Ricerca personalizzata

domenica 9 marzo 2008

Bloomberg Investimenti 8 marzo 2003

Milan e Inter amici per plusvalenza...

Marco Liguori
Salvatore Napolitano

Milan e Inter sono costrette da sempre a combattersi duramente sul campo per ovvi motivi di campanile. Ma quando si tratta, di badare all'aspetto economico riescono ad accordarsi in men che non si dica. E non ci si riferisce al consorzio San Siro 2000, organismo in compartecipazione tra le due società, creato per la gestione dello stadio Meazza, ma piuttosto alle ricche plusvalenze che entrambe si garantiscono da anni scambiandosi vicendevolmente calciatori noti nonché carneadi assoluti con valutazioni certamente discutibili. Questo frenetico scambio di calciatori da una sponda all'altra non è servito per portare i conti in utile, ma ha comunque dato una mano consistente a diminuire le perdite di bilancio. Il gioco delle plusvalenze incrociate non è stato inaugurato da Milan e Inter, né le due società sono le uniche ad adottare questa tecnica tutta calcistica. Ma il loro è certamente il rapporto più assiduo. Hanno cominciato nella stagione agonistica 1999-2000: allora si limitarono ad uno scambio tra due sconosciuti, Davide Cordone e Fabio Di Sauro. Ciò consentì una plusvalenza di 4,73 milioni di euro al Milan e di 4,6 milioni all'Inter. Ma i prezzi erano elevati, si dirà, a causa della bolla che si stava gonfiando anche nel calcio: peccato che in quella stessa stagione il Milan avesse venduto Massimo Maccarone all'Empoli e Massimo Oddo al Verona con plusvalenze pari rispettivamente alla miseria di 645mila e 775mila euro. E che l'Inter avesse ceduto Fabio Galante al Torino per 2,63 milioni. Nella stagione successiva, quella 2000-2001, gli scambi si intensificarono: gli ignoti di turno furono Marco Bonura e Andrea Polizzano, e ciò originò una plusvalenza di 4 milioni di euro al Milan e di 4,1 milioni all'Inter. In quella stessa stagione, il Milan cedette il difensore Thomas Helveg all'Inter in cambio del pari ruolo Cyril Domoraud. Per i rossoneri la plusvalenza fu di 6,19 milioni di euro, per i nerazzurri di 6,7 milioni. Peccato che il danese non sia nemmeno passato da Appiano Gentile per le visite mediche: l'Inter lo ha immediatamente prestato per un anno al Milan. Il valore del prestito? La modica cifra di 1.000 euro. Dunque, la società nerazzurra comprò un giocatore a 11,36 milioni per prestarlo a mille. Nella scorsa stagione, la 2001-2002, c'è stato un vero e proprio vortice di scambi con relative plusvalenze incorporate: anzitutto, il rituale transito incrociato di giocatori oscuri alle platee dei calciofili, nel caso in questione Matteo Bogani e Paolo Ginestra, che ha portato una plusvalenza di 3,56 milioni di euro al Milan e di 3,58 milioni all'Inter. Poi una serie di scambi più appariscenti, tra Andres Guglielminpietro e Christian Brocchi, con un beneficio economico di 8,54 milioni per il Milan e di 7,23 milioni per l'Inter, tra il turco Umit Davala e il croato Dario Simic, 12,4 milioni per il Milan e 14,6 per l'Inter, e tra Francesco Coco e Clarence Seedorf, 28,84 milioni per il Milan e 17,13 per l’Inter. Da questa girandola resta all'apparenza senza un compagno Drazen Brncic, girovago del pallone, che ha giocato molto in Croazia e Belgio, e poco in Italia: ceduto dal Milan all'Inter nel luglio 2001 ha consentito alla società rossonera una plusvalenza di 9,64 milioni. Che sia stata una sorta di ricompensa per l'acquisto di Andrea Pirlo, che nel bilancio chiuso al 30 giugno 2001, portò all'Inter una plusvalenza di 14,43 milioni?

