Riceviamo da Riccardo Grossi, membro del direttivo dell'Associazione Club Genoani, e pubblichiamo. Riguarda la paradossale vicenda del volo per Brindisi organizzato in vista della trasferta del 18 gennaio a Lecce
Buonasera,
c è un gruppo di 44 persone, che rappresento, che ha prenotato con la compagnia Volareweb - Air Europe due voli da Malpensa a Brindisi a/r il 18.01.09.
Le prenotazioni sono state fatte via web ai primi di ottobre e pagate tramite CartaSi a metà novembre; il 25.11 un email ci segnalava i cambi di orario dei voli che ci avrebbero portato ad arrivare a Brindisi alle 16:50 e ripartire dopo mezz ora alle 17:20...in pratica una gita x visitare l'aeroporto di Brindisi!!! (e senza nemmeno il tempo tecnico del check-in!)
Contattato subito il call center (091 2551012) ci è stato detto che:
o ci sarebbero stati rimborsati i costi dei 2 voli
o saremmo stati ritracciati su voli compatibili con le ns necessità.
Non potendo avere contatti telefonici diretti con la compagnia (il call center è di una società esterna) squillando a vuoto il loro tel (0331 713706), abbiamo inviato 2 email all indirizzo customarecare@volareweb.com ed un fax allo 0331 713155 il tutto senza avere risposta alcuna.
Nella mattinata del 9/12 invece, sempre tramite il call center esterno, ci è stato comunicato che ci verrà rimborsato solo il viaggio di andata (in quanto lo scostamento d orario è superiore alle 5 ore) e non quello di ritorno (scostamento meno di 5 ore).
Tutto ciò è inammissibile e privo di ogni logica: se i voli fossero stati su giornate diverse nulla da dire, ma essendo nello stesso giorno è consequenziale che se non possiamo usufruire del primo è impossibile usufruire anche del secondo!
Nel frattempo inoltre, vista l'attesa nell'avere notizie in proposito, le tariffe su eventuali voli alternativi sono lievitate in modo tale da non permettere, alla quasi totalità delle 44 persone, di poter prendere in considerazione questi ultimi.
Solo il 31/12, dopo l'intervento dell'ENAC (Ente Nazionale Aviazione Civile) a cui ci siamo rivolti, sono stato finalmente contattato via email dal famoso customarecare, esso però ancora non dà la notizia del rimborso totale ma scrive che stanno vagliando le nostre posizioni...
A lei le opportune considerazioni del caso che è una cartina tornasole di quanto sia allucinante rapportarsi con alcune compagnie "low cost" (ma forse sono low cost in tutto...)
Le facciamo inoltre presente che, in caso di mancato rimborso totale, è nostra intenzione intraprendere nei confronti della compagnia ogni azione lecita tesa a soddisfare i nostri lesi interessi.
Distinti saluti.
Riccardo Grossi (Associazione Club Genoani)
ricky_genoa@yahoo.it
Aggiornamento
Riccardo Grossi ci informa che «stamane abbiamo finalmente avuto conferma che entro circa 30 gg avremo il totale rimborso degli importi spesi, ciò non toglie che al seguito della squadra invece di 44 persone saremo solo 5, no comment...»
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domenica 4 gennaio 2009
venerdì 2 gennaio 2009
Tifosi segnalate a "il pallone in confusione" i disservizi di Trenitalia
I tifosi possono segnalare a "il pallone in confusione" i disservizi subiti da Trenitalia durante i viaggi per seguire le loro squadre del cuore. Possono farlo iscrivendosi a questo sito di informazione e inserendo le proprie testimonianze cliccando il link "Posta un commento" collocato sotto questo post. Si raccomandano toni civili ed educati: le lettere con insulti ed improperi scurrili saranno immediatamente cancellate.
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Impianto di riscaldamento guasto, bagni sporchi senza sapone e carta igienica, carrozze vetuste: ecco la cronaca minuto per minuto per minuto di un viaggio allucinante
Oggi "il pallone in confusione" non racconta di calcio, ma di un fatto di cui potrebbero essere vittime i tifosi nelle loro trasferte. Parliamo dei disservizi di Trenitalia: non quelli relativi ai treni locali, che colpiscono ripetutamente i poveri pendolari di tante zone d'Italia. Ci riferiamo all'Intercity Plus 538, diretto da Napoli Centrale a Ventimiglia, su cui viaggiavamo domenica 28 dicembre 2008. Fortunatamente dovevamo scendere alcune fermate prima: per la precisione a Savona.
