Tratto da mensile La
voce della Campania – Gennaio 2007
In fondo al lago di Como
c’è un mistero: il crac del Como Calcio. La società fu
dichiarata fallita dal tribunale della città lariana il 22
dicembre 2004, dopo alcuni anni di travagliate vicende
societarie. I pubblici ministeri hanno di seguito indagato sulle
cause del dissesto, arrestando nel settembre 2005 un imputato
eccellente: l’ex presidente Enrico Preziosi, titolare della
Giochi Preziosi, con l’ipotesi di bancarotta fraudolenta.
Quattro anni fa Preziosi – oggi in sella al Genoa che tenta la
risalita in serie A – cercò di dare la scalata al Napoli,
alle prese con la querelle Ferlaino-Corbelli e prima della
disastrosa gestione Naldi. Gli ultimi, vorticosi passaggi di
mano sono ancora al vaglio della magistratura penale, pm
Vincenzo Piscitelli, il quale tra l’altro segue i clamorosi
crac del gruppo Ambrosio e del Banco di Napoli, per molti versi
collegati, visto che sono stati i crediti facili da mille
miliardi e passa di vecchie lire a provocare le voragini nelle
casse del Banco, poi svenduto alla BNL e quindi lautamente
smistato al San Paolo di Torino. Ma torniamo in riva al lago.
L’epilogo dell’inchiesta giudiziaria ha visto la successiva
richiesta di giudizio immediato (ossia di ricorre re al
dibattimento saltando l’udienza davanti al Gup) dell’ex
numero uno del defunto Como. Insieme a lui deve essere
giudicato, per l’ipotesi di concorso nella bancarotta, l’ex
amministratore unico, Massimo D’Alma, che ha gestito la
società nei mesi immediatamente precedenti al fallimento.
Invece il primo successore di Preziosi, l’ex presidente
Aleardo Dall’Oglio, ha patteggiato il 16 febbraio scorso la
condanna ad un anno e quattro mesi di reclusione, con pena
sospesa e un risarcimento di 500mila euro. Il processo contro
Preziosi e D’Alma ha però subito uno stop improvviso già
alla prima udienza, che si è tenuta lo scorso 5 dicembre presso
il tribunale di Como. E’ stata riscontrata, in un’ordinanza
del presidente del collegio giudicante Alessandro Bianchi,
l’impossibilità di proseguire «a causa della riduzione di
organico della sezione penale, aggravata dal recente
trasferimento ad altra sede del magistrato che avrebbe dovuto
presiedere l’odierno Collegio». Di conseguenza, il tutto è
stato rinviato al 16 ottobre 2007.
Curatore contro
Ma facciamo un passo indietro: la relazione del curatore fallimentare Francesco Corrado, e un atto di transazione firmato da quest’ultimo con Preziosi, possono aiutare a comprendere alcuni aspetti della vicenda. Lo stesso Preziosi, nella transazione, specifica «di aver rivestito gli uffici di consigliere di amministrazione, presidente e consigliere delegato di Calcio Como spa, con sede in Como, in via Sinigaglia 2, nel periodo 16 luglio 1997-18 ottobre 2003». Ma, stando al rapporto del curatore, ciò non sembra esimerlo dalle sue responsabilità. Il primo punto cruciale nella relazione riguarda la riunione tra Corrado e D’Alma nel gennaio 2005. Il curatore chiese per iscritto all’amministratore unico del club comasco una relazione dettagliata in dieci punti sul fallimento della società. D’Alma rispose il 10 gennaio 2005, difendendo il suo operato: «Le cause del dissesto sono sicuramente anteriori alla mia durata in carica, viste le preesistenti perdite». L’amministratore prosegue spiegando che «al fine di abbattere parte delle perdite era prevista la rinuncia ai crediti dei soci verso la società, relativi ai precedenti finanziamenti pari a circa 2.500.000 euro, con l’aggiunta di un contributo di 300.000 euro ogni mese da parte di Preziosi e di un contributo annuo complessivo di circa 750.000 euro da parte di Dall’Oglio». D’Alma ha fornito anche informazioni riguardo al suo acquisto del pacchetto di maggioranza del Como dalla Lo. da.s r l. «Formalmente – scrive D’Alma – le azioni sono state rilevate il 21/6/2004 dalla Lo. da. indicandone il prezzo nominale, ma non effettuando nessun esborso in danaro. In realtà mi venne chiesto di svolgere il ruolo di amministratore unico della società; parallelamente, mi venne chiesto di acquistare nominalmente il 74,70% delle quote sociali con l’intesa che le stesse sarebbero state rivendute a terzi, con cui vi erano trattative in corso non perfezionate». Stando alla relazione del curatore, Lo. da aveva a sua volta rilevato l’8 ottobre 2003 il 99,7% del Como dalla Fingiochi, di cui Preziosi era azionista di riferimento. Scorrendo l’elenco soci in Camera di Commercio si ha una sorpresa: Lo. da. è posseduta quasi interamente da una fiduciaria, la milanese Pvm srl. Chi ci sia dietro la società resta un mistero: neanche il curatore fornisce informazioni in merito. Secondo le visure camerali Lo. da. ha un patrimonio da appena 10mila euro: ne è presidente Aleardo Dall’Oglio, nominato al vertice del Como nell’assemblea del 30 ottobre 2003.
