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martedì 30 giugno 2009

Calciopoli, ex arbitro: gravi irregolarità nei sorteggi

I sorteggi per le designazioni arbitrali erano caratterizzati da «gravissime irregolarita». Ne è convinto Riccardo Pirrone, arbitro nel triennio 1999/2001 che, con le sue dimissioni («immediatamente accettate»), lasciò un ambiente di omertà, dove «vale la regola: fatti gli affari tuoi». Pirrone ha deposto come testimone all'udienza del processo calciopoli. L'ex arbitro ha risposto alle domande dei pm Giuseppe Narducci e Stefano Capuano che hanno riguardato in particolare presunte irregolarità nei sorteggi che avvenivano nel centro di Coverciano. Pirrone ha spiegato che i bussoloti con le indicazioni dei direttori di gara «nel 60-70 per cento dei casi», capitava che uno dei bussolotti che vanivano lanciati con una certa violenza si apriva, poi veniva riposto nell'urna trasparente dove i bussolotti venivano «blandamente mescolati», con un movimento lento, una circostanza che dava adito «a molti sospetti». Anzi, alcune volte «la pallina cadeva già aperta». Tanto che lui notava che i designatori, Bergamo e Pairetto, «continuavano a tenere sottocchio una determinata pallina». Secondo il testimone, che ha precisato di poter riferire soltanto proprie sensazioni condivise a suo dire da altri arbitri, il bussolotto che si rompeva era già stato manomesso in precedenza dai designatori. Alla fine del sorteggio la segretaria Maria Grazia Fazi «portava via tutto con una velocità incredibile». A proposito del mondo arbitrale, Pirrone ha parlato dell'esistenza di una casta dove ci sono quelli «che sanno le regole del gioco» e quelli «messi in disparte». Un'altra questione affrontata oggi è stata quella delle schede telefoniche estere che l'ex dg della Juve Luciano Moggi e l'ex ds del Messina, Mariano Fabiani, avrebbero fornito ad arbitri e designatori dopo averle acquistate in un negozio di Chiasso, in Svizzera. Per gli inquirenti si tratta di una quarantina di 'sim' di un gestore svizzero e di un numero imprecisato del Liechtestein (da individuare, secondo i pm, in un gruppo 150). È stato ascoltato in aula, Teodosio De Cillis, uno dei tiolari del negozio. Ha confermato di aver venduto in più occasioni diverse schede e ricariche a Giancarlo Bertolini, un dipendente della Juve, e che in una circostanza nel negozio si sono recati anche Moggi e Fabiani. Il danaro gli veniva consegnato da Bertolini - ha precisato - in una busta chiusa.
Fonte: Ansa

La prima volta di Moggi in tribunale a Napoli

EX DG JUVE: ERAVAMO PEDINATI, VIENE FUORI DAL PROCESSO DI MILANO

Per la prima volta dall'inizio del processo di Calciopoli l'ex dg della Juve, Luciano Moggi, si è presentato nell'aula della nona sezione del Tribunale di Napoli dove sono in corso gli interrogatori dei testimoni. Moggi si è trattenuto brevemente con i giornalisti all'uscita dall'aula. «Al posto dei campi di calcio ora frequento le aule di Tribunale», ha ironizzato. E ha aggiunto, a proposito del processo sulle intercettazioni illecite in corso a Milano, Moggi: «eravamo pedinati, al processo Telecom di Milano sta venendo fuori: ci seguivano». Soffermandosi sulla questione delle schede sim estere che secondo l'accusa avrebbe fornito ad arbitri e designatori, ha detto: «pensate che se un arbitro fosse un mio associato ci sarebbe bisogno di telefonargli cinque volte? Andrei negli spogliatoi e gli darei una pacca sulle spalle».
Moggi ha poi risposto alle domande dei giornalisti relative ad un passaggio della deposizione di Teodosio De Cillis, titolare del negozio di Chiasso, in Svizzera, dove sarebbero state vendute le schede estere contestate a Moggi. De Cillis aveva affermato, tra l'altro, che nel suo negozio si rifornivano per acquisti di telefonini e altro materiale elettronico come videocamere anche diversi giocatori e dirigenti di società di calcio ed ha citato il nome di Marco Branca, direttore tecnico dell'Inter. «Se l'Inter si serviva di quel negozio - ha commentato Moggi - ed a Teveroli (ex responsabile sicurezza Telecom, ndr) sono state sequestrate due schede svizzere: se uno più uno fa due vediamo poi se fa tre...»
Fonte: Ansa