Il nostro arrivo alle ore 13 nella stazione del capoluogo partenopeo, in una giornata fredda e piovosa (più da clima milanese che da paese "d'o sole e d'o mare"), rivela l'inadeguatezza del convoglio su cui avremmo dovuto trascorrere ben otto ore. Le carrozze di prima classe presentavano nell'aspetto esterno i segni del loro onorato e glorioso servizio: guarnizioni delle finestre lacere, vetri sporchi e vernice intaccata dagli agenti atmosferici. Proseguendo verso la seconda classe, notavamo vagoni completamente sporchi all'esterno, con presenza di ruggine su alcune fiancate. Saliti sulla carrozza numero 10, constatavamo che i sedili del nostro scompartimento erano anneriti in più punti: segno che non vedevano da tanto tempo gli aspirapolveri e gli stracci degli addetti alle pulizie. In compenso, era almeno stato svuotato il contenitore dei rifiuti.
La nostra "odisse ed ea" (per dirla con Totò) si inizia con il ritardo nella partenza, che sarebbe dovuta avvenire alle 13,24: il convoglio invece parte alle 13,36. Dopo alcuni minuti, sia noi, sia i nostri compagni di viaggio ci accorgiamo che nel nostro scompartimento fa molto freddo, nello stesso modo di prima della partenza. Chiediamo spiegazioni al capotreno: ci dice che l'impianto di riscaldamento della carrozza 10 «fa i capricci» e che il problema sarebbe stato sottoposto a un elettricista alla fermata di Roma Termini, di durata pari a 15 minuti circa. Insomma, tutti battevano i denti come i dannati immersi nel ghiaccio della Giudecca di dantesca memoria.
Arrivati nella capitale sale a bordo un altro capotreno, al quale ripetiamo l'impellenza della risoluzione del nostro problema, considerata la gelida e piovosa giornata invernale. Egli ci rassicura sulla prontezza dell'intervento. Intanto il convoglio parte in orario (ore 15,50), ma il gelo nello scompartimento continua ad attanagliare tutti noi poveri passeggeri. Sopratutto quelli come noi che erano seduti di fianco al finestrino: eravamo i "peccatori" meritevoli dei più aspri e duri castighi, visto che ci affliggeva l'aria gelida che usciva dalle feritoie del condizionatore non funzionante, proveniente dall'esterno. Per ovviare a ciò, abbiamo coperto le bocche dell'impianto con fogli di giornale. A questo bisogna aggiungere che il treno era partito da Napoli senza sapone e carta igienica nei bagni, almeno nella nostra carrozza. Le condizioni delle toilette lasciavano alquanto a desiderare.
Visto che il problema non era stato risolto, siamo andati dal capotreno, facendogli notare che «non era possibile proseguire il viaggio in queste condizioni». Il responsabile di Trenitalia rispondeva che «non posso farci nulla, non posso neppure spostarvi in altre carrozze poiché il treno è pieno: posso soltanto segnalare il problema». Abbiamo proseguito nella nostra civile, ma ferma protesta: «qui nessuno è responsabile dei controlli sui vagoni, nè lei, nè i suoi superiori, nè il consiglio di amministrazione delle Ferrovie dello Stato. Però noi passeggeri abbiamo pagato, ma non per viaggiare in queste condizioni». Dopo queste nostre affermazioni, il capotreno ha segnato dietro tutti i biglietti degli occupanti della carrozza 10 la dicitura "riscaldamento non funzionante" seguita dal suo numero di matricola. In questo modo potremmo ottenere un bonus per questo spiacevole inconveniente. Ma non è finita qui: il treno è arrivato a Savona alle 22,15, con oltre 30 minuti di ritardo sull'0rario previsto (ore 21,42). Il tutto pagato alla "modica" somma di 45,20 euro: tradotto nel vecchio conio, poco più di 87.500 lire.
A questo punto, visto che nelle Ferrovie vige il principio "i' mi sobbarco" di petrarchesca memoria, in base al quale nessuno è responsabile rivolgiamo comunque le seguenti domande. Le rivolgiamo anche al ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, in qualità di titolare del dicastero azionista unico del gruppo Fs.
1) Chi ha la responsabilità del controllo qualità sui convogli prima della partenza?
2) Viene davvero effettuata una verifica sugli impianti elettrici e di altro tipo?
3) A chi è affidato il servizio di pulizia, che dovrebbe essere svolto prima di ogni viaggio?
4) Può partire un treno in pieno inverno con un guasto all'impianto di riscaldamento e condizioni igieniche precarie? Un esercizio commerciale viene chiuso per molto meno.
5) Chi risponde delle eventuali malattie da raffreddamento contratte dai passeggeri lungo il percorso? Forse la risposta sta nel titolo di un film degli anni '80: «Mi faccia causa».
Marco Liguori
Clicca qui per raccontare la tua esperienza dei disservizi ferroviari
Oggi "il pallone in confusione" non racconta di calcio, ma di un fatto di cui potrebbero essere vittime i tifosi nelle loro trasferte. Parliamo dei disservizi di Trenitalia: non quelli relativi ai treni locali, che colpiscono ripetutamente i poveri pendolari di tante zone d'Italia. Ci riferiamo all'Intercity Plus 538, diretto da Napoli Centrale a Ventimiglia, su cui viaggiavamo domenica 28 dicembre 2008. Fortunatamente dovevamo scendere alcune fermate prima: per la precisione a Savona.
