Samuele Ciambriello, giornalista sportivo e professore universitario, punta l’indice contro le esigue ammende comminate da Tosel ad Atalanta, Lazio e Roma dopo le violenze di domenica scorsa. E sottolinea il clima pesante in alcuni stadi della Penisola, quando gioca il Napoli
«La giustizia sportiva è debole con i forti e forte con i deboli. Eliminiamo il razzismo dagli stadi». Ad affermarlo a “il pallone in confusione” è Samuele Ciambriello, giornalista sportivo, docente ordinario di teoria e pratica della comunicazione all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli ed esponente politico del Pd. Ciambriello sottolinea anche il clima pesante respirato in diversi stadi della Penisola quando gioca il Napoli: lo ha provato sulla propria pelle quando si reca in trasferta per l’emittente napoletana Canale 9 assieme al collega Carlo Alvino.
Il giudice sportivo ha sanzionato con sanzioni lievi le intemperanze dei tifosi di Atalanta, Lazio e Roma. Non le sembra un’ingiustizia?
«La giustizia sportiva si sta mostrando sempre più forte con i deboli e debole con i forti. Oramai è chiaro che sta adoperando due pesi e due misure. I mille euro di ammenda all’Atalanta sono davvero più che esigui: potrebbero darli a una sezione Caritas, sarebbe meglio. Ma c’è anche un silenzio complice e connivente da parte dei media».
A cosa si riferisce?
«Se fossero stati feriti numerosi poliziotti in eventuali scontri allo stadio di Napoli con la tifoseria azzurra la Rai e in particolare Mediaset avrebbero fatto vedere le immagini per settimane. Invece, in altri casi non hanno evidenziato sufficientemente i fatti violenti».
Lei è opinionista a Canale 9 nel programma condotto da Carlo Alvino durante le partite del Napoli: ha mai temuto per la sua incolumità fisica quando va in trasferta?
«Spesso ci è accaduto di essere bersaglio di lanci di oggetti, di essere insultati e di ricevere sputi dai tifosi avversari. Ciò è avvenuto in stadi di serie C e di serie B: ma ricordo molto bene che anche l’anno scorso in serie A sia io che Carlo abbiamo vissuto momenti di forte tensione. Posso ammettere lo sfottò, ma la minaccia, l’ingiuria o addirittura la chiusura di un collegamento sono fatti inammissibili».
C’è forse un risveglio dell’antico sentimento antimeridionale?
«Premetto che anche a Napoli esistono persone violente che usano la manifestazione sportiva domenicale per sfogare i propri istinti bestiali e mettersi in mostra. Purtroppo devo sottolineare che c’è in giro un sentimento di odio molto diffuso: si vede che gli stadi sono punti di aggregazione di persone che esprimono il loro essere antimeridionali e antinapoletani. Tutto questo non è un fatto goliardico, è un fatto molto preoccupante».
Lei è un esponente politico del Pd: ha intenzione di preparare con alcuni colleghi di partito delle iniziative in merito a queste vicende?
«Se c’è un argomento bipartisan nella politica, questo è proprio il calcio. I club juventini, milanisti, napoletani coinvolgono anche esponenti di partito. Ritengo però che i politici debbano occuparsi sempre meno di pallone».
Si riferisce anche alle decisoni di Maroni contro la tifoseria napoletana?
«Il ministro dell’Interno ha vietato le trasferte ai tifosi napoletani. Ma perché non è intervenuto anche nei confronti delle tifoserie dell’Atalanta, della Roma e della Lazio dopo i fatti di domenica scorsa? E perché non ha preso provvedimenti punitivi anche nei confronti di altre che si sono macchiate di atti violenti e di teppismo? Tutto questo mi sembra ingiusto».