domenica 28 giugno 2009

Canale 9 ricorda Donna Luisella, tifosa "anema e core" del Napoli

Riceviamo dai colleghi di Canale 9 e pubblichiamo

La dirigenza del Napoli, squadra sinora assoluta protagonista della sessione estiva di calciomercato in Italia, sta puntellando la propria rosa con rinforzi di assoluto valore. Tuttavia, ai nastri di partenza della stagione che verrà, Napoli ed il Napoli dovranno affrontare un incolmabile vuoto, quello lasciato dalla scomparsa di Luisella Fariello, la mitica "donna Luisella". La nonnina più amata dai tifosi napoletani si è spenta all'età di 87 anni. Memoria storica del calcio a Napoli, seguiva i colori azzurri dall'età di 8 anni "Mio padre mi portò a vedere una partita degli azzurri, rimasi affascinata da quello sport e dalla passione per quei colori".In affettuoso omaggio alla tifosissima azzurra nata e vissuta nel quartiere Sanità, abbiamo raccolto e pubblicato le videotestimonianze più belle rilasciate da donna Luisella a Canale9 ai microfoni di "Tutti in Campo".La redazione di "SportMagazine" vuole porre così il giusto tributo ad una donna che, nel corso della sua ultra sessantennale frequentazione dello Stadio San Paolo, ha rappresentato in maniera emblematica la napoletanità a 360 gradi, figlia di una passione difficilmente riscontrabile ad altre latitudini. La passione per un calcio che è stato e che probabilmente, ahinoi, non tornerà più.http://www.9online.it/sport/2009/06/26/addio-donna-luisella/

sabato 13 giugno 2009

Platini: «Più controlli sui bilanci»

Ju29Ro intervista in esclusiva il presidente dell'Uefa sul tema delicato dell'equilibrio finanziario delle società di calcio

Michel Platini è nato a Joeuf in Francia il 21 giugno del 1955. E' stato un leader in campo e un personaggio mai banale fuori; insofferente e gigione con i giornalisti, brillante e istrionico nei rapporti con i colleghi.La sua carriera da calciatore lo ha portato ad ottenere i massimi successi, sia con le maglie dei clubs coni quali ha giocato (Nancy, St. Etienne, soprattutto Juventus, la squadra con la quale ha vinto tutto), sia con la Nazionale francese, da lui trascinata alla conquista del primo titolo continentale, nella manifestazione più dominata da un singolo che la storia del calcio ricordi.Persona di spiccata intelligenza e indiscutibile carisma, comprese che ritirarsi ancora competitivo avrebbe lasciato un'immagine indelebile della sua grandezza.Appena ritiratosi, pur non avendo mai avuto particolari velleità da allenatore, Platini rispose alla chiamata della Federazione francese per gestire il delicato momento dei "bleus" rimasti orfani del suo stesso ciclo vincente. Ma il suo futuro era dietro una scrivania, e l'organizzazione del Mondiale francese del 1998 passò attraverso la sua supervisione. Fu un grande successo, completato dal trionfo della Nazionale di casa, e Michel, in tribuna in abito elegante, ma con la maglia della nazionale al posto della camicia ("obbligando" politici e autorità a seguirne l'esempio,presidente Chirac compreso), uscì da quell'esperienza da trionfatore. La brillante ascesa di Platini lo portò alla vicepresidenza della FIFA (dal 2002), mentre nel gennaio 2007 pose termine al "regno" dello svedese Lennart Johansson (che durava dal 1990), rilevandone la presidenza UEFA.Platini, che da anni si batte per restituire al calcio europeo la prevalenza dell'aspetto sportivo su quello meramente commerciale, pur non sottovalutando gli aspetti riguardanti l'enorme business che vi gira attorno, è ora l'incubo di tanti presidenti. Quelli dai bilanci "allegri". Il momento del calcio europeo, con un impoverimento generale (escludendo qualche eccezione, seppur eclatante) e interi sistemi a rischio fallimento, necessita di un cambio di rotta immediato.In esclusiva per Ju29ro.com, Michel Platini ci spiega come la UEFA guiderà il cambiamento.

- Buongiorno Presidente. Innanzitutto La ringraziamo per aver accettato di rispondere alle domande che la nostra Redazione Le ha posto su un argomento di estrema attualità, come il fair play finanziario e i bilanci delle società di calcio europee. In particolare si sente parlare spesso dell’elevato indebitamento complessivo della Premier League mentre, a nostro avviso, la situazione di squilibrio finanziario nei conti del calcio è di ordine globale e riguarda principalmente le società che fanno capo a proprietari facoltosi che hanno facilmente accesso al credito bancario; Qual è al riguardo la valutazione dell'Uefa?

La situazione di “squilibrio finanziario” è tipica di tutto il sistema calcio e sarebbe riduttivo ricondurla a singoli club o paesi. Si tratta di un problema europeo, che colpisce tutti i paesi, dalle grandi alle piccole nazioni calcistiche e che quindi richiede una soluzione a livello europeo. Le cause di questa situazione sono da ricercare negli obiettivi perseguiti dalle società di calcio e nella struttura delle competizioni a tutti i livelli. A differenza delle imprese “normali” la ricerca del successo sportivo è l’obiettivo principale di una società di calcio, non il profitto. Il successo sportivo genera sovente un ritorno economico importante che spinge le società di calcio a preferire la spesa nel breve termine a scapito di un investimento di lungo periodo. L’UEFA ritiene pertanto necessaria una riforma globale che dovrà correggere comportamenti orientati al breve periodo fornendo incentivi per ridurre i costi, in particolare quelli legati agli stipendi e ai trasferimenti dei giocatori.

