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giovedì 13 marzo 2008

Pisanu che passione!

http://qn.quotidiano.net/conti_del_pallone_2007/2007/06/25/1967-lotito_sensi.shtml

I CONTI DEL PALLONE

Lotito, Sensi e De Laurentiis
i presidenti ipocriti


E’ cosa nota che spesso i presidenti delle società di calcio inveiscono con gli arbitri per gli episodi controversi di una partita. Però alcuni di essi si sono scagliati già otto mesi fa contro un "giudice di gara" dal tutto particolare: il decreto Pisanu

Marco Liguori

E’ cosa nota che spesso i presidenti delle società di calcio inveiscono con gli arbitri per gli episodi controversi di una partita. Però alcuni di essi si sono scagliati già otto mesi fa contro un "giudice di gara" dal tutto particolare: il decreto Pisanu, emanato dal governo Berlusconi il 17 agosto del 2005 e convertito in legge nei primi giorni di ottobre dello stesso anno. Questa levata di scudi contro "l’iniqua" disposizione del precedente esecutivo è stata sollevata da tre numeri uno del mondo del pallone nostrano: il presidente della Lazio, Claudio Lotito, e quello del Napoli, Aurelio De Laurentiis.
Anche la Roma ha intonato i toni della protesta contro la legge antiviolenza. Un atteggiamento un po’ discordante, dopo i gravi disordini di Catania di venerdì 2 febbraio, rispetto alla richiesta di usare il pugno di ferro contro la violenza negli stadi. Le "grida manzoniane" dei tre dirigenti sono contenute nei loro bilanci annuali, chiusi al 30 giugno dell’anno scorso.
Il motivo della protesta? Ovviamente la riduzione del numero degli spettatori allo Stadio Olimpico e al San Paolo. Il decreto Pisanu è additato da tutti e tre tra i principali motivo della disaffezione dei tifosi. Ma rendere gli stadi più sicuri dai teppisti non dovrebbe aumentare l’affluenza?
Leggendo la relazione sulla gestione della Lazio, firmata da Lotito, la risposta sembra negativa. "Il numero complessivo di spettatori per le partite di campionato disputate in casa – si legge nella relazione – è stato di 522.763 contro i 718.747 della passata stagione (-27,27%). In particolare il numero degli abbonati è diminuito da 543.646 a 350.599 e gli spettatori paganti sono diminuiti da 175.101 a 172.164".
La spiegazione di questa forte flessione è presto spiegata da Lotito. "Si tratta di un fenomeno di tutte le società legato alle nuove normative antiviolenza – prosegue il testo della relazione – alla corrispondente diffusione televisiva a basso costo degli incontri sportivi e dalla necessità di adeguati impianti sportivi". E meno male che Lotito aveva affermato lo scorso 5 febbraio in un’intervista a Repubblica Tv che occorre un impatto forte e immediato, con una legge dura come successo in Inghilterra, che impedisca il ripetersi della violenza".
Riguardo alla diffusione dello spettacolo tv a basso costo, il presidente biancoceleste ha dimenticato che, stando all’ultimo bilancio annuale, i ricavi da diritti televisivi costituiscono circa il 40% sul totale del valore della produzione. Gli incassi da biglietteria ricoprono appena l’11,30%. Sarebbe meglio che si ricordasse anche che l’Olimpico vuoto non interessa alle televisioni: farebbe meglio a incentivare i suoi tifosi.

