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lunedì 20 settembre 2010

E' nato il sito dell'Associazione italiana giornali on line - Aigol

E' nato oggi il sito dell'Associazione italiana giornali on line - Aigol a cui aderiscono Pianetagenoa1893.net e Il pallone in confusione editi e diretti da Marco Liguori. Ne sono membri anche Atleticom srl, EdiWebRoma srl, L&V Editrice srl, Mediagol, Nextmediaweb srl e Sailbiz. L'associazione nasce dalla volontà di ottenere il riconoscimento giuridico della professione di editore online, alla pari dell’equivalente già presente nella carta stampata, radio o tv: è aperta la campagna di iscrizione, più testate aderiranno maggiori saranno le possibilità di far valere i propri diritti. Sul portale sono illustrate le modalità per poter iscriversi: clicca qui per accedere.

venerdì 17 settembre 2010

Federsupporter/Rinnovo contratto calciatori: coniugare diritti e flessibilità

Già il 30 luglio u.s. avevo commentato con alcune mie note (vedasi www.federsupporter.it) la disdetta del CCNL dei calciatori,le sue possibili conseguenze e le possibili prospettive del suo rinnovo. In questi giorni è previsto che si tenga una fitta serie di incontri tra la Lega Calcio, l’AIC e la FIGC in ordine al rinnovo del suddetto CCNL, soprattutto per scongiurare lo sciopero dei calciatori proclamato dall’AIC e che dovrebbe essere effettuato il 25 e 26 settembre prossimi. Ciò premesso, ritengo utile ed opportuno sottoporre all’attenzione di tutti i soggetti interessati le ulteriori considerazioni che seguono, da me svolte in base alla mia pluriennale esperienza di giuslavorista ed alla mia pluriennale esperienza acquisita nel corso di tanti anni di Direzione Generale dell’Associazione Professionale Rappresentativa dei Dirigenti e dei Quadri Superiori dell’Industria ( FEDERMANAGER) per la quale ho negoziato e concluso tanti CCNL di categoria. Le mie considerazioni riguardano soprattutto alcuni punti specifici della vera e propria piattaforma rivendicativa avanzata nei giorni scorsi dalla Lega Calcio per poter procedere al rinnovo del CCNL disdettato e che ha provocato, come reazione, la proclamazione dello sciopero da parte della AIC.

Parte economica

A me sembra che questo sia, o possa essere, il punto di minor attrito fra le parti. La rivendicazione, infatti, ad opera della Lega Calcio del fatto che la retribuzione del calciatore sia formata,sempre di meno, da una parte rigidamente fissa e, sempre di più, da una parte flessibile e variabile in funzione di alcuni parametri ( per es. : numero di gare giocate, titoli vinti, classifica conseguita, goal segnati o subiti, etc.) non ha trovato e non trova, almeno così pare, una opposizione pregiudiziale da parte della AIC. D’altronde, sarebbe assolutamente anacronistico che, proprio i calciatori, si opponessero ad una ormai generalizzata tendenza di tutto il mondo del lavoro verso forme di retribuzione sempre più flessibili e variabili, tenuto conto della globalizzazione dei mercati e della variabilità, per non dire volatilità, dei mercati stessi.

Parte normativa

Non v’è dubbio, almeno a mio parere, che i motivi di contrasto più acuti e più difficilmente componibili siano costituiti da alcune rivendicazioni avanzate dalla Lega Calcio in materia di norme regolanti il rapporto di lavoro del calciatore e che mettono in giuoco fondamentali diritti di quest’ultimo sia come lavoratore sia come cittadino e come persona. Né, a tale proposito, la rilevanza delle questioni in discussione può essere superficialmente e demagogicamente disconosciuta, trattandosi di lavoratori con alte retribuzioni.

Il trattamento retributivo

Si consideri, al riguardo, che non è vero o non è del tutto vero che tutti i calciatori di serie A godano di trattamenti retributivi molto elevati e, comunque, in questo caso, se comparazioni si vogliono fare, esse andrebbero correttamente fatte, non con gli stipendi di operai ed impiegati, bensì con quelli di fasce alte del lavoro dipendente, quali i top manager, non potendosi negare che il calciatore e, in specie, quello di serie A, sia equiparabile o assimilabile alle figure apicali del lavoro subordinato.

Ma, a parte ciò, la considerazione prevalente o, per meglio dire, assorbente, è che diritti fondamentali del lavoratore, come tale e, ancor di più, come cittadino e come persona, non possono mai essere denegati o affievoliti in funzione della retribuzione o del reddito percepito. Sotto questo profilo, alcune rivendicazioni della Lega Calcio non possono non suscitare perplessità. Più precisamente, mi riferisco al fatto che, in caso di infortunio del calciatore, si vorrebbe che la scelta dei medici, delle cure e delle strutture sanitarie fosse lasciata esclusivamente alla società di calcio . Cosa che, a mio avviso, si pone – si porrebbe- in stridente contrasto con quanto stabilito dall’art. 32, II comma, della Costituzione secondo cui : “Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

Come può – potrebbe – dunque, una disposizione della contrattazione collettiva di lavoro obbligare un lavoratore a sottoporsi a trattamenti sanitari, con medici e strutture unilateralmente ed insindacabilmente scelte dal datore di lavoro?

L’infortunio

Del tutto legittimo, lecito e, a mio avviso, equo sarebbe, invece, che, in caso di infortunio, qualora il calciatore accetti le scelte sanitarie della società, il costo delle medesime ricada integralmente sulla società stessa, mentre, ove il calciatore scelga medici, trattamenti e strutture sanitarie diverse, di sua esclusiva fiducia, il costo delle medesime ricada sulla società stessa in una misura percentuale ed assoluta contrattualmente predeterminata, rimanendo a carico del calciatore costi che eventualmente residuassero in eccedenza a tale plafond. D’altra parte, resta sempre fermo il diritto- dovere della società di verificare l’idoneità del calciatore in esito al trattamento sanitario dallo stesso prescelto.

