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venerdì 7 novembre 2008

Immagini del trionfo del Torino sul Palermo nel 2007-08

Ecco la sintesi filmata di Torino-Palermo 3-1 del campionato 2007-2008 (immagini tratte da You tube). Trionfo granata con gol di Diana e doppietta di Di Michele. Per i siciliani, rete di Amauri, oggi alla Juventus.

Calcio in cifre: decideranno gli attacchi in Torino-Palermo

Si sfidano all'Olimpico i siciliani, che sono l'ottava formazione del campionato per pericolosità, e i granata che possiedono una migliore propensione offensiva. Uomini squadra: Miccoli e Amoruso

Arriva domenica prossima all'Olimpico di Torino un Palermo carico di primati statistici. I numeri di Panini Digital-Lega Calcio riportano del miglior rendimento medio complessivo in dieci gare di campionato dei rosanero rispetto al Torino. A partire dall'indice di pericolosità (48,1% contro 41,7%), che li pone all'ottavo posto di tutta la serie A, molto consistente in rapporto al possesso palla (51% Palermo, 49% Torino) e alle palle giocate (538 contro 504). La squadra di Ballardini possiede anche una migliore propensione a difendere la propria area con il 58%, contro il 52,9% di quella di De Biasi.
I granata hanno però una maggiore propensione offensiva. L'indice medio per partita è di 46,3%, contro il 41,3% dei siciliani. Inoltre presentano una media di 4,6 tiri nello specchio della porta avversaria, contro i 4 dei palermitani. Il Toro però è meno concreto, considerando il fatto che ha realizzato soltanto nove reti, contro le 15 dei suoi antagonisti.
Riguardo ai singoli calciatori, Miccoli è l'uomo squadra del Palermo: 34 tiri, sei gol, 10 assist di cui uno vincente. Risponde il Toro con Amoruso: tre gol, 24 tiri, e un assist vincente.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)

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Calcio in cifre: Napoli più pericoloso della Samp

La squadra di Reja presenta un miglior rendimento offensivo in rapporto al possesso palla e al numero di palle giocate. Occhio a Cassano, uomo squadra blucerchiato con una media due gol e 20 assist. Gli azzurri rispondono con la coppia Denis-Lavezzi: sette reti e 31 assist in due

Le statistiche di Panini Digital-Lega Calcio rispecchiano perfettamente la posizione in classifica di Napoli (4a con a 20 punti) e Sampdoria (14a con 10 punti). Cominiciamo dal cammino in campionato delle due avversarie, tenendo però presente che i genovesi devono ancora recuperare la trasferta contro la Roma: la squadra azzurra ha vinto tutte le quattro gare disputate al San Paolo, con nove gol fatti (media 2,25 a gara) e tre soli subiti (0,75 a gara), con Fiorentina, Palermo, Juventus e Reggina. Invece, la squadra blucerchiata ha un ruolino di marcia fuori dalle mura amiche del "Luigi Ferraris" poco confortante: su quattro partite giocate, un solo pareggio e tre sconfitte, due gol fatti e nove subiti. Le ultime due trasferte con l'Atalanta (persa 4-2) e col Milan (sconfitta per 3-0) sono da dimenticare.
Passando ai dati medi per incontro, si nota lo scarso rendimento della formazione di Walter Mazzarri rispetto a quella allenata da Eddy Reja. La Samp, nelle nove gare che ha disputato finora, ha una media di possesso palla (52%), palle giocate (499) e supremazia in area avversaria (9 minuti e 17 secondi) superiori a quelle del Napoli (rispettivamente 48%, 464 e 8 minuti e 04 secondi). Ma la squadra genovese presenta un pericolosità decisamente inferiore a quella dei napoletani (38% contro 45,2%) e una minore propensione ad attaccare la porta avversaria con un indice pari al 40,7% contro il 47,8% della squadra di casa. La difesa azzurra riesce ad avere la meglio, seppur di poco contro quella blucerchiata: 56,4% contro 53,3%. Dunque, il Napoli riesce a trovare la via del gol e a tenere sotto scacco l'avversario nei 90 minuti di gioco in misura superiore al Doria.
La squadra della Famiglia Garrone si consola con le prestazioni di Cassano: due gol, 20 assist di cui due vincenti, ed è il giocatore con la maggiore propensione al tiro (29 tentativi). Dall'altro lato, risponde il duo argentino in attacco del Napoli: Lavezzi, con 11 assist (di cui due vincenti) 29 tiri e due reti. L'altro sudamericano Denis presenta questo rispettabile ruolino in media per gara: 5 reti su 21 tiri, assieme a otto assist.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)
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mercoledì 5 novembre 2008