Galliani lo "scisso"
Il presidente della Lega Calcio, Adriano Galliani, non è per nulla soddisfatto del comportamento dell'amministratore delegato del Milan Adriano Galliani. Mentre il primo reclama dallo scorso luglio la necessità di un ridimensionamento dei costi, il secondo ha fatto orecchie da mercante, spendendo a piene mani nel mercato estivo: Alessandro Nesta, Rivaldo, Seedorf, Dario Simic, Samuele Dalla Bona, Jon Tomasson oltre al ritorno di Leonardo. Certo, il Milan può permettersi di chiudere ogni anno il bilancio in profondo rosso. Ma solo perché ha le spalle ben coperte dall'azionista al 99% Reteitalia, società del gruppo Fininvest, che ogni anno ricapitalizza per ripianare le perdite di gestione: 33,22 milioni di euro nell'esercizio chiuso al 30 giugno 2002, 35,6 nel 2000-2001, 10,76 nel ‘98-‘99, 12,85 nel '97-'98, 13,99 nel '96-'97, 22,91 nel '95-'96. Soltanto nell'esercizio 1999-2000 spicca un piccolo utile di 1,99 milioni, raggiunto però grazie ad un paio di plusvalenze particolari per un totale di 9,65 milioni: quelle garantite dalle vendite degli sconosciuti Matteo Beretta alla Juventus e Davide Cordone all'Inter. L'inserimento del Milan nel gruppo Fininvest è organico, come ha rilevato la società che ne certifica il bilancio, la Deloitte & Touche, che a tal proposito parla di "significativi rapporti". Il perché è presto detto: oltre alle robuste iniezioni annue di capitale dell'azionista di riferimento, il Milan può contare anche su generosi aiuti di altre società del gruppo: come per esempio i 10,33 milioni per il contratto stipulato con Rti, relativo alla cessione dei diritti tv per le partite casalinghe della Coppa Uefa 2001-2002: sei gare non certo di cartello contro Bate Borisov, Cska Sofia, Sporting Lisbona, Roda, Hapoel Tel Aviv e Borussia Dortmund, che fecero accorrere allo stadio un totale di appena 65.089 spettatori per un incasso di 933mila euro. O come i 6,04 milioni ottenuti da Publitalia '80 per la vendita di pacchetti pubblicitari relativi soprattutto a quelli all'interno dello stadio. I rapporti commerciali del Milan con il gruppo Fininvest sono ammontati ad un totale netto di 17,07 milioni, il 10,75% del fatturato. O come il finanziamento di 13,1 milioni della Fininvest per il debito Iva la cui gestione è centralizzata. Nonostante gli aiuti, il conto economico è in rosso e l'equilibrio finanziario assolutamente precario. La perdita è di 33,21 milioni solo perché le plusvalenze sono ammontate a 77,96 milioni, 63 dei quali ottenuti grazie all'Inter. Infatti, la perdita operativa è stata di 97,72 milioni, e dei 158,85 milioni di fatturato il 76,54% se n'è andato in stipendi e il 45,75% nell'ammortamento dei giocatori. Il capitale netto è pari a 52,54 milioni, mentre le passività ammontano a 301,83 milioni con un evidente squilibrio. E questo nonostante al 30 giugno scorso il Milan avesse già incassato da Tele+ i soldi per la cessione dei diritti criptati delle partite casalinghe di questo e del prossimo campionato. Non a caso le passività correnti superano le attività correnti di 234,34 milioni di euro.

bianconeri e rossoneri: bello avere le spalle protette!

il manifesto 22 marzo 2003

Milan-Juventus...debiti e blasone...

Debiti e blasone, a San Siro la sfida Fininvest-Fiat Questa sera al Meazza, Milan e Juventus si giocano sul campo un pezzo di scudetto. Fuori dal rettangolo verde invece, sono costrette come tutte le altre squadre a fare i conti con bilanci in rosso e plusvalenze. Con le spalle protette però dalle ricchezze di Berlusconi e della famiglia Agnelli