Dalla sponda laziale si passa a quella romanista: ma la musica non cambia. Nella relazione sulla gestione della Roma, firmata da Franco Sensi, si legge che "la campagna abbonamenti per la stagione 2005/2006 ha registrato 26930 sottoscrittori, in flessione rispetto ai 35229 abbonamenti della stagione sportiva precedente, che hanno generato incassi per 9,9 milioni di euro (13,5 milioni nella trascorsa stagione) e ricavi di 8,6 milioni di euro (11,6 milioni nell’esercizio precedente)".
E di chi è la colpa di questo repentino calo? "Tale flessione, generalizzata per la quasi totalità delle squadre – prosegue il testo della relazione – è attribuibile in parte alle nuove disposizioni emanate dal Ministero degli Interni in materia di sicurezza ed accesso agli stadi, che hanno tra l’altro introdotto il c.d. "biglietto nominativo", rendendo maggiormente elaborato il procedimento di emissione e di utilizzo dei titoli di accesso". Quindi, anche per Sensi è colpa "dell’arbitro Pisanu" se la gestione di biglietti e abbonamenti è complicata e ha allontanato i tifosi giallorossi dalla loro squadra del cuore.
Eppure lo Stadio Olimpico, com’è stato attestato in questi giorni, è perfettamente rispondente alla normativa antiviolenza: ma l’equazione "sicurezza-maggiore affluenza" non piace. Stando ai documenti contabili, la Roma verserà alla Coni Servizi (proprietaria dell’impianto) 1,5 milioni, in 36 rate mensili a decorrere dal 30 settembre 2006. Invece, la Lazio pagherà 964mila euro per la sua quota.

E si arriva così all’ombra del Vesuvio. Anche nel caso del Napoli, gli "alti lai" sulla normativa antiviolenza sono, per dirla alla John Wayne, forti e chiari. Nella relazione sulla gestione al bilancio 2005/06 (in cui la squadra militava in C1), firmata dal presidente Aurelio De Laurentiis, dal vicepresidente Jacqueline Baudit (consorte del presidente), e dal consigliere Valentina De Laurentiis (sua figlia), si sottolinea che "i ricavi derivanti dalla vendita di titoli di ingresso per le gare interne della prima squadra hanno raggiunto l’ammontare di circa euro 4100000". Un calo del 26,36% rispetto ai 5,6 milioni della stagione precedente.
Ed ecco la solita spiegazione, unita stavolta a un pizzico di soddisfazione. "Tale dato, anche se in flessione rispetto all’esercizio precedente, soprattutto a motivo delle complicazioni di accesso agli stati indotte dal decreto Pisanu che hanno in prima battuta spinto molti tifosi a disertare gli stadi medesimi, è di assoluto rilievo se si considera che è stato conseguito nonostante l’applicazione di tariffe estremamente ridotte e nell’ambito di una stagione caratterizzata da una enorme perdita di spettatori negli stadi riscontrata a livello nazionale".
La dirigenza napoletana non fornisce cifre riguardo ai lavori per l’adeguamento alla normativa antiviolenza, ma fa solo accenno "alla sottoscrizione con il Comune di Napoli dell’atto che regolamenta l’effettuazione degli interventi previsti nel decreto Pisanu". La società sottolinea che "ha provveduto a realizzare la recinzione esterna allo stadio prevista dalla norma citata ed a intraprendere le attività di progettazione e ricerca inerenti la realizzazione del sistema di controllo accessi".

A questo punto s’impone una riflessione. Non sarebbe stato meglio per la Lega calcio dialogare con il Governo nei giorni dell’agosto 2005, immediatamente precedenti al varo del decreto Pisanu, esponendo le proprie esigenze e i problemi derivanti dalla sua applicazione?
Non si sarebbe di certo arrivati alla situazione di emergenza attuale, con soli sei stadi in regola e con l’obbligo di giocare a porte chiuse per gli altri. Ma forse i presidenti erano impegnati, con la stagione appena iniziata, a realizzare ricavi al botteghino e a lottare all’ultimo sangue per strappare un contratto alle televisioni con cifre plurimilionarie.

domenica 9 marzo 2008

tutto cominciò con questo articolo sulla Lazio...

Ringrazio Stefano Prizio di Fiorentina.it per averlo ancora conservato in archivio su
http://www.fiorentina.it/Notizia.asp?IDNotizia=11503&IDCategoria=27 assieme a tutti gli altri scritti da me e Salvatore Napolitano su Bloomberg Investimenti e Il Manifesto.
Pubblico anche il suo commento in corsivo, redatto all'epoca

Bloomberg Investimenti 25 gennaio 2003

Lazio dei misteri...

Ecco l'articolo, a firma Marco Liguori e Salvatore Napolitano, apparso stamattina sul settimanale finanziario Bloomberg Investimenti riguardo la disastrosa situazione contabile della Lazio e le strane circostanze che ne hanno permesso l'iscrizione al campionato di serie A. L'ex presidente Sergio Cragnotti ha affermato ieri in un'intervista al quotidiano torinese La Stampa che «la Lazio non era paragonabile a quella della Fiorentina».