Il nostro arrivo alle ore 13 nella stazione del capoluogo partenopeo, in una giornata fredda e piovosa (più da clima milanese che da paese "d'o sole e d'o mare"), rivela l'inadeguatezza del convoglio su cui avremmo dovuto trascorrere ben otto ore. Le carrozze di prima classe presentavano nell'aspetto esterno i segni del loro onorato e glorioso servizio: guarnizioni delle finestre lacere, vetri sporchi e vernice intaccata dagli agenti atmosferici. Proseguendo verso la seconda classe, notavamo vagoni completamente sporchi all'esterno, con presenza di ruggine su alcune fiancate. Saliti sulla carrozza numero 10, constatavamo che i sedili del nostro scompartimento erano anneriti in più punti: segno che non vedevano da tanto tempo gli aspirapolveri e gli stracci degli addetti alle pulizie. In compenso, era almeno stato svuotato il contenitore dei rifiuti.
La nostra "odisse ed ea" (per dirla con Totò) si inizia con il ritardo nella partenza, che sarebbe dovuta avvenire alle 13,24: il convoglio invece parte alle 13,36. Dopo alcuni minuti, sia noi, sia i nostri compagni di viaggio ci accorgiamo che nel nostro scompartimento fa molto freddo, nello stesso modo di prima della partenza. Chiediamo spiegazioni al capotreno: ci dice che l'impianto di riscaldamento della carrozza 10 «fa i capricci» e che il problema sarebbe stato sottoposto a un elettricista alla fermata di Roma Termini, di durata pari a 15 minuti circa. Insomma, tutti battevano i denti come i dannati immersi nel ghiaccio della Giudecca di dantesca memoria.
Arrivati nella capitale sale a bordo un altro capotreno, al quale ripetiamo l'impellenza della risoluzione del nostro problema, considerata la gelida e piovosa giornata invernale. Egli ci rassicura sulla prontezza dell'intervento. Intanto il convoglio parte in orario (ore 15,50), ma il gelo nello scompartimento continua ad attanagliare tutti noi poveri passeggeri. Sopratutto quelli come noi che erano seduti di fianco al finestrino: eravamo i "peccatori" meritevoli dei più aspri e duri castighi, visto che ci affliggeva l'aria gelida che usciva dalle feritoie del condizionatore non funzionante, proveniente dall'esterno. Per ovviare a ciò, abbiamo coperto le bocche dell'impianto con fogli di giornale. A questo bisogna aggiungere che il treno era partito da Napoli senza sapone e carta igienica nei bagni, almeno nella nostra carrozza. Le condizioni delle toilette lasciavano alquanto a desiderare.
Visto che il problema non era stato risolto, siamo andati dal capotreno, facendogli notare che «non era possibile proseguire il viaggio in queste condizioni». Il responsabile di Trenitalia rispondeva che «non posso farci nulla, non posso neppure spostarvi in altre carrozze poiché il treno è pieno: posso soltanto segnalare il problema». Abbiamo proseguito nella nostra civile, ma ferma protesta: «qui nessuno è responsabile dei controlli sui vagoni, nè lei, nè i suoi superiori, nè il consiglio di amministrazione delle Ferrovie dello Stato. Però noi passeggeri abbiamo pagato, ma non per viaggiare in queste condizioni». Dopo queste nostre affermazioni, il capotreno ha segnato dietro tutti i biglietti degli occupanti della carrozza 10 la dicitura "riscaldamento non funzionante" seguita dal suo numero di matricola. In questo modo potremmo ottenere un bonus per questo spiacevole inconveniente. Ma non è finita qui: il treno è arrivato a Savona alle 22,15, con oltre 30 minuti di ritardo sull'0rario previsto (ore 21,42). Il tutto pagato alla "modica" somma di 45,20 euro: tradotto nel vecchio conio, poco più di 87.500 lire.
A questo punto, visto che nelle Ferrovie vige il principio "i' mi sobbarco" di petrarchesca memoria, in base al quale nessuno è responsabile rivolgiamo comunque le seguenti domande. Le rivolgiamo anche al ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, in qualità di titolare del dicastero azionista unico del gruppo Fs.
1) Chi ha la responsabilità del controllo qualità sui convogli prima della partenza?
2) Viene davvero effettuata una verifica sugli impianti elettrici e di altro tipo?
3) A chi è affidato il servizio di pulizia, che dovrebbe essere svolto prima di ogni viaggio?
4) Può partire un treno in pieno inverno con un guasto all'impianto di riscaldamento e condizioni igieniche precarie? Un esercizio commerciale viene chiuso per molto meno.
5) Chi risponde delle eventuali malattie da raffreddamento contratte dai passeggeri lungo il percorso? Forse la risposta sta nel titolo di un film degli anni '80: «Mi faccia causa».
