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martedì 24 giugno 2008

Champions League - Roma terza squadra per introiti Uefa

(ANSA-AFP) - PARIGI, 23 GIU - La Roma, con quasi 30 milioni di euro, e' la terza squadra più pagata dall'Uefa, fra quelle che hanno preso parte all'ultima edizione della Champions League. Solo Manchester United e Chelsea, vale a dire le due finaliste di Mosca, hanno intascato piu' soldi dei giallorossi, che sono stati eliminati nei quarti proprio dalla squadra allenata da Alex Ferguson. L'Uefa ha versato in tutto 43 milioni nelle casse dei 'red devils', che alla fine hanno vinto la coppa, battendo ai rigori il Chelsea. Al club londinese, invece, sono andati 36 milioni. Gli introiti sono stati distribuiti in base a due criteri ben precisi: uno legato ai risultati ottenuti da ciascuna squadra, un altro in relazione al valore televisivo del marchio della squadra stessa. Una somma è stata devoluta a ciascuna delle 32 formazioni che hanno acquisito il diritto a disputare la fase a gironi della Champions, partendo da una base di 3 milioni di euro cadauna, ai quali andavano aggiunti 400 mila euro per ciascun match disputato (a prescindere dal risultato finale) della prima fase. Per ogni vittoria, a ciascuna squadra andavano 600 mila euro, per l'accesso agli ottavi di finale 2,2 milioni, per i quarti 2,5 e per la semifinale 3. In finale 4 milioni sono stati assegnati alla perdente e 7 alla vincente.
Questa la classifica degli introiti 2007/2008
1. Manchester United (Ing) euro 42.879.000
2. Chelsea (Ing) 36.375.000
3. Roma (Ita) 28.949.000
4. Barcellona (Spa) 27.500.000
5. Olympique Lione (Fra) 27.290.000
6. Psv Eindhoven (Ola) 27.104.000
7. Schalke 04 (Ger) 26.872.000
8. Liverpool (Ing) 26.815.000
9. Inter (Ita) 26.683.000
10. Milan (Ita) 26.383.000
11. Arsenal (Ing) 23.205.000
12. Real Madrid (Spa) 21.092.000
13. Olympique Marsiglia (Fra) 20.680.000
14. Stoccarda (Ger) 19.449.000
15. Olympiakos (Gre) 19.092.000
16. Fenerbahce (Tur) 17.342.000
17. Siviglia (Spa) 17.327.000
18. Lazio (Ita) 16.469.000
19. Werder Brema (Ger) 15.397.000
20. Celtic Glasgow (Sco) 13.018.000

lunedì 23 giugno 2008

"Il decreto sui diritti del calcio è a rischio incostituzionalità"

Liberomercato 13 novembre 2007 (pagina 4)

Parla Baldassarre sulla nuova contrattazione collettiva
"Il decreto sui diritti del calcio è a rischio incostituzionalità"

