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venerdì 14 marzo 2008

la sfida stracittadina dei debiti tributari

Liberomercato 30 ottobre 2007

Super rosso con l’erario
Lazio batte Roma nel derby fiscale

di Marco Liguori



In attesa del derby di domani all’Olimpico, la Lazio ha battuto la Roma nei debiti fiscali. E’ quanto emerge dalle comunicazioni di fine mese sullo stadio debitorio complessivo, imposte dalla Consob a entrambi i club. Al 30 giugno scorso la società di Claudio Lotito aveva, su un indebitamento totale di 143,60 milioni di euro, un debito fiscale pari a 98,73 milioni composto in gran parte da 95,03 milioni relativi alla rateizzazione in 23 anni dei tributi dovuti sino al 31 dicembre 2004. Nell’ultima comunicazione disponibile, è rilevato che al 31 agosto scorso all’erario erano dovuti 99,39 milioni su un totale di 141,11 milioni, leggermente aumentato a causa dell’Irpef sulle ritenute (da 780mila euro a 1,73 milioni). Meno pesante la situazione della Roma. Stando al prospetto della "approvazione della situazione finanziaria mensile" al 31 agosto, la società della famiglia Sensi presentava al 30 giugno un passivo con l’erario pari a 15,08 milioni: 12,01 milioni da debiti entro i 12 mesi e da 3,06 milioni oltre l’anno. Per questa voce, nel bilancio al 30 giugno si legge che nella cifra è inclusa anche la "quota parte del residuo debito Iva con scadenza oltre i 12 mesi" di 872mila euro dilazionata in 56 rate mensili, e 2,19 milioni "alla quota parte del residuo debito per sanzioni sui ritardati versamenti di imposte" con pagamento in 54 mesi. A fine di agosto il rosso con l’erario è diminuito a 14,02 milioni (11,01 entro 12 mesi, 2,92 oltre). Nel bilancio della Lazio al 30 giugno si legge una particolarità. La società ha ritenuto "di non assoggettare a tassazione ai fini Irap le plusvalenze generate dalla cessione dei diritti alle prestazioni sportive dei calciatori". Decisione presa con l’adesione "all’impostazione fornita dalla Lega nazionale professionisti", nonostante "l’orientamento contrario espresso dall’Agenzia delle Entrate con risoluzione del 19 dicembre 2001, n.213". La Lazio ha precisato che "l’adesione alla sanatoria fiscale 2002, estesa automaticamente anche all’Irap, ha superato tale problematica per tutti i periodi di imposta oggetto della definizione (pertanto fino al 30 giugno 2001)". Però la problematica "non è stata superata per il periodo di imposta 2001/2002". Per recuperare le somme, l’Agenzia delle Entrate ha notificato il 23 luglio scorso alla Lazio "due avvisi di accertamento a seguito di una verifica iniziata il 19 marzo 2007, avente a oggetto il controllo del trattamento tributario, ai fini Irap, dei proventi e oneri straordinari realizzati dalla SS Lazio spa sulla base dei contratti di prestazione sportiva dei calciatori, dalla stagione 02/03 alla stagione 04/05". E ha rilevato che ci sono le condizioni per il "recupero di base imponibile Irap per euro 49,07 milioni, pari a imposte per circa euro 1,84 milioni". La società ha accantonato a fondo rischi 5,08 milioni "l’ammontare complessivo delle potenziali imposte" dal 2001/02 al 2004/05 e "l’importo minimo per sanzioni".

giovedì 13 marzo 2008

Inter poco champions

di Stefano Olivari
13.03.2008

tratto da www.settimanasportiva.it

1. Annunciando la fine della sua avventura interista in conferenza stampa, Roberto Mancini ha sorpreso i talebani del morattismo, ancora con il cervello pieno di interviste del centenario, libri di Oliviero Toscani (il cui figlio ha casualmente prodotto un film sulla storia nerazzurra), documentari di Salvatores (la cui assistente è una delle figlie di Moratti), celebrazioni di un'era poco credibile in ogni caso: lo sporco duopolio Galliani-Moggi, con intermezzo geronziano, ha reso spazzatura dodici anni di albi d'oro, ma non è detto che chi è arrivato dietro fosse più forte o più meritevole. Insomma, Moratti è rimasto Moratti. Per avere molte certezze bisogna essere molto tifosi, ed i tifosi del morattismo si erano così affezionati alle belle sconfitte, alle immagini in bianco e nero ed ai mezzi giocatori da non concepire l'arrivo sulla loro panchina di un vincente come Roberto Mancini. Vincente non nel senso becero della bacheca, secondo cui Trapattoni varrebbe cento Zeman, ma nel senso di provare a vincere. Che, come si è visto con il Liverpool ed in poche altre occasioni, non significa riuscirci: a volte c'è chi è più forte, chi nel momento giusto sa essere più forte, chi è bravo nello sfruttare le tue mancanze ed i tuoi sbagli (e Mancini sia con il Valencia che con il Liverpool ne ha fatti: peggio l'insistenza su Stankovic, con Jimenez trascurato, che la scelta di un Burdisso al quale per mancanza di fiducia i compagni non passano la palla quando si sovrappone). Ci sarà tempo e modo per tornare su quello che ha significato Mancini per l'Inter, forse anche prima dei due mesi e mezzo da lui ipotizzati e che ieri sera Moratti ha ipotizzato non essere gli ultimi della sua vita interista. E' invece evidente che si tratti solo di una tregua, per rimanere attaccati ad uno scudetto che prima di Mancini sembrava un traguardo pazzesco e che adesso sembra quasi un premio di consolazione. Solo la rimonta della Roma ha fatto cambiare idea riguardo alla malsana idea del traghettatore: l'emergente Mihajlovic, al presidente molto più caro di Mancini, l'autocandidato Zenga e via peggiorando. Di sicuro una buona parte del mondo Inter si merita allenatori che dicano che Recoba è una grande risorsa, Adriano uno attaccato alla maglia e Coco un fenomeno incompreso. Mourinho non fa parte di questa razza, il più diplomatico Benitez forse sì.

