Bloomberg Investimenti 8 marzo 2003
Milan e Inter amici per plusvalenza...
Marco Liguori
Salvatore Napolitano
Milan e Inter sono costrette da sempre a combattersi duramente sul campo per ovvi motivi di campanile. Ma quando si tratta, di badare all'aspetto economico riescono ad accordarsi in men che non si dica. E non ci si riferisce al consorzio San Siro 2000, organismo in compartecipazione tra le due società, creato per la gestione dello stadio Meazza, ma piuttosto alle ricche plusvalenze che entrambe si garantiscono da anni scambiandosi vicendevolmente calciatori noti nonché carneadi assoluti con valutazioni certamente discutibili. Questo frenetico scambio di calciatori da una sponda all'altra non è servito per portare i conti in utile, ma ha comunque dato una mano consistente a diminuire le perdite di bilancio. Il gioco delle plusvalenze incrociate non è stato inaugurato da Milan e Inter, né le due società sono le uniche ad adottare questa tecnica tutta calcistica. Ma il loro è certamente il rapporto più assiduo. Hanno cominciato nella stagione agonistica 1999-2000: allora si limitarono ad uno scambio tra due sconosciuti, Davide Cordone e Fabio Di Sauro. Ciò consentì una plusvalenza di 4,73 milioni di euro al Milan e di 4,6 milioni all'Inter. Ma i prezzi erano elevati, si dirà, a causa della bolla che si stava gonfiando anche nel calcio: peccato che in quella stessa stagione il Milan avesse venduto Massimo Maccarone all'Empoli e Massimo Oddo al Verona con plusvalenze pari rispettivamente alla miseria di 645mila e 775mila euro. E che l'Inter avesse ceduto Fabio Galante al Torino per 2,63 milioni. Nella stagione successiva, quella 2000-2001, gli scambi si intensificarono: gli ignoti di turno furono Marco Bonura e Andrea Polizzano, e ciò originò una plusvalenza di 4 milioni di euro al Milan e di 4,1 milioni all'Inter. In quella stessa stagione, il Milan cedette il difensore Thomas Helveg all'Inter in cambio del pari ruolo Cyril Domoraud. Per i rossoneri la plusvalenza fu di 6,19 milioni di euro, per i nerazzurri di 6,7 milioni. Peccato che il danese non sia nemmeno passato da Appiano Gentile per le visite mediche: l'Inter lo ha immediatamente prestato per un anno al Milan. Il valore del prestito? La modica cifra di 1.000 euro. Dunque, la società nerazzurra comprò un giocatore a 11,36 milioni per prestarlo a mille. Nella scorsa stagione, la 2001-2002, c'è stato un vero e proprio vortice di scambi con relative plusvalenze incorporate: anzitutto, il rituale transito incrociato di giocatori oscuri alle platee dei calciofili, nel caso in questione Matteo Bogani e Paolo Ginestra, che ha portato una plusvalenza di 3,56 milioni di euro al Milan e di 3,58 milioni all'Inter. Poi una serie di scambi più appariscenti, tra Andres Guglielminpietro e Christian Brocchi, con un beneficio economico di 8,54 milioni per il Milan e di 7,23 milioni per l'Inter, tra il turco Umit Davala e il croato Dario Simic, 12,4 milioni per il Milan e 14,6 per l'Inter, e tra Francesco Coco e Clarence Seedorf, 28,84 milioni per il Milan e 17,13 per l’Inter. Da questa girandola resta all'apparenza senza un compagno Drazen Brncic, girovago del pallone, che ha giocato molto in Croazia e Belgio, e poco in Italia: ceduto dal Milan all'Inter nel luglio 2001 ha consentito alla società rossonera una plusvalenza di 9,64 milioni. Che sia stata una sorta di ricompensa per l'acquisto di Andrea Pirlo, che nel bilancio chiuso al 30 giugno 2001, portò all'Inter una plusvalenza di 14,43 milioni?
Galliani lo "scisso"
Il presidente della Lega Calcio, Adriano Galliani, non è per nulla soddisfatto del comportamento dell'amministratore delegato del Milan Adriano Galliani. Mentre il primo reclama dallo scorso luglio la necessità di un ridimensionamento dei costi, il secondo ha fatto orecchie da mercante, spendendo a piene mani nel mercato estivo: Alessandro Nesta, Rivaldo, Seedorf, Dario Simic, Samuele Dalla Bona, Jon Tomasson oltre al ritorno di Leonardo. Certo, il Milan può permettersi di chiudere ogni anno il bilancio in profondo rosso. Ma solo perché ha le spalle ben coperte dall'azionista al 99% Reteitalia, società del gruppo Fininvest, che ogni anno ricapitalizza per ripianare le perdite di gestione: 33,22 milioni di euro nell'esercizio chiuso al 30 giugno 2002, 35,6 nel 2000-2001, 10,76 nel ‘98-‘99, 12,85 nel '97-'98, 13,99 nel '96-'97, 22,91 nel '95-'96. Soltanto nell'esercizio 1999-2000 spicca un piccolo utile di 1,99 milioni, raggiunto però grazie ad un paio di plusvalenze particolari per un totale di 9,65 milioni: quelle garantite dalle vendite degli sconosciuti Matteo Beretta alla Juventus e Davide Cordone all'Inter. L'inserimento del Milan nel gruppo Fininvest è organico, come ha rilevato la società che ne certifica il bilancio, la Deloitte & Touche, che a tal proposito parla di "significativi rapporti". Il perché è presto detto: oltre alle robuste iniezioni annue di capitale dell'azionista di riferimento, il Milan può contare anche su generosi aiuti di altre società del gruppo: come per esempio i 10,33 milioni per il contratto stipulato con Rti, relativo alla cessione dei diritti tv per le partite casalinghe della Coppa Uefa 2001-2002: sei gare non certo di cartello contro Bate Borisov, Cska Sofia, Sporting Lisbona, Roda, Hapoel Tel Aviv e Borussia Dortmund, che fecero accorrere allo stadio un totale di appena 65.089 spettatori per un incasso di 933mila euro. O come i 6,04 milioni ottenuti da Publitalia '80 per la vendita di pacchetti pubblicitari relativi soprattutto a quelli all'interno dello stadio. I rapporti commerciali del Milan con il gruppo Fininvest sono ammontati ad un totale netto di 17,07 milioni, il 10,75% del fatturato. O come il finanziamento di 13,1 milioni della Fininvest per il debito Iva la cui gestione è centralizzata. Nonostante gli aiuti, il conto economico è in rosso e l'equilibrio finanziario assolutamente precario. La perdita è di 33,21 milioni solo perché le plusvalenze sono ammontate a 77,96 milioni, 63 dei quali ottenuti grazie all'Inter. Infatti, la perdita operativa è stata di 97,72 milioni, e dei 158,85 milioni di fatturato il 76,54% se n'è andato in stipendi e il 45,75% nell'ammortamento dei giocatori. Il capitale netto è pari a 52,54 milioni, mentre le passività ammontano a 301,83 milioni con un evidente squilibrio. E questo nonostante al 30 giugno scorso il Milan avesse già incassato da Tele+ i soldi per la cessione dei diritti criptati delle partite casalinghe di questo e del prossimo campionato. Non a caso le passività correnti superano le attività correnti di 234,34 milioni di euro.
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