«Nessuna offerta valida» è giunta oggi alla Lega Calcio per i «diritti audiovisivi e radiofonici relativi alle partite della Tim Cup, da esercitare in chiaro o a pagamento, nel territorio italiano, stagioni 2008-2009 e 2009-2010». Lo ha comunicato la Lega che, a questo punto, «darà corso a singole ed autonome trattative nei confronti degli operatori della comunicazione e degli intermediari indipendenti che avranno manifestato la propria volontà di partecipare rispondendo al presente invito entro le ore 24» di domani. La base d'asta fissata dal presidente Antonio Matarrese per quella che un tempo si chiamava Coppa Italia era di 14 milioni per la tv e un milione per la radio. Cifre che non sono state evidentemente rispettate dalle emittenti concorenti.
La "Confindustria del pallone'' ha spiegato che «la trattativa avrà ad oggetto i diritti audiovisivi e radiofonici delle partite della Tim Cup da disputarsi dagli ottavi di finale in avanti alle condizioni coincidenti con quelle pubblicate nelle Linee Guida edite in data 31.07.2008». Si spera che il ricavato finale si avvicini il più possibile ai 14 milioni chiesti da Matarrese: sono necessari per definire i 65-70 milioni di mutualità per la serie B, concordati dalle assemblee di categoria nei giorni scorsi. Altrimenti partiranno nuovamente le proteste dei presidenti del "cadetti", incluso l'eventuale sciopero.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)
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venerdì 10 ottobre 2008
Rateizzare i debiti del calcio? Non conviene
La "spalmatura" delle somme dovute a calciatori, banche, fisco ed enti previdenziali costa molto in termini di commissioni e interessi. C’è una sola via d’uscita in Italia e in tutta Europa: tagliare i costi, a cominciare dagli stipendi dei giocatori
Permettete una parola? C’è una famosa canzone napoletana scritta da Ernesto Murolo (padre di Roberto) ed Ernesto Tagliaferri, il cui ritornello dice: "E io canto: qui fu Napoli!...Nisciuno è meglio 'e me...Dimane penzo ê diebbete stasera só' nu rre!". Traduzione: Io canto, qui fu Napoli…e chi è più felice di me: domani penserò ai debiti, stasera mi sento un re. Questi versi si addicono perfettamente alla situazione del calcio italiano, che ha vissuto e continua a vivere al disopra delle proprie possibilità: la maggior parte delle società ha contratto debiti ingenti e ha chiesto di rateizzarli. In modo particolare con le banche, il fisco, gli enti previdenziali e, a cascata, con dipendenti e fornitori. Le somme dovute all’Erario sono state dilazionate: l’Agenzia delle entrate si è mostrata molto indulgente verso il mondo dell’italica pedata a causa anche di una legislazione (peraltro molto opinabile) molto meno rigorosa rispetto al passato. In questo quadro poco edificante, sono poche le isole felici come il Napoli di Aurelio De Laurentiis, dove grazie a un politica di gestione vincente sono stati incassati una serie di ingenti ricavi che hanno ripianato il debito di 32 milioni contratto con Unicredit nel 2004 per acquistare il ramo sportivo dalla curatela fallimentare della defunta Ssc Napoli.
Riguardo a costi e debiti, proprio in questi giorni è scoppiato il problema della serie B sommersa dalle passività. Una questione che le società della serie A vorrebbero risolvere con una bella e risolutiva scissione. Lo ha rivelato lunedì scorso il presidente del Cagliari Massimo Cellino uscendo dall’assemblea dei club della massima serie: "Siamo già separati, non ci resta che prenderne atto". Il numero uno sardo ha anche aggiunto che occorrerebbe farlo ora "in vista delle elezioni per il rinnovo dei vertici federali. Altrimenti dovremo aspettare altri quattro anni". Un progetto, che maschera un’eventuale superlega, che ha le sue radici nel periodo immediatamente precedente allo scandalo di Calciopoli del 2006. Antonio Matarrese ha però prontamente detto che finché ci sarà lui al vertice della lega le due categorie vivranno "sotto lo stesso tetto". Per ora tutto è stato risolto con la nuova mutualità, che è comunque meno ricca della precedente. In dettaglio, ci sono 7,5 milioni di euro che saranno elargiti dalle tre neopromosse e che vanno ad aggiungersi ai 65-70 (cifra dipendente dai ricavi della Coppa Italia) che giungeranno dalla serie A e ai 7 garantiti dall’advisor per la vendita dei diritti del campionato.
