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lunedì 7 giugno 2010

Il Milan aumenta i ricavi nel 2009 e ringrazia Kakà, Rai e Mediaset

Gli introiti sono lievitati di 89 milioni sul 2008: nel bilancio però non c’è traccia della suddivisione degli introiti derivanti da una transazione con la tv di Stato e con la società del gruppo Fininvest. I costi superano le entrate di 35,6 milioni e sono lievitati dai 287,1 del 2007 a 317,6 milioni. In particolare, gli stipendi dei calciatori presentano un trend in forte ascesa: dai 124,9 milioni del 2007, ai 148,6 del 2008, fino ai 148,9 milioni del 2009

Il bilancio chiuso al 31 dicembre scorso dal Milan si è chiuso con una perdita a livello di gruppo pari a 9,8 milioni di euro (66,8 nel 2008), mentre il “rosso” civilistico (riguardante la sola squadra di calcio) è ammontato a 18,9 milioni (76,9 milioni nel 2008). Il miglioramento del risultato negativo è avvenuto a causa del consistente rafforzamento dei ricavi: a livello di gruppo 327,6 milioni contro i precedenti 237,9, a livello civilistico 307,7 milioni rispetto ai 218,7 milioni del 2008. Ciò è dovuto a tre voci: plusvalenze calciatori, ricavi da Champions League e componenti non ricorrenti dovuti agli accordi di transazione con Mediaset e Rai. Lo spiega nelle relazioni sulle gestioni il vicepresidente vicario e amministratore delegato Adriano Galliani: il «valore della produzione include le plusvalenze derivanti dalla cessione dei diritti alle prestazioni dei giocatori ammontanti a euro 74 milioni per il 2009 e a euro 20,5 milioni per il 2008». La parte del leone nella prima voce spetta a Kakà, la cui plusvalenza per la cessione al Real Madrid ammontata a 62,7 milioni, seguito da Gourcuff venduto al Bordeaux con plusvalenza di 11,2 milioni.

Riguardo agli accordi con Mediaset e Rai, Galliani spiega in maggior dettaglio a pagina 106 del documento contabile che ammontano a «euro 20,3 milioni per i proventi non ricorrenti relativi alle transazioni con il gruppo Rai e con la società Rti spa (Gruppo Mediaset) per la titolarità dell’archivio delle immagini delle partite casalinghe di Ac Milan relative a specifiche stagioni sportive (cd. “Library Milan”) e per lo sfruttamento nel tempo di tale archivio». Sembra davvero strana la formula adottata con una società facente parte dello stesso gruppo finanziario, ossia la Fininvest: non si capisce quale sia la necessità di sottoscrivere un accordo transattivo. L’unica spiegazione può essere questa: una sorta di “par condicio” con la Rai. Nel bilancio del Milan non c’è traccia della suddivisione tra la parte degli introiti derivante dalla tv di Stato e quella proveniente dalla società del gruppo Mediaset. Probabilmente ciò è dovuto al fatto che la società di via Turati non ha obblighi di maggior trasparenza, cosa invece dovuta per le aziende quotate in Borsa. Quanto ai maggiori proventi da partecipazione alle competizioni Uefa, si segnalano i proventi da diritti tv della Champions League pari a 20,4 milioni (7,4 milioni nel 2008). Pressoché invariati i ricavi complessivi per i diritti tv (Sky e Mediaset) pari a 107,2 milioni. Risultano incrementati da 5,3 a 6,5 milioni i ricavi derivanti dall’attività di merchandising e licencing del Gruppo Milan. Tutto ciò fa comprendere che il Milan è una società sempre più dipendente da tv, Champions League e plusvalenze calciatori: nella composizione dei ricavi il merchandising occupa appena il 10% contro il 40% dei proventi televisivi, il 23% delle plusvalenze e il 18% delle coppe internazionali. Ancora più bassi gli introiti da sponsor, pari al 9%. Tuttavia, grazie alla potenza del suo azionista di riferimento, non sarà un problema neppure la prossima ripartizione collettiva dei diritti televisivi prevista dalla legge Melandri-Gentiloni, il cui meccanismo è riportato sinteticamente nella relazione sulla gestione, che dovrebbe portare un decremento di questo introito nelle casse del club rossonero e in quello delle altre grandi del calcio nostrano in favore delle piccole.