Marco Liguori
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sabato 27 dicembre 2008
Beckham, un altro “uomo da sfilata” nel grande atelier Milan
Con l’arrivo del calciatore inglese, in affari al pari di Kakà e Shevchenko con Giorgio Armani, la società rossonera inaugura la nuova strategia della squadra come “carosello” pubblicitario. Se giocherà bene o male, è soltanto un fatto marginale
Benvenuti nel grande atelier di moda Milan, dove troverete tutte le collezioni che desiderate! Con l’arrivo di David Beckham, il calciatore più amato dagli sponsor (tanto per citare lo slogan di una nota pubblicità di qualche anno fa), aumenta la pattuglia degli “uomini da sfilata” rossoneri. Una tendenza, quella del rapporto tra divi del pallone e pubblicità, iniziata qualche anno fa con l’utilizzo di giocatori della Juventus, a cominciare dall’ossessiva presenza televisiva di Del Piero l’”uomo dei passeri”. «E’ lo show business, bellezza!» affermano (giustamente) tanti addetti ai lavori: appendice nata dalla sciagurata legge Veltroni del 1996, voluta fortemente da Milan e Juventus, che inaugurò l’era del calcio a scopo di lucro. Dunque, finché la barca va, lasciala andare. Fino a quando ci saranno società che pagano lauti stipendi ai giocatori e che consentono loro di partecipare come modelli nei “consigli per gli acquisti” (per dirla con Maurizio Costanzo) il ragionamento fila e “tutto va ben, madama la marchesa”. Se tutto ciò potrà reggere all’infinito è opinabile: ma tralasciamo pure questo aspetto. Ce n’è però un altro, che sfugge alla gran parte dei commentatori e del pubblico: lo spettacolo calcistico sta diventando sempre più un aspetto accessorio rispetto a quello pubblicitario. Detto in parole ancora più semplici: gli aspetti tecnici e le stesse partite di pallone stanno perdendo sempre più importanza nei confronti della promozione dei prodotti degli sponsor. Con buona pace dei tifosi, che si vedranno offrire uno spettacolo qualitativamente mediocre: dovranno rassegnarsi al fatto che le loro squadre del cuore vinceranno sempre meno. Nella logica dello “show business” (leggi come “far soldi con gli spettacoli”) l’importante è apparire e partecipare alle competizioni, soprattutto internazionali: vincere coppe e trofei è ormai un fatto secondario. E’ la logica che ha portato Beckham alla società della galassia Fininvest: con il prestito concesso dal Los Angeles Galaxy è stato coperto il periodo di inattività fino a marzo del giocatore inglese, dovuto alla pausa del campionato americano, che è sicuramente sgradito ai suoi sponsor. Egli deve quindi giocare per apparire e rappresentare i marchi delle aziende che lo sovvenzionano: poco importa se le sue prestazioni in campo siano esaltanti oppure mediocri. Meglio ancora se l’operazione non comporta esborso di denaro: infatti, il Milan non spenderà un centesimo.
In base a questa logica degli affari nello sport, occorre che le squadre possano infoltire le loro rose di campioni. Tuttavia, si badi bene, non contano i fattori tecnici e l’effettiva utilità di un calciatore in un reparto di gioco: basta avere nomi di sicuro richiamo, come in una compagnia teatrale. Insomma le compagini calcistiche assomiglieranno sempre più agli Harlem Globetrotters (i “teatranti” campioni americani del basket) che ingloberanno stelle, magari anche sul viale del tramonto, ma che consentiranno di vendere magliette e altri prodotti con i marchi societari (il cosiddetto “merchandising”, anglicismo terribile) e incassare soldi dagli sponsor (la parola è latina). Tutto ciò potrà permetterselo solo chi ha un potere politico-economico alle spalle. In Italia sono tre le società che lo detengono: Milan, Inter e Juventus. Le altre come al solito staranno a guardare, cercando di sopravvivere alla meno peggio: naturalmente fatte salve alcune eccezioni per quelle che riescono a rendere in attivo il conto annuale ricavi/costi.