L’eventuale ipotesi di scissione è completamente assurda e non serve ad alleviare le forti passività delle società. Ciò si può spiegare con una citazione dal celebre libro "Ab urbe condita" di Tito Livio: sicuramente piacerebbe al presidente della Lazio, Claudio Lotito, che forse se ne approprierebbe. In esso si narra dell’apologo di Menenio Agrippa alla plebe in sciopero sul Monte Sacro a Roma: egli paragonò la società dell’Urbe al corpo umano, dove ogni membro ha una parte ben definita e necessaria per il suo corretto funzionamento. Ebbene, anche la serie A e la serie B possono essere paragonate a un unico organismo: le squadre cadette hanno forgiato calciatori, e spesso anche campioni, acquistati da quelle della massima serie che offrivano un sostentamento per la categoria inferiore. Così il sistema è andato avanti per anni, fin quando non è arrivata l’era della tv criptata e dello scopo di lucro delle società calcistiche che ha demolito tutto. Occorrerebbe ripristinarlo con forme aggiornate e appropriate: ha tanto giovato in passato al movimento pallonaro.
Invece, si è pensato alla scissione tra i due campionati, poiché qualcuno pensa che la B sia una specie di "zavorra" economica: ma è un vero e proprio suicidio. Per il momento è stata posta in un cassetto: ma niente vieta che possa essere riproposta in un futuro nemmeno troppo lontano. Per i cadetti è stata ideata anche la "spalmatura" degli elevati stipendi dei calciatori. Ciò significa, come fu cinque anni fa per il "piano Baraldi" alla Lazio, soltanto spostare nel tempo le cifre dovute ai giocatori. Si ricordava all’inizio che le società sono debitrici verso gli istituti di credito, il fisco e gli enti previdenziali: anche qui si applica la regola del "quant’è bello rateizzare". Ma questo genere di operazioni si traduce in una serie di costi ulteriori: per il svolgere un piano di ripartizione delle somme dovute occorre ottenere le fideiussioni bancarie oppure assicurative. La quale si traduce in altri costi in termini di commissioni, anche se spesso è accompagnata dall’investimento in prodotti che concedono somme di denaro. I debiti inoltre creano interessi molto consistenti, oltre ad eventuali rivalutazioni, che devono essere onorati: essi costituiscono una sorta di "tassametro" che scatta in continuazione, poiché in gran parte dei casi le squadre hanno ottenuto prestiti con saggi variabili. E con la crisi finanziaria attuale e il tasso di riferimento bancario Euribor schizzato alle stelle non gli interessi non sono destinati a scendere, almeno per ora. Insomma, la rateazione non conviene poi così tanto: anzi, è un modo per pagare di più in maggior tempo. L’unica cosa da fare è tagliare i costi: a cominciare dagli ingaggi dei calciatori. Lo ha capito anche l’Uefa, che ha cominciato a scagliare il suo anatema dell’esclusione dalle coppe contro tutte le società indebitate. E ci sono anche i club inglesi, che fino a pochi mesi fa erano additati come modello: ora si scopre che hanno un buco di ben 3,8 miliardi di euro. Il problema è quindi internazionale: la serie B è solo la punta dell’iceberg. Bisognerà vedere se c’è la concreta volontà da parte dei dirigenti del mondo del pallone europeo di sedersi al tavolo e cambiare tutto: una volontà che finora non traspare. Ma il mondo del calcio riuscirà a evitare di fare la fine del Titanic?
