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martedì 16 settembre 2008

Novemila firme per dire «no alla chiusura dello stadio San Paolo»

Grande successo per l'iniziativa ideata da Canale9 tv e lanciata su Internet dal sito Calcionapoli1926. I tifosi condannano gli atti di teppismo e violenza, ma chiedono la riapertura delle curve dell'impianto del Napoli

Se a Milano si firma per protestare contro il patron rossonero Berlusconi, a Napoli si sottoscrive un appello sul web per evitare la chiusura del "tempio" calcistico di Fuorigrotta. La petizione "No alla chiusura del San Paolo", reperibile sul link http://www.firmiamo.it/noallachiusuradelsanpaolo, sta per raggiungere quota 9mila sigle: per la precisione 8966. Si prevede che sarà bruciato in tempi brevi il prossimo obiettivo delle 10mila sottoscrizioni. Il consistente risultato è stato raggiunto in soli 13 giorni, sull'onda della chiusura delle curve dello stadio azzurro disposta dalla giustizia sportiva: molti tifosi temevano che l'inibizione potesse essere estesa all'intero impianto, probabilmente decisa dagli organismi del ministero dell'Interno (Osservatorio sulle manifestazioni sportive e Casms). Così è nata questa iniziativa, molto apprezzata dai sostenitori partenopei, ideata dalla redazione del sito 9online.it e dalla redazione de "Tutti in Campo" dell'emittente napoletana Canale 9 (http://www.9online.it) e lanciata su Internet dal sito Calcionapoli1926 (http://www.calcionapoli1926.it/). Probabilmente le firme potrebbero essere in seguito presentate alla società per dimostrare il sostegno del suo pubblico, ma anche presso le autorità calcistiche e statali.
Le firme sul sito sono spesso accompagnate anche da commenti di diversi tifosi. Oltre al ricorrente «forza Napoli» ce ne sono anche altri molto gustosi e salaci. «Il San Paolo non si tocca» scrive Ezio Barone da Bacoli. «Sono un tifoso del Napoli "pulito", perché devo stare a casa a guardare la tv - si chiede Silvio Luise - quando ho lo stadio della mia città a due passi da casa mia,non trovo giusto perdermi Fiorentina, Palermo e i nostri amici juventini, con tanto di abbonamento?». Ci sono anche condanne nette degli episodi di violenza, come quella di Antonio Liguori da Sant'Antimo: «Che il calcio trionfi e che gli idioti se ne stiano a casa». Apprezzamento per l'iniziativa arriva anche da sostenitori di altre squadre. «Pur non essendo una tifosa del Napoli, mi sento comunque coinvolta - spiega Francesca74 da Bari - perchè si sta portando la Federazione calcio a estremi davvero impossibili per il vero tifoso appassionato. Non penso che la chiusura dello stadio risolverà la cosa». Tre tifosi protestano vivacemente per la chiusura delle curve. Ivan Russo da Volla: «Deluso, ancora una volta paghiamo delle assurde conseguenze!!! Tra tanti sacrifici anche quest'anno mi sono comprato l'abbonamento in curva B, spero solo che il nostro presidente riesca nel tutelare chi va allo stadio per incitare serenamente il Napoli». Sulla stessa lunghezza d'onda anche Emanuela Iavarone da Pomigliano d'Arco: «La chiamano giustizia ma così non è. Sono abbonata da quattro anni e non è la prima volta che sono costretta a vedere la partita da casa, trattata da delinquente e privata di una giornata di gioia. Tutto questo non ha prezzo! De Laurentiis non mollare». Infine Carmine Gramanzini di Casoria: «Non si puo accettare di chiudere 2 curve del Napoli da 22.000 spettatori solo per alcuni presunti tifosi(anche se non lo sono)».
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)

venerdì 12 settembre 2008

L’avvocato Cincotti: «Controlli preventivi per evitare l’accesso allo stadio dei violenti»

Il legale napoletano abbonato al Napoli, che ha chiesto al Tar la sospensione della sentenza di Tosel, spiega a “il pallone in confusione” il rimedio per bloccare i tifosi indesiderabili. Se il suo ricorso fosse accolto, le curve del San Paolo potrebbero essere riaperte