Marco Liguori
Salvatore Napolitano

Il miracolo di cui si legge sulle pagine sportive di tutti i giornali a proposito della Lazio è riferito alla posizione in classifica e al bel gioco espresso. Ma il vero miracolo è un altro e si è materializzato in una calda giornata di fine luglio. In quei giorni, la mannaia della Covisoc, la commissione di controllo sulle società calcistiche, e della Federcalcio stava per abbattersi sulla Fiorentina, cancellandola dai campionati professionistici: un danno solo per gli incolpevoli tifosi viola. Per loro era in arrivo anche la beffa: il salvataggio della Lazio. Un vero miracolo, appunto. Di quel salvataggio ha gioito il presidente federale Franco Carraro, che è anche presidente di Mediocredito Centrale, istituto bancario nell'orbita del gruppo Capitalia. Guarda caso, proprio Mediocredito è il secondo azionista della Lazio con il 5,569%. Ma ha gioito anche Giancarlo Abete, vice presidente federale, fratello di Luigi, presidente della Bnl, terza azionista della Lazio con il 4,49%. E gli Abete e Cragnotti sono soci nel Poligrafico Calcografia e Cartevalori, uno dei marchi italiani più noti nel settore grafico. Inoltre, Capitalia e Bnl hanno in pegno tutte le azioni Lazio possedute dalla Cirio, pari al 50,966% e ripartite tra Cirio finanziaria (35,82%) e Cirio Holding (15,145%). Il salvataggio ruota intorno all'articolo 86 delle norme federali. Esso disciplina il requisito principale richiesto: l'equilibrio finanziario. Il rapporto tra i ricavi e l'indebitamento deve essere non inferiore a tre: le società hanno tempo fino al 15 luglio per regolarizzare la loro posizione. Nel caso della Lazio i ricavi 2002 sono stati di circa 112 milioni di euro. Dunque, i debiti non potevano superare i 37,3 milioni. Per capire sommariamente le cifre del bilancio facciamo un piccolo passo indietro: esattamente al 31 marzo 2002. A quella data, la Lazio era fuori dal parametro: lo riconosceva la stessa società nel prospetto informativo dell'aumento di capitale pubblicato a fine giugno. Il perché è di evidenza solare: un indebitamento netto complessivo di 283,76 milioni di euro, 137,07 dei quali di tipo prettamente finanziario. Niente male per una società che ne fattura annualmente meno della metà. E che la Lazio non avesse molti estimatori nemmeno tra i suoi dirigenti risulta chiaro ove si consideri che Elisabetta, Andrea e Massimo Cragnotti, rispettivamente vice presidente esecutivo, consigliere e direttore generale, possedevano ciascuno la miseria di 111 azioni. Alla chiusura del bilancio, che per le società di calcio è fissato per il 30 giugno, la situazione era divenuta persino più allarmante: 303,79 milioni di euro di indebitamento netto complessivo, con una perdita di 103 milioni e spiccioli. In altre parole, per ogni euro incassato, la Lazio ne ha spesi all'incirca due. Certo, non tutto l'indebitamento di bilancio concorre alla determinazione di quello usato per il calcolo del parametro necessario all'iscrizione: vanno esclusi i finanziamenti infruttiferi e postegrati, che si aggiravano sui 60 milioni. Ma la situazione di dissesto economico e finanziario era chiarissima: per la Deloitte & Touche, incaricata della revisione del bilancio, la società era «in una posizione di squilibrio finanziario in quanto le passività correnti superano in misura significativa le attività correnti». Ma anche il Collegio Sindacale non ha potuto esimersi dal chiudere la sua relazione con parole inequivocabili: «Con specifico riferimento alle rilevanti perplessità e dubbi in ordine alla permanenza del presupposto della continuità aziendale sul quale la società ha redatto il bilancio, non si può esprimere parere favorevole alla sua approvazione». Né la situazione è migliorata in seguito: al 30 novembre, secondo quanto comunicato alla Consob, solo l'indebitamento di tipo prettamente finanziario e quello verso tesserati, Erario ed Enti previdenziali era pari a 192,9 milioni. A proposito di tesserati, Ivan De la Pena vanta ancora un credito di circa 4 milioni. E, tramite il suo legale, l'avv. Domenico Latino, si appresta a proporre una nuova istanza di fallimento perché la Lazio non ha rispettato le clausole dell’accordo transattivo stipulato lo scorso 2 dicembre. Vista la situazione, ci saranno altri miracoli in casa laziale?