Il trasferimento “obbligato”

Un’altra richiesta avanzata dalla Lega Calcio che suscita perplessità è quella per cui i calciatori ritenuti in esubero possano essere emarginati rispetto agli altri e che debbano essere obbligati ad accettare il trasferimento ad altra società a parità di condizioni economiche e di “ condizioni omogenee di competitività”.

Laddove sembra che ci si dimentichi del fatto che il calciatore è qualificato per legge ( Legge 23 marzo 1981, n.91) come lavoratore subordinato e che, di conseguenza, il contratto che lo lega alla società di calcio è di lavoro dipendente, con durata prestabilita ( contratto di lavoro a termine) e che, a seguito della famosa sentenza Bosman (Corte di Giustizia Europea 15 dicembre 1995), nessun calciatore può essere obbligato ad accettare il trasferimento ad altra società per tutta la durata del rapporto contrattuale.

L’emarginazione

Quanto alla possibilità per le società di calcio di marginalizzare calciatori ritenuti in esubero, quand’anche la AIC accettasse tale possibilità e questa fosse contrattualizzata, saremmo in presenza, a mio parere, di una disposizione contrattuale nulla perché contra legem. Infatti, tutti gli atti ed i comportamenti, tipici o atipici, volti alla marginalizzazione del lavoratore, meglio noti sotto il nome omnicomprensivo di “ mobbing”, con il fine, tra gli altri, di allontanarlo dalla comunità in seno alla quale presta la propria opera, sono vietati e sanzionati ai sensi e per gli effetti dell’art. 2087 C.C. che, in attuazione del diritto costituzionale ( art. 32 Costituzione) alla salute psico-fisica ed alla tutela della personalità, pone a carico del datore di lavoro l’obbligo di salvaguardare, per l’appunto, non solo la persona fisica, ma anche la personalità morale del lavoratore stesso. Le pratiche di “ mobbing” possono essere, altresì, rilevanti e sanzionabili sul piano penale, ai sensi degli artt. 572 (Maltrattamenti) e 610 ( Violenza privata ) C.P. Una forma tipica di “ mobbing” può consistere nella dequalificazione professionale che può estrinsecarsi nella privazione, totale o parziale, di compiti e in una, totale o parziale, inattività forzosa, potendosi richiamare, in questo caso, non solo la violazione dell’art. 2087 ma anche dell’art. 2103 C.C. che impone al datore di lavoro di adibire il lavoratore alle mansioni per le quali è stato assunto. Nessuna norma contrattuale può – potrebbe –, dunque, legittimare e rendere lecita la marginalizzazione del calciatore ritenuto in esubero.

L’accettazione del trasferimento- Soluzioni alternative

Lo stesso dicasi per quello che concerne l’obbligatorietà per il calciatore di accettare il trasferimento ad altra società, sebbene alle medesime o, addirittura, più favorevoli condizioni economiche ed a “ condizioni omogenee di competitività” ( come poi, in concreto sia possibile o agevole valutare l’assoluta omogeneità di “ condizioni di competitività” rimane , almeno per me, assolutamente oscuro).

E’ evidente, infatti, che l’obbligo di un calciatore sotto contratto di trasferirsi ad altra società, pur alle condizioni sopra specificate, cozzerebbe con quanto disposto dalla sentenza Bosman, rappresentando una chiara restrizione alla libertà del calciatore stesso, come lavoratore, di decidere con chi e dove lavorare. Le legittime e corrette soluzioni del problema rappresentato da esuberi di calciatori possono essere ricercate, a mio avviso, in altri modi. Il primo può consistere in una riduzione dell’attuale durata massima (cinque anni) dei contratti di lavoro dei calciatori.

Tale durata andrebbe ridotta, sempre a mio avviso, a tre anni, poiché, tenuto conto della notevole variabilità di condizioni e situazioni che possono determinarsi specialmente in ambito calcistico, un arco temporale di cinque anni finisce per “ingessare” il rapporto e per togliere flessibilità in uscita alle società. Peraltro, queste ultime non possono pretendere di sfruttare la durata quinquennale del rapporto con il calciatore per diluire, nel tempo, l’onerosità degli stipendi ai calciatori medesimi e, però, non accettare, conseguentemente, una eccessiva stabilizzazione e, come ho detto, una vera e propria “ ingessatura” del rapporto. La formula giusta, pertanto, potrebbe essere: contenimento delle retribuzioni, in specie per la componente fissa, e contenimento della durata contrattuale. Il secondo modo, eventualmente complementare con il primo, può consistere nella previsione nel contratto individuale di lavoro di una clausola risolutiva espressa dello stesso a favore, non solo del calciatore, come già largamente avviene (le così dette “ clausole rescissorie”, anche se di risoluzione si tratta e non di rescissione: la quale ultima attiene allo scioglimento di un contratto stipulato da una delle parti in stato di necessità o di pericolo), bensì anche delle società. L’indennizzo alla parte che subisce il recesso anticipato potrebbe essere determinato al momento della stipulazione del contratto, ovvero nel corso di esso, oppure al momento in cui entrambe le parti entrassero nell’ordine di idee di risolvere anticipatamente il contratto stesso per mutuo consenso.

