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martedì 2 dicembre 2008

Statuto Figc: Moggi non può più tesserarsi

Secondo la “costituzione” federale vigente, è vietata l’affiliazione di chiunque si sia sottratto con le dimissioni a un procedimento disciplinare instaurato o a una sanzione della giustizia sportiva. L’ex dg e consigliere di amministrazione con poteri esecutivi della Juve non può quindi rientrare nel mondo del calcio

Ha ragione il presidente della Figc, Giancarlo Abete, di aver voluto « ribadire il principio che nessuno può sottrarsi all'accertamento delle proprie responsabilità nei confronti della giustizia sportiva». La decisione, emanata lunedì scorso dal Consiglio Federale, di aver voluto dare un’interpretazione autentica riguardo ad alcune disposizioni normative ha costituito un segnale forte dopo i dubbi sorti con la sentenza di accoglimento di un ricorso di Luciano Moggi da parte della Corte Federale. L’ex direttore generale e consigliere di amministrazione con poteri esecutivi della Juventus era stato accusato di aver costituito un sistema di comunicazioni telefoniche riservate tramite alcune sim svizzere in prossimità dei sorteggi arbitrali e delle partite. Egli aveva ottenuto la cancellazione della sanzione a 14 mesi di inibizione, poiché i giudici avevano accolto la sua tesi che, essendosi dimesso dal maggio 2006, non era più giudicabile. In seguito, aveva presentato ricorso contro l’inibizione di cinque anni con proposta di radiazione impartita alla fine del processo per Calciopoli dell’estate di due anni fa.
La sentenza delle Sim svizzere aveva creato incertezze: ma il Consiglio federale le ha eliminate attraverso il chiarimento delle disposizioni degli articoli 36 punto 7 delle Noif e 19 del Codice di giustizia sportiva. E giustamente Abete ha voluto sottolineare che «non c'è alcuna modifica, abbiamo voluto solo riconfermare la ratio di una norma già emanata per fare chiarezza»: ovviamente non riguarda solo Moggi, ma qualunque tesserato che si trovasse nella stessa situazione. La spiegazione delle affermazioni del presidente si basa sul dettato dello Statuto federale. L’articolo 16 prevede infatti al punto 3 che «è vietato il tesseramento di chiunque si sia sottratto volontariamente con dimissioni o mancato rinnovo del tesseramento a un procedimento disciplinare instaurato o a una sanzione irrogata nei suoi confronti». La linea difensiva di Moggi sostiene appunto di non essere più tesserato e quindi non più giudicabile: con le dimissioni scatta quindi automaticamente la previsione statutaria. Qualora il procedimento fosse stato eventualmente instaurato dopo le dimissioni, si applicherebbe comunque la seconda parte relativa al sottrarsi alla sanzione. Da notare che la norma statutaria è molto drastica, poiché prevede il divieto assoluto di un nuovo tesseramento: quindi l’ex dirigente bianconero non può più far parte del mondo del calcio, neppure se al termine della squalifica non fosse stabilita la radiazione proprio perché con le dimissioni si è sottratto alla sanzione. Anche lo scorso marzo il Tar del Lazio, nelle motivazioni della sentenza che hanno sancito la legittimità dell’inibizione di cinque anni per Calciopoli, ha sottolineato che Moggi doveva essere giudicato dalla giustizia sportiva perché le sue dimissioni da affiliato Figc sono avvenute a scandalo già scoppiato e a inchiesta sportiva in corso. Inoltre, il tribunale amministrativo aveva specificato che l'attività di Moggi si era svolta completamente all'interno del calcio italiano: quindi, sotto l’ordinamento della Federcalcio. L’ex dirigente può ancora ricorrere al Consiglio di Stato contro questa sentenza.
In base a ciò, il Consiglio federale ha voluto ribadire la punibilità di chi si sottrae ai procedimenti oppure alle sanzioni decise dai giudici sportivi, tramite la riformulazione dell’articolo 36 comma 7 delle Noif e del numero 19 del Codice di giustizia sportiva. La prima disposizione prevedeva che «non possono essere nuovamente tesserati coloro che abbiano rinunziato ad un precedente tesseramento in pendenza di procedimento disciplinare a loro carico». La bozza approvata lunedì scorso rafforza il concetto, rispettando quanto affermato nello Statuto, stabilendo che «è vietato il tesseramento di chiunque si sia sottratto volontariamente, con dimissioni o mancato rinnovo del tesseramento, ad un procedimento instaurato o ad una sanzione irrogata nei suoi confronti».
Invece, l’articolo 19 del Cgs finora stabiliva che «i dirigenti, i tesserati delle società, i soci e non soci di cui all’art. 1, comma 5 che si rendono responsabili della violazione dello Statuto, delle norme federali o di ogni altra disposizione loro applicabile, sono punibili» con una o più tipi di sanzioni «commisurate alla natura e alla gravità dei fatti commessi». La bozza federale l’ha riformulata così: «Per i fatti commessi in costanza di tesseramento, i dirigenti, i tesserati delle società, i soci e non soci di cui all’art. 1, comma 5 che si rendono responsabili della violazione dello Statuto, delle norme federali o di altra disposizione loro applicabile, anche se non più tesserati, sono punibili, ferma restando l’applicazione degli articoli 16, comma 3, dello Statuto e 36, comma 7 delle Noif, con una o più delle seguenti sanzioni, commisurate alla natura ed alla gravità dei fatti commessi». Con questi chiarimenti è pienamente rispettato lo spirito e il dettato dello Statuto federale.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)
Nella foto: Luciano Moggi. (tratta da http://barzainter.blogspot.com/2007_01_01_archive.html)