- A fronte dell’indebitamento riteniamo necessario differenziare quello contratto a fronte di investimenti duraturi, come lo stadio, da quello utilizzato per finanziare la gestione corrente e la corsa verso ingaggi sempre più elevati e rose di giocatori sempre più "esagerate". Nella giusta battaglia che l'Uefa porta avanti si potrà tener conto di questa sostanziale differenza?

Certamente si terrà conto di questa sostanziale differenza. Il debito per se non è negativo. E` necessario però che il livello d’indebitamento sia “sostenibile” nel medio/lungo termine. Sostenibile, non in funzione della capacità finanziaria di facoltosi proprietari ma della capacità del club di generare reddito. La riforma fornirà inoltre incentivi volti ad aumentare gli investimenti nelle infrastrutture e nei settori giovanili.

- I bilanci delle società italiane in particolare sono poco trasparenti e spesso artificiosamente sostenuti perché, in molti casi, si fa ricorso a società controllate e/o collegate unicamente per far emergere utili fittizi come quelli rivenienti, ad esempio, dalle finte compravendita dei marchi. Bisognerà ricorrere a nuovi accorgimenti e nuovi controlli, per esempio sul Bilancio Consolidato; l'Uefa li ha già studiati e li metterà subito in atto?

L’UEFA ha previsto l’applicazione delle nuove norme a livello di bilancio consolidato. In futuro saranno previsti maggiori controlli volti ad aumentare la trasparenza. Si tratta di una questione complessa che deriva in molti casi dalla complessità delle strutture societarie e dei sistemi giuridici nei 53 paesi membri dell’UEFA.

- Abbiamo letto della costituzione da parte dell'Uefa di un Comitato (Panel) di Controllo Finanziario per Club che valuterà la concessione delle licenze per le competizioni internazionali. Questo controllo sarà operativo già da questa estate in vista della Champions 2009-10? La stampa ha riportato la notizia secondo la quale il Comitato valuterà se i rispettivi organismi nazionali (in Italia la Covisoc) hanno operato adeguatamente nella concessione delle licenze Uefa. Nel caso di controlli nazionali indeguati, cosa succederà? Si darà modo ad una società non in regola di adeguarsi gradualmente oppure può succedere che un Club possa essere ammesso alle competizioni nazionali e non alle competizioni Uefa?

Al Panel di Controllo Finanziario per Club spetterà il difficile compito di monitorare l’applicazione delle norme delle licenze da parte degli organismi nazionali e il rispetto dei criteri finanziari da parte dei club. Il Panel, che sarà operativo già nel corso della stagione 2009/10, disporrà di ampi poteri di controllo e potrà deferire l’associazione nazionale e/o i club alla commissione disciplinare. I controlli riguarderanno solo ed esclusivamente i club qualificati per le competizioni Europee. In caso di inadempienze è possibile che un club non sia ammesso alle competizioni dell’UEFA.

- Oltre ad un maggior rigore nei controlli sui bilanci, l'Uefa sta ricercando consenso su altre misure di fair play finanziario, prima tra tutte il vincolo nel rapporto tra spese e fatturato. Ha la sensazione che sia un obiettivo raggiungibile? Non c'è il pericolo che le grandi società europee si orientino per un loro campionato, una specie di Eurolega?

Riteniamo che il vincolo tra spese e fatturato sia un obiettivo raggiungibile. Non sarà semplice ma riteniamo sia necessario. Ci vorrà del tempo. I club dovranno imparare a competere con i “propri mezzi”. Dovranno ridurre le spese e aumentare le entrate. In molti paesi il sistema dovrà essere profondamente riorganizzato, e si dovrà agire in fretta altrimenti si rischia il collasso. Su questo tema delicato siamo in costante contatto con i presidenti dei club che ci sostengono in questa iniziativa perché hanno capito che le nuove regole che stiamo studiando non sono contro di loro, ma, al contrario, sono in loro favore. Le nuove regole dovranno infatti permettere di raggiungere un equilibrio finanziario di medio/lungo termine proteggendo i club dalla continua ed inesorabile lievitazione dei costi che sta portando molte società sull’orlo del fallimento. Siamo convinti che la riforma del sistema fornirà ai club nuove opportunità di sviluppo. Coloro che agiranno in fretta e sapranno sfruttare le nuove opportunità saranno avvantaggiati. Molti presidenti lo hanno capito e hanno già cominciato a guardare al bilancio con maggiore rigore che in passato e ad implementare politiche mirate per accrescere il valore del proprio club nel medio/lungo termine.

- Dei bilanci “gonfiati” si è parlato apertamente in Italia (e noi di www.ju29ro.com l'abbiamo documentato) di illeciti tollerati, cioè di operazioni tecnicamente non regolari in termini di normativa sportiva ma “tollerate” dall'autorità di vigilanza nazionale. A Suo avviso, c'è oggi una sensibilità diversa rispetto al passato nelle istituzioni, nell'opinione pubblica, negli sportivi stessi che renda possibile l'obiettivo di bilanci sostenibili e quindi la somministrazione di adeguate sanzioni per chi si rende responsabile di quelle operazioni sportivamente illecite?

