Nel bilancio della Eventi Sportivi chiuso al 30 giugno 2014 c’è un risvolto riguardante il passaggio di proprietà da Tommaso Ghirardi a Rezart Taçi. Lo stesso elemento è contenuto nel documento contabile della controllata Parma Football Club, chiuso sempre nello scorso giugno con una perdita di 13,7 milioni e depositato in Camera di Commercio: entrambi sono stati approvati il 27 dicembre scorso. E’ un passo della relazione sulla gestione firmata dal presidente Ghirardi in data 19 dicembre 2014, giorno in cui avviene la cessione della maggioranza delle azioni della Eventi Sportivi alla Dastraso Holdings Ltd di Taçi: «E’ significativo rimarcare che, a seguito della cessione della maggioranza delle azioni della società Eventi Sportivi, avvenuta in data odierna mediante girata delle azioni certificata dal Notaio Giovanni Posio di Brescia e registrata ai numeri 21, 22. 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34 e 35 del registro delle girate dello stesso Notaio, il nuovo socio “Dastraso Holdings Ltd” ha confermato in sede di atto quanto segue: omissis…resta inteso tra le parti che, a seguito delle cessioni di cui al presente accordo, parte cessionaria si impegna a supportare, in modo continuativo e irrevocabile, dal punto di vista societario, finanziario e patrimoniale la società ceduta al fine di garantire la continuità aziendale tanto di questa quanto delle controllate Parma FC S.p.A. e Parma Brand S.r.l., consentendo alle stesse di poter regolarmente adempiere a tutte le obbligazioni sociali». In pratica, è un obbligo sottoscritto dalla Dastraso Holdings di sostenere la Eventi Sportivi e il Parma. Ghirardi aggiunge: «Su tali fondamentali basi, il presente bilancio è stato redatto nella prospettiva della continuità aziendale, che è stata considerata appropriata dagli Amministratori, alla luce delle previsioni formulate e del supporto economico e finanziario garantito dal nuovo socio». Nella relazione sulla gestione del Parma, datata sempre al 19 dicembre, Ghirardi fornisce un quadro del pagamento degli stipendi: «La Società ha regolarmente pagato, nel corso della stagione sportiva 2013/2014 gli emolumenti dovuti i tesserati mentre, a seguito di intervenute difficoltà di natura finanziaria ha provveduto a pagare solo parzialmente quanto dovuto per la stagione in corso».
Il 9 febbraio scorso, al termine delle assemblee dei soci della Eventi Sportivi e del Parma, Pietro Doca, il gioielliere piacentino scelto dal petroliere albanese Rezart Taci come presidente della Dastraso Holding, ha affermato: «Abbiamo operato per il bene della società – si legge su GazzettadiParma.it – Quanto è stata pagata la società? Un euro. Quanto l’abbiamo pagata noi. Perché il problema sono i debiti». Doca ha aggiunto: «Perché ci siamo ritirati? Abbiamo trovato una situazione molto più grave».
Perplessità riguardo alla continuità aziendale sono state espresse dal collegio sindacale e dalla società di revisione Audirevi nelle rispettive relazioni datate 27 dicembre 2014 all’interno del bilancio consolidato della Eventi Sportivi (chiuso con un rosso di 7,32 milioni e un patrimonio netto negativo per 21,2 milioni) e in quello del Parma Fc. Per entrambi l’Audirevi nella sua relazione ha adottato la seguente formula: «Segnaliamo i principali eventi, circostanze, limitazioni ed incertezze sui seguenti aspetti che indicano l’esistenza di un’incertezza significativa che può far sorgere significativi dubbi sulla capacità dell’impresa di operare in continuità aziendale». Nello specifico caso del Parma, la società di revisione rileva: «A causa della perdita di esercizio pari ad Euro 13.695 migliaia, la società versa nelle condizioni previste dall’articolo 2446 del Codice Civile. Il permanere della situazione di squilibrio finanziario della società, tendenzialmente dovuta ad un generale sbilancio tra ricavi e costi e dal mancato raggiungimento dei risultati potenzialmente ottenibili nella campagna trasferimenti 2014, ha generato difficoltà di natura finanziaria che hanno determinato il mancato rispetto di alcune scadenze specifiche prevista dalla Lega Calcio». L’Audirevi spiega: «A causa degli effetti connessi alle incertezze descritte nel precedente paragrafo 3, non siamo in grado di esprimere un giudizio sul bilancio d’esercizio del Parma Football Club Spa al 30 giugno 2014». Analoga conclusione è stata espressa per il bilancio consolidato di Eventi Sportivi.
Nelle due relazioni, il collegio sindacale (Presidente Mario Bastianon, Osvaldo Francesco Maria Riccobene e Francesco Sorlini) comune ad Eventi Sportivi e Parma Fc ribadisce: «Come precisato dal soggetto incaricato della revisione contabile del bilancio in esame e da noi condiviso, segnaliamo l’esistenza di un’incertezza significativa che potrebbe generare dubbi sulla capacità dell’impresa di operare in continuità aziendale». Come già scritto da Ghirardi, anche i sindaci sottolineano che «il nuovo socio di maggioranza della società controllante Eventi Sportivi Spa ha dichiarato, nell’atto di acquisizione della maggioranza delle azioni datato 19 dicembre 2014, il proprio impegno a supportare, in modo continuativo e irrevocabile, dal punto di vista societario, finanziario e patrimoniale la società Eventi Sportivi Spa al fine di garantire la continuità aziendale della stessa e delle società controllate Parma Fc Spa e Parma Brand Srl consentendo alle stesse di poter adempiere a tutte le obbligazioni sociali; su tali fondamentali basi, il bilancio di esercizio è stato redatto nella prospettiva della continuità aziendale che è stata considerata appropriata dagli Amministratori, alla luce delle previsioni formulate e del supporto economico e finanziario garantito dal nuovo socio». I sindaci, secondo quanto riportato nei verbali delle assemblee di Eventi Sportivi e del Parma, «hanno comunicato in data 19 dicembre le loro dimissioni in via irrevocabile».
Marco Liguori
RIPRODUZIONE DELL'ARTICOLO CONSENTITA SOLO PER ESTRATTO PREVIA CITAZIONE DELLA FONTE: WWW.PIANETAGENOA1893.NET
il pallone in confusione
cronache dalla casta del calcio con varie ed eventuali
quotidiano telematico
la balle dans la confusion - the football in confusion - топка в неловко положение
den ball in verwirrung - la pelota en la confusión - a bola em confusão - der bal in verwarring
την μπάλα στη σύγχυση - мяч в путанице - 혼란에 공 - 混乱のボール - 球在混亂
Ricerca personalizzata
lunedì 2 marzo 2015
giovedì 5 dicembre 2013
Laziali incarcerati: Federsupporter predispone azione collettiva davanti all'Ue contro la Polonia
COMUNICATO STAMPA - LAZIALI INCARCERATI IN POLONIA
FEDERSUPPORTER PREDISPONE UN'AZIONE COLLETTIVA DAVANTI ALLA UE NEI CONFRONTI DELLO STATO POLACCO
Il problema della scarcerazione dei nostri connazionali-tifosi, su cui si sono giustamente accentrate in questi giorni le attenzioni , non può far trascurare l’altrettanto , importante problema costituito dalla violazione nei loro confronti di diritti fondamentali previsti e garantiti dalla normativa europea.