Gea, difesa Moggi: «Non è Fiorello, non è San Luigi Gonzaga, ma non è Belzebù»

Quando mancano le prove «si deve avere il coraggio di assolvere, quando nel corso del dibattimento non si è arrivati a nulla, bisogna avere la forza di assolvere. Moggi non sarà per simpatia come Fiorello e non è nemmeno San Luigi Gonzaga, ma sicuramente non è quel Belzebù che è stato descritto». E' stato il giorno della difesa al processo Gea. E' stato il giorno dell'avvocato Marcello Melandri, difensore dell'ex dg della Juventus (il pm per lui ha chiesto la condanna a sei anni di reclusione), davanti alla X sezione penale del tribunale di Roma, dove Moggi è imputato di associazione a delinquere finalizzata all' illecita concorrenza con minacce e violenza, insieme con il figlio Alessandro, Davide Lippi, Franco Zavaglia, Francesco Ceravolo e Pasquale Gallo. Marcello Melandri ha centrato la sua arringa sulle archiviazioni fatte dal gip nei mesi scorsi per altri ex soci della Gea World, come Chiara Geronzi, Giuseppe De Mita, Riccardo Calleri, oltre al proscioglimento dell'ex patron del Perugia Luciano Gaucci. «Noi non ci lamentiamo della loro archiviazione - ha detto ma ne siamo contenti - ci doliamo delle accuse non suffragate da prove nei confronti degli altri imputati».
Fonte: Ansa

Tifoso Juve aggredito a Bologna: scoperto presunto colpevole

Gli inquirenti sono convinti di aver individuato chi colpì con una pietra il tifoso bianconero di 44 anni durante l'aggressione al termine della partita Bologna-Juventus del 29 ottobre scorso. Il responsabile sarebbe uno dei due ultras, appartenenti all'ex gruppo Mod's che si ispirava all'estrema destra, ufficialmente iscritti sul registro degli indagati la settimana scorsa dopo il riconoscimento all'americana avvenuto negli uffici della Questura di Bologna. Per quell'episodio la pm Lucia Musti ha aperto un fascicolo per tentato omicidio con l'aggravante dei motivi abbietti e futili. Il secondo ultras rossoblù indagato non avrebbe nulla a che vedere con l'aggressione al supporter della Juventus. Lui sarebbe accusato di aver strappato la sciarpa a una tifosa bianconera che era nei pressi dello stadio insieme al fratello. 
Verso le 22,30 poco prima della fine del match Massimo D.V., il figlio e un loro amico erano usciti dallo stadio per tornare a casa evitando così il caos post-gara. All'angolo tra via della Certosa e via Andrea Costa erano stati raggiunti da un supporter con in mano una bandiera del Bologna che ha intimato al sedicenne di togliersi dal collo la sciarpa della Juve. Il giovane non si era fatto intimidire nonostante la minaccia dello sconosciuto che gli avrebbe detto «ora ci penso io» prima di allontanarsi. All'improvviso un secondo individuo li aveva raggiunti alle spalle e aveva tolto la sciarpa al ragazzo. L'uomo l'aveva inseguito e ne era nata una colluttazione che aveva costretto lo sconosciuto alla fuga. Poco dopo mentre proseguivano lungo via della Certosa un terzo lo aveva colpito in faccia con un oggetto contundente, forse una pietra. L'uomo è poi stato ricoverato in Rianimazione all'ospedale Maggiore di Bologna e ora è in convalescenza a casa a Modena alle prese con gravi conseguenze fisiche dovute all'aggressione.
Fonte: Adnkronos