2. L'unica cosa sicura è che Moratti, ormai da mesi invidioso del carisma del suo ex idolo e che prende come pugnalate espressioni tipo 'L'Inter di Mancini', ha preso malissimo il fatto di essere stato mediticamente scavalcato anche martedì sera. Tanto che nell'incontro avvenuto alla Saras, secondo quanto fatto trapelare da alcuni cortigiani (non necessariamente la verità), il petroliere avrebbe usato nei confronti del tecnico toni durissimi, mai adoperati nemmeno nei confronti di farabutti del passato che lavoravano per altre società facendogli strapagare cariatidi e svendere giocatori validi. Mancini ovviamente non si è scusato (di cosa poi?), come invece si dedurrebbe dalle sue stesse dichiarazioni ufficiali, ma ha preso e portato a casa: meglio chiudere con uno scudetto sofferto e le dimissioni che con un esonero. Traghettatore o non traghettatore, annunciando personalmente la fine della propria era l'allenatore è riuscito nella più facile delle sue imprese interiste: mettere a nudo la pochezza di una società e di un'ambiente che si erano illusi di avere fatto un salto di qualità. Con vari effetti collaterali. Primo: ha evitato di essere messo quotidianamente sulla graticola da Moratti nella quotidiana esternazione sotto gli uffici della Saras, come capitato a tutti, ma proprio tutti i suoi predecessori, da Ottavio Bianchi a Zaccheroni. Secondo: se Moratti non lo caccerà prima, come è ancora possibile, Mancini avrà ottenuto da quella parte di squadra che rema dalla sua parte una dedizione totale, decisiva per resistere al ritorno della Roma. E pazienza per il dirigente in pectore Figo, che per amore della maglia ha rinunciato agli Emirati Arabi, per il declinante Materazzi, l'idolo della Gazzetta Toldo o il presuntuoso Vieira: sei punti, anzi sette visti gli scontri diretti, su una squadra che penserà anche alla Champions League li si potranno mantenere anche con Pelé e Balotelli. Terzo: ha permesso a giornali e tivù di rimpiere spazi con le reazioni livorose dei suoi antipatizzanti, i tromboni del 'Mancini non ha fatto la gavetta'. Mentre Ancelotti, Van Basten, Rijkaard hanno iniziato dalla squadra del condominio...Da quella brava persona di Moggi, che aveva capito tutto da tempo (è pronto per Berlusconi, basta che gli tolgano qualche anno di squalifica) a Gino e Michele (!), tutti a parlare di gesto inopportuno ed a prendere le parti di Moratti dimenticando chi metteva in campo squadre orrende pur potendo contare sul miglior Ronaldo o sul miglior Vieri. Ma fra poco partirà comunque la restaurazione: dentro tutti quelli simpatici, fuori Mancini. Che non si attaccherà al contratto con scadenza 2011, nonostante al mondo solo Juande Ramos guadagni più di lui: al di là di ipotesi e scambi di telefonate non ha niente in mano, a parte la certezza di non poter più allenare in Italia a questo livello. Il moggismo sopravvive a Moggi e si trova benissimo con Moratti ed i baciamaglie a lui devoti.

3. Ah già, c'era la Champions League. E qui l'allenatore è decisamente meno difendibile. Ancora una volta l'Inter di Mancini si è presenta agli ottavi nelle condizioni fisiche e tecniche peggiori, anche al netto delle feste per il centenario (più simili al tronfio-trash milanista che alla tranquilla sobrietà juventina, nonostante i mille strapagati consulenti di immagine) e di infortuni che hanno inciso tanto ma non tantissimo: l'assenza dell'ultimo Materazzi era stata quasi una fortuna, Rivas non ha fatto peggio di Cordoba, Stankovic è acciaccato da tempo immemorabile ma è vocalmente Mancini in campo (infatti i compagni che non hanno il coraggio di insultare l'allenatore insultano lui), in una partita da vincere Burdisso sulla sinistra poteva tranquillamente essere sostituito da Zanetti mandando in mezzo al campo Pelé. Su tutte le considerazioni epocali e su tutti gli episodi (la peggior Inter casalinga di stagione ha avuto comunque cinque palle gol, di cui quattro sullo zero a zero: triplo Cruz e Ibrahimovic) prevale il fatto che il Liverpool di Benitez nelle ultime quattro Champions League non abbia quasi mai subito il gioco degli avversari, a parte il primo tempo della finale di Istanbul. L'unica squadra capace si sorprenderlo è stato il Benfica di Ronald Koeman due anni fa (ad Anfield Road segnò anche Miccoli), per il resto solo partite dominate di fisico e di testa, con un'occupazione degli spazi dovuta alla trasformazione in gregari, tanto per rimanere al presente, di registi come Mascherano (a uomo su Stankovic fino a quando la partita è stata chiusa) o punte come Kuyt (dal suo pressing su Burdisso sono nati tanti cross che l'olandese ha sbagliato di pura insensibilità di piede). Insomma, forse non sarebbe bastata nemmeno la migliore Inter ed a volte nel calcio vince chi è più forte: di sicuro l'Inter media di condizione atletica, di fiducia e di fortuna, sarebbe uscita anche con squadre meno forti di quella di Benitez.