Litigi preziosi
Dunque D’Alma deteneva il pacchetto di maggioranza del Como, in attesa dell’arrivo di partner freschi. Aggiunge che gli fu garantito che «sino al momento dell’ingresso dei nuovi soci, Preziosi e dall’Oglio avrebbero provveduto al fabbisogno finanziario della società». Ciò fu effettivamente eseguito. «Poi improvvisamente – prosegue D’Alma – a quanto mi venne detto dallo stesso Dall’Oglio, per dissidi sorti tra lui e Preziosi i finanziamenti cessarono». L’ex amministratore evidenzia che «la situazione della Calcio Como spa era già gravosa al momento del mio ingresso». Nonostante ciò, i suoi rapporti con Preziosi e Dall’Oglio «prima del mio ingresso si sono limitati ad un paio di incontri, mentre più continui sono stati i rapporti tra i loro e i miei consulenti che mi hanno assistito nei primi mesi di gestione». D’Alma conclude la sua relazione evidenziando che il debito verso i tesserati era così ingente «in quanto legato a contratti perfezionati per la quasi totalità in serie A, e non avendo la possibilità di pagarlo in un’unica soluzione, dato che Preziosi e Dall’Oglio avrebbero fornito i contributi promessi solo in tranches mensili, a seguito di trattative con atleti e loro procuratori, come di prassi nel mondo del calcio, è emersa la volontà comune di corrispondere un congruo acconto subito e di transare con dei titoli posdatati, confidando tutti nell’adempimento degli impegni assunti verso la società dai due finanziatori».
Incredibile ma vero. Tutto questo era necessario per ottenere le liberatorie da presentare presso la Lega, per l’iscrizione del Como al campionato di serie C1. In base all’esposto di D’Alma, il curatore fallimentare Francesco Corrado evidenzia come «sembrerebbe che le responsabilità del dissesto sarebbero da addebitare al Signor Dall’Oglio Aleardo e in particolare al Signor Preziosi Enrico». Preziosi ha dichiarato di aver richiesto il dibattimento per dimostrare fermamente la propria innocenza. Tuttavia c’è un documento che ne accerta le responsabilità riguardo al fallimento del Calcio Como: è proprio quell’atto di transazione con il curatore fallimentare, stipulato dall’ex numero uno lariano il 28 settembre del 2005, ossia pochi giorni dopo la notifica nei suoi confronti dell’ordinanza di custodia cautelare. Nel documento si legge che l’imprenditore avellinese «intende prevenire l’esperimento in confronto suo e del figlio Matteo Preziosi di azione di responsabilità ex art. 146 R.D. 16 marzo 1942, n. 267, da parte del fallimento Calcio Como anche in relazione al periodo successivo alla formale cessazione dalle cariche sua e del figlio». Inoltre, ha anche impedito al curatore l’esercizio di «possibili azioni revocatorie e/o risarcitorie verso Genoa Cricket and Football Club spa» posseduta attualmente da Enrico Preziosi. A seguito di questo atto, la curatela non si è neppure costituita parte civile nel giudizio penale. Nella transazione è previsto il «risarcimento della quota-parte dei danni causati dal proponente e dal signor Matteo Preziosi alla società dichiarata fallita e ai creditori di questa e riferibile ai soli signori Enrico Preziosi e Matteo Preziosi determinata in complessivi 5.500.000 euro».