«Non è pensabile di demandare la soluzione dei problemi alla parte sana della società. Questa è la tesi di fondo nel mio ricorso presentato giovedì scorso al Tar». Questa è l’opinione dal 46enne avvocato Carlo Cincotti, storico abbonato della curva B del San Paolo, raccolta in questa intervista da “il pallone in confusione”, riguardante il ricorso presentato al Tribunale amministrativo del Lazio contro la Federcalcio per ottenere, si legge nel testo, «l’annullamento previa sospensione della sentenza emessa l’8 settembre 2008 dal giudice sportivo della Figc, Giampaolo Tosel». In essa è stata stabilita la chiusura delle curve dell’impianto di Fuorigrotta, dapprima fino al 31 ottobre e, dopo l’appello in Corte di Giustizia Federale, fino al 20 ottobre. Nel ricorso, presentato assieme a un gruppo di colleghi tifosissimi e abbonati anche loro in curva, il legale evidenzia «il danno grave e irreparabile» derivante per tutti loro dalla sentenza di Tosel, «che li pregiudica nel proprio diritto di vivere quell’emozione già, per così dire, “prenotata” attraverso l’acquisto dell’abbonamento, di assistere a determinate partite della propria squadra del cuore, squadra che seguono da anni con passione, costituendo la passione per la stessa uno dei pochi diversivi al ritmo serrato della loro vita lavorativa». Un’importantissima conseguenza dalla sospensione potrebbe averla anche il Napoli, che vedrebbe sparire la sanzione decisa dalle curve assieme alla riapertura delle curve.

Avvocato come mai ha voluto presentare questo ricorso?
«Mi sembra chiaro che io e i miei colleghi, come la gran parte dei tifosi napoletani perbene, siamo vittime di un provvedimento che ci penalizza fortemente. E’ ingiusto che dobbiamo pagare per i comportamenti di alcuni scalmanati, vietandoci la visione delle partite del Napoli. Che c’entriamo con loro?».
Quindi la giustizia sportiva vi ha accomunati agli esagitati?
«Proprio così. Ma non si può demandare alla parte sana della società di risolvere i problemi dell’ordine pubblico negli stadi».
Ma il biglietto nominativo non avrebbe dovuto selezionare gli accessi negli stadi?
«E’ stato istituito il biglietto nominativo, ma chiunque può lo può acquistare».
Potrebbe sottolineare meglio questo aspetto?
«Mi spiego meglio. La norma impedisce l'ingresso allo stadio esclusivamente a coloro che non hanno un documento di riconoscimento, ma permette a chiunque sia in grado di esibire un documento di acquistare il biglietto a prescindere dalla sua condotta penale».
Quindi i pregiudicati possono entrare: c’è un rimedio?
«All'atto della richiesta del documento e della vendita del titolo nominativo dovrebbe avvenire un controllo per verificare se un soggetto è effettivamente indesiderato. Non si può permettere l'accesso indiscriminato a tutti e poi lamentarsi che succedano episodi esecrabili: la selezione andrebbe fatta in via preventiva».
Ciò è possibile?
«Sì perché lo stadio non è un luogo pubblico accessibile a tutti indiscriminatamente, ma è un impianto sportivo privato di proprietà o gestito da società sportive che hanno lo scopo di lucro. Esse dovrebbero limitare l'accesso a coloro che risultano non graditi, mediante un controllo preventivo all'ingresso all’atto dell’acquisto del biglietto»
Invece adesso ciò non è possibile e ne fanno le spese i tifosi corretti.
«Per ora è così, ma sono proprio stufo di farmi carico dei problemi altrui che la società non intende risolvere. Se non si vuole impedire l'accesso allo stadio ai teppisti con le leggi o regolamenti interni è un affare che non riguarda i soggetti incolpevoli: non devono essere colpiti. E’ il sistema che va cambiato: al riguardo, vorrei fare un altro esempio riguardante un altro settore».
Prego.
«Non bisogna dimenticare che attualmente i napoletani onesti, pur non avendo mai fatto incidenti, pagano la polizza Rc auto più cara perché a Napoli accadono molti sinistri. Il cittadino che non è insolvente paga in modo più salato i mutui perché ci sono molti insoluti. Lo stesso accade allo stadio, dove la persona onesta è accomunata al delinquente».
Insomma, lei vorrebbe fare una “rivoluzione copernicana”?
«No, niente rivoluzioni né stravolgimenti: vorrei solo rispondere del mio operato e delle mie colpe, ma non di quelle altrui. Il cerchio della giustizia non si chiude solo colpendo i colpevoli ma anche tutelando gli innocenti».
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, possibile soltanto dietro citazione della fonte)