Il 27 gennaio potrebbe essere dato il via libera all'aumento di capitale della Lazio da 80 milioni di euro. Ma c'è una chicca che riguarda il famoso aumento di capitale da 55 milioni, che si rese necessario a metà luglio per dare un po' di sollievo alle casse esangui della società, e tramite il quale Mediocredito centrale e Bnl sono diventati azionisti. Cirio Finanziaria e Cirio Holding, detentrici del 35,82% e del 15,145%, sottoscrissero e versarono le somme di loro competenza, pari rispettivamente a 19,6 e a 8,33 milioni di euro. Era il 15 luglio. Ma la Lazio non fece nemmeno in tempo ad annusare quei soldi. Perché contestualmente, la società dette ordine al Mediocredito centrale di accreditare a Cirio Finanziaria e a Cirio Holding i medesimi importi appena ricevuti. Questa seconda operazione fu comunicata in tempi successivi: e ha provocato le rimostranze del Collegio Sindacale, che, nella relazione al bilancio, ha osservato che essa ha «vanificato in capo alla società i benefici finanziari» dell’aumento di capitale.

mercoledì 20 febbraio 2008

Tavaroli canta sul sistema calcio

Indiscreto http://www.indiscreto.it/ 21/12/2006

Tutto Moggi in un cd

di Marco Liguori

Giuliano Tavaroli ha vuotato il sacco sul sistema Moggi. L’11 ottobre scorso l’ex responsabile della security del gruppo Telecom Italia ha dichiarato a verbale, davanti ai Pubblici ministeri di Milano che indagano sui dossier illegali, nuove circostanze che fanno comprendere come già quattro anni fa i vertici dell’Inter fossero perfettamente a conoscenza della "rete" di rapporti di potere dell’ex direttore generale della Juventus. "Alla fine del 2002 dopo essere stato contattato dalla segreteria di Massimo Moratti – ha raccontato Tavaroli nella sua deposizione davanti ai Pm – incontrai Moratti e Facchetti presso la sede della Saras. Facchetti rappresentò a me e a Moratti di essere stato avvicinato da un arbitro della delegazione di Bergamo che in più incontri aveva rappresentato un sistema di condizionamento delle partite di calcio facente capo a Moggi ed avente come perno l’arbitro Massimo De Santis". Tavaroli ha subito precisato che "Facchetti non fece il nome dell’arbitro che lo aveva avvicinato anche se successivamente emerse che si trattava di Nucini". L’ex capo della sicurezza Telecom ha riferito nei verbali altre dichiarazioni del defunto presidente dell’Inter. Quest’ultimo ha raccontato a Tavaroli che il "misterioso" arbitro, cioè Danilo Nucini, era stato avvicinato da De Sanctis nel corso del raduno di Sportilia. In quella occasione De Sanctis gli aveva fatto presente che vi era un modo per avanzare nella graduatoria degli arbitri e che chi aveva contatti con Facchetti arbitrava prevalentemente in serie B.
Tavaroli ha proseguito nella sua esposizione davanti ai magistrati, riferendo altri dettagli che sarebbero stati dichiarati da Nucini a Facchetti. De Sanctis avrebbe spiegato allo stesso Nucini che se avesse voluto dirigere incontri in serie A, che comportavano rimborsi più consistenti, doveva seguire i suoi suggerimenti. "De Sanctis gli aveva altresì raccontato – ha sottolineato Tavaroli – di aver migliorato la sua posizione economica e di aver acquistato una bella casa a Roma e un’auto di lusso". Stando sempre alle parole dell’ex capo della security Telecom, l’arbitro bergamasco aveva confidato a Facchetti di aver accettato il consiglio di De Sanctis. E qui il racconto di Tavaroli si arricchisce di un episodio degno di una spy-story di John Le Carrè. Infatti, dopo alcuni giorni Nucini fu prelevato da un’automobile dopo aver lasciato il cellulare nella sua vettura. "Dopo un lungo giro in città fatto per disorientarlo – ha proseguito Tavaroli nel suo racconto – arrivò in un albergo di Torino dove incontrò Luciano Moggi che gli chiese la disponibilità a favorire la Juventus penalizzando le squadre avversarie nelle partite giocate prima di affrontare la Juve. L’arbitro accettò e ricevette da Moggi un cellulare sicuro e diversi numeri dove poteva essere chiamato".
