04/04/2007 15:14
I CONTI DEL PALLONE
Per il Napoli, stadio quasi gratis e il Comune paga anche i tornelli
La convezione col Comune per il San Paolo: nessun costo di gestione, primo anno gratis, poi la società partenopea versa un canone secondo il campionato in cui milita. Approvata dal consiglio comunale con voto bipartizan, nonostante le perplessità della Ragioneria generale
di Marco Liguori
Roma, 2 aprile 2007- Immaginate un padrone di casa molto generoso. Non pretende l'affitto dall'inquilino per il primo anno e gli concede una forma di pagamento del canone di locazione particolarmente vantaggiosa per gli altri quattro: in più gli paga l'acqua calda, l'elettricità e il riscaldamento, non lo sfratta per una grave inadempienza e gli ha già messo per iscritto un rinnovo alle stesse condizioni per i successivi cinque anni.
Questi sono in sintesi i punti principali della convenzione stipulata il 7 novembre 2005 tra il Comune di Napoli e la rinata Società sportiva calcio Napoli (denominata fino al maggio 2006 Napoli Soccer) per l'uso da parte di quest'ultima dello stadio San Paolo: quest'ultimo è patrimonio indisponibile comunale.
Esso è valido retroattivamente dalla stagione 2004/05 sino al termine di quella del 2008/09 ed è rinnovabile per altre cinque stagioni «ai medesimi patti e condizioni». La convenzione concede l'uso esclusivo alla società calcistica del terreno di gioco, di gran parte della tribuna centrale e il parcheggio da 250 posti posto nelle vicinanze dello Stadio.
Inoltre, il Napoli ha ottenuto anche il servizio bouvette e ristorazione nelle tribune d'onore, vip e autorità: vi è stato inclusa anche l'apertura di spazi commerciali. In caso di cessione del San Paolo, il Napoli «avrà la facoltà di sostituirsi all'aggiudicatario agli stessi prezzi patti e condizioni di cui all'aggiudicazione», rimborsando all'acquirente «le spese da questi documentalmente sostenute per la partecipazione alla gara e la progettazione presentata in sede di gara».
Il documento, prima della firma definitiva apposta dal presidente della società azzurra, Aurelio De Laurentiis, e dal dirigente del Servizio Gestione Grandi Impianti Sportivi del Comune di Napoli, Bruno Giacomo Pierro, è stato oggetto di lunghe trattative tra il Napoli e l'ente locale. Al termine di queste, la prima Giunta del sindaco Rosa Iervolino Russo, con il voto favorevole di 14 assessori su 17 (tre assenti), deliberò il 4 marzo 2005 il testo della convenzione.
Il Consiglio Comunale approvò il 28 giugno 2005, con una serie di emendamenti, il documento definitivo alla presenza di 34 consiglieri su 60. In quella seduta si registrarono assenze eccellenti di alcuni esponenti di rilievo della politica napoletana: come quella del leader dei Verdi, Alfonso Pecoraro Scanio, di Gennaro Migliore, consigliere di Rifondazione e attuale capogruppo alla Camera dello stesso partito, e di Antonio Martusciello, esponente di spicco di Forza Italia.
Il documento passò con una larga maggioranza bipartizan, con i voti dei consiglieri della maggioranza di centrosinistra, ad eccezione di Alessandro Fucito e Raffaele Carotenuto di Rifondazione comunista, e di quelli del centrodestra. Nel verbale dei lavori che accompagna il testo sottoposto all'approvazione si nota un certo nervosismo: votare contro o astenersi significava assumersi la responsabilità politica di non far giocare il Napoli nello stadio di proprietà comunale.
Durante le dichiarazioni di voto finale, ci fu un "mal di pancia" tra le fila di An: il consigliere Vincenzo Moretto preannunciò «il voto contrario del gruppo di An». Ribattè subito il capogruppo Pietro Diodato affermando che «i consiglieri Laboccetta e Moretto parlano a titolo personale, i vertici di An sono a favore del provvedimento». Non sembrava troppo convinto della convenzione Ciro Fiola dello Sdi: nel verbale è riportato «sostiene che voterà a favore soltanto per disciplina di maggioranza».
Comune, ultimo creditore
Stando al testo della convenzione, il Napoli dovrà versare un canone al Comune a seconda del campionato in cui milita: il 3% in serie C, il 4% in serie B, il 6% in serie A. La quota è elevata dello 0,5% nel caso in cui il Napoli rilevi il servizio di bouvette dell'intero stadio, per effetto della scadenza dell'attuale concessione. Le percentuali valgono singolarmente sia per i biglietti venduti in ciascuna partita, che per gli abbonamenti stagionali venduti.
