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venerdì 24 ottobre 2008

Blatter: la crisi finanziaria internazionale non tocca la Fifa

Secondo il numero uno del governo del calcio mondiale gli investimenti sono stati ben diversificati 

La crisi finanziaria mondiale non ha per il momento alcun impatto negativo sulla Fifa. Lo ha dichiarato il presidente della federcalcio mondiale Joseph Blatter oggi a Zurigo al termine della riunione del comitato esecutivo, che ha anche approvato il principio di aprire una procedura congiunta di candidature per i Mondiali 2018 e 2022. La Fifa ha chiesto uno studio sull'eventuale impatto della crisi finanziaria mondiale sulla sua organizzazione. «Ho il piacere di informarvi che siamo privilegiati nel contesto attuale - ha riferito Blatter - in quanto non abbiamo perso soldi. Siamo inoltre ben preparati per affrontare il futuro». Il presidente ha quindi spiegato i motivi del suo ottimismo: «Abbiamo ben diversificato i nostri beni finanziari ed il 95 per cento del nostro bilancio per il quadriennio è già contrattualizzato». Sempre in ambito finanziario, Blatter ha informato che la Fifa ha sottoscritto «assicurazioni per 650 milioni di dollari sui Mondiali 2010 e 2014, nel caso in cui una catastrofe, naturale o di altra natura, dovesse costringerci all' annullamento, al posticipo o allo spostamento degli eventi». Il segretario generale Jerome Valcke ha comunque immediatamente precisato che si tratta di una pratica che «la Fifa adotta dal Mondiale del 1998. Non è assolutamente un segno di mancanza di fiducia rispetto al Sudafrica. Anzi, siamo perfettamente nei tempi per quanto riguarda non solo il Mondiale 2010, ma anche per la Coppa delle Confederazioni del 2009, previsti in Sudafrica». In tema di Coppe del mondo, Blatter ha annunciato che il comitato esecutivo ha accettato il principio di assegnare contemporaneamente quelle del 2018 e del 2002, «per le quali già otto-dieci federazioni hanno manifestato il loro interesse». Prima di lanciare la procedura, tuttavia, questo accordo di principio dovrà essere concretizzato alla prossima riunione dell'esecutivo Fifa, il 19 e il 20 dicembre a Tokio. Il presidente ha peraltro affermato che continuano le discussioni con le autorità politiche per fare accettare il principio del “6+5” (almeno sei dei giocatori schierati in campo dai club dovrebbero essere selezionabili nella nazionale del paese). «Quasi tutto il mondo sportivo sostiene questa iniziativa, che si tratti del movimento olimpico o delle federazioni di hockey su ghiaccio, volleyball, pallacanestro o ancora rugby», ha assicurato Joseph Blatter. Fra gli altri temi, figura la volontà di proteggere i giovani calciatori. «Tutti i ragazzini, anche quelli che fanno parte di accademie o scuole calcio, dovranno essere tesserati presso le federazioni di appartenenza. Solo così sarà possibile effettuare controlli efficaci ed evitare abusi», ha spiegato. Blatter discuterà peraltro con il Tribunale arbitrale dello sport la creazione di una camera apposita che si occupi esclusivamente di questioni calcistiche. L’esecutivo ha infine esaminato i casi di singole federazioni e ha deciso di sospendere da ogni attività internazionale il Kuwait e le Samoa per ingerenze politiche. L'esecutivo ha quindi respinto la richiesta di affiliazione alla Fifa del Kosovo. Questa entità non potrà disputare nemmeno gare amichevoli con membri della Fifa. Per quanto riguarda la Polonia, la Fifa attende che, in conformità con gli accordi, il 30 ottobre il suo congresso elegga un presidente. Il Perù dispone di un mese di tempo per adeguarsi agli statuti della Fifa.
Fonte: Ansa

giovedì 23 ottobre 2008

I membri del cda non hanno azioni della Vecchia Signora

Nel bilancio 2008 è evidenziato che i consiglieri di amministrazione bianconeri, compresi il presidente Cobolli Gigli e l’amministratore delegato Blanc che beneficiano di un “paracadute” di 3,45 milioni in caso di ingiusto licenziamento, non posseggono titoli della Juventus. Un segnale poco confortante per il mercato: negli Stati Uniti i manager possiedono sempre cospicui pacchetti delle proprie aziende quotate

I componenti del consiglio di amministrazione non possiedono alcuna azione della Juventus. Questa inaspettata e incredibile notizia è riportata nel paragrafo delle “partecipazioni detenute dagli organi di amministrazione e controllo e dirigenti con responsabilità strategiche” riportato nel progetto di bilancio chiuso al 30 giugno 2008 con un risultato fortemente negativo di 20,8 milioni di euro. Nel testo si legge che «nessun amministratore, sindaco o altro soggetto di cui all’articolo 79 di cui sopra detiene o ha detenuto nel corso dell’esercizio azioni della Juventus e/o azioni della ex società controllata Campi di Vinovo spa». Soltanto un membro del collegio sindacale, Paolo Piccatti, possiede 540 azioni che, al prezzo di riferimento di 0,792 euro registrato ieri, ammontano in totale alla più che esigua cifra di 427,68 euro.
Negli Stati Uniti, patria del capitalismo sempre additata come fulgido e perenne esempio del libero mercato, i manager delle società quotate in borsa possiedono singolarmente sempre un certo cospicuo quantitativo di titoli. Ciò rappresenta un chiaro segnale al mercato di credere nell’azienda da loro amministrata. Invece, gli otto membri del cda della Juventus, presente a Piazza Affari dal dicembre 2001, non sembrano molto convinti nel «progetto»: così l’ha definita di recente la Juve dal presidente Giovanni Cobolli Gigli. O almeno per ora: forse in futuro potrebbero ripensarci e acquistare titoli bianconeri. C’è da dire però che anche nel bilancio chiuso al 30 giugno 2007 nessuno componente dei vertici, neanche i sindaci, possedeva azioni della squadra di Casa Agnelli. Il documento contabile precisa che «la società non ha in essere piani di stock option» per gli amministratori, ossia opzioni che concedono il diritto di acquistare azioni di una società ad un determinato prezzo d'esercizio.
Tutto ciò potrebbe costituire argomento di discussione nella prossima assemblea. I piccoli azionisti (che esprimono da tempo il loro dissenso su www.j1897.com, www.ju29ro.com e www.giulemanidallajuve.com) potrebbero chiedere spiegazioni al riguardo, soprattutto per quanto riguarda le due cariche esecutive, ossia il presidente Cobolli Gigli e dall’amministratore delegato e direttore generale Jean Claude Blanc. Anche perché entrambi percepiscono un “paracadute” complessivo di 3,45 milioni: in caso di licenziamento senza giusta causa il numero uno bianconero percepirà una somma di 450mila euro. Invece per il manager francese la clausola vale anche «in caso di dimissioni» date «con giusta causa» con «il riconoscimento di un’indennità forfettaria pari» a 3 milioni. I tifosi potrebbero chiedere lumi anche alla luce dei cospicui compensi complessivi da loro percepiti: 2,24 milioni per Blanc, 707mila euro per Cobolli. Riguardo agli altri consiglieri, risulta maggiormente retribuito Gian Paolo Montali, ex allenatore della Nazionale di pallavolo, con 27mila euro: 15mila come emolumenti per la carica, 12mila per prestazioni di consulenza. Seguono Riccardo Montanaro con 23mila, Camillo Venesio con 20mila, Marzio Saà con 18mila. Carlo Barel di Sant’Albano e Aldo Mazzia hanno rispettivamente ricevuto 18mila e 10mila euro: nel bilancio è specificato che per entrambi «l’emolumento è versato direttamente alla società Ifil Investments spa».
Riguardo ai vertici delle altre due società quotate sul listino di Milano, si riscontra che alla Lazio vige una situazione abbastanza simile a quella della Vecchia Signora. Nel progetto di bilancio 2007/08 si legge che ad eccezione del presidente Lotito (possessore indirettamente di 41,5 milioni di azioni) nessuno dei consiglieri di gestione e di sorveglianza possiede un solo titolo della squadra biancoceleste: il solo ex consigliere Giovanni Gilardoni ne aveva 20.646 fino al 20/10/2007, data di cessazione dalla sua carica. Invece alla Roma almeno quattro sui dieci membri del consiglio di amministrazione sono detentori di cospicui pacchetti azionari. Nel progetto di bilancio al 30 giugno scorso emerge che il presidente e amministratore delegato Franco Sensi (deceduto nello scorso agosto) possedeva indirettamente tramite società controllate 156.939 titoli e altri 220.515 come «possesso indiretto di piena proprietà per il tramite del coniuge in società controllate». L’amministratore delegato Rosella Sensi aveva 15.025.300 azioni: anch’essa per «possesso indiretto di piena proprietà per il tramite di società controllate». Altre 15.024.552 sono di Silvia Sensi, detenute con la stessa motivazione della sorella. Invece, il consigliere Renato Bernardini ne ha tra le sue mani soltanto 2.320.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)
E a proposito di acquisti di azioni da parte degli amministratori delle società quotate, inseriamo questo lancio Ansa
UNICREDIT: SERGIO ERMOTTI COMPRA AZIONI PER 2 MLN EURO +RPT+ RIPETIZIONE CON TESTO CORRETTO ALLA TERZA RIGA (ANSA) - MILANO, 23 OTT - Il titolo Unicredit scivola oggi sotto la soglia dei 2 euro e Sergio Ermotti, responsabile dell'area Corporate Investment Banking e Private Banking (rpt. dell'area Corporate Investment Banking e Private Banking) oltre che vice Ceo, compra 1 milione di azioni per un controvalore di 1,975 milioni di euro. E' quanto si legge nelle comunicazioni obbligatorie sull'internal dealing. Già nei giorni scorsi Profumo e altri manager, fra cui lo stesso Ermotti, avevano acquistato azioni sul mercato. (ANSA). DOA 23-OTT-08 17:11 NNN

mercoledì 22 ottobre 2008

Il calcio in borsa? Un affare in perdita per i tifosi-azionisti

Dall’anno di quotazione i titoli Lazio hanno perso quasi il 100% del proprio valore, quelli della Roma l’85% mentre quelli della Juventus “appena” il 73%. Le società soffrono di mancanza di patrimonializzazione: soprattutto dell’assenza di un patrimonio immobiliare