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)
Nella foto, tratta da http://www.ottopagine.it/, Samuele Ciambriello
cronache dalla casta del calcio con varie ed eventuali
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giovedì 20 novembre 2008
Processo Lotito: Pm critica Consob perché non è parte civile
Secondo il magistrato Laura Pedìo il comportamento della commissione di vigilanza è «contraddittorio» poiché «aveva prospettato l'esistenza di un patto parasociale, ma poi non era andato fino in fondo»
Il pm Laura Pedìo chiede che il presidente della Lazio Calcio Claudio Lotito e l'imprenditore Roberto Mezzaroma siano condannati rispettivamente a 20 e a 16 mesi (20 mila euro di multa a entrambi) per l'aggiotaggio sui titoli azionari della società biancazzurra avvenuto nel 2005. Ma la rappresentante d'accusa verso la fine della sua requisitoria rileva la mancata costituzione parte civile della Consob definendo «contraddittorio» il comportamento dell'organo di vigilanza «che aveva prospettato l'esistenza di un patto parasociale, ma poi non era andato fino in fondo». «I patti parasociali hanno delle conseguenze penali» aggiungeva il pm ricordando: «La magistratura è indipendente anche dagli organi di vigilanza». Pedìo ai giudici della seconda sezione penale ha chiesto di affermare un principio di diritto importante al fine di penalizzare le condotte fradudolente. «Lo faccio a tutela del mercato e della trasparenza e anche dei piccoli azionisti il cui esposto ha reso possibile la celebrazione di questo processo. Le regole vanno rispettate da tutti, a cominciare dagli imprenditori che si presentano come salvifici». Secondo l'accusa, Claudio Lotito avrebbe acquisito il pacchetto di azioni della Lazio attraverso l'interposizione fittizia di Roberto Mezzaroma, imprenditore e zio di sua moglie. Lotito avrebbe dovuto lanciare un'offerta pubblico di acquisto ma non lo fece perchè, sempre secondo il pm, avrebbe pagato le azioni il 93 per cento in più, cioè 0,71 centesimi di euro invece di 0,39.
«In questa storia non ci sono santi, nè eroi ma imprenditori mossi esclusivamente da interessi economici» dice il pm ricordando che Capitalia aveva in quel momento assoluto bisogno di sbarazzarsi dei titoli della Lazio Calcio. La Lazio aveva gravitato nell'area della Cirio attraverso le società di Sergio Cragnotti e la rappresentante dell'accusa ha ricordato che il presidente della Banca di Roma all'epoca dei fatti Cesare Geronzi risulta indagato per il crac Cirio. A carico dei due imputati per il pm «ci sono indizi univoci, precisi e concordanti». La differenza tra le richieste di pena per i due sta nel fatto che «fu Lotito a preparare, studiare e strutturare l'operazione». Per Andrea Uslenghi, legale di Lotito, «l'opa non era obbligatoria, l'idoneità della condotta per alterare il valore del titolo in modo sensibile deve essere concreta». L'avvocato, che ha chiesto l'assoluzione per Lotito, rileva inoltre una contraddizione nella requisitoria del pm: «Come fa a fidarsi della Consob quando fissa il prezzo delle azioni per poi censurare le scelte processuali dello stesso organismo di vigilanza?». Il processo riprenderà il prossimo 9 dicembre con la difesa di Mezzaroma. Il pm replicherà il 14 gennaio quando ci sarà la sentenza.
Fonte: Apcom
Il pm Laura Pedìo chiede che il presidente della Lazio Calcio Claudio Lotito e l'imprenditore Roberto Mezzaroma siano condannati rispettivamente a 20 e a 16 mesi (20 mila euro di multa a entrambi) per l'aggiotaggio sui titoli azionari della società biancazzurra avvenuto nel 2005. Ma la rappresentante d'accusa verso la fine della sua requisitoria rileva la mancata costituzione parte civile della Consob definendo «contraddittorio» il comportamento dell'organo di vigilanza «che aveva prospettato l'esistenza di un patto parasociale, ma poi non era andato fino in fondo». «I patti parasociali hanno delle conseguenze penali» aggiungeva il pm ricordando: «La magistratura è indipendente anche dagli organi di vigilanza». Pedìo ai giudici della seconda sezione penale ha chiesto di affermare un principio di diritto importante al fine di penalizzare le condotte fradudolente. «Lo faccio a tutela del mercato e della trasparenza e anche dei piccoli azionisti il cui esposto ha reso possibile la celebrazione di questo processo. Le regole vanno rispettate da tutti, a cominciare dagli imprenditori che si presentano come salvifici». Secondo l'accusa, Claudio Lotito avrebbe acquisito il pacchetto di azioni della Lazio attraverso l'interposizione fittizia di Roberto Mezzaroma, imprenditore e zio di sua moglie. Lotito avrebbe dovuto lanciare un'offerta pubblico di acquisto ma non lo fece perchè, sempre secondo il pm, avrebbe pagato le azioni il 93 per cento in più, cioè 0,71 centesimi di euro invece di 0,39.