L’UEFA ritiene vi sia maggiore sensibilità in materia di rigore economico/finanziario. L’attuale crisi finanziaria ha evidenziato la vulnerabilità del sistema. Le società cominciano a capire che i ricavi non potranno crescere per sempre e le istituzioni sono preoccupate e richiedono maggiori controlli. Per esempio in Gran Bretagna una commissione parlamentare formata da rappresentanti di tutti i partiti ha richiesto una profonda riforma del sistema calcio. Anche altri paesi si stanno muovendo nella stessa direzione. E' un passo difficile ma fondamentale. Chi non sarà in grado di mantenere una politica sostenibile o si renderà responsabile di illeciti sportivi sarà sanzionato o privato di incentivi che verranno invece ridistribuiti tra coloro che hanno rispettato le regole ed adottato misure di fair play finanziario.

- Le società di calcio in Europa devono sottostare a regimi fiscali differenziati e vigenti nella nazione di appartenenza. Alcune di queste beneficiano di aliquote più basse con la conseguenza di una maggiore competitività nell’ambito del calciomercato. L’Uefa ha considerato questo problema e ha in programma di presentare proposte in sede Europea per eliminare questa importante anomalia che penalizza, ad esempio, le squadre italiane rispetto a quelle spagnole?

L’UEFA ha considerato la problematica dell’armonizzazione fiscale e auspica che i governi dei vari paesi dell’UE possano affrontare questa situazione che è molto complessa. Comprendiamo bene che dal punto di vista italiano la situazione possa apparire sfavorevole se paragonata ad altre realtà Europee. L’Italia però non è il solo paese in Europa con una pressione fiscale elevata; altri paesi affrontano il medesimo problema. Si tenga poi conto che più di venti federazioni dell’UEFA non fanno parte dell’UE e pertanto un’armonizzazione a livello UEFA sarebbe ancora più difficile. Non è poi l’unica anomalia. Per esempio importanti differenze tra i vari paesi esistono in materia di strutture societarie, modelli di ownership, regole sulla proprietà degli stadi oppure ancora in materia di ridistribuzione degli introiti televisivi. I club, a livello nazionale ed internazionale, non sono uguali e l’UEFA non può armonizzare i vari regimi fiscali e commerciali. Fair play finanziario non significa uguaglianza finanziaria ma capacità di competere con il proprio reddito tramite una politica finanziaria sostenibile nel medio/lungo termine.

Esclusiva http://www.ju29ro.com/ spedita a "il pallone in confusione"

sabato 30 maggio 2009

Potere rossonero, gestione no problem











Secondo il bilancio 2008 del Milan, le lettere di "patronage" del gruppo Fininvest emesse a garanzia per la propria controllata consentono di ottenere dalle banche linee di credito commited per 329,9 milioni

Tenete presente molto bene questa percentuale e questa cifra riguardanti il Milan: 99,92973% e 329,9 milioni di euro. Entrambe sono strettamente e indissolubilmente legate tra loro. La prima rappresenta il controllo pressoché totale della Fininvest sulla società rossonera: il collegio sindacale nella sua relazione evidenzia che «esercita l’attività di direzione e coordinamento nei suoi confronti». La seconda è illustrata nella relazione sulla gestione all’ultimo bilancio chiuso al 31 dicembre 2008, nella parte dedicata ai rischi di liquidità: «la società gode di un adeguato ammontare di linee di credito committed, a fronte di lettere di “patronage” della controllante Fininvest spa per un ammontare di euro 329,9 milioni». E’ spiegata tutta qui la strapotenza del Milan: la holding della famiglia Berlusconi garantisce presso le banche per la sua controllata calcistica per reperire i fondi necessari per far fronte agli impegni, attraverso linee di credito da rimborsare non prima di una data prestabilita. Per capire meglio la portata del “patronage” occorre tradurre la cifra nel vecchio conio: ammonta a 638,8 miliardi di lire. Una cifra enorme che lascia comprendere le spalle larghe che coprono il Milan: competere con una realtà così, è praticamente impossibile per gran parte delle squadre del nostro campionato, che sono costrette a fare i salti mortali per far quadrare i conti. Per meglio dire, per le società appartenenti alla nuova Lega di serie A, nata da poche settimane, destinata ad essere dominata ancor di più della vecchia Lega Calcio (che comprendeva anche la serie B), oltre che dal Milan berlusconiano, anche dall’Inter di Massimo Moratti e dalla Juventus di Casa Agnelli.