Cronache del fallimento del Calcio Napoli

In occasione della notizia pubblicata ieri sera dall'Ansa sul rinvio a giudizio degli ex presidenti del Napoli, Ferlaino e Corbelli, e del patteggiamento dell'ex numero uno azzurro, Salvatore Naldi, riproponiamo l'articolo de "La Voce della Campania" sulla relazione del curatore fallimentare Nicola Rascio e i due link di due articoli de "il manifesto" sull'imminente dissesto.
Si ricorda che la riproduzione di tutti gli articoli è soggetta alla citazione obbligatoria della fonte: questo sito non è un archivio per i giornali cartacei, come qualcuno ha purtroppo pensato in passato, nè un'agenzia di stampa.
Marco Liguori

Gli ex presidenti del Napoli Corrado Ferlaino e Giorgio Corbelli e l'ex presidente del collegio sindacale Giuseppe Tampalini sono stati rinviati a giudizio con l'accusa di concorso in bancarotta fraudolenta in relazione al fallimento della società Calcio Napoli. Lo ha deciso il gup Umberto Lucarelli, che ha accolto le richieste del pm Fabio Del Mauro. Il processo comincerà il 18 marzo davanti alla nona sezione del tribunale. Ha patteggiato invece due anni di reclusione, con pena sospesa, l'ex presidente Salvatore Naldi, assistito dall'avvocato Lucio Maiorano. ''Con l'odierna sentenza - ha commentato Naldi - spero di avere pagato l'ultima onerosa cambiale firmata il giorno in cui mi sentii in dovere di operare un estremo tentativo per salvare la S.S. Calcio Napoli, di cui da anni si chiedeva il fallimento. I miei sacrifici furono vanificati dall'indifferenza e dal tradimento di tutte le istituzioni, cui mi ero ripetutamente rivolto, consapevole che solo l'unione di tutte le forze sane della citta' potesse riuscire nell'impresa, sollecitata da ogni parte''. ''Ora, saldato il conto finale, - ha concluso Naoldi - torno con serenità alla mia famiglia ed al mio lavoro, nella certezza di avere onorato come sempre, fino in fondo, i miei doveri''.
Fonte: Ansa