«In questa storia non ci sono santi, nè eroi ma imprenditori mossi esclusivamente da interessi economici» dice il pm ricordando che Capitalia aveva in quel momento assoluto bisogno di sbarazzarsi dei titoli della Lazio Calcio. La Lazio aveva gravitato nell'area della Cirio attraverso le società di Sergio Cragnotti e la rappresentante dell'accusa ha ricordato che il presidente della Banca di Roma all'epoca dei fatti Cesare Geronzi risulta indagato per il crac Cirio. A carico dei due imputati per il pm «ci sono indizi univoci, precisi e concordanti». La differenza tra le richieste di pena per i due sta nel fatto che «fu Lotito a preparare, studiare e strutturare l'operazione». Per Andrea Uslenghi, legale di Lotito, «l'opa non era obbligatoria, l'idoneità della condotta per alterare il valore del titolo in modo sensibile deve essere concreta». L'avvocato, che ha chiesto l'assoluzione per Lotito, rileva inoltre una contraddizione nella requisitoria del pm: «Come fa a fidarsi della Consob quando fissa il prezzo delle azioni per poi censurare le scelte processuali dello stesso organismo di vigilanza?». Il processo riprenderà il prossimo 9 dicembre con la difesa di Mezzaroma. Il pm replicherà il 14 gennaio quando ci sarà la sentenza.
Fonte: Apcom
mercoledì 19 novembre 2008
Il forum dei tifosi: la giustizia sportiva va riformata?
"Il pallone in confusione" apre il suo forum di discussione sulla giustizia sportiva: va riformata o no? I tifosi possono lasciare i commenti cliccando il link "commenti" alla fine di questo post.
Non sono ammessi messaggi con insulti o frasi sconce: saranno immediatamente eliminati.
Buon divertimento!
Esclusivo/Le immagini degli scontri in Roma-Lazio (da You tube)
"il pallone in confusione" ha trovato due eloquenti filmati dei disordini avvenuti domenica scorsa durante il derby della Capitale. Nel secondo ci sono tafferugli e lancio di petardi e bengala di cui non vi è traccia nel comunicato di ieri del Giudice sportivo
"il pallone in confusione" ha trovato su You tube i filmati degli scontri e dei disordini avvenuti domenica scorsa allo stadio Olimpico in occasione di Roma-Lazio. Il primo riguarda gli scontri avvenuti nella tribuna Tevere: si notano i bengala e i petardi lanciati contro alcuni tifosi e gli steward, oltre alla carica di altri sostenitori (forse laziali) contro i romanisti con lancio di oggetti (tra cui una bandiera). «Se stanno 'a ammazzà» commenta la voce dell'operatore. Probabilmente è quella a cui fa riferimento il comunicato ufficiale n.127 di ieri della Lega Calcio con le decisioni del Giudice sportivo.
Nel secondo filmato, si nota chiaramente il lancio di petardi e bengala fuori alla curva Nord, nei pressi del parcheggio delle moto, mentre le impazzano le sirene delle auto e dei cellulari della Polizia. La scena è deprimente, avvolta dal fumo dei fuochi d'artificio e i rumori assordanti. «E' un macello» dice l'operatore, che aggiunge: «hanno fatto un agguato proprio». «I laziali stanno de là» afferma un altro con voce sconsolata. All'improvviso, si vedono i poliziotti in assetto antisommossa correre verso un punto del piazzale antistante la curva, coperti alle spalle dai cellullari e sommersi dai petardi lanciati dai tifosi. «Ahò, guarda che botte» prosegue l'operatore. Di quest'ultimo episodio non c'è menzione nelle decisioni di Gianpaolo Tosel, che avrebbe dovuto sanzionare per responsabilità oggettivo la Roma e la Lazio. Infatti, l'articolo 4 comma 4 del Codice di giustizia sportiva prevede che «le società sono responsabili dell'ordine e della sicurezza prima, durante e dopo lo svolgimento della gara, sia all’interno del proprio impianto sportivo, sia nelle aree esterne immediatamente adiacenti. La mancata richiesta della forza pubblica comporta, in ogni caso, un aggravamento delle sanzioni».
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)
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Roma-Lazio 16 novembre 2008: scontri in tribuna Tevere
Roma-Lazio 16 novembre 2008: scontri fuori alla curva Nord
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"il pallone in confusione" ha trovato su You tube i filmati degli scontri e dei disordini avvenuti domenica scorsa allo stadio Olimpico in occasione di Roma-Lazio. Il primo riguarda gli scontri avvenuti nella tribuna Tevere: si notano i bengala e i petardi lanciati contro alcuni tifosi e gli steward, oltre alla carica di altri sostenitori (forse laziali) contro i romanisti con lancio di oggetti (tra cui una bandiera). «Se stanno 'a ammazzà» commenta la voce dell'operatore. Probabilmente è quella a cui fa riferimento il comunicato ufficiale n.127 di ieri della Lega Calcio con le decisioni del Giudice sportivo.