Ma qui c'è il primo atto di generosità del padrone di casa. «Per incassi netti si intendono gli introiti derivanti – si legge nella convenzione – dalla vendita di biglietti unitari a pagamento al netto dell'Iva, dei diritti Siae, dei diritti di prevendita, dei costi di biglietteria e di controlleria, della percentuale spettante alla squadra ospite, della percentuale spettante alla Lega Nazionale Figc ed eventualmente all'Uefa e alla Fifa».
Ciò vuol dire che il Comune, proprietario dell'impianto, è l'ultimo creditore ad essere soddisfatto sugli incassi totali: ottiene soltanto le rimanenti briciole. Le stesse tipo di percentuali e modalità di calcolo sono state accordate anche per gli abbonamenti, con in aggiunta tre tetti massimi di 25mila, 50mila e 100mila a seconda del campionato disputato. Il testo originario della delibera di Giunta (abrogato da un emendamento consiliare) prevedeva addirittura che fossero detratte dagli incassi le «spese per la reclamizzazione e la pubblicizzazione con ogni mezzo della campagna abbonamenti».
Le sette richieste del Napoli
L'attenzione cade sul preambolo della delibera di Giunta in cui si fa accenno alla «bozza di convenzione inviata dalla Napoli Soccer e ricevuta in data 28/2/2005». In essa, la società presieduta da De Laurentiis aveva evidenziato 11 richieste. A questo proposito, l'amministrazione Iervolino rispose che «ritiene di dover procedere all'approvazione dello schema di convenzione, così come inizialmente concordato tra le parti, senza tenere conto delle ulteriori richieste avanzate dalla Napoli Soccer, che giammai possono essere accolte in quanto lesive degli interessi di cui l'ente è portatore».
Peccato che, come si evince dalla successivo testo della delibera, la Giunta ha accettato sette proposte della società azzurra. Quotidiano.net ha chiesto spiegazioni riguardo a questo "dietrofront" all'Assessore alle Politiche per lo Sport, Alfredo Ponticelli, tramite email il 21 marzo scorso. Inoltre gli è stato richiesto a quale titolo il Napoli Soccer, durante l'iter dell'approvazione della convenzione, utilizzasse il San Paolo nel corso della stagione 2004/05, visto che in precedenza il rapporto era tra il Comune e la Ssc Napoli fallita nel luglio 2004. Domande rimaste senza risposta.
Il canone? E' gratis per un anno
Il primo punto accettato dal Comune riguarda la «rinunzia per i corrispettivi dovuti» relativi ai canoni, «dovuti fino alla sottoscrizione del contratto, non deve essere per il periodo intercorrente fino alla firma del contratto, ma solo per la stagione in corso 2004/05».
Invece, la Giunta aveva deliberato che «espressamente rinuncia ai corrispettivi che fino alla data di sottoscrizione risulteranno dovuti a qualsiasi titolo dalla Napoli Soccer per l'utilizzo dell'impianto»: un emendamento in Consiglio ha riportato all'originario testo voluto dal Napoli.
Ma c'è di più: il Napoli ha ottenuto gratuitamente lo stadio per tutta la stagione 2004/05, in cui militava in serie C1. Infatti, l'articolo 7 della convenzione prevede che «qualunque imposta e/o canone sulla pubblicità, qualora la squadra calcistica della Napoli Soccer militi nel campionato di serie C, resta definitivamente assorbita, e quindi virtualmente assolta, nel corrispettivo di concessione». Siccome quest'ultimo per il 2004/05 non era dovuto, ne consegue che la società presieduta da De Laurentiis non ha versato un solo euro al comune (come vedremo nella puntata dedicata al bilancio del Napoli).
Un consistente aiuto da parte di un ente pubblico a una società privata a scopo di lucro, che in questo modo ha potuto evitare uno dei principali costi per il proprio "start up", ossia di avviamento aziendale, poiché è nata nell'agosto 2004 e ha rilevato in seguito il ramo aziendale dalla curatela fallimentare della Ssc Napoli.
Ai sensi dell'articolo 14 della convenzione, il Comune a suo carico la manutenzione ordinaria e straordinaria e la pulizia delle parti non concesse in uso esclusivo alla società azzurra. L'ente si è assunto anche l'onere della derattizzazione e bonifica, l'erogazione dell'acqua calda, dell'energia elettrica e del riscaldamento «dell'intero compendio immobiliare».