L’arbitraggio

Potrebbe essere, altresì, previsto che, in caso di mancato accordo circa la determinazione dell’importo dell’indennità, tale determinazione venga attribuita ad uno o più terzi scelti dalle parti nell’ambito di un elenco di arbitratori concordato dalla Lega Calcio e dalla AIC. L’arbitraggio, a differenza dell’arbitrato che ha lo scopo di comporre una controversia insorta tra le parti, ha lo scopo di integrare il contenuto della dichiarazione di volontà dalle stesse formulata.

Il distacco

Il terzo modo può consistere nella previsione, nell’ambito del rapporto di lavoro calcistico, dell’istituto del distacco. Tale istituto, da ultimo disciplinato dal decr.lgs n 276/2003, regola il trasferimento (distacco) di un lavoratore da una impresa ad un’altra per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa. I requisiti del distacco sono: l’esistenza di uno specifico interesse del datore di lavoro distaccante ( la società di calcio che non ritenesse più utilizzabile un proprio calciatore potrebbe avere l’interesse che possa essere utilizzabile presso altra società affinchè il valore del calciatore stesso non diminuisca); la temporaneità del distacco ( la durata del distacco non può coincidere con l’intera durata del rapporto lavorativo. Ne deriva che, se, per esempio, la durata del contratto del calciatore fosse di tre anni, il distacco dovrebbe essere inferiore a tale durata); il datore di lavoro distaccante rimane responsabile del trattamento economico e normativo in favore del lavoratore ( la società distaccante, perciò, dovrebbe garantire al calciatore distaccato lo stesso trattamento economico e normativo, fermo restando che il costo di tale trattamento può essere addebitato alla società distaccataria in base ad accordi intercorsi con la società distaccante). Va sottolineato che, con il distacco, la titolarità del rapporto di lavoro rimane in capo alla società distaccante e, quindi, il distacco non può essere rifiutato dal lavoratore e, in particolare, relativamente al calciatore, non configurandosi un trasferimento, verrebbe, in questo modo, rispettata la sentenza Bosman.

L’arbitrato

Condivido, inoltre, la richiesta della Lega Calcio di una diversa disciplina dell’arbitrato in tema di controversie tra società e calciatori onde rafforzare il principio di assoluta terzietà del Presidente del Collegio Arbitrale. Tale Presidente, infatti, andrebbe scelto, di comune accordo tra le parti e, in mancanza di accordo, andrebbe nominato dal Presidente del Tribunale Civile di Milano ; in ogni caso, il Presidente del Collegio dovrebbe essere persona del tutto estranea sia alla Lega Calcio sia alla AIC.

Le attività extracalcistiche

Ritengo, infine, opportuno che vengano specificate e tipizzate tutte le attività del calciatore ritenute incompatibili con l’attività di quest’ultimo, quali, per esempio : pratica di sport pericolosi, abuso di alcolici, uso di sostanze stupefacenti, superamento di limiti di velocità ed altre gravi violazioni di norme del Codice della Strada per effetto della guida di auto o motoveicoli.

Nel contempo, dovrebbe, però, essere sempre garantita piena libertà di manifestazione del pensiero (divieto dei così detti “ silenzi stampa”), ferma restando la responsabilità del calciatore per le dichiarazioni rese. Nessun lavoratore, infatti, pur vincolato da obblighi di fedeltà, collaborazione, riservatezza e subordinazione, può essere impedito dal manifestare liberamente le proprie opinioni e anche, eventualmente, le proprie critiche al datore di lavoro, purchè espresse, per forma e contenuto, nel rispetto della verità dei fatti e del decoro del datore di lavoro.

Massimo Rossetti

Responsabile dell’Area Legale e Giuridica di Federsupporter

Via Tommaso Salvini 25, 00198 Roma

Tel. 06 45474435 – fax 06 45477047

lunedì 6 settembre 2010

Giovedì giornata di studio sull'azionariato popolare della Roma

A PALAZZO VALENTINI GIORNATA DI STUDIO

AZIONARIATO POPOLARE AS ROMA

L’associazione MYROMA, in collaborazione con la Provincia di Roma, organizza per la giornata del 9 settembre 2010, dalle ore 10 alle ore 13 presso la Sala Di Liegro di Palazzo Valentini, una giornata di studio sul progetto dell’azionariato popolare per l'acquisto, anche parziale, della As Roma da parte dei tifosi e dei sostenitori della squadra di calcio, a seguito della mozione approvata lo scorso 23 luglio dal Consiglio provinciale.

Introduzione di Gianluca Peciola, consigliere provinciale

e di Walter Campanile, Presidente di MYROMA

Saluto di Patrizia Prestipino, Assessore alle Politiche del Turismo, dello Sport e Giovanili della Provincia di Roma

Proiezione del video dal titolo “Squadra Mia” realizzato dal giornalista di Report Giuliano Marrucci

Intervengono:

Avv. Pietro Ilardi, Vice Presidente di MYROMA

Antonia Hagemann, Project Manager SUPPORTERS DIRECT EUROPE

Luciano Ciocchetti, Vice Presidente della Regione Lazio

Pino Capua, Collaboratore del Sindaco Alemanno in materia di Tutela e Sicurezza nelle Attività sportive e motorie

Riccardo Viola, Presidente CONI Provinciale di Roma

Paolo Cento, presidente Roma Club Montecitorio

Giuseppe Manfridi , autore teatrale e Paolo Calabresi , giornalista delle Iene

Modera Marco Palumbo, consigliere provinciale

Sono stati invitati: As Roma, Unicredit Ufficio Comunicazione e i Roma Club Az, Airc, Utr.

giovedì 26 agosto 2010

Federsupporter: le soluzioni "all'italiana" dei problemi della tessera del tifoso