E’ tempo di assemblee di approvazione dei bilanci per le tre società di calcio quotate in borsa. Aprirà le danze il 27 ottobre la Lazio: in mancanza del numero legale si andrà il 26 novembre in seconda convocazione. Seguirà il 28 ottobre l’assise della Juventus, mentre quella della Roma è prevista per il 29 ottobre: è stata prevista l’eventuale seconda convocazione, per il prossimo 11 novembre.
Tirando le somme, il pallone a Piazza Affari è un affare in totale perdita. Ciò lo si può evincere con un semplice ragionamento. Si può ipotizzare che i possessori di titoli delle tre squadre presenti a Piazza Affari, Juventus, Lazio e Roma, siano “cassettisti”, ossia piccoli azionisti fedeli che custodiscono gelosamente i propri titoli. Quindi, ciascuno di loro li detiene dal collocamento sul listino: e qui arrivano le dolenti note. I sostenitori della società di Claudio Lotito hanno subito la perdita maggiore del proprio capitale iniziale per azione (5900 lire, pari a circa 3,05 euro) tra tutte dalla data di avvio delle contrattazioni, ossia dall’8 maggio 1998, sino a oggi (prezzo 0,38 euro): - 99,86%. Nella disastrosa variazione percentuale sono stati inclusi i quattro aumenti di capitale e il raggruppamento azionario succedutisi in dieci anni, a cui i tifosi biancocelesti hanno sicuramente aderito.
Se la sponda laziale del Tevere piange, i sostenitori di quella giallorossa non ridono. La Roma fu quotata a Piazza Affari il 23 maggio del 2000 al prezzo di 5,50 euro. Sino ad oggi, gli azionisti-tifosi si sono visti erodere l’85% del valore iniziale: un titolo vale 0,6325 euro. Sicuramente anche essi, come i loro cugini biancocelesti, hanno aderito all’aumento di capitale del luglio 2004, che prevedeva sette azioni ogni due possedute.
E arriviamo alla Juventus, i cui azionisti hanno perduto “soltanto” il 73% dal valore di 3,7 euro della quotazione avvenuta il 20 dicembre 2001 (prezzo odierno: 0,7920 euro). Essi avranno sicuramente aderito all’aumento di capitale da 104,8 milioni del maggio 2007. I tifosi detentori dei titoli sono completamente insoddisfatti dell’andamento borsistico e della gestione del nuovo cda: sui forum si vuole chiedere le loro dimissioni in assemblea, che si preannuncia al calor bianco. Ma c’è chi ha lautamente guadagnato dall’operazione di collocamento, oltre naturalmente all'Ifil azionista di maggioranza della squadra di corso Galileo Ferraris. Fu un affare per l’ex amministratore delegato Antonio Giraudo, che aveva comprato 1.600.000 azioni nel novembre 2001 al prezzo di 0,21 euro per rivenderle tutte il mese dopo al prezzo di collocamento, con una plusvalenza immediata di circa 5,58 milioni di euro. Il mese successivo ne aveva comprate 4.380.100: ma le aveva acquistate al prezzo del diritto di opzione a lui riservato, sempre a 0,21 euro, spendendo poco meno di 920mila euro. Analoga facilitazione era stata riservata agli altri due membri del consiglio di amministrazione con deleghe operative, l’allora vicepresidente Roberto Bettega e l’ex consigliere e direttore generale Luciano Moggi. Entrambi avevano ottenuto ed esercitato tra il luglio e il dicembre 2002 il diritto di acquistare 347.525 azioni a 0,21 euro ognuna: ciascuno dei due dirigenti aveva speso 72.980,25 euro. Cifra più che sopportabile visto che Bettega aveva percepito nel 2002/03 1,404 milioni lordi, mentre Moggi 2,429 milioni (sempre lordi).
Ma quali sono i motivi della debacle che si sono ritrovati i tifosi in portafoglio? Sicuramente dal fatto che sinora queste società non possiedono altri beni se non i diritti alle prestazioni (comunemente detti “cartellini”) dei propri giocatori. Mancano del tutto gli immobili per dare un valore più cospicuo al proprio patrimonio e una maggiore appetibilità in borsa. A ciò bisogna aggiungere i problemi debitori di Roma e Lazio, in modo particolare quelli tributari. La Juve ha solo in parte realizzato i suoi progetti resi noti nel prospetto di quotazione. Entro i prossimi mesi partiranno i lavori per la trasformazione dello Stadio Delle Alpi con annesso centro commerciale. Bisogna ricordare che l’impianto fu ceduto per 99 anni in diritto di superficie dal Comune di Torino alla società bianconera per 25 milioni. Ripartendo questo valore sui 54mila metri quadrati circa di superficie interessata alla trasformazione edilizia, il prezzo scende alla modica cifra di 4,68 euro. Invece, la Vecchia Signora ha ceduto la Campi di Vinovo, titolare dei terreni tra le città di Vinovo e Nichelino su cui sorgerà il parco commerciale “Mondo Juve” (la cui realizzazione era indicata nel prospeto di quotazione), alla Costruzioni Generali Gilardi tramite l’esercizio di opzione di acquisto da parte di quest’ultima. Madama ha anche venduto alla sua ex controllata il ramo d’azienda avente a oggetto i contratti e le attività dello stesso centro commerciale. L’operazione, stando a quanto dichiarato nel bilancio 2007/2008 dovrebbe avere un effetto finanziario positivo per 23,5 milioni in sei esercizi: ossia circa quattro milioni per ciascuno. Una plusvalenza (ossia una componente straordinaria) che servirà essenzialmente a mitigare le perdite finali: quella al 30 giugno scorso era di 20,8 milioni.
Considerati gli scarsi risultati per i piccoli azionisti delle squadre quotate, vale la pena di ricordare la frase pronunciata alcuni anni fa dal principe dei tributaristi italiani, Victor Uckmar, in passato presidente della Covisoc: «Da tempo ho proposto che sulle azioni delle società di calcio occorrerebbe stampigliare la scritta questi titoli sono sconsigliati alle vedove, ai pensionati e agli orfani».
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)

giovedì 16 ottobre 2008

Esclusivo/La Guardia di Finanza bussa al portone della Juventus

"il pallone in confusione" lo ha notato che nel bilancio 2008 della società bianconera. Quest'ultima ha spiegato che il 3 luglio scorso c’è stato l’accesso delle Fiamme gialle alla sede sociale per «eseguire una verifica sostanziale a carattere generale» riguardo alle dichiarazioni dei redditi e dell’Iva. Inoltre, è stato aperto un contenzioso tra la squadra di Casa Agnelli e l’Agenzia delle entrate per i crediti Iva della Champions League 2000/2001 e 2001/2002

La Guardia di Finanza ha visitato la sede della Juventus. Nella relazione sulla gestione dell’ultimo bilancio chiuso al 30 giugno 2008 si narra che il 3 luglio scorso le Fiamme gialle hanno bussato al portone di corso Galileo Ferraris 32 a Torino. Il documento evidenzia che «ha avuto luogo l’accesso» presso la sede sociale «al fine di eseguire una verifica sostanziale a carattere generale, ai sensi e per gli effetti degli art. 32 e 33 del Dpr n.600/73, art. 51 e 52 del Dpr n.633/1972 e dell’art.35 della legge n.4/1929». Le leggi richiamate dalla squadra bianconera riguardano i poteri della Gdf sul controllo delle dichiarazioni dei redditi e su quella dell’Iva: la verifica, stando sempre alla relazione sulla gestione, riguarda «l’arco temporale decorrente dal 1° luglio 2005 alla data dell’accesso per le imposte dirette e dal 1° gennaio 2006 alla data di accesso per l’Iva e le altre imposte indirette». Quindi i militari effettueranno la loro attività per il primo caso sugli ultimi tre anni, mentre nel secondo su due anni e mezzo. Bisognerà attendere l’esito della “visita” per conoscere l’esistenza di eventuali irregolarità fiscali: in quest’ultima ipotesi la società di Casa Agnelli potrà inoltrare ricorso alla Commissione tributaria.
E a proposito di contenziosi, la Juve ne ha uno con l’Agenzie delle entrate di Torino per i crediti Iva sui proventi della Champions League. L’organismo del ministero dell’Economia aveva attestato nel maggio 2004 il rimborso per l’imposta «relativa alle competizioni Uefa – si legge sempre nella relazione sulla gestione – delle stagioni sportive 2000/2001 e 2001/2002 per euro 5,4 milioni complessivi». In seguito a questa attestazione «la società aveva provveduto ad iscrivere il corrispondente credito – spiega il documento del bilancio juventino – con contropartita a proventi straordinari. Nel mese di giugno 2004 venne incassata parte del credito per un importo di euro 1,2 milioni». La Juventus spiega che la parte restante della somma riconosciuta fu ceduta pro soluto ad una società di factoring nel dicembre 2004. In seguito, l’Agenzia delle entrate aveva rimborsato 2,8 milioni dei 5,4 complessivi dovuti, tramite più rate. Ma nello scorso luglio l’organismo fiscale compiva un improvviso dietrofront e «ha comunicato a Juventus e alla società di factoring – prosegue la relazione – il proprio diniego al saldo dell’ultima tranche pari a 1,4 milioni adducendo contestazioni in merito alla richiesta di rimborso presentata da Juventus». I vertici di corso Galileo Ferraris sottolineano che «tale diniego è in contrasto con l’originaria attestazione del credito» e che intendono «proporre ricorso congiuntamente alla società di factoring in sede tributaria». Oltre a ciò, la Juve «si riserva in ogni caso di attivare eventuali azioni di tutela successive in sede civile».
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)

mercoledì 15 ottobre 2008

La crisi finanziaria non toccherà la Bundesliga

Lo ha dichiarato il direttore generale Seifert al quotidiano  Frankfurter Allgemeine Zeitung, sottolineando che i club in Germania spendono per gli ingaggi dei calciatori il 40% delle entrate . Il dirigente non ha però spiegato se esistono debiti riguardanti somme dovute ai giocatori, al fisco, agli enti previdenziali e alle banche per prestiti