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)
Permettete una parola? C’è una famosa canzone napoletana scritta da Ernesto Murolo (padre di Roberto) ed Ernesto Tagliaferri, il cui ritornello dice: "E io canto: qui fu Napoli!...Nisciuno è meglio 'e me...Dimane penzo ê diebbete stasera só' nu rre!". Traduzione: Io canto, qui fu Napoli…e chi è più felice di me: domani penserò ai debiti, stasera mi sento un re. Questi versi si addicono perfettamente alla situazione del calcio italiano, che ha vissuto e continua a vivere al disopra delle proprie possibilità: la maggior parte delle società ha contratto debiti ingenti e ha chiesto di rateizzarli. In modo particolare con le banche, il fisco, gli enti previdenziali e, a cascata, con dipendenti e fornitori. Le somme dovute all’Erario sono state dilazionate: l’Agenzia delle entrate si è mostrata molto indulgente verso il mondo dell’italica pedata a causa anche di una legislazione (peraltro molto opinabile) molto meno rigorosa rispetto al passato. In questo quadro poco edificante, sono poche le isole felici come il Napoli di Aurelio De Laurentiis, dove grazie a un politica di gestione vincente sono stati incassati una serie di ingenti ricavi che hanno ripianato il debito di 32 milioni contratto con Unicredit nel 2004 per acquistare il ramo sportivo dalla curatela fallimentare della defunta Ssc Napoli.
Riguardo a costi e debiti, proprio in questi giorni è scoppiato il problema della serie B sommersa dalle passività. Una questione che le società della serie A vorrebbero risolvere con una bella e risolutiva scissione. Lo ha rivelato lunedì scorso il presidente del Cagliari Massimo Cellino uscendo dall’assemblea dei club della massima serie: "Siamo già separati, non ci resta che prenderne atto". Il numero uno sardo ha anche aggiunto che occorrerebbe farlo ora "in vista delle elezioni per il rinnovo dei vertici federali. Altrimenti dovremo aspettare altri quattro anni". Un progetto, che maschera un’eventuale superlega, che ha le sue radici nel periodo immediatamente precedente allo scandalo di Calciopoli del 2006. Antonio Matarrese ha però prontamente detto che finché ci sarà lui al vertice della lega le due categorie vivranno "sotto lo stesso tetto". Per ora tutto è stato risolto con la nuova mutualità, che è comunque meno ricca della precedente. In dettaglio, ci sono 7,5 milioni di euro che saranno elargiti dalle tre neopromosse e che vanno ad aggiungersi ai 65-70 (cifra dipendente dai ricavi della Coppa Italia) che giungeranno dalla serie A e ai 7 garantiti dall’advisor per la vendita dei diritti del campionato.
L’eventuale ipotesi di scissione è completamente assurda e non serve ad alleviare le forti passività delle società. Ciò si può spiegare con una citazione dal celebre libro "Ab urbe condita" di Tito Livio: sicuramente piacerebbe al presidente della Lazio, Claudio Lotito, che forse se ne approprierebbe. In esso si narra dell’apologo di Menenio Agrippa alla plebe in sciopero sul Monte Sacro a Roma: egli paragonò la società dell’Urbe al corpo umano, dove ogni membro ha una parte ben definita e necessaria per il suo corretto funzionamento. Ebbene, anche la serie A e la serie B possono essere paragonate a un unico organismo: le squadre cadette hanno forgiato calciatori, e spesso anche campioni, acquistati da quelle della massima serie che offrivano un sostentamento per la categoria inferiore. Così il sistema è andato avanti per anni, fin quando non è arrivata l’era della tv criptata e dello scopo di lucro delle società calcistiche che ha demolito tutto. Occorrerebbe ripristinarlo con forme aggiornate e appropriate: ha tanto giovato in passato al movimento pallonaro.