MARCO LIGUORI
SALVATORE NAPOLITANO

Le loro bacheche sono piene: in tutto, 42 scudetti e 7 Coppe dei Campioni più una trentina di altri trofei internazionali. Quella di questa sera a San Siro tra Milan e Juventus non sarà però solo una sfida di pluridecorati, ma anche di plurindebitati. L'ultimo bilancio annuale, che per le società calcistiche chiude al 30 giugno, parla chiaro: la gestione operativa, che include i ricavi totali e i costi della produzione, escludendo quindi sia proventi e oneri finanziari che plusvalenze e minusvalenze derivanti dai trasferimenti dei calciatori, è andata in rosso per 194,37 milioni di euro, con un poco onorevole pareggio di 96,65 milioni per la Juve e 97,72 per il Milan. Le passività complessive ammontano a 702,84 milioni, con vittoria juventina per 401,01 a 301,83. Anche il capitale netto bianconero risulta superiore: 99,53 milioni a 52,54. E' la prova evidente di uno squilibrio profondo tra mezzi propri e mezzi di terzi. Dunque non è bastata nemmeno la consistente cifra di 335,97 milioni di fatturato totale: 177,12 dei bianconeri e 158,85 dei rossoneri. D'altro canto, i soli stipendi elargiti ammontano rispettivamente a 133,8 e a 121,59 milioni, e le quote annue di ammortamento dei giocatori a 68,58 e a 72,68 milioni: non bisogna stupirsi se i bilanci somigliano ad una gruviera. Solo per fare un esempio, il Chievo deve allestire una squadra in grado di affrontare con dignità lo stesso torneo di Milan e Juventus con la miseria di 21,67 milioni di ricavi annui e pagando stipendi per 14,5 milioni. Non c'è che dire: Adriano Galliani e Antonio Giraudo, amministratori delegati rispettivamente di rossoneri e bianconeri, sono dirigenti molto fortunati. Perché hanno le spalle ben protette da Silvio Berlusconi e dalla famiglia Agnelli. Perdita di bilancio? Nessun problema, la ricapitalizzazione è presto fatta. C'è bisogno di garanzie sui debiti assunti? Una fidejussione non si nega di certo. E si parla ogni anno di cifre nell'ordine di grandezza di un centinaio di milioni. Qualche giocatore fa le bizze per il rinnovo contrattuale o qualche altro interessa per la stagione seguente? Basta che il direttore generale bianconero Luciano Moggi chiami il figlio Alessandro, uno dei procuratori più influenti, che controlla la Football Management, a sua volta socia della Gea, la società dei figli famosi (Geronzi, Tanzi, Cragnotti, Calleri, De Mita) che detiene una fetta consistente del mercato, e l'accordo si trova in men che non si dica. Per la sua consulenza, la società di Moggi jr. ha ricevuto nella scorsa stagione dalla Juventus un assegno da 600mila euro. Per rossoneri e bianconeri le cose non vanno affatto male con gli sponsor e le televisioni: tutti in fila a dare soldi. Nel caso del Milan si tratta spesso di aziende di famiglia: come Publitalia `80, concessionaria della gestione dei cartelloni pubblicitari all'interno dello stadio Meazza, o come Rti, pronta lo scorso anno a strapagare i diritti delle partite casalinghe di coppa Uefa. E addirittura Tele+ versa a Milan e Juventus due anni anticipati: mai visto un cliente così premuroso. Sono all'incirca una sessantina di milioni annui. Denari che ovviamente sono stati già utilizzati per far andare avanti la gestione. Basterebbe una modifica di questa favorevolissima clausola contrattuale per costringere Fininvest e Ifi a reperire altrove quei soldi mancanti. Rivaleggiando negli anni per garantirsi la supremazia sportiva, soprattutto per questioni di immagine, Milan e Juventus hanno cercato introiti ovunque, i bianconeri persino in Libia: il ricorso all'aiuto finanziario della famiglia Gheddafi non è certo una novità a Torino. In cambio, il figlio del dittatore africano è entrato in pompa magna nel consiglio di amministrazione. Così facendo, le due società hanno gonfiato il mercato, costringendo chi voleva interromperne la supremazia a svenarsi. Il calcio nostrano si trova sull'orlo del burrone perché non ci sono imprenditori italiani in grado di competere a lungo con la forza economica e politica di casa Fininvest e di casa Fiat. Su un punto però la Juventus stacca nettamente il Milan: nel risultato finale dell'esercizio. Al 30 giugno 2002 i bianconeri sono riusciti, grazie alle plusvalenze, a raggiungere l'utile, i rossoneri no: 6,13 milioni per la Juve, contro una perdita di 33,22 milioni per il Milan. Giraudo ce l'ha fatta vendendo Zinedine Zidane e Filippo Inzaghi, con una plusvalenza complessiva di 101,04 milioni: ma non si pescano due jolly simili ogni anno. A Galliani non sono bastate le acrobazie con l'Inter, i cui scambi reciproci tra giocatori hanno prodotto, solo nella passata stagione, 62,9 milioni di plusvalenze. La più ardita di tutte è stata però la cessione del danese Thomas Helveg, avvenuta nella stagione 2000-2001, che ha fruttato al Milan una plusvalenza di 6,2 milioni. Ma, come è noto, il danese non ha mai lasciato Milanello. Ciò che non è noto è il perché: l'Inter lo ha immediatamente prestato ai cugini a un prezzo d'occasione, pari a mille euro annui. Frequentemente nel mondo del calcio le plusvalenze incrociate si riferiscono a perfetti sconosciuti e non generano alcun movimento finanziario. Ai rilievi sulla circostanza che i bilanci vengano parzialmente abbelliti ricorrendo ai guadagni derivanti dai trasferimenti dei calciatori, ossia alla gestione straordinaria, le società replicano sostenendo che tale compravendita faccia ormai parte dell'attività normale di una società di calcio. Peccato che, leggendo i bilanci, esse stesse la inseriscano, correttamente, nella gestione straordinaria. Ma c'è una considerazione che trancia ogni discorso: tutte le società chiudono il bilancio contabilizzando delle plusvalenze sui trasferimenti dei calciatori. Dunque, qualcosa non quadra: se tutte guadagnano non vuol dire che sono tutte brave, ma più semplicemente che alterano i prezzi. E' come comprare un normale cucchiaino a un milione di euro, dando in cambio per lo stesso prezzo una matita. La plusvalenza immediata sarebbe enorme, ma il cucchiaino sarebbe stato strapagato. Un giochino semplice, ma che non può durare all'infinito.