L'Adnkronos ha ripreso le dichiarazioni rilasciate al quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung da Christian Seifert, direttore generale della Lega Calcio tedesca (Dfl), sullo stato di salute dei conti del calcio tedesco. «Forse la Bundesliga ha meno glamour di altri campionati. Di sicuro è più sana e più affidabile» ha affermato il dirigente. Seifert è sicuro che la crisi finanziaria che ha investito i mercati mondiali non avrà effetti negativi sulla Bundesliga. «Non possiamo escludere che ci troveremo in acque agitate - ha proseguito il direttore generale - ma la nostra barca è in buone condizioni». I club in Germania «spendono per gli ingaggi dei giocatori circa il 40% delle entrate. In altri paesi si arriva al 60-70%». Insomma, sembrerebbe una stoccata alla Lega Calcio nostrana, dove di recente è scattato l'allarme per il pagamento degli stipendi in serie B. Resta però da capire quale sia lo stato debitorio delle società della massima serie tedesca. Se è vero che adesso la spesa degli emolumenti ai calciatori è abbastanza ridotta, si dovrebbe capire se esistono somme dovute dai club non solo agli eroi del campionato, ma anche al fisco, agli enti previdenziali e alle banche per prestiti. E' anche su questi indicatori che si misura la salute del sistema calcistico: ma questo Seifert non lo dice. Ci si attendono dati in merito.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)

martedì 14 ottobre 2008

Tar Lazio: non comprovato il patto tra Lotito e Mezzaroma

Non è stata sufficientemente motivata la «natura parasociale del patto» tra Claudio Lotito e l'imprenditore Roberto Mezzaroma avente ad oggetto l'acquisto di concerto di azioni ordinarie della SS Lazio spa. Lo scrive il Tar del Lazio nelle motivazioni della sentenza con la quale ha annullato la delibera della Consob che il 30 gennaio scorso precisò, tra l'altro, che nella vicenda dell'acquisto delle azioni della società, «non essendo stata promossa l'Opa entro trenta giorni dal superamento della soglia rilevante» era da applicare «il divieto di esercizio del diritto di voto relativo alla partecipazione posseduta da Lotito a decorrere dal 6 luglio 2005 e fino alla data di alienazione della partecipazione eccedente il 30 percento del capitale sociale della SS Lazio, pari a 9.806.603 azioni, corrispondenti a circa il 14,48 percento del capitale sociale». Per il Tar, non risulta «congruamente lumeggiata l'incidenza di una partecipazione pari al 14,61 percento nella vita dell'emittente, specie in considerazione del possesso, in capo all'azionista di riferimento, di una quota azionaria pari circa al doppio di quell'ammontare». (ANSA)

lunedì 13 ottobre 2008

Per Cobolli Gigli e Blanc un paracadute da 3,45 milioni

Secondo il bilancio 2008 della Juventus, al presidente è stata riconosciuta un’indennità forfettaria di 450mila euro in caso di licenziamento senza giusta causa. Invece, l’amministratore delegato conseguirà 3 milioni anche in caso di sue dimissioni con giusta causa

Giovanni Cobolli Gigli e Jean Claude Blanc hanno ottenuto un "paracadute" in caso di licenziamento senza giusta causa. La notizia è contenuta nella bozza del bilancio 2008 della Juventus, coincidente con il ritorno in serie A, chiuso con una perdita di 20,8 milioni di euro, con ricavi per 20,7 milioni e costi operativi per 174,5 milioni: quelli del personale tesserato sono lievitati dai 95 milioni del 2007 (in serie B) a 112,7 milioni. Nel documento si sottolinea che il presidente ha conseguito «il riconoscimento di un’indennità forfettaria determinata su proposta del comitato remunerazioni e nomine pari all’ultimo emolumento annuo (attualmente di euro 450 migliaia)». Invece per l’amministratore delegato e direttore generale francese la clausola vale anche «in caso di dimissioni» date «con giusta causa»: il manager potrà avere «il riconoscimento di un’indennità forfettaria pari a euro 3.000 migliaia». Insomma, in caso di contemporanea ingiusta cessazione del rapporto di lavoro la Juventus dovrebbe corrispondere in totale a entrambi 3,45 milioni. Forse questo trattamento deriva dal fatto che entrambi sono gli unici amministratori esecutivi. Secondo il documento contabile bianconero chiuso al 30 giugno scorso, Cobolli Gigli ha incassato in totale compensi per 707mila euro. Il dato è così scomposto: 450mila euro in emolumenti per la carica, 14mila per i benefici non monetari, 225mila in bonus e altri incentivi e 18mila per altri compensi. Il numero uno bianconero è uno stakanovista: è stato presente a tutte le riunioni del consiglio di amministrazione e a quelle del comitato sportivo.
Più elevata la remunerazione complessiva di Blanc, pari a 2,24 milioni. Essa è suddivisa in più parti: 15mila euro solo per la carica di consigliere. Per l’incarico di amministratore delegato ha ottenuto 503mila euro in emolumenti, 21mila in benefici non monetari e 844mila per bonus e altri incentivi: quest’ultimo, si legge nel documento contabile, è il «valore attualizzato dell’additional compensation che sarà erogata al termine del piano di sviluppo a medio termine approvato dal consiglio di amministrazione del 14 marzo 2007». Inoltre, come direttore generale, Blanc ha avuto una ulteriore paga cospicua: 9mila euro in benefici non monetari, 392mila in bonus e altri incentivi e 456mila in altri compensi. Riguardo a questa cifra si sottolinea che è «retribuzione da lavoro dipendente». l manager d’oltralpe è stato presente nell’88% delle riunioni del cda e a tutte quelle del comitato sportivo.
Il monte stipendi totale del cda bianconero è stato di 3,08 milioni.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)

Dalla galassia Agnelli 13,66 milioni per la Vecchia Signora

Nel bilancio 2008 sono state effettuate operazioni con sei società del gruppo di cui fa parte la Juve, pari al 6,8% dei ricavi totali. La società bianconera ha anche ottenuto in proprio tre fideiussioni per 132mila euro rilasciate dal gruppo bancario Intesa Sanpaolo, posseduto al’1,25% dall’Ifil, nel cui consiglio di sorveglianza siede Carlo Barel di Sant’Albano amministratore non esecutivo della Juventus

«Noi non siamo come l’Inter. Non lo siamo perché loro hanno un mecenate, mentre noi abbiamo un progetto. Ma se il mecenate, un giorno, si scoccia, finisce tutto. Noi invece, con il nostro progetto, andremo avanti». Parole del presidente juventino Giovanni Cobolli Gigli che ha voluto sottolineare la bontà del progetto della società di corso Galileo Ferraris. Ma il numero uno bianconero sa di avere le spalle forti per portarlo avanti. Ciò è testimoniato dal fatto che la società ha un azionista molto importante come l’Ifil (al 60%): anzi, una galassia molto potente. Lo comprova anche i 13,66 milioni di ricavi ottenuti, pari al 6,8% del loro totale generale nel conto economico, per operazioni effettuate con sei "parti correlate" (il cui totale sul conto economico è di 15,1%) ossia con aziende facenti capo alla finanziaria di Casa Agnelli o che hanno avuto legami economici stretti (come la Campi di Vinovo poi venduta alla Girardi Costruzioni). A ciò bisogna aggiungere la cospicua somma di 132mila euro (pari al 73% del totale della voce di bilancio) per tre fideiussioni a favore della Vecchia Signora rilasciate dal gruppo bancario Intesa Sanpaolo, nel cui consiglio di sorveglianza siede Carlo Barel di Sant’Albano amministratore non esecutivo della Juventus. L’Ifil possiede l’1,25% dell’istituto di credito. Sono tutti punti di forza della società bianconera per niente trascurabili: solo il Milan con la Fininvest e l’Inter, tramite l’apporto del petroliere Massimo Moratti, possono vantare su una potenza economica simile.
E quali sono le aziende del gruppo torinese che hanno contribuito ai ricavi juventini? La cifra più elevata spetta alla Fiat con in totale 13,3 milioni: di questi, 12,45 milioni "si originano principalmente dal contratto di sponsorizzazione in essere" si specifica nel bilancio. A seguire, 257mila euro sono stati elargiti dall’Editrice La Stampa: segue la Cnh Italia-New Holland con poco più di 29mila euro. Hanno contribuito anche la Aw Events (gruppo Alpitour) con 53mila euro, la controllante Ifil con 12mila euro e l’altra finanziaria di Casa Agnelli, Ifi, con 2mila euro.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)

Deloitte usa la penna rossa per i conti 2008 della Lazio

Secondo la società di revisione, la squadra di Lotito ha conteggiato in modo inesatto un provento di 10 milioni per l’opzione di diritti tv, contravvenendo ai principi Ias. Di conseguenza "il patrimonio netto risulta sovrastimato per un importo pari ad Euro 4,5 milioni, ed il risultato d’esercizio sottostimato di Euro 1,7 milioni"

Colpo di scena in casa Lazio. L’utile 2007/08 della società quotata a Piazza Affari a si innalza da 6,3 milioni di euro a 8 milioni mentre il patrimonio netto scende da 80,75 a 76,25 milioni. Invece, i risultati consolidati vedono un incremento del risultato di esercizio da 13,8 a 15,5 milioni e un peggioramento del patrimonio netto negativo per 9,84 milioni a –14,34 milioni. Effetto di una "magia" contabile? No, è semplicemente l’effetto dei rilievi svolti dalla Deloitte & Touche che ha rilevato un’inesattezza riguardo a un dato contabile.
Nella relazione che accompagna il documento contabile biancoceleste si rileva che la capogruppo Lazio spa nell’esercizio chiuso al 30 giugno 2006 aveva "sottoscritto un contratto per la cessione dei diritti televisivi e di sponsorizzazione per le stagioni sportive 2007/2008 e 2008/2009". Con questa intesa scritta la società presieduta da Claudio Lotito aveva "ceduto, per un corrispettivo pari a Euro 10 milioni, un diritto di opzione che attribuisce al cessionario la facoltà di estendere lo sfruttamento dei suddetti diritti per la stagione sportiva 2009/2010". La società aveva inserito i 10 milioni nel conto economico al 30 giugno 2006 "separatamente e in anticipo rispetto ai proventi per la cessione dei predetti diritti televisivi e di sponsorizzazione", prosegue la Deloitte. L’inserimento della somma nei ricavi del bilancio di due anni fa è stato ritenuto plausibile dagli amministratori, i quali hanno ritenuto "che tale provento – commenta la società di revisione – sia certo nella sua determinazione, irripetibile e non condizionato ad alcuna prestazione futura delle parti". Il Consiglio di sorveglianza della Lazio aveva spiegato le motivazioni di questa scelta nella sua relazione al bilancio semestrale al 31 dicembre 2006: in merito, l’organismo societario si era anche avvalso del parere dei professori Giovanni Fiori e Riccardo Tiscini.
La Deloitte sottolinea però che questa operazione non è possibile, in quanto contravviene al principio internazionale contabile Ias 18. La società di revisione spiega che il corrispettivo di 10 milioni avrebbe dovuto essere considerato "parte integrante del contratto di cessione dei diritti televisivi e di sponsorizzazione e, di conseguenza, differito lungo il periodo di sfruttamento dei relativi diritti che, come indicato in precedenza, decorre dalla stagione sportiva 2007/2008". Dunque la cifra incassata per il diritto di opzione doveva essere attribuita a partire dall’ultimo bilancio chiuso a giugno, assieme a quella complessiva dei diritti tv, per tutta la durata del contratto. "Ne consegue che al 30 giugno 2008 il patrimonio netto risulta sovrastimato – conclude la Deloitte – per un importo pari ad Euro 4,5 milioni, ed il risultato d’esercizio sottostimato di Euro 1,7 milioni, entrambi gli importi al netto degli effetti fiscali, anche tenendo conto dei cambiamenti di aliquota intercorsi nell’esercizio".
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)

venerdì 10 ottobre 2008

Rateizzare i debiti del calcio? Non conviene

La "spalmatura" delle somme dovute a calciatori, banche, fisco ed enti previdenziali costa molto in termini di commissioni e interessi. C’è una sola via d’uscita in Italia e in tutta Europa: tagliare i costi, a cominciare dagli stipendi dei giocatori