4. L'uso della tecnologia, o più banalmente della televisione, per rendere più credibile il calcio conquista sempre i suoi bravi titoli, ma la grande decisione presa nel fine settimana di International Board a Gleneagles non ci sembra lo stop a cellule, sensori, microchip (nonostante la sponsorizzazione Adidas) nel pallone, eccetera, nel nome di quello che Blatter ha definito 'human aspect of the game'. E nemmeno la blanda apertura verso l'introduzione di due ulteriori assistenti dell'arbitro, focalizzati sui falli in area, ci sembra poi questa grande genialata: arrivata per giunta da chi aveva bocciato più volte i cronometristi (anzi, il cronometrista), e quindi il tempo effettivo, perché non sostenibili economicamente. La notizia ci sembra una modifica alla prima regola del gioco, quella riguardante il campo: che come tutti sanno per i match internazionali definiti 'A' dalla Fifa aveva dimensioni imprecisate, con un minimo ed un massimo (da 100 a 110 metri la lunghezza, da 64 a 75 la larghezza), tanto da far correre fra un terreno e l'altro anche 100 metri quadrati di differenza, che in uno sport basato sui dettagli, in cui il singolo episodio è tutto, sono un'enormità. Quindi la modifica è la seguente: i campi che pretendono di essere usati per le partite vere, quelle fra nazionali, devono essere 105 per 68. Sembra incredibile, ma lo sport più popolare del mondo ha dovuto aspettare la 122esima riunione del suo organo giuridico per stabilire le misure del campo nelle sue manifestazioni più importanti. Appuntamento l'anno prossimo in Irlanda del Nord, ricordando che nel calcio reale le dimensioni del campo sono queste, come da 'Laws of the game': minimo 90 e massimo 120 in lunghezza, minimo 45 e massimo 90 in larghezza. Teoricamente e praticamente si giocano quindi sport diversi, basta fare due moltiplicazioni. Questo per dire che quella dello stesso sport per 6 miliardi di persone, davanti alla capanne o in Champions League, è solo una scusa per mantenere controllo, discrezionalità ed arbitrio.

5. Allo stadio vanno sempre meno persone, il fatturato da stadio è ormai il dieci per cento di quello totale, l'unica cosa a non essere diminuita sono i pistolotti su quant'era bello il calcio di una volta. Che c'erano anche ai nostri tempi di bambini, quindi negli orridi Settanta, quando si rimpiangeva l'era in cui alla partita andavano le fantomatiche 'famiglie'. Cosa mai avvenuta, in maniera percentualmente interessante, ma luogo comune che si tramanda di giornalista in giornalista (quindi spesso di padre in figlio, considerando il tasso di parentele esistente in questa professione: inferiore solo a quello di notai e medici) fino a diventare verità. Peccato che chiunque frequenti il calcio dal vivo oggi possa rendersi conto che, pur nella diminuzione in assoluto dei numeri (media paganti-abbonati della serie A che è metà di quella del campionato 1984-85), fra gli spettatori ci siano in proporzione più donne. Discorsi già fatti, come quello sugli ascolti televisivi: però ci piace ricordare che anche fuori dal circuito delle solite grandi, che ai tanti simpatizzanti assommano gli odiatori di professione, in Italia poche cose come il calcio regalino grandi numeri alle reti che investono sulle partite vere. L'assedio dell'Everton alla Fiorentina ha avuto uno share del 9,3 %: per quasi tre ore di diretta e per La 7 un risultato pazzesco (quasi dieci volte le trasmissioni di Gad Lerner, per citare una tivù che gode di buona stampa), con punte del 20% per i rigori. Non si può ridurre proprio tutto al tifo, visto che fuori dalla Toscana la Fiorentina non ispira sentimenti né di amore né di odio, questo è il calcio e basta. Che rende credibile il non detto della bella intervista fatta dal Guerin Sportivo a Matarrese: va bene lo spezzatino per Sky, dalle 12 della domenica a tutto il resto, ma l'ideona è quella della partita top della giornata in chiaro da stravendere o da usare come spauracchio per ottenere più soldi da Murdoch. Qualcuno la guarderà.

francese a giudizio

LiberoMercato 23 dicembre 2007

Mina Djetou sui conti del Parma

Marco Liguori
C'è la futura incognita Djetou a pesare sui conti del Parma. Nella nota integrativa del bilancio chiuso al 30 giugno scorso è evidenziato il contenzioso giudiziario per circa 9 milioni di euro aperto dal calciatore francese con il club emiliano, dove giocò nella stagione 2001/02 e tornò nel 2005 senza disputare partite. Il 13 marzo scorso Djetou ha notificato un ricorso aperto davanti al giudice del lavoro di Parma, chiamando in giudizio la società del presidente Tommaso Ghirardi. In esso il calciatore chiede, si legge nella nota integrativa, "nuovamente il pagamento di n.5 mensilità (3 delle quali già oggetto di pronuncia del collegio arbitrale), il risarcimento del danno così come previsto nell'accordo collettivo e il danno derivante dalla perdita di chances, quantificando la propria pretesa in complessivi 8.951.817,12 euro". Le 3 mensilità riguardano quelle di settembre, ottobre e novembre 2004 "per complessivi 1.025.242,57 euro, oltre a interessi e spese legali" cui è stato condannato il Parma dal Collegio arbitrale della Lega calcio il 16 aprile 2007. "Nella stessa data il medesimo organo giudicante – si legge nella nota – ha altresì dichiarato improcedibili per sopravvenuto difetto di interesse le ulteriori due vertenze aventi ad oggetto le richieste di risoluzione del contratto promosse da entrambe le parti".
Il Parma è passato al contrattacco e si è costituito in giudizio "chiedendo il rigetto di tutte le domande avversarie – prosegue la nota – in particolare per carenza di giurisdizione e/o competenza, e formulando domanda riconvenzionale con la quale ha richiesto la condanna di Djetou al pagamento della somma di 7.331.554 euro a titolo di risarcimento del danno prodotto a causa della risoluzione ante tempus del contratto di prestazione sportiva per fatto e colpa dello stesso calciatore". La società ha "effettuato stanziamenti adeguati in merito al contenzioso", ma ha anche chiesto "la condanna del calciatore al risarcimento del danno" per temerarietà della lite.
Il bilancio 2006/07 del Parma si è concluso con una perdita di 3,24 milioni, coperta mediante utilizzo di pari importo della riserva da conferimento. L'anno scorso si era registrato un attivo di 3 milioni per la plusvalenza di 14,7 milioni realizzata su Alberto Gilardino. Riguardo alla somma incassata per l'attaccante è tuttora in corso un contenzioso giudiziario tra il Verona (da cui proveniva il calciatore) e il Parma. Il club emiliano presenta ricavi per 35,55 milioni (47,99 milioni nel 05/06) e costi per 39,71 milioni (47,73) con uno squilibrio di 4,16 milioni (4,11): senza plusvalenze (4,92 milioni) e minusvalenze (346mila) calciatori, che per i criteri civilistici sono componenti straordinarie, i ricavi ammontano a 30,62 milioni (26,04 milioni in 05/06), i costi a 39,37 milioni (47,14 milioni) e la differenza negativa per 8,75 milioni (-21,1 milioni).