Nel secondo filmato, si nota chiaramente il lancio di petardi e bengala fuori alla curva Nord, nei pressi del parcheggio delle moto, mentre le impazzano le sirene delle auto e dei cellulari della Polizia. La scena è deprimente, avvolta dal fumo dei fuochi d'artificio e i rumori assordanti. «E' un macello» dice l'operatore, che aggiunge: «hanno fatto un agguato proprio». «I laziali stanno de là» afferma un altro con voce sconsolata. All'improvviso, si vedono i poliziotti in assetto antisommossa correre verso un punto del piazzale antistante la curva, coperti alle spalle dai cellullari e sommersi dai petardi lanciati dai tifosi. «Ahò, guarda che botte» prosegue l'operatore. Di quest'ultimo episodio non c'è menzione nelle decisioni di Gianpaolo Tosel, che avrebbe dovuto sanzionare per responsabilità oggettivo la Roma e la Lazio. Infatti, l'articolo 4 comma 4 del Codice di giustizia sportiva prevede che «le società sono responsabili dell'ordine e della sicurezza prima, durante e dopo lo svolgimento della gara, sia all’interno del proprio impianto sportivo, sia nelle aree esterne immediatamente adiacenti. La mancata richiesta della forza pubblica comporta, in ogni caso, un aggravamento delle sanzioni».
Marco Liguori
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Roma-Lazio 16 novembre 2008: scontri in tribuna Tevere
Roma-Lazio 16 novembre 2008: scontri fuori alla curva Nord
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Sei recidivo? La giustizia sportiva chiude un occhio
"il pallone in confusione" ha pescato in fallo ancora una volta Gianpaolo Tosel che non ha sanzionato in modo più severo Atalanta, Roma e Lazio, le cui tifoserie si sono rese responsabili di analoghe violazioni già sanzionate in precedenza
Permettete una parola? La recidiva, pur essendo contemplata nel codice di giustizia sportivo, non è spesso applicata dal giudice sportivo Gianpaolo Tosel. La riflessione, la seconda in 15 giorni, è d’obbligo, visto che già una settimana fa abbiamo trattato della "dimenticanza" riguardo al Milan. Stavolta riguarda due casi: l’Atalanta e il duo Roma-Lazio. Premessa fondamentale: occorre innanzitutto capire il senso della parola "recidiva". Secondo il vocabolario Zingarelli significa: «Nuovo reato di chi ha subito precedente condanna o per colpa analoga (recidiva specifica) o per una d’altro genere (recidiva generica)».
E veniamo al primo caso, l’Atalanta: prima, durante e dopo la partita contro il Napoli di domenica scorsa è successo di tutto. Immaginiamo pure che i giornalisti napoletani, nonostante le chiare ed evidenti testimonianze esposte in modo particolare da quelli di Canale 9 di Radio Marte e de Il Mattino, si siano inventati le giaculatorie offensive del pubblico nerazzurro contro la squadra azzurra, la città e i suoi abitanti (incluso lo striscione di "benvenuto" a Reja e ai suoi uomini sabato scorso esposto durante l’allenamento a Osio Sotto), gli sputi e gli oggetti lanciati in sala stampa, i cori a fine partita contro di essi e i loro colleghi "nordisti" (cliccare qui per vedere il video). Rimuoviamo quindi tutto ciò e restiamo a quanto affermano i comunicati della Lega calcio sulle decisioni di Tosel. Riguardo alla società bergamasca, il numero 127 del 18 novembre recita testualmente: «Nel corso della gara Atalanta-Napoli sostenitori della Soc. Atalanta, nel proprio settore, accendevano un fumogeno e facevano esplodere un petardo». In merito, il giudice sportivo ha deciso «di non adottare provvedimenti sanzionatori». Inoltre, Tosel ha sanzionato con un ammenda di 1000 euro la «Soc. Atalanta per avere suoi sostenitori, al 30° del secondo tempo, intonato un coro ingiurioso nei confronti degli Ufficiali di gara». Facciamo scorrere all’indietro la moviola della giustizia sportiva e troviamo che la squadra nerazzurra è stata già sanzionata quattro volte per lancio di fumogeni e petardi, di cui uno il 27 ottobre contro i tifosi del Milan ospiti nello stadio "Atleti Azzurri d’Italia". Inoltre, nella stessa partita contro la squadra rossonera fu «al 28° del primo tempo intonato un coro ingiurioso nei confronti del Direttore di gara». Questi fatti costituiscono recidiva specifica prevista all’articolo 21 del codice di giustizia sportiva. Il quale recita: «Salvo che la materia non sia diversamente regolata, alle società, nonché ai dirigenti, ai tesserati delle società, ai soci e non soci di cui all’art. 1, comma 5 che abbiano subito una sanzione per fatti costituenti violazione dei regolamenti federali e che ricevano altra sanzione per fatti della stessa natura nella medesima stagione sportiva, è applicato un aumento della pena determinato secondo la gravità del fatto e la reiterazione delle infrazioni». Quindi, questa norma non prevede sconti e attenuanti: nel caso dell’Atalanta, la società avrebbe dovuto subire una sanzione più severa. Tosel, nel comunicato dell’8 settembre scorso, aveva stabilito la chiusura delle curve del San Paolo poiché «i tifosi napoletani, o sedicenti tali, procedevano ad un intenso lancio di oggetti vari (bottigliette, monete e così via), di bengala accesi e di petardi contro gli addetti alla sicurezza della società ospitante e nel settore occupato dalla tifoseria avversaria». Due pesi e due misure.