Tavaroli ha aggiunto altri particolari alla sua ricostruzione e riferisce che "Facchetti mi disse che l’arbitro gli aveva raccontato i fatti in cambio di un favore da parte dell’Inter, un posto nella società nerazzurra, aggiungendo che era disposto a denunciare". L’ex presidente nerazzurro si mise d’accordo con Nucini per un nuovo incontro. E qui l’ex dirigente del colosso della telefonia arricchisce la sua versione dei fatti con altri dettagli da romanzo giallo. "Facchetti mi disse di aver registrato su un cd – ha sottolineato Tavaroli – i suoi colloqui con l’arbitro Nucini e mi chiese di fare delle verifiche su De Sanctis. Concordammo di dare l’incarico a Cipriani (anch’egli arrestato per la vicenda delle intercettazioni). Chiesi ad Adamo Bove (ex funzionario di polizia passato a Telecom e morto a suicida a Napoli) di verificare i numeri dati da Moggi all’arbitro per vedere se fossero riconducibili a personaggi del mondo del calcio. Bove confermò. Cipriani redasse un report: "Operazione ladroni"". Tavaroli ha poi raccontato di aver dato un consiglio all’ex numero uno dell’Inter. "Io proposi a Facchetti due opzioni: presentarsi in Procura o collaborare come confidente delle forze dell’ordine senza esporsi subito. Facchetti preferì la seconda opzione. Ne parlai con il maggiore Chittaro comandante del nucleo informativo dei Carabinieri di Milano. Di fatto Facchetti non diede seguito a tale sua disponibilità". Tavaroli ha concluso la sua deposizione davanti ai Pm spiegando che Facchetti presentò un esposto in Procura il cui contenuto non fu poi confermato da Nucini. Questi fatti sono ormai diventati cronaca da tempo. I magistrati hanno chiesto a Tavaroli come mai il report su "Operazione ladroni" fu pagato con 50mila euro a Cipriani. Tavaroli ha risposto che "non so se il report che mi esibite è quello con tutta l’attività".
Alla luce anche delle dichiarazioni rilasciate al settimanale L’Espresso da Massimo Moratti, ritornato da pochi mesi alla guida dell’Inter dopo l’interregno di Giacinto Facchetti durato dal gennaio 2004 sino all’ottobre di quest’anno, si devono fare alcune considerazioni e domande. "A un certo punto – ha detto Moratti nell’intervista a L’Espresso – mi ero rassegnato. Capivo che, ad andare bene, con quel sistema lì saremmo sempre arrivati secondi. E allora ho pensato seriamente di mollare". Il presidente dell'Inter, ha poi confessato di essere andato molto vicino a cedere il club nerazzurro. "Attorno ad aprile di quest’anno – ha raccontato Moratti – non ce la facevo più a vedere quello che succedeva nell'indifferenza generale. Non speravo che sarebbe venuta fuori la verità, almeno in tempi brevi. Ero davvero stufo". Dall’insieme di queste dichiarazioni sembrerebbe che il patron dell’Inter abbia confermato ciò che ha detto Tavaroli negli interrogatori: Moratti sapeva del sistema Moggi, visto che nella famosa riunione del 2002 negli uffici della Saras era presente con Facchetti e Tavaroli. Ma allora, se sapeva del maneggi di Moggi, perché non ha presentato un esposto alla giustizia sportiva? Però, nel caso in cui ne fosse stato a conoscenza e non lo avesse denunciato, avrebbe violato l'articolo 6 comma 7 del codice di giustizia sportiva, quello che riguarda il dovere di denunciare l’illecito sportivo. C’è da aggiungere che, considerati i fatti lontani nel tempo, potrebbe già essere scattata la prescrizione. Quindi, forse a questa domanda non ci sarà più risposta. Altro quesito: perché l’arbitro Nucini non ha voluto più confermare ciò che aveva dichiarato a Facchetti? Paura, rimorso, dovuti magari a un "avvertimento" di qualcuno, o chissà quale altro motivo recondito? E, ultima domanda, ma non per questo non meno importante: che fine ha fatto il cd su cui Facchetti ha inciso le dichiarazioni di Nucini? Visto che l’ex gloria della Nazionale e della società nerazzurra era al vertice dell’Inter si suppone che ne avesse custodita una o più copie. Sono domande a cui forse solo i magistrati della Procura di Milano, se ne ravvedessero l’opportunità per le loro indagini sulle intercettazioni abusive, potrebbero dare un’esauriente risposta.