Proprio il Milan ha inaugurato questa nuova strategia. La società del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, è diventata nuovamente un caposcuola, dopo aver fatto lievitare all’inizio degli anni ’90 i prezzi dei trasferimenti dei giocatori e i loro ingaggi. E dopo aver contribuito, assieme alla Juventus di Antonio Giraudo, a trasformare il campionato in un grande circo televisivo, declassando gli stadi, non tenendo conto della loro primaria importanza per lo spettacolo dell'italica pedata, e trascurando i tifosi che vi si recano. Adesso la squadra si sta trasformando in un grande atelier: lo conferma l’arrivo di Beckham, arrivato fresco fresco con il suo castello di sponsor. Curiosamente, il calciatore inglese ha un elemento aziendale in comune con il fuoriclasse brasiliano Kakà e con l’attaccante Andriy Shevchenko: Giorgio Armani. I primi due sono “testimonial” (in italiano si dice “protagonisti”) delle sue campagne promozionali, mentre l’ucraino ha aperto un negozio Armani a Kiev, capitale del suo paese. Insomma, pallone e pubblicità sempre più intrecciati tra loro: ma ormai sembra che la seconda stia prendendo sempre più il sopravvento sul primo. Anzi, si potrebbe pensare che il ritorno di Shevchenko possa essere stato dettato dalle ineluttabili leggi non scritte dall’universo degli affari. Sarebbe molto interessante sapere cosa ne pensano i tifosi della nuova strategia della dirigenza rossonera, che stanno trasformando la loro squadra in un “carosello” pubblicitario. Probabilmente essi preferirebbero l’acquisto una serie di calciatori necessari per migliorare le prestazioni della squadra e renderla maggiormente competitiva. Magari qualche giovane difensore di buon livello: in fin dei conti la Fininvest può tranquillamente permettersi il lusso di ripianare le perdite a fine esercizio.
E a proposito di Shevchenko alla luce del suo impegno come “testimonial” si può affermare che la notizia riportata dal quotidiano napoletano “Roma”, riguardante un suo possibile scambio con il centrocampista del Napoli Blasi per rimpiazzare l’infortunato Gattuso, sia di difficile realizzazione. L’attaccante ucraino, rientrato l’estate scorsa dal Chelsea a Milanello dopo aver rimpolpato nel 2006 le casse rossonere con una plusvalenza di 42 milioni di euro, ha in essere una serie di contratti pubblicitari, tra cui la presenza in una campagna pubblicitaria della linea di abiti in pelle di una nota marca di abbigliamento sportivo americana, che sta letteralmente inondando Milano con una serie di manifesti (soprattutto in metropolitana). E’ difficile quindi che Shevchenko lasci il Milan per andare a Napoli: la pubblicità viene prima di tutto.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita solo dietro citazione della fonte)
Benvenuti nel grande atelier di moda Milan, dove troverete tutte le collezioni che desiderate! Con l’arrivo di David Beckham, il calciatore più amato dagli sponsor (tanto per citare lo slogan di una nota pubblicità di qualche anno fa), aumenta la pattuglia degli “uomini da sfilata” rossoneri. Una tendenza, quella del rapporto tra divi del pallone e pubblicità, iniziata qualche anno fa con l’utilizzo di giocatori della Juventus, a cominciare dall’ossessiva presenza televisiva di Del Piero l’”uomo dei passeri”. «E’ lo show business, bellezza!» affermano (giustamente) tanti addetti ai lavori: appendice nata dalla sciagurata legge Veltroni del 1996, voluta fortemente da Milan e Juventus, che inaugurò l’era del calcio a scopo di lucro. Dunque, finché la barca va, lasciala andare. Fino a quando ci saranno società che pagano lauti stipendi ai giocatori e che consentono loro di partecipare come modelli nei “consigli per gli acquisti” (per dirla con Maurizio Costanzo) il ragionamento fila e “tutto va ben, madama la marchesa”. Se tutto ciò potrà reggere all’infinito è opinabile: ma tralasciamo pure questo aspetto. Ce n’è però un altro, che sfugge alla gran parte dei commentatori e del pubblico: lo spettacolo calcistico sta diventando sempre più un aspetto accessorio rispetto a quello pubblicitario. Detto in parole ancora più semplici: gli aspetti tecnici e le stesse partite di pallone stanno perdendo sempre più importanza nei confronti della promozione dei prodotti degli sponsor. Con buona pace dei tifosi, che si vedranno offrire uno spettacolo qualitativamente mediocre: dovranno rassegnarsi al fatto che le loro squadre del cuore vinceranno sempre meno. Nella logica dello “show business” (leggi come “far soldi con gli spettacoli”) l’importante è apparire e partecipare alle competizioni, soprattutto internazionali: vincere coppe e trofei è ormai un fatto secondario. E’ la logica che ha portato Beckham alla società della galassia Fininvest: con il prestito concesso dal Los Angeles Galaxy è stato coperto il periodo di inattività fino a marzo del giocatore inglese, dovuto alla pausa del campionato americano, che è sicuramente sgradito ai suoi sponsor. Egli deve quindi giocare per apparire e rappresentare i marchi delle aziende che lo sovvenzionano: poco importa se le sue prestazioni in campo siano esaltanti oppure mediocri. Meglio ancora se l’operazione non comporta esborso di denaro: infatti, il Milan non spenderà un centesimo.