E veniamo alla coppia Roma-Lazio. In questo caso il giudice sportivo ha sanzionato la società giallorossa con 25mila euro e quella biancoceleste con 15mila per aver fatto esplodere una serie di petardi e acceso alcuni fumogeni. In più, si legge nel comunicato del 18 novembre scorso, i sostenitori di entrambe le società hanno «forzato il cordone degli stewards, ingaggiavano una violenta colluttazione, sedata dal pronto intervento delle Forze dell’Ordine, senza conseguenze lesive per alcuno». Anche in questo caso bisogna sottolineare che l’uso di bengala, fumogeni e petardi è stato ripetuto diverse volte da entrambe le tifoserie della Capitale: la Lazio è stata sanzionata tre volte, mentre la Roma due. Ma anche in questo caso l’articolo 21 sulla recidiva non è scattato, analogamente al caso del Milan. E come una settimana fa ripetiamo il nostro appello: qualcuno ci dia spiegazioni per favore, ne va del credito della giustizia sportiva.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)
Nella foto (tratta da http://www.triestecittadellascienza.it/): il giudice sportivo Gianpaolo Tosel
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Permettete una parola? La recidiva, pur essendo contemplata nel codice di giustizia sportivo, non è spesso applicata dal giudice sportivo Gianpaolo Tosel. La riflessione, la seconda in 15 giorni, è d’obbligo, visto che già una settimana fa abbiamo trattato della "dimenticanza" riguardo al Milan. Stavolta riguarda due casi: l’Atalanta e il duo Roma-Lazio. Premessa fondamentale: occorre innanzitutto capire il senso della parola "recidiva". Secondo il vocabolario Zingarelli significa: «Nuovo reato di chi ha subito precedente condanna o per colpa analoga (recidiva specifica) o per una d’altro genere (recidiva generica)».
E veniamo al primo caso, l’Atalanta: prima, durante e dopo la partita contro il Napoli di domenica scorsa è successo di tutto. Immaginiamo pure che i giornalisti napoletani, nonostante le chiare ed evidenti testimonianze esposte in modo particolare da quelli di Canale 9 di Radio Marte e de Il Mattino, si siano inventati le giaculatorie offensive del pubblico nerazzurro contro la squadra azzurra, la città e i suoi abitanti (incluso lo striscione di "benvenuto" a Reja e ai suoi uomini sabato scorso esposto durante l’allenamento a Osio Sotto), gli sputi e gli oggetti lanciati in sala stampa, i cori a fine partita contro di essi e i loro colleghi "nordisti" (cliccare qui per vedere il video). Rimuoviamo quindi tutto ciò e restiamo a quanto affermano i comunicati della Lega calcio sulle decisioni di Tosel. Riguardo alla società bergamasca, il numero 127 del 18 novembre recita testualmente: «Nel corso della gara Atalanta-Napoli sostenitori della Soc. Atalanta, nel proprio settore, accendevano un fumogeno e facevano esplodere un petardo». In merito, il giudice sportivo ha deciso «di non adottare provvedimenti sanzionatori». Inoltre, Tosel ha sanzionato con un ammenda di 1000 euro la «Soc. Atalanta per avere suoi sostenitori, al 30° del secondo tempo, intonato un coro ingiurioso nei confronti degli Ufficiali di gara». Facciamo scorrere all’indietro la moviola della giustizia sportiva e troviamo che la squadra nerazzurra è stata già sanzionata quattro volte per lancio di fumogeni e petardi, di cui uno il 27 ottobre contro i tifosi del Milan ospiti nello stadio "Atleti Azzurri d’Italia". Inoltre, nella stessa partita contro la squadra rossonera fu «al 28° del primo tempo intonato un coro ingiurioso nei confronti del Direttore di gara». Questi fatti costituiscono recidiva specifica prevista all’articolo 21 del codice di giustizia sportiva. Il quale recita: «Salvo che la materia non sia diversamente regolata, alle società, nonché ai dirigenti, ai tesserati delle società, ai soci e non soci di cui all’art. 1, comma 5 che