I 329,9 milioni coprono dunque le esigenze della società rossonera. Non creano problemi i 76,99 milioni di euro di perdita del Milan spa e i 66,84 milioni a livello consolidato, in netto aumento rispettivamente dai precedenti passivi di 32 e 31,72 milioni. Ci ha pensato “mamma” Fininvest a coprire le perdite con una serie di versamenti in conto capitale. Il “figlioletto” Milan ha bisogno di denaro? E’ presto fatto. Nella relazione sulla gestione si legge infatti che «nel corso del mese di febbraio 2009 l’azionista di maggioranza Fininvest spa, a richiesta della società (ossia del Milan NDR), ha provveduto a concedere un finanziamento oneroso dell’importo di euro 15,0 milioni». Non sono dunque un problema neppure i 110,8 milioni di debiti dell’Ac Milan spa verso le banche e neanche avere dalle società di factoring circa 114 milioni «per anticipazioni di crediti futuri in riferimento a contratti di natura commerciale» come si legge nella nota integrativa. E a proposito di sistema bancario, “no problem” neppure per le fideiussioni emesse per la sontuosa campagna acquisti della scorsa estate: 10,5 milioni per Ronaldinho e 4,5 milioni per Zambrotta. La strapotenza dell’appartenenza alla galassia berlusconiana si nota anche in una voce dei ricavi. Nelle entrate da diritti tv, ammontate a oltre 109 milioni dai precedenti 102, si nota l’incremento di oltre 10 milioni di euro di quelli versati dai contratti con Rti (società del gruppo Mediaset, ossia Fininvest) cui è stata affidata anche la trasmissione del trofeo “Luigi Berlusconi” che fino all’esercizio precedente era a cura di Sky ed è dunque ritornato in famiglia. La stessa Rti ha esercitato nel gennaio 2008 «il diritto di opzione del contratto di licenza del febbraio 2006 relativo ai diritti di ripresa e trasmissione delle partite interne di campionato per la stagione 2009/10». Figuriamoci se non l’avesse fatto: sarebbe stato un evento più unico che raro all’interno del gruppo Fininvest che, ricordiamo, ha sede a Roma, in largo del Nazareno, e non a Segrate come comunemente si pensa.

Ma c’è di più: il rosso di bilancio crea anche una perdita tributaria. Essa, ai sensi della normativa vigente sul consolidato fiscale, crea un beneficio pari a circa il 33% sull’Ires della capogruppo. Stando alla nota integrativa al bilancio 2008 il Milan, consolidato fiscalmente all’interno del gruppo Fininvest, ha prodotto la voce “remunerazione per vantaggi fiscali trasferiti”. Stando al documento, ciò «rappresenta il provento connesso ai vantaggi fiscali trasferiti alla consolidante Fininvest spa, sotto forma di perdite fiscali». Tale vantaggio ammonta a 23,35 milioni: un sostanzioso “aiutino”, autorizzato dalla legge e dunque perfettamente lecito, ancor più cospicuo rispetto ai 13,54 milioni dell’anno precedente.

Di conseguenza, data la potenza del gruppo a cui appartiene il Milan non costituisce una difficoltà anche la riduzione dei ricavi da 257,8 a 218,7 milioni. La differenza con i costi, pari a 307,5 milioni (287,1 milioni nel 2007), è passata a 88,8 milioni dai precedenti 29,29. E non sarà un problema neppure la nuova ripartizione collettiva dei diritti televisivi prevista dalla legge Melandri-Gentiloni, il cui meccanismo è riportato sinteticamente nella relazione sulla gestione, che dovrebbe portare un decremento di questo introito nelle casse del club rossonero e in quello delle altre grandi del calcio nostrano in favore delle piccole. Sempre che non si voglia cambiare questa norma e riportare tutto come prima, con la contrattazione dei diritti tv svolta da ogni singola società con ciascun operatore. Su essa pende il ricorso presentato da Sky nel marzo 2008 presso il Commissario dell’Ue alla concorrenza, Neelie Kroes. Il vicepresidente vicario del Milan, Adriano Galliani, lo commentò così all’Ansa: «secondo noi è il primo in ordine cronologico e altri ne seguiranno anche davanti ad altri organi giurisdizionali». E il proprietario del Milan, Silvio Berlusconi, dichiarò lunedì 10 marzo su Antenna 3, al programma “Lunedì di rigore” condotto da Fabio Ravezzani che «è chiaro che incombe in Italia la possibilità di vedere ridotte le disponibilità delle grandi squadre e quindi ridotte le loro possibilità di competere con i grandi club europei». Il futuro presidente del Consiglio concluse così: «Immagino che bisognerà intervenire in una direzione diversa da quella che è stata ipotizzata dal governo della sinistra». Forse si sta attendendo l’esito del ricorso di Sky per fare la prima mossa.

