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venerdì 19 settembre 2008

Roma, a fine luglio passività correnti a 110,4 milioni

Lo stato debitorio ha superato di 77 milioni le attività. Le somme dovute al fisco si attestano a 24,07 milioni

La Roma ha incassato dall’ultima Uefa Champions League 28,95 milioni di euro, terza dopo Manchester United (42,9) e Chelsea (36,4). Con questa cifra la “magica” avrebbe potuto saldare tutte le sue pendenze col fisco, pari a complessivi 24,07 milioni al 31 luglio scorso: sarebbero rimasti circa cinque milioni per altre esigenze societarie. La cifra è contenuta nel documento di “Approvazione della situazione finanziaria mensile” emesso il 29 agosto scorso: 17,31 milioni sono dovuti all’amministrazione tributaria entro i 12 mesi, 6,8 quelli oltre l’anno. Il totale delle somme fiscali dovute risulta in lieve calo rispetto al 30 giugno (24,9 milioni) ma in deciso aumento rispetto a un anno fa (16,9 milioni). Le leggi in materia però consentono la rateizzazione degli importi. In questo modo la società giallorossa ha potuto impiegare la somma ricevuta per tutta l’attività di gestione. Secondo la comunicazione debitoria mensile, la quarta rateizzazione di una cartella esattoriale per 4,2 milioni (già accantonati in esercizi precedenti), richiesta lo scorso febbraio all’Agenzia delle entrate, è stata «ripresentata in marzo alla Concessionaria della Riscossione territorialmente competente, alla luce della modificata normativa di riferimento». A causa della procedura tuttora in atto, «l’esigibilità della cartella è di oggi sospesa». Invece, le altre tre operazioni di rateizzazione sono operative: per tutte sono state pagate le rate secondo l’accordo previsto con l’amministrazione tributaria.
Le passività correnti (comprendenti i debiti verso erario, enti previdenziali, fornitori e personale) alla fine dello scorso luglio hanno raggiunto i 110,4 milioni, in calo dai 128,4 milioni del mese precedente e hanno superato le attività (pari a 33,3 milioni) per 77,04 milioni. I debiti di funzionamento ammontano complessivamente a 46,8 milioni di cui 7,8 milioni scaduti: a fine giugno erano rispettivamente 73,4 milioni e 7,9 milioni. La Roma doveva 12,2 milioni al personale, di cui 11,6 ai tesserati: non ci sono somme scadute. I fornitori vantano una somma di 14,04 milioni: 7,3 milioni sono scaduti. Non vi sono debiti verso le società di calcio per le campagne trasferimenti.
Riguardo alla posizione finanziaria netta, ossia le disponibilità liquide, è risultata attiva per 21,1 milioni contro i 37,2 milioni dello scorso giugno e 22,8 milioni del luglio 2007. Si legge nella nota che ciò è stato «sostanzialmente determinato da pagamenti nei confronti di squadre di calcio estere e della Lnp (Lega calcio ndr) effettuati a seguito di operazioni di acquisizioni di diritti alle prestazioni sportive di calciatori, poste in essere nella sessione estiva della campagna trasferimenti e nelle precedenti». Oltre alle campagne acquisti, hanno inciso sulla liquidità anche il pagamento «di emolumenti al personale tesserato, di imposte e ritenute fiscali, di contributi previdenziali e di altri debiti di funzionamento di natura corrente».
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita solo dietro citazione della fonte)

giovedì 18 settembre 2008

Il crac dell'ex controllante del Bologna causato anche da Calciopoli

Lo ha reso noto il curatore fallimentare nella sua relazione, in cui si evidenzia che il dissesto della Victoria 2000 è stato causato anche dalla retrocessione in serie B

Victoria 2000 è andata in dissesto anche per Calciopoli. Lo rivela il curatore della società finanziaria che controllava il Bologna calcio prima della vendita avvenuta nel 2005. Nella sua relazione ha elencato tra i motivi la retrocessione in serie B dei rossoblu' e il suo legame con, appunto, lo scandalo di Calciopoli. «E' opinione oramai generale e scontata affermare che le cause che hanno portato al fallimento della societa' - scrive il curatore - vadano ricondotte unicamente alla retrocessione della squadra in serie B, avvenuta al termine della stagione agonistica 2004-2005. Non solo ma le recenti vicende, giudiziarie e non, legate a calciopoli" hanno avuto l'effetto di considerare tale evento oltre che sicuramente dannoso anche una vera e propria beffa, visto quanto sarebbe emerso al riguardo di alcuni comportamenti tenuti da altre società sportive viste pure le recenti condanne emesse dalla giustizia sportiva. Questa curatela pur nella consapevolezza dell'impatto che tali vicende hanno avuto sulla societa' sportiva, ritiene comunque che la cause del dissesto vadano ricondotte anche ad altre circostanze e/o comportamenti tenute dalla società». 
Sul crac della Victoria 2000 grava un'indagine giudiziaria condotta dai Pm Enrico Cieri e Flavio Lazzarini, che si è conclusa con l'avviso di fine indagine per bancarotta per nove persone: Giuseppe Gazzoni Frascara (che era anche presidente del  Bologna) , e il suo allora socio l'imprenditore di Les Copains Mario Bandiera, l'avv. Franco Neppi, i commercialisti Matteo Tamburini e Massimo Garuti, Marco Goldoni, Maurizio Pasi e Cesare Giacobazzi. Il capo di imputazione formulato - che ha messo tutti gli imputati sullo stesso piano - ha indicato la causa del fallimento di Victoria 2000 in una serie di operazioni immobiliari e finanziarie, mentre sono state escluse le ipotesi distrazione o illeciti societari e quelle di arricchimenti: per queste ultime sono state richieste le archiviazioni. Nel documento di imputazione è evidenziato che il fallimento di Victoria 2000 è avvenuto a causa di una serie di «operazioni dolose, indotte dall'esigenza di consentire l'iscrizione ai campionati nazionali di calcio della controllata Bologna Football club spa». I principali indagati (Bandiera assistito dal professore Luigi Stortoni, Gazzoni dall'avvocato Giovanni Sacchi Morsiani e i professionisti assistiti dal professore Nicola Mazzacuva) nei prossimi giorni decideranno le proprie strategie difensive.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)

giovedì 11 settembre 2008

I debiti tributari, l’“assicurazione sulla vita” della Lazio

Grazie alla transazione consentita dalla legge con il fisco, che ha accettato la rateizzazione di 140 milioni in 23 anni, non conviene agli altri creditori presentare eventuali istanze di fallimento: riceverebbero solo le briciole