abbiano subito una sanzione per fatti costituenti violazione dei regolamenti federali e che ricevano altra sanzione per fatti della stessa natura nella medesima stagione sportiva, è applicato un aumento della pena determinato secondo la gravità del fatto e la reiterazione delle infrazioni». Quindi, questa norma non prevede sconti e attenuanti: nel caso dell’Atalanta, la società avrebbe dovuto subire una sanzione più severa. Tosel, nel comunicato dell’8 settembre scorso, aveva stabilito la chiusura delle curve del San Paolo poiché «i tifosi napoletani, o sedicenti tali, procedevano ad un intenso lancio di oggetti vari (bottigliette, monete e così via), di bengala accesi e di petardi contro gli addetti alla sicurezza della società ospitante e nel settore occupato dalla tifoseria avversaria». Due pesi e due misure.
E veniamo alla coppia Roma-Lazio. In questo caso il giudice sportivo ha sanzionato la società giallorossa con 25mila euro e quella biancoceleste con 15mila per aver fatto esplodere una serie di petardi e acceso alcuni fumogeni. In più, si legge nel comunicato del 18 novembre scorso, i sostenitori di entrambe le società hanno «forzato il cordone degli stewards, ingaggiavano una violenta colluttazione, sedata dal pronto intervento delle Forze dell’Ordine, senza conseguenze lesive per alcuno». Anche in questo caso bisogna sottolineare che l’uso di bengala, fumogeni e petardi è stato ripetuto diverse volte da entrambe le tifoserie della Capitale: la Lazio è stata sanzionata tre volte, mentre la Roma due. Ma anche in questo caso l’articolo 21 sulla recidiva non è scattato, analogamente al caso del Milan. E come una settimana fa ripetiamo il nostro appello: qualcuno ci dia spiegazioni per favore, ne va del credito della giustizia sportiva.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)
Nella foto (tratta da http://www.triestecittadellascienza.it/): il giudice sportivo Gianpaolo Tosel
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martedì 18 novembre 2008
Inter: contenzioso per l’Irap
L’Agenzia delle entrate ha accertato nel 2007 nei confronti della squadra di Moratti, che ha proposto ricorso, maggiore Irap per euro 3,8 milioni oltre a interessi e sanzioni per euro 0,25 milioni
L’Inter ha un contenzioso con il fisco riguardo all’applicazione dell’Irap sulle plusvalenze da vendita calciatori. Stando alla nota integrativa del bilancio 2007/08, depositato in Camera di commercio, la società ha ricevuto nel luglio 2007 «un avviso di accertamento relativo a tali plusvalenze per l’esercizio chiuso al 30 giugno 2003; analogo accertamento è stato notificato nel mese di dicembre 2007 per gli esercizi chiusi al 30 giugno 2004 e 30 giugno 2005». L’Inter spiega inoltre che «l’Agenzia delle entrate ha accertato complessivamente maggiore Irap per euro 3,8 milioni più interessi e sanzioni per euro 0,25 milioni». Contro di essi la società nerazzurro ha presentato ricorso «ribadendo la correttezza del trattamento fiscale seguito».
Nonostante l’orientamento contrario del fisco (stabilito con risoluzione dell’Agenzia delle entrate n.213 del 19 dicembre 2001), la squadra presieduta e controllata da Massimo Moratti «ha ritenuto di non dover assoggettare a tassazione – si legge ancora nella nota integrativa – ai fini Irap le plusvalenze derivanti dalla cessione dei diritti pluriennali delle prestazioni degli sportivi professionisti seguendo l’interpretazione fornita dalla Lega Nazionale Professionisti e supportata da autorevoli pareri professionali». Sempre riguardo all’Irap sulle plusvalenze calciatori, il documento contabile evidenzia che sono state collocate tra gli oneri straordinari 3,52 milioni per le cessioni effettuate «per gli esercizi 2001-2002, 2002-2003 e 2003-2004 contabilizzate a seguito di cartelle esattoriali notificate nel corso dell’esercizio».