E adesso la pubblicità
Riguardo alla gestione della pubblicità in serie B e in serie A, il Napoli deve rispettivamente al Comune «l'importo forfettizzato di 25.000 euro per ciascuna stagione calcistica» e «la corresponsione di un importo pari al 4% degli introiti del concessionario per la vendita unicamente della pubblicità fissa con un minimo garantito di 45.000 euro all'anno».
Il club azzurro aveva richiesto «l'esclusione dal calcolo di quota percentuale del corrispettivo al Comune di Napoli alla Napoli Soccer di importanti spazi destinati alla pubblicità fissa (maxischermi panoramici sugli spalti e pubblicità all'interno delle aree coperte)». Ciò è stato accettato in gran parte nell'articolo 7.5 della delibera di Giunta, modificata dal Consiglio comunale solo in un punto. Nel testo si prevede che, dal calcolo del 4% previsto per la militanza in Serie A resti esclusa la vendita della pubblicità nelle aree coperte del San Paolo, compresa anche quella proiettata sui maxi schermi panoramici che, secondo l'emendamento consiliare, avrebbero dovuti essere installati dal Napoli «entro e non oltre l'anno solare in corso», ossia quello di firma della convenzione.
Degli schermi finora non c'è traccia. Dal calcolo del 4% restano escluse «tutte le entrate del concessionario per sponsorizzazioni a qualunque titolo» e anche «la vendita di tutta la pubblicità al di fuori degli impianti pubblicitari fissi allestiti o allestendi nelle aree scoperte poste all'intero dello stadio San Paolo».
La società azzurra ha avuto anche un altro grazioso regalo. Esso riguarda il fatto che «sono espressamente escluse ed esentate dal pagamento di qualunque imposta o canone sulla pubblicità le partite di calcio organizzate dalla Fifa, dall'Uefa e quelle organizzate, anche nell'ambito di minitornei, con il patrocinio del Comune di Napoli, tanto che sia impegnata la squadra calcistica della Napoli Soccer quanto non lo sia, così come pure le partite che dovessero giocare nell'impianto squadre di calcio rappresentative Nazionali».
Quindi se il Napoli dovesse partecipare alla Coppa Uefa o alla Champions League non dovrà pagare le imposte sulla pubblicità al Comune. Il Comune ha anche accettato l'installazione «da parte del concessionario di tabelloni e/o rotor e altri impianti pubblicitari di qualunque natura e genere ovunque all'interno dell'impianto, anche sulla pista di atletica leggera e su qualunque struttura degli spalti ad essi attigua». Inoltre, le parti hanno convenuto che nulla è dovuto dal Napoli (che lo ha espressamente richiesto) per lo sfruttamento mediatico dell'impianto.
Le perplessità del Ragioniere generale
Il Ragioniere generale del Comune, Maria Rosaria Nedi, in una sua lettera del 19 aprile 2005, indirizzata al dirigente del Servizio segreteria della Giunta, segnalò una serie di perplessità riguardo alla proposta di convenzione da poco approvata dalla Giunta Iervolino. In particolare, il Ragioniere segnalò che il dirigente del Servizio grandi Impianti Sportivi, Bruno Giacomo Pierro, aveva evidenziato che «dalla convenzione derivano minori entrate rispetto a quelle derivanti dalla convenzione con la Società Sportiva Calcio Napoli», ossia con il vecchio Napoli fallito nel 2004. Inoltre, sottolinea la massima dirigente contabile, «in relazione alle spese che derivano dalla proposta è necessaria che venga assicurata la stessa copertura», poiché per il Ragioniere generale non è possibile «procedere alla compensazione con le entrate, come previsto all'articolo 12.2 dello schema di convenzione». Ma alla Corte dei Conti e agli altri organi preposti al controllo sugli atti comunali conoscono il contenuto di questa convenzione?
Niente sfratto per l'ordine pubblico
Nei giorni scorsi si è accesa la polemica tra i gruppo consiliare di opposizione e l'Assessore Ponticelli riguardo ai costi da pagare per i tornelli del San Paolo, già previsti dal decreto Pisanu e ribaditi dal decreto Amato, installati di recente dal Napoli.