Marco Liguori

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domenica 24 maggio 2009

Il romanzo della convenzione tra il Napoli e il Comune generoso per lo stadio

Questo è il romanzo, dettaglio per dettaglio, della convenzione stipulata il 7 novembre 2005 tra il Comune di Napoli e la rinata Società sportiva calcio Napoli (denominata fino al maggio 2006 Napoli Soccer) per l'uso da parte di quest'ultima dello stadio San Paolo. Mi sono occupato di questo tema nel 2007 per Quotidiano.net: ora torna di attualità poiché alla fine di questa stagione calcistica l’intesa (che ha valore retroattivo dalla stagione 2004/05) scadrà. Sei mesi prima del suo termine, ossia alla fine del prossimo giugno, la società di Aurelio De Laurentiis avrebbe dovuto spedire una raccomandata a/r per esercitare il rinnovo per altre cinque stagioni "ai medesimi patti e condizioni" come recita l’articolo 4. E vista la generosità del padrone di casa, ossia del Comune, c’è da immaginare che sia l’abbia fatto. Infatti, l’ente non ha preteso l'affitto dall'inquilino per il primo anno e gli ha concesso una forma di pagamento del canone di locazione particolarmente vantaggiosa per gli altri quattro: in più gli ha pagato l'acqua calda, l'elettricità e il riscaldamento e gli ha già messo per iscritto un rinnovo alle stesse condizioni per i successivi cinque anni. La convenzione concede l'uso esclusivo alla società calcistica del terreno di gioco, di gran parte della tribuna centrale e il parcheggio da 250 posti posto nelle vicinanze dello Stadio. Inoltre, il Napoli ha ottenuto anche il servizio bouvette e ristorazione nelle tribune d'onore, vip e autorità: vi è stato inclusa anche l'apertura di spazi commerciali.
Il documento, prima della firma definitiva apposta dal presidente della società azzurra, Aurelio De Laurentiis, e dal dirigente del Servizio Gestione Grandi Impianti Sportivi del Comune di Napoli, Bruno Giacomo Pierro, è stato oggetto di lunghe trattative tra il Napoli e l'ente locale. Al termine di queste, la prima Giunta del sindaco Rosa Iervolino Russo, con il voto favorevole di 14 assessori su 17 (tre assenti), deliberò il 4 marzo 2005 il testo della convenzione. Il Consiglio Comunale approvò il 28 giugno 2005, con una serie di emendamenti, il documento definitivo alla presenza di 34 consiglieri su 60. In quella seduta si registrarono assenze eccellenti di alcuni esponenti di rilievo della politica napoletana: come quella del leader dei Verdi, Alfonso Pecoraro Scanio, di Gennaro Migliore, allora consigliere di Rifondazione Comunista, e di Antonio Martusciello, esponente di spicco di Forza Italia. Il documento passò con una larga maggioranza bipartisan tra centrodestra e centrosinistra: gli unici a votare contro furono Alessandro Fucito e Raffaele Carotenuto di Rifondazione comunista. Si astennero il presidente del Consiglio Giovanni Squame e il consigliere Antonio Funaro. Nel verbale dei lavori che accompagna il testo sottoposto all'approvazione si nota un certo nervosismo: votare contro o astenersi significava assumersi la responsabilità politica di non far giocare il Napoli nello stadio di proprietà comunale.
Durante le dichiarazioni di voto finale, ci fu un "mal di pancia" tra le fila di An: il consigliere Vincenzo Moretto preannunciò "il voto contrario del gruppo di An". Ribattè subito il capogruppo Pietro Diodato affermando che "i consiglieri Laboccetta e Moretto parlano a titolo personale, i vertici di An sono a favore del provvedimento". Non sembrava troppo convinto della convenzione Ciro Fiola dello Sdi: nel verbale è riportato "sostiene che voterà a favore soltanto per disciplina di maggioranza".
Stando al testo della convenzione, il Napoli dovrà versare un canone al Comune a seconda del campionato in cui milita: il 3% in serie C, il 4% in serie B, il 6% in serie A. La quota è elevata dello 0,5% nel caso in cui il Napoli rilevi il servizio di bouvette dell'intero stadio, per effetto della scadenza dell'attuale concessione. Le percentuali valgono singolarmente sia per i biglietti venduti in ciascuna partita, che per gli abbonamenti stagionali venduti. Ma qui c'è il primo atto di generosità del padrone di casa. "Per incassi netti si intendono gli introiti derivanti – si legge nella convenzione – dalla vendita di biglietti unitari a pagamento al netto dell'Iva, dei diritti Siae, dei diritti di prevendita, dei costi di biglietteria e di controlleria, della percentuale spettante alla squadra ospite, della percentuale spettante alla Lega Nazionale Figc ed eventualmente all'Uefa e alla Fifa". Ciò vuol dire che il Comune, proprietario dell'impianto, è l'ultimo creditore ad essere soddisfatto sugli incassi totali: ottiene soltanto le rimanenti briciole. Le stesse tipo di percentuali e modalità di calcolo sono state accordate anche per gli abbonamenti, con in aggiunta tre tetti massimi di 25mila, 50mila e 100mila a seconda del campionato disputato.