Permettete una parola? C’è una famosa canzone napoletana scritta da Ernesto Murolo (padre di Roberto) ed Ernesto Tagliaferri, il cui ritornello dice: "E io canto: qui fu Napoli!...Nisciuno è meglio 'e me...Dimane penzo ê diebbete stasera só' nu rre!". Traduzione: Io canto, qui fu Napoli…e chi è più felice di me: domani penserò ai debiti, stasera mi sento un re. Questi versi si addicono perfettamente alla situazione del calcio italiano, che ha vissuto e continua a vivere al disopra delle proprie possibilità: la maggior parte delle società ha contratto debiti ingenti e ha chiesto di rateizzarli. In modo particolare con le banche, il fisco, gli enti previdenziali e, a cascata, con dipendenti e fornitori. Le somme dovute all’Erario sono state dilazionate: l’Agenzia delle entrate si è mostrata molto indulgente verso il mondo dell’italica pedata a causa anche di una legislazione (peraltro molto opinabile) molto meno rigorosa rispetto al passato. In questo quadro poco edificante, sono poche le isole felici come il Napoli di Aurelio De Laurentiis, dove grazie a un politica di gestione vincente sono stati incassati una serie di ingenti ricavi che hanno ripianato il debito di 32 milioni contratto con Unicredit nel 2004 per acquistare il ramo sportivo dalla curatela fallimentare della defunta Ssc Napoli.
Riguardo a costi e debiti, proprio in questi giorni è scoppiato il problema della serie B sommersa dalle passività. Una questione che le società della serie A vorrebbero risolvere con una bella e risolutiva scissione. Lo ha rivelato lunedì scorso il presidente del Cagliari Massimo Cellino uscendo dall’assemblea dei club della massima serie: "Siamo già separati, non ci resta che prenderne atto". Il numero uno sardo ha anche aggiunto che occorrerebbe farlo ora "in vista delle elezioni per il rinnovo dei vertici federali. Altrimenti dovremo aspettare altri quattro anni". Un progetto, che maschera un’eventuale superlega, che ha le sue radici nel periodo immediatamente precedente allo scandalo di Calciopoli del 2006. Antonio Matarrese ha però prontamente detto che finché ci sarà lui al vertice della lega le due categorie vivranno "sotto lo stesso tetto". Per ora tutto è stato risolto con la nuova mutualità, che è comunque meno ricca della precedente. In dettaglio, ci sono 7,5 milioni di euro che saranno elargiti dalle tre neopromosse e che vanno ad aggiungersi ai 65-70 (cifra dipendente dai ricavi della Coppa Italia) che giungeranno dalla serie A e ai 7 garantiti dall’advisor per la vendita dei diritti del campionato.
L’eventuale ipotesi di scissione è completamente assurda e non serve ad alleviare le forti passività delle società. Ciò si può spiegare con una citazione dal celebre libro "Ab urbe condita" di Tito Livio: sicuramente piacerebbe al presidente della Lazio, Claudio Lotito, che forse se ne approprierebbe. In esso si narra dell’apologo di Menenio Agrippa alla plebe in sciopero sul Monte Sacro a Roma: egli paragonò la società dell’Urbe al corpo umano, dove ogni membro ha una parte ben definita e necessaria per il suo corretto funzionamento. Ebbene, anche la serie A e la serie B possono essere paragonate a un unico organismo: le squadre cadette hanno forgiato calciatori, e spesso anche campioni, acquistati da quelle della massima serie che offrivano un sostentamento per la categoria inferiore. Così il sistema è andato avanti per anni, fin quando non è arrivata l’era della tv criptata e dello scopo di lucro delle società calcistiche che ha demolito tutto. Occorrerebbe ripristinarlo con forme aggiornate e appropriate: ha tanto giovato in passato al movimento pallonaro.
Invece, si è pensato alla scissione tra i due campionati, poiché qualcuno pensa che la B sia una specie di "zavorra" economica: ma è un vero e proprio suicidio. Per il momento è stata posta in un cassetto: ma niente vieta che possa essere riproposta in un futuro nemmeno troppo lontano. Per i cadetti è stata ideata anche la "spalmatura" degli elevati stipendi dei calciatori. Ciò significa, come fu cinque anni fa per il "piano Baraldi" alla Lazio, soltanto spostare nel tempo le cifre dovute ai giocatori. Si ricordava all’inizio che le società sono debitrici verso gli istituti di credito, il fisco e gli enti previdenziali: anche qui si applica la regola del "quant’è bello rateizzare". Ma questo genere di operazioni si traduce in una serie di costi ulteriori: per il svolgere un piano di ripartizione delle somme dovute occorre ottenere le fideiussioni bancarie oppure assicurative. La quale si traduce in altri costi in termini di commissioni, anche se spesso è accompagnata dall’investimento in prodotti che concedono somme di denaro. I debiti inoltre creano interessi molto consistenti, oltre ad eventuali rivalutazioni, che devono essere onorati: essi costituiscono una sorta di "tassametro" che scatta in continuazione, poiché in gran parte dei casi le squadre hanno ottenuto prestiti con saggi variabili. E con la crisi finanziaria attuale e il tasso di riferimento bancario Euribor schizzato alle stelle non gli interessi non sono destinati a scendere, almeno per ora. Insomma, la rateazione non conviene poi così tanto: anzi, è un modo per pagare di più in maggior tempo. L’unica cosa da fare è tagliare i costi: a cominciare dagli ingaggi dei calciatori. Lo ha capito anche l’Uefa, che ha cominciato a scagliare il suo anatema dell’esclusione dalle coppe contro tutte le società indebitate. E ci sono anche i club inglesi, che fino a pochi mesi fa erano additati come modello: ora si scopre che hanno un buco di ben 3,8 miliardi di euro. Il problema è quindi internazionale: la serie B è solo la punta dell’iceberg. Bisognerà vedere se c’è la concreta volontà da parte dei dirigenti del mondo del pallone europeo di sedersi al tavolo e cambiare tutto: una volontà che finora non traspare. Ma il mondo del calcio riuscirà a evitare di fare la fine del Titanic?
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)

giovedì 9 ottobre 2008

"il pallone in confusione" questa sera su Romauno tv

Questa sera "il pallone in confusione" sarà in diretta telefonica attorno alle 23,30 su Romauno tv. Si parlerà dei conti della Roma nell'ultimo bilancio 2008.
La televisione è visibile anche all'indirizzo internet http://www.romauno.tv/ e sul canale satellitare 860 di Sky.
Marco Liguori

martedì 7 ottobre 2008

Cda Roma: compensi solo per Rosella e Silvia Sensi e Di Martino

L’amministratore delegato ha incassato un gettone di 1,1 milioni di euro, mentre la sorella consigliere 250mila: il vice presidente ne ha ottenuto 4mila

Soltanto quattro sui 10 membri del consiglio di amministrazione sono detentori di azioni della Roma. Nel progetto di bilancio al 30 giugno scorso emerge che il presidente e amministratore delegato Franco Sensi (deceduto nello scorso agosto) possedeva indirettamente tramite società controllate 156.939 titoli e altri 220.515 come «possesso indiretto di piena proprietà per il tramite del coniuge in società controllate». L’amministratore delegato Rosella Sensi aveva 15.025.300 azioni: anch’essa per «possesso indiretto di piena proprietà per il tramite di società controllate». Altre 15.024.552 sono di Silvia Sensi, detenute con la stessa motivazione della sorella. Invece, il consigliere Renato Bernardini ne ha tra le sue mani soltanto 2.320.
Riguardo alla tabella dei compensi (pubblicata a pagina 115) solo tre componenti del cda li hanno ricevuti. Essi sono Ciro Di Martino (4mila euro per altri compensi), Rosella Sensi (1,1 milioni) e Silvia Sensi (250mila euro). L’unico dirigente con responsabilità strategiche è Cristina Mazzoleni che ha percepito 229mila euro in totale: 171mila per la carica, 35mila per bonus e altri incentivi, 23mila per altri compensi.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)

Le smentita della Roma e di Unicredit all'articolo di Repubblica su proroga debito e nuovi soci

As Roma: nessuna richiesta proroga a Unicredit nè nuovi soci
Compagnia Italpetroli non ha richiesto alcuna proroga dei termini di rimborso del debito concordato con Unicredit e non ha allo studio operazioni sul capitale finalizzate all'ingresso di nuovi soci. E' quanto precisa una nota congiunta della Compagnia Italpetroli e della As Roma, replicando cosi' alle notizie diffuse da organi di informazione.
Compagnia Italpetroli, si legge nel comunicato, ''non ha chiesto alcuna proroga dei termini del rimborso del debito concordati con Unicredit Banca di Roma con l'accordo sottoscritto nel luglio scorso, ne' alcuna pressione, finalizzata ad un'accelerazione del rimborso stesso, e' stata fatta dall'istituto di credito con il quale vige un clima di serena collaborazione''. In merito, peraltro, prosegue la nota Italpetroli e AS Roma precisano che quest'ultima societa' non e' parte dell'accordo con Unicredit Banca di Roma e non ha verso tale istituto di credito alcun obbligo di rimborso. ''Allo stesso modo si precisa che nessun pressing e' stato esercitato da Unicredit Banca di Roma per la cessione della partecipazione in AS Roma''. Quanto gli assetti proprietari di AS Roma, inoltre, ''Compagnia Italpetroli precisa che non sono allo studio operazioni sul capitale finalizzate all'ingresso di nuovi soci e di non essere a conoscenza di incarichi di terzi a studi legali volti a mettere a punto progetti di acquisto di partecipazioni al capitale di AS Roma. Parimenti prive di fondamento - afferma la nota - sono le notizie che riferiscono di contatti intervenuti con il Dottor Adriano Galliani e con il Cavaliere del Lavoro Dottor Silvio Berlusconi perche' esercitino pressione sul Dottor Alessandro Profumo, o facciano alcunche' in merito alla ricerca di possibili partner di Compagnia Italpetroli e/o di AS Roma''. (Ansa)

AS ROMA: UNICREDIT, NESSUN PRESSING SU FAMIGLIA SENSI
''Non c'e' nessun pressing da parte di UniCredit sui Sensi e nessun irrigidimento di rapporti con la famiglia''. Cosi' UniCredit Banca di Roma ha commentato le notizie diffuse da alcuni organi d'informazione. ''Il piano di rientro del debito - prosegue la nota - rimane saldamente nelle mani della famiglia Sensi con la quale i rapporti restano ottimi''.
(Ansa)

