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sabato 22 marzo 2008

Fisco in comode rate

Liberomercato 22 marzo 2008

Calcio e tasse

La Roma triplica la rateizzazione con il Fisco: in aumento di 7,5 milioni il debito Irap

Marco Liguori
La Roma ha triplicato le rateizzazioni con il fisco. Nel comunicato dell’ultima semestrale consolidata è evidenziato che il 14 febbraio scorso «è stata ottenuta la dilazione di pagamento, in 46 rate mensili, con decorrenza dal 31 marzo 2008 di imposte dirette iscritte a ruolo, per 7,7 milioni di euro». Questa cifra riguarda il «debito Iva sorto nei primi mesi del 2004, oltre ai relativi interessi, che risultava accantonato nei debiti tributari in esercizi precedenti». Ciò si aggiunge alla dilazione di pagamento di imposte iscritte a ruolo per 1,3 milioni in 56 rate mensili del settembre 2006, di cui sono state versate 14 rate, e un’altra di 54 mensilità con decorrenza 30 giugno scorso per 2,8 milioni (finora pagate sei rate) relativa a sanzioni e interessi su debiti Iva sorti nel 2004 e 2005. La società rende noto che nel primo semestre sono state versate imposte e ritenute per 33,1 milioni.
Dopo i primi sei mesi, le somme dovute al fisco dalla “magica” quotata in Borsa toccano i 22,1 milioni: lo scaduto è pari a 8,1 milioni. A fine gennaio ammontano a 22,3 milioni, in aumento dai 15,1 milioni del 2006/07. Spiccano 7,9 milioni per Irap, in aumento di 7,5 milioni nel semestre «dovuto alla riclassificazione del fondo rischi – si legge nel comunicato – del debito di 4,9 milioni di euro, a seguito della notifica di una cartella esattoriale, avvenuta nel mese di gennaio». Il pregresso tributario è una delle voci che compongono i 164,5 milioni di passività correnti (124,6 milioni a fine giugno e nel precedente primo semestre) che, sovrastando i 49,5 milioni di attività correnti, hanno portato il capitale corrente netto al valore negativo di 115 milioni. Tale valore è nettamente superiore a –79,7 del 2006/07 e a –33,8 milioni al 31 dicembre 2006. Nelle passività si segnalano debiti commerciali per 40,1 milioni, di cui 20,7 milioni verso società di calcio per acquisto calciatori. Vi sono 90,1 milioni per altre passività: 11,8 milioni dovuti al personale (11,3 ai tesserati) e 62,3 milioni di risconti passivi.

Battaglia impari contro il calcio a scopo di lucro

Liberomercato 22 marzo 2008

A rischio liquidazione

Corsa contro il tempo
per salvare lo Spezia


Marco Liguori
“Lo Spezia siamo noi”. Il grido dei tifosi dello Spezia Calcio 1906, militante in serie B, è diventato il nome di un comitato per raccogliere fondi per la società ligure in gravi difficoltà economiche. Ad esso hanno anche aderito due romani doc: l’allenatore giallorosso Luciano Spalletti e l’attore Carlo Verdone. Stando al sito della società spezzina finora sono stati raccolti 300mila euro. Anche il sindaco Massimo Federici sta cercando di coinvolgere le aziende locali. Un progetto che si scontra contro la condizione essenziale dell’era del calcio a scopo di lucro: per sopravvivere, ogni club deve avere un grande gruppo industriale alle spalle. E’ anche una impari lotta contro il tempo: sempre secondo il sito dello Spezia, il prossimo 28 marzo si terrà a Milano l’assemblea dei soci, che esaminerà i conti semestrali con il neopresidente Cristina Cappelluti. Le ultime visure della Camera di Commercio riportano che gli azionisti degli “aquilotti” sono tre: le Gestioni sportive e immobiliari dell’ex numero uno Giuseppe Ruggieri al 70%, l’imprenditore Andrea Ermelli al 20% e l’Inter di Massimo Moratti al 10%.
Stando alla semestrale, messa on line dallo Spezia senza nota integrativa, la perdita è di 3,7 milioni di euro, circa la metà (6,25 milioni) di quella complessiva del 2006/07. Essa ha portato il patrimonio netto al valore negativo di 3,2 milioni (-2,9 milioni a fine giugno scorso). Secondo il Codice Civile il capitale deve essere quindi ridotto e riportato al minimo legale: se ciò non accadesse, si aprirebbero le porte della messa in liquidazione. Ma anche se si effettuassero gli adempimenti di legge, lo Spezia deve evitare assolutamente la retrocessione in C1: significherebbe perdere gli introiti da diritti tv criptati e da sponsorizzazioni, riaprendo così la crisi.
Al 31 dicembre si registrano 10,3 milioni di debiti (11,1 nel 2006/07), che hanno sovrastato i 2,72 milioni di crediti (2,91 milioni) per 7,3 milioni (8,2). Nelle passività spiccano 1,74 milioni di arretrati con il fisco (precedenti 1,77 milioni), 1,97 milioni con le banche (2,25 milioni), 1,77 milioni (2,35 milioni) con enti settore specifico e risconti passivi (anticipi ricavi futuri) per 1,33 milioni. Passando al conto economico, lo squilibrio costi-ricavi ha raggiunto i 3,41 milioni: nel primo anno tra i cadetti era stato di 6,15 milioni. Nel valore della produzione spicca la cifra molto ridotta dei diritti tv per 12.500 euro, a fronte dei precedenti 1,74 milioni. Ridotte le plusvalenze da cessione calciatori, appena 541mila euro. Nei costi dominano quelli del personale con 3,93 milioni, pari al 53% della cifra totale di 7,5 milioni. Secondo il bilancio depositato in camera di commercio, l’anno precedente avevano toccato i 7,93 milioni, quasi tutti per i tesserati.