fritto misto alla parmigiana

http://qn.quotidiano.net/calcio_mercato/2007/03/22/1835-Amministratori_delegati_calciatori_crediti_nuova_proprieta.shtml

I CONTI NEL PALLONE
Amministratori delegati, calciatori, crediti e la nuova proprietà
La struttura amministativa del Parma FC


Marco Liguori

AMMINISTRATORI DELEGATI
Ricoprire l’incarico di amministratore delegato del Fc Parma è molto remunerativo, anche se la società è stata per circa due anni in risanamento. Secondo le visure della Camera di Commercio, Luca Baraldi è stato “top manager” dal 25 giugno 2004 al 1° luglio 2005. Secondo quanto riportato a pagina 54 della nota integrativa al bilancio 04/05, Baraldi è stato l’unico componente retribuito del consiglio di amministrazione con la cifra di 312.128 euro. Niente male, se si considera che quell’esercizio si chiuse con una perdita di 10,32 milioni.
Anche il suo successore, Alberto Peroglio Longhin, non può lamentarsi. Visure alla mano, egli ha ricoperto l’incarico di amministratore delegato dal 13 luglio 2005 all’assemblea del 15 settembre 2005. In quella data Peroglio è stato confermato: si è dimesso il successivo 6 dicembre. Secondo l’ultimo bilancio, alla voce “compensi amministratore delegato”, Peroglio ha ricevuto 356.709 euro.
Gli altri membri del cda, in carica tutto l’esercizio, hanno dovuto spartirsi una cifra complessiva di 30mila euro: il presidente Antonio Angiolini ha ricevuto 100mila euro. Nel documento contabile non è riportata la retribuzione del direttore generale, Carlo Maria Berruti, nominato il 31 marzo 2006.

CALCIATORE
Nella relazione sulla gestione al bilancio al 30 giugno scorso si racconta la storia particolare dell’attaccante Francesco Ruopolo. Il ventitreenne giocatore era stato ceduto il 15 luglio 2005 a titolo temporaneo al Lokomotiv Mosca per 130mila euro, collezionando 7 presenze e non segnando gol. Rientrato a Parma il 2 gennaio dell’anno scorso, il giocatore vi resta sino agli inizi dell’estate seguente, disputando 6 partite senza avere segnato reti. Il 14 luglio 2006 è venduto alla Triestina a titolo definitivo con accordo di comproprietà, per l’“altisonante” cifra di 1000 euro: un vero e proprio crollo verticale della sua valutazione pari al 99,24%. Il Parma ha anche perso denaro in questa operazione. Nella nota integrativa si spiega che “si è proceduto alla svalutazione e alla creazione di apposito fondo di euro 123.858 relativa al giocatore Ruopolo Francesco, in quanto è stato ceduto nei primi giorni di luglio 2006 ed ha generato una minusvalenza di pari importo”.
CREDITI
Nel bilancio del Parma al 30 giugno scorso i crediti (43,14 milioni –0,19% rispetto al 2004/05) hanno superato i debiti (30,10 milioni, -37,83%) di oltre 13 milioni. La maggior parte dei crediti (38,74 milioni, +8%), gestiti dalla Lega Calcio, è vantato nei confronti di società calcistiche: gli importi maggiori sono verso il Milan (15,7 milioni), la Fiorentina (6,4 milioni), la Juventus (6 milioni), e il Palermo (4,6 milioni). Invece, i crediti verso clienti sono risultati pari a 2,79 milioni, in calo del 42,18% rispetto ai 4,83 del 2004/05. Da registrare l’incremento del fondo svalutazione crediti, passato a oltre 321mila euro a 1,08 milioni, compreso nel conto totale. Nella nota integrativa si spiega che vi sono inclusi i 254mila euro versati “a fronte del rischio di potenziale insolvenza crediti con Champion Europe per la stagione sportiva 2004/05”. Inoltre vi sono state inclusi oltre 759mila euro, sempre per lo stesso motivo, per il 2005/06 con l’ex sponsor tecnico. Marco Liguori

NUOVA PROPRIETA’ PARMA
Il 25 gennaio scorso si è insediata la nuova proprietà del Fc Parma, controllata dalla Eventi Sportivi srl. “La società Eventi Sportivi è controllata al 40% da me, al 40% da Angelo Medeghini, e al 20% dalla Banca del Monte di Parma” ha spiegato Tommaso Ghirardi, amministratore unico della controllante del Parma e neo presidente di quest’ultima. Spulciando gli elenchi soci in Camera di Commercio si nota però che il pacchetto di maggioranza (pari al 40,01%) della Eventi Sportivi è detenuto da due persone: da Ghirardi, tramite la Pasfin con il 20%, e da sua madre, Gabriella Pasotti, con il 20,01%. Madre e figlio sono in totale concordia sul controllo della società. Il 40% è detenuto da Angelo Medeghini, tramite la Damas, della omonima famiglia proprietaria della Industria Agricola Casearia Medeghini. Il 19,99% è invece posseduto dalla Banca del Monte di Parma (di cui è secondo azionista il Mps).

plusvalenza fondamentale

http://qn.quotidiano.net/conti_del_pallone_2007/2007/06/25/1667-cosi_gilardino_salvato.shtml

I CONTI DEL PALLONE

Così Gilardino ha salvato
il Parma dal disastro


La cessione dell'attaccante al Milan ha consentito di sistemare una situazione che minacciava di risultare irrimediabile.Tutti i numeri del club emiliano. La grande inchiesta curata da Marco Liguori

Il Fc Parma deve ringraziare Alberto Gilardino per aver chiuso il bilancio al 30 giugno scorso con un utile di 3,01 milioni di euro, un salto in avanti rispetto al rosso di 10,32 milioni dell’esercizio precedente. Infatti, la società nata nel giugno 2004 dal conferimento del ramo aziendale dell’Ac Parma posto in amministrazione straordinaria dalla Legge Marzano emanata dopo il dissesto del gruppo Parmalat, ha conseguito una plusvalenza di 14,7 milioni di euro dalla cessione dell’attaccante al Milan. Senza di essa, la stagione si sarebbe chiusa con una perdita di circa 8,99 milioni.