I tifosi del Napoli cercano avvocati per ricorrere contro Maroni e la giustizia sportiva

La protesta nasce dal forum del quotidano web http://www.napolimagazine.com/: l'avvocato Carlo Cincotti dà la sua disponibilità. Non manca l'ironia: c'è chi propone di collocare 28mila manichini domenica sulle curve vuote del San Paolo

I tifosi del Napoli vogliono giustizia e cercano avvocati determinati a sostenere le loro ragioni. Sul forum del giornale telematico http://www.napolimagazine.com/ il popolo azzurro del web ha avviato una campagna denominata "I tifosi di questo forum parte lesa - causa", con cui intendono cercare alcuni legali per avviare un'azione legale contro le sentenze della giustizia sportiva prese contro il Napoli e il provvedimento del blocco delle trasferte imposto dall'Osservatorio sulle manifestazioni sportive e dal Casms. Il tutto nasce dal racconto del giornalista austriaco Reinhard Krennhuber (riportato da vari siti e anche su http://marcoliguori.blogspot.com/2008/09/roma-napoli-la-testimonianza-di-un.html). Lo spiega "GioNapoli": «Credo si debba dare una scossa a tutto l'ambiente avverso, avendo oggi prove e testimonianze anche di gente fuori da ogni sospetto, vedi giornalista austriaco, chiedo a tutti voi di unirvi a noi in questa battaglia civile». Finora sono state raccolte 105 adesioni: chi volesse sottoscrivere l'appello può recarsi su http://www.napolimagazine.info/forum/viewtopic.php?t=61884 L'avvocato Carlo Cincotti, intervistato da "il pallone in confusione" (http://marcoliguori.blogspot.com/2008/09/lavvocato-cincotti-controlli-preventivi.html), ha dato la sua disponibilità ad esaminare le eventuali azioni da poter intentare. Si può contattare il legale sull'email carlo.cincotti@studiocincotti.it
Ci sono anche sostenitori azzurri che vogliono usare l'ironia contro le sentenze del Giudice sportivo e della Corte di giustizia Popolare. Gustavo Precinoti lancia una provocazione sul post http://www.napolimagazine.info/forum/viewtopic.php?t=61869: domenica prossima, in occasione della partita Napoli-Fiorentina, si potrebbero collocare sulle gradinate delle due curve chiuse 28mila manichini di colore bianco e blu. A queste iniziative se ne sono aggiunte adesso altre due. La prima riguarderebbe una possibile manifestazione pacifica fuori dalla curva B, come si legge su http://www.napolimagazine.info/forum/viewtopic.php?t=62079 L'altra riguarda una lettera aperta al Napoli, visibile su http://www.napolimagazine.info/forum/viewtopic.php?t=62101
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, possibile soltanto dietro citazione della fonte)

La sentenza “politica” della Corte di giustizia federale sul Napoli

I magistrati dell’appello hanno ritenuto non applicabile l’articolo 14 del Cgs su cui si basava l’accusa in primo grado, ma ne hanno confermato le attenuanti, confermando lo stesso identico errore di Tosel. Se tutto fosse stato sconfessato, si sarebbe ammessa l’attuale inadeguatezza della giustizia sportiva