Viva l'Europa!

Liberomercato 22 marzo 2008

Spicca la super cessione di Tavano

Plusvalenze e qualificazione Uefa
spingono gli utili dell’Empoli


Marco Liguori
Il piccolo Empoli deve gran parte del suo risultato positivo di bilancio alla gestione calciatori. Infatti, nella stagione 2006/07, culminata con la prima storica qualificazione in Coppa Uefa, la società toscana ha ottenuto un utile di poco più di un milione di euro, in netto aumento rispetto ai 25.500 euro dell’esercizio precedente, che ha contribuito il rafforzamento del patrimonio netto a oltre 11 milioni. I risultati raggiunti hanno consentito agli amministratori di aumentarsi lo stipendio: il monte emolumenti è passato dai 15mila del 2005/06 a oltre 36mila euro. La società ha ottenuto laute entrate dai calciatori: a cominciare dalle ricche plusvalenze per 10,3 milioni (+19,2%) che hanno irrobustito i ricavi (31,42 milioni, +4,2%) superando i costi (28,28 milioni, -8,9%) di 3,14 milioni. Se la società presieduta da Fabrizio Corsi avesse seguito i criteri del Codice Civile, che iscrivono le plusvalenze calciatori tra le componenti straordinarie, i ricavi sarebbero ammontati a 18,99 milioni e i costi avrebbero superato i ricavi di 9,3 milioni. La più consistente è stata quella della cessione dell’attaccante Francesco Tavano alla squadra spagnola del Valencia per 8,9 milioni: il prezzo stabilito era di 9 milioni. La seconda plusvalenza più importante riguarda la vendita dell’attaccante Mirko Gasparetto al Genoa: 613mila euro su un milione. A ciò si devono aggiungere i 464mila euro per Paolo Zanetti all’Ascoli e i 275mila del passaggio del difensore brasiliano Carlos Rincon all’Inter. Al contrario, si notano minusvalenze da cessioni di atleti per appena 69mila euro. Oltre a ciò, nei “proventi e oneri finanziari” si notano 995mila euro per comproprietà giocatori, consentendo a questa voce di essere in attivo per 1,01 milioni. Dopo la chiusura dell’esercizio sono stati ceduti Sergio Almiron alla Juventus per 9 milioni e Francesco Lodi al Frosinone in comproprietà per 1,4 milioni.
Tra gli altri ricavi si segnalano l’aumento di sponsorizzazioni (+42,5%), proventi telefonici per diffusione di immagini e notizie (+69,2%) e diritti tv (+44%). In calo invece i ricavi da gare da 3,21 a 2,12 milioni. Tra i costi spicca il +13,5% di quelli del personale, che hanno superato i 10,2 milioni: boom da 341mila a 1,17 milioni per i salari degli altri dipendenti, mentre quelli dei tesserati sono passati da 7,54 a 7,87 milioni. In discesa da 4,2 a 3,4 milioni gli ammortamenti delle immobilizzazioni immateriali: 2,5 milioni quelle dei diritti pluriennali calciatori.
Infine, lo stato patrimoniale presenta una sorpresa positiva: i crediti (14,07 milioni, +1,3%) hanno superato i debiti (6,97 milioni, -49,55%) di 7,11 milioni.