Invece, si è pensato alla scissione tra i due campionati, poiché qualcuno pensa che la B sia una specie di "zavorra" economica: ma è un vero e proprio suicidio. Per il momento è stata posta in un cassetto: ma niente vieta che possa essere riproposta in un futuro nemmeno troppo lontano. Per i cadetti è stata ideata anche la "spalmatura" degli elevati stipendi dei calciatori. Ciò significa, come fu cinque anni fa per il "piano Baraldi" alla Lazio, soltanto spostare nel tempo le cifre dovute ai giocatori. Si ricordava all’inizio che le società sono debitrici verso gli istituti di credito, il fisco e gli enti previdenziali: anche qui si applica la regola del "quant’è bello rateizzare". Ma questo genere di operazioni si traduce in una serie di costi ulteriori: per il svolgere un piano di ripartizione delle somme dovute occorre ottenere le fideiussioni bancarie oppure assicurative. La quale si traduce in altri costi in termini di commissioni, anche se spesso è accompagnata dall’investimento in prodotti che concedono somme di denaro. I debiti inoltre creano interessi molto consistenti, oltre ad eventuali rivalutazioni, che devono essere onorati: essi costituiscono una sorta di "tassametro" che scatta in continuazione, poiché in gran parte dei casi le squadre hanno ottenuto prestiti con saggi variabili. E con la crisi finanziaria attuale e il tasso di riferimento bancario Euribor schizzato alle stelle non gli interessi non sono destinati a scendere, almeno per ora. Insomma, la rateazione non conviene poi così tanto: anzi, è un modo per pagare di più in maggior tempo. L’unica cosa da fare è tagliare i costi: a cominciare dagli ingaggi dei calciatori. Lo ha capito anche l’Uefa, che ha cominciato a scagliare il suo anatema dell’esclusione dalle coppe contro tutte le società indebitate. E ci sono anche i club inglesi, che fino a pochi mesi fa erano additati come modello: ora si scopre che hanno un buco di ben 3,8 miliardi di euro. Il problema è quindi internazionale: la serie B è solo la punta dell’iceberg. Bisognerà vedere se c’è la concreta volontà da parte dei dirigenti del mondo del pallone europeo di sedersi al tavolo e cambiare tutto: una volontà che finora non traspare. Ma il mondo del calcio riuscirà a evitare di fare la fine del Titanic?
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)
giovedì 9 ottobre 2008
Ai lettori: "Il pallone in confusione" esaminerà anche i conti del basket
Visto il buon riscontro ottenuto con l'articolo sui conti del Napoli Basket (che trovate subito dopo questo) "il pallone in confusione" proseguirà il suo viaggio nella crisi della pallacanestro italiana. Compatibilmente con gli eventi calcistici, che sono sempre i principali per questo piccolo sito di informazione.
Non è un cambio di rotta editoriale, ma la consapevolezza che anche il secondo sport "con la palla" italiano è in grave difficoltà: quando i costi schiacciano i ricavi è impossibile fare miracoli.
Si invitano gli amici tifosi a lasciare i loro commenti qui oppure nel post sul Napoli Basket
M. Lig.
Non è un cambio di rotta editoriale, ma la consapevolezza che anche il secondo sport "con la palla" italiano è in grave difficoltà: quando i costi schiacciano i ricavi è impossibile fare miracoli.
Si invitano gli amici tifosi a lasciare i loro commenti qui oppure nel post sul Napoli Basket
M. Lig.
Esclusivo/I conti 2007 del Napoli Basket: rosso di 4,16 milioni
Le vittorie del 2006 sono costate care alla società: la perdita si era incrementata del 60% sul 2006, ma il presidente Maione l’aveva ripianata. Sui conti hanno pesato i 5,33 milioni di debiti più che raddoppiati: tra essi spiccano 606mila euro dovuti al fisco e 580mila verso enti previdenziali
Domenica prossima il campionato di serie A di pallacanestro partirà senza il Napoli Basket, protagonista indiscussa degli ultimi anni. La società versava in grave difficoltà economica: risultato negativo di esercizio per 4,16 milioni di euro con debiti a 5,33 milioni. E’ questa la fotografia, scattata dall’analisi compiuta da “il pallone in confusione”, dell’ultimo bilancio 2006/07 disponibile in Camera di Commercio della società posseduta (tramite la Meda Invest che ne esercita la direzione e il coordinamento) e presieduta da Mario Maione, di recente esclusa dal massimo campionato per una serie di inadempienze. Esauriti i gradi della giustizia sportiva, al Napoli non resta che il ricorso al Tar per provare le proprie ragoni ed essere riammesso.