La Voce della Campania luglio 2006

Calcio Napoli - tutto il marcio minuto x minuto

di Marco Liguori
«Un errore colossale, un danno enorme». Così Nicola Rascio, curatore fallimentare della Società Sportiva Calcio Napoli (Sscn), ha definito nelle 39 pagine della sua prima relazione del maggio 2005 il fallimento della società sportiva napoletana, dichiarato dalla VII sezione del tribunale di Napoli il 30 luglio 2004, quando militava in serie B. Un durissimo “j’accuse” tuttora al vaglio della Procura della Repubblica di Napoli. I pubblici ministeri Vincenzo Piscitelli e Fabio Massimo De Mauro aprirono, nel periodo successivo al fallimento, un’inchiesta. La relazione del curatore è in parte coperta da “omissis”: non risultano leggibili le pagine da 3 a 17, parzialmente la 35, e quelle da 36 a 39. Molto probabilmente, sono sezioni criptate dall’indagine penale in corso.Secondo indiscrezioni, risultano indagati dalla Procura tre ex presidenti per l’ipotesi di bancarotta fraudolenta: Salvatore Naldi, Corrado Ferlaino e Giorgio Corbelli. Nello scorso febbraio la guardia di Finanza eseguì il sequestro di materiale nelle abitazioni e negli uffici dei tre indagati. Le voci da Palazzo di giustizia riportano che l’indagine dovrebbe concludersi in tempi abbastanza stretti, al massimo entro settembre-ottobre. Inoltre, contro il consiglio di amministrazione è stata anche promossa un’azione di responsabilità. Rascio racconta che secondo la situazione economico-patrimoniale al 31 luglio 2004, la società era sepolta sotto 64 milioni di euro di debiti, con la conseguente revoca dell’affiliazione al campionato di serie B. Inoltre, il curatore aggiunge che a partire da novembre 2003 cessò definitivamente la corresponsione alla maggior parte dei dipendenti tesserati: secondo i prospetti consegnati dall'amministratore unico Paolo Bellamio, alla data del fallimento i relativi crediti privilegiati verso il Napoli ammontavano a più di 13 milioni di euro lordi, cui vanno aggiunte le retribuzioni non percepite dai dipendenti non tesserati e dai co.co.co da aprile a maggio 2004.«La formazione del debito è illustrata nella relazione della coadiutrice - spiega il curatore - dottoressa Giovanna Carrieri, da cui emerge la cospicua entità dei debiti, specie tributari, risalenti alla gestione Corbelli-Ferlaino». La cancellazione del Napoli dal campionato, secondo il curatore, avrebbe potuto essere evitata con il fallimento dichiarato nel corso della stagione sportiva 2003-2004. Ma la situazione risultava critica già nel dicembre del 2002, dopo che era terminato il periodo di “reggenza” dell’amministratore giudiziario, Gustavo Minervini. Il curatore osserva che «era scaduta da più di quattro mesi la concessione» per il centro sportivo di Marianella «ed era pure pervenuto il preannunciato diniego di nuova proroga». Rascio evidenzia ancora che «sarebbe bastata la doverosa appostazione in conto economico di una svalutazione pari al 7% della relativa immobilizzazione al 30/6/2002 per portare la perdita di periodo a euro 8.984.124 e far emergere così, tenuto conto delle perdite per 222.070 euro già registrate tra il 31/5 e il 30/6 portate a nuovo, la perdita dell’intero capitale sociale». Ciò comportava, per il Codice Civile, la convocazione senza indugio dell’assemblea per la ricapitalizzazione oppure lo scioglimento del Napoli. il napoli si poteva salvare Sul danno arrecato dal crack al Napoli, Rascio è molto puntuale e preciso nella descrizione. Il curatore ha spiegato che le Norme organizzative della Federazione italiana giuoco calcio (Noif) prevedono «che in caso di fallimento alla società sportiva viene revocata l’affiliazione con la duplice immediata conseguenza dello svincolo di autorità dei calciatori tesserati e della perdita del titolo sportivo». La situazione descritta nelle Noif ricalca esattamente ciò che è accaduto al vecchio Napoli. Invece, ha sottolineato Rascio, se il