giovedì 20 marzo 2008

Ritorna il Caso Unità - terza puntata

EDITORIA: 'PANORAMÀ, GIAN GAETANO CASO INTERESSATO A 'L'UNITA

= Roma, 20 mar. - (Adnkronos) - L'imprenditore campano Gian Gaetano Caso sarebbe interessato a comprare 'L'Unita», secondo quanto riporta 'Panoramà nel numero di domani in edicola. Caso è il patron della Hopit Spa, 50 milioni di euro di capitale dichiarato, «ma -scrive il settimale- nel 2006 ha chiuso il bilancio con meno di mezzo milione in attivo». Il settimanale diretto da Maurizio Belpietro riferisce, inoltre, altri particolari sull'imprenditore campano: «Nel 2002 Caso, allora patron della Globo News, giornale romano free press, ha chiamato i carabinieri per cacciare dalla redazione i distributori del quotidiano, un gruppo di extracomunitari in attesa da mesi del giusto compenso. I giornalisti che avevano osato manifestare solidarietà sono stati licenziati in blocco. Messi alla porta nel 2007, con un cartello appeso alla porta della redazione, anche i redattori di 'Diecì, quotidiano sportivo free press». (Pol/Pn/Adnkronos) 20-MAR-08 17:38 NNN

Il Tar boccia Moggi: fu vero illecito

Paolo Ziliani spiega come i giudici amministrativi del Lazio hanno smontato l'ipotesi del complotto e delle macchinazioni sostenute dall'consigliere di amministrazione con poteri esecutivi, nonché direttore generale, della Juventus.

http://www.paoloziliani.it/news.asp?id=404

Giovedì, 20 Marzo 2008
Ma come! Sono due anni che Moggi, affacciato ora ad una ora ad un'altra delle rilucenti e rutilanti tribune mediatiche che fanno a gara per ospitarlo, ci urla in faccia – un giorno sì e l'altro pure - che lui è una povera vittima innocente, l'agnello sacrificale di un'invenzione chiamata Calciopoli; sono due anni che Big Luciano racconta in giro che non c'è traccia, nella condanna che la giustizia sportiva gli ha inflitto, di sospetto alcuno di “illecito sportivo”; sono due anni che il grande vecchio della pedata italica sparge a piene mani accuse di macchinazioni ordite ai suoi danni dai Grandi Cattivi dell'Inter, della Telecom, dei Palazzi del calcio e della politica e via straparlando; sono due anni che vediamo l'ex dirigente fortissimamente voluto alla Juventus da Umberto Agnelli scrivere editoriali per Libero, tenere lezioni alle università, presenziare a convegni politici, fare lingua in bocca con Mastella, Casini e compagnia cantante; sono due anni che mezza Italia gli si stringe attorno, gli apre le porte, si scappella e stende tappeti rossi al suo passaggio; e dopo tanto dibattersi e tanto sfinimento che cosa succede? Succede che il Tar del Lazio, l'organo che Moggi ha indicato, da sempre, come suo rifugio e sicura àncora di salvezza, respinge in toto il suo ricorso amministrativo contro i 5 anni di squalifica inflittigli dalla giustizia sportiva e motivi la decisione tracciando di lui, e della Juventus che per 12 anni Moggi guidò in compagnia di Giraudo e Bettega, un quadro che definire fosco, desolante e avvilente è dire poco.

Come sempre in questi casi, giornali e tivù abituati e sparare titoli a 9 colonne e a imbandire trasmissione non stop se solo a Moggi viene il ghiribizzo di dire amenità tipo: “Non solo io, ma tutti telefonavano a Bergamo & Pairetto”, dedicano oggi ben poco spazio alle motivazioni con cui il Tar del Lazio, nelle 33 pagine ricche, profonde e articolate della sua sentenza, rimette alla gogna Moggi, i suoi metodi e la sua Juventus di 12 anni di malaffare. E però, prima che qualcuno arrivi a beatificarlo in vita – come noto, le entrature di Big Luciano in Vaticano sono a prova di bomba - è forse il caso di sottolineare alcuni passi della sentenza del tribunale romano (Italo Riggio presidente del collegio giudicante, Giulia Ferrari relatrice).