Infine, la società ha aderito alla normativa sul consolidato fiscale, come soggetto consolidato assieme alla consolidante e controllante Internazionale Holding. Il provento per questa voce è stato pari a 229mila euro.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)
L’Inter ha un contenzioso con il fisco riguardo all’applicazione dell’Irap sulle plusvalenze da vendita calciatori. Stando alla nota integrativa del bilancio 2007/08, depositato in Camera di commercio, la società ha ricevuto nel luglio 2007 «un avviso di accertamento relativo a tali plusvalenze per l’esercizio chiuso al 30 giugno 2003; analogo accertamento è stato notificato nel mese di dicembre 2007 per gli esercizi chiusi al 30 giugno 2004 e 30 giugno 2005». L’Inter spiega inoltre che «l’Agenzia delle entrate ha accertato complessivamente maggiore Irap per euro 3,8 milioni più interessi e sanzioni per euro 0,25 milioni». Contro di essi la società nerazzurro ha presentato ricorso «ribadendo la correttezza del trattamento fiscale seguito».
Nonostante l’orientamento contrario del fisco (stabilito con risoluzione dell’Agenzia delle entrate n.213 del 19 dicembre 2001), la squadra presieduta e controllata da Massimo Moratti «ha ritenuto di non dover assoggettare a tassazione – si legge ancora nella nota integrativa – ai fini Irap le plusvalenze derivanti dalla cessione dei diritti pluriennali delle prestazioni degli sportivi professionisti seguendo l’interpretazione fornita dalla Lega Nazionale Professionisti e supportata da autorevoli pareri professionali». Sempre riguardo all’Irap sulle plusvalenze calciatori, il documento contabile evidenzia che sono state collocate tra gli oneri straordinari 3,52 milioni per le cessioni effettuate «per gli esercizi 2001-2002, 2002-2003 e 2003-2004 contabilizzate a seguito di cartelle esattoriali notificate nel corso dell’esercizio».
Infine, la società ha aderito alla normativa sul consolidato fiscale, come soggetto consolidato assieme alla consolidante e controllante Internazionale Holding. Il provento per questa voce è stato pari a 229mila euro.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)
Tutti i debiti dell’Inter
Ammontano a 394,9 milioni le somme dovute a vario titolo ai creditori, in calo del 6,8%, con squilibrio rispetto ai crediti di 32,1 milioni: spicca l’incremento del’81% di quelle verso banche. In evidenza tra i costi la cospicua cifra sostenuta per il Centenario nerazzurro, pari a 2,43 milioni
Debiti per 394,9 milioni di euro, in calo del 6,8%, con squilibrio rispetto ai crediti pari a 32,1 milioni. E’ questa la fotografia dello stato patrimoniale 2007/08 dell’Inter, che ha chiuso l’esercizio con una perdita di 148,3 milioni e un patrimonio netto negativo di 12,8 milioni. Nel bilancio, depositato in Camera di commercio, si nota anche che i costi (pari a 342,5 milioni) hanno superato il valore della produzione (203,4 milioni) di 139 milioni: per ogni euro incassato la società di Massimo Moratti ne ha speso circa 1,7. Tra le voci di spesa desta curiosità la cospicua cifra sostenuta per il Centenario nerazzurro, pari a 2,43 milioni. Esse costituiscono la seconda componente, dopo l’ammontare di 2,7 milioni per consulenze esterne, di quelle amministrative, pubblicitarie e generali. All’interno di queste ultime vi sono compresi anche i 700mila euro complessivi per tutti i componenti del consiglio di amministrazione. In netta diminuzione gli ammortamenti dei diritti alle prestazioni dei giocatori, da 147 milioni a 34,9 milioni, per effetto dell’ultima rata dello “spalmadebiti”.
La radiografia dello stato debitorio interista vede il considerevole aumento dell’81%, delle somme dovute agli istituti di credito, per un cifra complessiva di 82,2 milioni interamente a breve termine. Nella nota integrativa si legge che «i debiti verso banche a breve termine si riferiscono a scoperti di conto corrente presso primari istituti di credito con i quali la società intrattiene rapporti regolati a tassi in linea con il mercato». Nel documento non sono riportati i nomi delle banche. In aumento anche i debiti tributari del 5,1%, che hanno sfiorato i 21 milioni.