A questo proposito, nel richiamare l’attenzione sugli ulteriori approfondimenti svolti dall’Avv. Rossetti nelle note allegate, Federsupporter, in tali note, ribadisce la propria disponibilità a portare avanti un’azione collettiva nei confronti dello Stato polacco dinanzi ai competenti Organi di giustizia europei per violazione di norme fondamentali della UE, con conseguente richiesta di risarcimento dei danni.
E’ evidente che, ai fini della possibilità di tale azione e dell’esito favorevole della stessa, è assolutamente importante che essa venga promossa dal più alto numero possibile di persone mediante, come detto, un’azione collettiva che, peraltro, gli Avvocati designati dall’Associazione stanno studiando e mettendo a punto.
Al fine di cui sopra, si indica l’indirizzo e-mail info@federsupporter.it.
Il presidente
Alfredo Parisi
I fatti di Varsavia: i diritti fondamentali garantiti dall’Unione Europea. Federsupporter ribadisce la propria disponibilità a tutelare i cittadini – tifosi.
(Avv. Massimo Rossetti, Responsabile dell’Area Giuridico – Legale)
Nelle mie note del 2 dicembre scorso relative ai fatti in oggetto (cfr www.federsupporter.it) avevo richiamato alcune norme della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (UE), che, in ciascuno dei Paesi membri dell’Unione, prevede e tutela il diritto di riunione e il suo esercizio da parte dei cittadini di ogni Paese membro.
Nei giorni seguenti e fino ad oggi, si sono succedute dichiarazioni ufficiali del Governo polacco e dell’Ambasciatore polacco in Italia che, a mio avviso, è opportuno valutare alla luce di altre norme della Carta dei Diritti Fondamentali della UE.
Il Ministro degli Esteri polacco ha, tra l’altro, affermato “I tifosi detenuti sono stati trattati in conformità con la legge polacca” e il suddetto Ambasciatore ha affermato “I nostri tribunali hanno ascoltato il giorno dopo tutte le persone fermate, con avvocati ed interpreti”.
Il punto si è che bisognava e bisognerà verificare, non tanto se i tifosi detenuti siano stati trattati in conformità alla legge polacca, bensì se siano stati trattati in conformità al Capo I (Dignità), al Capo II (Libertà) e al Capo VI (Giustizia) della succitata Carta.
Al Capo I (Dignità) l’art. 1 (Dignità umana) stabilisce che “La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata”, l’art. 3 (Diritto all’integrità della persona) stabilisce che “Ogni individuo ha diritto alla propria integrità fisica e psichica” e l’art. 4 ( Proibizione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti) che “Nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti inumani o degradanti”.
All’Ambasciatore polacco in Italia vanno ricordate alcune altre norme della Carta, di cui al Capo II (Libertà) e al Capo VI (Giustizia).
Al Capo II (Libertà) l’art. 6 prevede che “Ogni individuo ha diritto alla libertà e alla sicurezza” e l’art. 12 (Libertà di riunione e di associazione) che “Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione pacifica”.
Va rammentato, inoltre, che al Capo VI (Giustizia) l’art. 47 (Diritto ad un ricorso effettivo e ad un giudice imparziale) dispone che “Ogni individuo ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente ed imparziale, precostituito per legge. Ogni individuo ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare. A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato, qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia”.
Evidenzio che la normativa sopra riportata parla di “esame equo”, di “giudice imparziale”, della “facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare”, insomma di tutto ciò che è necessario per assicurare, non un accesso puramente formale e fittizio, bensì, come specifica detta normativa, “effettivo” alla giustizia. Sempre al Capo VI (Giustizia) l’art. 48 (Presunzione di innocenza e diritti della difesa) stabilisce che “Ogni imputato è considerato innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata” e che “Il rispetto dei diritti della difesa è garantito ad ogni imputato”. Altresì, l’art. 49 (Principi della legalità e della proporzionalità dei reati e delle pene) stabilisce che “Le pene inflitte non devono essere sproporzionate rispetto al reato”.
L’Ambasciatore polacco sa o dovrebbe sapere, quindi, che non è sufficiente, come egli ha detto, che la giustizia polacca sia “completamente libera”, ma è necessario che sia anche rispondente ai principi e dettati, in precedenza richiamati, della Carta dei Diritti Fondamentali della UE.
Aggiungasi che quanto dichiarato dallo stesso Ambasciatore e, cioè, “C’erano 200 tifosi che hanno attaccato la polizia, ma ancora prima di questo attacco si sono comportati in modo aggressivo per le strade seminando il panico” appare in stridente, radicale e insanabile contrasto con le dichiarazioni rese alla Camera dei Deputati italiana dal Vice Ministro degli Esteri, Marta Dassù, la quale ha affermato che “Un limitato gruppo di tifosi ha avuto un comportamento aggressivo nei confronti delle forze dell’ordine, ma la maggior parte no” e che i tifosi sono stati “Trattati malissimo, con pochissimo cibo ed acqua da parte delle autorità competenti”.
Tutto ciò premesso e considerato, rimangono ancora senza risposta i sei interrogativi da me posti nelle mie note del 2 dicembre scorso.
In particolare, per quanto riguarda l’interrogativo numero 2, la SS Lazio non ha ancora specificato se, e in caso affermativo, in quale numero, i tifosi in trasferta a Varsavia siano stati accompagnati da steward della Società e se quest’ultima abbia, oppure no, preventivamente richiesto al Ministero dell’Interno che tali tifosi fossero accompagnati anche da funzionari delle forze dell’ordine italiane, con relativi oneri a carico della Società stessa.
Per quanto riguarda l’interrogativo numero 6, la SS Lazio non ha ancora precisato se aveva fornito, oppure no, ai suddetti tifosi un adeguato e dettagliato vademecum sul come muoversi nella città e sul come comportarsi, onde evitare incidenti e pericoli per l’incolumità propria e altrui, sul modello del vademecum fornito dal Chelsea ai propri tifosi recatisi a Praga il 30 agosto scorso per assistere alla finale di Supercoppa Europea: modello allegato alle mie note del 2 dicembre scorso.
Degno di lode è il senso di solidarietà di cui hanno dato prova i sostenitori e calciatori della Lazio, nonché i sostenitori di altre squadre, che si sono volontariamente quotati onde raccogliere i fondi necessari all’assistenza e alla più sollecita scarcerazione possibile dei tifosi arrestati e detenuti.
Lascia, invece, perplessi il fatto che la SS Lazio non abbia ritenuto opportuno e utile far rimanere a Varsavia, dopo la disputa della partita, un proprio dirigente o esponente allo scopo di poter fornire alle persone arrestate e ai loro familiari colà presenti ogni possibile supporto o, comunque, umano conforto, così testimoniando, se non altro, che la Società non lasciava soli nelle difficoltà propri sostenitori e i loro familiari.