Paghi tu? pago io?

il manifesto 26 marzo 2003

Laboratorio Lazio: cercasi salvezza

Marco Liguori
Salvatore Napolitano
Immaginate di essere al ristorante in allegra e numerosa compagnia davanti ad un tavola imbandita: avete esagerato in leccornìe e libagioni e il cameriere vi ha portato un conto troppo salato per le vostre tasche. Tergiversate, vi guardate intorno, ci pensate un po' e infine trovate la soluzione: pagherete, ma entro sei mesi. In più, rinviate ad altro giorno la discussione su chi debba farsi carico del conto ed uscite dal ristorante con la faccia felice di chi ha risolto tutto. E' esattamente quanto accaduto lunedì scorso all'assemblea della Lazio: la ricapitalizzazione da 110 milioni di euro è stata approvata all'unanimità, ma l'operazione sarà conclusa entro il 30 settembre, non si sa chi la sottoscriverà, né quale istituto bancario la garantirà acquistando le azioni inoptate. E l'unanimità tanto sbandierata riguarda solo il 36% del capitale, in altre parole la partecipazione di Cirio Finanziaria, azionista di controllo. Per questo il sollievo in casa Lazio appare fuori luogo. La decisione era un atto dovuto in base al Codice Civile: il patrimonio netto della società si era abbattuto di oltre un terzo ed era sceso al 31 gennaio a 2,64 milioni. Si sono volatilizzati in poco più di sei mesi i 55 milioni incassati a metà luglio con quell'aumento di capitale. E basta fare due semplici conti per concludere che, attualmente, il patrimonio netto è addirittura negativo per circa 16 milioni. L'andamento della gestione parla chiaro: nell'ultimo semestre le perdite hanno viaggiato al ritmo di 8-10 milioni mensili. Altro che salvezza vicina. Ma l'amministratore delegato Luca Baraldi ha sentenziato: «Siamo un laboratorio e possiamo essere lo specchio del calcio italiano». Difficile capire a cosa si riferisca: forse al fatto che il secondo azionista della società è la banca del gruppo Capitalia, Mediocredito Centrale, il cui presidente è il numero uno della Federcalcio Franco Carraro. O forse al fatto che il terzo azionista è la Bnl, della quale il presidente è Luigi Abete, fratello di Giancarlo, numero due della Federcalcio. O forse ancora alla miracolosa iscrizione all'attuale campionato, con una magia degna del miglior Houdini: il rapporto tra ricavi e indebitamento, che in base alle norme della Federcalcio deve essere non inferiore a tre, a fine marzo 2002 valeva circa 0,45 (tanto che all'epoca la stessa società aveva ammesso che il parametro non fosse rispettato), e sugli stessi livelli si mantenne sia al 30 giugno che al 30 settembre dello scorso anno. Come faceva a metà luglio 2002 a valere tre? Potenza del «laboratorio». Più probabilmente, Baraldi si riferisce al fatto che la Lazio sia stata la prima ad adottare il cosiddetto decreto «salva calcio». Con rapidità impressionante, il 21 febbraio, tre soli giorni dopo la sua approvazione, a Formello era già pronta la perizia giurata sui valori «reali» dei calciatori. Su questo aspetto si passa dalla magia all'arte: un'arte tutta dovuta alla fervida creatività della maggioranza parlamentare, che ha varato una norma che farebbe rivoltare nella tomba Gino Zappa e Fabio Besta, i Maestri della Ragioneria. Il decreto stabilisce che la perdita di valore del patrimonio calciatori possa essere iscritta tra le attività e spalmata su dieci