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mercoledì 24 marzo 2010

Corte di giustizia europea: un principio a tutela dei giovani calciatori

In occasione del convegno "I bilanci delle società di calcio quotate: governance, tutela dei risparmiatori e degli stakeholders", organizzato da Federprofessional, tenuto il 20 novembre 2009 in Roma e da cui ha preso le mosse la costituzione di Federsupporter, Felice Pulici sollevò la questione circa una vera e propria attività predatoria svolta da alcune società di calcio nei confronti di altre società sui giovani calciatori neo-professionisti.
Il 28 gennaio 2010, in sede di conferenza stampa di presentazione di Federsupporter, lo stesso Felice Pulici ebbe modo di rimarcare nuovamente che, tra gli scopi dell’Associazione, vi era, in particolare, quello di proporre e promuovere l’adozione di provvedimenti, a livello nazionale ed internazionale, incentivanti e di favore per quelle società che si dedichino all’addestramento ed alla formazione dei giovani sportivi professionisti.
Il 16 marzo c.a. la Corte di Giustizia Europea ha emanato una sentenza che ha deciso il caso del calciatore francese Olivier Bernard il quale, addestrato e formato dal Lione, era poi passato al Newcastle, sancendo un importante principio.
Più precisamente, la Corte ha stabilito che, pur non potendosi imporre l’obbligo di firmare un contratto con una società piuttosto che con un'altra, l’indennità di formazione va tutelata, in quanto volta ad incoraggiare le società a formare giovani calciatori professionisti e che tale indennità, da corrispondersi quando questi sottoscrivono il loro primo contratto professionale con altra società, deve tenere conto delle spese sostenute per detta formazione.
Alla luce di questo principio si possono formulare alcune considerazioni.
La prima è che l’attività che si è definita predatoria sui giovani calciatori professionisti non può essere impedita dall’imposizione dell’obbligo di sottoscrizione del primo contratto da professionista con la società che ha addestrato e formato il giovane calciatore, in quanto non consentito dalla normativa comunitaria in materia di libera circolazione dei lavoratori che deve essere garantita sia nel territorio di ogni singolo Stato membro sia nei territori di tutti gli altri Stati membri.
La seconda è che il riconoscimento di una indennità di formazione a favore della società che abbia formato il giovane calciatore, nel caso in cui quest’ultimo sottoscriva il suo primo contratto da professionista con altra società, non solo è del tutto legittimo, ma è idoneo a incoraggiare le società ad addestrare e formare giovani calciatori.
La terza è che tale indennità deve essere commisurata alle spese sostenute per l’attività di addestramento e formazione.
Quest’ultimo aspetto è quello che, a mio avviso, presenta o può presentare difficoltà applicative e, anche, suscitare qualche perplessità.
Sembra, infatti, piuttosto difficile poter quantificare, in termini di puro costo, l’entità economica di una attività multiforme, articolata e complessa, come quella di addestramento e formazione, per di più, di un calciatore, nonché lascia perplessi che, riconosciuta la legittimità di un indennizzo, anzi, la sua finalità sociale meritevole di tutela (incoraggiamento della formazione di giovani calciatori), lo si voglia, tuttavia, limitare al solo risarcimento di un danno emergente (la diminuzione patrimoniale dovuta ai costi di addestramento e formazione), con esclusione del lucro cessante (perdita di occasione di guadagno). E’ pacifico, infatti, che, sia nell’ordinamento italiano sia in quello comunitario, la nozione di danno è unitaria ed inscindibile, sia sotto il profilo del danno emergente, sia sotto il profilo del lucro cessante.
Non si comprende, quindi, la ragione per cui (né la sentenza lo spiega), il risarcimento (l’indennizzo) dovrebbe, in questo caso, limitarsi al danno emergente: vale a dire ai puri costi di addestramento e formazione, limitazione che, indubbiamente, depotenzierebbe in maniera sensibile la funzione di deterrenza dell’indennizzo nei confronti di quei comportamenti definiti predatori.