In base a questa logica degli affari nello sport, occorre che le squadre possano infoltire le loro rose di campioni. Tuttavia, si badi bene, non contano i fattori tecnici e l’effettiva utilità di un calciatore in un reparto di gioco: basta avere nomi di sicuro richiamo, come in una compagnia teatrale. Insomma le compagini calcistiche assomiglieranno sempre più agli Harlem Globetrotters (i “teatranti” campioni americani del basket) che ingloberanno stelle, magari anche sul viale del tramonto, ma che consentiranno di vendere magliette e altri prodotti con i marchi societari (il cosiddetto “merchandising”, anglicismo terribile) e incassare soldi dagli sponsor (la parola è latina). Tutto ciò potrà permetterselo solo chi ha un potere politico-economico alle spalle. In Italia sono tre le società che lo detengono: Milan, Inter e Juventus. Le altre come al solito staranno a guardare, cercando di sopravvivere alla meno peggio: naturalmente fatte salve alcune eccezioni per quelle che riescono a rendere in attivo il conto annuale ricavi/costi.
Proprio il Milan ha inaugurato questa nuova strategia. La società del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, è diventata nuovamente un caposcuola, dopo aver fatto lievitare all’inizio degli anni ’90 i prezzi dei trasferimenti dei giocatori e i loro ingaggi. E dopo aver contribuito, assieme alla Juventus di Antonio Giraudo, a trasformare il campionato in un grande circo televisivo, declassando gli stadi, non tenendo conto della loro primaria importanza per lo spettacolo dell'italica pedata, e trascurando i tifosi che vi si recano. Adesso la squadra si sta trasformando in un grande atelier: lo conferma l’arrivo di Beckham, arrivato fresco fresco con il suo castello di sponsor. Curiosamente, il calciatore inglese ha un elemento aziendale in comune con il fuoriclasse brasiliano Kakà e con l’attaccante Andriy Shevchenko: Giorgio Armani. I primi due sono “testimonial” (in italiano si dice “protagonisti”) delle sue campagne promozionali, mentre l’ucraino ha aperto un negozio Armani a Kiev, capitale del suo paese. Insomma, pallone e pubblicità sempre più intrecciati tra loro: ma ormai sembra che la seconda stia prendendo sempre più il sopravvento sul primo. Anzi, si potrebbe pensare che il ritorno di Shevchenko possa essere stato dettato dalle ineluttabili leggi non scritte dall’universo degli affari. Sarebbe molto interessante sapere cosa ne pensano i tifosi della nuova strategia della dirigenza rossonera, che stanno trasformando la loro squadra in un “carosello” pubblicitario. Probabilmente essi preferirebbero l’acquisto una serie di calciatori necessari per migliorare le prestazioni della squadra e renderla maggiormente competitiva. Magari qualche giovane difensore di buon livello: in fin dei conti la Fininvest può tranquillamente permettersi il lusso di ripianare le perdite a fine esercizio.
E a proposito di Shevchenko alla luce del suo impegno come “testimonial” si può affermare che la notizia riportata dal quotidiano napoletano “Roma”, riguardante un suo possibile scambio con il centrocampista del Napoli Blasi per rimpiazzare l’infortunato Gattuso, sia di difficile realizzazione. L’attaccante ucraino, rientrato l’estate scorsa dal Chelsea a Milanello dopo aver rimpolpato nel 2006 le casse rossonere con una plusvalenza di 42 milioni di euro, ha in essere una serie di contratti pubblicitari, tra cui la presenza in una campagna pubblicitaria della linea di abiti in pelle di una nota marca di abbigliamento sportivo americana, che sta letteralmente inondando Milano con una serie di manifesti (soprattutto in metropolitana). E’ difficile quindi che Shevchenko lasci il Milan per andare a Napoli: la pubblicità viene prima di tutto.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita solo dietro citazione della fonte)
Nella foto, tratta da http://www.instablogsimages.com, David Beckham
venerdì 26 dicembre 2008
Calciomercato gennaio, il ballo degli attaccanti
Gennaio è alle porte, e ricomincia il mercato con la tradizionale "finestra" che accompagna il primo mese dell'anno. Protagonisti del valzer di quest'anno saranno gli attaccanti, perché da Adriano a Nilmar, da Corradi a Floccari e Pazzini, non si fa che parlare di bomber in odore di cambio di maglia.
Proprio di Floccari ha parlato oggi il d.s. dell'Atalanta Carlo Osti intervenendo su Radio Radio. Il giocatore non è sul mercato, almeno a gennaio, mentre a giugno sarà pronto per quel salto di qualità che merita. Ma Osti ha anche precisato di non aver mai parlato del suo giocatore con la Roma, ''che comunque ha tanti giocatori che ci interessano''. Uno potrebbe essere Okaka, oltre al riscatto definitivo per l'Atalanta di Cerci. In Brasile continuano a scrivere di Adriano e Nilmar. Per il primo, che Moratti non vorrebbe cedere e al quale anche Dunga consiglia di rimanere in nerazzurro, le ipotesi che si fanno sono Chelsea o Flamengo, ma il presidente del club carioca Marcio Braga continua a ripetere che non ci sono i soldi per pagare lo stipendio dell'Imperatore (il Flamengo si e' appena autoimposto un tetto salariale).