fallimento fosse stato dichiarato «nel corso della stagione sportiva e il tribunale dispone la continuità temporanea dell’esercizio dell’impresa», la revoca del titolo sportivo, necessario per la partecipazione ai campionati, «produce effetto solo al termine della stagione sportiva». In pratica, se il fallimento interviene nel corso del campionato «è possibile cedere l’azienda arricchita (sia pure subordinatamente alla delibera del presidente Figc) dal titolo sportivo ed eventualmente dai contratti con i tesserati, come avvenuto ad esempio nel caso del fallimento del Calcio Monza».Quindi, il Napoli si sarebbe potuto salvare: ma ciò non avvenne, poiché il crack ci fu dopo la conclusione della stagione (30 giugno 2004). «Prima che il Napoli sia dichiarato fallito - sottolinea Rascio - la stagione sportiva 2003/04 avrà termine e, come previsto dal collegio sindacale fin dalla riunione del 31/10/2003, l’iscrizione al campionato successivo verrà negata dalla Figc per la carenza dei prescritti requisiti economici-finanziari». Il curatore ha sottolineato che il danno «va ben al di là del residuo, sempre opinabile, valore delle immobilizzazioni relative alle prestazioni sportive dei calciatori, coinvolgendo appunto lo stesso titolo sportivo di serie B». Secondo il bilancio esteso dal consiglio d’amministrazione della Ssc Napoli al 31/3/04, il valore delle immobilizzazioni, al netto della svalutazione della legge “salvacalcio”, era pari a 7,9 milioni. Ma nella relazione il curatore ha rilevato alcuni «indici significativi per la determinazione del pregiudizio arrecato alla società e ai creditori». Tra questi rientra il contratto di affitto d’azienda «stipulato dalla Sscn con Luciano Gaucci il 13/7/2004, sospensivamente condizionato all’iscrizione al campionato di serie B nella stagione 2004/05». Solo alla scadenza del quinto anno era prevista nel contratto l’opzione per l’acquisto del Napoli «al prezzo di 21 milioni, che si vanno ad aggiungere ai 25 milioni corrisposti a titolo di canone». Per Rascio è pregiudizievole anche il contratto «sottoscritto da Gaucci e Napoli Sportiva per l’acquisto dal fallimento della Sscn, non comprensiva nè degli immobili, nè dei contratti dei tesserati» al prezzo di 42,4 milioni in caso di iscrizione in serie B e di 9 milioni in C1.
COLPI DI SOCCER
Ma il curatore ha giudicato negativamente anche l’offerta del 31 agosto 2004 della Napoli Soccer, presieduta da Aurelio De Laurentiis, accompagnata da assegni circolari per 31,25 milioni. Vi rientra anche il contratto di cessione di ramo di azienda (stipulato il 10/9/04) «con la quale la Napoli Soccer acquista dal fallimento della Sscn il ramo di azienda avente ad oggetto l’esercizio dell’attività sportiva per il corrispettivo di 29,25 milioni, ovvero di 47,25 milioni in ragione dell’iscrizione, rispettivamente, al campionato di serie C1 o di serie B per la stagione sportiva 2004/05». Nella relazione sono riportate anche numerose operazioni censurate dal collegio sindacale della società azzurra. Tra esse si segnala un finanziamento di 820mila euro concesso dal Napoli alla Saf, con scadenza 14/11/02 e restituito il 19/12/02. L’operazione, non autorizzata dal cda, è stata svolta in conflitto d’interesse: «le due società sono rappresentate legalmente dal medesimo soggetto» ossia Salvatore Naldi, all’epoca presidente della Saf e del Napoli. Sempre riguardo alla Saf, i sindaci hanno rilevato un pagamento di 178mila euro più iva effettuato a suo favore il 19 novembre 2003 «per utilizzo di personale presso la Sscn in virtù di contratto non disponibile presso la società».Questo contratto aveva ad oggetto «il distacco per un anno del dott. Nicola De Leva presso Sscn con compiti di direttore generale secondo quanto disposto dal cda del 25/2/2003: il costo mensile per Sscn è di ben 22.250 euro (iva esclusa)». Riguardo a questa voce, le scritture contabili riportano tre pagamenti: 213.600 euro il 19 novembre 2003, 80.100 euro il 3 febbraio 2004 e 7.500 euro il primo aprile 2004, tutti effettuati su disposizione di Salvatore Naldi. Il curatore ritiene significativo che nello stesso periodo De Leva abbia con il Napoli un contratto di collaborazione coordinata e continuativa per un corrispettivo netto di 25mila euro, oltre a un premio di fine rapporto del 13,5%. Le scritture contabili rilevano pagamenti mensili in favore di Di Leva per complessivi 28.847,39 euro, con un costo lordo di 40.247,10 euro.
