primo vertice tra giocatori, rappresentanti dei club, dei campionati e della Commissione Ue per cercare di trovare intese nei numerosi settori in cui è composta la materia del lavoro calcistico. Si è discusso a tutto campo della copertura sanitaria, della sicurezza sul lavoro, dell'assicurazione malattia, sull'educazione dei giovani giocatori, diritti e doveri dei calciatori e sulla spinosa questione dei diritti d'immagine. 
Una nota diffusa al termine dell'incontro ha specificato che sono intervenuti per la Commissione Ue Vladimir Spidla, titolare al lavoro ed agli affari sociali, Jan Figel, suo collega all'educazione, la formazione, la cultura e la gioventù, per i giocatori Philippe Piat, rappresentante della FifPro, la Federazione internazionale delle associazioni dei calciatori professionisti, Sir Dave Richards presidente Premier League inglese e della Epfl, l'Associazione delle leghe europee, e per le squadre Jean-Michel Aulas, proprietario dell'Olympique Lione e rappresentante dell'Eca, l'Associazione europea dei club. Finora sono stati siglati accordi collettivi tra calciatori e club solo in 11 stati membri, tra cui l'Italia, su 27. Spidla ha spiegato che «i calciatori sono tra le categorie piu' mobili in Europa, questo nuovo dialogo sociale contribuirà a risolvere le questioni che non si possono risolvere a livello nazionale». 
Marco Liguori

martedì 24 giugno 2008

Champions League - Roma terza squadra per introiti Uefa

(ANSA-AFP) - PARIGI, 23 GIU - La Roma, con quasi 30 milioni di euro, e' la terza squadra più pagata dall'Uefa, fra quelle che hanno preso parte all'ultima edizione della Champions League. Solo Manchester United e Chelsea, vale a dire le due finaliste di Mosca, hanno intascato piu' soldi dei giallorossi, che sono stati eliminati nei quarti proprio dalla squadra allenata da Alex Ferguson. L'Uefa ha versato in tutto 43 milioni nelle casse dei 'red devils', che alla fine hanno vinto la coppa, battendo ai rigori il Chelsea. Al club londinese, invece, sono andati 36 milioni. Gli introiti sono stati distribuiti in base a due criteri ben precisi: uno legato ai risultati ottenuti da ciascuna squadra, un altro in relazione al valore televisivo del marchio della squadra stessa. Una somma è stata devoluta a ciascuna delle 32 formazioni che hanno acquisito il diritto a disputare la fase a gironi della Champions, partendo da una base di 3 milioni di euro cadauna, ai quali andavano aggiunti 400 mila euro per ciascun match disputato (a prescindere dal risultato finale) della prima fase. Per ogni vittoria, a ciascuna squadra andavano 600 mila euro, per l'accesso agli ottavi di finale 2,2 milioni, per i quarti 2,5 e per la semifinale 3. In finale 4 milioni sono stati assegnati alla perdente e 7 alla vincente.
Questa la classifica degli introiti 2007/2008
1. Manchester United (Ing) euro 42.879.000
2. Chelsea (Ing) 36.375.000
3. Roma (Ita) 28.949.000
4. Barcellona (Spa) 27.500.000
5. Olympique Lione (Fra) 27.290.000
6. Psv Eindhoven (Ola) 27.104.000
7. Schalke 04 (Ger) 26.872.000
8. Liverpool (Ing) 26.815.000
9. Inter (Ita) 26.683.000
10. Milan (Ita) 26.383.000
11. Arsenal (Ing) 23.205.000
12. Real Madrid (Spa) 21.092.000
13. Olympique Marsiglia (Fra) 20.680.000
14. Stoccarda (Ger) 19.449.000
15. Olympiakos (Gre) 19.092.000
16. Fenerbahce (Tur) 17.342.000
17. Siviglia (Spa) 17.327.000
18. Lazio (Ita) 16.469.000
19. Werder Brema (Ger) 15.397.000
20. Celtic Glasgow (Sco) 13.018.000

lunedì 16 giugno 2008

Somiglianze pericolose

Italia-Francia di domani sembra avere numerose analogie poco benauguranti con il Mondiale del 1954 in Svizzera, quando l'Italia fu eliminata nel girone iniziale dalla squadra di casa