Chi deve vergognarsi per i debiti del calcio

Riceviamo e pubblichiamo da Ettore Italo Di Pietramala del sito www.ju29ro.com

La riaffermata intenzione dell'Uefa di eliminare gradualmente la vergogna dei debiti nel calcio ha avuto recentemente sulla stampa nazionale un'eco davvero singolare: ci sono stati tanti articoli sul calcio inglese che, secondo l'audace titolo della Gazzetta dello Sport (del 9/10 a pag.19), sarebbe addirittura "nel baratro" e nessuno sul calcio italiano, nonostante i debiti di Inter e Roma per centinaia di milioni siano prepotentemente balzati all'onore della cronaca (vedi indagine sulla vicenda Saras e il conto col piano di rientro presentato da Unicredit alla famiglia Sensi con scadenza dicembre 2008). Il fatto è che il Presidente della Football Association in una conferenza stampa ha dato ragione all'Uefa, parlando di bilanci non trasparenti e di debiti fuori controllo mentre in Italia l'anatema di Platini ("Vergogna, vince chi bara") non ha apparentemente intaccato nè la flemma di Abete nè la spavalderia di Matarrese e così di conferenze stampa sull'argomento non s'è vista neppure l'ombra.
D'altra parte la reticenza, per non dire l'omertà, del nostro "sistema calcio" non sorprende perché se i bilanci di quasi tutte le società sono traballanti, con debiti "nascosti" nella controllante, o nelle controllate, ed anche falsi (in termini di ordinamento sportivo) le colpe sono diffuse e in tanti dovrebbero vergognarsi: non solo i registi finanziari che firmano i bilanci creativi ma in primo luogo la stampa che, da tempo, ha tradito la sua funzione di informazione e denuncia (mentre insabbia e disinforma) e, subito dopo, gli organismi FIGC di controllo e sanzionatori che, visti i risultati, si può ben dire che sono controllati e non controllano, è non sanzionano per non essere sanzionati.
Cominciamo dalla stampa e riprendiamo proprio l'articolo della Gazzetta secondo il quale il calcio inglese sarebbe nel baratro. E' noto che quasi tutte le società inglesi sono proprietarie degli impianti e quindi hanno sì fatto dei debiti ma si sono patrimonializzate; il Manchester United, per fare l'esempio più significativo, ha sì piu' di 700 milioni di debiti ma, grazie anche al suo stadio, chiude ogni anno il bilancio in attivo e può pagare gli interessi sul debito e le rate di mutuo. La serie A inglese attraversa da anni una fase molto positiva (altro che baratro) con incassi ai botteghini e dai diritti tv sempre in crescita, tant'è che ha attirato l'attenzione prima di finanzieri, magari d'assalto ma con idee chiare sul business del calcio, e più recentemente di sceicchi e petrodollari.
Nel nostro carrozzone, ma questo la Gazzetta non lo dice, è tutto il contrario perché stadi e patrimonio delle società stanno a zero, ai botteghini e per i diritti tv ci sono segni di crisi; l'Inter in due anni ha realizzato perdite per 350 milioni e a Roma la famiglia Sensi deve rientrare di 150 milioni con Unicredit oppure vendere la societ. Mentre oltre-Manica i debiti fanno parte del gioco, in Italia servono solo a gonfiare un pallone che rischia di scoppiare secondo l'allarme che molti esperti hanno suonato da tempo. Ecco perché la scarsa attenzione della nostra stampa tradizionale all'argomento bilanci è una colpa ed anche grave; semmai la Gazzetta, in risposta all'Uefa, avrebbe dovuto sollecitare una conferenza di Abete sui problemi di bilancio delle nostre società, altro che presentare su un quarto di pagina, come ha fatto, una tabella su "Tutti i debiti della Premier", compresi quelli del Wigan e del Hull City.