VISSI D'ARTIS
Un’altra anomalia riguarda un «pagamento di 350mila euro in data 8/9/03 a titolo di caparra penitenziale per un contratto di somministrazione di servizi alberghieri» effettuato a favore di Hotel Mediterraneo-Cerc, il cui capitale appartiene a Salvatore Naldi, che ne era anche presidente. Il curatore ha rinvenuto presso la sede del Napoli un contratto del 16 settembre 2003 stipulato da Salvatore Naldi per conto della società azzurra con la Artis Consulting, avente ad oggetto «l’incarico di svolgere in favore della società un’attività di consulenza finalizzata al risanamento del Napoli» al “modico” prezzo annuo di 130mila euro più iva. La Artis (acronimo di Alternative-Risk-Transfer-Integraded-Solutions) è una srl con 10mila euro di capitale sociale: ne è amministratore unico e direttore generale Giovanna Russo, che ne detiene il 52%, mentre Maria Soledad Agretto è al 48%. La Russo è definita dalle cronache dei quotidiani dell'epoca come «consulente di Salvatore Naldi». Rascio sottolinea ben tre singolarità dell'accordo Napoli-Artis. Per lo svolgimento dell’incarico è consentito ad Artis «di avvalersi di professionisti e/o società specialistiche da essa insindacabilmente designati e retribuiti previa messa a disposizione di corrispondente fondo spesa da parte di Sscn». Per tutta la durata triennale del contratto, nonostante all’articolo 5 venga indicato che sia «rescindibile da ambo le parti in ogni momento», il Napoli «si impegna a non recedere sino alla scadenza, obbligandosi in caso contrario a corrispondere una somma pari al residuo corrispettivo contrattuale maggiorato del 2%».Ma il curatore rileva due circostanze ancor più gravi. La prima riguarda il fatto che «Artis viene costituita il 15/9/2003, dunque appositamente per ricevere i “benefici” del contratto stipulato l’indomani con Sscn». Inoltre, «nello stesso periodo in cui Sscn - scrive Rascio - non riesce a soddisfare i crediti privilegiati dei dipendenti tesserati, Artis riceveva, anche su espressi ordini del presidente Naldi, tre pagamenti per 14.950 euro in data 3/11/2003, per 84mila euro in data 18/11/2003 e per 30mila euro in data 23/2/2004». A ciò bisogna aggiungere due pagamenti per complessivi 98.950 euro in favore della Artis, rilevati dal collegio sindacale del Napoli, a fronte di fatture in acconto per “consulenza risk management”, senza che «in sede siano disponibili nè il contratto nè l’eventuale risultato scritto della consulenza».
PARADISI FISCALI
I sindaci denunciano anche il persistente mancato versamento dei residui 7/10 dell’aumento di capitale sottoscritto il 17 luglio 2003 dal socio di maggioranza, la società lussemburghese Napoli Calcio Sa, e l’inerzia del consiglio di amministrazione, «che non ha dato seguito alla diffida ex articolo 2344 codice civile pubblicata in Gazzetta Ufficiale fin dal 13/11/2003». La norma prevede che, decorsi quindici giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta, se il socio non esegue il pagamento delle quote dovute gli amministratori possano vendere le azioni a suo rischio e per suo conto, a mezzo di un istituto di credito. Proprio riguardo alla rimanente somma dovuta, pari a 3,36 milioni, per l’aumento di capitale dalla Napoli Calcio Sa il curatore ha rilevato che nella riunione del cda del 3 febbraio 2004 fu deliberato «di dare mandato al legale di fiducia per ottenere il pagamento». Nonostante la conclamata