Marco Liguori
"Il decreto legislativo che ha stabilito la riforma della contrattazione collettiva sui diritti televisivi del calcio è a rischio di incostituzionalità: lede i principi del libero mercato e della concorrenza dell’Unione europea". Antonio Baldassarre, presidente emerito della Corte Costituzionale e docente ordinario di diritto costituzionale presso l’Università Luiss, in questa intervista esclusiva a Liberomercato boccia il decreto legislativo emanato venerdì scorso dal Consiglio dei ministri, voluto dal Ministro per le Politiche giovanili e le attività sportive, Giovanna Melandri. Baldassarre lo ha messo nero su bianco e lo ha spiegato in un suo dettagliato parere.
Professore, chi gliel’ha richiesto?
"Alcuni mesi fa la Juventus mi ha incaricato di redigere uno studio sul decreto legislativo e la legge delega sui diritti tv della Lega nazionale professionisti".
E quale conclusione ha raggiunto?
"Il decreto, e in parte anche la delega, presentano diverse perplessità in materia costituzionale, poiché le società di calcio hanno ottenuto lo scopo di lucro con la legge del 1996".
Quindi il decreto ha un importante vizio di fondo?
"L’impianto del provvedimento normativo parte dal principio opposto a quello della nostra costituzione e dei trattati dell’Unione Europea: tutto è soggetto a regolazione pubblica. Lo Stato interviene pesantemente sulla libertà di concorrenza tra le società di calcio e indebolisce le società più forti economicamente della serie A, a vantaggio dei piccoli club. Esso viola l’articolo 41 della costituzione e le norme comunitarie che fanno riferimento alla libera concorrenza".
A questo punto cosa potrebbe succedere?
"Tutto e nulla. Dipenderà dalle iniziative che assumeranno i singoli club: se ad alcuni può andar bene il decreto con la contrattazione collettiva non accadrà nulla. L’accordo raggiunto alcuni giorni fa in Lega per la ripartizione collettiva potrebbe aver attenuato in parte il profilo di incostituzionalità, che però resta intatto poiché l’intesa discende dalla legge".
Altrimenti?
"Alcune società, in modo particolare l’Inter, Il Milan e la Juventus, potrebbero adire il giudice ordinario per far rilevare l’eventuale incostituzionalità, decisa dalla Corte Costituzionale. Inoltre, potrebbero rivolgersi alla Corte di giustizia dell’Unione Europea".
Passando ai cadetti. Anche le società di serie B avrebbero convenienza a impugnare il decreto legislativo?
"Possono fare causa, se ritengono di aver ricevuto un danno: è un principio stabilito direttamente dalla Costituzione".
Cosa si sarebbe dovuto fare, per evitare questo pasticcio?
"Si sarebbe dovuto introdurre un criterio di solidarietà. Ogni società dovrebbe gestire in modo autonomo i diritti tv. Al tempo stesso la Lega potrebbe stabilire un contributo all’interno del sistema, destinato a un fondo comune, che potrebbe colmare il divario tra le grandi e le piccole società di calcio.

Un addio da oltre 2 milioni di euro

A tanto ammonterebbe la cifra per la Figc, nel caso in cui fosse dato il benservito a Donadoni e arrivasse Lippi

«Della clausola non ci sarà bisogno, se il rendimento della squadra non dovesse essere all'altezza, sarei io il primo a togliere il disturbo». A parlare così è Roberto Donadoni: era il 20 maggio scorso ed era passata una sola settimana dalla sottoscrizione del suo nuovo contratto con la Figc. Parole completamente diverse da quelle pronunciate in conferenza stampa questa mattina: «Dare le dimissioni? Non mi passa per l'anticamera del cervello. Non è un rigore sbagliato a far cambiare il mio parere su un Europeo, sarei uno stupido». Il problema è però che non sono i due tiri dal dischetto di De Rossi e Di Natale che pongono sub judice Donadoni. C’è stata una serie di errori, a cominciare dalla rinuncia al gioco offensivo, con la posizione sola e sconsolata di Toni, alla posizione da mediano arretrato di Aquilani con la Spagna, allo spregiudicato e inconcludente 4-3-3 contro l’Olanda, con Materazzi e Barzagli come pesci fuor d’acqua. E in più, il fatto che la squadra ha saputo soltanto segnare su calci piazzati. Ma di tutto questo sarà solo la Figc a dare il suo insindacabile giudizio.
Già, ma adesso cosa farà la Federazione? Per cercare di capire meglio la complessa situazione, bisogna esaminare le linee guida dell’accordo di metà maggio. In esso vi è contenuto il prolungamento di due anni fino ai mondiali del Sudafrica con una clausola reciproca di rescissione (con annessa penale), che può essere esercitata da entrambe le parti entro i dieci giorni successivi alla termine di Euro 2008. Domenica prossima ci sarà la finale del torneo. Quindi, il destino del ct azzurro si compirà presumibilmente entro la prima decade di luglio. Donadoni aveva rifiutato la clausola del raggiungimento necessario e sufficiente della semifinale all’Europeo, che legava il suo prolungamento per altri due anni. Abete, da quanto si legge oggi sul sito della Figc, sta ponderare molto bene la sua decisione di un eventuale esonero. «Con Donadoni avrò un incontro già nei prossimi giorni – ha detto il numero uno della Figc dopo la sconfitta con la Spagna – per una riflessione complessiva su questi Europei e ragioneremo con grande attenzione cercando di programmare il futuro». Secondo Abete «il comportamento della squadra in questo Europeo è stato positivo». Il suo atteggiamento molto prudente è dettato da un semplice e giusto calcolo. Il nuovo accordo prevede che l'ingaggio di Donadoni era innalzato ai livelli del suo predecessore Marcello Lippi, campione del mondo nel 2006, circa 1,2 milioni di euro netti a stagione: la penale per l’eventuale esonero da parte federale, si aggirerebbe probabilmente attorno al 30% dello stipendio. Pari a circa 360mila euro: stamattina si parlava di una cifra probabilmente ancora più alta, pari a 500mila euro. E’ vero che Abete il 20 maggio scorso aveva precisato che «il rinnovo biennale avrà una clausola reciproca di rescissione libera che si basa su un'assunzione di responsabilità. C’è una stretta di mano che rappresenta la forte volontà di continuare a lavorare insieme». Però il presidente dovrà fare due conti e pensare che se conviene pagare la penale a Donadoni e prendere nuovamente “Cincinnato” Lippi. Il quale accetterà probabilmente soltanto per una cifra compresa tra 1,5-2 milioni. Insomma, nella migliore delle ipotesi l’addio a Donadoni costerà nella migliore delle ipotesi (facendo un calcolo spannometrico) 2 milioni: a ciò però la Figc dovrà elargire le cifre da elargire allo staff tecnico che accompagna l’attuale ct. I ritorni di fiamma nel mondo del pallone costano, anche per la Nazionale.
Marco Liguori