sabato 16 febbraio 2008

http://qn.quotidiano.net/archivio_art.php?art=http://qn.quotidiano.net/2007/02/09/pages/artI5461388.html

marzo 2007

CALCIO VIOLENTO

Lotito, De Laurentiis e Sensi: i presidenti ipocriti

E’ cosa nota che spesso i presidenti delle società di calcio inveiscono con gli arbitri per gli episodi controversi di una partita. Però alcuni di essi si sono scagliati già otto mesi fa contro un "giudice di gara" dal tutto particolare: il decreto Pisanu, emanato dal governo Berlusconi il 17 agosto del 2005 e convertito in legge nei primi giorni di ottobre dello stesso anno. Questa levata di scudi contro "l’iniqua" disposizione del precedente esecutivo è stata sollevata da tre numeri uno del mondo del pallone nostrano: il presidente della Lazio, Claudio Lotito, e quello del Napoli, Aurelio De Laurentiis. Anche il presidente della Roma, Franco Sensi, ha intonato i toni della protesta contro la legge antiviolenza. Un atteggiamento un po’ discordante, dopo i gravi disordini di Catania di venerdì 2 febbraio, rispetto alla richiesta di usare il pugno di ferro contro la violenza negli stadi. Le "grida manzoniane" dei tre dirigenti sono contenute nei loro bilanci annuali, chiusi al 30 giugno dell’anno scorso. Il motivo della protesta? Ovviamente la riduzione del numero degli spettatori allo Stadio Olimpico e al San Paolo. Il decreto Pisanu è additato da tutti e tre tra i principali motivo della disaffezione dei tifosi. Ma rendere gli stadi più sicuri dai teppisti non dovrebbe aumentare l’affluenza? Leggendo la relazione sulla gestione della Lazio, firmata da Lotito, la risposta sembra negativa. "Il numero complessivo di spettatori per le partite di campionato disputate in casa – si legge nella relazione – è stato di 522.763 contro i 718.747 della passata stagione (-27,27%). In particolare il numero degli abbonati è diminuito da 543.646 a 350.599 e gli spettatori paganti sono diminuiti da 175.101 a 172.164". La spiegazione di questa forte flessione è presto spiegata da Lotito. "Si tratta di un fenomeno di tutte le società legato alle nuove normative antiviolenza – prosegue il testo della relazione – alla corrispondente diffusione televisiva a basso costo degli incontri sportivi e dalla necessità di adeguati impianti sportivi". E meno male che Lotito aveva affermato lo scorso 5 febbraio in un’intervista a Repubblica Tv che occorre un impatto forte e immediato, con una legge dura come successo in Inghilterra, che impedisca il ripetersi della violenza". Riguardo alla diffusione dello spettacolo tv a basso costo, il presidente biancoceleste ha dimenticato che, stando all’ultimo bilancio annuale, i ricavi da diritti televisivi costituiscono circa il 40% sul totale del valore della produzione. Gli incassi da biglietteria ricoprono appena l’11,30%. Sarebbe meglio che si ricordasse anche che l’Olimpico vuoto non interessa alle televisioni: farebbe meglio a incentivare i suoi tifosi. Dalla sponda laziale si passa a quella romanista: ma la musica non cambia. Nella relazione sulla gestione della Roma, firmata da Franco Sensi, si legge che "la campagna abbonamenti per la stagione 2005/2006 ha registrato 26930 sottoscrittori, in flessione rispetto ai 35229 abbonamenti della stagione sportiva precedente, che hanno generato incassi per 9,9 milioni di euro (13,5 milioni nella trascorsa stagione) e ricavi di 8,6 milioni di euro (11,6 milioni nell’esercizio precedente)". E di chi è la colpa di questo