Funzione di deterrenza che, invece, deve caratterizzare l’indennità in parola, proprio perché essa, come riconosce la sentenza in questione, essendo idonea ad incoraggiare l’attività di addestramento e formazione,
non può, poi, essere, contraddittoriamente, svilita nella suddetta sua funzione, determinandosene una misura solo parziale, insufficiente o che rischia, addirittura, di risultare irrisoria (come è oggi nell’ordinamento calcistico nazionale).
Bisogna, altresì, tenere presente che, se è vero che la normativa comunitaria riconosce e garantisce la libera circolazione dei lavoratori all’interno e tra gli Stati membri, è pur vero che la medesima normativa vieta comportamenti concorrenziali scorretti, quale è sicuramente la predazione di giovani calciatori professionisti.
La soluzione del problema andrebbe, perciò, cercata in un equo contemperamento e bilanciamento del principio di libera circolazione dei lavoratori con il principio di correttezza del mercato e della concorrenza.
Soluzione che potrebbe sussistere nell’accoglimento di una nozione, in senso lato, di "spese" di addestramento e formazione equitativamente commisurabili, non solo in base al puro costo, peraltro di difficile quantificazione pratica, soprattutto se riferibile a ciascun singolo calciatore, bensì anche in relazione allo sviluppo di carriera professionale del calciatore, quale elemento misuratore del valore dell’addestramento e della formazione ricevuti.
In altre parole, l’indennità dovrebbe essere considerata in senso non puramente valutario ma in senso prevalentemente valoriale.
D’altra parte, va sottolineato che la sentenza in esame circoscrive la quantificazione dell’indennizzo ai soli costi per addestramento e formazione, limitatamente all’indennizzo relativo al primo contratto da professionista, ove stipulato con società diversa da quella che ha addestrato e formato il calciatore, la qual cosa sembra non escludere che, ove nel prosieguo della carriera, il calciatore passi ad altra o altre società, con corresponsione di indennizzo o indennizzi alla o alle società cedenti il contratto di lavoro che lo riguarda, una parte di tale indennizzo possa essere destinata, quale ulteriore risarcimento del valore dell’addestramento e della formazione ricevuti, alla società che lo ha addestrato e formato.
Se così fosse, allora, per esempio, l’indennità potrebbe essere commisurata in cifra fissa accresciuta da percentuali decrescenti sugli indennizzi relativi ai primi due contratti da professionista stipulati dal calciatore immediatamente successivi al primo contratto in un arco temporale di un quinquennio dall’inizio della sua attività professionale. Le percentuali si applicherebbero alla differenza in più tra l’ultimo indennizzo e quello immediatamente precedente.
Il sistema, sempre a titolo esemplificativo, potrebbe così funzionare: se il calciatore passa dalla società che lo ha addestrato e formato ad altra società, sottoscrivendo il suo primo contratto da professionista, alla società che lo ha addestrato e formato andrebbe un indennizzo in cifra fissa; se il calciatore nell’arco del quinquennio successivo, passa ad un'altra società, sottoscrivendo il suo secondo contratto da professionista, sull’eventuale maggiore indennizzo ricevuto dalla società cedente, quest’ultima dovrebbe corrispondere alla società che lo ha addestrato e formato una percentuale X; se il calciatore, sempre nell’arco del quinquennio, passa ad un'altra società, sottoscrivendo il suo terzo contratto da professionista, sull’eventuale maggiore indennizzo ricevuto dalla società cedente quest’ultima dovrebbe versare alla società che lo ha addestrato e formato una percentuale XY inferiore a quella X.
Ma al di là di questa personale ipotesi di lavoro che vuole costituire solo uno spunto di riflessione e uno stimolo al confronto ed al dibattito su un tema di indubbia importanza, resta fermo che Federsupporter si impegnerà a studiare, formulare e proporre ipotesi di soluzione del problema: sia su un piano più generale, legislativo, sia su un piano, più specifico, di regolamentazione sportiva.
Il Consigliere Responsabile dell’Area Legale di Federsupporter
Avvocato Massimo Rossetti

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