L’indebitamento della Lazio si è assestato a 126,04 milioni, con somme scadute per 8,69 milioni. Il dato, risalente al 31 luglio è registrato nell’ultima comunicazione Consob del 31 agosto scorso. I tifosi della Lazio però non dovranno preoccuparsi: non tanto perché la cifra è diminuita rispetto ai 129,29 milioni di fine giugno, ma per una semplice constatazione pratica. Il 20 maggio 2005 il presidente Claudio Lotito sottoscrisse l’atto di transazione in 23 anni dei debiti fiscali con l’Agenzia delle entrate «relativo alle imposte Irpef e Iva – si legge nel bilancio al 30 giugno 2007 – dovute a tutto il 31 dicembre 2004 e non versate dalle precedenti gestioni, pari a complessivi Euro 108,78 milioni, ai quali vanno aggiunti gli interessi legali (per un totale complessivo di oltre Euro 140 milioni)». Questo atto, siglato in base alla legge 178/2002 (in seguito abrogata), rappresenta la vera “assicurazione sulla vita” per la Lazio: quest’ultima, stando sempre alla comunicazione del 31 agosto scorso, deve ancora 88,72 milioni, ed ha versato regolarmente tutte le rate finora dovute al fisco secondo l’accordo.
Ma perché l’intesa raggiunta è un’“assicurazione sulla vita”? Considerato che il fisco è il maggior creditore della società biancoceleste ed è per legge il primo privilegiato in assoluto, non c’è alcuna convenienza per tutti gli altri a presentare eventuali istanze di fallimento. Infatti, sarebbe molto difficile per essi recuperare le cifre dovute dalla squadra romana, poiché l’amministrazione tributaria sarebbe la prima a incassare le somme provenienti dall’ipotetico dissesto. In più, l’Agenzia delle entrate ha garantito i suoi importi con la cessione pro-solvendo dei crediti rivenienti dagli incassi da biglietteria, mentre sul centro sportivo di Formello grava un’ipoteca iscritta dal 31 marzo 2004 dal Concessionario del servizio della riscossione della Provincia di Roma. «Tale garanzia – si legge ancora nel bilancio 2006/07 – rimarrà operativa sino alla definitiva esecuzione della transazione con l’Agenzia delle Entrate». Insomma, ai fornitori (che devono ricevere ancora 10,19 milioni), al personale (11,25 milioni) e alle società di calcio (9,38 milioni) non c’è alcun interesse a chiedere il fallimento: gli resterebbero soltanto le briciole.
Oltre a ciò, c’è un altro vantaggio per Lotito, che controlla la società biancoceleste tramite la sua Lazio Events con la quota del 61,312%. Proprio grazie alla transazione non ha dovuto effettuare un’immediata operazione di ricapitalizzazione per ripagare le somme dovute all’amministrazione tributaria. Se quest’ultima avesse subito avviato le procedure coattive di riscossione e intentato l’eventuale successiva azione fallimentare, sarebbe stato costretto a farlo: ma il numero uno laziale è stato abile a trovare la legge che ha consentito di evitare tutto questo. E tutti vissero felici e contenti.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, possibile soltanto dietro citazione della fonte)

venerdì 29 agosto 2008

Ecco l’accordo Unicredit-Italpetroli

L’intesa, spiegata dall’amministratore delegato del gruppo industriale Rosella Sensi nella relazione al bilancio consolidato 2007, prevede due fasi con la drastica riduzione del debito bancario per 130 milioni entro 5-6 mesi attraverso cessioni di asset non strategici e riorganizzazione in tre subholding. Nel documento è stata espressa la volontà di attribuire maggiore valore alla As Roma rispetto ai 3 milioni attuali e di evidenziare i plusvalori inespressi di 99 milioni di euro del terreno di Torrevecchia dove sorgerà la Cittadella dello Sport

La Roma non si vende, anzi si valorizza. E’ questa una delle caratteristiche evidenziate dall’amministratore delegato Rosella Sensi nella relazione sulla gestione del bilancio consolidato 2007 di Compagnia Italpetroli, depositato in Camera di Commercio, concluso con una perdita di 73,6 milioni di euro (in aumento di 64,3 milioni dal 2006) e un patrimonio netto negativo per 164 milioni. Nello stesso documento, stilato il 23 luglio scorso, Rosella Sensi spiega in dettaglio l’accordo raggiunto cinque giorni prima con Unicredit-Banca di Roma, principale creditore bancario del gruppo della famiglia Sensi e suo azionista al 49%. Su un totale complessivo debitorio di 357 milioni, ben 274 milioni sono dovuti all’istituto di Alessandro Profumo: 273 milioni sono per scoperti di conto corrente e 1,5 milioni «relativi alla quota esigibile entro l’esercizio successivo di mutui concessi». Con altri due istituti sono in corso contatti per l’adesione al piano.
L’intesa, di cui erano state date dalla As Roma alcune anticipazioni tramite un comunicato lo scorso 18 luglio, prevede due fasi per il rientro dall’esposizione finanziaria. «Nello specifico è prevista in una prima fase – si legge nella relazione siglata dalla Sensi – una significativa riduzione (circa 130 milioni di euro, da ripartire tra il ceto creditizio) del livello di indebitamento mediante cessioni di assets non strategici (nella quasi totalità di natura immobiliare) da conseguire entro i prossimi 5/6 mesi e la riorganizzazione societaria in tre subholding (oil & gas/entertainment/immobiliare)». Nel testo si evidenzia che sono state «avviate procedure di dismissioni di taluni assets» e si ritiene «sussistere quindi i presupposti per rispettare quanto previsto nella prima fase, sia per ciò che concerne le somme da introitare e restituire alle banche, sia per quanto riguarda la tempistica di incasso». Il mandato di financial advisor per le operazioni di dismissione è stato affidato a Banca Finnat Euramerica, che si sta occupando della vendita della controllata Svila srl. Nella seconda fase «si dovranno portare a termine aggiuntive significative dismissioni (da effettuarsi nel periodo 2009-2010) al fine di ricondurre l’esposizione debitoria a quel livello che sarà giudicato (secondo i criteri e condizioni generali indicate nell’accordo) finanziariamente sostenibile dagli assets residui sottostanti». L’accordo prevede anche «diversi momenti di verifica intermedi degli impegni presi dal Gruppo nella sua futura configurazione e dei relativi andamenti economico/finanziari». In base a ciò, Unicredit ha la possibilità «di attivare differenziate azioni tese a garantire comunque la riduzione dell’esposizione in essere qualora dovessero essere disattese le principali condizioni dell’accordo stesso».
Riguardo ancora ai rapporti bancari nella nota integrativa sono esposte le sette ipoteche che gravano su immobili di società del gruppo Italpetroli per complessivi 117 milioni. Tre sono state accese con la Bnl, due con Banca di Roma (gruppo Unicredit), una con Centrobanca e una con Banca Antonveneta. Riguardo ancora a Bnl, si legge nella nota integrativa, è stato siglato «un contratto di interest swap su un capitale nozionale di 7.762mila euro, stipulato dalla società Infisser srl, al fine di coprirsi dai rischi connessi alla fluttuazione dei tassi di interesse». La nota fa riferimento alla «scadenza del mutuo di riferimento» stabilita «al 31 dicembre 2012». Inoltre sottolinea che «l’andamento dei tassi di interesse ha determinato, nell’esercizio 2007, differenziali negativi contabilizzati nella voce “Oneri finanziari” di ammontare pari ad euro 23mila».
L’amministratore delegato Sensi riguardo al settore entertainment di Italpetroli, di cui fa parte la AS Roma, evidenzia nel documento «il maggiore valore da attribuire» ad esso «rispetto a quanto inserito nel bilancio consolidato (circa 3 milioni di euro contabilizzati nella voce partecipazioni non consolidate)». Quindi la “Magica” resta, almeno per ora, nei piani della famiglia Sensi e non è oggetto di cessione.
Nella relazione sono state spiegati i «plusvalori inespressi nel settore immobiliare pari a circa 99 milioni di euro, al netto dell’effetto fiscale teorico». Ciò si riferisce al valore della perizia effettuata dalla Cb Richard Ellis sul terreno di 27 ettari, sito a Roma in località Torrevecchia, di proprietà della controllata (tramite l’Immobiliare Patetta srl) Compagnia Fondiaria Romana srl. Tale valore è stato calcolato «anche in relazione alla realizzazione sullo stesso di un progetto di trasformazione urbanistica denominato “Cittadella dello sport”». Secondo la relazione «tale progetto, presentato al Comune di Roma, prevedeva attraverso la procedura dell’accordo di programma, la realizzazione su parte del terreno di un complesso sportivo da cedere integralmente all’Amministrazione Comunale, da finanziare attraverso lo sfruttamento della concessione all’edificazione, rilasciata dallo stesso Comune, di complessi residenziali nel resto dell’area di proprietà». Il percorso burocratico per la realizzazione della Cittadella dello sport è giunto quasi alla sua conclusione: dopo le recenti elezioni, la palla è però passata dalla giunta capitanata da Walter Veltroni a quella del nuovo sindaco Gianni Alemanno. Infatti, si legge sempre nella relazione Italpetroli, il nuovo Piano regolatore generale di Roma, oggetto di deliberazione di Consiglio comunale n°18 del 12 febbraio 2008, ha approvato la deliberazione n° 101 del 12 aprile 2006 ed ha ratificato la Variante urbanistica, «recependo quindi come definitivamente approvato il programma di intervento già deliberato dal Consiglio Comunale». Ciò è stato indicato come «indirizzi al Sindaco ex art.24 dello Statuto comunale ai fini della sottoscrizione dell’accordo di programma concernente il programma di trasformazione urbanistica “Cittadella dello sport” in località Torrevecchia». L’iter amministrativo prevede ora «l’esame del progetto da parte della Conferenza dei servizi indetta dal Comune di Roma», slittata a causa delle recenti elezioni amministrative. «E’ comunque possibile prevedere un recupero dei tempi – è evidenziato nella relazione sulla gestione – avendo la Regione Lazio già espresso un parere sull’impatto ambientale».
Infine nella relazione che accompagna il bilancio Italpetroli si fa riferimento a un contenzioso giudiziario. Esso è stato promosso con atto del 7 marzo 2007 da Emmanuele Emanuele (che è anche Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Roma) che ha citato in giudizio 10 società del gruppo Italpetroli, tra cui Fondiaria Lasa, Genghini e Società Sportiva Torrevecchia. Emanuele ha inteso così «far accertare e dichiarare il suo diritto al compenso per l’attività di commissario, determinare l’ammontare dei detti compensi e per l’effetto condannare la Fondiaria Lasa spa a corrispondere all’attore i detti compensi pari a complessivi euro 750.971,36». Fondiaria Lasa si è costituita per chiedere il rigetto della pretesa di Emanuele: l’udienza è stata rinviata al 12 febbraio 2009. «Allo stato attuale non è ancora prevedibile sapere l’esito del giudizio – conclude la relazione sulla gestione – e pertanto non è stato effettuato alcun accantonamento nel presente bilancio».
Marco Liguori
In esclusiva per "Il pallone in confusione"
(Riproduzione riservata, effettuabile soltanto attraverso la citazione della fonte)