E non c'è da vergognarsi solo per la scarsa attenzione, perché quando poi un editorialista di grido come Mario Sconcerti affronta l'argomento, può succedere anche di peggio; succede per esempio che sul Corriere della Sera è stato possibile raccogliere in un mese queste due perle: dapprima (con l'editoriale "I miliardi degli emiri falsano le gerarchie ma non sono una novità") l'osservazione che i debiti elevati delle grandi società ci sono sempre stati e che il professionismo l'ha inventato Edoardo Agnelli (cioe' il bisnonno di John Elkann) e prevedeva gia' all'epoca un "indebitamento costante, quasi esponenziale"; e poi quando, volendo argomentare su "Cobolli sbaglia. Anche Moratti ha un progetto", ha scritto che "non e vero che l'Inter e' piena di debiti", aggiungendo che sì, la squadra perde tantissimo ma "le perdite sono continuamente ripianate". Ecco, sarebbe da chiedere a Sconcerti se del ripianamento s'è fatto un'idea da solo, leggendo e interpretando i bilanci dell'Inter, oppure s'è fidato della Gazzetta. Nel dubbio ci limitiamo solo a ricordare (avendo come fonte le ricerche del nostro sito sui bilanci e il Sole 24 Ore) che per coprire il buco di 350 milioni del biennio 2006-07 l'Inter per un parte ha deliberato aumenti di capitale e per la parte rimanente (tra i 150 e i 200 milioni) s'è affidata alla fantasia dei suoi registi finanziari che hanno inventato le finte plusvalenze relative alla compra-vendita del marchio e alla rivalutazione patrimoniale dell'intera società. Un finto ripianamento insomma , roba da retrocessione in termini di giustizia sportiva, che può durare fino a quando c'è speranza che la banca aumenti il fido e gli utilizzi; se poi in quella banca il presidente Moratti siede anche nel Comitato Esecutivo allora uno malizioso può pensare che si tratta di una speranza ben riposta.
Quanto,poi, al richiamo dei tempi andati lo capirebbe anche il "casalingo di Voghera" che è una giustificazione finta (come la compravendita del marchio), perchè dai tempi del senatore Agnelli il contesto normativo è cambiato, anzi, dopo la sentenza Bosman è stato rivoluzionato e con la legge 586/96 (non a caso detta proprio legge Bosman) si è dovuto correre ai ripari pensando proprio ai bilanci e ai debiti, ridisegnando il sistema dei controlli.
Era tanto importante quella legge che è ancora possibile trovare in rete la traccia di una riunione del Consiglio Nazionale del Coni del 23 marzo 2004 (per conferma Sconcerti potrebbe sentire Petrucci) con la quale si stabiliva che le società di calcio dovevano presentare alla FIGC, a cadenza trimestrale, "stato patrimoniale e conto economico con budget che garantisca equilibrio finanziario a consuntivo dell'esercizio".
L'equilibrio finanziario, in particolare, imponeva e impone che i debiti siano un sottomultiplo del fatturato; dato che dopo la sentenza Bosman le società di calcio si ritrovavano con il patrimonio azzerato, l'ordinamento sportivo si era giustamente preoccupato dei debiti, quelli che ai tempi del senatore Agnelli, assicura Sconcerti, crescevano in modo esponenziale (ma le società, all'epoca, possedevano il cartellino dei calciatori).
E siamo così arrivati ai controlli e alle sanzioni dove l'elenco di chi deve vergognarsi è lungo, perchè tutti sono d'accordo sul fatto che i bilanci delle società di calcio non sono "sani", e neppure "corretti", come imporrebbe la normativa, perchè tutti sanno che ci sono degli illeciti e che sono tollerati (vedi l'articolo del prof. Boeri su Repubblica del 3 settembre) ma, quando si prova a ragionare sulle responsabilità, scatta il gioco al rimpiattino: si comincia dalle responsabilità dei presidenti che non sono più i "ricchi scemi" di una volta, si lamentano sì delle perdite ma si tengono stretta la società, anzi, ci portano pure i figli o le figlie (con stipendi che arrivano anche ad un milione di euro all'anno; chiamali scemi!) e ad ogni campionato provano a spendere di più (senza, però, mettere mano al portafoglio).
Si passa alla Covisoc che controlla i bilanci, guarda sì la compra-vendita del marchio da padre in figlio ma "non può vedere" che è finta e fa aumentare i debiti (anche se può vederlo pure uno studente di prima ragioneria ripetente); si rimanda alla Figc (la "Confindustria" dei presidenti di calcio che non sono più ricchi e scemi) dove nessuno chiede rigore o denuncia irregolarità (sarebbe una specie di suicidio quasi collettivo); si finisce col contesto normativo e la specificità dello sport, che nessuno sa bene cos'è (e, infatti. tutti la chiamano in causa).