Il calo dello stato debitorio complessivo è dovuto in gran parte al consistente taglio degli “altri debiti” del 52,53%. Essi hanno toccato i 38,3 milioni e sono costituiti da 35,6 milioni per «debiti verso dipendenti e ex dipendenti per competenze maturate e non liquidate». Inoltre, sono diminuite di 16,8 milioni le cifre dovute alla controllata Inter Brand, a cui sono stati ceduti i marchi. «L’importo pari a euro 127.462.363 – prosegue la nota integrativa – si riferisce essenzialmente ai canoni di licenza d’uso dei marchi per l’intera durata del contratto di licenza».
Venendo ai ricavi, si nota l’aumento di 5,3 milioni delle vendite. In esse sono compresi i biglietti allo stadio: quelli per le gare di campionato hanno superato i 9 milioni (+9,04%), mentre gli introiti per i tagliandi della Champions League hanno fruttato 3,3 milioni (+22%). In aumento anche i proventi delle sponsorizzazioni (pari a 30,8 milioni) del 4,14%. Invece, risultano inaspettatamente in calo i diritti televisivi (-1,18%, 90,3 milioni) e quelli tv della Champions League (-22,6%, 23,7 milioni). Diminuiscono da 24 a soli 8 milioni di euro le plusvalenze calciatori, che l’Inter inserisce nei ricavi secondo quanto stabilito dalla Figc: secondo il Codice civile vanno invece collocati tra i proventi straordinari.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)
Debiti per 394,9 milioni di euro, in calo del 6,8%, con squilibrio rispetto ai crediti pari a 32,1 milioni. E’ questa la fotografia dello stato patrimoniale 2007/08 dell’Inter, che ha chiuso l’esercizio con una perdita di 148,3 milioni e un patrimonio netto negativo di 12,8 milioni. Nel bilancio, depositato in Camera di commercio, si nota anche che i costi (pari a 342,5 milioni) hanno superato il valore della produzione (203,4 milioni) di 139 milioni: per ogni euro incassato la società di Massimo Moratti ne ha speso circa 1,7. Tra le voci di spesa desta curiosità la cospicua cifra sostenuta per il Centenario nerazzurro, pari a 2,43 milioni. Esse costituiscono la seconda componente, dopo l’ammontare di 2,7 milioni per consulenze esterne, di quelle amministrative, pubblicitarie e generali. All’interno di queste ultime vi sono compresi anche i 700mila euro complessivi per tutti i componenti del consiglio di amministrazione. In netta diminuzione gli ammortamenti dei diritti alle prestazioni dei giocatori, da 147 milioni a 34,9 milioni, per effetto dell’ultima rata dello “spalmadebiti”.
La radiografia dello stato debitorio interista vede il considerevole aumento dell’81%, delle somme dovute agli istituti di credito, per un cifra complessiva di 82,2 milioni interamente a breve termine. Nella nota integrativa si legge che «i debiti verso banche a breve termine si riferiscono a scoperti di conto corrente presso primari istituti di credito con i quali la società intrattiene rapporti regolati a tassi in linea con il mercato». Nel documento non sono riportati i nomi delle banche. In aumento anche i debiti tributari del 5,1%, che hanno sfiorato i 21 milioni.
Il calo dello stato debitorio complessivo è dovuto in gran parte al consistente taglio degli “altri debiti” del 52,53%. Essi hanno toccato i 38,3 milioni e sono costituiti da 35,6 milioni per «debiti verso dipendenti e ex dipendenti per competenze maturate e non liquidate». Inoltre, sono diminuite di 16,8 milioni le cifre dovute alla controllata Inter Brand, a cui sono stati ceduti i marchi. «L’importo pari a euro 127.462.363 – prosegue la nota integrativa – si riferisce essenzialmente ai canoni di licenza d’uso dei marchi per l’intera durata del contratto di licenza».
Venendo ai ricavi, si nota l’aumento di 5,3 milioni delle vendite. In esse sono compresi i biglietti allo stadio: quelli per le gare di campionato hanno superato i 9 milioni (+9,04%), mentre gli introiti per i tagliandi della Champions League hanno fruttato 3,3 milioni (+22%). In aumento anche i proventi delle sponsorizzazioni (pari a 30,8 milioni) del 4,14%. Invece, risultano inaspettatamente in calo i diritti televisivi (-1,18%, 90,3 milioni) e quelli tv della Champions League (-22,6%, 23,7 milioni). Diminuiscono da 24 a soli 8 milioni di euro le plusvalenze calciatori, che l’Inter inserisce nei ricavi secondo quanto stabilito dalla Figc: secondo il Codice civile vanno invece collocati tra i proventi straordinari.
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Sede: corso Meridionale 11, 80143 Napoli
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