Riceviamo da Federsupporter e pubblichiamo

Federsupporter deplora e stigmatizza gli incidenti accaduti ieri a Bergamo ed esprime, relativamente ad essi, piena solidarietà al Ministro Maroni. Tali incidenti, peraltro, non fanno altro che portare acqua al mulino di coloro i quali vogliono ghettizzare e criminalizzare, indiscriminatamente, i sostenitori sportivi, facendo sì che questi ultimi si trasformino, sempre di più, da spettatori da stadio in spettatori da poltrona TV.
Ciò premesso, Federsupporter prende atto, alla luce di quanto stabilito ieri dall’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive, secondo quanto reso noto dagli Organi di Stampa, che, ad onta delle severe e rigorose disposizioni ministeriali, da ultimo ribadite ed impartite appena il 6 agosto u.s. in materia di osservanza, da parte dei sostenitori e delle società di calcio, del Programma Tessera del Tifoso, tali disposizioni, sostanzialmente, per il momento, non si applicheranno.
Ciò per “ supplire alle carenze dei club e di quanti da loro delegati al rilascio “ e per “ tutelare il diritto dei cittadini che hanno richiesto la tessera”.
Resta da capire se e quale regime sanzionatorio sarà applicato agli inadempienti e se saranno effettivamente chiusi quegli stadi per i quali i club non abbiano provveduto, in tutto o in parte, agli adempimenti connessi alla tessera del tifoso.
Sanzioni e chiusure espressamente e solennemente annunciate e promesse nella citata Circolare del 6 agosto u.s.
In realtà, sembra che, così come previsto da Federsupporter ( vedasi la nota pubblicata ieri sul sito www.federsupporter.it), ci si regolerà all’italiana: cioè, le regole, severe e rigorosissime, rimarranno, di fatto, disapplicate e chissà fino a quando.
Nulla si sa, inoltre, del fantomatico “titolo provvisorio” che le società di calcio avrebbero dovuto garantire ai tifosi “ in maniera tale da consentire la partecipazione del titolare al primo evento sportivo utile, successivo alla sottoscrizione della tessera”, così come testualmente previsto dalle “Linee Guida” emanate il 5 luglio u.s. dal Ministero dell’Interno.
Non aver voluto instaurare da parte del suddetto Ministero e degli Organi sportivi un sereno, aperto e costruttivo dialogo e confronto con chi, come Federsupporter, intende rappresentare i sostenitori sportivi per tutelarne i diritti e gli interessi in maniera istituzionale, trasparente e, soprattutto, nel rigoroso rispetto dei principi e dei valori della cultura sportiva e della non violenza, si è rivelata una scelta sbagliata e che, di fatto, lascia spazio solo alle frange più estreme e violente del tifo.
Parimenti una scelta sbagliata si è rivelata non aver voluto accogliere la proposta, avanzata da Federsupporter sin dal giugno u.s. e, da ultimo, ribadita formalmente con lettera del 27 luglio u.s. ( vedasi www.federsupporter.it) al Ministro Maroni, di adottare lo strumento dell’autocertificazione,
previsto e disciplinato dal DPR. 28/12/2000, n. 445, per attestare l’inesistenza di motivi ostativi all’accesso agli stadi.
Autocertificazione (Federsupporter ha anche predisposto un fac simile di quest’ultima – vedasi www.federsupporter.it) che, per legge, ha la medesima valenza ed i medesimi effetti giuridici della tessera e che, in caso di attestazioni mendaci da parte del dichiarante, comporta, sempre per legge, la grave responsabilità penale del dichiarante stesso.