L’analisi è svolta sulle sole cifre: non entra quindi nel merito delle disposizioni dei regolamenti Fip sull’ammissione ai campionati, che cambiano ogni anno. Il risultato finale in rosso della stagione in cui la squadra azzurra ha partecipato all’Eurolega è stato superiore di circa il 60% su quello registrato al 30 giugno 2006 (2,6 milioni). La società, stando alla relazione del collegio sindacale, si è quindi trovata nelle «condizioni di cui all’art. 2482 ter» del codice civile, ossia con la perdita di un terzo del capitale diminuito al disotto del minimo legale. Il patrimonio netto (ossia i mezzi propri) era infatti negativo per oltre 319mila euro. Esso è stato ripianato nell’assemblea del 29 ottobre di un anno fa. Nel verbale dell’assise sociale si legge che il risultato negativo è stato coperto «mediante l’utilizzo totale dell’apposito fondo copertura perdite ammontante, al 30 06 2007 ad euro 3.591.050 e, per la differenza pari ad euro 569.222, mediante l’utilizzo parziale del versamenti effettuati successivamente al 30 06 2007». Nella relazione sulla gestione il consiglio di amministrazione evidenziava che dopo il 30 giugno 2007 «sono stati effettuati dai soci versamenti in conto copertura perdite per un totale di euro 601.830». Dunque la Meda Invest di Maione ha provveduto sicuramente nei mesi successivi alla chiusura del bilancio a sostenere il Napoli Basket. Forse questi mezzi non sono bastati purtroppo a reggere la dissanguante competizione con i big del canestro italiano e continentale: un aspetto che fa rassomigliare sempre più il basket al calcio, dove solo chi ha un gruppo alle spalle capace di investire in continuazione cifre esorbitanti può permettersi di gareggiare senza problemi ad alti livelli. Insomma, una preoccupante “selezione darwiniana”, che genererà altre esclusioni eccellenti: già negli anni scorsi ne furono vittime due club gloriosi, la Virtus Bologna e la Scavolini Vittoria Pesaro.
All’origine delle difficoltà c’è innanzitutto un forte squilibrio tra i debiti (aumentati del 113% rispetto ai precedenti 2,5 milioni) e i crediti (ammontanti a 2,68 milioni) pari a oltre 2,65 milioni. Nello stato passivo emerge l’enorme incremento del 112% dei debiti tributari (pari a 606mila euro) in gran parte costituiti da ritenute alla fonte. Nella nota integrativa, la società spiega di aver prudenzialmente approntato un fondo rischi per 680mila euro «quale accantonamento per mancati e insufficienti versamenti di imposte, ritenute alla fonte e contributi». Si nota inoltre l’esplosione delle somme dovute verso le banche, attestatesi a 2,06 milioni contro i precedenti 248mila euro: esse comprendevano 363mila euro per scoperti di conto corrente e debiti per mutui di 1,7 milioni. Quest’ultima somma, contratta con la Banca Popolare di Ancona, è stata estinta in anticipo dal socio Maifin – Gruppo industriale Maione. Invece risultavano in calo del 26,15% i debiti verso gli istituti di previdenza (580mila euro), che sono stati oggetto del contendere davanti alla giustizia sportiva sino alla Camera di conciliazione e arbitrato del Coni. L’Enpals era il maggiore creditore con 519mila euro.
Passando ai crediti, è evidenziata la cifra di 1,9 milioni «per fatture emesse». Probabilmente questa somma potrebbe essere la principale componente degli 1,83 milioni sostenuti, si legge nella nota integrativa, per le «migliorie su beni in fitto apportate al fine di adeguare il palazzetto dello sport alle norme dell’Eurolega». E che probabilmente dovevano essere restituiti alla società dal Comune di Napoli. Quest’ultimo era debitore verso il Napoli Basket di 48mila euro «per rivalsa spese palazzotto» e altri 52mila euro «per contributi». Molto consistenti le disponibilità liquide, costituite in prevalenza da depositi bancari e postali per 1,27 milioni.