Torniamo un attimo indietro. L'attenzione cade sul preambolo della delibera di Giunta in cui si fa accenno alla "bozza di convenzione inviata dalla Napoli Soccer e ricevuta in data 28/2/2005". In essa, la società presieduta da De Laurentiis aveva evidenziato 11 richieste. A questo proposito, l'amministrazione Iervolino rispose che "ritiene di dover procedere all'approvazione dello schema di convenzione, così come inizialmente concordato tra le parti, senza tenere conto delle ulteriori richieste avanzate dalla Napoli Soccer, che giammai possono essere accolte in quanto lesive degli interessi di cui l'ente è portatore". Peccato che, come si evince dalla successivo testo della delibera, la Giunta ha accettato sette proposte della società azzurra. Il primo punto accettato dal Comune riguarda la "rinunzia per i corrispettivi dovuti" relativi ai canoni, "dovuti fino alla sottoscrizione del contratto, non deve essere per il periodo intercorrente fino alla firma del contratto, ma solo per la stagione in corso 2004/05". Invece, la Giunta aveva deliberato che "espressamente rinuncia ai corrispettivi che fino alla data di sottoscrizione risulteranno dovuti a qualsiasi titolo dalla Napoli Soccer per l'utilizzo dell'impianto": un emendamento in Consiglio ha riportato all'originario testo voluto dal Napoli. Ma c'è di più: il Napoli ha ottenuto gratuitamente lo stadio per tutta la stagione 2004/05, in cui militava in serie C1. Infatti, l'articolo 7 della convenzione prevede che "qualunque imposta e/o canone sulla pubblicità, qualora la squadra calcistica della Napoli Soccer militi nel campionato di serie C, resta definitivamente assorbita, e quindi virtualmente assolta, nel corrispettivo di concessione". Siccome quest'ultimo per il 2004/05 non era dovuto, ne consegue che la società presieduta da De Laurentiis non ha versato un solo euro al comune. Ma c’è di più. Ai sensi dell'articolo 14 della convenzione, il Comune ha posto a suo carico la manutenzione ordinaria e straordinaria e la pulizia delle parti non concesse in uso esclusivo alla società azzurra. L'ente si è assunto anche l'onere della derattizzazione e bonifica, l'erogazione dell'acqua calda, dell'energia elettrica e del riscaldamento "dell'intero compendio immobiliare".
Riguardo alla gestione della pubblicità in serie B e in serie A, il Napoli deve rispettivamente al Comune "l'importo forfettizzato di 25.000 euro per ciascuna stagione calcistica" e "la corresponsione di un importo pari al 4% degli introiti del concessionario per la vendita unicamente della pubblicità fissa con un minimo garantito di 45.000 euro all'anno".
Il club azzurro aveva richiesto "l'esclusione dal calcolo di quota percentuale del corrispettivo al Comune di Napoli alla Napoli Soccer di importanti spazi destinati alla pubblicità fissa (maxischermi panoramici sugli spalti e pubblicità all'interno delle aree coperte)". Ciò è stato accettato in gran parte nell'articolo 7.5 della delibera di Giunta, modificata dal Consiglio comunale solo in un punto. Nel testo si prevede che, dal calcolo del 4% previsto per la militanza in Serie A resti esclusa la vendita della pubblicità nelle aree coperte del San Paolo, compresa anche quella proiettata sui maxi schermi panoramici che, secondo l'emendamento consiliare, avrebbero dovuti essere installati dal Napoli "entro e non oltre l'anno solare in corso", ossia quello di firma della convenzione. Degli schermi finora non c'è traccia. Dal calcolo del 4% restano escluse "tutte le entrate del concessionario per sponsorizzazioni a qualunque titolo" e anche "la vendita di tutta la pubblicità al di fuori degli impianti pubblicitari fissi allestiti o allestendi nelle aree scoperte poste all'intero dello stadio San Paolo".
La società azzurra ha avuto anche un altro grazioso regalo. Esso riguarda il fatto che "sono espressamente escluse ed esentate dal pagamento di qualunque imposta o canone sulla pubblicità le partite di calcio organizzate dalla Fifa, dall'Uefa e quelle organizzate, anche nell'ambito di minitornei, con il patrocinio del Comune di Napoli, tanto che sia impegnata la squadra calcistica della Napoli Soccer quanto non lo sia, così come pure le partite che dovessero giocare nell'impianto squadre di calcio rappresentative Nazionali". Quindi se il Napoli dovesse partecipare alla Coppa Uefa o alla Champions League non dovrà pagare le imposte sulla pubblicità al Comune.
Il Comune ha anche accettato l'installazione "da parte del concessionario di tabelloni e/o rotor e altri impianti pubblicitari di qualunque natura e genere ovunque all'interno dell'impianto, anche sulla pista di atletica leggera e su qualunque struttura degli spalti ad essi attigua". Inoltre, le parti hanno convenuto che nulla è dovuto dal Napoli (che lo ha espressamente richiesto) per lo sfruttamento mediatico dell'impianto.
Il Ragioniere generale del Comune, Maria Rosaria Nedi, in una sua lettera del 19 aprile 2005, indirizzata al dirigente del Servizio segreteria della Giunta, segnalò una serie di perplessità riguardo alla proposta di convenzione da poco approvata dalla Giunta Iervolino. In particolare, il Ragioniere segnalò che il dirigente del Servizio grandi Impianti Sportivi, Bruno Giacomo Pierro, aveva evidenziato che "dalla convenzione derivano minori entrate rispetto a quelle derivanti dalla convenzione con la Società Sportiva Calcio Napoli", ossia con il vecchio Napoli fallito nel 2004. Inoltre, sottolineava all’epoca la massima dirigente contabile, "in relazione alle spese che derivano dalla proposta è necessaria che venga assicurata la stessa copertura", poiché per il Ragioniere generale non è possibile "procedere alla compensazione con le entrate, come previsto all'articolo 12.2 dello schema di convenzione". Considerate le caratteristiche della convenzione, c’è da chiedersi se alla Corte dei Conti e agli altri organi preposti al controllo sugli atti comunali conoscono il contenuto di questa convenzione.
Marco Liguori
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sabato 16 maggio 2009