Né a questa presenza societaria poteva ostare il divieto posto dall’ordinamento statale e da quello sportivo alle società di calcio di finanziare o di fornire qualunque utilità ai propri tifosi, comunque organizzati, poiché, nella fattispecie, come riconosciuto dal rappresentante legale della Lazio, si trattava di persone che “non avevano nulla a che vedere con le frange più accese del tifo”.
Ma tale presenza societaria sarebbe stata opportuna e utile, soprattutto tenuto conto del fatto che si trattava, non solo e non tanto di “tifosi”, bensì di “cittadini italiani”, come tutti i parlamentari, interroganti ed interpellanti il Ministro degli Esteri italiano, hanno sottolineato nei loro interventi alla Camera dei Deputati, tra i quali, mi si consenta, ho particolarmente apprezzato, per contenuti e per fermezza, quello dell’Onorevole Giorgia Meloni.
Purtroppo, nel momento in cui scrivo, la vicenda non può dirsi ancora positivamente conclusa per tutti i nostri connazionali detenuti in Polonia e v’è da augurarsi che l’incontro, previsto per domani, 5 dicembre, tra il nostro Presidente del Consiglio dei Ministri e le massime cariche polacche possa permettere siffatta positiva e definitiva conclusione.
Quanto sopra, considerato che, come ha affermato il Vice Ministro degli Esteri italiano, Dassù, “Ci aspettiamo che la Polonia, paese amico e partner, tuteli i nostri connazionali” e considerato, come ha affermato il Ministro degli Esteri polacco, Sikorski, che “Mi impegnerò a risolvere al più presto la questione nel pieno rispetto dello spirito di amicizia che lega l’Italia alla Polonia”.
Si ribadisce, in ogni caso, così come già annunciato nelle mie note del 2 dicembre scorso, che Federsupporter resta a disposizione di quei cittadini – tifosi che volessero inviare circostanziate denunce di violenze e/o soprusi subiti, con piena assunzione di responsabilità in ordine alla veridicità dei fatti denunciati, con riserva di valutare tali denunce ed eventualmente mettere a punto possibili ed opportune iniziative e azioni collettive a tutela dei diritti fondamentali eventualmente violati e per conseguire il relativo risarcimento dei danni subiti. Al fine di cui sopra, si indica l’indirizzo e-mail info@federsupporter.it.
In particolare, si fa presente che, a parte la difesa dei singoli nei procedimenti loro intentati in Polonia, vi è la possibilità di un’azione collettiva nei confronti dello Stato polacco dinanzi ai competenti Organi di giustizia europei per violazione, come visto, di norme fondamentali della Carta UE, con conseguente richiesta di risarcimento dei danni.
E’ evidente che, ai fini della possibilità di tale azione e dell’esito favorevole della stessa, è assolutamente importante che essa venga promossa dal più alto numero possibile di persone mediante, come detto, un’azione collettiva.
A questo proposito, già sono pervenute a Federsupporter alcune denunce e già gli Avvocati designati dall’Associazione se ne stanno occupando.
Avv. Massimo Rossetti
lunedì 2 dicembre 2013
L’OPINIONE - Fabio Turrà: «Lo Juventus Stadium rischia una ulteriore squalifica»
L’incontro
di calcio delle 18,30 di ieri sera tra la Juventus e l’Udinese doveva svolgersi
con le cosiddette “curve” chiuse, la Nord e la Sud, dopo la squalifica dei due
settori da parte del giudice sportivo Tosel, all'indomani della sfida casalinga
della Juve con il Napoli, durante la quale i tifosi bianconeri avevano intonato
cori di discriminazione territoriale contro i napoletani.
Bisogna
considerare che tale sanzione era stata già comminata per gli ingiustificati
cori contro i napoletani, in occasione di Juventus-Genoa, ma la sanzione era
stata sospesa di un anno a patto che non venisse reiterata durante questo
periodo: in caso contrario, la nuova sanzione si sarebbe sommata alla
precedente.
Era
stato evidenziato che intonare più volte quei cori "integra
inequivocabilmente, senza la necessità di ulteriori approfondimenti, gli
estremi del comportamento discriminatorio per origine territoriale, rilevante
ai fini sanzionatori per dimensione e percettibilità".
La
sanzione della chiusura dello stadio, o di suoi settori, è un’applicazione
della opinabile (a mio modesto avviso deprecabile) regola della responsabilità
oggettiva e risulta essere oltremodo odiosa per tutti quei tifosi ed
appassionati che non partecipano ai cori o ad altri atti vietati dai
regolamenti, ma soprattutto ai presidenti delle società, che vedono diminuire i
loro incassi “da stadio” malgrado ogni loro sforzo di arginare il problema, tra
l’altro mediante avvisi preventivi alla gara e/o durante lo svolgimento della
stessa.
La
sanzione della chiusura dello stadio, o di suoi settori ha però anche l’effetto
di rendere silenzioso lo stadio, dunque privo dell’incitamento dei propri
sostenitori e ciò può rivelarsi molto importante per le squadre che giocano in
alcuni stadi “caldi”, dove il fattore “campo” ha la sua notevole importanza.
La
Juventus, con un po’ di furbizia, ha tentato di ovviare a questo aspetto che
avrebbe potuto rendere meno aggressiva la propria squadra, senza la forza di
incitamento del proprio tifo, riempendo i settori squalificati con tanti
bambini minori di 13 anni (pare che siano stati un numero compreso tra 12.000 e
14.000): ebbene, ciò che si è verificato ha dell’incredibile! Gli “innocenti”
bambini intervenuti, ad ogni rinvio del portiere dell'Udinese Brkic, intonavano
il coro "m…" e non sono mancati pesanti insulti all'arbitro ed ancora
una volta, guarda caso, “noi non siamo napoletani”.
Di
tanto si sono accorti non solo, in diretta nel corso della telecronaca su Sky
Sport 1 di Juventus-Udinese, il cronista Maurizio Compagnoni e l'opinionista e
commentatore Giancarlo Marocchi, che hanno detto: "Crescono bene sin da
piccoli i tifosi bianconeri", ma anche coloro che hanno commentato ieri
sera i servizi mandati in onda sulle varie reti pubbliche.
Dunque
un po’ tutti si sono accorti della inadeguatezza dei cori e del deprecabile
atteggiamenti dei piccoli “tifosi”, ma se ne accorgerà anche il Giudice
Sportivo? Potrà squalificare nuovamente i settori incriminati? Credo proprio
che dovrebbe farlo, visto che è stata proprio la società Juventus ad ideare l’iniziativa
a proprio vantaggio, come sopra evidenziato, chiedendo l’autorizzazione all’osservatorio
del Viminale ed ottenendo parere favorevole dalla Figc ed anche dalla Lega
Calcio, tanto da far anticipare la gara con l'Udinese, prevista per le 20,45,
alle 18,30. Dunque, stando al regolamento, dovrebbe essere ancora la Juventus a
rispondere – per responsabilità oggettiva – dell’operato dei propri sostenitori,
seppur ancora in erba.