anni. Roba da Salone dell'Umorismo di Bordighera. L'Unione europea ha aperto un fascicolo per accertare che il provvedimento sia legittimo. La Lazio non aveva scelta ed ha applicato subito una legge caldeggiata, guarda caso, proprio da Carraro. I 194,34 milioni di svalutazione che si leggono al 31 gennaio sono stati messi per ottenere una discreta plusvalenza durante la prossima campagna acquisti: chi potrebbe mai pensare che al 30 giugno prossimo Dejan Stankovic varrà solo 2,7 milioni, Jaap Stam 2,73 e Claudio Lopez 3,94? Da fine giugno a fine dicembre il crollo del valore del patrimonio calciatori è stato di poco superiore all'80%. Durante il crac del 1929, la perdita di Wall Street arrivò all'89% solo nel 1932. E anche la bolla del Nasdaq è scoppiata in tre anni. Ma quei 194,34 milioni non sono né denaro, né un credito, né un immobile, né una partecipazione, né nulla che serva per l'attività produttiva: è semplicemente una cifra che, dal punto di vista economico, non doveva stare lì. Ecco perché la voragine dei conti biancocelesti è ancor più impressionante: i valori effettivi dell'attivo al 31 gennaio erano pari a 280,48 milioni. Tra di essi si considerano anche crediti di difficile esigibilità come quelli verso alcune società del gruppo: Cirio Agricola, Cirio Immobiliare e Cirio Ricerche per un totale di 29,64 milioni. Il passivo ammonta a 472,18 milioni. Nemmeno il tanto evocato aumento di capitale sanerebbe la situazione. Più che questione di Covisoc, questo caso dovrebbe essere materia di Consob o, meglio ancora, di Tribunale fallimentare. A Firenze aspettano di sapere se la legge sia uguale per tutti. Il dissesto laziale ha origine nel tentativo di Cragnotti di competere con i colossi del calcio italiano, in particolare Milan e Juventus. Ma la forza politica ed economica di Fininvest e Fiat non consente a chicchessia di reggere a lungo senza svenarsi. Non meraviglia affatto che dei supposti compratori non vi sia ancora l'ombra: ieri anche Vittorio Merloni ha smentito il suo interessamento. E' l'ultimo di una serie lunga quasi quanto una squadra di calcio: Benetton, Colaninno, Ligresti, Corsini, Polegato, Bertarelli, Ricucci, Tanzi. Ma il «laboratorio» di Baraldi va avanti. La società sta tentando di convincere i giocatori a una dilazione dei pagamenti (ma non si vede il motivo di una simile trattativa dal momento che ciò accade già) oltre che ad un tentato ritorno all'economia del baratto: una parte di stipendio corrisposta in azioni. Fu un'operazione già tentata con esiti disastrosi il 6 luglio 2001 con un piano di opzioni di acquisto: furono messi a disposizione di alcuni calciatori della prima squadra titoli per un valore complessivo di 4,3 milioni. L'assemblea del 9 maggio 2002 dovette constatare il rifiuto di tutti i beneficiari a sottoscrivere anche una sola azione. Anche qui non c'è niente di strano, dal momento che i figli di Sergio Cragnotti, Elisabetta, Andrea e Massimo, all'epoca rispettivamente vicepresidente, consigliere e direttore generale, possedevano ciascuno la miseria di 111 azioni. E non è ancora conclusa la vicenda De La Pena: il calciatore spagnolo attende ancora circa 3 milioni di dollari. Altrimenti è pronta la sua terza istanza di fallimento. Per i prossimi giorni è previsto un incontro tra la società biancoceleste e l'avvocato Domenico Latino, che lo assiste.