E così siamo arrivati all’ultima spiaggia: Italia-Francia nella “fatal” Zurigo. Un bel rebus, visto che non sarà sufficiente per entrambe vincere. Domani sera a Berna bisognerà vedere se l’Olanda cederà alla tentazione di dare il “biscotto” alla Romania per consentirle di qualificarsi. In alternativa, la formazione di Van Basten potrà battere la squadra di Piturca per accaparrarsi la “torta” di un milione di euro (onestamente sarebbe più succulenta) per la sua terza vittoria consecutiva: in totale sarebbero tre milioncini puliti per aver demolito in fila Italia, Francia e (eventualmente) appunto la Romania.
Intanto, come in qualsiasi sfida decisiva che si rispetti, è iniziata la ridda di voci su tattiche e schieramenti. Stamattina l’Equipe, il quotidiano d’Oltralpe, ha scritto che il ct Domenech starebbe pensando almeno a tre cambi rispetto alla formazione che ha subito il cocente 4-1 dall'Olanda. A rischiare il posto sarebbero Thuram, Sagnol e Malouda, se non addirittura anche Makelele. Avrebbe provato successivamente anche uno schema 4-4-2, in alternativa al 4-2-3-1. Donadoni metterà finalmente in campo Cassano sin dal primo minuto: e poi «sarà quel che sarà», come diceva la famosa canzone di Josè Feliciano al Festival di San Remo del 1971.
Sugli azzurri, oltre al pensiero del match di domani, c’è l’ombra di un precedente poco benaugurante: l’eliminazione nella fase iniziale dei Mondiali del 1954 che si disputavano proprio in Svizzera. Molti tifosi staranno sicuramente praticando gli scongiuri di rito, ma a 54 anni di distanza ci sono diverse similitudini con quella sfortunata spedizione. Gli amanti della cabala e della numerologia (o di Nostradamus) potranno intravedere la prima nella ripezione del numero 54 oltre alla coincidenza del luogo dove si disputarono i Mondiali e gli attuali Europei. Tralasciando questo aspetto ai confini della superstizione, scendiamo nei particolari tecnici che causalmente presentano analogie preoccupanti. Il primo riguarda i tentennamenti del commissario tecnico di allora, Lajos Czeizler, che sono molto simili a quelli di Donadoni. L’allenatore di origine ungherese, che aveva vinto nel 1950-51 lo scudetto con il Milan del trio Gre-No-Li, schierò nelle tre partite con Svizzera, Belgio e nello spareggio con la squadra di casa altrettante formazioni diverse. Identico atteggiamento sta tenendo l’attuale ct. Lo spiega molto bene nella sua storia dei Mondiali di calcio su www.napolisport.it il grande cronista sportivo napoletano, Mimmo Carratelli. «Czeizler chiamò in nazionale i giocatori – racconta Carratelli – della frizzante Fiorentina (l’intera difesa con Costagliola, Magnini, Cervato, Chiappella, Rosetta, Segato), un trio juventino (gli attaccanti Muccinelli, Ricagni, un oriundo argentino, Boniperti) più Pandolfini che giocava mezz’ala nella Roma e l’ala milanista Frignani. Ignorò i calciatori dell’Inter che, allenati da Foni, praticavano il “catenaccio” e, prima del Mondiale elvetico, avevano vinto due scudetti di fila». Ma alla vigilia della trasferta in Svizzera «Czeizler perse la sua convinzione offensivista – prosegue il giornalista partenopeo – e, pressato dalla stampa milanese, rinunciò al blocco fiorentino e richiamò in nazionale quelli dell’Inter. Nella squadra nerazzurra c’erano giocatori stranieri decisivi, che ne comandavano il gioco e di cui non esistevano omologhi italiani da convocare in azzurro». Altra somiglianza, la demenzialità della formula. Nel 1954 erano stati previsti quattro gironi, in cui le due teste di serie e le due squadre di seconda fascia non si incontravano. Agli Europei 2008 non solo è stato consentito che nel gruppo dell’Italia si incontrassero tra loro due squadre provenienti dallo stesso girone di quelificazione (Italia e Francia, Romania e Olanda) ma anche che, per il meccanismo della parte alta e bassa del tabellone, le due coppie di semifinaliste potrebbero essersi già scontrate nella fase a gironi. Davvero una bella “fonduta” in stile Uefa, che risulta anche noiosa: sembra di vedere una sfida infinita tra le solite quattro squadre.
La prima partita fu persa per 2 a 1 contro la Svizzera il 17 giugno, che attuava il “verrou” ossia il catenaccio che si dimostrò molto efficace. Si vide subito l’enorme confusione tattica della nostra Nazionale, che schierava in campo giocatori che adottavano un tipo di gioco completamente differente da quello chiaramente offensivo di Czeizler. Questa la prima formazione: Ghezzi, Vincenzi, Giacomazzi, Neri, Tognon, Nesti, Muccinelli, Boniperti (capitano), Galli, Pandolfini, Lorenzi. L’arbitraggio del brasiliano Viana a favore degli elvetici scatenò le ire dei giocatori e della stampa italiana. Il suo capolavoro fu quello di annullare un gol a “veleno” Lorenzi, il mitico centravanti dell’Inter, che, nel corso di una concitata discussione verso la fine della gara, gli rifilò un calcione negli stinchi. Anche in questo Europeo la Nazionale è stata vittima di errori arbitrali: quelli più clamorosi da parte del fischietto norvegese Ovrebo nella seconda gara con la Romania.
Il 20 giugno si disputò la seconda partita allo stadio Comunale di Cornaredo a Lugano con il Belgio e il ct ungherese sfodera la sua seconda formazione: via Vincenzi, Muccinelli, Boniperti, dentro Magnini, Cappello e Frignani. L’Italia vince 4 a 1 e, per l’assurdità del regolamento, deve incontrare nello spareggio per accedere ai quarti di finale la Svizzera, che aveva perso 2-0 con l’Inghilterra, poiché l’aveva raggiunta a quota 2 punti nel girone.
Tre giorni dopo la partita decisiva con gli elvetici a Basilea fu un disastro annunciato. Il racconto di Carratelli è illuminante. «La vigilia della partita, trascorsa in un principesco ritiro nei pressi di Basilea, fu contrassegnata da liti e insubordinazione dei giocatori che rivelarono la completa mancanza di polso di Czeizler. Questi, per giunta, in piena confusione, cambiò la formazione che aveva battuto i belgi. Schierò un nuovo portiere (lo juventino Viola al posto di Ghezzi), cambiò un mediano (il sampdoriano Mari per Neri), rinunciò in attacco all’acrobatico Galli e al poderoso Cappello, preferendogli due “pesi leggeri”, Muccinelli e Lorenzi, e inserì a mezz’ala il fiorentino Segato che era piuttosto un mediano». Finì 4-1 per la nazionale rossocrociata, che colpiva agevolmente in contropiede l’Italia tutta sbilanciata in avanti, con un centrocampo completamente squilibrato che non svolgeva il filtro necessario alle veloci e concrete manovre avversarie.
Adesso si aspetta Italia-Francia domani: Donadoni come sceglierà di giocare? Farà altri cambi, oltre a Cassano invocato a furor di popolo, rispetto alla gara con la Romania? Che la dea Eupalla lo assista!