Il conto economico presenta ricavi per 3,76 milioni e costi per 7,7 milioni: lo squilibrio è di 3,94 milioni. Nel valore della produzione (+25%) spiccano 651mila euro per abbonamenti e 278mila per vendita biglietti. Consistente l’introito da sponsorizzazioni, pari a 1,87 milioni: i ricavi Lega ed Eurolega sono ammontati ad appena 416mila euro. Curiosamente manca una voce esplicita riguardo alle entrate dai diritti televisivi criptati, ossia dalle riprese delle partite casalinghe effettuate da Sky.
Riguardo ai costi spiccano i 4,9 milioni pagati al personale, in aumento del 98% e pari al 64% del totale complessivo delle uscite: un aumento vertiginoso probabilmente dovuto al raggiungimento dell’obiettivo della qualificazione in Eurolega, alla seminale dei play off scudetto, e alla conquista della Coppa Italia. Vittorie costate molto ai conti societari. Hanno inciso sull’11% del totale dei costi la pur ragguardevole cifra di 831mila euro in commissioni versate agli agenti sportivi. I fitti e locazioni varie, in cui sono probabilmente inclusi anche quelli del Palabarbuto, hanno raggiunto i 369mila euro: le spese per la gestione del palazzetto sono state pari a 81mila euro.
Marco Liguori
Domenica prossima il campionato di serie A di pallacanestro partirà senza il Napoli Basket, protagonista indiscussa degli ultimi anni. La società versava in grave difficoltà economica: risultato negativo di esercizio per 4,16 milioni di euro con debiti a 5,33 milioni. E’ questa la fotografia, scattata dall’analisi compiuta da “il pallone in confusione”, dell’ultimo bilancio 2006/07 disponibile in Camera di Commercio della società posseduta (tramite la Meda Invest che ne esercita la direzione e il coordinamento) e presieduta da Mario Maione, di recente esclusa dal massimo campionato per una serie di inadempienze. Esauriti i gradi della giustizia sportiva, al Napoli non resta che il ricorso al Tar per provare le proprie ragoni ed essere riammesso.
L’analisi è svolta sulle sole cifre: non entra quindi nel merito delle disposizioni dei regolamenti Fip sull’ammissione ai campionati, che cambiano ogni anno. Il risultato finale in rosso della stagione in cui la squadra azzurra ha partecipato all’Eurolega è stato superiore di circa il 60% su quello registrato al 30 giugno 2006 (2,6 milioni). La società, stando alla relazione del collegio sindacale, si è quindi trovata nelle «condizioni di cui all’art. 2482 ter» del codice civile, ossia con la perdita di un terzo del capitale diminuito al disotto del minimo legale. Il patrimonio netto (ossia i mezzi propri) era infatti negativo per oltre 319mila euro. Esso è stato ripianato nell’assemblea del 29 ottobre di un anno fa. Nel verbale dell’assise sociale si legge che il risultato negativo è stato coperto «mediante l’utilizzo totale dell’apposito fondo copertura perdite ammontante, al 30 06 2007 ad euro 3.591.050 e, per la differenza pari ad euro 569.222, mediante l’utilizzo parziale del versamenti effettuati successivamente al 30 06 2007». Nella relazione sulla gestione il consiglio di amministrazione evidenziava che dopo il 30 giugno 2007 «sono stati effettuati dai soci versamenti in conto copertura perdite per un totale di euro 601.830». Dunque la Meda Invest di Maione ha provveduto sicuramente nei mesi successivi alla chiusura del bilancio a sostenere il Napoli Basket. Forse questi mezzi non sono bastati purtroppo a reggere la dissanguante competizione con i big del canestro italiano e continentale: un aspetto che fa rassomigliare sempre più il basket al calcio, dove solo chi ha un gruppo alle spalle capace di investire in continuazione cifre esorbitanti può permettersi di gareggiare senza problemi ad alti livelli. Insomma, una preoccupante “selezione darwiniana”, che genererà altre esclusioni eccellenti: già negli anni scorsi ne furono vittime due club gloriosi, la Virtus Bologna e la Scavolini Vittoria Pesaro.