È dalle relazioni del collegio sindacale che arrivano, infine, le chicche forse più "preziose". La relazione allegata al bilancio del Como chiuso al 30 giugno 2004, l’ultimo prima del fallimento, evidenzia un vero e proprio festival delle irregolarità. A causa di queste i tre componenti, Adolfo Accarino, Guido Campopiano e Giovanni Anastasio, avevano espresso nel loro documento, datato 22 novembre 2004, parere contrario all’approvazione del bilancio. I sindaci premettono che sono stati nominati il 20 giugno 2004, a pochi giorni dalla chiusura dell’esercizio e si sono trovati «nella materiale impossibilità di verificare la vita sociale, contabile e amministrativa del Calcio Como spa, in quanto tale compito era di competenza del precedente collegio sindacale». Il successivo 19 settembre i sindaci procedono alla verifica trimestrale e denunciano che «in quella riunione il collegio sindacale non è stato messo nella condizione di visionare tutti i libri sociali perché non disponibili presso la sede sociale». Ma c’è anche un particolare grottesco. I tre, infatti, segnalano che la relazione per la verifica «NON è stata trascritta nel libro dei verbali del collegio sindacale perché lo stesso era custodito presso il dott. Plazzotta Marco, precedente presidente del Collegio Sindacale». Il rilievo seguente è stupefacente. «In merito alle verifiche extra-contabili – prosegue il collegio – relative all’affidabilità del sistema amministrativo contabile, il collegio sindacale NON ha ricevuto nessuna relazione dal responsabile amministrativo dott. D’Alma Massimo». I tre sindaci segnalano che la società lariana al precedente 30 giugno evidenziava una perdita di 8,2 milioni che aveva eroso il capitale sociale. Di conseguenza, gli "sceriffi" consigliano il ripianamento immediato della perdita e la ricostituzione del capitale.
Creditori vip
Anche la Gea World risulta nell’elenco dei creditori ammessi al passivo del fallimento del Como ammontante a oltre 16,6 milioni, mentre gli esclusi ammontano a 10,6 milioni. La società già presieduta da Alessandro Moggi è stata «ammessa al chirografo per euro 121.836». Nell’elenco risultano alt re società di procuratori o agenti di calciatori tutti creditori chirografari: Stefano Antonelli per 81.539 euro ed escluso per 16mila euro, Branchini & Associati per 41.879 euro ed escluso per 8mila, Silvano Martina per 41.489 euro. C’è anche la Sir di Genova del procuratore Vincenzo Rispoli «ammessa al chirografo per euro 360.228» ed esclusa per 34mila euro. Un altro "re" del mercato, Claudio Pasqualin, è stato escluso per 607mila euro. Anche Publitalia ‘80 è rimasta coinvolta con un credito chirografaro per oltre 48mila euro. Ovviamente sono compresi anche i calciatori. In particolare, vi sono i sei che si sono costituiti parte civile ammessi: Mauro Bressan, Alessandro Colasante, Daniele Gregori, Francesco De Francesco, Luigi Crisopulli e Stefano Rossini, il solo che vanti un credito privilegiato. I primi quattro sono stati riconosciuti creditori chirografari «in quanto la prova del credito è data da un assegno, titolo che per sua natura non reca alcun collegamento funzionale con la prestazione di lavoro che risulta soddisfatta in data 6/7/2004 e come da libera toria sottoscritta dal richiedente». I calciatori non sono stati ammessi per alcuni importi per la mancata ratifica dell’accordo con il Como. Anche Crisopulli è stato escluso per 152mila euro per lo stesso motivo. Nell’elenco compare anche l’ultimo allenatore del Como, Roberto Galia, altra parte civile. Infine, ci sono anche due big del foro: gli avvocati Eduardo Chiacchio e Ruggero Stincardini. Il legale napoletano è stato riconosciuto creditore privilegiato per 116mila euro e chirografaro per 7150 euro per "indennità di trasferta", mentre Stincardini è privilegiato per 116mila euro, chirografaro per 15mila ed escluso per 27mila euro.