martedì 26 agosto 2008

Permettete una Parola? - Addio “Tutto il calcio minuto per minuto”

Permettete una parola? Oggi si è consumato in Lega un altro dramma del calcio a scopo di lucro. Con il “niet” unanime dei presidenti all’offerta della Rai (circa 25 milioni) per gli highlights (e ditelo per favore una buona volta in italiano: le azioni salienti!) delle partite di serie A e B. Galliani ha spiegato oggi che è «impossibile scontare il nostro prodotto del 75 per cento. Valeva 75 milioni e ora è valutato 20 milioni. Ci dispiace molto che i campionati di serie A e B partano senza la possibilità di vederli per chi non ha la pay tv, ma ci siamo trovati davanti a offerte che non potevano essere accettate». «Tanto vale investire tutto sul satellite» aveva dichiarato alcuni giorni fa il presidente Antonio Matarrese. Anzi, per essere più precisi la “Confindustria del pallone” ha rifiutato decisamente i 30,6 milioni offerti dalla Rai per le azioni salienti (stavolta è corretto) di serie A e B, Coppa Italia e per la radio. Ma ha detto anche no ai circa 10 milioni messi sul tavolo da Mediaset per l'esclusiva dei gol serali. Quindi se non ci saranno novità prima di venerdì (giorno dell’anticipo di serie B) e sabato prossimo (giorno degli anticipi di A e dell’inizio del torneo cadetto), i tifosi dovranno rinunciare probabilmente alla Domenica sportiva di Mamma Rai e a Controcampo su Mediaset (che fa parte del gruppo Fininvest, a cui è legato anche il Milan di cui Galliani è vicepresidente vicario e amministratore delegato). Ma soprattutto dovranno dire addio a “Tutto il calcio minuto per minuto”, la storica trasmissione radiofonica dell’emittenza di Stato le cui cronache hanno fatto sognare, appassionare, gioire e soffire tanti appassionati dell’italica pedata. Cosa ne penserebbero al riguardo i compianti Sandro Ciotti ed Enrico Ameri della scomparsa della loro trasmissione?
Ma “business are business” dicono in via Rosellini. Voci di corridoio dicono che la Lega voglia cercare di costringere con la decisione di oggi la Rai ad alzare le sue offerte, sino ad arrivare a 40-50 milioni. Vedremo.

Vista l’esiguità delle cifre offerte dalla Rai, ma in misura ancor più bassa anche da Mediaset, si può pensare che il calcio in chiaro (ossia quello gratuito, quindi non quello in abbonamento di Sky) non richiami molto gli spettatori, ma tantomeno gli inserzionisti pubblicitari. Bisogna ricordarsi sempre un aspetto fondamentale dell’era del calcio a scopo di lucro: i tifosi da salotto non sono mai stati clienti. Sono proprio loro il prodotto venduto: proprio come tante belle fette di carne o pacchi di detersivo ben disposti nei frigoriferi e sugli scaffali di un supermercato (o ipermercato, fate voi). Sono dunque i telespettatori ad essere la “merce” degli inserzionisti. I quali sanno benissimo che se molti dei tifosi hanno già visto su Sky (e Mediaset Premium e La 7 sul digitale terrestre) hanno visto le partite in diretta, i filmati delle azioni principali e dei gol è ovvio, per non dire scontato, che difficilmente li guarderanno in chiaro nella fascia oraria tra le 18 e le 23. A meno che non vogliano rischiare una conguntivite cronica per gli occhi stanchi da visione di tanto spettacolo televisivo.

Quindi, dopo una riflessione approfondita, i “grandi elettori” della Lega avrebbero dovuto applicare un altro motto dell’economia, rozzo ma efficace: “Pochi, maledetti e subito”. Invece, in questo modo rischiano di perdere capra e cavoli. E’ vero che la somma del chiaro deve essere ripartito anche per la B: ma il prodotto vale quel che vale. Non sarebbe meglio incassare e pensare a trovare altre fonti per i cadetti? Non farlo sarebbe suicida: in fondo sono le televisioni a fare il mercato con le loro offerte, a seconda dello loro convenienze. E se le squadre non le accettano, peggio per loro: niente partite e niente soldi. Quando impareranno i dirigenti del calcio a pensare a diversificare le fonti di ricavo? Ed evitare di contare sempre e solo sui diritti televisivi? Probabilmente solo se avranno l’acqua fin sopra la gola.

I dirigenti di via Rosellini dovrebbero fare anche un’altra riflessione. Con la crisi economica che ormai attanaglia il nostro Paese, con la crescita immobile come i pali di una porta di calcio, sarebbe meglio venire a più miti pretese. La recessione potrebbe influire sulla sottoscrizione degli abbonamenti al calcio criptato: ma anche sulle aziende inserzioniste, poco propense per ora a investire denaro per propagandare i propri prodotti. Chi scrive ha riportato nel volume “Il pallone nel burrone”, scritto con Salvatore Napolitano, che dal 1980 al 2002 l’incremento dei diritti tv è aumentato del 49.900%. Ma tale cifra stratosferica potrà ancora essere foraggiati da Rai, Mediaset, Sky e co? Ai posteri l’ardua sentenza.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, riproducibile solo dietro citazione della fonte)

mercoledì 23 luglio 2008

Ferretto (An): evitiamo tagli con recupero debiti società calcistiche

Secondo il consigliere della Regione Lombardia, la somma di 754 milioni va data alle forze di polizia. L'esponente politico concorde con le tesi del professor Uckmar: il fisco deve rivalersi sui campioni del pallone