Donadoni e il calcio della paura

Con Toni "centroboa" solitario marcato stretto dai difensori della Spagna e Cassano relegato a compiti di centrocampista non si poteva certo andare in finale. E adesso ritornerà Lippi, come Cincinnato a salvare la patria in vista delle qualificazioni per i Mondiali 2010

«Signore e signori, buonanotte». Come faceva la Rai quando terminava i programmi nei lontani anni ‘50-60-70 (con tanto di antenna che risaliva su nel cielo) la Nazionale ha salutato questa notte Euro 2008. L’uscita di scena è avvenuta ai rigori nel quarto di finale contro la Spagna. Il problema non è costituito dalla sconfitta alla lotteria delle massime punizioni, ma nella condotta di gara. Come avevamo già scritto dall’inizio del torneo continentale, il problema dell’Italia di monsieur le Donadon è quello di aver impostato il gioco finalizzato verso una sola punta di ruolo, per giunta non in forma brillante, ossia Toni. Anche nella gara contro le "furie rosse" il povero attaccante del Bayern si è ritrovato per la quarta volta di fila a giocare nel ruolo di "centroboa" solitario contro difensori arcigni e molto attenti a non lasciagli mai un solo metro di spazio per poter operare. Stasera si è compiuto il "capolavoro" del ct bergamasco: Cassano, che avrebbe dovuto giocare in avanti a liberare spazi per Toni e a passargli palloni preziosi, è stato limitato a effettuare compiti di copertura anche a centrocampo. In più, Aquilani, De Rossi e Ambrosini sono stati sacrificati in ruoli di copertura per bloccare le discese dei centrocampisti iberici: ma mai si sono visti in fase di costruzione della manovra. Anche Perrotta, posto dietro il talento (stasera sprecato) di Bari vecchia e Toni, invece di fare il "suggeritore" per gli attaccanti si limitava a compiti di tamponamento degli avversari. Intendiamoci, qualsiasi attaccante che si fosse trovato in questo tipo di gioco avrebbe fatto la fine di Toni.
Con queste premesse, non si poteva non arrivare al pareggio, contornati dai tempi supplementari e dai calci di rigori. Poche le occasioni da gol (come quella del colpo di testa di Di Natale, subentrato a Cassano, e quella del tiro di Camoranesi respinta con il piede dal portiere spagnolo Casillas): anche la Spagna si è adeguata e ha giocato tutta contratta a centrocampo. Si è dunque giocato il calcio della paura, come fu nel quarto di finale dei Mondiali ’98 tra Italia e Francia: come allora, logicamente si è terminato con la serie dal dischetto. La vittoria di martedì scorso contro i transalpini è stato un fuoco fatuo, anche se si è sperato che avesse dato la scossa agli azzurri: i francesi erano completamente bolliti, giunti alla fine del loro ciclo di vittorie. Non a caso la Nazionale ha segnato i suoi unici tre gol su calci piazzati. Quello di Panucci con la Romania su azione di calcio d’angolo; quelli contro la Francia su rigore calciato da Pirlo (procurato da Toni) e su calcio di punizione di De Rossi deviato da Henry. Davvero poco per poter sperare di proseguire verso la finale.
E adesso si parla dell’addio di Donadoni: voci di corridoio riportano del ritorno di Lippi, quasi come Cincinnato a salvare la patria, in vista delle qualificazioni per il Mondiale del 2010 in Sudafrica. Il ct bergamasco paga anche la colpa (niente affatto sua) del suo incarico a termine deciso dalla Figc: forse non visto favorevolmente dal presidente Giancarlo Abete per essere stato nominato dal commissario Guido Rossi. Ad ogni modo, anche questo clima ha inciso negativamente sulla spedizione in Svizzera e Austria: quando si potrà trovare un po’ di pace nel club azzurro?
Marco Liguori