La Roma ringrazia Mediaset e Rai per gli utili 2008

Secondo il progetto di bilancio della società giallorossa, sono affluiti dalle due società televisive 20,5 milioni non ricorrenti che hanno contribuito molto ai risultati di esercizio positivi di 18,7 milioni per la capogruppo e 19,2 per il consolidato. Debiti tributari attestatisi a 24,9 milioni a fine giugno e a 22,8 milioni in agosto

La Roma deve ringraziare Mediaset e la Rai se ha potuto concludere l’esercizio 2007/08 con un doppio utile consistente: sia per la capogruppo (18,7 milioni di euro +85,1% rispetto all’anno precedente) sia per il consolidato (19,2 milioni +37%), che include la partecipata Soccer sas cui sono stati trasferiti i marchi nel 2006/07. Lo si legge nel progetto di bilancio della squadra giallorossa, in cui si evidenzia anche il patrimonio netto positivo: 189 milioni per la spa (110,3 milioni al 30 giugno 2007) e 10,4 milioni per tutto il gruppo (negativo per 8,8 milioni). Sono proprio i vertici societari a sottolineare che il risultato del consolidato «al netto delle componenti non ricorrenti» si «presenterebbe pressoché stabile nei due esercizi a confronto, pari a 4,4 ed a 4,7 milioni di euro, rispettivamente al 30 giugno 2008 e 2007». Le due televisioni hanno infatti contribuito con proventi non ricorrenti per 20,5 milioni a sostenere i conti societari su un totale ricavi di 169,9 milioni per la capogruppo (+14,9%) e 189 milioni consolidati (+20%). In particolare, si legge nel documento, la Roma ha incassato 5,5 milioni «per gli esiti dell’accordo transattivo raggiunto nel mese di agosto con Rai per la titolarità dei diritti di utilizzo e di sfruttamento da parte della stessa delle immagini delle partite casalinghe di As Roma, disputate dalla prima squadra sino alla data di sottoscrizione del contratto ed a tutto quanto direttamente inerente ad esse». Di minore peso, ma sempre ascrivibili ai proventi non ricorrenti, sono i 500mila euro incassati dall'Uefa come rimborso per la partecipazione dei quattro calciatori giallorossi (Aquilani, De Rossi, Panucci e Perrota) con la Nazionale all'Europeo dello scorso giugno.

La società della famiglia Sensi ha anche ottenuto 15 milioni «relativi ai diritti di opzione concessi a Rti (gruppo Mediaset ndr) nel marzo 2006 e prudenzialmente sospesi nell’esercizio precedente, in applicazione ai principi Ias/Ifrs, sino al momento dell’avvenuto esercizio (nel mese di febbraio) degli stessi da parte dell’emittente televisiva». La stessa Roma spiega che questi 15 milioni erano prima inclusi nei risconti passivi (ossia anticipi di ricavi futuri) decrementatisi di 20,1 milioni: essi erano «proventi relativi ai diritti di opzione e prima negoziazione concessi a Rti». Sarebbe interessante cosa ne pensa al riguardo l’Antitrust che in un’istruttoria del 28 giugno 2006, ossia in piena Calciopoli, esaminò le scritture private tra le squadre e Mediaset che conferiscono a quest’ultima «i diritti di prima negoziazione e di prelazione per l’eventuale acquisizione in licenza dei diritti di trasmissione televisiva su tutti i mezzi di diffusione del segnale televisivo». Il presidente Antonio Catricalà stabilì che «la stipula dei contratti di licenza e delle scritture private, sottoscritti dal Gruppo Mediaset tramite Rti nell’estate del 2004, configura una violazione del divieto di abuso di posizione dominante». Inoltre «le società del Gruppo Mediaset (Fininvest spa., Mediaset spa. e Rti spa.) debbano astenersi dal porre in essere in futuro comportamenti che possano avere un oggetto o un effetto analoghi a quelli accertati nel presente procedimento». Nel mirino dell’Authority erano finiti i contratti di licenza stipulati da Rti-Mediaset con Milan, Inter, Sampdoria, Livorno, Messina, Roma, Atalanta e Juventus. Il gruppo della galassia Fininvest «con separata scrittura privata – si legge nell’istruttoria – ha altresì acquisito i diritti di prima negoziazione e di prelazione relativi ai diritti di trasmissione dei medesimi eventi sportivi delle citate società, ad eccezione dell’Atalanta e del Messina». La Roma ha incassato 104,2 milioni per i diritti tv: 65 milioni da Sky e Mediaset (+18,8%) per le migliori condizioni economiche dei contratti. Invece, la partecipazione alla Champions League (altro provento non ricorrente) ha fruttato in totale circa 30 milioni: 16,8 milioni per il "market pool" di competenza della "magica", in calo dell’11%, mentre è in lieve crescita il bonus Uefa da 12,2 a 12,5 milioni. Se da un lato si è registrato l’aumento del fatturato, anche i costi operativi hanno subito un consistente incremento: 138,2 milioni a livello di capogruppo (+16%) e 146,9 milioni per quelli di gruppo (+20%). Fra essi spiccano le spese per il personale, lievitate da 75,8 a 94,5 milioni (+24,68%): la parte principale spetta a quelle per i tesserati, che hanno subito un vero e proprio boom passando da 64 a 80,2 milioni. A ciò si aggiungono i premi per 9,96 milioni (7,6 nel 2006/07) per il raggiungimento di obiettivi (secondo posto in campionato con qualificazione alla Champions, qualificazione sino ai quarti di finale in quest’ultimo torneo, vittoria nella Tim Cup).

Riguardo allo stato patrimoniale, si nota un miglioramento riguardo al rapporto tra attività e passività non correnti (con scadenza oltre l’anno) della As Roma spa (172,8 milioni contro 162,2 milioni) e del consolidato (pari a 49,5 milioni contro i 37,3 milioni). Invece, quello tra le attività e le passività correnti peggiora per la capogruppo (negativo per 81,02 milioni contro –79,9 milioni) e resta negativo in quello di gruppo (–77,7 milioni contro i precedenti –79,7 milioni). I debiti tributari restano uno dei nodi cruciali per ottenere il risanamento della "magica". Secondo l’ultima situazione finanziaria mensile al 31 agosto scorso, essi ammontano a quella data a 22,8 milioni, mentre alla fine dell’esercizio 2007/08 avevano toccato i 24,9 milioni. La Roma ha in corso tre rateizzazioni di somme dovute al fisco. Invece una quarta riguardante l’Irap è stata «ripresentata in marzo alla Concessionaria della Riscossione territorialmente competente, alla luce della modificata normativa di riferimento» per una cartella di 4,2 milioni. A causa della procedura tuttora in atto, «l’esigibilità della cartella è di oggi sospesa».
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)

Tabella debiti tributari As Roma
(cliccare sopra per ingrandire)







Fonte: Situazione finanziaria mensile As Roma al 31 agosto 2008

domenica 5 ottobre 2008

ESCLUSIVO/L’Antitrust: Filmauro è di Aurelio De Laurentiis

In un provvedimento del 1998, l’Autorità ha accertato che il 90% della casa cinematografica, coperto dalla fiduciaria Romafides, è posseduto dall’imprenditore. Di conseguenza anche il Napoli è di sua proprietà: sono così spazzati via tutti i dubbi sul controllo societario

La Filmauro è di Aurelio De Laurentiis: lo è quindi anche il Napoli. L’affermazione sembrerebbe banale e scontata, ma non è così. Nelle visure societarie, effettuabili presso la Camera di Commercio, della casa cinematografica, a sua volta azionista unico della squadra azzurra, c’era un mistero: il suo pacchetto di controllo, pari al 90%, è custodito da Romafides (mentre il restante 10% è di Jacqueline Baudit, consorte di De Laurentiis), fiduciaria posseduta prima dalla Banca di Roma, poi da Capitalia, e adesso confluita in Unicredit. Suo compito istituzionale, dunque perfettamente lecito, è quello di coprire il reale possessore (tranne davanti agli organi pubblici competenti) e offrire una serie di servizi di gestione per suo conto. L’Antitrust ha provveduto a sciogliere questo arcano e a spazzare ogni dubbio sull’assetto proprietario di Filmauro: lo ha fatto in un suo provvedimento del 2 luglio 1998 firmato dall’allora presidente Giuseppe Tesauro, reperibile sul link http://www.agcm.it/agcm_ita/DSAP/DSAP_287.NSF/218c8abc30b4e077c1256a470060e61b/8efc4f05c715491bc1256657002b8727?OpenDocument riguardante la ristrutturazione dell’Ente Cinema spa, che aveva mutato la sua denominazione in Cinecittà Holding spa. In esso si legge che nel marzo di 10 anni fa Filmauro assieme a Cecchi Gori Group (società di Vittorio Cecchi Gori) avevano rispettivamente acquistato la quota del 12% di Cinecittà Servizi e avevano comunicato l’operazione all’organismo pubblico competente, ossia l’Autorità garante del mercato, per verificarne l’eventuale concentrazione e posizione dominante. Nel paragrafo relativo alle parti in causa si legge che «Filmauro Srl è una società interamente controllata dal Signor Aurelio De Laurentiis tramite la Roma Fides Fiduciaria e Servizi Spa (appartenente al Banco di Roma)». Questa frase inserita nel documento ufficiale ha dunque accertato e dichiarato che il numero uno azzurro è il proprietario della società cinematografica che a sua volta possiede il Napoli: di conseguenza anche la squadra è sua.
Marco Liguori
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mercoledì 1 ottobre 2008

Il Bari paga 2,73 milioni di debiti tributari in 59 rate

Il dato è emerso nell’analisi dei conti 2007 della squadra pugliese svolta da “il pallone in confusione”. La società della famiglia Matarrese, nella relazione sulla gestione, ha evidenziato che l’accordo per la dilazione è stato sottoscritto con l’Agenzia delle entrate nel dicembre 2006, a seguito di tre comunicazioni in cui si contestavano altrettante irregolarità. Contro di esse è stato proposto ricorso