Finalmente si leva una voce dalla politica che nota l'ingente stato debitorio dell'italica pedata. Il consigliere della Regione Lombardia, Silvia Ferretto Clementi, ha spiegato che «sono ben 754 i milioni di euro di debiti accumulati nel quinquennio 2000-2005 dalle società di calcio professionistiche, praticamente quanto dovrebbe essere tagliato alle forze di polizia». Ferretto ha una proposta molto semplice: «Recuperare questi 800 milioni "scarsi" di euro di debiti tributari delle societa' di calcio e destinarli alla sicurezza». L'esponente di An ricorda che «in alcuni casi, le società sono fallite e in altri sono in gravi difficoltà, ma non per questo si può pensare ad un condono. Nel primo caso ci si può affidare agli strumenti giuridici del fallimento e dell'eventuale bancarotta per gli amministratori. Negli altri, dato che in gran parte i tributi evasi sono le trattenute che le societa' calcistiche hanno effettuato sui salari dei calciatori, esiste, per legge, una responsabilita' solidale di questi ultimi». Ma cosa vuol dire ciò, tradotto dal "politichese"? «Significa - afferma la Ferretto Clementi - che ove le società non paghino, il fisco può e deve agire nei confronti dei singoli giocatori, i quali potranno, a loro volta, rivalersi nei confronti delle società inadempienti».
In sostanza, la consigliera regionale di An sottoscrive quello che ha affermato il professore Victor Uckmar in una sua intervista rilasciata lo scorso 12 dicembre a Liberomercato (http://marcoliguori.blogspot.com/2008/02/totti-e-buffon-pagate.html). E lo fa citando la suprema corte. «La Corte di Cassazione lo ha ripetutamente affermato - ha proseguito la Ferretto nel suo comunicato - il debitore principale nei confronti del Fisco è comunque sempre il percettore del reddito e non il sostituto d'imposta. Per questo - prosegue Silvia Ferretto- così come prevede la legge e come accade nel caso dei contribuenti "comuni", ai quali sono pignorati in alcuni casi persino gli strumenti di lavoro, si deve procedere nei confronti dei giocatori. Come stabilito dalla Costituzione i contribuenti sono tutti uguali davanti al Fisco e per questo non si possono usare due pesi e due misure».
Occorre quindi recuperare l'ingente somma del debito fiscale delle società fiscale per impiegarlo per l'operato delle forze di polizia. «E' evidente - conclude Ferretto - che prima di toccare un settore così delicato e già fortemente penalizzato, come dimostrato anche da uno studio dell'UGL secondo il quale il 61% di chi lavora nel settore della sicurezza vive con meno di 1.200 euro al mese e l'81% di loro si è indebitato per acquistare beni di consumo, occorre impegnarsi per recuperare quei debiti mai pagati che permetterebbero di non toccare i fondi per la sicurezza».
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, possibile con la citazione della fonte)

Il Toro va in perdita? E Cairo diminuisce il capitale sociale

Fonte Affari Italiani 
«Evidenziamo che, in considerazione delle perdite cumulate al 31 dicembre 2007, lo sviluppo e la continuità aziendale dipendono anche dal mantenimento di un adeguato supporto finanziario che è stato assicurato dagli azionisti». Questa osservazione della società di revisione Bdo Scelsi Farina è contenuta nella relazione che accompagna l’ultimo bilancio della squadra granata (coincidente con l’anno solare poiché ha aderito alla normativa sul consolidato fiscale) depositato in Camera di Commercio. Infatti, il Torino ha chiuso il 2007 con una perdita di 3,89 milioni di euro: -3,84 milioni nel 2006. Lo stato debitorio ha superato i crediti per 24,2 milioni. Riguardo ai 38,5 milioni di debiti (+133,6%), si segnalano 20,21 milioni nei confronti di società calcistiche:17,9 milioni sono per il calciomercato, ma garantiti da fidejussioni. Vi sono anche 5,9 milioni costituiti da anticipazioni elargite da Italease Factorit per cessione contratti diritti televisivi: in aumento le somme dovute al fisco da 1,8 a 2,7 milioni. Occorre tenere presente nel raffronto che i primi sei mesi del 2006 il Torino era in Serie B: in giugno la società fu promossa nella massima serie.A causa del “rosso” dell’ultimo esercizio e di quelli cumulati in precedenza, pari a 5,22 milioni, la squadra di Urbano Cairo era nelle condizioni previste dall’articolo 2446 del Codice Civile: il capitale sociale è diminuito di oltre un terzo. Il 28 aprile scorso, stando al verbale di assemblea, i soci lo hanno ridotto «in proporzione alle perdite accertate» da 10 milioni a 883.400 euro. Nella bilancio si sottolinea che «alla data di chiusura dell’esercizio il patrimonio netto non include alcuna riserva utilizzabile per aumenti di capitale sociale, per copertura perdite o per la distribuzione ai soci». Nella stessa seduta è stato provveduto anche al rinnovo del consiglio di amministrazione: sono stati confermati otto membri su nove. Stando alla visura storica camerale, l’amministratore delegato Stefano Antonelli ha presentato le dimissioni il 19 giugno scorso: per il suo incarico da giugno a dicembre ha percepito un compenso di 316mila euro. Gli altri consiglieri e il presidente Cairo hanno ottenuto 2mila euro a testa. L’assemblea ha ridotto l’ammontare dei compensi agli otto amministratori, da 332mila a 9mila. 
Il conto economico presenta il valore della produzione pari a 27,54 milioni (+43,4%) e costi per 51,56 milioni (+ 32%), con uno squilibrio di 4,03 milioni (5,91 nel 2006). Tra i ricavi si segnalano l’aumento degli abbonamenti (+23,14%) e il decremento dei biglietti (-8,26%). Boom per i proventi radiotelevisivi che hanno raggiunto i 25,2 milioni dai precedenti 13,3 milioni. Il Torino ha incassato 2,3 milioni (+13,1%) dalla concessionaria Cairo Pubblicità. La società possiede con la controllata da Cairo Communications (quotata in Borsa) un accordo di concessione per la vendita degli spazi pubblicitari a bordo campo. Esso prevede la retrocessione ai granata dell’85% dei ricavi e una commissione del 2% alla concessionaria per i contratti stipulati direttamente dal Torino: nel 2007 è stata di 127mila euro. Identico al 2006 l’introito per la sponsorizzazione di Cairo Editore:100mila euro. Con Cairo Communication risulta un’uscita di 48mila euro per servizi amministrativi. 
I costi più elevati sono rappresentati, come per tutte le società di calcio, dagli stipendi: l’anno scorso hanno toccato i 27,84 milioni, con un robusto incremento del 29,4%. Circa 23 milioni sono stati destinati al pagamento dei tesserati della prima squadra. Nella nota integrativa è sottolineato che «nel corso dell’esercizio sono stati conclusi con alcuni componenti dello staff tecnico esonerati accordi per la risoluzione consensuale di rapporto di lavoro che hanno gravato sul conto economico dell’esercizio per complessivi euro 2,9 milioni». Probabilmente in questo importo potrebbe anche essere inclusa una cifra per l’allenatore Alberto Zaccheroni, esonerato nel febbraio dell’anno scorso. L’altra voce che grava sui costi del Toro riguarda gli ammortamenti, pari a 7,06 milioni (3,4 nel 2006): 5,9 milioni (2,7 milioni) sono stati accantonati per i diritti alle prestazioni dei calciatori, comunemente indicati come “cartellini”.
Marco Liguori

mercoledì 16 luglio 2008

Lotito/Mezzaroma: Tar annulla delibera Consob

La prima sezione, presieduta da Pasquale De Lise, ha accolto il ricorso del presidente della SS Lazio e dell'imprenditore

