il manifesto 4 ottobre 2003
Lazio, catastrofe conti
Marco Liguori
Salvatore Napolitano
Stasera la Lazio affronterà in Coppa Uefa il Porto, in un incontro molto importante della sua stagione. Ma la partita più delicata si gioca su altri terreni, e, a differenza di quello calcistico, in questo caso i vertici biancocelesti stanno facendo di tutto per farla svolgere lontano dai riflettori. E' un doppio incontro ravvicinato sull'orlo del baratro: domani i calciatori dovranno dare la loro risposta al piano societario che li vuole azionisti e mercoledì 16 si riunirà l'ennesimo consiglio di amministrazione per valutare la situazione. A dispetto dell'ottimismo di pura facciata dispensato dall'amministratore delegato, Luca Baraldi, lo scenario resta drammatico. I dati più recenti comunicati alla Consob, relativi al 28 febbraio, indicano un indebitamento netto strettamente finanziario pari a 85,5 milioni di euro e un'esposizione verso Erario, tesserati ed Enti previdenziali di 121,3 milioni: di questi ben 61,3 sono relativi all'Irpef sugli stipendi dei calciatori, e 60,6 già scaduti. E il bilancio parla chiaro: al 31 gennaio il patrimonio netto si è ridotto a 2,64 milioni, essendo stati dilapidati i 55 milioni incassati dall'aumento di capitale del luglio scorso. E da diciotto mesi le perdite mensili viaggiano tra gli 8 e i 10 milioni. Alcuni recenti segnali sembrano replicare copioni già visti in occasioni di altri crolli societari. Ad esempio, le continue rassicurazioni sullo stato dei conti, sull'esistenza di compratori che si sono avvicendati a ritmi frenetici, o su soluzioni finanziarie innovative in via di approvazione. I circa 20 milioni in azioni, offerti in cambio di cinque mensilità di stipendio, mancano di un aspetto fondamentale: quanti titoli verranno offerti e a quale prezzo. Perché sarebbe cosa ben diversa mettere a disposizione 40 milioni di azioni al prezzo di 50 centesimi o 400 al prezzo di 5 centesimi. L'unico giocatore che ha espresso convinta adesione sui giornali è Giuliano Giannichedda: guarda caso, i suoi procuratori sono della Gea, società che è tutt'uno con il mondo laziale e juventino. Inoltre, l'aumento di capitale da 110 milioni non è stato ancora sottoscritto da nessuno: nell'assemblea del 24 marzo, Cirio Finanziaria, unica tra i soci forti presenti, lo ha semplicemente deliberato. Era un atto dovuto in base al Codice Civile, poiché il capitale era sceso di oltre un terzo per le perdite. L'assemblea ha demandato al cda la fissazione del prezzo. Ma ciò è ancora oggetto di trattative tra Sergio Cragnotti e le banche che dovranno garantire la sottoscrizione dell'aumento. Senza accordo, nessun istituto di credito verserebbe i tanti soldi dell'operazione. Baraldi sta dunque offrendo qualcosa che non esiste ancora e di cui non conosce il prezzo unitario. L'eventuale assenso dei calciatori a tale progetto non potrebbe essere più virtuale di così. Ma il punto vero è un altro: anche quei 110 milioni non servirebbero a molto. Nell'attivo di bilancio, al 31 gennaio sono stati iscritti 194 milioni di svalutazione del valore dei calciatori, in virtù dell'applicazione del decreto cosiddetto «salva calcio». Ma, dal punto di vista economico, quello è un buco in piena regola.
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domenica 9 marzo 2008
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