All’origine delle difficoltà c’è innanzitutto un forte squilibrio tra i debiti (aumentati del 113% rispetto ai precedenti 2,5 milioni) e i crediti (ammontanti a 2,68 milioni) pari a oltre 2,65 milioni. Nello stato passivo emerge l’enorme incremento del 112% dei debiti tributari (pari a 606mila euro) in gran parte costituiti da ritenute alla fonte. Nella nota integrativa, la società spiega di aver prudenzialmente approntato un fondo rischi per 680mila euro «quale accantonamento per mancati e insufficienti versamenti di imposte, ritenute alla fonte e contributi». Si nota inoltre l’esplosione delle somme dovute verso le banche, attestatesi a 2,06 milioni contro i precedenti 248mila euro: esse comprendevano 363mila euro per scoperti di conto corrente e debiti per mutui di 1,7 milioni. Quest’ultima somma, contratta con la Banca Popolare di Ancona, è stata estinta in anticipo dal socio Maifin – Gruppo industriale Maione. Invece risultavano in calo del 26,15% i debiti verso gli istituti di previdenza (580mila euro), che sono stati oggetto del contendere davanti alla giustizia sportiva sino alla Camera di conciliazione e arbitrato del Coni. L’Enpals era il maggiore creditore con 519mila euro.
Passando ai crediti, è evidenziata la cifra di 1,9 milioni «per fatture emesse». Probabilmente questa somma potrebbe essere la principale componente degli 1,83 milioni sostenuti, si legge nella nota integrativa, per le «migliorie su beni in fitto apportate al fine di adeguare il palazzetto dello sport alle norme dell’Eurolega». E che probabilmente dovevano essere restituiti alla società dal Comune di Napoli. Quest’ultimo era debitore verso il Napoli Basket di 48mila euro «per rivalsa spese palazzotto» e altri 52mila euro «per contributi». Molto consistenti le disponibilità liquide, costituite in prevalenza da depositi bancari e postali per 1,27 milioni.
Il conto economico presenta ricavi per 3,76 milioni e costi per 7,7 milioni: lo squilibrio è di 3,94 milioni. Nel valore della produzione (+25%) spiccano 651mila euro per abbonamenti e 278mila per vendita biglietti. Consistente l’introito da sponsorizzazioni, pari a 1,87 milioni: i ricavi Lega ed Eurolega sono ammontati ad appena 416mila euro. Curiosamente manca una voce esplicita riguardo alle entrate dai diritti televisivi criptati, ossia dalle riprese delle partite casalinghe effettuate da Sky.
Riguardo ai costi spiccano i 4,9 milioni pagati al personale, in aumento del 98% e pari al 64% del totale complessivo delle uscite: un aumento vertiginoso probabilmente dovuto al raggiungimento dell’obiettivo della qualificazione in Eurolega, alla seminale dei play off scudetto, e alla conquista della Coppa Italia. Vittorie costate molto ai conti societari. Hanno inciso sull’11% del totale dei costi la pur ragguardevole cifra di 831mila euro in commissioni versate agli agenti sportivi. I fitti e locazioni varie, in cui sono probabilmente inclusi anche quelli del Palabarbuto, hanno raggiunto i 369mila euro: le spese per la gestione del palazzetto sono state pari a 81mila euro.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)
"il pallone in confusione" questa sera su Romauno tv
Questa sera "il pallone in confusione" sarà in diretta telefonica attorno alle 23,30 su Romauno tv. Si parlerà dei conti della Roma nell'ultimo bilancio 2008.
La televisione è visibile anche all'indirizzo internet http://www.romauno.tv/ e sul canale satellitare 860 di Sky.Marco Liguori
mercoledì 8 ottobre 2008
RaiNews24 presenta "La bufala campana"
In questi due filmati è possibile vedere l'operazione di "ingigantimento" dei media italiani riguardo le vicende dei tifosi napoletani per la partita Roma-Napoli di domenica 31 agosto. L'inchiesta, condotta dal giornalista Enzo Cappucci e andata in onda su RaiNews24, presenta molti aspetti oscuri per nulla chiariti dai mezzi di informazione. Illuminante è l'intervista al giornalista austriaco Jacob Rosenberg, presente sull'ormai famoso Intercity "Modigliani" partito con oltre tre ore di ritardo da Napoli Centrale. Su Tuttonapoli.net è possibile leggere l'altra intervista rilasciata da Rosenberg, in cui conferma ancora tutto ciò che ha effettivamente visto in quella domenica. E sembra proprio che quel treno non abbia subito danno per 500mila euro, come affermato da Trenitalia.