annaspare nei debiti

il manifesto 4 ottobre 2003

Lazio, catastrofe conti

Marco Liguori
Salvatore Napolitano

Stasera la Lazio affronterà in Coppa Uefa il Porto, in un incontro molto importante della sua stagione. Ma la partita più delicata si gioca su altri terreni, e, a differenza di quello calcistico, in questo caso i vertici biancocelesti stanno facendo di tutto per farla svolgere lontano dai riflettori. E' un doppio incontro ravvicinato sull'orlo del baratro: domani i calciatori dovranno dare la loro risposta al piano societario che li vuole azionisti e mercoledì 16 si riunirà l'ennesimo consiglio di amministrazione per valutare la situazione. A dispetto dell'ottimismo di pura facciata dispensato dall'amministratore delegato, Luca Baraldi, lo scenario resta drammatico. I dati più recenti comunicati alla Consob, relativi al 28 febbraio, indicano un indebitamento netto strettamente finanziario pari a 85,5 milioni di euro e un'esposizione verso Erario, tesserati ed Enti previdenziali di 121,3 milioni: di questi ben 61,3 sono relativi all'Irpef sugli stipendi dei calciatori, e 60,6 già scaduti. E il bilancio parla chiaro: al 31 gennaio il patrimonio netto si è ridotto a 2,64 milioni, essendo stati dilapidati i 55 milioni incassati dall'aumento di capitale del luglio scorso. E da diciotto mesi le perdite mensili viaggiano tra gli 8 e i 10 milioni. Alcuni recenti segnali sembrano replicare copioni già visti in occasioni di altri crolli societari. Ad esempio, le continue rassicurazioni sullo stato dei conti, sull'esistenza di compratori che si sono avvicendati a ritmi frenetici, o su soluzioni finanziarie innovative in via di approvazione. I circa 20 milioni in azioni, offerti in cambio di cinque mensilità di stipendio, mancano di un aspetto fondamentale: quanti titoli verranno offerti e a quale prezzo. Perché sarebbe cosa ben diversa mettere a disposizione 40 milioni di azioni al prezzo di 50 centesimi o 400 al prezzo di 5 centesimi. L'unico giocatore che ha espresso convinta adesione sui giornali è Giuliano Giannichedda: guarda caso, i suoi procuratori sono della Gea, società che è tutt'uno con il mondo laziale e juventino. Inoltre, l'aumento di capitale da 110 milioni non è stato ancora sottoscritto da nessuno: nell'assemblea del 24 marzo, Cirio Finanziaria, unica tra i soci forti presenti, lo ha semplicemente deliberato. Era un atto dovuto in base al Codice Civile, poiché il capitale era sceso di oltre un terzo per le perdite. L'assemblea ha demandato al cda la fissazione del prezzo. Ma ciò è ancora oggetto di trattative tra Sergio Cragnotti e le banche che dovranno garantire la sottoscrizione dell'aumento. Senza accordo, nessun istituto di credito verserebbe i tanti soldi dell'operazione. Baraldi sta dunque offrendo qualcosa che non esiste ancora e di cui non conosce il prezzo unitario. L'eventuale assenso dei calciatori a tale progetto non potrebbe essere più virtuale di così. Ma il punto vero è un altro: anche quei 110 milioni non servirebbero a molto. Nell'attivo di bilancio, al 31 gennaio sono stati iscritti 194 milioni di svalutazione del valore dei calciatori, in virtù dell'applicazione del decreto cosiddetto «salva calcio». Ma, dal punto di vista economico, quello è un buco in piena regola.

Scatta l'ora bianconera

Liberomercato 19 ottobre 2007

Il giallo degli orologi nel bilancio della Juve

Marco Liguori
Ci risiamo. Dopo i celebri Rolex d’oro della Roma, alla Juventus spuntano gli orologi da 2.500 euro ciascuno. Ne dà notizia la relazione preparata dal collegio sindacale in risposta alla denuncia presentata, secondo l’articolo 2408 del Codice Civile, dall’azionista Marco Bava nell’assemblea del 26 ottobre 2006 in cui è stato approvato il bilancio chiuso al precedente 30 giugno. Questo è l’esercizio che in cui sedevano ancora nel cda bianconero, fino al mese di maggio, l’amministratore delegato Antonio Giraudo e il consigliere di amministrazione con poteri esecutivi, nonché direttore generale, Luciano Moggi. Bava nella sua denuncia aveva chiesto ai tre sindaci juventini di indagare "sulle spese di rappresentanza ed in particolare su quante di queste vanno ricondotte a Moggi e Giraudo, per verificare se queste siano servite per occultare spese ad personam". Liberomercato è in grado di anticipare le risposte del collegio sindacale, che saranno consegnate in un documento all’assemblea degli azionisti il 26 ottobre prossimo in cui sarà approvato il bilancio 2006/2007. I sindaci hanno esaminato il dossier delle spese di rappresentanza e omaggio che nel bilancio al 30 giugno 2006 ammontavano a 2,9 milioni. Il collegio ha evidenziato che "il 48% di dette spese (1,4 milioni) riguarda omaggi vari di cui 538mila euro materiale Nike, 422mila euro omaggi di valore unitario inferiore a 25,82 euro, 229mila conguaglio biglietti e abbonamenti". Ma c’è una voce molto particolare del dettaglio, riguardante "143mila euro ad orologi del costo medio unitario di 2.500 euro circa". I sindaci non danno indicazioni su chi possano essere i beneficiari dei 57 orologi, non specificando se fossero da polso, da tavolo o da muro. Il collegio sindacale, per questi regali e le restanti spese, afferma che "non è verificabile una significativa destinazione 'ad personam' delle stesse". "Voglio sapere chi sono gli omaggiati – ha spiegato Marco Bava a Liberomercato – di orologi di valore unitario così elevato. Alla prossima assemblea ripresenterò un’ulteriore denuncia ai sindaci". Sia per gli orologi che per l’operazione di vendita (avvenuta il 30 giugno 2005, ultimo giorno del bilancio bianconero) della sede sociale della Juventus alla Virgiliocinque, da questa poi affittata alla società bianconera, i sindaci ritengono "che non siano emersi fatti censurabili". Il collegio afferma che "il corrispettivo del trasferimento, pari a 15 milioni, è stato versato contestualmente all’atto pubblico, mediante assegni circolari" e fruttò, secondo il bilancio 2004/05 juventino, una plusvalenza di 8,9 milioni. Nella risposta si legge anche che il canone annuo del contratto di locazione (durata 12 anni) è pari "a 1,185 milioni di euro all’anno, salvo che per i primi due anni di durata del contratto per i quali il corrispettivo è, rispettivamente, di 1,0 e 1,1 milioni di euro". Anche questo non ha soddisfatto Bava che ritiene "economicamente censurabile cedere un immobile per 15 milioni ed esserne obbligato a pagare l’affitto per 12 anni. Di fatto è un leasing back, senza la proprietà finale dell’immobile".