Dopo l'uscita, con tante polemiche, del prof. Uckmar dalla Covisoc, su queste benedette responsabiltà ci fu un lungo dibattito, che si può rintracciare in rete per ragionarci sopra. Leggendo il dibattito si scoprono due passaggi fondamentali: il primo in una paginata della Gazzetta dello Sport del 15 maggio 2002 (quando era ancora formato lenzuolo e non si limitava solo a "tutto il rosa della vita") e l'altro nell'audizione al Senato del prof. Uckmar del 23 aprile 2004.
Nell'articolo della Gazzetta c'è Carraro che, da politico consumato, chiama in causa il sentimento popolare (vi dice niente?); i bilanci irregolari sarebbero illeciti sportivi ma, si chiede Carraro (all'epoca presidente della Figc e contemporaneamente presidente anche del Mediocredito Centrale della Banca di Roma di Geronzi) "pensate che i tifosi italiani sarebbero in grado di accettare una penalizzazione dei propri club?". Tradotto dal politichese di Carraro e riferito ai nostri giorni sembra quasi che Abete e Matarrese possano avere questo dubbio: se mandiamo l'Inter in B per tutti gli illeciti sportivi che ha fatto, e continua a fare con i bilanci, siamo sicuri che poi i suoi ultras non buttino giù i motorini dalle gradinate di San Siro?
Nell'audizione al Senato, invece, il passaggio fondamentale è quello per cui la situazione dei controlli si sarebbe "ingarbugliata" quando il contesto normativo che doveva tener conto della specificità dello sport è stato riformulato, passando dalla legge 91/1981 alla 586/1996; quella del 1981 prevedeva che la Covisoc dovesse autorizzare le operazioni di carattere straordinario e potesse sindacare sui debiti bloccandoli; con quella del 1996 sono aumentati i controlli, ogni tre mesi le società devono documentare che la gestione è sana e corretta, devono anche indicare come rispettano il budget di inizio stagione (sembra incredibile ma è proprio cosi, c'è scritto nelle Norme Organizzative Interne Federali) ma di sindacare non se ne parla più e la Covisoc dovrebbe, invece, segnalare alla Procura Federale e questa deferire.
In effetti se una società di serie C2 paga le tasse con due gioni di ritardo scattano il deferimento e nell'arco di qualche mese anche le penalità (è successo ancora recentemente) mentre per i bilanci di alcune note società di serie A si arriva a parlare di illeciti tollerati ma di segnalazioni e deferimenti non si parla mai.
I riferimenti a Carraro e Uckmar sono datati 2002-2004. Sono passati solo pochi anni ma è come se fosse passato un secolo perchè, nel frattempo, nell'estate 2006 si è messo in piede il processo di calciopoli nel quale sono stati di nuovo chiamati in causa la specificità dello sport e il "sentimento popolare" ma non per tollerare un illecito che c'era (come si sta facendo per i bilanci sin dai tempi di Carraro), bensì per punire un illecito che non era previsto dalla normativa; il tutto sotto la regia a carattere straordinario di un professionista, il professor Guido Rossi, ex-consigliere dell'Inter e futuro consulente degli eredi di casa Agnelli. Un'offesa all'intelligenza di quanti sono ancora liberi di pensare con la propia testa, una conferma che le scusanti che vengono invocate per non doversi mettere in regola con i bilanci sono logore foglie di fico che non possono più nascondere le vergogne nè, tantomeno, camuffare gli svergognati. Che sono tanti: i "culi di pietra" che hanno occupato e occupano le poltrone di prima fila delle istituzioni sportive, la pletora di professionisti (giuristi di lungo corso, sopratutto) che si prestano a firmare sentenze sensa senso, i politicanti che a tempo perso si occupano anche di sport e poi quelli che nelle istituzioni sportive occupano, scodinzolando, le poltrone di seconda e terza fila e sbavano per scalare qualche posto.
Chi si deve vergognare, Azionisti e Presidenti oppure chi dovrebbe informare e non informa?
Ettore Italo Di Pietramala
(il testo originale è reperibile anche qui)