Fabio
Turrà
Avvocato,
esperto di diritto sportivo
martedì 27 agosto 2013
Le "delizie" della sanità napoletana in agosto
Ho avuto la sventura di dover usufruire del pronto soccorso di alcuni ospedali napoletani per un tappo di cerume alle orecchie. Lunedì 12 agosto sono andato con la mia fidanzata al Secondo Policlinico e mi hanno rinviato al Cardarelli: qui mi è stato detto che non c'era l'otorino e che dovevo rivolgermi al Vecchio Pellegrini. Giunto in quest'ultimo ospedale, mi sono reso conto dello stato in cui versa la sanità campana. I locali del pronto soccorso erano in ristrutturazione e le prestazioni d'urgenza erano svolte in alcuni locali di fortuna al pianterreno: l'accettazione era costituita da due tavoli con due pc in mezzo a un corridoio. Non c'era personale amministrativo: alcune dottoresse svolgevano in modo quasi eroico le funzioni di accettare i pazienti e di assisterli, assieme ad altri colleghi. Mi hanno indirizzato all'ambulatorio dell'otorino al quarto piano: mi ha visitato quasi subito diagnosticandomi il tappo di cerume. Poiché ero in codice bianco, mi ha spiegato non avevo diritto alla risoluzione immediata del mio problema di salute. In seguito, all'accettazione mi consegnano una ricevuta recante la "modica" cifra di 50 euro da pagare solo per la visita: si badi bene, soltanto in posta oppure alla cassa dell'ospedale, poiché altri mezzi di pagamento non sono consentiti. Per togliere il tappo dovevo andare dal medico curante e farmi preparare la prescrizione per l'ambulatorio. Considerati i lunghi tempi ospedalieri, ho cercato un otorino privato: ma sono tutti in vacanza, dovrò aspettare sino a settembre. Morale: meglio non ammalarsi in agosto, o perlomeno, occorre avere una patologia da codice rosso per essere presi in considerazione.
Marco Liguori
giovedì 18 luglio 2013
FEDERSUPPORTER - Il caso ZARATE: un tentativo per cercare di capirci qualcosa
Come
è noto, è attualmente in corso un procedimento arbitrale, su ricorso del calciatore
Mauro Zarate, con il quale quest’ultimo chiede la risoluzione anticipata del
contratto che lo lega alla Lazio perché la Società lo avrebbe emarginato dal
resto della prima squadra.
Si
è appreso, nei giorni scorsi, da notizie di stampa, che il suddetto giocatore,
indipendentemente dall’esito del sopracitato procedimento arbitrale, si
riterrebbe comunque libero dal contratto con la Lazio ai sensi del Regolamento
FIFA sullo status e sui trasferimenti internazionali dei calciatori.
Ciò
premesso, secondo quanto riportato ieri, 17 luglio, in un articolo di Fabrizio
Patania su “Il Corriere dello Sport” , pag. 12, sembra che Zarate, per
risolvere anticipatamente il contratto con la Lazio, si sia avvalso, non
dell’art. 15 ( Risoluzione del Contratto per Giusta Causa Sportiva), bensì dell’art. 14 ( Risoluzione del contratto
per giusta causa) del Regolamento
FIFA.
Art.
14 che, indipendentemente dalla
giusta causa sportiva di cui all’art. 15 ( disputa di meno del 10% delle gare
ufficiali a cui partecipa la società di appartenenza e recesso dal contratto
nei 15 giorni successivi all’ultima gara ufficiale della stagione disputata
dalla predetta società), prevede la possibilità di risolvere il contratto,
senza incorrere in alcuna conseguenza ( corresponsione di indennità e sanzioni
sportive), ove sussista una qualunque giusta causa di recesso, non ricompresa in quella specifica ( giusta causa
sportiva) ex art. 15 .
Il
motivo dell’asserita scelta effettuata dal calciatore viene indicato
nell’articolo di stampa citato nelle affermate mancanza del requisito della
disputa di meno del 10% delle gare ufficiali e della comunicazione del recesso
entro il termine di 15 giorni successivi all’ultima gara ufficiale ( 26 maggio)
disputata dalla Lazio.
Le
conseguenze della risoluzione del contratto senza giusta causa sono contemplate
dall’art. 17, il quale stabilisce che la parte che risolve il contratto senza
giusta causa deve corrispondere all’altra una indennità “ calcolata nel
dovuto rispetto delle leggi nazionali vigenti, della specificità dello sport e
di tutti i criteri oggettivi del caso. Tali criteri comprendono : la
remunerazione ed altri benefici dovuti al giocatore ai sensi del contratto
esistente e/o del nuovo contratto, la durata del tempo
rimanente nel contratto esistente fino ad un massimo di 5 anni, l’importo di
qualsiasi quota e spesa pagate o contratte dalla vecchia Società ( ammortamento
nel corso della durata del contratto), e se la risoluzione avviene durante un
periodo protetto (ndr nel corso
della stagione ) “.
Nel
caso in cui la risoluzione del contratto priva di giusta causa, ove il recesso
sia stato comunicato successivamente alla conclusione della stagione sportiva (
periodo protetto), ciò esclude, a parte la corresponsione dell’indennità, l’imposizione
di sanzioni sportive a carico della parte recedente.
Nel
caso, poi, che il recesso risultato privo di giusta causa sia stato comunicato
dopo i 15 giorni successivi all’ultima partita ufficiale della stagione,
inclusa la Coppa nazionale, disputata dalla società presso la quale il
calciatore è tesserato, potranno essere applicate misure disciplinari a carico
di quest’ultimo.
L’art.
22 ( Competenza della FIFA)
prevede, altresì, che la FIFA, senza pregiudizio per il diritto di un calciatore
o di una società di adire un Tribunale Civile Nazionale per una controversia
relativa ad un rapporto di lavoro, è competente per le controversie fra società
e calciatori in relazione al
mantenimento
della stabilità contrattuale ( art. 13-18), se c’è reclamo di una parte interessata in relazione a questa
richiesta, in particolare con riferimento alla sua emissione, alle sanzioni
sportive o all’indennità per la rottura del contratto.
Secondo
l’art. 23, la giurisdizione
sulle questioni di cui sopra è della Camera per la Risoluzione delle
Controversie (CRC) che, di regola, deve giudicare entro 30 giorni dal
ricevimento di una richiesta valida. La CRC, nel prendere le proprie decisioni,
oltre ad applicare il Regolamento,
prende
in considerazione tutte le disposizioni rilevanti, le leggi e/o gli accordi
collettivi esistenti a livello nazionale, così come la specificità dello sport.
Resterebbe,
inoltre, aperta la via per la società di adire il Tribunale Civile Nazionale
per la controversia relativa al rapporto di lavoro, ma, in questo caso, un’eventuale
decisione del Tribunale adito a favore della società stessa non avrebbe,
comunque, conseguenze sul piano sportivo,bensì solo su quello civilistico (
risarcimento dei danni).
A
questo punto, però, si pone il dubbio che, nella fattispecie, vi sia la
competenza della FIFA a giudicare circa l’esistenza della giusta causa, in
quanto l’art. 22, comma 1, lettera b, relativamente alle “ controversie tra società e calciatori in
materia di rapporti di lavoro, che abbiano una dimensione internazionale”, esclude tale competenza, qualora sia “ istituito
a livello nazionale un collegio arbitrale autonomo che garantisca un
procedimento giusto ed il rispetto del principio dell’eguale rappresentanza dei
calciatori e delle società nell’ambito della Federazione e/o di un accordo
collettivo”.