venerdì 20 giugno 2008

Diritti tv, ritorno al futuro

La Lega Calcio continua a ritardare il recepimento della contrattazione collettiva, che andrà in vigore dal 2010. Qualche presidente sta forse pensando alla restaurazione del sistema soggettivo

Ieri si sono riuniti in conclave nella sede di Milano della Lega Calcio i presidenti di serie A e B. E’ stata trovata una soluzione per il regime transitorio 2008-2010 per la mutualità della serie A. Manca ancora il recepimento delle linee guida per il criterio di ripartizione collettiva dei diritti televisivi e l’advisor per la loro vendita. Criteri imposti dal precedente governo Prodi, tramite il decreto legislativo Melandri-Gentiloni, che ha inteso così ripartire in modo più equi i proventi delle risorse tv. La legge entrerà a pieno regime nel 2010.
Si potrebbe ipotizzare quindi che qualcuno all’interno della Lega potrebbe attendere un cambiamento di rotta, magari un ritorno alla vecchia contrattazione soggettiva che privilegiava le grandi squadre, come Inter, Milan e Juve. Che l’aria fosse cambiata lo si è notato già da alcune dichiarazioni di Silvio Berlusconi. In piena campagna elettorale, il numero uno del Pdl dichiarò lunedì 10 marzo su Antenna 3, al programma “Lunedì di rigore” condotto da Fabio Ravezzani che «è chiaro che incombe in Italia la possibilità di vedere ridotte le disponibilità delle grandi squadre e quindi ridotte le loro possibilità di competere con i grandi club europei». Il futuro presidente del Consiglio concluse così: «Immagino che bisognerà intervenire in una direzione diversa da quella che è stata ipotizzata dal governo della sinistra».
In quella stessa settimana, intorno al 14 marzo, Sky presentò il ricorso alla Commissione europea contro la normativa Melandri-Gentiloni. Il vicepresidente vicario del Milan, Adriano Galliani, lo commentò così all’Ansa: «secondo noi è il primo in ordine cronologico e altri ne seguiranno anche davanti ad altri organi giurisdizionali».
Tirando le somme, c’è da pensare l’ipotesi di un probabile ritorno alla contrattazione soggettiva non sia così infondata. Forse la legge Melandri-Gentiloni è stato un rimedio peggiore del male. Si dirà: «ma non era necessario un intervento del governo, visto che le società non trovano un accordo?». Il problema è che le società sono a scopo di lucro e che quindi la Lega, come accade per le consorelle estere (come la tanto celebrata Premier League inglese dove si applica la ripartizione collettiva), avrebbe dovuto stabilire al suo interno il criterio di contrattazione, senza “spinte” dal mondo politico. Per la nostra Costituzione, infatti, l’iniziativa privata è libera. Adesso bisognerà vedere se davvero la legislazione sarà cambiata: bisogna tenere la massima attenzione, poiché è questa la partita fondamentale su cui ruota il calcio nostrano. Infatti il 40-50% dei fatturati delle società è composto dai diritti tv, mentre le altre forme di ricavo (come il merchandising) sono a livelli ancora troppo scarsi. Maggiori entrate significano quindi ossigeno per le campagne acquisti delle squadre. Occorre un criterio che soddisfi tutti: altrimenti ricomincerà la loro moria per fallimento. Fiorentina, Napoli, Torino, Venezia, Ancona, Cosenza ne sono state vittime del precedente sistema: si spera che abbiano insegnato qualcosa.
Marco Liguori