situazione di dissesto del Napoli e il parere sfavorevole dei sindaci, il consiglio deliberò i compensi per i consiglieri e anche le retribuizioni per l’attività pregressa. Soltanto queste ultime saranno incassate dai membri della sfortunata società azzurra: 200mila euro al presidente Naldi per compenso dal 1/7/2002 al 3/2/2004, 35mila euro all’amministratore delegato Luigi Albisinni per incarico dal luglio 2002 al gennaio 2004 e 10.240 euro al vicepresidente Bruno Matera per compenso dal luglio 2002 al dicembre 2003. Su questi pagamenti grava la chiosa finale del curatore fallimentare: "la natura privilegiata del cui credito è quantomeno discutibile".
Affari di famiglia
Nella vicenda del "ciuccio-crack" grava anche un macroscopico intreccio familiare. Secondo la relazione del curatore fallimentare, nell’aprile 2004 il collegio sindacale ha rilevato "la stipula, in conflitto d’interessi, di due contratti con Napoli Service Promotion e uno con Napoli Team relativi allo sfruttamento del marchio Sscn e ritenuti pregiudizievoli per Sscn". Tutte le scritture sono state firmate da Salvatore Naldi, quale presidente del Napoli, e da suo figlio Cesare, legale rappresentante delle due controparti. Il contratto con la Napoli Team, costituita il 22 ottobre 2002 con Cesare Naldi socio al 25,5%, fu sottoscritto il 10 gennaio 2003 e aveva come oggetto "una licenza d’uso dell’immagine, del nome e del marchio per la realizzazione di una specifica iniziativa promozionale relativa alla creazione di un circuito di negozi convenzionati e di una fidelity card a punti, contro un corrispettivo ragguagliato sul 10% del fatturato generato". Peccato però che non fosse previsto un minimo garantito per il Napoli. Il contratto prevedeva una clausola molto onerosa per il club azzurro: il pagamento di una somma di 1,5 milioni di euro rivalutabile annualmente "a titolo di corrispettivo per il recesso o per la risoluzione per inadempimento della stessa Sscn". Per Rascio i due contratti con la Napoli Service Promotion sono stipulati in tempi "assai prossimi al fallimento e con ogni probabilità in grado di svuotare la Sscn dal suo maggior valore commerciale". La scrittura stipulata nel gennaio 2004 aveva ad oggetto la concessione del marchio Sscn per la produzione e commercializzazione di determinati articoli per un corrispettivo pari al 10% del fatturato, senza però minimo garantito. L’altro contratto, firmato nel marzo 2004, attribuiva addirittura la licenza esclusiva dei marchi del Napoli sino al 30/12/2014 per un corrispettivo pari al 10% del fatturato, sempre senza minimo garantito. Il curatore raffronta l’eccessiva onerosità di questo contratto per il Napoli con le condizioni decisamente più eque di quello stipulato dalla società partenopea con Publitalia ‘80 nell’agosto 2001, a cui era stato concesso un uso limitato di sfruttamento del marchio. Per tre stagioni sportive, la società del gruppo Fininvest ha dovuto elargire al Napoli un minimo garantito compreso tra i 7,5 e i 18 miliardi di vecchie lire. Riguardo all’azionariato della Nsp (in liquidazione dal novembre 2004) c’è un mistero targato Svizzera: il 99% del suo capitale è in mano alla società di gestione patrimoni Taurus Financial Services sa di Ginevra, con succursale a Lugano. Chi sia il reale possessore o possessori del pacchetto di maggioranza non è dato saperlo. Il restante 1% è in mano a Cesare Naldi. Il curatore ha ritenuto di segnalare che il 1° ottobre 2003, poco prima di assumere la carica di amministratore unico di Napoli Service Promotion, Cesare Naldi ha sottoscritto con il presidente della Ssc Napoli, ossia con suo padre Salvatore, un contratto di collaborazione coordinata e continuativa con un compenso di 10mila euro netti mensili per "la gestione e lo sviluppo dell’intero settore commerciale". In esecuzione del co.co.co. il 23 gennaio 2004 gli sarà corrisposta la somma di 30mila euro.
Marco Liguori