martedì 4 novembre 2008

Esclusivo/L’errore di Tosel favorisce il Milan

"il pallone in confusione" ha rilevato che il giudice sportivo non ha applicato l’articolo 21 del codice di giustizia sportiva, riguardante il comportamento scorretto recidivo dei sostenitori rossoneri che hanno urlato cori razziali contro i napoletani, sia durante la gara col Siena sia in quella contro il Napoli

Permettete una parola? Il giudice sportivo, Gianpaolo Tosel, ha commesso un altro errore dopo quello rilevato due mesi fa in occasione di Roma-Napoli. Stavolta lo sbaglio riguarda la mancata applicazione della recidiva, prevista all’articolo 21 del Codice di giustizia sportiva, al Milan. E in cosa consiste questo comportamento reiterato illecito dal punto di vista sportivo della società rossonera? Esso non è stato rilevato da Tosel nei comunicati 111 e 117 e riguarda i cori razzisti dei suoi sostenitori nei confronti di Napoli e dei napoletani, cantati allo stadio Meazza come una giaculatoria demenziale sia al 44° minuto del primo tempo della partita di mercoledì scorso col Siena, sia al 2° minuto della gara di domenica scorsa contro gli azzurri. Anzi, per meglio dire, nel testo si parla di «un coro costituente espressione di discriminazione territoriale» nei «confronti della tifoseria avversaria». Questo comportamento è previsto e sanzionato al numero 3 dell’articolo 11 del Codice di giustizia sportiva.
Dov’è l’errore del giudice sportivo? Consiste nel fatto che il coro razzista è stato urlato per due volte consecutive in altrettante gare di campionato, a quattro giorni di distanza l’una dall’altra: siamo dunque in presenza di un comportamento illecito ripetuto, ossia recidivo. Anzi, Tosel ha sanzionato il Milan per la partita col Siena con un’ammenda di 5mila euro, riconoscendo le circostanza attenuanti ex articolo 13. E per quello cantato nella partita col Napoli? L’importo della sanzione è stata addirittura dimezzata rispetto alla precedente, sempre col riconoscimento delle stesse attenuanti. Tosel si è dimenticato però di applicare ai milanisti l’articolo 21 comma 1, riguardante appunto la recidiva. Ecco cosa prevede il testo: «Salvo che la materia non sia diversamente regolata, alle società, nonché ai dirigenti, ai tesserati delle società, ai soci e non soci di cui all’art. 1, comma 5 che abbiano subito una sanzione per fatti costituenti violazione dei regolamenti federali e che ricevano altra sanzione per fatti della stessa natura nella medesima stagione sportiva, è applicato un aumento della pena determinato secondo la gravità del fatto e la reiterazione delle infrazioni». Quindi il Milan doveva subire una punizione più grave: invece, è stato premiato rispetto alla partita con il Siena con la diminuzione da 5mila a 2500 euro della sanzione. «Tosel ha sbagliato – ha spiegato a “il pallone in confusione” l’avvocato Fabio Turrà – poiché non ha tenuto conto della recidiva prevista dall’articolo 21. Anzi, in questo caso la recidiva è specifica ed è molto più grave di una fattispecie generica».
Insomma, il Napoli e i napoletani non solo hanno perso la partita contro il Milan (il cui risultato, si badi bene, è comunque indiscutibile e inopinabile) ma sono rimasti vittime dell’ennesima ingiustizia. Ultima osservazione. Cosa vuol dire la frase che attenua le responsabilità del Milan: «avere la Società concretamente operato con le forze dell'ordine a fini preventivi»? Cosa ha usato contro i suoi tifosi che urlavano i cori incivili contro il Napoli e i napoletani: ha usato il napalm o i lanciafiamme? O più semplicemente ha fatto arrestare o segnalare alcuni di loro? Basta, come ha scritto Tosel, che la società del gruppo Fininvest abbia rivolto «a mezzo display, reiterati inviti al fine di dissuadere il pubblico da tale deprecabile comportamento»? E se non avesse avuto il tabellone luminoso, sarebbe bastato l’avviso con gli altoparlanti? Sembra un modo molto “pilatesco” di ottenere un’attenuante. In più, il giudice sportivo sottolinea «che non è stata rilevata, come riferito dai collaboratori della Procura Federale, una chiara manifestazione di dissenso da parte di altri sostenitori ex art. 13, n. 1, lett. a) CGS». Insomma, il resto del pubblico presente allo stadio Meazza non ha contestato i cori barbari. Qualcuno ci dia spiegazioni per favore: ne va del credito della giustizia sportiva.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)