Dopo aver visto i filmati, ci sono domande a cui bisognerebbe che qualcuno desse una risposta: perché tutto questo? E perché proprio Napoli, il Napoli e i suoi tifosi? E' una trappola, il cui meccanismo ha giovato a qualcuno? E, se c'è, chi è questo qualcuno?
Marco Liguori
Dopo aver visto i filmati, ci sono domande a cui bisognerebbe che qualcuno desse una risposta: perché tutto questo? E perché proprio Napoli, il Napoli e i suoi tifosi? E' una trappola, il cui meccanismo ha giovato a qualcuno? E, se c'è, chi è questo qualcuno?
Marco Liguori
Prima parte
Seconda parte
martedì 7 ottobre 2008
Cda Roma: compensi solo per Rosella e Silvia Sensi e Di Martino
L’amministratore delegato ha incassato un gettone di 1,1 milioni di euro, mentre la sorella consigliere 250mila: il vice presidente ne ha ottenuto 4mila
Soltanto quattro sui 10 membri del consiglio di amministrazione sono detentori di azioni della Roma. Nel progetto di bilancio al 30 giugno scorso emerge che il presidente e amministratore delegato Franco Sensi (deceduto nello scorso agosto) possedeva indirettamente tramite società controllate 156.939 titoli e altri 220.515 come «possesso indiretto di piena proprietà per il tramite del coniuge in società controllate». L’amministratore delegato Rosella Sensi aveva 15.025.300 azioni: anch’essa per «possesso indiretto di piena proprietà per il tramite di società controllate». Altre 15.024.552 sono di Silvia Sensi, detenute con la stessa motivazione della sorella. Invece, il consigliere Renato Bernardini ne ha tra le sue mani soltanto 2.320.
Riguardo alla tabella dei compensi (pubblicata a pagina 115) solo tre componenti del cda li hanno ricevuti. Essi sono Ciro Di Martino (4mila euro per altri compensi), Rosella Sensi (1,1 milioni) e Silvia Sensi (250mila euro). L’unico dirigente con responsabilità strategiche è Cristina Mazzoleni che ha percepito 229mila euro in totale: 171mila per la carica, 35mila per bonus e altri incentivi, 23mila per altri compensi.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)
Soltanto quattro sui 10 membri del consiglio di amministrazione sono detentori di azioni della Roma. Nel progetto di bilancio al 30 giugno scorso emerge che il presidente e amministratore delegato Franco Sensi (deceduto nello scorso agosto) possedeva indirettamente tramite società controllate 156.939 titoli e altri 220.515 come «possesso indiretto di piena proprietà per il tramite del coniuge in società controllate». L’amministratore delegato Rosella Sensi aveva 15.025.300 azioni: anch’essa per «possesso indiretto di piena proprietà per il tramite di società controllate». Altre 15.024.552 sono di Silvia Sensi, detenute con la stessa motivazione della sorella. Invece, il consigliere Renato Bernardini ne ha tra le sue mani soltanto 2.320.
Riguardo alla tabella dei compensi (pubblicata a pagina 115) solo tre componenti del cda li hanno ricevuti. Essi sono Ciro Di Martino (4mila euro per altri compensi), Rosella Sensi (1,1 milioni) e Silvia Sensi (250mila euro). L’unico dirigente con responsabilità strategiche è Cristina Mazzoleni che ha percepito 229mila euro in totale: 171mila per la carica, 35mila per bonus e altri incentivi, 23mila per altri compensi.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)
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il pallone in confusione
Registrazione n° 61 del 28 settembre 2009 presso il Tribunale di Napoli
Sede: corso Meridionale 11, 80143 Napoli
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Editore e direttore responsabile: Marco Liguori
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