Marco Liguori
Curatore contro
Ma facciamo un passo indietro: la relazione del curatore fallimentare Francesco Corrado, e un atto di transazione firmato da quest’ultimo con Preziosi, possono aiutare a comprendere alcuni aspetti della vicenda. Lo stesso Preziosi, nella transazione, specifica «di aver rivestito gli uffici di consigliere di amministrazione, presidente e consigliere delegato di Calcio Como spa, con sede in Como, in via Sinigaglia 2, nel periodo 16 luglio 1997-18 ottobre 2003». Ma, stando al rapporto del curatore, ciò non sembra esimerlo dalle sue responsabilità. Il primo punto cruciale nella relazione riguarda la riunione tra Corrado e D’Alma nel gennaio 2005. Il curatore chiese per iscritto all’amministratore unico del club comasco una relazione dettagliata in dieci punti sul fallimento della società. D’Alma rispose il 10 gennaio 2005, difendendo il suo operato: «Le cause del dissesto sono sicuramente anteriori alla mia durata in carica, viste le preesistenti perdite». L’amministratore prosegue spiegando che «al fine di abbattere parte delle perdite era prevista la rinuncia ai crediti dei soci verso la società, relativi ai precedenti finanziamenti pari a circa 2.500.000 euro, con l’aggiunta di un contributo di 300.000 euro ogni mese da parte di Preziosi e di un contributo annuo complessivo di circa 750.000 euro da parte di Dall’Oglio». D’Alma ha fornito anche informazioni riguardo al suo acquisto del pacchetto di maggioranza del Como dalla Lo. da.s r l. «Formalmente – scrive D’Alma – le azioni sono state rilevate il 21/6/2004 dalla Lo. da. indicandone il prezzo nominale, ma non effettuando nessun esborso in danaro. In realtà mi venne chiesto di svolgere il ruolo di amministratore unico della società; parallelamente, mi venne chiesto di acquistare nominalmente il 74,70% delle quote sociali con l’intesa che le stesse sarebbero state rivendute a terzi, con cui vi erano trattative in corso non perfezionate». Stando alla relazione del curatore, Lo. da aveva a sua volta rilevato l’8 ottobre 2003 il 99,7% del Como dalla Fingiochi, di cui Preziosi era azionista di riferimento. Scorrendo l’elenco soci in Camera di Commercio si ha una sorpresa: Lo. da. è posseduta quasi interamente da una fiduciaria, la milanese Pvm srl. Chi ci sia dietro la società resta un mistero: neanche il curatore fornisce informazioni in merito. Secondo le visure camerali Lo. da. ha un patrimonio da appena 10mila euro: ne è presidente Aleardo Dall’Oglio, nominato al vertice del Como nell’assemblea del 30 ottobre 2003.
Litigi preziosi
Dunque D’Alma deteneva il pacchetto di maggioranza del Como, in attesa dell’arrivo di partner freschi. Aggiunge che gli fu garantito che «sino al momento dell’ingresso dei nuovi soci, Preziosi e dall’Oglio avrebbero provveduto al fabbisogno finanziario della società». Ciò fu effettivamente eseguito. «Poi improvvisamente – prosegue D’Alma – a quanto mi venne detto dallo stesso Dall’Oglio, per dissidi sorti tra lui e Preziosi i finanziamenti cessarono». L’ex amministratore evidenzia che «la situazione della Calcio Como spa era già gravosa al momento del mio ingresso». Nonostante ciò, i suoi rapporti con Preziosi e Dall’Oglio «prima del mio ingresso si sono limitati ad un paio di incontri, mentre più continui sono stati i rapporti tra i loro e i miei consulenti che mi hanno assistito nei primi mesi di gestione». D’Alma conclude la sua relazione evidenziando che il debito verso i tesserati era così ingente «in quanto legato a contratti perfezionati per la quasi totalità in serie A, e non avendo la possibilità di pagarlo in un’unica soluzione, dato che Preziosi e Dall’Oglio avrebbero fornito i contributi promessi solo in tranches mensili, a seguito di trattative con atleti e loro procuratori, come di prassi nel mondo del calcio, è emersa la volontà comune di corrispondere un congruo acconto subito e di transare con dei titoli posdatati, confidando tutti nell’adempimento degli impegni assunti verso la società dai due finanziatori».
Incredibile ma vero. Tutto questo era necessario per ottenere le liberatorie da presentare presso la Lega, per l’iscrizione del Como al campionato di serie C1. In base all’esposto di D’Alma, il curatore fallimentare Francesco Corrado evidenzia come «sembrerebbe che le responsabilità del dissesto sarebbero da addebitare al Signor Dall’Oglio Aleardo e in particolare al Signor Preziosi Enrico». Preziosi ha dichiarato di aver richiesto il dibattimento per dimostrare fermamente la propria innocenza. Tuttavia c’è un documento che ne accerta le responsabilità riguardo al fallimento del Calcio Como: è proprio quell’atto di transazione con il curatore fallimentare, stipulato dall’ex numero uno lariano il 28 settembre del 2005, ossia pochi giorni dopo la notifica nei suoi confronti dell’ordinanza di custodia cautelare. Nel documento si legge che l’imprenditore avellinese «intende prevenire l’esperimento in confronto suo e del figlio Matteo Preziosi di azione di responsabilità ex art. 146 R.D. 16 marzo 1942, n. 267, da parte del fallimento Calcio Como anche in relazione al periodo successivo alla formale cessazione dalle cariche sua e del figlio». Inoltre, ha anche impedito al curatore l’esercizio di «possibili azioni revocatorie e/o risarcitorie verso Genoa Cricket and Football Club spa» posseduta attualmente da Enrico Preziosi. A seguito di questo atto, la curatela non si è neppure costituita parte civile nel giudizio penale. Nella transazione è previsto il «risarcimento della quota-parte dei danni causati dal proponente e dal signor Matteo Preziosi alla società dichiarata fallita e ai creditori di questa e riferibile ai soli signori Enrico Preziosi e Matteo Preziosi determinata in complessivi 5.500.000 euro».
