In fondo al lago di Como
c’è un mistero: il crac del Como Calcio. La società fu
dichiarata fallita dal tribunale della città lariana il 22
dicembre 2004, dopo alcuni anni di travagliate vicende
societarie. I pubblici ministeri hanno di seguito indagato sulle
cause del dissesto, arrestando nel settembre 2005 un imputato
eccellente: l’ex presidente Enrico Preziosi, titolare della
Giochi Preziosi, con l’ipotesi di bancarotta fraudolenta.
Quattro anni fa Preziosi – oggi in sella al Genoa che tenta la
risalita in serie A – cercò di dare la scalata al Napoli,
alle prese con la querelle Ferlaino-Corbelli e prima della
disastrosa gestione Naldi. Gli ultimi, vorticosi passaggi di
mano sono ancora al vaglio della magistratura penale, pm
Vincenzo Piscitelli, il quale tra l’altro segue i clamorosi
crac del gruppo Ambrosio e del Banco di Napoli, per molti versi
collegati, visto che sono stati i crediti facili da mille
miliardi e passa di vecchie lire a provocare le voragini nelle
casse del Banco, poi svenduto alla BNL e quindi lautamente
smistato al San Paolo di Torino. Ma torniamo in riva al lago.
L’epilogo dell’inchiesta giudiziaria ha visto la successiva
richiesta di giudizio immediato (ossia di ricorre re al
dibattimento saltando l’udienza davanti al Gup) dell’ex
numero uno del defunto Como. Insieme a lui deve essere
giudicato, per l’ipotesi di concorso nella bancarotta, l’ex
amministratore unico, Massimo D’Alma, che ha gestito la
società nei mesi immediatamente precedenti al fallimento.
Invece il primo successore di Preziosi, l’ex presidente
Aleardo Dall’Oglio, ha patteggiato il 16 febbraio scorso la
condanna ad un anno e quattro mesi di reclusione, con pena
sospesa e un risarcimento di 500mila euro. Il processo contro
Preziosi e D’Alma ha però subito uno stop improvviso già
alla prima udienza, che si è tenuta lo scorso 5 dicembre presso
il tribunale di Como. E’ stata riscontrata, in un’ordinanza
del presidente del collegio giudicante Alessandro Bianchi,
l’impossibilità di proseguire «a causa della riduzione di
organico della sezione penale, aggravata dal recente
trasferimento ad altra sede del magistrato che avrebbe dovuto
presiedere l’odierno Collegio». Di conseguenza, il tutto è
stato rinviato al 16 ottobre 2007.
Curatore contro
Ma facciamo un passo
indietro: la relazione del curatore fallimentare Francesco
Corrado, e un atto di transazione firmato da quest’ultimo con
Preziosi, possono aiutare a comprendere alcuni aspetti della
vicenda. Lo stesso Preziosi, nella transazione, specifica «di
aver rivestito gli uffici di consigliere di amministrazione,
presidente e consigliere delegato di Calcio Como spa, con sede
in Como, in via Sinigaglia 2, nel periodo 16 luglio 1997-18
ottobre 2003». Ma, stando al rapporto del curatore, ciò non
sembra esimerlo dalle sue responsabilità. Il primo punto
cruciale nella relazione riguarda la riunione tra Corrado e
D’Alma nel gennaio 2005. Il curatore chiese per iscritto
all’amministratore unico del club comasco una relazione
dettagliata in dieci punti sul fallimento della società. D’Alma
rispose il 10 gennaio 2005, difendendo il suo operato: «Le
cause del dissesto sono sicuramente anteriori alla mia durata in
carica, viste le preesistenti perdite». L’amministratore
prosegue spiegando che «al fine di abbattere parte delle
perdite era prevista la rinuncia ai crediti dei soci verso la
società, relativi ai precedenti finanziamenti pari a circa
2.500.000 euro, con l’aggiunta di un contributo di 300.000
euro ogni mese da parte di Preziosi e di un contributo annuo
complessivo di circa 750.000 euro da parte di Dall’Oglio».
D’Alma ha fornito anche informazioni riguardo al suo acquisto
del pacchetto di maggioranza del Como dalla Lo. da.s r l.