Anche l’Associazione sportiva Bari, come altre società di calcio professionistiche, ha rateizzato i propri debiti fiscali. “Il pallone in confusione” lo ha notato analizzando l’ultimo bilancio disponibile in Camera di commercio al 31 dicembre 2007 della squadra di calcio della famiglia Matarrese, chiuso con una perdita di 5,22 milioni di euro in diminuzione dagli 8,04 milioni del 2006. Lo spiegano nella relazione sulla gestione i tre parenti del presidente della Lega calcio Antonio, in cui è evidenziato che «è regolarmente in ammortamento il pagamento delle rate concernenti la rateazione in 59 rate, sottoscritta con l’Agenzia delle entrate Ufficio di Bari 2 in data 19/12/2006». Nel documento non è stata comunicato l’anno in cui ha termine la rateizzazione, né la cadenza temporale del pagamento. L’operazione è stata garantita con polizza fidejussoria rilasciata il 15 dicembre 2006 da Assitalia (Gruppo Generali Assicurazioni) per il tramite di Rasini Viganò Assicurazioni. A fronte di questa garanzia, la società pugliese ha sottoscritto con Ina (sempre della Generali) nella stessa data un «contratto di capitalizzazione a premio unico – si legge nella nota integrativa che accompagna il bilancio – con rivalutazione annua del capitale collegata alla gestione patrimoniale Euro Forte». La consistenza iniziale della polizza Ina era di 1,65 milioni con un incremento annuo di poco più di 35mila euro. Sempre nella nota integrativa è indicato l’importo complessivo della rateizzazione pari a 2,73 milioni: esso è incluso nel paragrafo sui “debiti tributari”, che alla fine dell’anno scorso ammontavano a 3,32 milioni. In quest’ultimo, si legge nel documento contabile, «sono iscritti debiti per imposte ed addizionali, sui redditi da lavoro dipendente ed autonomo pari ad euro 492.419,88; Irap pari ad euro 547.794,95 ed il debito Iva che ammonta ad euro 122.833,75».
Il presidente Vincenzo, l’amministratore delegato Salvatore e il consigliere Salvatore Matarrese spiegano che la dilazione in 59 rate riguarda «la cartella di pagamento n.014/2006/00385350/43/000 notificataci come atto propedeutico all’accertamento che la stessa A.D.E. (Agenzia delle entrate ndr.) ha effettuato a seguito dell’accesso mirato presso la sede della nostra società sportiva nei giorni 22-23 febbraio 2006 al fine di verificare la corretta applicazione della normativa in materia di II. DD. (imposte dirette ndr.), Iva e Irap relativamente ai periodi di imposta 2004 e 2005». I Matarrese proseguono evidenziando che «l’Agenzia delle entrate ha notificato alla nostra società n.3 comunicazioni rappresentando la presenza delle seguenti irregolarità». Esse riguardano innanzitutto il «tardivo versamento di ritenute e addizionali su redditi di lavoro dipendente riguardante le mensilità da dicembre 2003 a dicembre 2004». Seguono gli «omessi versamenti dell’Iva periodica, dell’acconto e del saldo Iva riguardanti il periodo da gennaio 2004 a dicembre 2005». Infine, il fisco ha contestato gli «omessi versamenti di acconti e saldi Irpeg e Irap relativi alle annualità 01.07.2003 – 30.06.2004 e all’esercizio 01.07.2004 – 31.12.2004». Queste comunicazioni, si legge sempre nella relazione sulla gestione della società biancorossa, «contenevano l’invito a versare quanto dovuto entro il termine di giorni trenta dalla loro ricezione pena la perdita del beneficio della riduzione ad un terzo delle sanzioni». I tre Matarrese hanno «provveduto nei termini al versamento delle sanzioni ridotte limitatamente ai tardivi versamenti di ritenute e addizionali su redditi di lavoro dipendente riguardanti le mensilità da dicembre 2003 a dicembre 2004 per un ammontare pari al terzo della complessiva intera sanzione di euro 492.329,64». Inoltre, gli amministratori hanno proposto il ricorso contro «le citate comunicazioni per violazione dell’art.16 del D.Lgs.472/97», ma hanno «dovuto procedere alla sottoscrizione della rateizzazione per evitare ogni più grave e dannosa conseguenza esecutiva a nostro danno per la scadenza del ruolo notificatoci». Per porre fronte a queste omissioni, il presidente e i consiglieri sottolineano sempre nella relazione che è stato prudenzialmente collocato a bilancio «un fondo sanzioni e interessi ammontante ad euro 816.641,31, ritenuto congruo da questo consiglio anche sulla scorta del reale debito residuo, considerata pagata la rata scadente a marzo 2008». Gli interessi della rateazione del debito tributario costituiscono la quasi totalità della somma di 145.621 euro relativa alla voce “interessi su altri debiti”. Riguardo ai pagamenti delle scadenze, il collegio sindacale nella sua relazione ha «constatato il regolare pagamento».
Infine, il consiglio di amministrazione ha rammentato nella relazione sulla gestione «che per gli adempimenti previsti dai regolamenti della Figc, sotto il controllo della Covisoc, per l’iscrizione al campionato 2008/2009, non deve risultare presente alcun debito erariale corrente e non rateizzato, in pendenza con l’Amministrazione finanziaria, pena la non iscrivibilità al campionato». Il Bari ha sicuramente ottemperato a questi adempimenti, poiché ha ottenuto l’iscrizione al torneo di serie B, dove ha militato anche nel 2006.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, possibile soltanto dietro citazione della fonte)

lunedì 29 settembre 2008

Bilancio Lazio1/Patrimionio netto consolidato negativo per 9,84 milioni

Nonostante ciò, la società biancoceleste non deve provvedere alla ricapitalizzazione. L’utile di gruppo 2007/08 ha raggiunto i 13,8 milioni: ricavi +34,4%, costi +6,03%. L’esercizio è stato fortemente influenzato dalla partecipazione alla Champions League e dalla transazione con Unicredit-Banca di Roma

La Lazio ha chiuso l’esercizio 2007/2008 con un utile della capogruppo di 6,3 milioni di euro e un patrimonio netto positivo di 80,75 milioni. A livello consolidato la società di Claudio Lotito, quotata in Borsa, ha ottenuto un risultato positivo pari a 13,8 milioni e un patrimonio netto negativo per 9,84 milioni. Riguardo al bilancio della spa, la società spiega che il risultato di periodo «si decrementa di euro 93,43 milioni rispetto all’utile della stagione precedente, pari ad Euro 99,69 milioni». Tali risultati sono dovuti, si spiega nei documenti contabili, «principalmente ai proventi rivenienti dalla partecipazione alla Coppa Internazionale ed alla rinegoziazione dei contratti per la cessione dei diritti televisivi satellitari e digitali terrestri». C’è da evidenziare anche che un anno fa, la squadra biancoceleste ebbe una plusvalenza di 104,5 milioni, conseguita dalla cessione dei marchi e del ramo d’azienda commerciale alla neocostituita controllata al 100% SS Lazio Marketing & Communications: il risultato finale fu quindi influenzato da questa componente straordinaria molto particolare, poiché i marchi passarono dalla società madre alla sua controllata. In pratica, come se fossero stati spostati da una tasca all’altra dello stesso vestito. «Si segnala, tuttavia, che eliminando dal risultato della stagione 06/07 la plusvalenza di conferimento, pari a Euro 104,5 milioni, il risultato della stagione attuale, rispetto a quella precedente, migliora di Euro 11,07 milioni». Tuttavia, per avere un quadro più preciso della situazione della Lazio occorre esaminare il documento contabile di tutto il gruppo, che lo rappresenta come un’unica entità.
Ed è proprio il patrimonio netto negativo consolidato, sia pur migliorato di 14,15 milioni rispetto al 2006/07, che risalta come segnale di difficoltà. Esso significa che tutto il gruppo Lazio non ha mezzi propri, come già accadde l’anno scorso: nonostante ciò la società sottolinea che è «di tutta evidenza come la sussistenza di un patrimonio netto consolidato negativo non richieda gli interventi di cui all’art. 2447 codice civile», che prevede la riduzione e la ricostituzione dl capitale sociale. Tuttavia, la Lazio correttamente evidenzia che non ha l’obbligo di effettuare l’operazione di ricapitalizzazione, poiché essa è necessaria soltanto per le singole società del gruppo, nel caso in cui si trovassero con il patrimonio netto negativo.
Il documento sottolinea che l’esercizio è stato caratterizzato da tre eventi. Il primo è la transazione sottoscritta in data 13 febbraio 2008, tra la Lazio e la Unicredit Banca d’Impresa (mandataria di Banca di Roma), che prevede «il pagamento, da parte della S.S. Lazio S.p.A., di Euro 6,68 milioni, inserito nei debiti verso banche, con un risparmio di Euro 5,18 milioni, in otto rate trimestrali di Euro 0,8 milioni ed una di Euro 0,42 milioni, senza interessi». A seguito dell’accordo, il fondo rischi, che al 31 dicembre 2007 ammontava ad Euro 9,45 milioni, è stato stornato con un effetto positivo sui conti della società di Euro 4,07 milioni. L’altro evento riguarda l’«effetto negativo sulle imposte differite per la variazione delle aliquote fiscali Ires e Irap, per Euro 3,13 milioni». L’ultimo è costituito «dal pagamento anticipato, rispetto alla scadenza del 1 aprile 2009, della doppia rata prevista dalla transazione con l’Agenzia delle Entrate, mediante utilizzo del credito Iva». L’accordo con il fisco, siglato il 20 maggio 2005 per la rateizzazione in 23 anni del debito di 140 milioni, costituisce la vera e propria “assicurazione sulla vita” della Lazio per un duplice motivo. In forza dell’allora normativa vigente (cancellata in seguito) la società ha potuto regolarmente iscriversi negli anni successivo al campionato di serie A. Inoltre, ha avuto la garanzia che nessun creditore potrà presentare l’istanza di fallimento contro di essa: se lo facesse riceverebbe solo le briciole, poiché il fisco ha un privilegio assoluto su tutti gli altri. Questa assurda situazione è stata generata dalla legge, che ha anche consentito una dilazione delle somme così lunga: la Lazio ne ha solo chiesto giustamente e correttamente la sua applicazione. Da segnalare che, per effetto della transazione, i debiti tributari a oltre un anno sono diminuiti dai 80,6 milioni del 206/07 ai 72,8 milioni dell’ultimo esercizio. Le somme dovute al fisco entro l’anno sono invece aumentate da 7,8 milioni a 9,86 milioni. «Tale importo è principalmente riferito – si legge nel consolidato – a ritenute Irpef operate sui redditi di lavoro dipendente, di lavoro autonomo e di collaborazione coordinata-continuativa, debiti Iva ed alla quota entro i 12 mesi per Euro 4.122 migliaia che sono stati oggetto di rateizzazione con l’Agenzia delle Entrate».
Il documento contabile consolidato evidenzia anche «la qualificazione e relativa partecipazione al girone eliminatorio della Champions League». La partecipazione alla competizione ha generato un incasso di 16,6 milioni, provocando un incremento dei proventi televisivi per 27,82 milioni rispetto all’anno precedente. Anche i ricavi da gare ne hanno subito un incremento, pari a circa 3 milioni. Da registrare però il calo dell’11,98% del numero di spettatori complessivi per le partite di campionato, che ha superato i 415mila: l’incasso è stato di 6,88 milioni (-13,46%). Quest’anno però la Lazio non partecipa a nessuna competizione internazionale Uefa: mancheranno quindi questi cospicui introiti tra i ricavi. La società ha però già pensato come ovviare a ciò, come nel caso dell’apertura di punti vendita di propri prodotti in franchising a Valmontone e Frosinone. Inoltre la Lazio «ha elaborato ulteriormente il programma di realizzazione dello Centro Sportivo polifunzionale, con stadio di calcio, perfezionando i progetti tecnici, individuando le aree sulle quali potrebbe sorgere ed intensificando con le autorità competenti i rapporti ed i programmi finalizzati al rilascio delle autorizzazione ed alla conseguente materiale realizzazione». Non è indicato però quali siano precisamente le suddette aree per il nuovo impianto.
Il conto economico consolidato presenta ricavi per 102,5 milioni (+34,4%), mentre i costi sono ammontati a 52,7 milioni (+6,03%) con un risultato operativo di 33,9 milioni dopo ammortamenti (in cui spiccano gli oltre 10,4 milioni per quelle dei diritti alle prestazioni dei calciatori) e svalutazioni. Riguardo ai costi, quelli per i tesserati e i tecnici sono diminuiti del 6,52%, ma si nota l’incremento (+17,88%, 8,8 milioni) di quelli per servizi esterni. Tra essi spiccano i “costi specifici tecnici”, rappresentati in prevalenza da somme dovute ai procuratori dei giocatori, che sono ammontati a 3,4 milioni con una variazione più che sostanziosa del 75,82%.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, possibile soltanto dietro citazione della fonte)