È dalle relazioni del collegio sindacale che arrivano, infine, le chicche forse più "preziose". La relazione allegata al bilancio del Como chiuso al 30 giugno 2004, l’ultimo prima del fallimento, evidenzia un vero e proprio festival delle irregolarità. A causa di queste i tre componenti, Adolfo Accarino, Guido Campopiano e Giovanni Anastasio, avevano espresso nel loro documento, datato 22 novembre 2004, parere contrario all’approvazione del bilancio. I sindaci premettono che sono stati nominati il 20 giugno 2004, a pochi giorni dalla chiusura dell’esercizio e si sono trovati «nella materiale impossibilità di verificare la vita sociale, contabile e amministrativa del Calcio Como spa, in quanto tale compito era di competenza del precedente collegio sindacale». Il successivo 19 settembre i sindaci procedono alla verifica trimestrale e denunciano che «in quella riunione il collegio sindacale non è stato messo nella condizione di visionare tutti i libri sociali perché non disponibili presso la sede sociale». Ma c’è anche un particolare grottesco. I tre, infatti, segnalano che la relazione per la verifica «NON è stata trascritta nel libro dei verbali del collegio sindacale perché lo stesso era custodito presso il dott. Plazzotta Marco, precedente presidente del Collegio Sindacale». Il rilievo seguente è stupefacente. «In merito alle verifiche extra-contabili – prosegue il collegio – relative all’affidabilità del sistema amministrativo contabile, il collegio sindacale NON ha ricevuto nessuna relazione dal responsabile amministrativo dott. D’Alma Massimo». I tre sindaci segnalano che la società lariana al precedente 30 giugno evidenziava una perdita di 8,2 milioni che aveva eroso il capitale sociale. Di conseguenza, gli "sceriffi" consigliano il ripianamento immediato della perdita e la ricostituzione del capitale.
Creditori vip
Anche la Gea World risulta nell’elenco dei creditori ammessi al passivo del fallimento del Como ammontante a oltre 16,6 milioni, mentre gli esclusi ammontano a 10,6 milioni. La società già presieduta da Alessandro Moggi è stata «ammessa al chirografo per euro 121.836». Nell’elenco risultano alt re società di procuratori o agenti di calciatori tutti creditori chirografari: Stefano Antonelli per 81.539 euro ed escluso per 16mila euro, Branchini & Associati per 41.879 euro ed escluso per 8mila, Silvano Martina per 41.489 euro. C’è anche la Sir di Genova del procuratore Vincenzo Rispoli «ammessa al chirografo per euro 360.228» ed esclusa per 34mila euro. Un altro "re" del mercato, Claudio Pasqualin, è stato escluso per 607mila euro. Anche Publitalia ‘80 è rimasta coinvolta con un credito chirografaro per oltre 48mila euro. Ovviamente sono compresi anche i calciatori. In particolare, vi sono i sei che si sono costituiti parte civile ammessi: Mauro Bressan, Alessandro Colasante, Daniele Gregori, Francesco De Francesco, Luigi Crisopulli e Stefano Rossini, il solo che vanti un credito privilegiato. I primi quattro sono stati riconosciuti creditori chirografari «in quanto la prova del credito è data da un assegno, titolo che per sua natura non reca alcun collegamento funzionale con la prestazione di lavoro che risulta soddisfatta in data 6/7/2004 e come da libera toria sottoscritta dal richiedente». I calciatori non sono stati ammessi per alcuni importi per la mancata ratifica dell’accordo con il Como. Anche Crisopulli è stato escluso per 152mila euro per lo stesso motivo. Nell’elenco compare anche l’ultimo allenatore del Como, Roberto Galia, altra parte civile. Infine, ci sono anche due big del foro: gli avvocati Eduardo Chiacchio e Ruggero Stincardini. Il legale napoletano è stato riconosciuto creditore privilegiato per 116mila euro e chirografaro per 7150 euro per "indennità di trasferta", mentre Stincardini è privilegiato per 116mila euro, chirografaro per 15mila ed escluso per 27mila euro.
Marco Liguori