Su Nilmar c'è stato, prima di Natale, un colloquio fra il d.s. della Roma Daniele Pradè ed un agente Fifa italiano di casa in Brasile, e che in questo caso ha fatto da tramite con l'Internacional di Porto Alegre. Al dirigente di Trigoria è stato ribadito che Nilmar, anche se l'Internacional ha bisogno di vendere una delle sue "stelle" entro fino giugno, non si muove dalla sua attuale squadra per meno di 18 milioni di dollari. E' quindi da escludere uno scambio con Cicinho ed un conguaglio di 3-4 milioni di euro, come aveva ipotizzato Pradè. A rifarsi sotto per Nilmar potrebbe essere il Palermo, ma il presidente Zamparini dovrà alzare l'offerta di 15 milioni fatta l'estate scorsa. Un attaccante lo cerca anche il Bologna: Mihajlovic insiste per avere Corradi dalla Reggina, proponendo uno scambio con Bernacci. Da escludere invece che in Emilia possa arrivare Montella dalla Roma. La Reggina, a prescindere dall'esito della trattativa con i rossoblù, starebbe pensando di riportare in Italia Pellè, bomber che nell'Az Alkmaar non trova piu' spazio e vorrebbe lasciare l'Olanda.
La Sampdoria e' sicura di avere Pazzini dalla Fiorentina, ma tiene 'in caldo' anche l'alternativa-Balotelli (con Cassano costituirebbe una coppia da scintille, anche dal punto di vista caratteriale).
Ma anche il Napoli cerca un attaccante, e il nome piu' gettonato rimane quello di Eren Derdiyok del Basilea, in alternativa al quale il d.s. partenopeo Marino pensa al russo Pavel Probrebnyak, 25enne dello Zenit San Pietroburgo. Marino potrebbe anche cedere Dalla Bona (lo vuole il West Ham di Zola) e rimpiazzarlo con l'italo-argentino Biglia, 23enne dell'Anderlecht.
Chiusura con il botto: alcuni siti francesi fanno sapere di un'offerta del Lione, disposto a pagare 25 milioni di euro alla Fiorentina per avere subito Alberto Gilardino. Se anche fosse vero, non c'e' alcuna possibilità che i Della Valle accettino la proposta. Lo stesso vale per Preziosi ed il Genoa: alla domanda se sia ipotizzabile una cessione di Milito all'Inter, il presidente ha risposto dicendo che ''non lo darei neppure se in cambio arrivassero Cambiasso, Balotelli ed Obinna''.
Fonte: Ansa
Fonte: Ansa
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martedì 23 dicembre 2008
De Laurentiis: «Non esiste un caso Lavezzi»
Il presidente ha definito l'obiettivo del Napoli: «Credo che, in maniera seria, noi potremo dedicarci alla conquista di un posto tranquillo e assicurato per la Uefa»
Il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis minimizza sulle voci che vorrebbero Ezequiel Lavezzi insoddisfatto del suo attuale ingaggio. «Non c`è un caso Lavezzi - ha spiegato a Sky - non capisco per quale motivo i media si ostinino a dire che c`è un caso Lavezzi. Lavezzi ha firmato un contratto fino al 2013. Quindi, questo contratto esiste, ma leggo sulla stampa delle cose false, che contesto. Quindi, mi limito a dire che con Lavezzi, ma anche con tutti gli altri giocatori, ci sono dei contratti quinquennali che saranno rispettati». De Laurentiis fissa gli obiettivi e le ambizioni del Napoli: «Credo che, in maniera seria, noi potremo dedicarci alla conquista di un posto tranquillo e assicurato per la Uefa. Per una Uefa che, questa volta, non ci veda soltanto ospiti momentanei ma protagonisti di un torneo internazionale, dove miglioreremo le nostre capacità di poter verificare quanto possiamo essere competitivi e forti durante il campionato nazionale e, in parallelo, durante delle competizioni europee. E se arriva la Champions League, è un passaggio obbligato al quale non si può rinunciare, anche perché da lì, vado direttamente in Coppa Uefa». A gennaio si riapre il mercato ma per il presidente degli azzurri si tratta di un mercato «che potrebbe realizzarsi in maniera prospettica, non per l'immediato, ma per il prossimo anno».