Anche se non costituiscono fonte di preoccupzione, a causa del costante apporto di “mamma” Fininvest, i costi dell’Ac Milan spa sono lievitati in modo esponenziale dal 2007 al 2009. Tre anni fa, ammontavano a 287,1 milioni, nel 2008 erano 307,5 mentre l’anno scorso sono lievitati a 317,6. La spiegazione la fornisce sempre Galliani nella relazione sulla gestione: «Tale incremento si riferisce in particolare per 3,8 milioni alla voce salari e stipendi tesserati principalmente a seguito di premi erogati a fronte delle prestazione sportive; per 4,1 milioni alla voce “costi per servizi”». Insomma, è l’effetto di un circolo vizioso: se aumentano i ricavi attraverso risultati sportivi soddisfacenti, si incrementano anche i costi dovuti ai premi dovuti alle stelle rossonere Ronaldinho, Pato e compagnia. Tuttavia, scendendo nel dettaglio delle ultime tre stagioni si nota che anche il costo degli stipendi per i calciatori presenta un trend in forte ascesa: dai 124,9 milioni del 2007, ai 148,6 del 2008, fino ai 148,9 milioni del 2009. Insomma, se si hanno giocatori di grido bisogna pagarli profumatamente, ma i ricavi non riescono a compensare i costi: l’anno scorso lo squilibrio riguardante l’Ac Milan spa ha raggiunto i 9,9 milioni. Chissà se alla società posseduta dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ascolteranno le parole pronunciate ieri dal ministro della Semplificazione amministrativa Roberto Calderoli: «Le società di calcio ridimensionino gli ingaggi dei calciatori». Ciò però contrasta con il desiderio dei tifosi rossoneri che vogliono che la società investa molto, acquisendo fuoriclasse per rafforzare la squadra e puntare a nuove vittorie.

Il bilancio civilistico del Milan presentava alla fine dell’anno scorso un forte squilibrio finanziario: debiti per 463,1 milioni (di cui 163,7 milioni con le banche) contro 157 milioni di crediti. Il patrimonio netto, ossia i mezzi propri, è positivo per 26,9 milioni: a livello di gruppo è negativo per 71,9 milioni, ma ciò non comporta interventi di ricapitalizzazione. Tutto questo non rappresenta fonte di preoccupazione per una società coperta dalle robuste spalle del suo azionista al 99,92973%. Innanzitutto il club rossonero è coperto dal rischio di liquidità poiché «gode di un adeguato ammontare di linee di credito committed – spiega Galliani nelle relazioni sulla gestione – a fronte di lettere di “patronage” della controllante Fininvest spa per ammontare di euro 390,0 milioni». L’anno scorso l’importo garantito dalla holding della famiglia Berlusconi presso le banche era leggermente inferiore: 329,9 milioni. In più la Fininvest ha versato in conto capitale 18,5 milioni per sostenere il proprio “figlio”: inoltre, nello scorso gennaio «a richiesta della società (NDR il Milan) ha provveduto a convertire – si legge nella relazione sulla gestione - parte di un finanziamento oneroso per 1,7 milioni in versamento in conto capitale e/o copertura perdite». In virtù dell’adesione alla normativa sul consolidato fiscale, il Milan ha trasferito alla capogruppo una «remunerazione dei vantaggi fiscali» sotto forma «di perdite fiscali», si legge nella nota integrativa, pari a 16,6 milioni. Insomma, competere con una realtà così è praticamente impossibile per gran parte delle squadre del nostro campionato (o meglio della nuova Lega di Serie A) che sono costrette a fare i salti mortali per far quadrare i conti. Lo strapotere rossonero è evidenziato anche da altre due voci. La prima riguarda debiti verso società di factoring per 103,7 milioni «per anticipazioni di crediti futuri – si legge ancora nella nota integrativa – in riferimento a contratti di natura commerciale». A ciò si aggiungono 22,7 milioni di risconti passivi per «fatturazione anticipata dei diritti televisivi – spiega il documento di bilancio rossonero – per la trasmissione a pagamento delle partite casalinghe di campionato della stagione 2009/10, di alcuni contratti commerciali, alle quote della campagna abbonamenti campionato – edizione 2009/2010 incassate al 31 dicembre 2009 di competenza del periodo 1 gennaio 2010 – 30 giugno 2010». In totale 126,4 milioni già anticipati e riscossi. Dulcis in fundo, Galliani spiega nella relazione sulla gestione di aver sottoscritto «nuovi contratti commerciali che decorreranno dalla stagione sportiva 2010/2011 del complessivo valore di minimi garantiti di euro 32,7 milioni per ogni stagione sportiva e con ultima scadenza nel 2017».

Marco Liguori

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