Non esiste un "patto parasociale" tra Claudio Lotito e Roberto Mezzaroma sul 14,61% del capitale della Lazio. Lo ha stabilito poco fa la prima sezione del Tar del Lazio che ha annullato la delibera della Consob riguardante l'acquisto effettuato di concerto tra il presidente della Lazio e l'imprenditore. L'organismo giudiziario amministrativo presieduto da Pasquale De Lise, che ricopre anche presso la Figc la carica di presidente della Commissione di garanzia della giustizia sportiva e si autosospese dalla carica di presidente della Corte Federale durante il processo di Calciopoli del 2006, ha quindi accolto i loro ricorsi. Adesso si attendono le motivazioni anche perchè nella decisione del Tar si legge che l'accoglimento dei due ricorsi è avvenuto «nei sensi di cui in motivazione».
Lotito e Mezzaroma nel ricorso hanno contestato la decisione con la quale la Consob il 30 gennaio scorso evidenziò, tra i vari punti della delibera, che nella vicenda dell'acquisto delle azioni della società, «non essendo stata promossa l'Opa entro trenta giorni dal superamento della soglia rilevante» si doveva applicare «il divieto di esercizio del diritto di voto relativo alla partecipazione posseduta da Lotito a decorrere dal 6 luglio 2005 e fino alla data di alienazione della partecipazione eccedente il 30% del capitale sociale della SS Lazio, pari a 9.806.603 azioni, corrispondenti a circa il 14,48% del capitale sociale».
Tra le argomentazioni sostenute dal presidente Lotito nel suo ricorso amministrativo c'era il fatto che a suo avviso l'esistenza di un "patto parasociale" fosse fondata soltanto su «presunzioni - si legge nel ricorso - che mancano dei caratteri della precisione, gravità e concordanza». Per il presidente della Lazio, quindi, gli elementi indiziari assunti dalla Commissione presieduta da Lamberto Cardia sarebbero stati errati, non univoci, non concordanti e in parte non gravi, ovvero irrilevanti.
Marco Liguori

mercoledì 9 luglio 2008

Ricorso Lotito contro Consob, il Tar deciderà tra sette giorni

La sentenza sarà emessa dal presidente Pasquale De Lise, che ricopre anche la carica di numero uno della Commissione di garanzia della giustizia sportiva della Figc. I legali del presidente biancoceleste sostengono che la Consob ha presentato elementi indiziari non gravi e irrilevanti

Mercoledì 16 luglio il Tar del Lazio renderà nota la decisione sui ricorsi del presidente della Lazio, Claudio Lotito, e dell'imprenditore Roberto Mezzaroma. Negli atti giudiziari essi contestano la delibera con la quale la Consob ha ritenuto di avere accertato l'esistenza di un "patto" tra i due avente come scopo «l'acquisto di concerto di azioni ordinarie della SS Lazio Spa, pari a circa il 14,61 per cento del capitale della societa». Stamattina davanti alla I sezione, presieduta da Pasquale de Lise, che ricopre anche in Figc la carica di presidente della Commissione di garanzia della giustizia sportiva e si autosospese dalla carica di presidente della Corte Federale durante il processo di Calciopoli del 2006, sono stati discussi nel merito entrambi i ricorsi. Adesso si attende la pubblicazione del dispositivo della sentenza.
In udienza l'avvocato dello Stato, legale della Consob, ha confermato l'idoneità e l'efficacia del provvedimento. Invece, gli avvocati di Lotito e Mezzaroma hanno dichiarato con fermezza l'illegittimità della decisione degli "sceriffi" della Borsa. Il numero uno biancocelese contesta in particolare la decisione con la quale la Consob il 30 gennaio scorso aveva sottolineato che nella vicenda dell'acquisto delle azioni «non essendo stata promossa l'opa entro 30 giorni dal superamento della soglia rilevante» era da applicare, a giudizio della stessa Commissione, «il divieto di esercizio del diritto di voto relativo alla partecipazione posseduta da Lotito a decorrere dal 6 luglio 2005 e fino alla data di alienazione della partecipazione eccedente il 30 per cento del capitale sociale della Ss Lazio, pari a 9.806.603 azioni, corrispondenti a circa il 14,48 per cento del capitale sociale».
Tra le ulteriori argomentazioni sostenute da Lotito, che si leggono nel suo ricorso al Tar, è stato inclusa la circostanza che a suo avviso l'esistenza di un patto parasociale si fonda su soltanto su «presunzioni che mancano dei caratteri della precisione, gravità e concordanza». A detta dei legali del presidente, gli elementi indiziari assunti dalla Consob sarebbero errati in punto di fatto. Gli avvocati hanno anche sottolineato che essi sarebbero non univoci, non concordanti e in parte non gravi, ovvero irrilevanti.
Marco Liguori

martedì 8 luglio 2008

Volete vedere gli allenamenti? Pagate

La Juventus chiede 5 euro ai suoi tifosi per veder sudare Del Piero e compagni nel ritiro di Pinzolo, con ulteriori 3 euro ai ragazzi da 9 a 14 anni. Per assistervi, assieme alle due amichevoli con Mezzocorona e Piacenza, una famiglia di 4 persone spenderebbe 122 euro per i posti più economici. E’ un precedente che autorizza anche le altre società a fare altrettanto


«E io pago! E io pago!» diceva il grande Antonio de Curtis, in arte Totò, nel film "47 morto che parla". La sua espressione probabilmente sarà pronunciata da alcuni tifosi della Juventus, che è in ritiro da sabato scorso a Pinzolo, in provincia di Trento, e ha deciso di incassare ricavi già nella fase precampionato. Una volta i ritiri servivano alle società per la preparazione atletica e per l’affiatamento dei calciatori. Roba d’altri tempi: adesso servono a fare cassa. Ciò è stato rilevato e stigmatizzato dalla trasmissione "Qui studio a voi stadio" di Telelombardia.
Stando a un comunicato della società bianconera, per assistere a ogni seduta degli allenamenti dei calciatori gli adulti dovranno pagare 5 euro a testa, mentre i ragazzi da 9 a 14 anni sborseranno 3 euro. Invece non pagano nulla i bimbi fino a 8 anni. Quindi, una famiglia composta da padre, madre e due bambini di 9 anni pagheranno complessivamente 16 euro (corrispondenti a 32mila delle vecchie lire) per vedere sudare Del Piero, Buffon, Trezeguet e compagni. Ma non finisce qui. Ipotizziamo che la simpatica famigliola sostenitrice della Juve abbia deciso di vedere le due amichevoli in programma nella ridente cittadina dell'alta Val Rendena. I prezzi per la prima partita, che si disputerà l’11 luglio nello stadio comunale Pineta, si preannunciano elevati: la tribuna vip costa 40 euro, quella normale 25 euro (ridotto 13 per i ragazzi da 7 a 12 anni, gratis fino a 6 anni), posto in piedi 15 euro (ridotto 8 euro). Ipotizzando che i quattro scelgano questi ultimi, la spesa sarà di 46 euro (in vecchio conio, 89mila lire). E chi è l’avversario di turno della Vecchia Signora? Il Milan? L’Inter? Il Real Madrid? Nessuna di queste squadre: è il piccolo Mezzocorona, militante in serie C/2 (ora si chiama Lega Pro) dove nella scorsa stagione ha partecipato ai play-off promozione.
Se la nostra famiglia avesse ancora l’intenzione di andare a vedere il 16 luglio la seconda amichevole dei bianconeri, si troverebbe davanti a prezzi ancor più salati. Si va dalla solita tribuna vip da 50 euro, ai 30-40 della tribuna nord (ridotto a 15-20 euro per i bambini da 7 a 12 anni), ai 40 della sud (20 ridotto). Il posto più economico è nella tribuna Dalmine: 20 euro, mentre il ridotto a 10 euro. Probabilmente papà, mamma e i due pargoli sceglieranno ancora questi ultimi: il costo totale sarà di 60 euro, pari a 120mila vecchie lire. E qual è stavolta la formazione che affronterà la Juventus? Il Manchester United? Il Bayern di Monaco? No, semplicemente il modesto Piacenza, che gioca nel campionato di serie B.
Tirando le somme, quanto avrà speso la nostra famigliola di 4 componenti per un allenamento e due amichevoli? In totale 122 euro: nel vecchio conio, poco più di 236mila lire. Una cifra consistente di questi tempi, considerate le drammatiche difficoltà delle famiglie che stanno sempre più stringendo la cinghia. Lo testimonia l’Indicatore dei Consumi di Confcommercio, pubblicato venerdì scorso: in maggio gli acquisti complessivi sono calati del 2,7%. In esso si evidenzia un dato interessante per il mondo del calcio: la domanda di beni e servizi ricreativi è crollata del 4,9%, dove sono incluse anche le spese per i biglietti allo stadio.
Ma tutto questo al club di Corso Galileo Ferraris, come del resto all’universo delle società del calcio italiano, forse non interessa. Anzi, la società della Famiglia Agnelli ha collocato sul suo sito un’altra iniziativa a pagamento. Chi acquista la tessera di "Special member", alla modica cifra di 36 euro annui, riceverà nientepopodimeno che «l'attestato speciale, la tua tessera personale, foto autografate dei giocatori e la spilla Special Member» e si può partecipare anche ad altre iniziative, tra cui il blog e la chat. Invece se si versano soltanto 12 euro si riceveranno «l'attestato speciale firmato dal capitano Alessandro Del Piero e dal presidente Cobolli, la tua tessera personale, foto autografate dei giocatori» e partecipare anche in questo caso alla chat. Però si può sommessamente osservare che su internet si trovano tante chat e forum di discussione di tifosi della Vecchia Signora a costo zero. Quanto agli autografi dei calciatori, un tempo questi li concedevano tranquillamente gratis ai tifosi, quasi come un premio per l'attaccamento alla bandiera: in fin dei conti se i sostenitori non esistessero, i giocatori non potrebbero essere gli eroi tanto celebrati e decantati di cui si occupa quotidianamente la stampa.
Si dirà: «E’ il calcio a scopo di lucro, bellezza». Ma tutto ciò rappresenta una delle tante aberrazioni della legge 586 del 1996, voluta dal Milan e dalla Juventus e approvata dal governo dell’Ulivo con l’appoggio di Rifondazione Comunista, che ha completamente stravolto il pallone nostrano. Con l’iniziativa della società bianconera della visione a pagamento degli allenamenti, unita ai costi elevati per i biglietti delle amichevoli estive con squadre di categoria inferiore, si è creato un pericoloso precedente: tutte le società professionistiche potrebbero imitarla. Inoltre, se il buongiorno si vede dal mattino, figuriamoci a quali livelli arriveranno i prezzi dei tagliandi per le partite principali del campionato oppure per gli incontri di cartello della Champions League, a cui la Juve parteciperà in agosto dal turno preliminare. «E io pago!».
Marco Liguori
(Riproduzione consentita solo dietro citazione della fonte)