Secondo i consiglieri Raffaele Ambrosino (Fi) e Claudio Renzullo (An) «l'installazione dei famosi e indispensabili tornelli di ingresso sono a totale carico del Comune che, dopo una forzata interpretazione dell'articolo 8 bis del decreto legge, se ne è assunto consapevolmente il completo onere così come si evince dai contenuti della deliberazione n.3986 del novembre 2005». Secondo i due esponenti dell'opposizione, la spesa, anticipata dal Napoli, si aggirerebbe sui 2,5 milioni.
Occorre fare a questo punto un passo indietro, per capire meglio anche l'importante dettato dell'articolo 18 della convenzione. Il "decreto Pisanu", si compone di due leggi (88/2003, 210/2005) e di un decreto ministeriale di applicazione del giugno 2006. Nel testo della legge del 2003 era stabilito che le disposizioni sull'accesso (metal detector, impianti di videoregistrazione ecc.) fossero «attuate dalle società utilizzatrici degli impianti in accordo con i proprietari degli stessi». Questa disposizione è stata ribadita all'articolo 8 del decreto ministeriale, in cui sono stati previsti anche i famosi tornelli d'ingresso. Inoltre era stato dato il termine per l'adeguamento degli stadi «decorsi due anni dall'entrata in vigore del presente decreto», ossia tutto doveva essere pronto entro il febbraio 2005.
Ora, il Napoli aveva stipulato la convenzione nel novembre 2005, quando era entrata in vigore la seconda legge Pisanu e avrebbe quindi dovuto subito adeguarsi alla normativa. «Il complesso normativo emanato da Pisanu – ha spiegato a Quotidiano.net l'avvocato Lorenzo Contucci – comprende disposizioni a tutela dell'ordine pubblico per gli stadi. Le società calcistiche avrebbero dovuto adeguarsi a proprie spese entro i termini previsti dalla normativa, ma è stato previsto anche un sistema di deroghe che ha vanificato la legge. Inoltre, nessuna società ha installato, oltre ai tornelli, anche i metal detector obbligatori».
Di conseguenza, il Comune avrebbe potuto, se non dovuto, avviare la procedura prevista dall'articolo 18 della convenzione, che comporta «la decadenza dalla concessione la mancata osservanza di norme di ordine pubblico, la cessione a terzi del presente contratto o lo stato di insolvenza del Concessionario». L'Ente avrebbe dovuto mettere in mora per iscritto il Napoli, che avrebbe dovuto rispondere con le sue controdeduzioni.
Ma chi si sarebbe assunto la responsabilità politica di sfrattare il Napoli dal sacro suolo del San Paolo? E' stato meglio lasciare tutto così com'è: a carico della cittadinanza.
Il club azzurro aveva richiesto «l'esclusione dal calcolo di quota percentuale del corrispettivo al Comune di Napoli alla Napoli Soccer di importanti spazi destinati alla pubblicità fissa (maxischermi panoramici sugli spalti e pubblicità all'interno delle aree coperte)». Ciò è stato accettato in gran parte nell'articolo 7.5 della delibera di Giunta, modificata dal Consiglio comunale solo in un punto. Nel testo si prevede che, dal calcolo del 4% previsto per la militanza in Serie A resti esclusa la vendita della pubblicità nelle aree coperte del San Paolo, compresa anche quella proiettata sui maxi schermi panoramici che, secondo l'emendamento consiliare, avrebbero dovuti essere installati dal Napoli «entro e non oltre l'anno solare in corso», ossia quello di firma della convenzione.
Degli schermi finora non c'è traccia. Dal calcolo del 4% restano escluse «tutte le entrate del concessionario per sponsorizzazioni a qualunque titolo» e anche «la vendita di tutta la pubblicità al di fuori degli impianti pubblicitari fissi allestiti o allestendi nelle aree scoperte poste all'intero dello stadio San Paolo».
La società azzurra ha avuto anche un altro grazioso regalo. Esso riguarda il fatto che «sono espressamente escluse ed esentate dal pagamento di qualunque imposta o canone sulla pubblicità le partite di calcio organizzate dalla Fifa, dall'Uefa e quelle organizzate, anche nell'ambito di minitornei, con il patrocinio del Comune di Napoli, tanto che sia impegnata la squadra calcistica della Napoli Soccer quanto non lo sia, così come pure le partite che dovessero giocare nell'impianto squadre di calcio rappresentative Nazionali».