Il Parma, di recente ceduto a una cordata facente capo agli industriali Tommaso Ghirardi e Angelo Medeghini ( vedi box a seguire ), ha conseguito complessivamente 21,94 milioni di plusvalenze con le cessioni di Simplicio (4,3 milioni), Frey (2,5), Carotti (330mila euro) e altri giocatori (7mila euro) in netto aumento rispetto agli appena 7,41 milioni della stagione precedente. Di contro ha subito minusvalenze per appena 591mila euro. Come l’Inter, anche la squadra ducale ha il “vizietto” di porre queste componenti tra i ricavi (plusvalenze) e i costi (minusvalenze).

Nella nota integrativa, firmata dal presidente Enrico Bondi, allegata al bilancio disponibile in Camera di Commercio ciò è stato giustificato con l’applicazione della struttura del bilancio prevista dall’articolo 84 delle Norme organizzative federali. Peccato però che il Codice Civile preveda diversamente, poiché i calciatori sono un bene aziendale: la loro cessione è una componente straordinaria e non ordinaria. Con l’applicazione dell’articolo 84 delle Noif risulta positiva per 4,11 milioni: invece per il Codice le spese superano le entrate per 17,24 milioni.

Sempre riguardo al conto economico, si nota che i proventi radiotelevisivi sono diminuiti dai precedenti 29,89 a 12,60 milioni: è svanito “l’effetto Tanzi”. Nell’era del calcio a scopo di lucro, avere un grande gruppo industriale alle spalle è indispensabile per strappare contratti favorevoli con i media. Sono anche crollati gli incassi delle partite del campionato (da oltre 2 milioni nel 04/05 a 1,31 milioni nel 05/06) e degli abbonamenti (da 2,96 milioni a 2,40 milioni).

Ma al Parma mancano soprattutto gli incassi delle coppe europee: nel 2004/05, quando arrivò sino in semifinale di Coppa Uefa, ottenne oltre 557mila euro, mentre nella passata stagione ha partecipato alla sola Coppa Italia, introitando appena 52mila euro. Riguardo allo stato patrimoniale, si segnala un calo dei debiti tributari (-58,82%) che hanno toccato i 3,5 milioni: la gran parte sono ritenute su redditi di lavoratori dipendenti (2,78 milioni).

Però sui conti del Parma oscilla una spada di Damocle. Essa riguarda la causa civile intentata dall’Hellas Verona “al fine di far valere l’efficacia – si legge nella nota integrativa – di una asserita scrittura nella quale il Parma Ac avrebbe riconosciuto al Verona in caso di trasferimento del calciatore Gilardino metà dell’importo corrisposto alla eventuale società cessionaria”.

Questo documento fu sottoscritto nel 2002 dai dirigenti dell’epoca: per l’Ac Parma dal direttore sportivo Arrigo Sacchi e dal patron Calisto Tanzi, per il Verona dall’ex presidente e proprietario Giovambattista Pastorello. Gilardino sarebbe stato ceduto gratuitamente dall'Hellas a patto che, in caso di sua successiva cessione, il Parma avesse corrisposto la metà della somma al Verona.

La vertenza è iniziata nel novembre 2005: se il Verona fosse vittorioso, al Parma non resterebbe che versare 12 dei 24 milioni corrisposti dal Milan per l’attaccante della nazionale, anche perché la sentenza di primo grado è subito esecutiva. In questo caso, il risultato in attivo del 2005/06 sparirebbe d’incanto. Anche se gli amministratori del Parma nel bilancio affermano che “ritengono non probabile la condanna della società nel contenzioso”, la causa prosegue. Ma c’è forse uno spiraglio per la sua soluzione.

“Nell’udienza del 24 gennaio scorso – afferma il legale del Verona, Mario Giannotta – le parti hanno chiesto concordemente il rinvio, che il giudice ha concesso al 12 giugno prossimo. Le nuove proprietà di Verona e Parma hanno intenzione di trovare un accordo per risolvere la questione”. Ma i guai legali del Parma non finiscono qui. Nel bilancio al 30 giugno è riportato un accantonamento a fondo rischi di 4,77 milioni, su un totale di 7,98 milioni, “l’eventuale onere ritenuto probabile” relativo anche ai ricorsi intentati dal difensore Martin Djetou e dal Parma dinanzi al Collegio arbitrale della Lega Calcio, riguardanti il contratto quinquennale sottoscritto nel 2001.

Il giocatore francese giocò a Parma solo nel 2001/2002, collezionando 23 presenze e segnando due gol: dopo essere ceduto al Fulham, tornò a Parma nel gennaio 2005, ma non disputò alcuna partita. L’accordo prevedeva un compenso annuo netto di 2 milioni di dollari: il Collegio nel novembre 2004 ha condannato la società parmigiana a pagare al calciatore francese 699.360 euro lordi e ha deliberato nel gennaio 2005 la risoluzione del contratto. Intanto il calciatore ha anche inoltrato un’istanza alla Direzione provinciale del lavoro per il tentativo di conciliazione: se fallisse, ci potrebbe essere un’ulteriore giudizio civile per il Parma.

La società ha inoltrato un ricorso al Tar dell’Emilia Romagna per ottenere l’annullamento del certificato di idoneità agonistica del giocatore, rilasciato dalla Commissione Regionale. Ma ci sono anche problemi bancari. Banca Italease-Factorit ha trascinato in giudizio la Lega Calcio per il pagamento di 8,8 milioni di crediti dell’Ac Parma in amministrazione straordinaria, a sua volta ceduti da quest’ultima all’istituto bancario per un rapporto di factoring.