giovedì 26 giugno 2008

Italpetroli sposta l'assemblea per l'approvazione del bilancio

In una nota, la controllante della Roma spiega che ciò è stato deciso «sulla base delle indicazioni pervenute da azionisti rappresentanti la maggioranza del capitale della Societa». Ciò probabilmente per ridefinire il piano per il rientro dei 268,2 milioni con Unicredit

La controllante della As Roma, la Compagnia Italpetroli della Famiglia Sensi, ha comunicato oggi che l'assemblea degli azionisti per l'approvazione del bilancio societario al 31 dicembre 2007, convocata in prima convocazione per il 27 giugno, si svolgerà invece in seconda convocazione il 23 luglio prossimo.
Questo spostamento tecnico di circa un mese, deciso secondo la nota «sulla base delle indicazioni pervenute da azionisti rappresentanti la maggioranza del capitale della Societa», dovrebbe consentire al gruppo ai Sensi un maggior lasso di tempo per meglio definire il piano di rientro del proprio indebitamento in vista dell'approvazione del bilancio. Stando all’ultimo bilancio consolidato disponibile in Camera di Commercio di Italpetroli al 31 dicembre 2006, sono 381 milioni i debiti complessivi (-91 milioni rispetto al 2005) che gravano sul gruppo, di cui 343,2 milioni verso le banche (-68,7 milioni). Nella nota integrativa si legge che «l’ammontare dei debiti a breve verso la Banca di Roma (ex Capitalia ora appartenente al gruppo Unicredit) è pari a» 268,2 milioni di cui 267,1 milioni «per scoperti di c/c» e 1,1 milioni «relativi alla quota esigibile entro l’esercizio successivo di mutui concessi da detto istituto di credito».
Nelle ultime settimane, ci sono stati alcuni incontri tra Italpetroli e Unicredit per cercare una soluzione dell'esposizione di Italpetroli, in cui la famiglia Sensi detiene il 51% mentre il restante 49% è nelle mani della banca guidata da Alessandro Profumo. In una nota del 20 giugno scorso era evidenziato che «le intese in corso di definizione prevedono un impegno da parte di Italpetroli a ridurre l'indebitamento di gruppo mediante la cessione di beni a questi facenti capo, esclusivamente nella misura necessaria a ridurre tale indebitamento a livelli convenuti». Tuttavia il comunicato spiegava che sarà «esclusiva facolta» di Compagnia Italpetroli stabilire se «far rientrare o meno il pacchetto azionario di controllo» della As Roma «tra i beni da utilizzare» per ripianare l'indebitamento del gruppo nei confronti di Unicredit. Secondo indiscrezioni, un primo piano di ristrutturazione del debito era stato deciso dai vertici di Banca di Roma lo scorso 5 dicembre, con un termine di tre mesi. Ma le voci riguardanti l'arrivo del finanziere americano George Soros e il tanto tempo trascorso sulla trattativa dell'eventuale passaggio di mano della "magica" avevano fatto slittare il termine. Il 3 giugno scorso la Procura della Repubblica della Capitale ha aperto un fascicolo processuale sulle violente oscillazioni del titolo dell'As Roma in concomitanza proprio con le voci di una cessione del club a Soros.
Intanto, le voci di una presunta cessione della Roma sono ancora proseguite nel corso di giugno. Le ultime indiscrezioni sul nuovo piano riportano l'eventuale cessione di beni di Italpetroli per 250 milioni di euro - tra questi potrebbe esserci appunto la As Roma - entro fine 2010 e l'allungamento a 15 e 30 anni della parte residua del debito. Riguardo ai conti della società giallorossa, nell'ultimo comunicato relativo all'esposizione debitoria al 30 aprile scorso vi erano evidenziate passività correnti (comprendenti i debiti verso erario, enti previdenziali, fornitori e personale) pari a 114,6 milioni e hanno superato le attività per 70,5 milioni. Quest’ultimo dato è in calo rispetto a marzo (95,01 milioni) ed è abbastanza vicino ai 79,88 milioni della chiusura annuale al 30 giugno di un anno fa. Riguardo ai debiti di funzionamento, quelli verso il personale ammontano a 9,7 milioni (10,06 milioni in marzo), di cui 8,9 con i tesserati: non ci sono somme scadute. Gli importi dovuti verso società calcistiche ammontano a oltre 13 milioni, contro i precedenti 9,6 milioni. La Roma ha generato una posizione finanziaria netta, ossia le disponibilità liquide, in attivo per 19,9 milioni in calo dai 29,3 milioni di marzo, ma in crescita di 9,5 milioni nel corso degli ultimi 12 mesi. Infine, stando al comunicato comunicato mensile sullo situazione finanziaria al 30 aprile scorso e nella terza trimestrale al 31 marzo, la società ha chiesto la quarta rateizzazione dei debiti fiscali.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata)

sabato 19 aprile 2008

Aeromobili decaduti

Liberomercato 19 aprile 2008

Piove sul bagnato
Decreti ingiuntivi per 14 milioni
Compagnia a rischio pignoramento