giovedì 5 agosto 2010

FEDERSUPPORTER: le conseguenze della disdetta del contratto dei calciatori

Riceviamo e pubblichiamo da Massimo Rossetti, responsabile area legale Federsupporter
Il CCNL dei calciatori è stato disdettato dalla Lega Calcio e non è stato ancora rinnovato. Può essere, quindi, interessante esaminare le possibili conseguenze immediate di tale disdetta e mancato rinnovo e le possibili prospettive della disciplina del rapporto di lavoro tra società di calcio e calciatori.Il CCNL disdettato non contiene quella che, nel linguaggio tecnico-giuridico, si definisce clausola di ultrattività.Vale a dire quella clausola secondo cui le parti dello stesso CCNL convengono che le disposizioni in esso contenute continuano ad applicarsi, dopo la scadenza, fino al suo rinnovo.Sul punto, la Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, con sentenza 30 maggio 2005, n. 11325, dirimendo un annoso contrasto in seno alla Sezione Lavoro della stessa Corte, ha sancito che i contratti collettivi di diritto comune (tale è il CCNL in oggetto) operano esclusivamente entro l’ambito temporale convenuto dalle parti, per cui, ove, come nel caso di specie, la medesima contrattazione collettiva non preveda la clausola di ultrattività, i suddetti contratti smettono di avere efficacia con la loro scadenza.Va detto, però, che l’art. 4 della legge n. 91/1981 (Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti) stabilisce che il contratto individuale di lavoro tra la società e lo sportivo deve essere stipulato secondo il contratto tipo predisposto conformemente agli accordi collettivi stipulati dalla federazione sportiva nazionale e dai rappresentanti delle categorie interessate.
Ne discende che il contratto individuale di lavoro in questione, non solo non deve confliggere con quello collettivo, ma deve essere conforme a un contratto tipo previsto dallo stesso contratto collettivo.Questa norma non sembra, dunque, consentire alcuna cesura temporale, alcun vuoto nelle more della scadenza della contrattazione collettiva nazionale di lavoro e il suo rinnovo.In altre parole, il contratto individuale di lavoro tra società di calcio e calciatore deve essere sempre stipulato secondo un contratto tipo conforme a quello stabilito dagli accordi collettivi: ne consegue che, nelle more tra la scadenza di detti accordi e il loro rinnovo, si dovrebbe continuare ad applicare, onde evitare la cesura e il vuoto suddetti, il contratto tipo previsto dagli accordi scaduti.Peraltro, questa conclusione potrebbe far nascere qualche dubbio circa la legittimità costituzionale della citata norma di cui alla legge n. 91/1981, ove effettivamente interpretata e applicata come sopra.Più precisamente, si potrebbe ritenere che la sostanziale ultrattività di un contratto collettivo di diritto comune disposta in via eteronoma, cioè da una norma di legge e non dallo stesso contratto collettivo, violi l’art. 39 della Costituzione, comprimendo la libertà sindacale delle parti stipulanti tale contratto.
A me sembra, tuttavia, che la soluzione possa essere rinvenuta in una clausola tipo contenuta nei contratti individuali di lavoro stipulati tra società di calcio e calciatori. Detta clausola prevede l’impegno a recepire e rispettare integralmente le pattuizioni che saranno concordate in sede di stipulazione di nuovi accordi collettivi. Laddove un simile impegno, che integra una clausola di ricezione in bianco di pattuizioni collettive future, evidentemente rispondente alla volontà di evitare qualsiasi soluzione di continuità e difformità tra disposizioni del contratto individuale e disposizioni del contratto collettivo di lavoro, non può non essere interpretato, a mio avviso, come implicitamente comportante, a maggior ragione, la continuità, fino al rinnovo, delle pattuizioni collettive scadute.A questa conclusione porta, sempre a mio avviso, l’applicazione delle norme di legge sull’interpretazione dei contratti (comune volontà delle parti e comportamenti successivi delle stesse, interpretazione sistematica, interpretazione secondo buona fede e correttezza e, ove ciò non bastasse, interpretazione secondo l’equo contemperamento degli interessi delle parti) e non si porrebbe alcun dubbio di legittimità costituzionale, poiché, in questo caso, l’ultrattività si avrebbe per effetto di una clausola del contratto individuale di lavoro che, ove più favorevole al lavoratore, prevale sulla contrattazione collettiva.Significa, in questo caso, che l’ultrattività si determinerebbe, non in forza di una regolamentazione eteronoma (norma di legge) al contratto collettivo, bensì in forza di una disposizione del contratto individuale di lavoro che ben può integrare o modificare in melius per il lavoratore la contrattazione collettiva. Circa le prospettive future del rapporto di lavoro tra società di calcio e calciatori, non v’è dubbio, almeno a mio parere, che l’inquadramento di tale rapporto nell’ambito del lavoro subordinato sia ormai del tutto anacronistico e stridente con la realtà.Con le novità introdotte dalla così detta “Legge Biagi” (legge delega n. 30/2003 e decreto legislativo delegato n. 276/2003), il rapporto in discorso, più appropriatamente e realisticamente, potrebbe essere qualificato come lavoro a progetto: cioè come un rapporto parasubordinato, configurante una prestazione d’opera prevalentemente personale senza vincolo di subordinazione, riconducibile a un progetto specifico di lavoro determinato dal committente, gestito dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa. Tale qualificazione comporterebbe l’obbligo di tutele assistenziali e previdenziali a favore del calciatore e, dal punto di vista tributario, comporterebbe, come oggi, la tassazione del reddito percepito con le stesse regole previste per il reddito di lavoro dipendente.Il trattamento minimo retributivo e la disciplina della durata e della risoluzione del rapporto, nonché altre discipline, potrebbero essere previste da una specifica contrattazione collettiva.In ordine alla durata, sarebbe auspicabile, a mio avviso, che questa fosse ridotta a un massimo di tre anni rispetto ai cinque anni attuali, così da garantire a entrambe le parti del rapporto maggiore flessibilità.Inoltre, auspicherei che, sempre per garantire la maggiore flessibilità di cui sopra, fossero previste clausole unilaterali espresse di risoluzione anticipata del rapporto, prima della sua naturale scadenza, a favore di entrambe le parti.L’indennità che, in questo caso, sarebbe determinata a favore della parte che subisce il recesso dovrebbe essere quantificata in relazione alla maggiore o minore distanza del recesso stesso dalla data di naturale scadenza del rapporto.In altre parole, l’indennità dovrebbe essere più o meno alta quanto più o meno il recesso risultasse distante dalla suddetta data. Sottolineo, altresì, che, anche qualora il rapporto fosse qualificato, mediante opportuna modifica della legge n. 91/1981, non più di lavoro subordinato, bensì a progetto, sarebbero comunque applicabili le tutele di legge a salvaguardia del calciatore contro eventuali pratiche e/o comportamenti discriminatori, dequalificanti e, più in generale, riconducibili a fattispecie di mobbing. Sarebbe, infine, applicabile anche la devoluzione di eventuali controversie a Collegi Arbitrali.
Massimo Rossetti
IL SITO DI FEDERSUPPORTER www.federsupporter.it

sabato 31 luglio 2010

Quella rosa del Manchester City che costa tanto

L’analisi del bilancio al 31 maggio 2009, chiuso con una perdita di 89,7 milioni di sterline, della società dello sceicco Mansour riporta che il costo di stipendi e ammortamenti dei calciatori ha raggiunto i 122 milioni a fronte di un fatturato di 87 milioni

Una delle società che dovrà confrontarsi con il “Fair Play” finanziario dell’UEFA è senza dubbio il Manchester City, che manifesta un forte squilibrio strutturale dal punto di vista economico: a fronte di un fatturato di 87 milioni di sterline, la rosa giocatori costa 122 milioni di sterline tra stipendi e ammortamenti. Manchester City Football Club Limited è una società che ha per oggetto la gestione dell’omonimo club di calcio professionistico inglese. Al 31 maggio 2009, risultava che il controllore in ultima istanza di tale società era Abu Dhabi United Group Investment & Development, società registrata in Abu Dhabi e facente capo allo sceicco Mansour. La società Manchester City Limited figurava come holding intermedia, controllante di Manchester City Football Club Limited. Tra le società controllate da quest’ultima c’erano: Manchester City Investments Limited operante come società finanziaria e Manchester City Property Limited operante nel settore immobiliare.