Da Banca Italease si limitano a dire che “la vertenza prosegue”. Secondo la nota integrativa, la Lega ha cercato di coinvolgere il nuovo Fc Parma nel procedimento: il giudice si è riservato di decidere in merito. Invece, si è risolta la vertenza riguardante Mps Gestione Crediti: quest’ultima è una società del gruppo Mps, secondo azionista della Banca del Monte di Parma, a sua volta possessore dal 19 gennaio scorso del 19,99% della Eventi Sportivi che controlla il Fc Parma. Mps Gestione Crediti aveva esperito un’azione giudiziaria contro la Lega Calcio per recuperare 2,69 milioni di crediti ceduti dal vecchio Parma.

A sua volta, la Lega ha “avanzato pretese risarcitorie nei confronti del Fc Parma”. Interpellato in merito, il Monte dei Paschi ha spiegato che “è stata raggiunta una soddisfacente transazione con la Lega Calcio, perfezionata il 22 dicembre scorso con Fc Parma”.
di Marco Liguori

interrogazione sui debiti fiscali da pagare in 23 anni

http://qn.quotidiano.net/conti_del_pallone_2007/2007/06/25/9517-cosi_governo_berlusconi.shtml

I CONTI DEL PALLONE

Così il governo Berlusconi
rispose sulla rateizzazione
fiscale concessa alla Lazio


L'Agenzia delle Entrate nel 2005 concesse ai biancocelesti la ripartizione del debito. La cosa ebbe ripercussioni in Parlamento e fu presentata un'interrogazione specifica alla Camera da Sandro Delmastro Delle Vedove esponente di An

Marco Liguori
La vicenda della ripartizione del debito fiscale della Lazio, accordata dall'Agenzia delle Entrate nel 2005, ebbe alcune ripercussioni in Parlamento. Fu presentata un'interrogazione specifica alla Camera nel novembre dello stesso anno da Sandro Delmastro Delle Vedove, esponente di An e ed esponente della maggioranza che sosteneva il governo Berlusconi. Rispose Daniele Molgora, sottosegretario alle finanze del governo Berlusconi. Il deputato di An chiede innanzitutto all'esponente governativo «quale sia stato l'orientamento formulato dall'Avvocatura dello Stato, che ha espresso un parere in data 29 marzo 2005, sull'ipotesi di accordo fra fisco e società sportiva Lazio, sul tema dello stato di insolvenza della parte debitrice e sull'obbligo, in questo caso, di pronunciare da parte del tribunale competente la dichiarazione di fallimento».

Delmastro rincarò la dose sottolineando che «è opinione diffusa che si stiano violando tutte le norme vigenti in tema di diritto fallimentare, atteso che la semplice presa d'atto dello stato d'insolvenza (in questo caso, addirittura, dichiarata dal debitore) genera, non già come atto facoltativo, la necessità della dichiarazione di fallimento». Infine, il deputato chiese quali fossero «le altre società che, negli ultimi cinque anni, hanno avuto la
fortuna di poter godere di una disponibilità del fisco a "spalmare" il debito con un "rientro" in 23 anni». Molgora dichiarò in aula che «l'Agenzia delle entrate ha precisato che la vicenda tributaria in questione riguarda l'accordo transattivo sottoscritto, in via definitiva, in data 20 maggio 2005, tra la società sportiva Lazio e l'Agenzia delle entrate». Il tutto era avvenuto «ai sensi dell'articolo 3, comma 3, del decreto legge 8 luglio 2002 n.138, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1 della legge 8 agosto 2002, n.178».

Riguardo all'orientamento dell'Avvocatura dello Stato, il sottosegretario evidenziò che «l'Agenzia delle Entrate ha rappresentato che non risulta agli atti che l'Avvocatura dello Stato abbia espresso un parere in data 29 marzo 2005». Nel testo della risposta, Molgora spiegò che la stessa Agenzia delle Entrate «ha fatto presente che lo stato di insolvenza», secondo quanto previsto dall'allora vigente testo della legge fallimentare del 1942, «costituisce uno dei presupposti soggettivi per il ricorso alla transazione» prevista nella legge dell'agosto 2002 «di cui l'Agenzia delle entrate ha l'obbligo di verificare la sussistenza».

Secondo Molgora l'ente di riscossione tributario aveva osservato che a carico della Lazio pendeva presso il tribunale di Tivoli un procedimento prefallimentare, la cui prima udienza era stata fissata per il 24 marzo 2005. Infine, il sottosegretario dichiarò che «l'Agenzia delle Entrate ha osservato che non risulta che siano state consentite dilazioni di pagamento in un arco di tempo pari a 23 anni, non essendovi in passato disposizioni normative» simili a quella che aveva beneficiato la Lazio.

Delmastro, forte della sua preparazione ed esperienza giuridica, si dichiarò insoddisfatto della risposta. Innanzitutto perché «qualunque sia la normativa contenuta» nella legge fallimentare «ancora in vigore, essa stabilisce non già la facoltatività della dichiarazione di fallimento ma, al contrario, la obbligatorietà della stessa qualora vi sia uno stato d'insolvenza». Secondo l'esponente di An «quest'ultimo risulta in modo esplicito, non tanto per la procedura prefallimentare dinanzi al tribunale di Tivoli», ma proprio per il fatto che la Lazio «ha la necessità, ammesso che poi vi riesca, di pagare il proprio debito nei confronti dell'erario in un arco di tempo di 23 anni». Delmastro ironicamente si rivolge a Molgora sottolineando che «quali aziende manufatturiere del Nord, non sarebbero in grado di pagare in 23 anni i loro debiti». Sempre riguardo alle aziende settentrionali, si assiste «al fallimento di imprese che, pur essendo strutturalmente sane, sono state sottoposte a dichiarazioni di fallimento per 100, 200, 300 milioni». Il deputato di An rimarca il fatto che «queste imprese accumulano debiti non perché pagano stipendi di miliardi di vecchie lire a ragazzi di 25 anni che tirano calci al pallone, ma per colpa di terzi, pagando stipendi abbastanza miseri (o comunque semplicemente contrattuali) ai loro dipendenti: 1000, 1.300 o 1.500 euro».