Il manifesto 15/04/2003
Conti e paradisi fiscali, la tragica farsa del ciuccio
Un'inchiesta in due puntate sui guai finanziari che rischiano di far sparire il club azzurro dal calcio che conta
di Marco Liguori e Salvatore Napolitano
http://marcoliguori.blogspot.com/2008/02/il-ciuccio-in-agonia.html

lunedì 1 dicembre 2008

Crimi: tempi prematuri per la Covisoc europea

''Siamo d'accordo sui principi ispiratori alla base di un organismo di controllo sovranazionale sui club, ma bisogna valutarne l'applicabilità. Finché non si uniformano i sistemi fiscali, mi pare prematuro. E' emersa la questione tributaria che dovrà essere affrontata». Sono le parole di Rocco Crimi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega allo Sport, che intervenendo a "La politica nel pallone" su GR Parlamento si sofferma su uno degli argomenti toccati la scorsa settimana a Biarritz, dove i rappresentanti dei paesi dell'UE si sono confrontati con i vertici dello sport e del calcio internazionale. «Quando si parla di creare un meccanismo internazionale, che dovrà anche valutare i bilanci delle società, non c'è dubbio che sia avvantaggiato chi paga tasse più basse», dice Crimi. «Bisogna garantire equilibrio tra chi ha una pressione fiscale del 25% e chi, come i club in Italia e in Germania, ne ha una nettamente superiore. Ho evidenziato questo argomento nella riunione di Biarritz, la situazione va affrontata nel modo giusto e nei tempi giusti. Anche la tempistica è fondamentale», conclude.
«Avere società sportive con i bilanci sani è un principio che bisogna sempre perseguire, ma creare oggi un meccanismo sovranazionale, un po' sul modello Covisoc, che comunque in Italia funziona abbastanza bene perché ha terzietà e indipendenza e ha dato dei risultati, sarebbe prematuro -ha aggiunto Crimi-. Prima bisogna uniformare le condizioni fiscali nei vari paesi. Non si possono ipotizzare regimi fiscali differenti in Germania, Inghilterra Spagna. Bisogna avere una uniformità dei bilanci e quindi maggiore competitività dei vari club. Ci sono poi squadre che hanno stadi di proprietà e che hanno delle agevolazioni. Dobbiamo scegliere i tempi corretti e avviare un percorso».
Fonte: Adnkronos

Perché Mediaset condanna solo i fischi contro il Milan?

Riceviamo e pubblichiamo
Egr. sig. Liguori,
è davvero scandaloso come il signor Piccinini su Mediaset Premium, durante la telecronaca di Palermo Milan, abbia rimarcato il fatto che la gente di palermo fischiasse Ronaldinho. Erano già stati vergognosi i suoi commenti simili durante Lecce Milan, quando alcuni tifosi del Lecce fischiavarono i giocatori del Milan.
A questo punto mi chiedo, perchè il signor Piccinini sottolinea e condanna certi comportamenti, quando questi si verificano a Palermo, mentre non sottolinea i fischi che si sentono anche in altri stadi? Perchè Piccinini non condanna mai in diretta i cori beceri di molte tifoserie contro Napoli e i napoletani?
Cordiali saluti
Mario
mitico2@email.it

Risposta

Caro Mario,
non è il primo lettore che mi evidenzia il comportamento di Piccinini.
E' evidente che il Milan fa parte della famiglia Fininvest: quindi ha un occhio di riguardo da parte di Mediaset, la tv della galassia berlusconiana. E pensare che Piccinini si è scandalizzato per i fischi: se avesse sentito uno di quei cori, rivolto a Ronaldinho e soci, che spesso partono dalle gradinate degli stadi del Nord Italia contro il Napoli e i napoletani, che cosa avrebbe detto?
A parte tutto, il problema vero è che tutti i telecronisti dovrebbero stigmatizzare i comportamenti beceri delle tifoserie, di qualsiasi squadra esse siano. Purtroppo ciò non accade.
Un cordiale saluto
Marco Liguori

Sintesi tv di Siena-Torino 1-0 (da You Tube)

Torino amorfo, Siena deciso e concreto. Questa in sintesi la sconfitta di ieri dei granata che li vede sempre più vicini alla zona retrocessione.
Le immagini della gara della trasmissione 90° Minuto Rai sono tratte da You tube.

Siena, stadio Artemio Franchi 30 novembre 2008
SIENA-TORINO 1-0
Siena (4-3-1-2): Curci; Zuniga, Rossettini, Portanova, Del Grosso; Coppola, Vergassola, Galloppa; Kharja; Maccarone (23'st Calaiò), Ghezzal. In panchina: Jaakkola, Moti, Rossi, Jarolim, Barusso, Packer. Allenatore: Giampaolo
Torino (4-4-2): Sereni; Diana, Natali, Pratali (1'st Di Loreto), Rubin; Colombo, Dzemaili, Barone, Rosina; Stellone (22'st Abbruscato), Bianchi (1'st Amoruso). In panchina: Calderoni, Franceschini, Pisano, Zanetti Allenatore: De Biasi
Arbitro: Morganti di Ascoli Piceno.
Rete: 19'pt Maccarone
Spettatori: 12.000 circa.
Ammoniti: Colombo, Portanova. Angoli: 6-5 per il Siena. Recupero: 1'; 3'.


La sintesi tv di Siena-Torino 1-0

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il pallone in confusione

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