Liga spagnola, la corrida dei debiti

Secondo uno studio dell'Università di Barcellona, le cifre dovute dai 20 club della massima serie nel 2007/08 hanno raggiunto i 3,44 miliardi di euro. Una situazione preoccupante, che nei prossimi anni è destinata ad aumentare e selezionerà le poche società che hanno i mezzi per sostenere le passività

Debiti per 3,44 miliardi di euro (+23,9%), conto economico costi-ricavi in perdita per 239 milioni peggiorato dai precedenti 112 milioni, risultato finale salvato dal forte incremento delle componenti straordinarie (+134%). E’ questa la fotografia impietosa del quadro economico/finanziario delle 20 società della Liga spagnola relativo all’esercizio 2007/08, preparato dal professore José Maria Gay de Liébana, titolare della cattedra di Economia finanziaria e contabilità presso l’Università di Barcellona, che ha concesso in esclusiva a "il pallone in confusione" il suo studio. Il quadro resta molto preoccupante, nonostante la fiscalità complessiva (tanto celebrata in Italia dai dirigenti calcistici) sia rimasta a livelli contenuti: l’anno scorso l’imposta sui ricavi societari ha raggiunto 7,38 milioni, contro i 7,5 milioni dell’esercizio precedente. A ciò si aggiunge che sulle 20 società del massimo campionato, appena la metà ha chiuso in utile: risultato ottenuto in quasi tutti i casi alle componenti straordinarie (in genere plusvalenze da cessione calciatori o di immobili). Dove risiede dunque il problema? E’ nella massa debitoria, salita da 2,78 a 3,44 miliardi, e negli alti costi, incrementatisi da 1,38 del 2006/07 a 1,62 miliardi del 2007/08. Per ora, i debiti sono ancora coperti da 3,79 miliardi di attivo patrimoniale: ma non è detto che si possa reggere all’infinito una politica di spese a incremento costante che fa vivere molti club al disopra delle proprie possibilità. Come nel resto d’Europa occorrerebbe un taglio dei costi: ma anche i dirigenti iberici, come i loro omologhi europei non vogliono sentire ragioni al riguardo. Almeno per ora.
Anzi, in Spagna è sempre più evidente la differenza tra i grandi club che possono sostenere il macigno delle passività e quelle che non riescono. Un esempio: nel 2007/08 il più alto fatturato della Liga, quello del Real Madrid (365,85 milioni), è superiore di circa 67 volte a quello del più basso (ossia dell’ultima in classifica) il Levante (5,50 milioni). Con questo tipo di situazione, il campionato iberico è sulla linea degli altri omologhi europei: le squadre con azionisti potenti alle spalle potranno sopravvivere e indebitarsi per acquistare gli assi del pallone, le altre pian piano spariranno. Per dare un quadro ancora più chiaro dei rischi che corre la massima serie spagnola esaminiamo lo stato debitorio. Lo studio del professor Gay evidenzia che nella scorsa stagione la squadra più indebitata era il Real Madrid con i suoi 562,78 milioni: il club dei "Galacticos" è andato in orbita rispetto ai 527 milioni dell’anno precedente (+7%). Seguono i dirimpettai dell’Atletico Madrid con 510,86 milioni (+18,7%). Un preoccupante balzo in avanti del 76% lo ha compiuto il Valencia, terzo in questa classifica poco edificante: la società ha toccato la preoccupante cifra di 502,34 milioni. Al quarto posto si trova il Barcellona con 437,79 milioni di somme dovute (+12,6%).
Analizzando la differenza ricavi-costi si nota che soltanto due società, Real Madrid e Barcellona, presentano un dato positivo: rispettivamente di 14,23 e 16,16 milioni. L’Atletico Madrid presenta il dato peggiore con una perdita di 46,51 milioni: invece al Valencia le uscite hanno superato le entrate di 44,22 milioni. Significativo il dato dell’ultima in classifica dello scorso torneo, il Levante: la società aveva appena 5,50 milioni di ricavi contro 26,25 milioni di costi, per una differenza negativa di 20,75 milioni. Le componenti straordinarie per 22,77 milioni hanno consentito di chiudere in utile per 200mila euro. Insomma, lo scenario è quello comune a tutta l’Europa: finché il pallone va, lo si lasci rotolare.
Marco Liguori
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il pallone in confusione

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