Bilancio Lazio 2/Formello frutta 749mila euro a Lotito

Il presidente della società romana non ha percepito compensi nel 2007/08 per la sua attività di consigliere. Tuttavia ha incassato la cifra per la manutenzione e la guardiania del centro sportivo tramite due sue aziende: Gasoltermica Laurentina e Roma Union Security. La Lazio sottolinea che «tali transazioni sono state perfezionate nel rispetto della correttezza sostanziale e procedurale»

«Si segnala che il Consiglio di Sorveglianza ed il Consiglio di Gestione hanno rinunciato a percepire compensi». Ciò è riportato sia nel documento di bilancio 2007/08 della Lazio spa, sia nel consolidato. Le tabelle dei compensi della società biancoceleste e quelli della controllata SS Lazio Marketing e Communication hanno confermato l’affermazione riportata nella nota integrativa. Quindi, neppure il presidente dei consigli di gestione della Lazio spa e della sua controllata, Claudio Lotito, ha percepito somme per la sua attività di amministratore. Tuttavia, nel paragrafo riguardante le operazioni con le parti correlate è evidenziato che due società facenti capo al numero uno biancoceleste, la Roma Union Security srl e la Gasoltermica Laurentina spa, hanno ricevuto rispettivamente 383mila e 366mila euro. Il costo sostenuto dalla Lazio con la prima azienda ha «ad oggetto quasi esclusivamente la vigilanza del centro sportivo di Formello», si legge nel documento contabile. Invece, con la Gasoltermica Laurentina è stato sostenuto «un costo complessivo di Euro 366 migliaia, avente ad oggetto la manutenzione del centro sportivo di Formello». In totale, 749mila euro. Entrambe possiedono anche un rapporto di credito con la società biancoceleste: la Roma Union Security vanta una somma di 1,2 milioni di euro, mentre la Gasoltermica ne deve ricevere ancora 694mila. «Si segnala che tali transazioni sono state perfezionate – si legge nel bilancio biancoceleste – nel rispetto della correttezza sostanziale e procedurale».
Infine, nel prospetto Consob riguardante le azioni della Lazio detenute dai consiglieri di gestione e di sorveglianza si nota una particolarità. Ad eccezione del presidente Lotito (possessore indirettamente di 41,5 milioni di azioni) nessuno di essi possiede un solo titolo: il solo ex consigliere Giovanni Gilardoni ne aveva 20.646 fino al 20/10/2007, data di cessazione dalla sua carica. Sarebbe più opportuno che essi si dotassero di azioni della società da loro amministrata: darebbero un chiaro segnale al mercato di credere nel progetto Lazio.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, possibile soltanto dietro citazione della fonte)

mercoledì 24 settembre 2008

Juventus: il ritorno in A costa un rosso di 20,8 milioni

La società bianconera aveva perso nella stagione in B solo 0,9 milioni. I ricavi, pari a 203,7 milioni, sono aumentati del 9,1%, ma sono stati sovrastati dai costi (+18,4%, pari a 174,5 milioni). Forte ascesa per quelli da personale tesserato da 95 a 112,7 milioni. Chiesta alla Lega calcio la rescissione del contratto di Andrade

Il ritorno in serie A costa molto alla Juventus. La società ha comunicato in una nota di aver chiuso l'esercizio 2007/08 con una perdita di 20,8 milioni: nella stagione precedente, disputata in B, aveva concluso con un risultato negativo di 0,9 milioni. L'assemblea degli azionisti è stata convocata per il prossimo 28 ottobre. 
Il conto economico presenta uno squilibrio nel risultato operativo pari a 10,3 milioni contro un saldo precedente positivo di € 6,5 milioni. La società spiega che ciò è «effetto principalmente dei minori proventi netti derivanti dalla cessione dei diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori e della svalutazione del diritto pluriennale alle prestazioni sportive del calciatore Andrade». E a proposito del calciatore portoghese, la società bianconera ha chiesto l'8 agosto scorso al Collegio arbitrale della Lega la risoluzione del suo contratto a causa di due gravi infortuni. «In considerazione dell’impossibilità di recupero del calciatore -si legge nel comunicato della Juventus - all’attività agonistica, la Società ha proceduto a svalutare integralmente il valore residuo del relativo diritto pluriennale con un effetto economico sull’esercizio 2007/2008 negativo per € 6,8 milioni».
I ricavi, pari a 203,7 milioni, sono aumentati del 9,1%. Si segnala il più che cospicuo introito da diritti televisivi, ammontato a 124,2 milioni per una variazione assoluta di 31,3 milioni sull'anno precedente. Ciò ha compensato il calo dei proventi da gestione calciatori, passati da 41,5 a 17,1 milioni. I costi sono lievitati del 18,4%, assestandosi sui 174,5 milioni. Tra essi spicca la robusta ascesa di quelli del personale tesserato da 95 a 112,7 milioni (+17,7 milioni).  «Gli ammortamenti e le svalutazioni dei diritti calciatori dell’esercizio 2007/2008 -prosegue la nota bianconera - sono complessivamente pari a € 32,3 milioni, in aumento rispetto a € 22,8 milioni al 30 giugno 2007, principalmente per effetto della svalutazione del valore di carico residuo del diritto alle prestazioni sportive del calciatore Almeida Gomes de Andrade (€ 6,8 milioni) nonchè per effetto degli investimenti netti effettuati nel corso della Campagna Trasferimenti 2007/2008, parzialmente compensato dagli effetti del prolungamento dei piani di ammortamento dei diritti pluriennali alle prestazioni sportive di alcuni calciatori a seguito del rinnovo anticipato dei relativi contratti». La consistenza del patrimonio netto al 30 giugno scorso è di 95,4 milioni, in diminuzione rispetto a € 116,3 milioni dell'anno precedente «per effetto del risultato netto dell’esercizio (€ -20,8 milioni) e di altre variazioni minori per € -0,1 milioni» come segnalato dalla Juventus.
Infine, la società ha segnalato tra i fatti avvenuti dopo la chiusura dell'esercizio, che la prima fase della campagna acquisti (1° luglio-1° settembre) ha comportato acquisizioni per 38,7 milioni e cessioni per 6,4 milioni. Il saldo è positivo per 32,2 milioni.  «L’impatto economico nell’esercizio 2008/2009 relativo alle plusvalenze e minusvalenze - conclude il comunicato - da cessione di diritti pluriennali alle prestazioni sportive dei calciatori sarà positivo per € 15,7 milioni. Gli acquisti e le cessioni a titolo temporaneo dei diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori hanno determinato un effetto economico-finanziario positivo per € 0,7 milioni».
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, possibile soltanto dietro citazione della fonte)