Avviso di Oscar Giannino contro gli "amanuensi copisti" dei miei articoli

Liberomercato 23-10-07

La polemica
CARI COLLEGHI, QUANDO CAPITA MEGLIO CITARCI

Confidavamo che con Marco Liguori avremmo fatto un salto, sul terreno degli intrecci tra calcio e finanza. E’ puntualmente capitato. Troppa grazia, anzi. Il suo articolo su LiberoMercato sugli orologi della Juve, ripreso da Dagospia, ha nutrito una batteria di mezzi plagi. Solo il Corriere della Sera nella prima di sport in cui si è occupato della cosa ha citato LiberoMercato. La Gazzetta dello Sport, a pagina 10 in taglio basso, non solo non ci ha citato ma ha addirittura l’inizio del pezzo era simile al nostro. Quello della Gazzetta non era né firmato né siglato, c’era un iniziale "Torino": chissà come mai. La Stampa, a pagina 43, in un piccolo box con foto di Moggi e Giraudo, parlava degli orologi senza citare LiberoMercato, ma almeno era più pudica. Quanto al Sole 24Ore, un articolo siglato G.D. citava tra virgolette l’articolo di Liguori, ma anche lui era senza menzione di fonte. Già il libro di Liguori, sugli scandali del calcio, fu ampiamente saccheggiato da molte testate senza citarlo. Abbiamo intenzione di continuare a lungo, sui gioiosi intrecci che la finanza e il football professionistico intrattiene nel nostro paese, grazie a una legislazione irresponsabile che ai tempi del ministro Veltroni introdusse il fine di lucro e la quotazione in Borsa senza che vi fosse neanche l’ombra di cespiti da consentire il rispetto del codice civile senza gonfiature ad hoc degli attivi patrimoniali. Di conseguenza, ora che Liguori fa parte della nostra squadra, chi lo segue per favore lo citi.

I colleghi di www.tuttomercatoweb.com mi hanno espresso solidarietà
La cattiva abitudine del copia/incolla
http://www.tuttomercatoweb.com/?action=read&id=78285

E' capitato spesso anche a noi di TMW: inutile contare gli articoli copiati e le interviste riportate senza citare la fonte. Perfino grandi quotidiani nazionali, per magìa, si ritrovano esclusive, pur non avendo mai alzato la cornetta del telefono. Una brutta abitudine che coinvolge gran parte delle redazioni e che spesso fa affidamento sulla superficialità o sulla buona fede dei lettori. Finalmente il quotidiano LiberoMercato scende in campo per difendere il collega Marco Liguori. Tuttomercatoweb riporta il corsivo al veleno pubblicato a pagina 9, forse non servirà a nulla, ma noi siamo solidali

venerdì 7 marzo 2008

una visita della Gdf molto lunga

Liberomercato 7 marzo 2008

Calcio & finanza

Inchiesta sulle plusvalenze di Genoa e Udinese

La procura ligure indaga sullo scambio di alcuni giocatori. Fiamme Gialle nella sede del club friulano