Si
dovrebbe, pertanto, concludere, alla luce di questa disposizione, che, nel caso
in esame, a decidere circa l’esistenza, oppure no, di una giusta causa, non sia
la FIFA, bensì il Collegio Arbitrale adito da Zarate.
Osservo
che, se ciò fosse vero, il Collegio dovrebbe, comunque, attenersi, in ordine
alle conseguenze dell’eventuale accertata mancanza di giusta causa, alla
normativa FIFA circa tali conseguenze, in precedenza descritte, previste da
detta normativa ( art. 17 ).
L’ordinamento
sportivo della FIFA è, infatti, sovraordinato a quelli nazionali e, quindi, le
disposizioni in esso contemplate integrano, qualora carenti, i secondi o vi si
sostituiscono in caso di contrasto.
Il
contratto, perciò, anche nell’eventualità di accertamento da parte del Collegio
dell’assenza di una giusta causa, resterebbe risolto, dovendosi limitare il Collegio
stesso a determinare l’indennità in favore della società, secondo i criteri di
cui all’art. 17, mentre, per quanto riguarda l’imposizione di misure
disciplinari nei confronti del calciatore, nel caso in cui il recesso privo di
giusta causa fosse stato comunicato dopo i 15 giorni successivi all’ultima gara
ufficiale disputata dalla Società, quest’ultima, a mio avviso, dovrebbe
rivolgersi alla FIFA.
Così
come, parimenti, la Società dovrebbe rivolgersi alla FIFA per richiedere che,
sempre nel caso di accertata mancanza di giusta causa, vengano sanzionate le
persone( dirigenti di società, agenti dei calciatori, etc.) che avessero agito
in maniera da indurre alla risoluzione contrattuale immotivata un calciatore e
una società per facilitarne il trasferimento ( art. 17, comma 1, punto n.4).
La
giusta causa generica di cui all’art. 14 può consistere in gravi inadempienze
da parte della società, quali, a titolo esemplificativo: mancati pagamenti di
retribuzione, mobbing, peggioramento delle mansioni e condizioni lavorative,
comportamenti ingiuriosi.
Quanto,
poi, all’eventuale rinuncia da parte del giocatore agli atti del procedimento
arbitrale, poiché il Regolamento di tale procedura previsto dall’Accordo
Collettivo per i Calciatori dispone che, in via sussidiaria alle norme del
Regolamento stesso, si applicano quelle del Codice di Procedura Civile ( CPC),
secondo l’art. 306 di
quest’ultimo, l’estinzione del processo per rinuncia agli atti del giudizio
deve essere accettata da tutte le parti costituite che abbiano interesse alla
sua prosecuzione.
Pertanto,
l’eventuale rinuncia di Zarate al procedimento arbitrale, per poter conseguire
l’estinzione di quest’ultimo, dovrebbe essere accettata dalla Lazio, potendo
essa, invece, rifiutarla, avendo interesse alla prosecuzione del suddetto
procedimento ( lodo che accerti l’inesistenza di comportamenti atti ad
emarginare il giocatore).
A
proposito di giusta causa, sempre da notizie attinte da organi di informazione,
sembrerebbe che la Lazio non abbia corrisposto alcuni emolumenti al giocatore e
che l’Avvocato che assiste la Società abbia replicato , sostenendo che, se ciò
è avvenuto, è “perché lui ha smesso di allenarsi“ ( cfr. “La Gazzetta dello Sport”, 16 luglio
2013).
Al
riguardo, l’art. 11 del CCNL per i calciatori prevede,tra i provvedimenti disciplinari
applicabili da parte delle società, da graduarsi in relazione alla gravità
dell’inadempimento, la riduzione della retribuzione.
Questa
sanzione non può, però, essere comminata direttamente dalla società, così come l’esclusione temporanea dagli
allenamenti, dovendo, previa contestazione scritta al calciatore degli
addebiti, essere proposta al Collegio Arbitrale che, a propria volta, decide se comminare, oppure
no, la sanzione proposta.
Ne
consegue che l’eventuale mancato pagamento di compensi al calciatore, quale
sanzione disciplinare, come, nel caso in esame, per aver smesso di
allenarsi, al di fuori della
procedura sopra illustrata, deve ritenersi illegittimo, costituendo una
violazione dell’art. 5 (Pagamento delle retribuzioni) del suddetto CCNL e potendo, quindi, integrare, di
per sé, una giusta causa di risoluzione anticipata del contratto da parte
del giocatore.
Per
concludere, in attesa degli esiti della complessa vicenda, si può, però, dire,
sin d’ora, che, nella fattispecie, non sembra che gli interessi economici della
Lazio siano stati prudentemente e adeguatamente salvaguardati.
Quanto
sopra se si pensa che, nella sessione di mercato di gennaio del corrente anno,
il calciatore avrebbe potuto probabilmente essere ceduto per 5-4 milioni di
euro , anziché per i 10-8 milioni pretesi dalla Lazio, evidentemente non rispondenti
alla quotazione di mercato di un giocatore non utilizzato, escluso dagli
allenamenti con la prima squadra e ormai prossimo alla scadenza naturale ( 30 giugno
2014) del contratto.
Si
tenga presente che, tra costo di acquisizione, compensi per intermediazione ed
emolumenti lordi al calciatore, Zarate ha comportato finora per la Società un
investimento complessivo di circa 45 milioni di euro.
Avv. Massimo Rossetti, Responsabile dell’Area Giuridico-Legale Federsupporter
martedì 23 aprile 2013
Federsupporter aveva anticipato l'intervento Agcom sui problemi dei diritti tv nel calcio
L’intervento
dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sui diritti televisivi: i
nodi vengono al pettine. Le proposte di Federsupporter
(Avv. Massimo Rossetti, Responsabile dell’Area Giuridico-Legale)
Tutti
gli organi di informazione, sportivi ed extrasportivi, hanno dato e stanno
dando ampio risalto all’intervento in oggetto. Se
avessero prestato qualche attenzione a FEDERSUPPORTER, avrebbero potuto
cogliere, sin dal 2011,
l’essenza delle questioni oggi poste dall’Autorità (AGCOM).
In
una mia nota del 6 giugno 2011, intitolata” Uno tsunami sui diritti
televisivi” ( ved. www.federsupporter.it), di commento
alla sentenza del Consiglio di Stato dell’aprile-maggio dello stesso anno, nel
ricostruire i fatti e la storia delle vicende che avevano portato a quella
sentenza ( tutto nasceva da una controversia sorta nel 2009 circa la cessione dei diritti televisivi per i
campionati di calcio di Serie A e B , relativamente alle stagioni sportive
2010/2011 e 2011/2012), avevo evidenziato alcuni aspetti salienti.