E anche la Corte di giustizia federale scivola sulla chiusura delle curve dello stadio San Paolo. Nel comunicato riportato sul sito della Figc, i giudici dell’appello hanno ritenuto «la non applicabilità dell’articolo 14 primo comma» del Codice di giustizia sportiva. Ma hanno commesso anche un errore tecnico: è stata emessa la sentenza che riduce a tre giornate il blocco dei settori popolari dell’impianto di Fuorigrotta, considerando «altresì l’art. 13, comma 1 lett. b) ed e)» dello stesso Codice, ossia quello riguardante le “esimenti ed attenuanti per comportamenti dei propri sostenitori». In pratica, la Cgf ha confermato la stessa grave inesattezza compiuta errore del Giudice sportivo, che abbiamo esposto due giorni fa su http://marcoliguori.blogspot.com/search?updated-max=2008-09-11T13%3A42%3A00%2B02%3A00&max-results=7. Hanno ben ragione l’avvocato Mattia Grassani, il presidente Aurelio De Laurentiis e il direttore generale Marino a esprimere delusione.
Scendendo nel dettaglio, in base all’articolo 13, le esimenti e attenuanti si posso applicare soltanto per gli articoli 11 e 12. Il primo prevede la “responsabilità per fatti discriminatori”, mentre il secondo per la “prevenzione di fatti violenti”. Al Napoli, invece, è stato contestata la “responsabilità delle società per fatti violenti dei sostenitori” che, per un errore macroscopico, è applicabile solo alle squadre di casa. Il vecchio testo del Codice di giustizia sportiva, all’articolo 11 prevedeva invece che fosse applicato per qualsiasi tipo di gara (in casa, fuori casa e amichevole). La stessa Corte federale ne ha sancita la sua «non applicabilità». Insomma, tutto ciò è una vera e propria contraddizione in termini: si sconfessa Giampaolo Tosel per quanto riguarda la norma su cui si basa l’accusa contro il Napoli, ma si confermano le attenuanti da lui stesso applicate, che non sono previste, e si toglie una sola giornata si chiusura delle curve.
Ma c’è da fare un’altra osservazione. L’ormai famoso articolo 13 prevede che «la società non risponde per i comportamenti tenuti dai propri sostenitori in violazione degli articoli 11 e 12 se ricorrono congiuntamente tre delle seguenti circostanze». Ammettiamo pure che questa norma possa essere applicata al caso del Napoli. Considerato il fatto che le attenuanti contemplate sono cinque, se ne fossero state applicate tre, la società azzurra sarebbe stata scagionata dalle accuse e dal principio della responsabilità oggettiva. Ma forse per i giudici sarebbe stato troppo: ecco che è scattato il solo riconoscimento di due sole circostanze. Ma tutto ciò, lo ripetiamo ancora, è un macroscopico errore tecnico.
Ma quale potrebbe essere la spiegazione plausibile di questo “pasticcio” giuridico? Probabilmente è stata emessa una sentenza “politica” per salvare capra e cavoli. Se fossero stati ammessi tutti gli errori, il Napoli sarebbe stato assolto e si sarebbe ammesso che l’attuale contraddittorio sistema della giustizia sportiva è da rifondare. Siamo quindi in un momento di piena incertezza normativa: quello che è accaduto alla squadra di De Laurentiis, poteva succedere a qualsiasi altra compagine delle serie professionistiche o dei dilettanti. Ed è profondamente ingiusto.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, possibile soltanto dietro citazione della fonte)

mercoledì 10 settembre 2008

Le due contraddizioni della sentenza di Tosel sul Napoli

Errata applicazione dell’articolo 14 del Codice di giustizia sportiva, che riguarda soltanto i fatti violenti commessi dai tifosi delle squadre di casa, e delle circostanze attenuanti non previste per esso. La società azzurra ha due valide motivazioni per ottenere una decisione a proprio favore in appello