Dalmastro, piemontese di Biella e acceso tifoso juventino, ricorda che «la squadra altrettanto nobile, anche se mia avversaria, del Torino calcio non ha avuto l'opportunità che invece ha avuto la squadra capitolina della Lazio». E lascia un dubbio finale, che tuttora non è stato ancora risolto. «Mi domando quali possono essere le ragioni di un atto di preferenza esercitato nei confronti di una società calcistica rispetto ad altre (forse ancora più blasonate della Lazio). E mi domando, altresì, quale requisito morale codesta società debba avere nei confronti di tutte quelle imprese, onorevole sottosegretario, che si sono rivolte a chi, come me, esercita una libera professione proprio dichiarando: caro avvocato, sono in tali condizioni e vorrei avere dall'Agenzia delle entrate 23 anni di tempo per ripianare i debiti contratti, tenuto conto che non pago miliardi a chi dà due calci al pallone». Forse una risposta la potrebbe fornire il Commissario alla concorrenza dell'Unione Europea, per valutare se ci possa essere l'ipotesi di un aiuto di Stato nei confronti della Lazio e di tutte quelle imprese che abbiano usufruito della transazione prevista dalla legge dell'agosto 2002.

ricette...costose

http://qn.quotidiano.net/conti_del_pallone_2007/2007/04/30/8668-affari_della_lazio_oddo.shtml

I CONTI DEL PALLONE

Gli affari della Lazio: per Oddo
incassati 10,75 milioni di euro


Proventi straordinari, ricavi in calo e una campagna acquisti dispendiosa: questi sono gli ingredienti della ricetta del bilancio semestrale della Lazio, prima società di calcio italiana quotata dal 5 maggio 1998 a Piazza Affari

di Marco Liguori
Milano, 27 aprile 2007 - Proventi straordinari, ricavi in calo e una campagna acquisti dispendiosa: questi sono gli ingredienti della ricetta del bilancio semestrale della Lazio, prima società di calcio italiana quotata dal 5 maggio 1998 a Piazza Affari. Il primo aspetto è subito evidenziato nella prima pagina del documento civilistico (redatto per la prima volta con i nuovi criteri contabili obbligatori internazionali Ias/Irfs) della società romana chiuso al 31 dicembre 2006. Nelle informazioni sulla gestione si legge che il periodo si è concluso con
un risultato netto positivo pari a 82,07 milioni, migliore di «euro 75,14 milioni rispetto all'utile del medesimo periodo della stagione precedente, pari a euro 6,93 milioni». E' la stessa società a confessare come è giunta a questo risultato. «Tale incremento è dovuto ai maggiori proventi straordinari (euro 106,58 milioni) registrati nel
periodo attuale rispetto a quello della stagione precedente (euro 6,53 milioni) principalmente a seguito del conferimento del ramo commerciale nella società SS Lazio Marketing & Communications spa, controllata al 100%, con un effetto netto positivo sul risultato di periodo di euro 104,5 milioni».

L'operazione, effettuata il 29 settembre scorso, ha comportato il trasferimento del ramo commerciale della società romana nella sua controllata SS Lazio Marketing & Communications. L'oggetto di quest'ultima riguarda la «ottimizzazione dello sfruttamento commerciale dei brand tramite le attività pubblicitarie, le sponsorizzazioni e il merchandising». Sul piano pratico, la cessione del ramo commerciale ha fruttato alla Lazio una plusvalenza di oltre 106 milioni, a fronte di un valore di 95,36 milioni calcolato con perizia giurata e reso noto in una comunicazione societaria del 29 settembre scorso. Essa però presenta dei dubbi: la vendita di questa sezione aziendale ricalca il meccanismo, denominato nel freddo linguaggio dei giuristi, del "contratto con se stesso".
Tradotto in termini più semplici, c'è il sospetto che i marchi siano passati dalla tasca destra a quella sinistra della Lazio: per il nostro codice civile questa operazione è nulla. Operazioni simili sono state effettuate dall'Inter (si veda la prima puntata dell'inchiesta) e dal Milan nel bilancio al 31 dicembre 2005. La società presieduta da Claudio Lotito ha dovuto presentare per la prima volta, proprio a causa della presenza della propria controllata
al 100%, anche un bilancio consolidato. Esso riporta una rappresentazione più realistica dei conti, poiché in esso, ai sensi di legge, è stata eliminata la plusvalenza straordinaria incassata con la cessione del ramo commerciale. Nella semestrale di gruppo è stato evidenziato un risultato netto in perdita per 20,62 milioni: inoltre, il patrimonio netto (ossia i mezzi propri) è risultato negativo per 46,06 milioni, «con un peggioramento rispetto al 30 giugno 2006 – sottolineano i vertici della Lazio nelle informazioni sulla gestione – di euro 20,65 milioni». Riguardo al conto economico, al netto dei proventi e oneri da gestione calciatori ed ammortamenti, il valore
della produzione è ammontato a 29,82 milioni: sono risultati in calo di 5,8 milioni rispetto al primo semestre 2005/06 (calcolato sul bilancio civilistico). Esso «è dovuto principalmente al venire meno nel periodo corrente – spiega la società – dell'introito derivante dalla cessione del diritto di prelazione dei diritti digitali terrestri per il triennio successivo alla stagione 2006/07».

I costi operativi sono leggermente aumentati da 23,28 a 23,63 milioni. La differenza tra ricavi e costi è stata positiva per 6,19 milioni, in netta diminuzione rispetto ai 12,34 milioni dell'anno precedente. La Lazio ha comunicato anche un prospetto dei costi totali a pag. 76 della relazione, comprensivi di ammortamenti ed altre spese, in calo di 20mila euro rispetto al semestre dell'anno precedente. In esso si nota due elementi molto importanti. Da un lato i costi totali per il personale sono stati contenuti da 15,67 a 14,64 milioni (-6,60%) in
«conseguenza dell'attuazione del piano di risanamento che ha portato alla sostituzione di parte dei tesserati con giocatori con costi di ingaggio sia notevolmente inferiori e sia in parte legati al raggiungimento di obiettivi»; per quest'ultimo la Lazio ha speso 1,14 milioni. Dall'altro, è stato evidenziato un aumento da 8,63 a 9,34
milioni degli altri costi di gestione (+8,23%) e dell'ammortamento dei diritti alle prestazioni dei calciatori passato da 3,81 a 4,46 milioni (+17,06%) che hanno vanificato in gran parte gli sforzi societari per contenere le spese complessive. Ma da cosa è stata originata la lievitazione di questi costi? La Lazio spiega che per «gli altri costi
di gestione è conseguenza di maggiori spese di consulenza (sportiva e professionale per il passaggio ai principi contabili internazionali), di maggiori spese pubblicitarie e di maggiori costi per procuratori».