Più
precisamente, che il Consiglio di Stato, definitivamente pronunciando, aveva confermato che l’attribuzione
dei diritti televisivi, così come allora effettuata dalla Lega, era da
considerarsi illegittima anche nel merito, in quanto restrittiva della concorrenza e idonea a produrre effetti
negativi sui consumatori ( i tifosi),
inducendo a prezzi di fruizione dei contenuti televisivi più elevati e a una
inferiore varietà e qualità dell’offerta.
A
questo proposito, ritenendo ingenuamente che, alla luce della richiamata sentenza, le Leghe Calcio, in
particolare quella di Serie A, avrebbero tenuto conto di quanto stabilito dalla
sentenza stessa, ai fini della futura spartizione dei ricavi da diritti
televisivi, sottolineavo che, determinandosi una maggiore concorrenza e,
quindi, minori costi per i tifosi consumatori di spettacoli calcistici
televisivi, con conseguenti minori entrate per le società a tale titolo, queste
ultime avrebbero dovuto basare le loro strategie su politiche volte a riportare
i tifosi negli stadi.
Le
presenze allo stadio erano e sono, soprattutto in serie A, drammaticamente in
calo (diminuzione del 6,5%
nella stagione 2011/2012 rispetto alla stagione 2010/2011, con costante
decremento dalla stagione 2009/2010. Dato tratto da “ Report Calcio 2013” della Arel per la FIGC).
Nulla
di tutto ciò: tanto è vero che le società di calcio, in specie appartenenti
alla Serie A, hanno continuato e continuano, imperterrite, con la scusa ed il
comodo alibi della mancata approvazione di una legge sugli stadi, a vivere
essenzialmente grazie ai diritti televisivi ed alle famigerate plusvalenze da
cessione delle prestazioni dei calciatori, mentre i ricavi da stadio rappresentano appena un insignificante 9 % del
totale dei ricavi ( dato tratto da
“Report Calcio 2013” ) .
Con
una mia successiva nota dell’11 ottobre 2011 ( ved. www.federsupporter.it),
davo notizia, commentandola, di una sentenza in data 4 ottobre dello stesso
anno della Corte di Giustizia Europea sulle
trasmissioni audio-visive delle gare di calcio con, in prospettiva, effetti
ancora più sconvolgenti sulla commercializzazione dei diritti televisivi.
Dalla
sentenza traevo tre punti chiave :
1)
La legittimità e liceità
della commercializzazione e dell’uso
in tutti i Paesi membri della UE di dispositivi di decodificazione di
trasmissioni televisive fabbricati e/o commercializzati con l’autorizzazione di
un Ente televisivo di uno dei suddetti Paesi ;
2)
La violazione di norme
comunitarie sulla concorrenza da
parte di clausole di contratti di licenza per la trasmissione di partite di
calcio vietanti ad Enti radio-televisivi di fornire impianti di decodificazione
che permettano l’accesso a tali trasmissioni anche al di fuori della zona
geografica oggetto dei suddetti contratti di licenza;
3)
L’inesistenza della tutela
del diritto di autore relativamente
agli incontri di calcio e della tutela accordata dal diritto comunitario nell’ambito
della proprietà intellettuale, non potendo tali incontri essere considerati
creazione intellettuale, essendo disciplinati dalle regole del giuoco che non
lasciano margini per la libertà creativa.
Nelle
Conclusioni della mia citata
nota, ribadendo l’esigenza per le Istituzioni sportive e per le società di
calcio di adottare politiche volte ad incentivare la partecipazione diretta del
pubblico alle gare, affermavo: «Ancora una volta, dunque, appare vieppiù
necessario ed urgente che, anche grazie all’attività ed all’opera portate
avanti e che saranno perseguite da FEDERSUPPORTER, si realizzi, si rafforzi e
si sviluppi nei consumatori, diretti ed indiretti, di spettacoli sportivi la
coscienza, la consapevolezza e l’esigenza di unirsi per far valere i propri
diritti ed interessi,
pretendendo il più scrupoloso e rigoroso rispetto di quanto, sia il diritto
comunitario sia quello nazionale, già riconoscono e dovranno riconoscere loro,
in conformità ed in coerenza con un mercato ed una concorrenza sempre più
aperti e liberi».
In
linea di continuità con l’attenzione sempre prestata agli argomenti fin qui
trattati, peraltro nella più totale disattenzione agli stessi da parte del mondo sportivo, in specie
di quello calcistico c.d.” maggiore” e nel più assordante silenzio della generalità dei mass media, il libro “ L’impresa
sportiva come impresa di servizi: il supporter-consumatore”, di cui sono coautore insieme con l’amico Alfredo
Parisi e che è stato ufficialmente presentato al pubblico ed alla stampa il 10
aprile scorso a Roma, presso
l’Hotel Valadier, si apre con una proposta di legge che, ad integrazione del
Codice del Consumo, prevede una specifica disciplina del rapporto di consumo
sportivo e l’istituzionalizzazione
della figura del consumatore sportivo.
Aggiungasi
che il libro dedica l’intero Capitolo 6 , pagg. 66-81, ai bacini di utenza e ad aspetti interpretativi ed applicativi della
legge ( c.d.”legge Melandri”) sui diritti televisivi, nonché, nelle Appendici,
da pag. 193 a pag 205, contiene
due specifici documenti che, pure, si occupano della materia .
E’
evidente, pertanto, che l’odierno intervento della AGCOM non può suscitare
meraviglia né può essere
considerato improvviso ed inaspettato.
Come
si è visto, infatti, esso ha un nutrito e solido retroterra giuridico,
oltreché socio-economico.
I
caposaldi di tale intervento sono quelli, storicamente propri della normativa
comunitaria e nazionale,della tutela della concorrenza, del favore verso tutte
quelle pratiche che incentivano la competizione e premiano il merito,
anziché incoraggiare e premiare le rendite di posizione.
Ma
quello che, almeno dal punto di vista di FEDERSUPPORTER, più preme mettere in
risalto del suddetto intervento è l’enucleazione e la tipizzazione della
figura del tifoso-consumatore,
come tale titolare di ben precisi diritti ed interessi degni di tutela e non, come sino ad oggi prevalentemente considerato,
come mero destinatario di prescrizioni, obblighi, restrizioni, divieti e come “utile
idiota” da spremere economicamente
il più possibile e da utilizzare come obbediente “ claque”, pagante e non
pagata, negli stadi.
E,sotto
questo profilo, la strada aperta da FEDERSUPPORTER, insieme con il CODACONS, con le ormai storiche sentenze del Consiglio di
Stato e del TAR del Lazio sulla illegittimità dell’inscindibilità della tessera
del tifoso da carte di credito ricaricabili, proprio sull’assunto che il tifoso è un consumatore, sta dando i
suoi frutti, come è dimostrato da una recente sentenza del Tribunale Civile
di Torino, che mi riservo di
commentare più in dettaglio, e che, per l’appunto sulla base delle norme poste
a tutela del consumatore, ha sancito la nullità di clausole contrattuali relative all’acquisto di abbonamenti a gare di
calcio escludenti la responsabilità della società venditrice, qualora la gara non possa disputarsi
o venga spostata o non ne sia consentito l’accesso agli spettatori ( il caso
degli abbonamenti del Cagliari è, da questo punto di vista, eclatante e
paradossale) .