1) È una panzana, una colossale balla, ciò che Moggi va ripetendo dal day after della sua condanna (con proposta di radiazione che giace, inevasa, nel cassetto del procuratore Palazzi), e cioè che la squalifica di 5 anni gli è stata inflitta solo per violazione dell'articolo 1, cioè per “slealtà sportiva”. Nella sentenza della Corte Federale ci si occupa anche del ben più grave articolo 6, ossia l'illecito sportivo, e il Tribunale del Lazio lo ricorda e lo ribadisce: “Per illecito sportivo – spiega il Tar – si è inteso qualificare e severamente sanzionare non solo l'avvenuta alterazione, con mezzi fraudolenti, del risultato di una partita, ma a monte e INNANZITUTTO, LA CREAZIONE DI UNA STRUTTURA SAPIENTEMENTE ARTICOLATA E FONDATA SI INTERESSATI RAPPORTI CON I CENTRI DECISIONALI DELLA FEDERAZIONE E DELLA CLASSE ARBITRALE” (il maiuscolo è nostro, n.d.r. ).

2) Quando il Tar parla di “struttura sapientemente articolata”, non fa altro che parlare della famigerata Cupola: che non è una creazione fantastica, una sorta di Sarchiapone del pianeta-calcio, ma il Centro di Inquinamento che ha avvelenato il calcio italiano dal giorno dell'avvento, nella stanza dei bottoni della Juventus, della leggendaria Triade composta da Moggi, Giraudo e Bettega. Funzione della struttura (leggi: Cupola) è stata quella, secondo il Tar, “di ingenerare a suo favore una situazione di sudditanza psicologica da parte sia degli arbitri, condizionandone l'operato a mezzo dello strumento delle designazioni affidate a persone facenti parte della struttura sopra citata, che delle altre società, boicottandole non solo sul piano strettamente competitivo ma anche su quello del mercato e delle acquisizioni”. Il tutto assicurando alla Juventus “la consapevolezza che in caso di bisogno non mancheranno tempestivi interventi idonei a fronteggiare eventuali situazioni di pericolo”.

3) A chiare lettere, il Tar spiega che Moggi aveva gli arbitri a proprio favore grazie al lavoro di vero e proprio lavaggio del cervello portato avanti, sui malcapitati, dai designatori Bergamo e Pairetto: insomma, l'aiuto arbitrale alla Juve non mancava mai. “Questa situazione – continua il Tar – è agevolmente realizzabile con il concorso di un arbitro compiacente e disponibile a non vedere all'occorrenza falli compiuti sul campo da giocatori della società protetta e a intervenire con severità su quelli, esistenti o no, imputati ai giocatori della squadra avversaria”. Il Tribunale fa chiaro riferimento alle “ammonizioni ad orologeria” distribuite scientificamente agli avversari più temuti, o a quelli sotto diffida, alla vigilia delle partite contro la Juventus. “In sostanza – spiega il Tar – l'illecito sportivo si configura come illecito di pericolo, a consumazione anticipata, concretandosi nel compimento, con qualsiasi mezzo, di atti funzionalmente preordinati ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara ovvero ad assicurare un vantaggio che si rifletterà nella classifica”.

4) Quante volte abbiamo sentito Moggi dire: “Hanno intercettato solo me e hanno manipolato strumentalmente il contenuto delle intercettazioni”? Ebbene, per i giudici del tribunale di Roma, “le intercettazioni hanno un inequivoco tenore”, sono “certamente sufficienti a supportare l'intero impianto probatorio” e “l'interpretazione del significato delle intercettazioni coinvolgenti Moggi è adeguatamente e logicamente motivata nelle decisioni degli organi federali”.

5) Il Tar dà torto a Moggi su tutti i fronti. E a proposito del presunto difetto di giurisdizione, il tribunale di Roma spiega che “le sanzioni in questione per la loro natura assumono rilevanza anche al di fuori dell'ordinamento sportivo ove solo si considerino non soltanto i riflessi sul piano economico (il ricorrente potrebbe essere chiamato a rispondere, a titolo risarcitorio, sia alla Juventus, società quotata in Borsa, che ai singoli azionisti), ma anche e soprattutto il giudizio di disvalore che da detta sanzione discende sulla personalità del soggetto in questione in tutti i rapporti sociali”.

Insomma, per farla breve: fermo restando il diritto di considerare Big Luciano, nonostante tutto, la Santa Maria Goretti del calcio italiano, per il Tar del Lazio Moggi e la Cupola sono stati la cancrena del calcio italiano e a buona ragione sono stati smascherati, squalificato (Moggi) e smantellata (la Cupola). Malavitosi che è meglio perdere che trovare.