Per quanto riguarda gli ammortamenti, esso «è conseguenza degli acquisti fatti nell'ultima campagna trasferimenti, tesi al rafforzamento ed al ringiovanimento della rosa di prima squadra». Stando quindi alle dichiarazioni della società, l'acquisizione dei nuovi giocatori ha avuto un costo elevato. Stando al prospetto della
campagna trasferimenti, l'acquisizione di Massimo Mutarelli (prezzo 900mila euro), Stefano Mauri (3 milioni), Igli Tare (600mila), Cristian Ledesma (4,5 milioni), Emilson Cribari (3 milioni), Mobido Dakhite (250mila) e Stephen Makinwa (3,3 milioni) è costata in totale 15,55 milioni. Il dispendio è anche testimoniato dall'incremento di
valore dei diritti pluriennali, pari a 10,8 milioni rispetto al 30 giugno 2006. Al contrario, nella semestrale è indicata la somma di 470mila euro per la cessione di Matias Emanuel Lequi al Celta Vigo. Tale somma è stata inserita tra i ricavi: un vero e proprio regalo dei nuovi criteri Ias/Ifrs, e perciò perfettamente legittimo, per le società di calcio quotate in borsa. Però ciò confligge con il Codice Civile, secondo cui ciò non è possibile: la cessione di un bene, com'è appunto un calciatore, è da inserire tra le componenti straordinarie. Da ricordare che la cessione definitiva, avvenuta nello scorso gennaio, di Massimo Oddo al Milan, con un ricavo di 10,75 milioni, avrà effetto nel successivo semestre. Bisognerà vedere se il dispendio di risorse economiche della campagna
acquisti è valso a conquistare definitivamente il terzo posto in cui si trova attualmente la squadra biancoceleste. Con questo piazzamento avrebbe accesso ai preliminari della ricca Champions League: ciò si dovrebbe tradurre in un concreto aumento dei ricavi, dovuto non solo dalla partecipazione alla manifestazione, ma anche in termini di entrate da sponsorizzazioni e contratti pubblicitari. In caso di mancata qualificazione, la Lazio potrebbe subire ulteriori problemi sui conti.

Ai costi per le acquisizioni estive definitive bisogna aggiungere il costo complessivo di 269mila euro per l'acquisizione temporanea di tre calciatori, in deciso aumento rispetto ai 36mila del semestre chiuso al 31 dicembre 2005. Tra questi spicca un dato molto curioso: Pasquale Foggia, proveniente dal Milan e considerato un centrocampista di buon livello, è costato 121mila euro, un valore inferiore ai 147mila pagati per Tommaso Berni, un portiere proveniente dalla Ternana militante in C/1, che finora non ha collezionato una sola presenza in serie A con la Lazio. Il terzo è Manuel Ricci, prestato dall'Anziolatino per 1000 euro. La dispendiosa campagna acquisti ha avuto molteplici impatti negativi sui conti al 31 dicembre della Lazio, a cominciare dal conto
economico. Oltre all'incremento degli ammortamenti dei diritti alle prestazioni sportive, si notano i 209mila euro spesi (contro nessun importo al 31 dicembre 2005) dei "costi specifici tecnici" ossia i costi per consulenze tecnico sportive prestate durante le trattative per l'acquisto dei calciatori. Riguardo agli effetti sullo stato
patrimoniale, si nota che i debiti verso le società calcistiche hanno subito un vero e proprio boom di 8,9 milioni, passando dagli appena 1,34 milioni del 30 giugno 2006 ai 10,2 milioni riscontrati a fine dicembre. La Lazio specifica che «essi si riferiscono principalmente a debiti verso società calcistiche italiane con scadenza entro i 12 mesi, per euro 7.988 migliaia e verso Lega/trasferimenti per il saldo passivo della campagna trasferimenti della stagione corrente per euro 1.840 migliaia».

Fra gli altri costi, si segnala l'aumento delle spese amministrative, passate dai precedenti 1,42 agli 1,71 milioni della fine del primo semestre, in cui sono contenute «in gran parte spese per consulenze per euro 894 migliaia». A ciò si aggiungono le consistenti spese per pubblicità e promozione, incrementatesi da 645mila a 975mila euro: esse «contengono in gran parte spese per omaggi biglietteria, per euro 291 mila, principalmente al Coni in virtù del contratto di fitto stadio». Gli altri oneri di gestione sono rimasti sostanzialmente invariati rispetto al semestre dell'anno precedente, attorno ai cinque milioni: si segnalano fra quelli straordinari i 185mila euro erogati alla Figc per le sanzioni per il processo di "calciopoli". Infine, c'è da notare che i componenti del consiglio di gestione e del consiglio di sorveglianza (introdotti dalla riforma del diritto societario, che possono essere introdotti al posto del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale) «hanno rinunciato a percepire compensi». Tuttavia, alla voce "Rapporti con parti correlate" si nota che «il gruppo SS Lazio, e in particolare la SS
Lazio spa, ha intrattenuto rapporti esclusivamente con la Roma Union Security srl (società facente capo al Dr. Claudio Lotito), sostenendo un costo complessivo di euro 164 migliaia, avente ad oggetto la vigilanza del centro sportivo di Formello». La società segnala anche che esiste anche un debito di 647mila euro con la società di proprietà del presidente Lotito. Ma non esiste un conflitto d'interessi con questa operazione? E soprattutto, non sarebbe stato più corretto indire una gara d'appalto per il servizio di vigilanza a Formello?
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il pallone in confusione

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