Né
sorprende più di tanto che alcuni”signori” o “ signorotti” del pallone ( ma, in
questo caso, più che “ del”,
direi, “nel” pallone) abbiano
fatto o facciano mostra di volersi impipare dell’intervento dell’AGCOM,
attribuendo ad esso nessuno o scarso valore.
Così
come, da parte dei medesimi personaggi, si ignora o si finge di ignorare che
l’autonomia e la specificità accordate dall’ordinamento statale a quello
sportivo si basa sulla riconosciuta dimensione sociale dell’attività
sportiva, con la conseguenza che non
si possono privatizzare i diritti ed i vantaggi derivanti da tale attività e
socializzarne i doveri e gli oneri.
D’altra
parte, se fosse vero che i ricavi da diritti televisivi fossero “ cosa loro”, non si comprende allora per quale motivo vi
sarebbe stata la necessità di una legge per stabilirne i criteri di
ripartizione.
Allo
stesso modo, tali personaggi ignorano o fingono di ignorare che, tra i compiti, le prerogative ed i poteri delle Autorità
indipendenti, vi è quello di
sollecitazione e proposta al Parlamento ed al Governo.
D’altronde,
tutto il background in precedenza ricordato in materia di diritti televisivi e
di tutela dei diritti e degli interessi dei tifosi, quali consumatori, lascia
chiaramente trasparire che l’odierno monito della AGCOM ha natura e caratteristiche
analoghe a quelle che hanno le sentenze additive di principio della Corte
Costituzionale : laddove
quest’ultima, anziché procedere subito alla declaratoria di incostituzionalità
di una legge, preferisce indicare espressamente al legislatore quali misure
prendere allo scopo di rendere costituzionalmente legittima la legge stessa.
Ma,
indipendentemente dal fatto che il legislatore vorrà o non vorrà tenere conto
del monito dell’AGCOM, resta, pur sempre, aperta la via giudiziaria alla
soluzione dei problemi sollevati
dall’Autorità.
Dai
rilievi mossi da quest’ultima si evince, infatti, come la normativa sui diritti
televisivi, così come è oggi, confligge, non solo con la normativa interna sulla concorrenza e sul mercato, ma, anche, anzi,
soprattutto, con quella comunitaria .
Laddove,
stante il principio di prevalenza della seconda sulla prima, il giudice
italiano, ove adito per accertare
tale conflitto e ove accertatolo, dovrà disapplicare le norme nazionali in contrasto con quelle comunitarie.
Resterebbe,
in ogni caso, aperta anche la via del ricorso alla Corte di Giustizia Europea.
FEDERSUPPORTER, d’intesa ed in unione con il CODACONS, si riserva, pertanto, in specie qualora il monito
dell’AGCOM rimanesse inascoltato, di esaminare ogni più opportuna iniziativa
onde pervenire alla migliore tutela dei diritti e dei legittimi interessi dei
sostenitori, quali consumatori, relativamente alla normativa sui diritti
televisivi e non solo.
Nel
contempo, FEDERSUPPORTER e CODACONS
hanno già attivato nei giorni scorsi iniziative giudiziarie dinanzi al TAR
della Lombardia ed al TAR del Lazio,
nell’un caso, per far valere il rispetto di principi di legalità, ad avviso delle ricorrenti, violati in occasione
delle recenti elezioni per il rinnovo delle cariche della Lega Calcio di Serie
A e, nell’altro, per far valere la rilevanza dei tifosi anche nell’ordinamento sportivo e l’effettivo
funzionamento della giustizia sportiva
secondo principi e criteri di assoluta imparzialità e terzietà.
L’autonomia
dell’ordinamento e della giustizia suddetti non possono, infatti, essere
confusi con l’autoreferenzialità,
la domesticità, l’incertezza, la difformità e la saltuarietà, interpretative ed
applicative, delle norme pure dettate dallo stesso ordinamento e dalla stessa
giustizia, a seconda e in funzione, spesso, degli interessi e dei desiderata di
questa o quella società e/o , molto personali, di questo o quello dei padroni
di tali società.
Ma
veniamo, ora, ad una analisi più dettagliata della Segnalazione inviata
dall’AGCOM ai Presidenti del
Senato, della Camera, del Consiglio dei Ministri e ai Ministri per lo Sviluppo
Economico e per gli Affari Regionali, il Turismo e lo Sport.
Con
riferimento ai criteri di ripartizione delle risorse, l’Autorità, nel ribadire quanto già affermato nell’Indagine
conoscitiva IC27 sul Settore
del Calcio Professionistico,sostiene
che “ la quota dei proventi destinata ad essere ripartita sulla base dei
risultati sportivi conseguiti debba essere sufficientemente significativa,
nell’ottica di tutelare, attraverso l’adozione di un sistema meritocratico, l’incentivo delle squadre ad effettuare buone
prestazioni”.
Così,
poi, l’Autorità prosegue “ I profitti realizzati dai Club calcistici sono
strettamente dipendenti dalla competizione sportiva, nel senso che nell’ipotesi
in cui questa sia più intensa, in virtù di un maggiore equilibrio tra le
squadre, i fruitori dell’evento sportivo avranno certamente maggiore interesse
ad acquistare il bene, rappresentato proprio dall’evento sportivo”.
E,
ancora “ La stessa teoria economica ha ampiamente rilevato come i profitti di una società sportiva dipendano dalla competitività
dei concorrenti, atteso che
- dal punto di vista dei tifosi consumatori- un evento sportivo ha una maggiore attrattiva in
quelle ipotesi in cui si ha un maggiore equilibrio tra i competitor. Infatti,
soltanto se vi è equilibrio tecnico tra le squadre che prendono parte ad un campionato vi può
essere incertezza in
merito al risultato, la quale comporta, a sua volta, una maggiore attrattività
delle competizioni sportive”.
Affermazioni
che mettono al centro dell’attività sportiva proprio quella figura di
tifoso-consumatore enucleata e tipizzata da FEDERSUPPORTER ( ved. la evocata proposta di legge) e che,
viceversa, almeno finora, le Istituzioni sportive e le società di calcio hanno
colpevolmente trascurato e messo ai margini.
Inoltre,
l’Autorità sottolinea come gli attuali criteri di ripartizione, anziché premiare il merito sportivo, premiano la
storia, risalente a partire dal 1946/1947, nonché il numero stimato degli
spettatori ( bacino d’utenza); criteri che sfuggono ad una logica
meritocratica.
Come
a dire, in altre parole, e come già precedentemente rilevato,che l’attuale
sistema favorisce rendite di posizione già acquisite, addirittura ormai da tempi lontanissimi e non
incoraggia di certo le società ad
effettuare appropriati investimenti per migliorare i loro risultasti sportivi e
per offrire ai propri tifosi spettacoli migliori e più appaganti, potendo, in
pratica, le stesse società o alcune di esse campare di rendita.
Quanto,
infine, alla “ mancanza di terzietà”
del soggetto preposto alla determinazione dei criteri di ripartizione delle risorse, assolutamente
illuminanti sono le seguenti parole dell’Autorità .