Fonte: Apcom
Nella foto, tratta da www.sscnapoli.it, il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis
Matarrese: «bilancio 2008 ottimo»
La Lega Calcio si è rifatta il trucco alla grande: oggi a Milano, infatti, nella sede di via Rosellini 4, è stato presentato il nuovo sito ufficiale (l'indirizzo sarà lo stesso, www.lega-calcio.it) nato dalla partnership con la Panini, l'azienda che ha venduto oltre 180 miliardi di figurine in tutto il mondo, che ha due stabilimenti, uno a Modena, l'altro in Brasile, e che ha fatturato 543.000.000 di euro nell'ultimo anno. Tante le principali novità che verranno ospitate già dalle prossime settimane sul sito: ci saranno i risultati e le classifiche, in tempo reale, di tutte le partite di serie A, B, Supercoppa e Coppa Italia; i video dei gol di ogni giornata, che dovrebbero essere disponibili a partire dalla mezzanotte successiva al turno di campionato; le statistiche e le analisi a diversi livelli, pre e post gara; l'archivio dati, alimentato dalla storica Banca Dati Panini, da cui deriva anche l'Almanacco. «Il nuovo sito della Lega e le statistiche ufficiali non esauriscono, però, le novità che abbiamo intenzione di proporre insieme a Panini, visto che nei prossimi mesi lanceremo altre iniziative editoriali congiunte nelle quali crediamo molto», ha detto Antonio Matarrese, presidente di Lega. Dal canto suo Aldo Sallustro, amministratore delegato di Panini, ha dichiarato come l'azienda modenese «sia orgogliosa di questo importante accordo ottenuto con la Lega, che consolida e arricchisce una presenza nel mondo del calcio iniziata nel 1961 e costantemente cresciuta da allora».
A margine dell'incontro, Matarrese ha poi voluto fare un bilancio del 2008 e spiegare meglio quanto avvenuto ieri nell'ultimo Consiglio di Lega e dall'Assemblea generale: «Il bilancio del 2008 è ottimo, per tanti motivi. In primis, perché siamo riusciti a evitare la scissione tra serie A e serie B; e poi per l'accordo con Infront per la vendita dei diritti tv. Dal 2010 al 2016 saranno garantiti 900 milioni all'anno e credo che solo la Premier League, a questo punto, sia davanti a noi; ma di sicuro precediamo paesi come Germania e Francia». E poi ancora: «Quando entrerà in vigore il sistema della vendita centralizzata, cioè dal 2010, per quella data sarà necessario avere un Consiglio di Lega operativo. Il ruolo della Lega calcio a livello internazionale deve essere non sussidiario, ma complementare al ruolo della Federazione. La Lega Calcio professionisti non può essere portata a ramengo dietro l'attività della Federazione. Deve avere una forza politica». Per questo Matarrese ribadisce con fermezza che il «governo federale prossimo non può andare avanti come quello attuale, fermo restando la stima e il rispetto che nutro per Giancarlo Abete. Ma la Federazione deve riconoscere il peso politico della Lega, stabilire insomma il ruolo della Lega stessa e anche dell'Aic, l'Associazione italiana calciatori». Infine il presidente, ribadendo ancora una volta di nutrire preoccupazione per la situazione economica delle serie B, fa poi sapere che non gli dispiacerebbe affatto «il ritorno a una serie A formata da 18 squadre, ma se ne potrà parlare solo dopo il 2010. Per ora lasciamo le cose così come stanno, del resto noi viviamo di diritti televisivi».
Fonte: Agi
A margine dell'incontro, Matarrese ha poi voluto fare un bilancio del 2008 e spiegare meglio quanto avvenuto ieri nell'ultimo Consiglio di Lega e dall'Assemblea generale: «Il bilancio del 2008 è ottimo, per tanti motivi. In primis, perché siamo riusciti a evitare la scissione tra serie A e serie B; e poi per l'accordo con Infront per la vendita dei diritti tv. Dal 2010 al 2016 saranno garantiti 900 milioni all'anno e credo che solo la Premier League, a questo punto, sia davanti a noi; ma di sicuro precediamo paesi come Germania e Francia». E poi ancora: «Quando entrerà in vigore il sistema della vendita centralizzata, cioè dal 2010, per quella data sarà necessario avere un Consiglio di Lega operativo. Il ruolo della Lega calcio a livello internazionale deve essere non sussidiario, ma complementare al ruolo della Federazione. La Lega Calcio professionisti non può essere portata a ramengo dietro l'attività della Federazione. Deve avere una forza politica». Per questo Matarrese ribadisce con fermezza che il «governo federale prossimo non può andare avanti come quello attuale, fermo restando la stima e il rispetto che nutro per Giancarlo Abete. Ma la Federazione deve riconoscere il peso politico della Lega, stabilire insomma il ruolo della Lega stessa e anche dell'Aic, l'Associazione italiana calciatori». Infine il presidente, ribadendo ancora una volta di nutrire preoccupazione per la situazione economica delle serie B, fa poi sapere che non gli dispiacerebbe affatto «il ritorno a una serie A formata da 18 squadre, ma se ne potrà parlare solo dopo il 2010. Per ora lasciamo le cose così come stanno, del resto noi viviamo di diritti televisivi».
Fonte: Agi
Nella foto, tratta da http://calciomalato.blogosfere.it, il presidente della Lega Calcio Antonio Matarrese
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