La sentenza del Napoli è viziata da errori e la giustizia sportiva è da riformare. Lo ha dimostrato innanzitutto stamattina un articolo del Corriere dello Sport, riguardante l’errore commesso dal Giudice sportivo nella sentenza che ha sanzionato il Napoli con le chiusura delle curve dello Stadio San Paolo. E’ stato applicato l’articolo 14 del Codice di Giustizia (intitolato "Responsabilità delle società per fatti violenti dei sostenitori") sportiva che riguarda, secondo il dettato della norma stessa, soltanto le società che giocano in casa. Il Napoli, invece, giocava in trasferta. Il testo stabilisce infatti che "Le società rispondono per i fatti violenti commessi in occasione della gara, sia all’interno del proprio impianto sportivo, sia nelle aree esterne immediatamente adiacenti, quando siano direttamente collegati ad altri comportamenti posti in essere all’interno dell’impianto sportivo, da uno o più dei propri sostenitori se dal fatto derivi un pericolo per l’incolumità pubblica o un danno grave all’incolumità fisica di una o più persone". Ma c’è un ulteriore importante particolare , scoperto da "il pallone in confusione": il vecchio testo all’articolo 11 ("Responsabilità delle società per i fatti violenti") era molto più netto al riguardo. La norma recitava infatti che "le società rispondono per i fatti violenti commessi in occasione della gara da uno o più dei propri sostenitori se dal fatto derivi comunque un pericolo per l'incolumità pubblica od un danno grave all'incolumità fisica di una o più persone e, per fatti commessi all’esterno dell’impianto sportivo, laddove risulti violato il divieto di cui al dell'art. 10, comma 1. La responsabilità è esclusa quando il fatto è commesso per motivi estranei alla gara". E’ evidente dal confronto che il vecchio testo, parlando semplicemente e in generale di "gara", comprendeva sia quelle in casa, quelle fuori casa e le amichevoli. In base alle nuove disposizioni il Napoli, come qualsiasi altra società, ha ragioni da vendere per l’accoglimento del proprio ricorso: con il vecchio testo sarebbe stato tutto molto più difficile. Insomma, sarebbe stato meglio lasciare tutto com’era prima.
A ciò bisogna aggiunge un altro errore del giudice sportivo: anzi, per meglio dire, una contraddizione. Nella sentenza si stabilisce che "la Soc. Napoli è chiamata a rispondere a titolo di responsabilità oggettiva (artt. 4, n. 3 e 14 n. 1 CGS)". Questi tre articoli del Codice di Giustizia sportiva riguardano rispettivamente la "Responsabilità delle società", la "Responsabilità delle persone fisiche", e, appunto, la "Responsabilità delle società per fatti violenti dei sostenitori". Dopo aver trattato dei fatti addebitati e della "specifica recidività", il giudice Tosel parla della "consequenziale sanzione" e della "concreta e apprezzabile attività di collaborazione con le Forze dell’Ordine svolta dalla dirigenza societaria (art. 13 n. 1 lettere b-e CGS)". Quest’ultimo articolo del Codice riguarda le "Esimenti e attenuanti per comportamenti dei propri sostenitori" che riconosce al Napoli di aver "concretamente cooperato con le forze dell’ordine e le altre autorità competenti per l’adozione di misure atte a prevenire i fatti violenti o discriminatori e per identificare i propri sostenitori responsabili delle violazioni" e che "non vi è stata omessa o insufficiente prevenzione e vigilanza da parte della società". Ma questa norma non poteva essere applicata al caso del Napoli, poiché espone testualmente che "la società non risponde per i comportamenti tenuti dai propri sostenitori in violazione degli articoli 11 e 12 se ricorrono congiuntamente tre delle seguenti circostanze"tra cui vi sono le due contemplate nella sentenza. Tuttavia gli articoli 11 e 12 non sono stati assolutamente citati da Tosel nella sentenza, che ha fatto invece richiamo agli articoli 3, 4 e 14 a cui, su espressa statuizione del Codice, non si possono applicare le esimenti e le attenuanti dell’articolo 13.
Quindi, riepilogando, la sentenza è viziata da un due evidenti errori: l’applicazione al Napoli di una norma del Cgs, ossia l’articolo 14, che riguarda i fatti violenti dei propri tifosi commessi nel proprio stadio e delle circostanze attenuanti, previste nell’articolo 13, che non sono previste per l’articolo 14, ma per altre disposizioni. L’avvocato Mattia Grassani, saprà sicuramente far notare tutto ciò e ottenere una sentenza di appello sicuramente favorevole al Napoli.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, possibile soltanto dietro citazione della fonte)
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il pallone in confusione

Registrazione n° 61 del 28 settembre 2009 presso il Tribunale di Napoli
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