Ha ragione il presidente della Figc, Giancarlo Abete, di aver voluto « ribadire il principio che nessuno può sottrarsi all'accertamento delle proprie responsabilità nei confronti della giustizia sportiva». La decisione, emanata lunedì scorso dal Consiglio Federale, di aver voluto dare un’interpretazione autentica riguardo ad alcune disposizioni normative ha costituito un segnale forte dopo i dubbi sorti con la sentenza di accoglimento di un ricorso di Luciano Moggi da parte della Corte Federale. L’ex direttore generale e consigliere di amministrazione con poteri esecutivi della Juventus era stato accusato di aver costituito un sistema di comunicazioni telefoniche riservate tramite alcune sim svizzere in prossimità dei sorteggi arbitrali e delle partite. Egli aveva ottenuto la cancellazione della sanzione a 14 mesi di inibizione, poiché i giudici avevano accolto la sua tesi che, essendosi dimesso dal maggio 2006, non era più giudicabile. In seguito, aveva presentato ricorso contro l’inibizione di cinque anni con proposta di radiazione impartita alla fine del processo per Calciopoli dell’estate di due anni fa.
La sentenza delle Sim svizzere aveva creato incertezze: ma il Consiglio federale le ha eliminate attraverso il chiarimento delle disposizioni degli articoli 36 punto 7 delle Noif e 19 del Codice di giustizia sportiva. E giustamente Abete ha voluto sottolineare che «non c'è alcuna modifica, abbiamo voluto solo riconfermare la ratio di una norma già emanata per fare chiarezza»: ovviamente non riguarda solo Moggi, ma qualunque tesserato che si trovasse nella stessa situazione. La spiegazione delle affermazioni del presidente si basa sul dettato dello Statuto federale. L’articolo 16 prevede infatti al punto 3 che «è vietato il tesseramento di chiunque si sia sottratto volontariamente con dimissioni o mancato rinnovo del tesseramento a un procedimento disciplinare instaurato o a una sanzione irrogata nei suoi confronti». La linea difensiva di Moggi sostiene appunto di non essere più tesserato e quindi non più giudicabile: con le dimissioni scatta quindi automaticamente la previsione statutaria. Qualora il procedimento fosse stato eventualmente instaurato dopo le dimissioni, si applicherebbe comunque la seconda parte relativa al sottrarsi alla sanzione. Da notare che la norma statutaria è molto drastica, poiché prevede il divieto assoluto di un nuovo tesseramento: quindi l’ex dirigente bianconero non può più far parte del mondo del calcio, neppure se al termine della squalifica non fosse stabilita la radiazione proprio perché con le dimissioni si è sottratto alla sanzione. Anche lo scorso marzo il Tar del Lazio, nelle motivazioni della sentenza che hanno sancito la legittimità dell’inibizione di cinque anni per Calciopoli, ha sottolineato che Moggi doveva essere giudicato dalla giustizia sportiva perché le sue dimissioni da affiliato Figc sono avvenute a scandalo già scoppiato e a inchiesta sportiva in corso. Inoltre, il tribunale amministrativo aveva specificato che l'attività di Moggi si era svolta completamente all'interno del calcio italiano: quindi, sotto l’ordinamento della Federcalcio. L’ex dirigente può ancora ricorrere al Consiglio di Stato contro questa sentenza.
In base a ciò, il Consiglio federale ha voluto ribadire la punibilità di chi si sottrae ai procedimenti oppure alle sanzioni decise dai giudici sportivi, tramite la riformulazione dell’articolo 36 comma 7 delle Noif e del numero 19 del Codice di giustizia sportiva. La prima disposizione prevedeva che «non possono essere nuovamente tesserati coloro che abbiano rinunziato ad un precedente tesseramento in pendenza di procedimento disciplinare a loro carico». La bozza approvata lunedì scorso rafforza il concetto, rispettando quanto affermato nello Statuto, stabilendo che «è vietato il tesseramento di chiunque si sia sottratto volontariamente, con dimissioni o mancato rinnovo del tesseramento, ad un procedimento instaurato o ad una sanzione irrogata nei suoi confronti».
Invece, l’articolo 19 del Cgs finora stabiliva che «i dirigenti, i tesserati delle società, i soci e non soci di cui all’art. 1, comma 5 che si rendono responsabili della violazione dello Statuto, delle norme federali o di ogni altra disposizione loro applicabile, sono punibili» con una o più tipi di sanzioni «commisurate alla natura e alla gravità dei fatti commessi». La bozza federale l’ha riformulata così: «Per i fatti commessi in costanza di tesseramento, i dirigenti, i tesserati delle società, i soci e non soci di cui all’art. 1, comma 5 che si rendono responsabili della violazione dello Statuto, delle norme federali o di altra disposizione loro applicabile, anche se non più tesserati, sono punibili, ferma restando l’applicazione degli articoli 16, comma 3, dello Statuto e 36, comma 7 delle Noif, con una o più delle seguenti sanzioni, commisurate alla natura ed alla gravità dei fatti commessi». Con questi chiarimenti è pienamente rispettato lo spirito e il dettato dello Statuto federale.
Marco Liguori
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Nella foto: Luciano Moggi. (tratta da http://barzainter.blogspot.com/2007_01_01_archive.html)
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