repentino calo? "Tale flessione, generalizzata per la quasi totalità delle squadre – prosegue il testo della relazione – è attribuibile in parte alle nuove disposizioni emanate dal Ministero degli Interni in materia di sicurezza ed accesso agli stadi, che hanno tra l’altro introdotto il c.d. "biglietto nominativo", rendendo maggiormente elaborato il procedimento di emissione e di utilizzo dei titoli di accesso". Quindi, anche per Sensi è colpa "dell’arbitro Pisanu" se la gestione di biglietti e abbonamenti è complicata e ha allontanato i tifosi giallorossi dalla loro squadra del cuore. Eppure lo Stadio Olimpico, com’è stato attestato in questi giorni, è perfettamente rispondente alla normativa antiviolenza: ma l’equazione "sicurezza-maggiore affluenza" non piace. Stando ai documenti contabili, la Roma verserà alla Coni Servizi (proprietaria dell’impianto) 1,5 milioni, in 36 rate mensili a decorrere dal 30 settembre 2006. Invece, la Lazio pagherà 964mila euro per la sua quota. E si arriva così all’ombra del Vesuvio. Anche nel caso del Napoli, gli "alti lai" sulla normativa antiviolenza sono, per dirla alla John Wayne, forti e chiari. Nella relazione sulla gestione al bilancio 2005/06 (in cui la squadra militava in C1), firmata dal presidente Aurelio De Laurentiis, dal vicepresidente Jacqueline Baudit (consorte del presidente), e dal consigliere Valentina De Laurentiis (sua figlia), si sottolinea che "i ricavi derivanti dalla vendita di titoli di ingresso per le gare interne della prima squadra hanno raggiunto l’ammontare di circa euro 4100000". Un calo del 26,36% rispetto ai 5,6 milioni della stagione precedente. Ed ecco la solita spiegazione, unita stavolta a un pizzico di soddisfazione. "Tale dato, anche se in flessione rispetto all’esercizio precedente, soprattutto a motivo delle complicazioni di accesso agli stati indotte dal decreto Pisanu che hanno in prima battuta spinto molti tifosi a disertare gli stadi medesimi, è di assoluto rilievo se si considera che è stato conseguito nonostante l’applicazione di tariffe estremamente ridotte e nell’ambito di una stagione caratterizzata da una enorme perdita di spettatori negli stadi riscontrata a livello nazionale". La dirigenza napoletana non fornisce cifre riguardo ai lavori per l’adeguamento alla normativa antiviolenza, ma fa solo accenno "alla sottoscrizione con il Comune di Napoli dell’atto che regolamenta l’effettuazione degli interventi previsti nel decreto Pisanu". La società sottolinea che "ha provveduto a realizzare la recinzione esterna allo stadio prevista dalla norma citata ed a intraprendere le attività di progettazione e ricerca inerenti la realizzazione del sistema di controllo accessi". A questo punto s’impone una riflessione. Non sarebbe stato meglio per la Lega calcio dialogare con il Governo nei giorni dell’agosto 2005, immediatamente precedenti al varo del decreto Pisanu, esponendo le proprie esigenze e i problemi derivanti dalla sua applicazione? Non si sarebbe di certo arrivati alla situazione di emergenza attuale, con soli sei stadi in regola e con l’obbligo di giocare a porte chiuse per gli altri. Ma forse i presidenti erano impegnati, con la stagione appena iniziata, a realizzare ricavi al botteghino e a lottare all’ultimo sangue per strappare un contratto alle televisioni con cifre plurimilionarie.
di Marco Liguori
http://www.wikio.it

il pallone in confusione

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