“La
Lega, in quanto composta da
organi in cui siedono esponenti delle singole squadre, non rappresenta il
soggetto nella posizione migliore per dettare le regole di ripartizione delle risorse, posto che talune società
potrebbero trovarsi nella condizione di influenzare a loro vantaggio tali scelte.
La ripartizione dei
proventi derivanti dalla vendita dei diritti televisivi, indipendentemente
dallo specifico meccanismo di commercializzazione adottato, dovrebbe quindi
essere effettuata da un soggetto avulso dagli interessi economici delle
società di calcio, e
realizzata nell’ottica di garantire la necessaria flessibilità e competitività
dell’intero sistema calcistico”.
Conseguentemente,
l’AGCOM auspica “L’individuazione di un soggetto terzo per stabilire la ripartizione delle risorse
derivanti dalla vendita dei diritti audiovisivi al fine di garantirne una
maggiore equità ed imparzialità”.
Da
queste considerazioni si evince che gli attuali criteri di ripartizione delle risorse non sono né
“equi” né “imparziali” e ciò viene
attribuito al fatto che, così come già evidenziato al punto 200 della
Indagine IC27 e come sopra già
riportato,“ Le Leghe, in quanto composte da organi in cui siedono esponenti
delle singole squadre, non sono nella posizione migliore per dettare le regole
di ripartizione delle risorse, posto che talune società potrebbero trovarsi
nella condizione di influenzare a loro vantaggio tali scelte”.
Affermazioni
che riconducono immediatamente alla causa di ineleggibilità a Presidente della Lega Calcio di Serie A del Dr.
Maurizio Beretta, di cui al ricorso presentato da FEDERSUPPORTER e dal CODACONS al TAR della Lombardia, per evidente conflitto di interessi, in
quanto dirigente apicale di un socio rilevante e determinante di una singola
società e, quindi, certamente in grado, sia pure solo potenzialmente ed
apparentemente, di influenzare, a vantaggio di tale società, le scelte della
stessa Lega.
Per
parte sua, FEDERSUPPORTER, nel
condividere pienamente che la determinazione dei criteri di ripartizione delle
risorse derivanti dai diritti televisivi sia attribuita ad un soggetto
caratterizzato dal requisito della terzietà, propone che, a tal fine, venga
costituito, nell’ambito della Presidenza del Consiglio dei Ministri, un
Organismo ad hoc, analogo, circa i criteri di composizione e le modalità di
funzionamento, all’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive, costituito nell’ambito del Ministero dell’Interno
e che, in materia di sicurezza, ha dato ottimi risultati.
In
tale Organismo dovranno essere presenti tutte le componenti del mondo dello
sport, in particolare la componente costituita dai tifosi-consumatori, rappresentata
da FEDERSUPPORTER, quale Ente esponenziale dei diritti collettivi e degli interessi
diffusi di tali tifosi.
Quanto
sopra, anche alla luce, ove ancora ve ne fosse bisogno, delle chiare e nette
considerazioni di cui alla Segnalazione dell’ AGCOM circa la centralità e la
rilevanza della figura del tifoso-consumatore; figura che, invece, anacronisticamente e irragionevolmente, le
Istituzioni e le società sportive continuano a voler considerare “
irrilevante”
Avv.
Massimo Rossetti
Responsabile area legale Federsupporter
Dopo la Roma, uno sceicco anche per la Lazio?
Comunicato Federsupporter
Dopo la Roma, uno sceicco anche per la Lazio?
Con riferimento alla notizia diffusa dal quotidiano “La Repubblica”, edizione romana, con articolo a firma di Giulio Cardone, ripresa da vari siti web ed emittenti radiofoniche che si occupano della Lazio, circa un’asserita offerta di 80 milioni di euro per l’acquisizione del 66,692% delle azioni della Società, al fine di evitare vicende simili a quelle che si sono già verificate nel caso della Roma, Federsupporter, primo sindacato di tutela dei tifosi di società sportive, ha chiesto, in data odierna, con il fax che si pubblica, l’intervento della Consob. Si allega in calce alla presente il testo.
Roma, 22 aprile 2013
Spett.le CONSOB
Divisione Emittenti
Ufficio Controlli Societari
Fax: 06 8477519
Divisione Mercati
Ufficio Informazione Mercati
Fax: 06 8416703
Via G.B. Martini, 3
00198 Roma
Oggetto: Diffusione di notizie circa un’offerta per l’acquisizione del pacchetto azionario di maggioranza della SS Lazio Spa.
La scrivente Associazione, in nome e per conto dei propri soci, piccoli azionisti della SS Lazio Spa, espone e chiede quanto segue.
Sul quotidiano “La Repubblica”, edizione romana, è comparso un articolo, a firma di Giulio Cardone, nel quale si afferma che un facoltoso imprenditore saudita sarebbe interessato all’acquisizione del 66,692% delle azioni della predetta Società, mediante un’offerta di 80 milioni di euro.
Tale notizia, peraltro, è stata ripresa e riportata da numerosi siti web ed emittenti radiofoniche che si occupano della Lazio.
Ciò premesso, poiché la notizia in questione ha natura di informazione privilegiata, ai sensi dell’art. 181 del vigente Testo Unico in materia di Intermediazione Finanziaria (TUF), che, una volta resa pubblica, può influire in modo sensibile sul prezzo delle azioni della Lazio, si chiede a codesta Commissione di volersi immediatamente attivare, affinché l’emittente quotata e i soggetti che la controllano comunichino ufficialmente, senza indugio, agli azionisti e al mercato, ai sensi dell’art. 114 del TUF, se tale notizia risponda al vero, oppure sia destituita di fondamento.
Nel contempo, si chiede a codesta Commissione di voler verificare, ai sensi e per gli effetti dell’art. 187 ter del TUF, se vi sia stata eventuale diffusione di informazioni, voci o notizie false o fuorvianti, tali da fornire o suscettibili di fornire indicazioni false ovvero fuorvianti in merito al titolo Lazio che, in data odierna, all’apertura dei mercati, ha registrato un valore di 0,40 euro per azione.
Distinti Saluti
Il Presidente
Dr. Alfredo Parisi
Iscriviti a:
Post (Atom)
il pallone in confusione
Registrazione n° 61 del 28 settembre 2009 presso il Tribunale di Napoli
Sede: corso Meridionale 11, 80143 Napoli
Sede: corso Meridionale 11, 80143 Napoli
Editore e direttore responsabile: Marco Liguori
Si prega di non intasare le caselle di posta elettronica con spam pubblicitario e di altro tipo (come appelli politici). Questo sito tratta solo di calcio, finanza del calcio e di argomenti affini. Ogni abuso sarà punito.
Le foto presenti su "il pallone in confusione" sono state in gran parte prese da siti Internet: dovrebbero essere di pubblico dominio. Se i soggetti o gli autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, possono segnalarlo a uno dei due indirizzi email sopra indicati
Le foto presenti su "il pallone in confusione" sono state in gran parte prese da siti Internet: dovrebbero essere di pubblico dominio. Se i soggetti o gli autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, possono segnalarlo a uno dei due indirizzi email sopra indicati