Dal bilancio della società Manchester City Football Club Limited, relativo alla stagione 2008/2009, come già detto, emerge uno squilibrio strutturale generatore di perdite record, che hanno determinato un patrimonio netto negativo per 42 milioni di sterline, pari a circa 50 milioni di euro (al cambio: 1 EUR = 0,8414 GBP). Il 31 maggio 2009 la perdita registrata è stata di 89,7 milioni di sterline (106,6 milioni di euro), mentre l’esercizio precedente la perdita era di 29,7 milioni di sterline (35,2 milioni di euro).

Secondo gli amministratori, l'esercizio chiuso il 31 maggio 2009 ha segnato l'inizio di un periodo di significativi investimenti previsti in tutte le aree di attività del Club, ossia: la squadra di calcio, l'Academy, le infrastrutture, il sito web e i servizi tecnologici per i tifosi. E tali investimenti hanno avuto un impatto significativo sui risultati finanziari dell’esercizio in questione e continueranno, ad esercitare i loro effetti anche negli esercizi a seguire. L’obiettivo che ci si propone è quello di raggiungere il successo sia in campo che fuori dal campo.

Il fatturato al 31 maggio 2009 è aumentato del 5,76% registrando la cifra di 87,0 milioni di sterline (circa 103,4 milioni di euro), infatti, nel 2008 il fatturato era pari a 82.3 milioni di sterline (97,8 milioni di euro).

I ricavi da diritti TV, che rappresentano il 55,45% del totale dei ricavi, sono aumentati del 11,57% raggiungendo la cifra di 48,3 milioni di sterline (57,3 milioni di euro), anche a causa dei proventi da Coppa UEFA, che hanno compensato il leggero calo dei proventi da diritti TV da Premier League.

I ricavi da attività commerciali, che incidono per il 26,8% sul totale dei ricavi, sono diminuiti dell'8%, registrando la cifra di 23,3 milioni di sterline (27,7 milioni di euro). Tale decremento è dovuto principalmente a causa di una riduzione di ricavi da “eventi”; infatti, nell’esercizio 2007/2008, sono stati organizzati eventi come la finale di Coppa UEFA, concerti di musica e un grande evento di pugilato. A fronte della diminuzione dei ricavi da eventi si sono registrati incrementi nelle altre componenti di tale voce di ricavi. I ricavi da gare si sono incrementati del 13,2% passando da 13,6 milioni di sterline (16,1 milioni di euro) a 15,4 milioni di sterline (18,2 milioni di euro). La presenza media degli spettatori alle gare disputate in casa è stata di 42.890 con un aumento dell’1,92% rispetto alla media di 42.081 della stagione precedente. L’aumento dei ricavi da biglietteria di 1,8 milioni di sterline, è dovuto soprattutto alle gare di Coppa UEFA. Gli altri ricavi pari a 95 mila sterline incidono solo con lo 0,11% sul totale del fatturato.

All’aumento del fatturato si contrappone un significativo incremento del 44,5% dei costi operativi, che hanno raggiunto la cifra di 121,2 milioni di sterline (144,1 milioni di euro), a fronte di 83,9 milioni di sterline (99,7 milioni di euro) registrati nel 2008. La causa principale è da attribuirsi all’aumento delle spese per il personale.

Il costo del personale segna la cifra di 82,6 milioni di sterline (98.2 milioni di euro) con un’incidenza di circa il 95% sul fatturato. Nel 2008 tale costo ammontava a 54,2 milioni di sterline (64,4 milioni di euro) ed aveva un’incidenza del 65,89% sul fatturato. L’incremento è stato del 52,40%. Dal punto di vista numerico, il personale è passato da 258 unità del 2008 a 302 unità del 2009.

I costi relativi agli ammortamenti dei contratti dei giocatori sono aumentati nel corso dell'anno. Tale aumento ha comportato il raggiungimento della cifra di 39,4 milioni di sterline (46,8 milioni di euro) contro i 25,4 milioni di sterline (30,2 milioni di euro) dell’anno precedente e riflette ancora una volta i costi relativi alla costruzione “ex novo” della squadra.

Gli oneri finanziari ammontanti a 14,4 milioni di sterline (17,2 milioni di euro) sono aumentati notevolmente rispetto all’esercizio precedente, registrando un incremento dell’87,79%, a causa del più elevato livello di finanziamenti soci alle attività effettuate durante l'anno. Infatti, gli interessi passivi bancari ammontanti a 1,6 milioni di sterline registrano un incremento del 17,35%, mentre gli interessi sugli altri prestiti ammontanti a 12,6 milioni di sterline risultano incrementati del 102,27%.

Il totale delle attività si è incrementato del 35,25%, passando da 248,5 a 336,1 milioni di sterline, supportato da un forte incremento dell’indebitamento lordo del 63,62%.

Le immobilizzazioni immateriali nette ammontano a 131,8 milioni di sterline (156,6 milioni di euro). Rispetto all’esercizio precedente registrano un incremento del 188,02%. Segno del forte investimento effettuato nella rosa giocatori.