Paolo Ziliani

mercoledì 19 marzo 2008

Ritorna il Caso Unità - seconda puntata

http://dagospia.excite.it/articolo_index_38959.html

ACQUISTI PER CASO – A FINE MESE POTREBBE CHIUDERSI LA TRATTATIVA TRA I SOCI DELL’“UNITÀ” E LA FAMIGLIA CASO (10 MILIONI PER IL 70% DELLE QUOTE) – E IL CDR ADESSO QUASI RIMPIANGE GLI ANGELUCCI…

Jarvis Macchi per “Italia Oggi”

Prosegue la trattativa per l'acquisto da parte della famiglia Caso dell'Unità, che, secondo le indiscrezioni raccolte da “ItaliaOggi”, sarebbe vicina alla conclusione. Un accordo potrebbe essere raggiunto in tempi brevi nonostante l'assemblea di ieri dei soci della Nie, la società Nuove iniziative editoriali che controlla il capitale del quotidiano fondato da Antonio Gramsci, non abbia ancora deliberato quell'aumento di capitale necessario per far entrare Gian Gaetano e Fabio Caso in possesso del pacchetto di maggioranza del quotidiano. I soci non hanno ancora stabilito nemmeno la data del cda della Nie che avallerà l'acquisizione, che dovrebbe comunque svolgersi entro fine mese.

IN ATTESA DEL CDA
Sarà quello l'appuntamento per sapere se i Caso saranno o meno i nuovi proprietari della testata diretta da Antonio Padellaro. Intanto gli avvocati delle due parti stanno lavorando per mettere a punto i dettagli dell'operazione: l'avvocato Giovanni Frau a rappresentare la Nie guidata da Marialina Marcucci e lo studio Adoninno Ascoli Cavasola per i Caso. Sempre secondo le ultime indiscrezioni, si vanno delineando quelli che sarebbero i particolari della cessione: i Caso rileverebbero il 70% delle quote della Nie per un prezzo di 10 milioni di euro. A questo bisognerebbe aggiungere una cifra compresa tra i 7-8 milioni di euro come aumento di capitale, prioritario rispetto al pagamento delle quote agli azionisti.

IL PIANO INDUSTRIALE
L'Unità perde oggi circa 4,7 milioni di euro l'anno e usufruisce di un contributo per l'editoria da parte dello stato pari a 6,4 milioni di euro l'anno. Il valore del contributo sarebbe garantito dai soci attuali, qualora venisse a mancare, fino al 2010. Il piano industriale per il rilancio dell'Unità prevedrebbe una politica di allegati e speciali per aumentare sia le vendite sia la raccolta pubblicitaria per arrivare a break even in 24-36 mesi senza tuttavia ridurre gli organici redazionali.

I TIMORI DEL CDR
La notizia dell'interessamento di Gian Gaetano e Fabio Caso aveva spinto il cdr dell'Unità a convocare un'assemblea nella giornata di lunedì, che è stata aggiornata a domani. Dopo l'anticipazione di “ItaliaOggi” di venerdì scorso sullo stato della trattativa della famiglia Caso con la Nie, il cdr aveva chiesto alla proprietà «garanzie chiare circa un passaggio cruciale nella vita del giornale»; esortando Francesco Di Stefano, l'editore di Europa 7 che si era detto in più occasioni disponibile a rilevare “l'Unità”, di «andare oltre le parole e di esprimere in tempi rapidi atti espliciti che dimostrino nei fatti la volontà di diventare editore del giornale fondato da Antonio Gramsci».
Fatti che non sono arrivati così come chiarificatore non è stato l'incontro avuto tra il cdr e la proprietà del quotidiano. E c'è chi in redazione «si pente» delle barricate erette, non ufficialmente ma nei fatti, di fronte all'arrivo degli Angelucci, che hanno fatto naufragare la trattativa. Non solo. La domanda che più gira tra le postazioni dei redattori è come mai Walter Veltroni, ex direttore dell'Unità e da sempre interessato alle sorti del giornale, a maggior ragione durante questa campagna elettorale, non abbia trovato un imprenditore di area disposto a rilanciare il quotidiano? Il timore di molti redattori è infatti quello di un «disimpegno» del Pd nei confronti del giornale.

Dagospia 19 Marzo 2008

lunedì 17 marzo 2008

Risultati sondaggio moviola in campo

Secondo voi, dopo l'ennesimo errore in Napoli-Roma occorre la moviola in campo?


sì, senza limitazioni (54%)

sì, ma limitata a due/tre volte come nel basket (40%)

no (5%)
http://www.wikio.it

il pallone in confusione

Registrazione n° 61 del 28 settembre 2009 presso il Tribunale di Napoli
Sede: corso Meridionale 11, 80143 Napoli
Editore e direttore responsabile: Marco Liguori

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