sabato 20 settembre 2008

Da Quaresima a Quaresma

Riceviamo e pubblichiamo

Furino 1945 su http://www.ju29ro.com/

martedì 16 settembre 2008 18:39
Tanti giornali dell'1 settembre, forse tutti, hanno riportato la notizia che l'Inter aveva finalmente comprato Quaresma (con la trivela inclusa nel prezzo) mentre pochi, probabilmente solo uno, hanno "strisciato" un'altra notizia, che riprendiamo dal Messaggero del 31 agosto, e cioè che Moratti è stato costretto a far deliberare con urgenza un versamento di 30 milioni, per mettere una pezza al bilancio dell'Inter, non in linea con i parametri Covisoc e regolarizzare così l'iscrizione al campionato 2008-09. Proviamo allora a sostituirci alla Gazzetta dello Sport nel tentativo di far capire ai lettori il perchè di tale versamento, proviamo cioè a rispondere agli interrogativi che per le gazzette (e i gazzettari) sembrano tabù:l'iscrizione dell'Inter non era regolare? Ma allora Moratti se aveva i parametri (Covisoc) sballati come ha fatto a comprare Quaresma?Diciamo subito che tra luglio e agosto, mentre i giornali sportivi "distraggono" i lettori e li fanno sognare annunciando acquisti a sensazione di là da venire, la FIGC ha l'obbligo di effettuare severi controlli per garantire che i bilanci delle società siano in buona salute, ispirati a principi di sana e corretta gestione e rispettino determinati parametri quanto a debiti finanziari e patrimonio; tutto questo in nome della sacralità dello sport che ha impegnato fior di giuristi per fissarne il contesto normativo, da ultimo con la legge 586/96, con l'obiettivo di tenere insieme socialià e business, la Borsa e la vita sportiva.
L'organismo federale a cui è demandato questa specie di esame di ammissione è la Covisoc e le materie d'esame sono fissate dalle Norme Organizzative Interne Federali agli artt. 77-90 ter. In teoria si trattta di un esame assai diffcile perchè, a detta degli esperti, i bilanci delle società di calcio sono malandati, anzi malsani, ed anche pericoloso perchè il Codice di Giustizia Sportiva (art. 8, comma 4) prevede sanzioni pesantissime per chi cerca di fare il furbo per aggirare gli ostacoli fissati dalle NOIF. Solo in teoria, però, perchè poi in pratica succede che tutte le società, sorprendentemente, superano l'esame magari, aggiungiamo noi, con qualche raccomandazione. Succede anche di peggio perchè fino a qualche anno fa (diciamo prima di calciopoli, quando la Juve in Lega era rappresentata dal dr. Giraudo) a questi esami il pubblico era ammesso, nel senso che c'erano dei comunicati mandati ai giornali, che informavano i lettori (magari dalle pagine interne, quelle dove al bar difficilmente si arriva bevendo di fretta un caffe') mentre dopo calciopoli sembra quasi che la questione dei controlli Covisoc, peraltro fondamentale per la regolarità del campionato e per la spesso, ma non sempre, invocata sacralità dello sport, sia stata ridimensionata ad "affare di famiglia" (la "famiglia" dei presidenti tanto cara a Matarrese), come se l'operatività della Covisoc si svolgesse a porte chiuse, come gli allenamenti di Mourinho, e le sue decisioni dovessero restare misteriose, come le plusvalenze degli ultimi bilanci dell'Inter.
Già, i bilanci dell'Inter; anche loro sono pieni di finte (plusvalenze) e di giochi di prestigio come gli scatti di Quaresma; ne ha scritto il Sole 24 Ore, le abbiamo illustrate sul nostro sito, per esempio con l'articolo "Quanto vale Moratti in mutande", fiduciosi che la Covisoc e la Procura Federale verificassero se non ci fossero gli estremi dell'illecito quale richiamato nell'art. 8, comma 4, del Codice di Giustizia Sportiva. Sarà per queste irregolarità che la Covisoc ha richiesto all'Inter di versare con urgenza 30 milioni come ha scritto il Messaggero? No, quella è roba da deferimento, sarebbe roba da retrocessione e perdita dello scudetto; è invece molto probabile che quel versamento servisse a mettere una pezza per il famoso rispetto dei parametri. Il fatto è che entro luglio le società devono inviare alla Covisoc i primi dati di bilancio relativi alla stagione da poco conclusa e il budget di quella appena iniziata; evidentemente da quei dati, questa è la nostra ipotesi, la Covisoc non avrà potuto fare a meno di rilevare che l'Inter era sotto di 30 milioni quanto a parametro di patrimonializzazione e di qui la richiesta di versamento (ricordiamo che era stato il Sole 24 Ore a segnalare che le riserve patrimoniali inventate da Moratti nel 2007 potevano coprire future perdite ma solo sulla carta, proprio perchè finte). Questi versamenti, a dire il vero, per l'Inter ricorrono frequentemente (una-due volte all'anno), come se Moratti fosse alla continua rincorsa del rispetto dei parametri, come se l'Inter dovesse sempre regolarizzare la sua "abusiva" partecipazione al campionato e non ci riuscisse mai; una specie di rincorsa senza meta, anzi, forse senza traguardo a meno di provvedimenti o leggi "salvacalcio" (anche perchè questa rincorsa non riguarda solo l'Inter ma un po' quasi tutte le società; diciamo che la situazione di Moratti al riguardo è un po' "speciale", come il suo nuovo allenatore).
Di fronte all'ansimante arrancare del baraccone del calcio, Inter in testa, alla vana ricerca della regolarizzazione dei bilanci abbiamo altre volte sottolineato il rischio che il baraccone stesso possa saltare per aria per effetto dei gran debiti frattanto accumulati e, proprio per scongiurare questo rischio, il nostro sito ha pubblicato una "Lettera aperta al Presidente della Covisoc", illustrando dati e sottoponendo interrogativi. A quanto pare gli ispettori della Covisoc non hanno fatto una piega (o forse una piccola piccola, visti i 30 milioni richiesti all'Inter) ma sugli interrogativi di quella lettera un po' di chiarezza l'ha fatta, involontariamente, il prof. Tito Boeri quando, su Repubblica del 3 settembre, trattando l'arrivo nel calcio di sceicchi e petrodollari ha scritto che nei bilanci del settore ci sono "illeciti tollerati" e che i manager più importanti sanno il limite oltre il quale scattano le sanzioni. Forse nelle intenzioni dell'autore questo doveva essere un complimento ai "maghi della finanza" che agiscono nelle società di calcio, di sicuro è una grave accusa agli organi preposti ai controlli e alle sanzioni nella Figc; nello specifico del ragionamento che stiamo portando avanti è come se il prof. Boeri riconoscesse dei meriti, per dire, a Paolillo e Ghelfi che firmano i bilanci dell'Inter e della holding di controllo (e quindi hanno il copyright delle finte plusvalenze degli ultimi anni) ma, contemporaneamente, muovesse una grave accusa alla Covisoc e al dr. Palazzi perchè la giustizia sportiva, per prassi consolidata prepotentemente ribadita nell'estate 2006, non può essere "tollerante", neppure nei casi in cui quella ordinaria lo è, anzi, deve essere anche molto spedita, pure a costo di non poter garantire i diritti del "giusto processo" previsti dalla Costituzione (così hanno scritto in qualche recente sentenza gli organi di giustizia sportiva; e questo è stato l'assunto sul quale nell'estate 2006 è stato costruito il mostro giuridico di calciopoli).
C'è un recente esempio di illecito "tollerato" che sicuramente non è sfuggito al prof. Boeri (anzi, secondo noi potrebbe averlo ispirato) ed è relativo proprio all'Inter, indagata dal pm Nocerino a Milano per aver falsificato i bilanci 2003-04 e 2004-05 con finte plusvalenze al fine di aggirare la normativa Covisoc. E' importante ricordare che la richiesta di rinvio a giudizio del pm non è stata accolta dal Gup di Milano ma, su quella stessa ipotesi d'accusa, l'Inter tre mesi fa ha "patteggiato" davanti al procuratore federale Palazzi, ammettendone in qualche modo la fondatezza per i profili normativi della giustizia sportiva. Con una conseguenza davvero paradossale: difendendo Moratti davanti al Gup di Milano gli avvocati dell'Inter hanno sostanzialmente sostenuto che il presidente "mecenate" avrebbe messo sicuramente altri soldi nella società, bastava che la Covisoc glieli avesse chiesti; ma intanto, aggiungiamo noi, la Covisoc continuava a non "poterli chiedere" (oppure a chiederne pochi, come è successo adesso) perchè "ingannata" dai bilanci falsificati dalle finte plusvalenze. Per il prof. Boeri si tratterebbe di un illecito tollerato dalla giustizia ordinaria ma a noi sembra, semmai, uno spunto tratto dal copione di Zelig e, comunque, per la giustizia sportiva poteva e doveva essere un illecito (e basta) che, a questo punto, chiama in causa non solo la correttezza dei controllati ma anche le responsabilità dei controllori (e su questi aspetti qualche Procura della Repubblica prima o poi dovrebbe essere chiamata a pronunciarsi, definendo colpe, doli e ammiccamenti).Stando così le cose e visto che la fantasia dei maghi della finanza sembra non avere limiti vuol dire che il baraccone del calcio continuerà impunemente nella sua finta rincorsa ai bilanci in ordine con i più furbi destinati a stare sempre e comunque nelle prime posizioni? Probabilmente no; di sicuro un personaggio autorevole come il presidente dell'Uefa, Platini, contro i pericoli che derivano da quella fantasia ha preso posizione, facendo capire che gli illeciti di cui stiamo parlando potrebbero in un prossimo futuro non essere più tollerati. Platini ha fatto riferimento, specificatamente, ai debiti di alcune grandi società; al contrario di Matarrese, che straparla di nuovo calcio pulito, il presidente dell'Uefa ha detto che quei debiti non sono più tollerabili, andando subito al cuore di un problema che in Italia è sotto gli occhi di tutti, anche se tanti fanno finta di non vederlo: se i bilanci si reggono su ricavi fittizi derivati solo sulla carta da finte plusvalenze mentre le spese sono vere e sempre crescenti è evidente che la "quadra" sta nell'aumento dei debiti, a meno di non credere alla favola che i ricchi proprietari delle grandi società i soldi li ragalano e ce li mettono nelle squadre di calcio a mo' di benficienza.Platini alle favole ha fatto capire di non credere ed ha dapprima definito quei debiti una "vergogna" (quasi avesse visto il nostro "Moratti in mutande") con l'impegno di eliminarla, tornando successivamente sull'argomento per specificare che è sua intenzione affidare i controlli sui bilanci per le competizioni Uefa ad una apposita commissione di esperti internazionali senza più passare, come adesso, dagli organismi nazionali tipo Covisoc. Avvalorando così la tesi che i controlli attualmente eseguiti in FIGC siano finti e inattendibili, se non peggio, e minano alla radice la regolarità del campionato ("Vince chi bara", ha detto Platini con riferimento al calcio internazionale ma la situazione italiana è ancora peggio). Quasi a significare che quella di Platini non era una voce "dal sen fuggita" ma la posizione ufficiale dell'Uefa, sull'argomento è intervenuto qualche giorno fa il segretario David Taylor, ribadendo che "Controlleremo i bilanci dei club: sarà implementato il meccanismo delle licenze. Ci sarà una indagine"; l'ha fatto in occasione della riunione con gli allenatori a Nyon (se è vero che Mourinho non è un pirla dovrebbe aver drizzato le orecchie...), ne ha dato conto Tuttosport.Se da un lato, quindi , il nostro messaggio al presidente della Covisoc è rimasto lettera morta, dall'altro è come se ci avesse risposto un altro Presidente, sicuramente più autorevole; questo ci fa dire che gli acquisti come quelli di Quaresma (concluso il 31 agosto dopo che il giorno prima si è deliberato un intervento straordinario per 30 milioni, richiesti non si sa bene perchè) potrebbero avere i "campionati contati"; non sarà nel prossimo, sarà magari tra due anni ma i ricchi proprietari delle grandi società potrebbero essere obbligati a mettere mano al portafoglio e non potranno più contare su banche amiche, dove magari siedono nel Comitato Esecutivo.
Sarà impossibile, per Moratti e i suoi consiglieri economici, ripetere quanto è successo con la finta compravendita del marchio: l'Inter ha fatto una plusvalenza immaginaria di 150 milioni e se l'è spesa per davvero per tappare il deficit di bilancio ma i soldi erano quelli di un mutuo di Interbanca; in più chi si è troppo esposto con le banche per rincorrere un pallone, con la smania di arrivare primo, dovrà rientrare dai debiti, cioè potrebbe essere Moratti, stavolta, che deve dare 300 milioni ad Interbanca (e non viceversa).A quel punto potrebbe finire il tempo delle favole e dei comunicati stampa sui presidenti mecenati e sarà dura far sognare i lettori raccontando "tutto il rosa della vita" e nascondendo il resto; a quel punto per parecchie società sarà tempo di Quaresima.

Tratto da
http://www.ju29ro.com/altri-scandali/34-altri-scandali/612-da-quaresima-a-quaresma.html
http://www.wikio.it

il pallone in confusione

Registrazione n° 61 del 28 settembre 2009 presso il Tribunale di Napoli
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