Marco Liguori
Piove sul bagnato per Alitalia. In attesa del probabile prestito ponte e degli eventuali "cavalieri bianchi" disposti ad acquistarla, si scopre una sgradita sorpresa. Nell’ultimo comunicato stampa mensile del 28 marzo scorso relativo alla posizione finanziaria netta al 29 febbraio, imposto dalla Consob sin dall’agosto 2004, si legge che sono stati notificati alla compagnia aerea ben 11 decreti ingiuntivi. Stando alla nota, essi riguardano «debiti di natura commerciale» per complessivi 13,6 milioni di euro. Contro di essi sono state presentate le opposizioni in tribunale e risultano tuttora pendenti. Nel caso in cui alcuni di questi decreti fossero resi esecutivi dal giudice, i creditori proseguiranno nell’iter fino alla presentazione dell’istanza di fallimento. Occorrerà quindi trovare in fretta una soluzione. Invece, non vi sono situazioni di scaduto o di irregolarità di pagamenti per «debiti di natura finanziaria, tributaria e previdenziale».
Alitalia non ha riportato i nomi dei creditori che hanno fatto ricorso alla procedura giudiziaria. Nel documento è specificato che sono stati presentati due decreti ingiuntivi «da un vettore, per presunte differenze tariffarie per circa sei milioni di euro». Seguono altri due decreti presentati «da un fornitore di filmati da trasmettere a bordo degli aeromobili per 1,2 milioni di euro». Più lieve la richiesta di «un fornitore di servizi informatici» pari a 812mila euro. A ciò si aggiunge una richiesta di 288mila euro da parte del «fallimento di una filiale italiana di una compagnia aerea». Nel quaderno delle doglianze di somme richieste giudizialmente ad Alitalia c’è anche «un fornitore di prestazioni manutentive, per 492mila euro». Più elevati sono i due successivi importi contenuti nel comunicato. Il primo riguarda 3,2 milioni richiesti «dalla amministrazione straordinaria di una società che rivendica il pagamento di presunti debiti per vendita di biglietteria aerea». L’altro riguarda la cifra di circa un milione di euro reclamata "da una società fornitrice di carburante". Di gran lunga inferiori le richieste di un gestore aeroportuale (375mila euro) per «parziale mancato pagamento delle tariffe di handling» e di quattro fornitori (188mila euro).
Nel documento di Alitalia si sottolinea che «l’indebitamento bancario esistente è pressoché per intero assistito da garanzie reali» ossia ipoteche su aerei. Esso è anche supportato «da garanzie personali», costituite in prevalenza da «garanzie rilasciate da agenzie per il credito all’esportazione».

domenica 9 marzo 2008

tutto cominciò con questo articolo sulla Lazio...

Ringrazio Stefano Prizio di Fiorentina.it per averlo ancora conservato in archivio su
http://www.fiorentina.it/Notizia.asp?IDNotizia=11503&IDCategoria=27 assieme a tutti gli altri scritti da me e Salvatore Napolitano su Bloomberg Investimenti e Il Manifesto.
Pubblico anche il suo commento in corsivo, redatto all'epoca

Bloomberg Investimenti 25 gennaio 2003

Lazio dei misteri...

Ecco l'articolo, a firma Marco Liguori e Salvatore Napolitano, apparso stamattina sul settimanale finanziario Bloomberg Investimenti riguardo la disastrosa situazione contabile della Lazio e le strane circostanze che ne hanno permesso l'iscrizione al campionato di serie A. L'ex presidente Sergio Cragnotti ha affermato ieri in un'intervista al quotidiano torinese La Stampa che «la Lazio non era paragonabile a quella della Fiorentina».

Marco Liguori
Salvatore Napolitano

Il miracolo di cui si legge sulle pagine sportive di tutti i giornali a proposito della Lazio è riferito alla posizione in classifica e al bel gioco espresso. Ma il vero miracolo è un altro e si è materializzato in una calda giornata di fine luglio. In quei giorni, la mannaia della Covisoc, la commissione di controllo sulle società calcistiche, e della Federcalcio stava per abbattersi sulla Fiorentina, cancellandola dai campionati professionistici: un danno solo per gli incolpevoli tifosi viola. Per loro era in arrivo anche la beffa: il salvataggio della Lazio. Un vero miracolo, appunto. Di quel salvataggio ha gioito il presidente federale Franco Carraro, che è anche presidente di Mediocredito Centrale, istituto bancario nell'orbita del gruppo Capitalia. Guarda caso, proprio Mediocredito è il secondo azionista della Lazio con il 5,569%. Ma ha gioito anche Giancarlo Abete, vice presidente federale, fratello di Luigi, presidente della Bnl, terza azionista della Lazio con il 4,49%. E gli Abete e Cragnotti sono soci nel Poligrafico Calcografia e Cartevalori, uno dei marchi italiani più noti nel settore grafico. Inoltre, Capitalia e Bnl hanno in pegno tutte le azioni Lazio possedute dalla Cirio, pari al 50,966% e ripartite tra Cirio finanziaria (35,82%) e Cirio Holding (15,145%). Il salvataggio ruota intorno all'articolo 86 delle norme federali. Esso disciplina il requisito principale richiesto: l'equilibrio finanziario. Il rapporto tra i ricavi e l'indebitamento deve essere non inferiore a tre: le società hanno tempo fino al 15 luglio per regolarizzare la loro posizione. Nel caso della Lazio i ricavi 2002 sono stati di circa 112 milioni di euro. Dunque, i debiti non potevano superare i 37,3 milioni. Per capire sommariamente le cifre del bilancio facciamo un piccolo passo indietro: esattamente al 31 marzo 2002. A quella data, la Lazio era fuori dal parametro: lo riconosceva la stessa società nel prospetto informativo dell'aumento di capitale pubblicato a fine giugno. Il perché è di evidenza solare: un indebitamento netto complessivo di 283,76 milioni di euro, 137,07 dei quali di tipo prettamente finanziario. Niente male per una società che ne fattura annualmente meno della metà. E che la Lazio non avesse molti estimatori nemmeno tra i suoi dirigenti risulta chiaro ove si consideri che Elisabetta, Andrea e Massimo Cragnotti, rispettivamente vice presidente esecutivo, consigliere e direttore generale, possedevano ciascuno la miseria di 111 azioni. Alla chiusura del bilancio, che per le società di calcio è fissato per il 30 giugno, la situazione era divenuta persino più allarmante: 303,79 milioni di euro di indebitamento netto complessivo, con una perdita di 103 milioni e spiccioli. In altre parole, per ogni euro incassato, la Lazio ne ha spesi all'incirca due. Certo, non tutto l'indebitamento di bilancio concorre alla determinazione di quello usato per il calcolo del parametro necessario all'iscrizione: vanno esclusi i finanziamenti infruttiferi e postegrati, che si aggiravano sui 60 milioni. Ma la situazione di dissesto economico e finanziario era chiarissima: per la Deloitte & Touche, incaricata della revisione del bilancio, la società era «in una posizione di squilibrio finanziario in quanto le passività correnti superano in misura significativa le attività correnti». Ma anche il Collegio Sindacale non ha potuto esimersi dal chiudere la sua relazione con parole inequivocabili: «Con specifico riferimento alle rilevanti perplessità e dubbi in ordine alla permanenza del presupposto della continuità aziendale sul quale la società ha redatto il bilancio, non si può esprimere parere favorevole alla sua approvazione». Né la situazione è migliorata in seguito: al 30 novembre, secondo quanto comunicato alla Consob, solo l'indebitamento di tipo prettamente finanziario e quello verso tesserati, Erario ed Enti previdenziali era pari a 192,9 milioni. A proposito di tesserati, Ivan De la Pena vanta ancora un credito di circa 4 milioni. E, tramite il suo legale, l'avv. Domenico Latino, si appresta a proporre una nuova istanza di fallimento perché la Lazio non ha rispettato le clausole dell’accordo transattivo stipulato lo scorso 2 dicembre. Vista la situazione, ci saranno altri miracoli in casa laziale?

