I senatori della Lega Nord Stiffoni e Tirelli presentarono nel novembre 2002 un'interpellanza ai ministri Tremonti e Urbani in cui si ipotizzava che la società di procuratori avesse «probabilmente avuto quale fondatore anche il figlio del presidente della Federcalcio» Franco Carraro. Un enigma tuttora irrisolto
Ripropongo questa mia intervista che ho rilasciato il 14 maggio 2006 alla collega Marina Beccuti su www.toronews.net Rileggendola dopo circa due anni e mezzo, mi sembra di essere stato facile profeta: "calciopoli" è stato solo un grande polverone, che ha coperto le responsabilità di chi ha gestito il palazzo del calcio fino al 2006. Molto probabilmente la verità su ciò che è davvero accaduto non verrà mai a galla. A proposito della Gea World, parlai (dopo averne scritto nel 2004 con Salvatore Napolitano nel libro "Il pallone nel burrone") dell'interpellanza presentata il 13 novembre 2002 dai senatori della Lega Nord, Piergiorgio Stiffoni e Francesco Tirelli, agli allora ministri Tremonti e Urbani sul socio occulto che si nascondeva dietro la fiduciaria Romafides dell'allora gruppo Capitalia, oggi confluito in Unicredit: gli esponenti del Carroccio avanzarono il dubbio che la Gea World avesse «probabilmente avuto quale fondatore anche il figlio del presidente della Federcalcio» ossia Luigi Carraro, rampollo di Franco allora numero uno della Figc. Ciò non è dato saperlo: i senatori non hanno mai avuto risposta, nè il processo (di cui ieri è stata pronunziata la sentenza di primo grado) ha dato chiarimenti in merito. E non lo sapremo mai più.
Marco Liguori
"Qualche testa cadrà, ma temo non sarà una rivoluzione''
Intervista a Marco Liguori
Insieme al collega Salvatore Napolitano, Marco Liguori ha iniziato a indagare sugli affari della Gea, per poi produrne un libro di successo “Il pallone nel burrone”. Ora siamo arrivati al bordo di questo burrone, forse ci siamo già finiti dentro, è quasi impossibile stare dietro a tutte le notizie che si susseguono di ora in ora e che non fanno che aumentare il grande circo di chi ha barato per ottenere favori. Abbiamo chiesto proprio a Marco Liguori, che di mestiere fa il giornalista economico del Sole24ore, che sta succedendo e come si è arrivati a questo terremoto.
Partendo dal fondo Marco, ma alla fine cosa succederà?
“Temo niente, nel senso che il calcio non ha la forza per risollevarsi per cui pagheranno alcuni dirigenti, cadranno alcune teste, ma le cose alla fine resteranno come prima. Un consiglio che mi sento di dare è che la Lega venga gestita da manager esterni, non dai presidenti stessi delle società di calcio”.
In Italia è facile avere sospetti, in questo caso si può pensare che se cade un potere è perché ce n’è un altro in atto che cerca di spodestare il primo. E’ possibile come deduzione?
“E’ possibile, niente nasce per caso e comunque se siamo arrivati a questo punto non è solo grazie alle indagini, alle intercettazioni, ma perché certamente qualcuno ha parlato, ha confessato come stavano le cose”.
Intanto si può pensare che anche gli altri procuratori, per intenderci non della Gea, si siano stufati di non poter svolgere il loro lavoro in modo professionale e autonomo, concordi?
“Salvatore ed io abbiamo sentito molti altri procuratori, non della Gea, i quali ci hanno raccontato tante cose che però non abbiamo potuto pubblicare e loro stessi vogliono restare anonimi per timore, per paura, per non esporsi”.
Le vostre inchieste partono a cavallo tra il 2002 e il 2003 in scia ad un’interpellanza parlamentare fatta da due deputati leghisti Tirelli e Stiffoni, che fine hanno fatto quelle interpellanze?
“Giacciono in qualche scrivania di Palazzo Chigi, a prendere polvere. Le richieste di fare luce sul caso erano state portate al cospetto di Tremonti e Urbani, ma i due ormai ex Ministri non hanno mai fornito una risposta”.
Almeno a livello politico la questione è stata trasversale, la denuncia parte da due esponenti della Lega, voi ne avete fatta un’inchiesta giornalistica che venne pubblicata dal Manifesto. Mai avuto pressioni giornalistiche?
“No, siamo sempre stati liberi in questo lavoro. Per chiudere il cerchio della trasversalità politica ricordiamo che le società calcistiche sono state trasformate in S.P.A. a scopo di lucro dal precedente Governo Prodi”.
Nella Gea c’erano altre due società: la Football Management e la General Athletic, ma esisteva anche una finanziaria, Romafides del gruppo Capitalia, che pare detenesse il 40% della Gea, una società di cui si è sempre saputo molto poco.
“Non solo non si è mai capito il suo effettivo ruolo, ma soprattutto dietro c’era un personaggio occulto cui si ipotizzò si trattasse di Luigi Carraro, sì proprio il figlio di Franco, il presidente della Figc che ha dato le dimissioni in questi giorni. Un giorno Alessandro Moggi candidamente al Corriere dello Sport disse che dietro alla Gea non c’era nessuna fiduciaria, di andare a controllare alla Camera di Commercio. Andammo e incredibilmente Romafides era scomparsa. Tra le altre cose mentre degli altri procuratori si conoscono i giocatori affiliati, della Gea non si conoscono tutti i loro assistiti, se non i più noti, come Nesta per esempio”.
Al Tg3 Carlo Nesti ha fatto il nome di Baraldi come possibile successore di Moggi alla Juventus. Non è un nome nuovo nel mondo del calcio, un personaggio non del tutto esente dall’aver aggirato qualche regola…
“In effetti Baraldi è stato colui che ha spalmato dapprincipio i debiti Lazio in cinque anni. Realizzò lo spostamento di una serie di partite di debito, compresi gli stipendi dei calciatori. Nel CdA del Parma Baraldi fu l’unico che prese 318mila euro come quota di liquidazione, mentre tutti gli altri soci incassarono zero euro. Adesso fa il presidente della squadra della sua città: il Modena”.
In bocca al lupo al calcio, ne ha davvero bisogno!
Tratto da https://www.toronews.net/index.php?action=article&ID=2049
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venerdì 9 gennaio 2009
Chi era il socio della Gea nascosto da Romafides? Resterà un mistero
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