«Formalmente – scrive D’Alma – le azioni sono state
rilevate il 21/6/2004 dalla Lo. da. indicandone il prezzo
nominale, ma non effettuando nessun esborso in danaro. In realtà
mi venne chiesto di svolgere il ruolo di amministratore unico
della società; parallelamente, mi venne chiesto di acquistare
nominalmente il 74,70% delle quote sociali con l’intesa che le
stesse sarebbero state rivendute a terzi, con cui vi erano
trattative in corso non perfezionate». Stando alla relazione
del curatore, Lo. da aveva a sua volta rilevato l’8 ottobre
2003 il 99,7% del Como dalla Fingiochi, di cui Preziosi era
azionista di riferimento. Scorrendo l’elenco soci in Camera di
Commercio si ha una sorpresa: Lo. da. è posseduta quasi
interamente da una fiduciaria, la milanese Pvm srl. Chi ci sia
dietro la società resta un mistero: neanche il curatore
fornisce informazioni in merito. Secondo le visure camerali Lo.
da. ha un patrimonio da appena 10mila euro: ne è presidente
Aleardo Dall’Oglio, nominato al vertice del Como
nell’assemblea del 30 ottobre 2003.
Litigi preziosi
Dunque D’Alma deteneva
il pacchetto di maggioranza del Como, in attesa dell’arrivo di
partner freschi. Aggiunge che gli fu garantito che «sino al
momento dell’ingresso dei nuovi soci, Preziosi e dall’Oglio
avrebbero provveduto al fabbisogno finanziario della società».
Ciò fu effettivamente eseguito. «Poi improvvisamente –
prosegue D’Alma – a quanto mi venne detto dallo stesso
Dall’Oglio, per dissidi sorti tra lui e Preziosi i
finanziamenti cessarono». L’ex amministratore evidenzia che
«la situazione della Calcio Como spa era già gravosa al
momento del mio ingresso». Nonostante ciò, i suoi rapporti con
Preziosi e Dall’Oglio «prima del mio ingresso si sono
limitati ad un paio di incontri, mentre più continui sono stati
i rapporti tra i loro e i miei consulenti che mi hanno assistito
nei primi mesi di gestione». D’Alma conclude la sua relazione
evidenziando che il debito verso i tesserati era così ingente
«in quanto legato a contratti perfezionati per la quasi
totalità in serie A, e non avendo la possibilità di pagarlo in
un’unica soluzione, dato che Preziosi e Dall’Oglio avrebbero
fornito i contributi promessi solo in tranches mensili, a
seguito di trattative con atleti e loro procuratori, come di
prassi nel mondo del calcio, è emersa la volontà comune di
corrispondere un congruo acconto subito e di transare con dei
titoli posdatati, confidando tutti nell’adempimento degli
impegni assunti verso la società dai due finanziatori».
Incredibile ma vero.
Tutto questo era necessario per ottenere le liberatorie da
presentare presso la Lega, per l’iscrizione del Como al
campionato di serie C1. In base all’esposto di D’Alma, il
curatore fallimentare Francesco Corrado evidenzia come
«sembrerebbe che le responsabilità del dissesto sarebbero da
addebitare al Signor Dall’Oglio Aleardo e in particolare al
Signor Preziosi Enrico». Preziosi ha dichiarato di aver
richiesto il dibattimento per dimostrare fermamente la propria
innocenza. Tuttavia c’è un documento che ne accerta le
responsabilità riguardo al fallimento del Calcio Como: è
proprio quell’atto di transazione con il curatore
fallimentare, stipulato dall’ex numero uno lariano il 28
settembre del 2005, ossia pochi giorni dopo la notifica nei suoi
confronti dell’ordinanza di custodia cautelare. Nel documento
si legge che l’imprenditore avellinese «intende prevenire
l’esperimento in confronto suo e del figlio Matteo Preziosi di
azione di responsabilità ex art. 146 R.D. 16 marzo 1942, n.
267, da parte del fallimento Calcio Como anche in relazione al
periodo successivo alla formale cessazione dalle cariche sua e
del figlio». Inoltre, ha anche impedito al curatore l’esercizio
di «possibili azioni revocatorie e/o risarcitorie verso Genoa
Cricket and Football Club spa» posseduta attualmente da Enrico
Preziosi. A seguito di questo atto, la curatela non si è
neppure costituita parte civile nel giudizio penale. Nella
transazione è previsto il «risarcimento della quota-parte dei
danni causati dal proponente e dal signor Matteo Preziosi alla
società dichiarata fallita e ai creditori di questa e
riferibile ai soli signori Enrico Preziosi e Matteo Preziosi
determinata in complessivi 5.500.000 euro».
