La parte del testo normativo riguardante i nuovi impianti approvato dalla Commissione cultura del Senato contrasterebbe con le disposizioni sul governo del territorio spettanti in esclusiva alle Regioni. E’ invece positiva la semplice dichiarazione di inizio attività che faciliterebbe la ristrutturazione di quelli esistenti
Il disegno di legge sugli stadi è incostituzionale. Questo aspetto poco noto, ma incredibile è emerso durante i lavori del convegno “I bilanci delle società di calcio quotate: governance, tutela dei risparmiatori e degli stakeholders” tenutosi ieri a Roma, organizzato da Federprofessional e Criteria ricerche. Secondo l’avvocato Massimo Rossetti la parte della nuova normativa, approvata lo scorso 7 ottobre dalla Commissione cultura del Senato in sede deliberante, riguarda quella del governo del territorio dove dovrebbero essere costruiti i nuovi impianti insieme ai “complessi multifunzionali” ossia insediamenti residenziali o direzionali. «Questa materia – ribadisce a “il pallone in confusione” l’avvocato Rossetti – spetta secondo la Costituzione alle Regioni: è previsto all’articolo 117, salvo che per la determinazione di principi fondamentali riservata alla legislazione statale. Nel momento in cui le associazioni ambientaliste portassero la questione in tribunale, sollevandone la sua incostituzionalità, la Corte Costituzionale impiegherebbe pochi minuti a rilevarla». La stessa Consulta ha chiaramente spiegato in una sentenza del giugno 2004 cosa si intende per governo del territorio: «tutto ciò che attiene all’uso del territorio e alla localizzazione di impianti ed attività». In questo concetto rientra anche la costruzione dei nuovi impianti e del corollario dei tanto auspicati ed agognati centri commerciali. Per disinnescare il potenziale rischio “bomba” di incostituzionalità del testo di legge, la Camera sembrerebbe orientata a una modifica sostanziale della parte relativa ai nuovi impianti. «Credo che molto probabilmente ci sarà una resipiscenza da parte dei deputati» afferma Rossetti.
Invece, c’è una parte poco conosciuta del ddl riguardante la ristrutturazione e la privatizzazione degli stadi esistenti. «Una parte importante del provvedimento di legge – prosegue Rossetti a “il pallone in confusione” – è incentrata sulla possibilità per i Comuni di cedere alle società calcistiche i diritti reali di proprietà e di superficie degli impianti: questi ultimi per un periodo non inferiore a 50 anni. La procedura prevede l’affidamento diretto e sulla base di un’apposita perizia di stima svolta dall’Agenzia del Territorio competente». Il testo prevede un’importante semplificazione: la ristrutturazione o la trasformazione dei vecchi stadi in complessi polifunzionali sarebbe sottoposta alla Dia (Dichiarazione di inizio attività) senza preventivo permesso di costruire da parte dei Comuni. In più, le società interessate potranno accedere ai contributi a interessi agevolati del Credito sportivo. In questo modo si potrebbero salvare e ristrutturare impianti storici per il calcio italiano come ad esempio l'"Olimpico" e il "Flaminio" di Roma, il “San Paolo” di Napoli, l’”Artemio Franchi” di Firenze e il “Luigi Ferraris” di Genova. Per quest’ultimo è pronto il progetto della Fondazione Genoa e aspetta solo di essere approvato dalle autorità competenti: se alla Camera passasse il testo di legge nella parte riguardante la Dia, potrebbe costituire una valida facilitazione per gli sforzi profusi dal reggente Andrea D’Angelo alla salvaguardia del “tempio”. Nell’impianto ligure bisognerà vedere se sarà il Genoa da solo a impegnarsi nella ristrutturazione oppure assieme alla Sampdoria: il presidente blucerchiato Riccardo Garrone, nonostante la individuazione di un’area presso l’e Colisa, ha per ora ribadito la sua convinzione di costruire un nuovo complesso nelle vicinanze dell’aeroporto del capoluogo. Ci ripenserà ancora?
Marco Liguori
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