Nella foto, tratta da http://www.calcioblog.it, tifosi del Milan

Il marketing del calcio tra bare, Borsa e linee d’abbigliamento

Marcel Vulpis, noto esperto della materia, ha analizzato nel suo ultimo volume “Benchmarketing – Dieci idee creative dal pianeta sport business”, cinque casi riguardanti lo sport business nel mondo del pallone e altri cinque di altri sport, che costituiscono esempi utili ai neofiti e ai manager del ramo

Siete interessati al marketing sportivo, ma non sapete come approcciare alla materia? Siete dei superesperti e volete alcuni importanti consigli per ispirarvi? Bene, in libreria è arrivato il testo che fa per voi. Si chiama “Benchmarketing – Dieci idee creative dal pianeta sport business”, edita da L & V Editrice, l’ultima fatica letteraria di Marcel Vulpis, direttore dell’agenzia internet sporteconomy.it e noto esperto della materia. L’autore ha voluto intitolare il libro fondendo due parole magiche della lingua inglese, tanto care al mondo degli affari: benchmark e, appunto, marketing. La prima in italiano significa “metro di paragone”. Ed è quello che fa Vulpis, che ha usato dieci casi particolari del marketing sportivo usati appunto come riferimento per la materia. La metà delle idee trattate riguarda il calcio, ma creatività e innovazione sono presenti anche nella vela, rugby, motori (F.1) e tennis. Il mercato di riferimento è la Gran Bretagna, dove non solo in ambito sportivo, c'è, tradizionalmente, una forte attenzione al marketing e alle sue applicazioni. Riguardo al mondo del pallone, Vulpis comunque sottolinea un aspetto critico: in esso «si assiste a una marmellata di marchi, che potrebbe essere sostituita da un numero minore di loghi e da idee-marketing più innovative».
Il primo caso esaminato nel volume, riguarda il matrimonio tra la British olympic association e la Financial Times Stock Exchange (la Borsa di Londra) come partner per le prossime tre edizioni dei Giochi (fino a Londra 2012). Ogni federazione olimpica inglese sarà legata a un'azienda britannica quotata sul listino londinese. A seguire, c’è la futura esperienza del Fuxia Challenge: una squadra di sole donne impegnate nella 34a edizione della Coppa America. Un attento esame viene svolto alla scelta della Honda, che concorre al mondiale di Formula 1, che svolto la scelta di utilizzare come sponsor solo aziende impegnate nel business dell’ecologia.
Non poteva non mancare il più famoso club calcistico inglese, il Manchester United. I “red devils” hanno creato quattro specifiche linee di abbigliamento che giocano sul nome (Mutd) e sulla data di fondazione del club (1902). A queste si affianca anche "4Life", dedicata al target dei più giovani, e una più retrò in perfetto stile Settanta. Andando a pochi chilometri a nord di Manchester, si giunge a Bolton. La squadra locale, il Bolton Wanderers che non gravita frequentemente nei piani alti della Premie League, ha scelto di legarsi a un marchio internazionale come Reebok (da pochi mesi entrato nell'orbita del colosso Adidas), che sponsorizza non solo la maglia nel ruolo di "main partner", ma anche fornisce la divisa di gara e ha acquisito i naming rights dello stadio. Vulpis tratta anche del caso del Liverpool, che nel suo stadio ha scelto di coccolare i suoi tifosi più fedeli: essi potranno sedersi in un'apposita area vip che gioca sulla data di fondazione della società (1892). E da Liverpool l’autore si trasferisce a Londra, precisamente nello stadio dell’Arsenal: la Sony ha stretto un importante accordo con i gestori dell'Emirates Stadium nel settore tecnologico. Ma c’è anche un altro aspetto molto particolare del calcio-business: quello riguardante il “caro estinto”. L’autore tratta tre casi: la squadra tedesca della Bundesliga, l’Hamburg Sv, ha aperto un cimitero per i propri tifosi a pochi metri dai cancelli dello stadio, mentre il Boca Juniors (campionato argentino) ha creato una linea di bare giallo-blu e l'Everton F.c. (Premier league) organizza funerali ad hoc per i tifosi più fedeli.
Il volume si conclude con l’analisi del mercato dei diritti di nome, meglio conosciuti dagli addetti ai lavori come naming rights, nel rugby, e la scelta della Indesit di puntare sulla pallavolo e sul tennis per la propria strategia di comunicazione aziendale.
Marco Liguori
Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)