È dalle relazioni del
collegio sindacale che arrivano, infine, le chicche forse più
"preziose". La relazione allegata al bilancio del Como
chiuso al 30 giugno 2004, l’ultimo prima del fallimento,
evidenzia un vero e proprio festival delle irregolarità. A
causa di queste i tre componenti, Adolfo Accarino, Guido
Campopiano e Giovanni Anastasio, avevano espresso nel loro
documento, datato 22 novembre 2004, parere contrario
all’approvazione del bilancio. I sindaci premettono che sono
stati nominati il 20 giugno 2004, a pochi giorni dalla chiusura
dell’esercizio e si sono trovati «nella materiale
impossibilità di verificare la vita sociale, contabile e
amministrativa del Calcio Como spa, in quanto tale compito era
di competenza del precedente collegio sindacale». Il successivo
19 settembre i sindaci procedono alla verifica trimestrale e
denunciano che «in quella riunione il collegio sindacale non è
stato messo nella condizione di visionare tutti i libri sociali
perché non disponibili presso la sede sociale». Ma c’è
anche un particolare grottesco. I tre, infatti, segnalano che la
relazione per la verifica «NON è stata trascritta nel libro
dei verbali del collegio sindacale perché lo stesso era
custodito presso il dott. Plazzotta Marco, precedente presidente
del Collegio Sindacale». Il rilievo seguente è stupefacente.
«In merito alle verifiche extra-contabili – prosegue il
collegio – relative all’affidabilità del sistema
amministrativo contabile, il collegio sindacale NON ha ricevuto
nessuna relazione dal responsabile amministrativo dott. D’Alma
Massimo». I tre sindaci segnalano che la società lariana al
precedente 30 giugno evidenziava una perdita di 8,2 milioni che
aveva eroso il capitale sociale. Di conseguenza, gli "sceriffi"
consigliano il ripianamento immediato della perdita e la
ricostituzione del capitale.
Creditori vip
Anche la Gea World
risulta nell’elenco dei creditori ammessi al passivo del
fallimento del Como ammontante a oltre 16,6 milioni, mentre gli
esclusi ammontano a 10,6 milioni. La società già presieduta da
Alessandro Moggi è stata «ammessa al chirografo per euro
121.836». Nell’elenco risultano alt re società di
procuratori o agenti di calciatori tutti creditori chirografari:
Stefano Antonelli per 81.539 euro ed escluso per 16mila euro,
Branchini & Associati per 41.879 euro ed escluso per 8mila,
Silvano Martina per 41.489 euro. C’è anche la Sir di Genova
del procuratore Vincenzo Rispoli «ammessa al chirografo per
euro 360.228» ed esclusa per 34mila euro. Un altro "re"
del mercato, Claudio Pasqualin, è stato escluso per 607mila
euro. Anche Publitalia ‘80 è rimasta coinvolta con un credito
chirografaro per oltre 48mila euro. Ovviamente sono compresi
anche i calciatori. In particolare, vi sono i sei che si sono
costituiti parte civile ammessi: Mauro Bressan, Alessandro
Colasante, Daniele Gregori, Francesco De Francesco, Luigi
Crisopulli e Stefano Rossini, il solo che vanti un credito
privilegiato. I primi quattro sono stati riconosciuti creditori
chirografari «in quanto la prova del credito è data da un
assegno, titolo che per sua natura non reca alcun collegamento
funzionale con la prestazione di lavoro che risulta soddisfatta
in data 6/7/2004 e come da libera toria sottoscritta dal
richiedente». I calciatori non sono stati ammessi per alcuni
importi per la mancata ratifica dell’accordo con il Como.
Anche Crisopulli è stato escluso per 152mila euro per lo stesso
motivo. Nell’elenco compare anche l’ultimo allenatore del
Como, Roberto Galia, altra parte civile. Infine, ci sono anche
due big del foro: gli avvocati Eduardo Chiacchio e Ruggero
Stincardini. Il legale napoletano è stato riconosciuto
creditore privilegiato per 116mila euro e chirografaro per 7150
euro per "indennità di trasferta", mentre Stincardini
è privilegiato per 116mila euro, chirografaro per 15mila ed
escluso per 27mila euro.
Marco Liguori