Le immobilizzazioni materiali nette pari a 175,3 milioni di sterline segnano un decremento del 2,86%. Esse sono composte da: terreni e fabbricati di piena proprietà per 3,5 milioni di sterline; terreni e fabbricati in leasing a breve per 516 mila sterline; terreni e fabbricati in leasing a lungo termine per 162,8 milioni di sterline; immobilizzazioni in corso e acconti per 1,2 milioni di sterline e arredi e attrezzature per 7,2 milioni di sterline. Il 5 agosto 2003 il vecchio stadio “Maine Road” fu scambiato per una concessione in affitto per 250 anni dello stadio "City of Manchester". Il contratto fu concepito alla stregua di un leasing finanziario, con un particolare meccanismo di rivalutazione basato anche sulla media degli spettatori. Le attività correnti ammontano complessivamente a 29 milioni di sterline (34,5 milioni di euro). Tra queste attività prevalgono le disponibilità liquide per 18,6 milioni di sterline (22,2 milioni di euro).

Dal lato del passivo si registra un patrimonio netto negativo per 42 milioni di sterline, debiti per 365 milioni di sterline (434,5 milioni di euro) e risconti passivi per 12,5 milioni di sterline. Durante l'anno 380.315 azioni ordinarie da 1 sterlina sono state emesse per un corrispettivo di 119,19 sterline per azione. Il corrispettivo totale è stato di 45.329.000 sterline ed il premio di 44.949.000 è stato incluso nel conto sovrapprezzo azioni.

I debiti come già detto segnano un incremento del 63,62% rispetto all’esercizio precedente, in cui segnavano la cifra di 223,4 milioni di sterline (265,6 milioni di euro). Tra i debiti con durata inferiore all’esercizio, ammontanti a 282,7 milioni di sterline (336 milioni di euro), spiccano i debiti verso i soci per 194,4 milioni di sterline (231 milioni di euro). I soci hanno incrementato il loro finanziamento nel club di 141,5 milioni di sterline (168,2 milioni di euro). I debiti a lungo termine, ammontanti a 82,9 milioni di sterline (98,5 milioni di euro), sono sostanzialmente invariati rispetto all’esercizio precedente (83,6 milioni di sterline). Tra questi debiti spicca la voce debiti per locazione finanziaria dello stadio “City of Manchester” per l’importo di 43 milioni di sterline (51 milioni di euro). L’importo di 414 mila sterline dello stesso debito è evidenziato tra i debiti a breve: l’importo complessivo è di 43,4 milioni di sterline. I risconti passivi per ricavi anticipati ammontano a 12,5 milioni di sterline (14,9 milioni di euro, segnano un decremento del 14%.

Tra gli eventi verificatisi dopo il 31 maggio 2009, sono segnalati l’acquisto di vari calciatori come Roque Santa Cruz (Blackburn Rovers), Gareth Barry (Aston Villa), Emmanuel Adebayor (Arsenal), Carlos Tevez (Manchester United), Kolo Touré (Arsenal), Joleon Lescott (Everton) e le cessioni di Elano Blumer (Galatasaray), Ricahrd Dunne (Aston Villa), Tal Ben-Haim (Portsmouth), Gelson Fernandes (Saint Etienne). L’importo netto investito è stato di 117 milioni di sterline (139 milioni di euro).

Luca Marotta

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giovedì 29 luglio 2010

Federsupporter scrive a Maroni: sostituiamo la tessera del tifoso con l'autocertificazione