Marco Liguori
L’Udinese ha ricevuto un anno fa la visita della Fiamme gialle. La notizia è contenuta nella nota integrativa al bilancio 2006/07 depositato in Camera di Commercio. L’operazione ha comportato la "perquisizione e sequestro di documenti vari della Guardia di Finanza, Nucleo di Polizia Tributaria di Udine nell’ambito del procedimento penale n.9674/04, sequestro a oggi ancora in corso". Liberomercato ha contattato il responsabile amministrativo della società friulana, Alberto Rigotto, che ha spiegato che "non è ancora terminata". Essa è stata svolta dai Finanzieri, prosegue Rigotto, "nell’ambito del procedimento della Procura della Repubblica di Genova riguardante il Genoa e altre società calcistiche a livello nazionale sulle plusvalenze di alcuni calciatori. A tutt’oggi non si conoscono ancora gli esiti". Stando al bilancio dell’Udinese, il sequestro dei finanzieri è iniziato il 15 febbraio 2007: il loro ingresso negli uffici della sede sociale ha interrotto un accertamento fiscale svolto dall’Agenzia delle Entrate. "Si rimane ancora in attesa degli esiti derivanti – si legge nella nota integrativa – dalla verifica fiscale (programma annuale 2007) iniziata l’8 gennaio 2007 dall’Agenzia delle Entrate, Direzione regionale del Friuli Venezia Giulia, settore Accertamento ufficio controlli fiscali relativo al periodo d’imposta 1/7/2003-30/6/2004 ai fini delle imposte dirette e anno 2004 ai fini degli obblighi del sostituto d’imposta e delle imposte indirette". La verifica è stata segnalata anche nella relazione della società di revisione Fausto Vittucci & C: vi è spiegato che "non sono attualmente quantificabili i possibili rischi connessi a tale verifica" poiché non si è ancora conclusa.
Oltre a ciò, nel bilancio si fa riferimento a un fondo per 1,6 milioni di euro per "rischi su alcune cause che vedono coinvolta la società e che prefigurano dei rischi potenziali". Rigotto ha sottolineato che " nessuna di esse riveste particolare importanza: è stata accantonata la somma per prudenza. Sono una quindicina di vertenze legali di vecchia data: ognuna riguarda importi compresi tra i 200mila e i 300mila euro. Ad esempio c’è una richiesta di risarcimento danni della Diadora per un vecchio contenzioso".
L’Udinese ha chiuso l’esercizio al 30 giugno scorso con una perdita di 6,32 milioni. Lo stato patrimoniale presenta debiti per 85,88 milioni (+21%) che hanno sovrastato di 45 milioni i crediti (40,85 milioni, -25,10%). Tra i primi spiccano 15,9 milioni con le banche, in netto aumento dai 3,2 milioni del 2005/06: gli interessi passivi bancari sono saliti da 191mila a 546mila euro. I "debiti verso enti-settore specifico" ammontano a 42,17 milioni (in precedenza 37,32 milioni) quasi tutti verso società calcistiche italiane. Tra i 15,5 milioni di altri debiti (17,4 nel 2005/06) spiccano 6,33 milioni con Unicredit Factoring e 1,3 milioni con Factorit (Banca Italease). "Sono anticipi – afferma Rigotto – sulla campagna trasferimenti calciatori". In calo da 5,52 a 1,88 milioni le somme dovute al fisco: l’Udinese ha terminato il pagamento del "condono tombale" per le imposte dirette e l’"integrativa semplice" per imposte sostitutive e Iva.
Il conto economico presenta uno squilibrio costi/ricavi per 19,8 milioni e, nelle componenti straordinarie, plusvalenze calciatori per 14 milioni. Per la relazione sulla gestione, il risultato è stato influenzato anche dalla mancanza dei ricavi da Champions League della stagione precedente. Nei ricavi si segnala il crollo verticale da 890mila a 453mila degli incassi da partite interne di campionato.
http://www.wikio.it

il pallone in confusione

Registrazione n° 61 del 28 settembre 2009 presso il Tribunale di Napoli
Sede: corso Meridionale 11, 80143 Napoli
Editore e direttore responsabile: Marco Liguori

Si prega di non intasare le caselle di posta elettronica con spam pubblicitario e di altro tipo (come appelli politici). Questo sito tratta solo di calcio, finanza del calcio e di argomenti affini. Ogni abuso sarà punito.

Le foto presenti su "il pallone in confusione" sono state in gran parte prese da siti Internet: dovrebbero essere di pubblico dominio. Se i soggetti o gli autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, possono segnalarlo a uno dei due indirizzi email sopra indicati