sabato 14 giugno 2008

I premi Uefa per i partecipanti a Euro 2008

In teoria all'Olanda converrebbe vincere contro la Romania per incassare il premio aggiuntivo di 3 milioni di euro per le tre vittorie
(Pubblicato anche su Libero domenica 15 giugno 2008 pagina 37)

Sul sito dell'Uefa (http://www.uefa.com/ ) è spiegata la ripartizione dei premi alle nazionali partecipanti ad Euro 2008. «Per le 16 squadre partecipanti sono previsti 184 milioni di euro rispetto ai 129 milioni del 2004. Le formazioni riceveranno un minimo di 7,5 milioni di euro, al quale verranno aggiunti 1 milione di euro a vittoria e 500.000 euro a pareggio nella fase a gironi». L'Uefa prosegue spiegando che «chi raggiunge i quarti di finale riceverà altri 2 milioni di euro, ai quali aggiungere 3 milioni di euro in caso di qualificazione alla semifinale. La squadra battuta in finale riceverà 4,5 milioni di euro, mentre la vincitrice riscuoterà un premio di 7,5 milioni di euro». Di conseguenza, l'importo massimo che può essere vinto da una squadra è di 23 milioni di euro, nel caso in cui vinca anche tutti gli incontri della fase a gironi. Nel 2004, la Grecia ne ha riscossi 17,7 milioni.
Quindi, all'Olanda conviene battere la Romania e intascare 3 milioni di euro in più per tutte le tre le vittorie nel girone. Non c'è solo il fair play, ma un motivo economico che incentiva la squadra di Van Basten a vincere. Con buona pace della nostra Nazionale, che in caso di vittoria con la Francia incasserebbe appena 1,5 milioni (a causa del pareggio con la Romania). Forse lo scopo di lucro conserverà la regolarità del torneo: o forse no. Lo si scoprirà solo martedì sera. Ad ogni modo l'eventuale qualificazione dell'Italia non cancellerà le prestazioni poco convincenti finora svolte: però si può sempre sperare in una nuova "Spagna 82". Dopo i tre pareggi nel girone elimitorio iniziale ci furono i trionfi con Argentina, Brasile, Polonia e Germania Ovest. In competizioni particolari come gli Europei e i Mondiali, dove può accadere di tutto, è lecito sperarlo.
Marco Liguori
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il pallone in confusione

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