Egregio Sig. Ministro,
Federsupporter, costituita per atto pubblico il 25 gennaio 2010, (Rep.n.89151,Racc.n.26421- Notaio Riccardo de Corato- Reg.in Roma 4/02/2010 n. 3858) è l’Associazione che rappresenta e tutela i diritti e gli interessi diffusi dei sostenitori di società sportive, quali azionisti delle stesse e quali consumatori dello spettacolo prodotto e offerto dalle suddette società e, più in generale, da associazioni sportive.
Lo Statuto dell’Associazione prevede il divieto, nell’ambito associativo, di esercitare attività che, in qualsiasi modo, perseguano finalità di proselitismo o propaganda partitica e prevede il ripudio di qualsiasi forma di discriminazione fondata su religione, sesso, età, razza o appartenenza a particolari comunità nazionali, territoriali o etniche.
L’Associazione si riserva, peraltro, di procedere, quanto prima, a integrare il proprio Statuto, prevedendo espressamente, tra le finalità di esso, la promozione e la divulgazione dei valori e dei principi della cultura sportiva, della non violenza e della pacifica convivenza, come sanciti dalla Carta olimpica.
In questo modo l’Associazione potrà avere tutti i requisiti stabiliti dalla legge (art. 8 legge n. 41/2007) per diventare, da Associazione di fatto, Associazione legalmente riconosciuta e per poter, quindi, accedere, per i propri soci e rappresentati, a contributi, sovvenzioni, facilitazioni da parte di società sportive e per poter stipulare con queste ultime contratti e convenzioni aventi a oggetto progetti di interesse comune per la realizzazione delle finalità di cui sopra.
Ciò premesso, Federsupporter espone e chiede quanto segue.
L’introduzione della tessera del tifoso, per come è stata sinora impostata, prospettata e intesa, ha suscitato e sta suscitando nella stragrande maggioranza dei sostenitori di società e squadre di calcio forti riserve e perplessità.
La tessera, infatti, è stata ed è percepita, al di là delle intenzioni e delle volontà che la ispirano e la sorreggono, come una misura poliziesca di controllo applicata indiscriminatamente ai suddetti sostenitori intesi come tali e, cioè, come una categoria, di per sé e per definizione, socialmente pericolosa e tendenzialmente asociale.
La tessera, in sostanza, anziché rappresentare per i sostenitori un elemento di distinzione in positivo, rappresenta un elemento di distinzione in negativo.
Né il fatto che alla tessera venga acclusa o che essa includa una carta di credito revolving ha migliorato le cose.
Anzi, ciò ha indotto e induce a pensare che, in realtà, la tessera, lungi dall’essere uno strumento di prevenzione di possibili turbative di eventi sportivi, venga o possa essere surrettiziamente trasformata in un enorme business di carattere economico.
D’altronde, le regole fondamentali del marketing insegnano che nessuna offerta di prodotto o di servizio, per quanto ottima, risulta convincente ed efficace ove sia o venga ritenuta come frutto di una imposizione e di un obbligo.
Alla luce di quanto precede, Federsupporter, in una Conferenza Stampa del 21 giugno u.s., si è fatta carico di presentare e illustrare, come soluzione alternativa alla tessera, ma con le medesime finalità, la medesima valenza e i medesimi effetti giuridici, la dichiarazione sostitutiva (autocertificazione), così come prevista e disciplinata dal D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.
Autocertificazione resa dai richiedenti abbonamenti e/o biglietti per le gare in trasferta nel settore ospiti, attestante di non essere destinatari di provvedimenti, amministrativi e/o giudiziari, interdittivi dell’accesso agli stadi.
E’ da sottolineare che lo strumento dell’autocertificazione è oggetto, proprio in questi giorni, di una proposta legislativa dell’attuale Governo per diffonderne l’utilizzo, al punto di volerne fare un principio di rango costituzionale.
Risulterebbe, pertanto, scarsamente comprensibile e in contraddizione con la stessa politica del Governo che, proprio e solo nell’ambito sportivo, si volesse denegare l’uso del predetto strumento.
L’autocertificazione non presenta, ad avviso della scrivente Associazione, controindicazioni e, invece, presenta numerosi e rilevanti vantaggi.
Questi ultimi possono essere così esemplificativamente enumerati: un notevole snellimento procedurale e procedimentale; una notevole agevolazione del lavoro delle Questure che, invece di dover eseguire affrettati e faticosi controlli ex ante, potrebbero eseguirli ex post; una autoresponsabilizzazione e un’ autogestione da parte dei sostenitori nell’attestare, essi stessi, sotto la propria responsabilità, di non trovarsi in situazioni ostative al loro accesso agli stadi, anziché essere meri soggetti passivi di un controllo esterno; il fatto che l’autocertificazione è e sarà una modalità sempre più familiare ai cittadini nello svolgimento delle loro usuali attività e iniziative; un alleggerimento procedurale e procedimentale per le società sportive e, soprattutto, per queste ultime la possibilità di evitare o di limitare al massimo gli impatti negativi sugli abbonamenti che la tessera potrebbe avere e che probabilmente avrà; la possibilità per le stesse società di presentare le proprie iniziative di marketing, non come una offerta praticamente imposta e obbligata dall’esterno, bensì come una libera, autonoma e incondizionata scelta, altrettanto liberamente, autonomamente e incondizionatamente, da accogliersi da parte dei loro sostenitori e clienti.
D’altronde, risulta che già oggi alcune società calcistiche, in attesa del rilascio o della ratifica a posteriori della tessera del tifoso, richiedano a chi domanda l’abbonamento di fornire un’autocertificazione circa l’insussistenza di motivi ostativi al suddetto rilascio.
Cosa che, evidentemente, renderebbe, in tal caso, la tessera una sovrapposizione o duplicazione certificatoria, avendo, come è noto, l’autocertificazione, fino a prova di eventuale mendacio, lo stesso valore e gli stessi effetti giuridici della certificazione che sostituisce.
Non solo, ma, in specie ove l’autocertificazione ricevesse l’autorevole avallo del Ministero da Lei guidato, eviterebbe il verificarsi di situazioni di ingiustificata e ingiusta disparità di trattamento e di discriminazione nei confronti dei sostenitori, dovute alla circostanza che, almeno così risulta, alcune società di calcio avrebbero adottato o avrebbero intenzione di adottare soluzioni, di fatto, alternative alla tessera del tifoso, diverse dall’autocertificazione, mentre altre società non sono o non sarebbero disposte a farlo.
Inoltre, a ulteriore dimostrazione dello spirito costruttivo e collaborativo che anima la scrivente Associazione, affinchè le esigenze della pubblica sicurezza e della prevenzione di possibili turbative di spettacoli ed eventi sportivi possano coniugarsi e contemperarsi al meglio con l’esigenza del rispetto di libertà fondamentali e della dignità del cittadino, si fornisce, allegato alla presente, un fac simile di autocertificazione elaborato e predisposto da Federsupporter.
Quest’ultima esprime, infine, sin d’ora, gratitudine per l’attenzione che vorrà prestare a quanto Le viene esposto e chiesto e rimane a Sua disposizione per ogni, eventuale incontro che Lei volesse accordare all’Associazione per una più approfondita e articolata illustrazione, non solo dell’iniziativa in questione, ma anche, più in generale, delle altre attività e iniziative future dell’Associazione stessa.
Essa, infatti, intende colmare, magari anche giovandosi della legittimazione che le vorranno dare le Istituzioni, la carenza di legittima, rispettosa della legalità e costruttiva rappresentanza e partecipazione che oggi si registra nell’ambito dei sostenitori di società e squadre sportive.
Solo, infatti, chi si sente rappresentato, partecipe e coprotagonista e non mero soggetto passivo, destinatario di decisioni altrui e a esse sottoposto, non è incline a manifestazioni violente, distruttive e, in genere, inosservanti di regole, di principi e di valori.
In attesa di riscontro e, auspicabilmente, di incontro, nel frattempo, si porgono i più rispettosi e cordiali saluti.
Il Presidente
Dott. Alfredo Parisi

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il pallone in confusione

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