Sensi: non c'è bisogno di vendere la Roma per ridurre i debiti Italpetroli

La società giallorossa risponde alle ipotesi di cessione riportate stamattina dal quotidiano "Il Messaggero"

Prosegue la telenovela della vendita della Roma. Non c'è alcun obbligo per la famiglia Sensi di vendere il pacchetto azionario di controllo della Roma per la riduzione dell' indebitamento della holding di famiglia, la Compagnia Italpetroli. Lo ha precisato in una nota la società giallorossa, sottolineando che i vertici della Compagnia decideranno liberamente in merito, in risposta alle indiscrezioni pubblicate stamattina sul quotidiano "Il Messaggero" sull'eventuale operazione di cessione della squadra di calcio. «Le intese in corso di definizione tra Unicredit Banca di Roma, la famiglia Sensi e le società del gruppo facente capo a Compagnia Italpetroli - si legge nel comunicato - prevedono un impegno da parte di queste ultime a ridurre l'indebitamento di gruppo mediante la cessione di beni a queste facenti capo esclusivamente nella misura necessaria a ridurre tale indebitamento a livelli convenuto». Il comunicato spiega anche che «il management delle società facenti capo al gruppo Compagnia Italpetroli potrà individuare in totale autonomia quali beni dismettere ai fini del raggiungimento degli obiettivi di cui sopra. Conseguentemente, sarà esclusiva facoltà di quest'ultimo stabilire se far rientrare o meno il pacchetto azionario di controllo in A.S. Roma S.p.A. tra i beni da utilizzare a tale scopo senza che vi sia alcuno specifico obbligo al riguardo».
Stamattina "Il Messaggero" aveva riportato che Unicredit rinuncerà al diritto di acquisto del 51 per cento di Italpetroli (di cui possiede il 49%), mentre i Sensi si impegneranno a chiudere il debito vendendo la Roma entro due anni e mezzo. Secondo il quotidiano «il piano sarebbe ormai condiviso tra le parti nei passaggi riguardanti le modalità attraverso le quali i Sensi rimborseranno a Unicredit poco più di 340 milioni di debiti su 380 milioni accumulati nei confronti delle banche». Il contratto di cessione avrebbe dovuto essere siglato oggi, ma secondo "Il Messaggero" avrebbe dovuto slittare alla prossima settimana per mettere a punto alcuni dettagli tecnici. L'intesa prevede la restituzione di «250 milioni di debiti alle banche entro la fine del 2010». Per raggiungere questa cifra «il gruppo che comprende attività petrolifere, immobiliari e tramite Roma 2000 possiede il controllo della As Roma, quotata in Borsa, dovrebbe procedere alla dimissione di alcuni beni». Nell'accordo ci sarebbe dovuta essere anche la società giallorossa, che avrebbe dovuto, secondo il quotidiano del gruppo Caltagirone, essere venduta nell'arco di due anni e mezzo, a dimostrazione che «da parte di Unicredit non c'è alcuna volontà vessatoria nei confronti della società».
Marco Liguori

Calciomercato - Manchester: Cristiano Ronaldo non è in vendita

Doccia fredda sulle ambizioni di Cristiano Ronaldo di trasferirsi al Real Madrid. Sul sito internet del Manchester United è riportato in modo lapidario che «Ronaldo non è in vendita». Probabilmente la società inglese ha voluto eliminare ogni tipo di trattativa, rivelate dallo stesso asso portoghese dopo la sconfitta della sua nazionale con la Germania. Da Basilea Ronaldo aveva riferito che esistono «grandi possibilità» riguardo al fatto che la prossima stagione possa indossare la "camiseta blanca" del Real Madrid. L'ipotesi è stata prontamente smentita dai dirigenti dei Red Devils. «Lo United non prendera' neppure in considerazioni le offerte» prosegue il comunicato sul sito internet della società. Anche se il passaggio di Ronaldo è stato più volte dato per certo, il messaggio degli inglese è molto chiaro: il 23enne fuoriclasse dello United non è in vendita.
http://www.wikio.it

il pallone in confusione

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