Quindi se il Napoli dovesse partecipare alla Coppa Uefa o alla Champions League non dovrà pagare le imposte sulla pubblicità al Comune. Il Comune ha anche accettato l'installazione «da parte del concessionario di tabelloni e/o rotor e altri impianti pubblicitari di qualunque natura e genere ovunque all'interno dell'impianto, anche sulla pista di atletica leggera e su qualunque struttura degli spalti ad essi attigua». Inoltre, le parti hanno convenuto che nulla è dovuto dal Napoli (che lo ha espressamente richiesto) per lo sfruttamento mediatico dell'impianto.
Le perplessità del Ragioniere generale
Il Ragioniere generale del Comune, Maria Rosaria Nedi, in una sua lettera del 19 aprile 2005, indirizzata al dirigente del Servizio segreteria della Giunta, segnalò una serie di perplessità riguardo alla proposta di convenzione da poco approvata dalla Giunta Iervolino. In particolare, il Ragioniere segnalò che il dirigente del Servizio grandi Impianti Sportivi, Bruno Giacomo Pierro, aveva evidenziato che «dalla convenzione derivano minori entrate rispetto a quelle derivanti dalla convenzione con la Società Sportiva Calcio Napoli», ossia con il vecchio Napoli fallito nel 2004. Inoltre, sottolinea la massima dirigente contabile, «in relazione alle spese che derivano dalla proposta è necessaria che venga assicurata la stessa copertura», poiché per il Ragioniere generale non è possibile «procedere alla compensazione con le entrate, come previsto all'articolo 12.2 dello schema di convenzione». Ma alla Corte dei Conti e agli altri organi preposti al controllo sugli atti comunali conoscono il contenuto di questa convenzione?
Niente sfratto per l'ordine pubblico
Nei giorni scorsi si è accesa la polemica tra i gruppo consiliare di opposizione e l'Assessore Ponticelli riguardo ai costi da pagare per i tornelli del San Paolo, già previsti dal decreto Pisanu e ribaditi dal decreto Amato, installati di recente dal Napoli.
Secondo i consiglieri Raffaele Ambrosino (Fi) e Claudio Renzullo (An) «l'installazione dei famosi e indispensabili tornelli di ingresso sono a totale carico del Comune che, dopo una forzata interpretazione dell'articolo 8 bis del decreto legge, se ne è assunto consapevolmente il completo onere così come si evince dai contenuti della deliberazione n.3986 del novembre 2005». Secondo i due esponenti dell'opposizione, la spesa, anticipata dal Napoli, si aggirerebbe sui 2,5 milioni.
Occorre fare a questo punto un passo indietro, per capire meglio anche l'importante dettato dell'articolo 18 della convenzione. Il "decreto Pisanu", si compone di due leggi (88/2003, 210/2005) e di un decreto ministeriale di applicazione del giugno 2006. Nel testo della legge del 2003 era stabilito che le disposizioni sull'accesso (metal detector, impianti di videoregistrazione ecc.) fossero «attuate dalle società utilizzatrici degli impianti in accordo con i proprietari degli stessi». Questa disposizione è stata ribadita all'articolo 8 del decreto ministeriale, in cui sono stati previsti anche i famosi tornelli d'ingresso. Inoltre era stato dato il termine per l'adeguamento degli stadi «decorsi due anni dall'entrata in vigore del presente decreto», ossia tutto doveva essere pronto entro il febbraio 2005.
Ora, il Napoli aveva stipulato la convenzione nel novembre 2005, quando era entrata in vigore la seconda legge Pisanu e avrebbe quindi dovuto subito adeguarsi alla normativa. «Il complesso normativo emanato da Pisanu – ha spiegato a Quotidiano.net l'avvocato Lorenzo Contucci – comprende disposizioni a tutela dell'ordine pubblico per gli stadi. Le società calcistiche avrebbero dovuto adeguarsi a proprie spese entro i termini previsti dalla normativa, ma è stato previsto anche un sistema di deroghe che ha vanificato la legge. Inoltre, nessuna società ha installato, oltre ai tornelli, anche i metal detector obbligatori».
Di conseguenza, il Comune avrebbe potuto, se non dovuto, avviare la procedura prevista dall'articolo 18 della convenzione, che comporta «la decadenza dalla concessione la mancata osservanza di norme di ordine pubblico, la cessione a terzi del presente contratto o lo stato di insolvenza del Concessionario». L'Ente avrebbe dovuto mettere in mora per iscritto il Napoli, che avrebbe dovuto rispondere con le sue controdeduzioni.
Ma chi si sarebbe assunto la responsabilità politica di sfrattare il Napoli dal sacro suolo del San Paolo? E' stato meglio lasciare tutto così com'è: a carico della cittadinanza.
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