Tar Lazio: Carraro ha agito in «conformità alle regole»

Il tribunale amministrativo ha dato ragione all'ex presidente della Figc Carraro, gli è stata tolta anche l'ammenda che gli era stata comminata nell'estate 2006 al termine del processo di Calciopoli

L'ex presidente della Figc Franco Carraro ha incassato l'esito favorevole del ricorso presentato al Tar del Lazio contro le sanzioni ricevute dalla giustizia sportiva per il suo coinvolgimento in Calciopoli. Secondo quanto riferisce la stessa federcalcio, il Tar, con sentenza numero 9547/2008, ha riconosciuto «la conformità alle regole dell'ordinamento sportivo» da parte di Carraro «in occasione della partita Lazio-Brescia campionato 2005/2006, ritenendo ragionevoli e responsabili i mezzi utilizzati per effettuare l'intervento nei confronti della classe arbitrale al fine di richiamarne l'attenzione sulla particolare delicatezza dell'incontro».

Alla vigilia del turno infrasettimanale in cui si giocava Lazio-Brescia, Carraro racconta all'allora designatore Paolo Bergamo le lamentele del presidente della Lazio Claudio Lotito per l'arbitraggio di Massimo Saccani nella precedente partita contro la Reggina. «...Loro (i laziali, ndr) stanno nervosissimi, perché dice che domenica questo arbitro (Saccani, ndr)… Foti è stato dieci minuti da lui nell`intervallo…», erano state le parole di Carraro secondo l'informativa dei Carabinieri. In seguito, Carraro avrebbe chiesto a Bergamo di avvisare l'arbitro di Lazio-Brescia (Daniele Tombolini): «Domani… per carità, se il Brescia deve vincere che è più forte, però che non ci siano… c`è un ambiente qui che è molto teso, capito?». Un'ora dopo, Bergamo chiamò Tombolini, raccomandandosi così con l'allora fischietto anconetano: «E' una partita molto delicata domani, Daniele, perché trovi un ambiente, credimi… Mettiti sulla lunghezza d'onda giuste…».

Quello di Carraro, secondo il Tar, è stato un comportamento legittimo. Il giudice amministrativo ha quindi annullato la decisione della Corte federale anche nella residua parte (l'ammenda di 80mila euro) in cui la sentenza non era stata riformata dal collegio della Camera di Conciliazione Arbitrale dello Sport del Coni, che tolse la diffida all'ex numero uno della federazione.

Fonte: Apcom

http://www.wikio.it

il pallone in confusione

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