Il 27 gennaio potrebbe essere dato il via libera all'aumento di capitale della Lazio da 80 milioni di euro. Ma c'è una chicca che riguarda il famoso aumento di capitale da 55 milioni, che si rese necessario a metà luglio per dare un po' di sollievo alle casse esangui della società, e tramite il quale Mediocredito centrale e Bnl sono diventati azionisti. Cirio Finanziaria e Cirio Holding, detentrici del 35,82% e del 15,145%, sottoscrissero e versarono le somme di loro competenza, pari rispettivamente a 19,6 e a 8,33 milioni di euro. Era il 15 luglio. Ma la Lazio non fece nemmeno in tempo ad annusare quei soldi. Perché contestualmente, la società dette ordine al Mediocredito centrale di accreditare a Cirio Finanziaria e a Cirio Holding i medesimi importi appena ricevuti. Questa seconda operazione fu comunicata in tempi successivi: e ha provocato le rimostranze del Collegio Sindacale, che, nella relazione al bilancio, ha osservato che essa ha «vanificato in capo alla società i benefici finanziari» dell’aumento di capitale.

sabato 1 marzo 2008

il biglietto verde sempre più debole: tempi duri per l'Europa

Liberomercato 1 marzo 2008

Euro da record?
Contro il dollaro non è ai massimi

Ieri la moneta unica ha toccato quota 1,5239 sul biglietto verde. Per gli analisti salirà ancora

Marco Liguori

L’euro ha collezionato ieri l’ennesimo massimo storico sul dollaro. La nostra divisa ha toccato quota 1,5239 sul biglietto verde d’oltreoceano, in deciso aumento rispetto a 1,5194 di giovedì scorso. Sulle quotazioni hanno pesato ancora le attese di un consistente taglio del tasso ufficiale di riferimento da parte della Federal Reserve. Le prese di profitto scattate nel pomeriggio hanno portato il cambio a calare dello 0,16% rispetto al record della mattinata, giungendo nell’area compresa tra 1,5170-1,5173. Molti esperti prevedono un ulteriore apprezzamento per la divisa unica dopo i dati resi noti ieri sull'inflazione europea, confermata a gennaio al 3,2%, stanno rafforzando la convinzione che la Bce giovedì prossimo lascerà invariati i tassi d'interesse. "Considerato lo scenario macroeconomico che vede gli Stati Uniti – spiega Duilio Parise, chief analyst dello Studio Ciesse – in forte fase di rallentamento e la possibilità dell’ennesimo taglio dei tassi da parte della Fed, mentre in Europa la Bce dovrebbe ancora ancorarli al 4%, tutto ciò dovrebbe alimentare la speculazione contro il dollaro. Di conseguenza, l’euro dovrebbe portarsi, in un periodo compreso tra uno e tre mesi, nell’area compresa tra 1,5860 e 1,60". Dopo il raggiungimento di questo livello "si dovrebbe assistere a un rafforzamento del biglietto verde, che dovrebbe riportarsi verso 1,43-1,45" prosegue Parise, "e ciò dovrebbe continuare per un periodo compreso tra quattro e sei mesi". L’analista sottolinea però un aspetto molto importante. "Bisognerà che gli operatori diano molta attenzione alla soglia psicologica posta attorno a 1,60-1,61 dollari, poiché nel caso in cui fosse superata, la fase di rafforzamento dell’euro sul dollaro potrebbe proseguire a lungo".
Nonostante questo scenario poco favorevole al dollaro, la prossima settimana sarà decisiva per verificare la sua effettiva debolezza. "L’analisi tecnica del cross tra la nostra divisa e quella americana – afferma Parise – presenta un supporto importante posto attorno a 1,4770-1,4790 dollari. Se dovesse essere rotto da un eventuale trend al ribasso, potrebbe verificarsi in anticipo la fase di rafforzamento del biglietto verde d’oltreoceano".
Riguardo alle scelte operative, nello scenario attuale le aziende esportatrici di beni si troveranno in difficoltà. "Di conseguenza, esse dovranno effettuare una serie di vendite di dollari a termine per coprirsi dal possibile deprezzamento della valuta americana. Vanno sospese nel caso in cui se dovesse raggiungere il supporto posto tra 1,4770-1,4790". Invece, le imprese importatrici "dovranno svolgere acquisti a termine solo se è al disopra del suddetto supporto". Queste operazioni dovranno essere compiute "anche nel caso in cui il cross euro/dollaro raggiunga l’area 1,58-1,60" conclude Parise.

mercoledì 20 febbraio 2008

arriva il future sull'acciaio

Liberomercato 20 febbraio 2008 pagina 11

Negoziabile dal 28 aprile
Boom dell’acciaio,
in arrivo il future

Marco Liguori

Dal 25 febbraio il future “forward” sull’acciaio sarà operativo al London Metal Exchange. Costituirà un importante strumento per cercare di porre riparo alla crescente volatilità dei valori di questa lega fondamentale per il mondo industriale. Essa è causata dalla forte domanda in eccesso rispetto all’offerta, proveniente soprattutto dall’India e dalla Cina, che ne è anche uno dei produttori principali: sul totale complessivo della produzione mondiale, pari a 1343 milioni di tonnellate, il 36,4% appartiene al paese asiatico. Dopo la prima fase sul solo circuito telematico, inizieranno le contrattazioni alle grida. «Il via agli scambi sul “ring” – spiega Mario Galli, trader di Gm Consulenza – sarà dato ufficialmente il 28 aprile prossimo per la prima consegna del successivo 28 luglio». Il prezzo di questo materiale, di cui esistono numerose varietà a seconda delle percentuali di ferro, carbonio e altri metalli, dipende da una molteplicità di fattori. Alcuni di essi sono di natura macroeconomica, politica, energetica e legati ai costi di trasporto.
Il future sul Lme non è il primo in assoluto: dal 29 ottobre dell’anno scorso si effettuano scambi presso la borsa delle materie prime di Dubai. Secondo un recente report di Gm Consulenza basato sul derivato della città araba, dopo il violento rialzo da 600 dollari per tonnellata a 850, in concomitanza con le tempeste di neve in Cina, dovrebbe proseguire l’attuale fase di consolidamento, fino al raggiungimento del livello di 775 dollari. Quindi, in vista anche del completamento delle grandi opere pubbliche cinesi per le Olimpiadi di Pechino della prossima estate, i prezzi dell’acciaio dovrebbero continuare a marciare a ritmi sostenuti.
Riguardo alla contrattazione a Dubai e a Londra esistono però alcune differenze molto importanti. «Innanzitutto Londra è una piazza storica per le materie prime – prosegue Sylvain Piacenza, analista di Gm Consulenza – e riveste un ruolo fondamentale anche per i volumi trattati: il numero degli operatori è superiore a quello del paese del Golfo Persico. Inoltre possiede un circuito molto sviluppato, con una rete di magazzini estesa a livello internazionale che provvede la consegna alla scadenza dei metalli». Si può dunque paragonare Londra e Dubai all’antico sistema borsistico regionale italiano, dove il mercato più importante era Milano, coronato dagli altri come Torino, Roma e Napoli. Oltre a questa, c’è anche una diversità di tipo tecnico riguardo all’acciaio trattato. «A Dubai sono trattate le barre di rinforzo – sottolinea l’analista – mentre sul Lme gli operatori effettuano le contrattazioni delle cosidette “billette”, ossia il semilavorato necessario alla produzione delle stesse barre. La scelta è caduta sulle prime, poiché si possono più facilmente contenere nei depositi».
L’investimento sul nuovo future potrà essere effettuato anche da chi non è operatore professionale. «E’ possibile acquistare il derivato sull’acciaio – conclude Piacenza – tramite un dealer autorizzato presso il mercato di Londra».
(Per ulteriori informazioni http://www.forexgm.com/index.html)
http://www.wikio.it

il pallone in confusione

Registrazione n° 61 del 28 settembre 2009 presso il Tribunale di Napoli
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